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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VII
7.
Giovedì 26 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 2

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport, Rocco Crimi, su questioni inerenti il settore dello sport (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Aprea Valentina, Presidente ... 2 9 14 18 20
Barbaro Claudio (PdL) ... 14
Ciocchetti Luciano (UdC) ... 18 19
Crimi Rocco, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per lo sport ... 2 13
Lolli Giovanni (PD) ... 10 13 14 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 26 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 14,25.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport, Rocco Crimi, su questioni inerenti il settore dello sport.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport, Rocco Crimi, su questioni inerenti il settore dello sport.
Gentile sottosegretario Crimi, prima di lasciarle la parola per lo svolgimento della sua audizione, da tutti noi molto attesa, voglio formularle, a nome dei gruppi della Commissione e mio personale, gli auguri migliori per il lavoro molto impegnativo che la attende.
Potrà senz'altro contare sulla nostra incondizionata collaborazione nella realizzazione di quegli obiettivi che insieme definiremo di volta in volta, potendo contare sul nostro pieno rispetto per il lavoro che andrà a svolgere.
Tengo peraltro a sottolineare, anche in questa sede, pur avendolo già fatto in concomitanza con il mio insediamento, che considero altrettanto fondamentale che il Governo assicuri il pieno e incondizionato rispetto per il ruolo svolto dalla Commissione, in tutte le sue componenti di minoranza e maggioranza.
Voglio dirlo forte e chiaro, signor sottosegretario: sarò personalmente garante della distinzione dei rapporti tra il Parlamento e il Governo, assicurando che in alcun modo siano strumentalizzati, quando non addirittura sminuiti, il ruolo e le prerogative della Commissione che ho l'onore di presiedere e dei singoli parlamentari che la compongono.
Sono certa che condivide questo mio indirizzo e che tutti noi avremo in lei un prezioso alleato in questo senso.
Do quindi la parola al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport, Rocco Crimi, affinché renda le indicazioni relative alle questioni inerenti il settore dello sport.

ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport. Condivido pienamente l'indirizzo, quindi passo alla relazione.
Caro presidente e cari colleghi, grazie per la vostra ospitalità e per consentirmi di illustrare le linee programmatiche del Governo in materia di sport. L'importanza dello sport come fenomeno sociale ed economico di assoluta valenza è pienamente riconosciuta dal Governo ed è per questo che ho accettato l'incarico di accompagnare in un processo di valorizzazione questo importante comparto della vita dei nostri connazionali.
Tale importanza è stata più volte sottolineata dall'Unione europea in modo esplicito e formale, innanzitutto con la Dichiarazione di Nizza del dicembre 2000, con cui il Consiglio europeo ha indicato le caratteristiche specifiche e le funzioni


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dello sport di cui tenere conto nell'attuazione delle politiche comuni, quindi nel Libro bianco sullo sport, presentato nell'autunno 2007 dalla Commissione europea, che ha evidenziato soprattutto il ruolo sociale e la dimensione economica dello sport in Europa.
Non a caso, lo sport è attualmente oggetto di numerose politiche comunitarie inerenti i settori della salute, dell'istruzione, della formazione della gioventù, della promozione, dell'inclusione sociale, della lotta alla discriminazione e dell'ambiente.
È di tutta evidenza come le politiche nazionali in materia sportiva debbano muoversi in armonia e coerenza con il quadro delineato a livello europeo, essendo anzi auspicabile che esse cerchino di valorizzare al massimo i princìpi fondamentali.
In Italia lo sport è un fenomeno sociale diffuso. Dati Istat dimostrano che sono oltre 17 milioni, pari al 30,2 per cento, le persone che dichiarano di praticare uno o più sport e oltre 16 milioni, pari al 28,4 per cento, le persone che, pur non praticando uno sport, svolgono un'attività fisica.
Un fenomeno di siffatte dimensioni presenta un fortissimo impatto socioculturale che interessa trasversalmente le istituzioni centrali, regionali e locali e il movimento sportivo nella sua interezza, per tutte le implicazioni economiche, occupazionali, finanziarie, pubbliche e private che comporta.
Ciò risulta tanto più rilevante laddove lo sport rappresenta il primario veicolo di valori sociali, educativi e culturali ed ha una capacità di penetrazione formidabile in tutti gli strati sociali, soprattutto tra i giovani.
In tal senso, un ringraziamento davvero sentito va rivolto all'associazionismo sportivo, che consente quotidianamente ai cittadini italiani di praticare lo sport, sia per il semplice benessere fisico che per l'attività agonistica, promossa anche dall'importante contributo dei gruppi sportivi delle forze armate e dei corpi dello Stato.
Di fronte al sempre crescente rilievo del fenomeno sport nel contesto sociale, vanno allora delineate specifiche politiche e strategie alla luce delle quali definire linee di intervento volte ad implementare e velocizzare la crescita del nostro modello sportivo che - insisto - si poggia sull'eccezionale contributo dell'associazionismo sportivo.
Per quanto concerne lo sport e le relazioni istituzionali, lo sviluppo di strategie che incentivino e promuovano l'attività fisica e sportiva costituisce obiettivo prioritario di questo Governo, che può essere raggiunto solo attraverso l'ampia condivisione di un programma che individui ruoli e responsabilità.
In quest'ottica risulta opportuno favorire iniziative volte a studiare e monitorare la situazione nazionale e a definire un piano sinergico con le azioni poste in essere sul territorio da ottimizzare con i vari soggetti di competenza in materia.
Sarebbe auspicabile, anche con un'iniziativa parlamentare, approfondire tali temi che - ne sono certo - stanno a cuore a tutte le forze politiche e sociali del Paese. In particolare, tali iniziative vanno rivolte innanzitutto al CONI, quale ente centrale dell'intero sistema sportivo nazionale e rappresentante del Movimento olimpico internazionale in tutte le sue articolazioni, al Movimento paralimpico, alle federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva, alle discipline associate e agli altri organismi riconosciuti. Ciò anche attraverso una corretta opera di stimolo e vigilanza, nel rispetto dell'autonomia, del Comitato olimpico nazionale.
Al riguardo giova ricordare che il Consiglio d'Europa ha riconosciuto particolare rilievo all'autonomia delle associazioni sportive e al loro diritto a organizzarsi autonomamente per mezzo di adeguate strutture.
Data la coesistenza dei vari livelli della pratica sportiva, dallo sport amatoriale allo sport di alto livello, il CONI, le federazioni sportive e gli altri soggetti riconosciuti svolgono un ruolo centrale di collante e di coordinamento fra i vari livelli di attività, consentendo l'accesso dei cittadini alle manifestazioni sportive, il sostegno umano e finanziario alle pratiche dilettantistiche, la


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promozione della parità di accesso da parte delle donne e degli uomini all'attività sportiva a tutti i livelli, la formazione dei giovani, la tutela della salute degli sportivi, la lotta contro il doping, la lotta contro la violenza e le manifestazioni razziste e xenofobe. Tali funzioni sociali comportano responsabilità particolari per il CONI e le federazioni sportive e costituiscono la base per il riconoscimento della loro competenza sull'organizzazione delle competizioni in Italia.
Pertanto, pur tenendo conto dell'evoluzione del mondo dello sport, il CONI e le federazioni devono restare l'elemento chiave di un modello organizzativo che assicuri la coesione sportiva e la democrazia partecipativa, senza tralasciare il ruolo di tutti gli altri soggetti riconosciuti impegnati nella promozione della pratica sportiva.
Tali iniziative vanno rivolte, ancora, ai ministeri coinvolti nella materia, a partire da quelli dell'istruzione, della salute e degli affari regionali, così da definire un dialogo e programmare e implementare un intervento rivolto alla crescita dello sport di base e della pratica sportiva diffusa e amatoriale.
Lo sport rappresenta, infatti, per questo Governo, un muro portante nel processo di costruzione della cittadinanza sociale, un capitolo importante delle politiche pubbliche, un tassello fondamentale di un moderno sistema di welfare.
Auspico, pertanto, una forte sinergia con il Ministro della salute, affinché alla pratica sportiva sia riconosciuto il concorso determinante al miglioramento della qualità della vita e significativo per costituire un capitolo importante del Piano sanitario nazionale.
A tal fine vanno individuate e attivate, seppur nell'attuale situazione economica certamente non favorevole, linee di finanziamento nazionale, incoraggiando la cooperazione ministeriale tra i settori dello sport da un lato e quelli della salute e dell'istruzione dall'altro, per definire e attuare strategie coerenti volte a ridurre, tramite la pratica sportiva, anche i rischi per la salute.
Va altresì incoraggiato il ricorso a strumenti finanziari pertinenti messi a disposizione dall'Unione europea, che includono il VII programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (aspetti della salute connessi con lo stile di vita), il programma di sanità pubblica 2007-2013, i programmi gioventù e cittadinanza, cooperazione tra organizzazioni sportive, scuole e società civile, genitori e altri soggetti a livello locale, il programma di apprendimento permanente, formazione degli insegnanti e cooperazione.
Occorre confrontarsi altresì con le regioni e gli enti locali. La legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3, recante modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione, ha annoverato infatti l'ordinamento sportivo tra le materie della legislazione concorrente, ponendo le regioni come il soggetto regista della programmazione e della promozione sportiva sul territorio.
Tuttavia, le diverse iniziative realizzate a livello regionale scontano spesso la mancanza di un quadro nazionale di raccordo con lo Stato, il che impedisce a volte di estrapolare elementi di interesse comune e di effettuare valutazioni comparative e scelte coordinate.
Il primo passo per favorire tale raccordo potrebbe consistere nella reciproca conoscenza delle rispettive iniziative intraprese, attraverso una preliminare indagine conoscitiva di cui le Commissioni parlamentari potrebbero essere protagoniste, valutando tutte le attuali normative, programmi ed iniziative condotte o da condurre in ambito centrale, regionale, e nell'istituzione sportiva nel rispetto dei dettami costituzionali.
Infine, attraverso la valorizzazione dell'associazionismo e del volontariato sportivo, la partecipazione ad una squadra, princìpi come la correttezza, l'osservanza delle regole del gioco, il rispetto degli altri, la solidarietà e la disciplina rafforzano la cittadinanza attiva. Lo stesso si può dire dell'organizzazione dello sport a livello dilettantistico e amatoriale, che si basa su società senza fini di lucro e sul volontariato.


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«Lo sport è confronto leale e generoso, luogo di incontro, vincolo di solidarietà e di amicizia. Lo sport può essere autentica cultura quando l'ambiente in cui si pratica e l'esperienza che si compie sono aperti e sensibili ai valori umani e universali per lo sviluppo equilibrato dell'uomo in tutte le sue dimensioni». Sono parole pronunciate da Giovanni Paolo II allo stadio Olimpico il 12 aprile 1984, in occasione della messa per il Giubileo internazionale degli sportivi.
Per valutare appieno l'importanza che lo sport e l'associazionismo sportivo hanno nella società, sarebbe sufficiente leggere il testo integrale della splendida omelia del Santo Padre, indirizzata agli sportivi di tutto il mondo.
In questa direzione il volontariato nelle organizzazioni sportive fornisce molte occasioni di istruzione non formale, che devono essere riconosciute e potenziate.
Recenti rilevazioni condotte dal CONI e dal Censis documentano una realtà di oltre 73 mila associazioni sportive sostenute dall'impegno di oltre 800 mila operatori, per lo più volontari. Dalle stesse stime emerge, però, come il fenomeno stia facendo anche registrare una lenta, ma non indifferente battuta di arresto per le difficoltà che spesso i soggetti protagonisti dello sport incontrano.
Questi numeri devono indurre a un'attenta riflessione e ad una conseguente incisiva e adeguata risposta da parte dell'ordinamento statale. Lo sport offre, infatti, ai giovani possibilità interessanti di impegno e di partecipazione alla società e può aiutarli a rimanere lontani da rischi di intolleranza sociale.
Nello sport praticato a livello di base pari opportunità e accesso aperto alle attività sportive possono pertanto essere garantiti soltanto attraverso una forte partecipazione ed impegno pubblico.
Un particolare riferimento lo voglio dedicare a quanto l'associazionismo sportivo e lo sport in generale fa per i diversamente abili attraverso un impegno di eccezionale valenza sociale. Mi riferisco non solo al Comitato paralimpico italiano, ma anche alle migliaia di tecnici e dirigenti che in silenzio e nell'anonimato operano in questo delicato settore. Occorre interrogarsi se tutte le istituzioni interessate svolgono a sufficienza e con dovizia il loro compito.
Voglio anche sottolineare come il sistema sportivo italiano operi in un altro settore delicato della nostra società: la terza età. In tale ambito, l'importanza dell'attività motoria legata alle discipline sportive è di semplice intuizione, con benefìci eccezionali legati al benessere dei cittadini e con il conseguente vantaggio per il sistema sanitario nazionale.
In considerazione dei rilevanti aspetti enunciati, si rende necessario un concreto intervento legislativo di snellimento, rivisitazione e supporto, con particolare attenzione all'ambito fiscale. La legge del 24 dicembre 2002, n. 289, e specificatamente l'articolo 90, ha fortemente evidenziato come il Governo presieduto dal Presidente Silvio Berlusconi abbia proceduto, con importanti innovazioni, al sostegno dell'attività sportiva e dilettantistica.
Ricordo che l'articolo 90 della legge finanziaria del 2003, dedicato esclusivamente al sostegno dell'attività sportiva dilettantistica e dei soggetti promotori, quali società sportive, federazioni sportive eccetera, fu approvato dalla Commissione bilancio di questo ramo del Parlamento all'unanimità, a dimostrazione dell'eccezionale vocazione di impegno concreto a promuovere politiche di sostegno allo sport in Italia.
Nonostante l'attuale situazione congiunturale del bilancio, occorre incrementare il sostegno all'attività sportiva in Italia, attraverso provvedimenti straordinari atti a favorirne lo sviluppo. Occorre ricordare le centinaia di migliaia di dirigenti volontari che il sistema sportivo italiano e il suo associazionismo regalano allo Stato e alla pubblica utilità senza oneri e spesso con pochi onori riconosciuti.
Approfondire aspetti legati a canali privilegiati di detassazione e semplificazione riguardanti gli oneri sociali dovrebbe rappresentare un impegno comune al fine di tutelare il sistema sportivo dell'associazionismo italiano e preservarlo nel suo eccezionale compito.


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A questo riguardo occorre sottolineare come il numero delle associazioni sportive dilettantistiche sia proporzionalmente superiore a quello di Francia e Germania, a dimostrazione che nel nostro Paese l'associazionismo sportivo copre un ambito di intervento sociale che in altri Paesi è direttamente sostenuto dallo Stato, dalle regioni e dai comuni. Tale valore aggiunto, caratteristica dell'insostituibile modello sportivo italiano, va - lo ripeto - valorizzato quale bene comune irrinunciabile e adeguatamente sostenuto.
Relativamente al rapporto tra sport, economia e sistemi normativi va fatto osservare che lo sport è un settore dinamico in rapida crescita il cui impatto macroeconomico è stato spesso sottovalutato da politiche poco efficaci o attente, laddove al contrario può contribuire agli obiettivi di Lisbona di crescita e creazione di posti di lavoro. Esso può servire da strumento di sviluppo anche locale e di riqualificazione territoriale e sviluppo rurale. L'investimento nello sport, infatti, è direttamente connesso e complementare a una più vasta e lungimirante strategia di riqualificazione territoriale, le cui implicazioni coinvolgono diversi settori economici quali il turismo, i trasporti, l'edilizia e l'offerta alberghiera nonché quella manifatturiera e commerciale, che si sviluppano come conseguenza fisiologica.
Uno studio presentato nel 2006, durante la presidenza austriaca, afferma che lo sport in senso ampio ha generato un valore aggiunto di 407 miliardi di euro nel 2004 - il che corrisponde al 3,7 per cento del PIL dell'Unione europea - e occupazione per 15 milioni di persone, pari al 5,4 per cento della forza lavoro. Questo contributo dello sport dovrebbe essere reso più visibile e promosso nelle politiche dell'Unione europea.
Una parte crescente del valore economico dello sport è connessa con i diritti di proprietà intellettuale, come diritti d'autore, comunicazioni commerciali, marchi registrati e diritti di immagine e di trasmissione.
Occorre inoltre considerare che il settore assume una fisionomia sempre più globalizzata e dinamica e l'efficace applicazione dei diritti di proprietà intellettuale sta diventando un elemento essenziale per la salute dell'economia sportiva.
A fronte dell'accezione sempre più moderna e aziendale dello sport inserito in un sistema globale, lo Stato non deve rimanere inerte, ancorato a strumenti o modus operandi desueti e non al passo con le attuali esigenze. Pur nella superiore tutela e garanzia dello sport come fattore sociale, vanno introdotti e consentiti elementi applicativi più moderni ed efficaci che accompagnino a tutti i livelli la crescita dello sport in Italia e garantiscano i soggetti impegnati in questi importanti compiti di promozione sociale ed umana.
Tutto questo richiede una sensibile innovazione anche alla normativa.
Ad oggi il sostegno operativo all'istituzione sportiva è garantito con 450 milioni annui di finanziamento al CONI che, nel 2008, è stato sorprendentemente ridotto - complice la legge finanziaria dell'anno in corso - di 74,5 milioni di euro (circa 16,6 per cento dell'erogazione) e che attualmente è diminuito a 18 milioni di euro.
Fu proprio il Governo Berlusconi a introdurre la norma, con la legge finanziaria del 2005, che consentiva certezza economica garantendo 450 milioni annui, che oggi risultano decurtati per l'incidente che ho precedentemente indicato ed al quale ci siamo già proposti di porre rimedio, prevedendo la medesima erogazione fino al 2011.
Questo Governo è infatti conscio che il finanziamento è un nodo fondamentale, perché collegato all'esigenza di procedere con certezza all'indispensabile processo di programmazione pluriennale.
Solo procedendo con razionalità e programmazione, infatti, si può rendere ulteriormente virtuoso e utile alla società il nostro attuale sistema sportivo.
L'obiettivo del Governo è pertanto teso a promuovere interventi mirati a salvaguardare l'autonomia del finanziamento all'organizzazione sportiva nazionale, rappresentata con successo da oltre sessant'anni


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dal CONI, punto di riferimento insostituibile dell'intero sistema sportivo italiano.
È opportuno porre una seria attenzione all'attuale modello organizzativo del Comitato olimpico nazionale. Nessun Comitato olimpico nazionale si avvale, per lo svolgimento delle funzioni, di una società a capitale pubblico che lo affianca nella sua attività istituzionale. Non ci devono essere pregiudizi su tale anomalia.
La ratio sottesa alla relativa legge n. 178 dell'8 agosto 2002 va, infatti, ricercata nel necessario tentativo di fronteggiare la grave situazione di deficit provocata, tra l'altro, dalla crisi del totocalcio, in precedenza gestito dallo stesso CONI. L'iniziativa di affiancare all'ente pubblico CONI la società CONI servizi Spa da questo punto di vista ha dato risultati positivi.
Occorre a tale proposito valutare la riduzione dei costi relativi al trasferimento di parte del personale ad altri enti. Nondimeno, l'affiancamento di due entità, seppur con compiti diversi, rappresenta un'anomalia alla quale va dedicata un'attenta valutazione.
In ambito comunitario, va denunciata presso l'Unione europea l'anomalia rappresentata dai diversi regimi fiscali tra i Paesi membri dell'Unione europea, che determinano un'inaccettabile discriminazione dei club italiani, penalizzati rispetto a quelli degli altri Paesi comunitari.
La ricaduta più evidente di tale ondivaga pressione fiscale si registra nell'ambito dello sport professionistico, che maggiormente si confronta, penalizzandolo, con aspetti e rapporti economici di valenza sovranazionale. Proprio nel settore dello sport professionistico si rende necessaria una verifica profonda della legge n. 91 del 1981 e successive modifiche intervenute. Da quando fu emanata tale legge la società italiana ed europea è profondamente cambiata ed evoluta, così come è conseguentemente evoluto il modo di concepire e promuovere lo sport sia in Italia che in Europa.
Sebbene la legge sia stata nel tempo oggetto di integrazione e lievi modifiche, l'impianto normativo non appare più in grado di disciplinare con efficace puntualità aspetti così rilevanti e in costante evoluzione.
Spesso i confini tra attività dilettantistiche e professionistiche sono vicini e addirittura in alcuni casi si sovrappongono. Proprio per questo occorre procedere con grande attenzione ad iniziative che non penalizzino le esigenze di associazionismo e dello sport in genere, che, come ho precedentemente ricordato, hanno oggi la necessità di procedere con modelli organizzativi più professionali.
Anche lo sport professionistico va analizzato e sostenuto con grande attenzione e con iniziative specifiche, in quanto, seppur caratterizzato da profili legati a fattori economici e spettacolari, rappresenta un'attività seguita e sostenuta dai cittadini ed è un elemento trainante di sviluppo e volano economico nel nostro Paese, da tutelare e disciplinare in modo equo, nell'interesse dello Stato e dell'intero movimento sportivo.
Riguardo ai diritti TV, nella passata legislatura è stata approvata la legge sulla vendita collettiva dei diritti televisivi del calcio. A partire dal 2010, il 40 per cento sarà diviso in parti uguali tra i club, il 30 per cento in base alla struttura dei club e il restante 30 per cento in base al bacino d'utenza.
I grandi club hanno però fatto ricorso alla Corte europea. In tale contesto non pare più rinviabile una definizione dell'intera disciplina sui diritti collettivi, come pure di quelli soggettivi, nei vari settori sportivi, valutando la posizione di apertura al libero mercato pur sotto lo stesso controllo delle authority antitrust e delle comunicazioni, salvaguardando il principio di reciprocità e di tutela dei club con minore potenzialità.
Nel campo della tutela sanitaria delle attività sportive e nell'antidoping l'Italia vanta una delle legislazioni più progredite in materia di tutela sanitaria delle attività sportive, a cominciare dal modello di visita pre-partecipativa che ha rinforzato il ruolo preventivo e sociale della medicina dello sport nel nostro Paese.


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Riguardo al fenomeno del doping è comune il convincimento in merito alla necessità di adottare strumenti sempre più efficaci per combatterlo opportunamente. La legge nazionale n. 376 del 2000, pur rappresentando un incisivo e importante intervento del legislatore in materia, nell'applicazione pratica nonché nella contrastante interpretazione datane dalla giurisprudenza, ha fatto registrare in questi anni varie difficoltà operative e interpretative, a detrimento di efficaci azioni in quegli ambiti dove l'intervento e la risposta dello Stato si rendevano più necessari.
Ci si riferisce, in particolare, allo sport amatoriale dove, lontano dalla ribalta dello sport d'élite, nel quale il numero dei controlli effettuati in Italia - circa dodicimila ogni anno - è il secondo al mondo, la piaga del doping lentamente e inesorabilmente può poggiare le sue più pericolose e solide radici. Certamente sussiste un equivoco di fondo nell'impostazione della normativa statale in materia di doping e non pare più a lungo accettabile un sistema che non sia coerente con i princìpi che dovrebbero ispirare l'azione pubblicistica in materia e che dovrebbero prevedere al primo posto la tutela della salute.
In tale contesto e in tale direzione le previsioni della legge n. 376 del 2000 andrebbero modificate e indirizzate a tutta la pratica sportiva amatoriale, disciplinando un necessario e ormai non più procrastinabile coordinamento tra gli enti preposti alla lotta al doping, con inevitabili conflitti di competenza e dispersione delle risorse destinate a combattere il fenomeno.
Relativamente al rapporto tra sport e scuola la Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo ha recentemente posto l'attenzione sulla necessità di sensibilizzare maggiormente la società europea in merito al ruolo attuale dell'importanza educativa dello sport, incoraggiando gli Stati membri ad ammodernare e migliorare le loro politiche in materia di educazione fisica nelle scuole.
In tale contesto, l'obiettivo di questo Governo è di promuovere una reale considerazione dell'attività fisica nell'ambito scolastico, attraverso la necessaria concertazione con il Ministro dell'istruzione.
Non mi sfugge certamente quanto siano complesse le questioni legate al sistema scolastico nazionale e le iniziative di modernizzazione e di efficienza che il ministro competente intende mettere in atto.
Il Ministro Gelmini con abnegazione è impegnata in questo importante compito e non mancherò di confrontarmi con lei per definire ogni possibile azione comune. Voglio riferirmi, ad esempio, a quanto possa essere efficace la collaborazione tra gli istituti scolastici e il sistema sportivo esterno, fatto di migliaia di associazioni sportive del territorio che possono collaborare proficuamente con reciproco beneficio nell'utilizzo, ad esempio, degli impianti scolastici esistenti e nel sostegno all'attività sportiva nelle scuole di ogni ordine e grado.
Riferendomi a ciò, non voglio tralasciare il necessario rispetto dell'autonomia scolastica e dei regolamenti vigenti.
L'iniziativa già posta in essere di recuperare i giochi della gioventù come punto utile di contatto tra attività sportiva scolastica interna e attività sportiva esterna legata al sistema tradizionale delle associazioni, va sostenuta e valorizzata per creare proficui stimoli e sinergie.
Rivolgendomi al settore universitario, ritengo che un'attenzione adeguata vada posta alla formazione dei quadri dirigenti, che dovranno garantire l'efficienza e l'ulteriore sviluppo del settore sport, che in Italia, dal punto di vista economico e finanziario, rappresenta oltre il 3 per cento del prodotto interno lordo.
Un altro capitolo riguarda l'impiantistica sportiva. Non esiste sport moderno senza un'adeguata dotazione di impianti sportivi sul territorio nazionale. Il patrimonio di infrastrutture sportive negli ultimi anni è triplicato, passando da circa 45 mila a circa 150 mila (dati del CONI), pur se la media per abitanti, soprattutto al sud, resta inferiore a quella di altri Paesi europei.
L'accesso all'Istituto per il credito sportivo, nel passato, è risultato svantaggioso in rapporto alle condizioni finanziarie e


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burocratiche degli altri istituti di credito tradizionali. In questo ambito, occorre senz'altro imprimere un ulteriore snellimento operativo della banca dello sport, per sostenere i programmi realizzativi in ambito sportivo, sia degli enti territoriali che delle società sportive.
L'articolo 11 della legge del 4 aprile 2007, n. 41 ha previsto un tavolo di concertazione per definire un programma straordinario per l'impiantistica destinata allo sport professionistico, in particolare all'esercizio della pratica calcistica, al fine di renderla maggiormente rispondente alle mutate esigenze di sicurezza, fruibilità, apertura, redditività della gestione economico-finanziaria, anche ricorrendo a strumenti convenzionali.
A detto tavolo nazionale hanno preso parte il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, il Ministro delle infrastrutture, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il CONI, i rappresentanti dell'ANCI, delle regioni e delle organizzazioni sportive.
Il Governo ha intenzione di proseguire in tal senso apportando, se necessario, alleggerimenti normativi ed operativi nell'intento di definire una strategia organica che interessi sia l'attività di base che quella professionistica.
Il tema relativo alla gestione degli stadi, a supporto delle attività dei club, è di evidente interesse per rendere maggiormente competitivi e autosufficienti i sodalizi sportivi.
I grandi eventi di interesse nazionale e internazionale che coinvolgono gli enti locali sono sicuramente un motivo per poter rigenerare gli impianti sportivi che non hanno goduto delle adeguate manutenzioni e modernizzazioni, consentendo di costruirne di nuovi.
Le grandi manifestazioni, non solo sportive - si pensi alle Olimpiadi di Torino 2006 o a Milano Expo 2015 - sono per una nazione un'occasione irrinunciabile di sviluppo non solo settoriale, ma dell'intero sistema Paese.
In conclusione, trattare di sport e di pratica sportiva seppur in estrema sintesi, come mi sono prefissato per dare ascolto alle considerazioni dei colleghi commissari, comporta interessarsi di argomenti radicati profondamente nella società e nel Paese, spesso complessi ed articolati.
Temi importanti quali la giustizia sportiva, il mantenimento dell'indispensabile autonomia e separazione degli ambiti di competenza giurisdizionale, la tutela sanitaria delle attività sportive, la prevenzione di episodi di violenza e razzismo anche in ambito sportivo ed altro ancora fanno pensare anche alla necessità di valutare un riordino di tutta la legislazione in materia di sport.
L'idea di realizzare un Codice unico dello sport è certamente un obiettivo complesso ed ambizioso, seppure spesso auspicato dagli addetti ai lavori nel rispetto delle competenze che la Costituzione assegna alle regioni. Va tuttavia riconosciuta la necessità di un coordinamento e di una semplificazione normativa, al fine di poter raggiungere una reale efficienza operativa nei vasti ed articolati ambiti del diritto sportivo.
Desidero, a conclusione del mio intervento, soffermarmi brevemente sui prossimi giochi olimpici di Pechino. Tra soli 44 giorni nello stadio a nido d'uccello, una delle meraviglie architettoniche delle Olimpiadi, tutto il mondo assisterà in diretta alla cerimonia di apertura a cui l'Italia si presenterà con un team che viene dalla lusinghiera prestazione di Atene 2004, dove ha collezionato ben trentuno medaglie.
Sarà come sempre una sfida difficile, ma nello sport è d'obbligo puntare a migliorarsi.
È con questo auspicio che termino con un sincero «in bocca al lupo» alla nostra rappresentativa ringraziandovi per l'attenzione.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Crimi. Naturalmente, ci associamo anche noi agli auguri che lei ha voluto giustamente rivolgere da questa sede ai nostri atleti che si apprestano a partire per Pechino, per partecipare e per vincere, ci auguriamo.


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Intanto, mi piace ricordare che questa Commissione, nella scorsa legislatura, ha contribuito alla riforma degli impianti sportivi e ha introdotto la norma che prevede la visione gratuita dei confronti sportivi per i minori di quattordici anni. Anche questo è un aspetto interessante da sottolineare.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

GIOVANNI LOLLI. Ringrazio il sottosegretario che ha svolto una relazione - lo dico subito - che, nell'indirizzo generale, mi soddisfa. Mi piace in modo particolare l'insistenza (mi sembra questo il punto centrale, non scontato) sul fatto che lo sport debba essere oggetto di politiche pubbliche.
Naturalmente, vi sono anche molti punti della relazione, sui quali credo che siano necessari degli approfondimenti; tra l'altro, cercherò brevemente di esporre qualche dissenso. Tuttavia, se mi consente, vorrei porre due premesse al mio intervento.
La prima è che lei trova in questa sede un clima favorevole, che c'è sempre stato negli ultimi anni, perché quando si è parlato di sport in questa Commissione, anche in periodi in cui le contrapposizioni erano durissime, per effetto del fatto che lo sport di per sé dovrebbe più unire che dividere, c'è sempre stato un cenacolo di persone che hanno cercato di far prevalere l'interesse generale.
Lei, ad esempio, ha citato l'articolo 90. Pensi fino a che punto si è collaborato in questa sede: all'epoca Mario Pescante era sottosegretario e, siccome l'articolo 90 aveva un costo, Tremonti non lo voleva attuare. Se lei rilegge gli atti parlamentari di questa Commissione, potrà constatare ciò che dico. Peraltro, in questa vicenda ha giocato un ruolo anche un mio emendamento (non lo dico per rivendicarlo, perché è stato portato avanti un gioco di squadra ben organizzato).
Ad ogni modo, abbiamo posto in essere anche altre attività, come la presidente ricordava, nella passata legislatura. Quindi, in questa Commissione c'è questo clima positivo di cui lei può sicuramente avvalersi in futuro.
La seconda premessa che devo fare, tuttavia, è in contraddizione con la prima. Sottosegretario, lei scoprirà che in tutta la politica italiana, con eccezione appunto del cenacolo, vi è un enorme ritardo culturale, storicamente accumulato, nel capire lo sport, che riguarda tutti.
Lei ha citato il Ministro Gelmini. Ebbene, le comunico che il Ministro Gelmini, in due lunghissime relazioni che ha svolto, una sulla scuola e una sulle università, la parola non dico «sport», ma «movimento», non l'ha neanche sfiorata. Eppure, il ministro condivide questa mancanza con tanti altri suoi predecessori dei più diversi colori politici.
Tale situazione è dovuta al fatto che in Italia, è accaduto che il fenomeno ha avuto una trasformazione straordinaria, di cui lei ha citato i dati relativi.
A questo, vorrei aggiungere un elemento. Tempo fa, ho verificato che quando ci furono le Olimpiadi del 1960 in Italia, quindi non secoli fa, fu condotto un analogo studio e si scoprì che a praticare sport erano un milione e 200 mila persone, di cui 800 mila erano cacciatori.
Queste persone erano praticamente solo maschi, tutti concentrati in una fascia di età compresa tra i venti e i trenta anni. Pensi quanto si è trasformato il fenomeno in questi anni!
Di fronte a questa trasformazione, la politica ha legiferato, quando lo ha fatto, essendo molto disattenta, sempre con ritardo, in modo episodico, spesso contraddittorio e, fondamentalmente, facendo una cosa che solo in Italia si è fatta, ossia delegando - il termine più giusto sarebbe «scaricando» - su altri la responsabilità di attuare politiche pubbliche.
Chi sono questi altri? Sicuramente il CONI, gli enti di promozione, gli enti locali, i quali sono di fronte al cittadino che chiede i servizi - la trasformazione è tale per cui il cittadino avverte ormai come un diritto di cittadinanza la possibilità di fare sport e si aspetta che sia possibile esercitare questo diritto -, le regioni e, fondamentalmente, le società


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sportive. Queste ultime, molto numerose, stanno a dimostrare che la società si è dovuta autorganizzare per rispondere a un proprio bisogno, dal momento che le istituzioni pubbliche non lo soddisfacevano o lo soddisfacevano male.
Questo mondo, che si è attribuito tale responsabilità, ha raggiunto risultati straordinari, a partire dal CONI, il quale ci fa fare quasi sempre ottime figure, anche quando si tratta di risultati sportivi. Tuttavia, il sistema presenta limiti evidenti e ritardi clamorosi.
Lei ha citato la scuola, ma deve pensare che sono previste solo due ore di educazioni fisica a settimana. Abbiamo avuto un ministro che, addirittura, ne voleva lasciare una sola, ma non stiamo qui a polemizzare. Due ore sono meno di quelle che si fanno in Turchia.
Noi investiamo sulla scuola e sull'attività sportiva il 3 per cento di quello che investono altri Paesi. Lo stesso discorso vale per gli impianti sportivi. Insomma, per tutte le attività che non possono essere supplite, rispetto a quello che deve fare lo Stato, il ritardo diventa clamoroso.
La soluzione consiste nel darsi una strategia, un indirizzo secondo cui ai soggetti che già operano sia lasciata, anzi garantita, se possibile, più autonomia, a partire dal CONI che svolge benissimo il proprio compito.
Il problema è realizzare politiche pubbliche. Lei ha usato parole che condivido pienamente, ha espresso l'idea che le politiche sportive siano un nuovo welfare, un'estensione dei diritti di cittadinanza, rispetto ai quali lo Stato opera in maniera moderna, non agendo direttamente, ma facendo lavorare coloro che sono in grado di farlo, coordinando e indirizzando tali operazioni.
Ecco perché, nella passata legislatura, si era deciso di creare un ministero, scoprendo il fatto che solo in Italia e in Polonia non esiste un ministero dello sport, non secondo un'idea statalista, che nessuno di noi coltiva più ormai da molti anni, ma proprio nella prospettiva che ci fosse un punto di coordinamento più forte tra tutti i soggetti, a partire dai diversi ministeri che se ne devono occupare.
Mi dispiace che il ministero non lo abbiate previsto; considero tuttavia importante che non siate tornati a un sottosegretario affidato a qualche ministero marginale, poiché lei riveste una carica che le dà un certo prestigio.
Non le sarà sfuggito - sono un attento lettore - che, nel presentarla, il presidente del CONI ha più volte sottolineato il fatto che lei presenziava come ministro vigilante, quasi che la sua funzione fosse unicamente quella di esercitare una vigilanza formale sugli atti del CONI.
Naturalmente, lei può anche scegliere di fare solo questo. Qualcuno si aspetta che lei faccia solo questo; personalmente, invece, mi auguro che lei faccia di più.
D'altra parte, l'indirizzo delle considerazione da lei svolte presupporrebbe che voglia agire diversamente, con buona pace di tutti, compreso il CONI, al quale diamo tutto il nostro grande aiuto e sostegno, ma che deve lasciar fare allo Stato ciò che gli compete.
Ciò detto, veniamo alla scuola. Le ho già parlato del ritardo, ma vorrei capire se siamo d'accordo o meno su quello che si deve fare in questo ambito. Credo che non si debba praticare lo sport a scuola - non è questo il punto - tanto meno nella scuola primaria.
Nelle scuole primarie, occorre insegnare l'educazione motoria. Si deve far scoprire al bambino che attraverso il movimento si apprende, si scopre il mondo, si ha un migliore sistema di relazione con gli altri e si acquisiscono valori del tipo di quelli che lei ha citato.
Sono stati condotti studi molto interessanti - tra cui uno dell'università di Urbino che le farò avere - i quali testimoniano che i livelli di apprendimento dell'inglese nelle scuole in cui si fa educazione motoria è maggiore. Tale insegnamento, tuttavia, deve essere affidato a persone laureate in scienze motorie, perché si tratta di una funzione complessa.
In alternativa, si può pensare all'avviamento precoce dei bambini allo sport specialistico che, ovviamente, produce il


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fatto che il bambino talentuoso e dotato continuerà a percorrere questa strada, mentre quello che non si sente dotato smetterà.
Dal nostro punto di vista, però, vogliamo ottenere un altro obiettivo, ossia che tutti i bambini e le bambine, dotati o meno che siano, provino per tutta la vita la gioia di muoversi, che oltretutto previene determinate malattie e via dicendo.
Naturalmente, mi auguro che tanti di questi bambini pratichino anche un'attività sportiva, ma questo è un altro discorso. Di questo si deve occupare la scuola pubblica, non può delegare tale attività a nessun altro, tanto meno al sistema sportivo che ha un'altra mission da esercitare nella scuola stessa, ossia la selezione di bambini dotati. È un discrimine di approccio culturale decisivo.
Sottosegretario, lei scoprirà che, negli ultimi anni (ci vuole molto denaro, ce ne rendiamo conto), utilizzando i fondi della legge n. 440 del 1997 e anche un fondo del Ministero delle politiche giovanili attribuito al Ministero della pubblica istruzione - le resistenze del Ministero stesso e anche quelle sindacali sono sempre molto forti, sono tutte cose con le quali si confronterà e vedrà che impegno richiedono - è stato istituito un finanziamento, per quest'anno, di 10 milioni di euro, con cui si è portata avanti la sperimentazione in venticinque scuole e province. È su quella base che bisogna continuare, anche perché ci sono molte attività e molti fondi messi a disposizione dagli enti locali. Tanto per farle capire che si deve avere una prospettiva a 360 gradi, le segnalo in proposito un'ottima iniziativa assunta dalla regione Veneto e una dal comune di Bari.
Vengo ora all'impiantistica. Anche da questo punto di vista, non pensi di partire da zero.
Esiste un fondo di 90 milioni di euro per l'apertura delle scuole nel pomeriggio. La prego di non farselo «scippare», perché per l'apertura delle scuole al pomeriggio è fondamentalmente una apertura delle palestre, oltre che un adeguamento e via dicendo.
Andiamo piano sui giochi della gioventù! Solo nella scuola italiana si fanno giochi della gioventù e giochi studenteschi. Da sottosegretario, per capire che differenza c'era tra gli uni e gli altri ci ho messo alcuni mesi. Non capisco un povero genitore o un povero insegnante come si possa raccapezzare. Entrambi sono finanziati con fondi pubblici che si accavallano l'uno all'altro. Se si riuscisse a mettere un po' d'ordine, sarebbe meglio.
Quanto alla salute, lei ha espresso posizioni molto sagge. È chiaro che stiamo parlando della forma di prevenzione di quasi tutte le malattie, quindi spero che vorrà seguire quello che abbiamo fatto col progetto «Guadagnare salute».
Mi auguro che voglia prendersi cura di una misura straordinaria che abbiamo preso. Attenzione a Tremonti, però! Dico Tremonti, ma è come dire, all'epoca, Visco: cercheranno sempre di imporre la loro linea, ma questa è la storia. Come dicevo, abbiamo predisposto una norma straordinaria dal punto di vista dell'efficacia, quella di dare alle famiglie la possibilità di portare in detrazione fino a 210 euro l'anno spesi per l'attività sportiva dei propri figli presso una società. Avremmo voluto estendere questa norma, non l'abbiamo potuto fare perchè bisognava aspettare l'esaurimento dell'anno fiscale, per vedere quanto sarebbe costata. Quella norma va difesa e, se possibile, estesa, ad esempio alla terza età.
Se fare sport è una occasione per prevenire le malattie, dobbiamo incentivare la gente a fare sport perché, oltre a essere giusto, ci conviene anche come Stato.
Quanto alla legge sul doping, occorre prestare attenzione anche a questo profilo: si tratta di una ottima norma; qualche suo predecessore a un certo punto aveva deciso di modificarla, ma per fortuna ha cambiato opinione.
Quella legge funziona, perché mira a contrastare il fenomeno del doping negli sport - so che lei è un esperto - di alto livello. Non si può estendere sic et simpliciter a tutti gli sportivi, peraltro avrebbe dei costi immani.


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Per tutti, occorre pensare a una legge sulla tutela della salute dello sportivo, come stanno facendo in Francia e in Spagna (se vuole ne parleremo).
In merito all'impiantistica, lei ha parlato di cifre. È vero che gli impianti in Italia sono tanti, ma sono vecchi nella loro concezione, perché sono stati realizzati nella convinzione che sarebbero arrivati soldi pubblici e senza curarsi della loro successiva manutenzione e gestione.
Il 10 per cento, il 20 per cento di queste strutture sono chiuse, abbandonate e, purtroppo, si trovano soprattutto in un'area specifica del Paese.
Abbiamo a disposizione uno strumento, l'Istituto del credito sportivo, che - ahimè - Tremonti provvide a saccheggiare: con un colpo solo, nell'ultima gloriosa finanziaria dell'ultimo Governo Berlusconi, gli tolse 450 milioni di euro. Tuttavia, in questi due anni, lo abbiamo rifornito di denaro. È l'ultima banca pubblica presente in Italia che può avere, se ben guidata, una funzione importante. Tenga presente - qui cominciano le note dolenti - che uno dei tagli effettuati riguarda l'osservatorio. Inoltre, caro presidente, dovrebbe sapere che lo Stato non sa neanche quante palestre ci sono in Italia.
Istituire un osservatorio, cioè un luogo in cui si monitorizzano tutti gli impianti sportivi, e di conseguenza indicare un modello di gestione moderna, era una scelta saggia e avevamo persino trovato un po' di risorse finanziarie; purtroppo, queste risorse sono state tagliate dal decreto.
A mio avviso, occorrerebbe distinguere l'impiantistica di base dagli impianti da sport e spettacolo, stadi e palazzetti. Tali impianti in tutti i Paesi del mondo, o almeno d'Europa, producono redditi per le società che li gestiscono, mentre in Italia producono costi per i comuni, cioè per noi. Come se non bastasse, sono i più brutti, i più vecchi, i più insicuri, i più scomodi e i più costosi d'Europa. Anche su quelli nuovi, gli ultimi che sono stati costruiti, ci sarebbe da dire. Nella sua città di provenienza, ad esempio, è stato costruito uno stadio nuovo, ma - mi scusi se mi esprimo in questi termini - è una sozzura, in quanto la concezione è sempre la stessa.
Occorre subito una legge - le comunico che sono depositati diversi progetti di legge e io stesso ne depositerò uno insieme al collega senatore Butti - per agevolare questo processo di trasformazione.
Infine, i soggetti. Il primo è il CONI, con 450 milioni di euro l'anno. Lei ha detto che quest'anno, sorprendentemente, ne sono stati tagliati 75, ma io le dico che ne sono rimasti 18. Signor sottosegretario, ho letto il decreto e ho verificato che i tagli ai costi intermedi degli enti pubblici sono confermati e perfino accentuati, quindi lei si troverà, come mi sono trovato io, a dover recuperare in corso d'anno. Io vorrei aiutarla, per evitare che lei si trovi nella condizione in cui si è trovato il Ministro Bondi, che in Commissione ha affermato alcune cose che il giorno dopo erano già diverse. Il mio consiglio, dunque, è di «volare basso».
Peraltro, per completezza di informazione, i nostri amici del CONI le avrebbero dovuto segnalare che nella finanziaria dello scorso anno siamo dovuti intervenire con una misura costosissima per sanare la voragine che si era creata perché la Sportass, una società di assicurazioni gestita dal CONI, aveva accumulato un debito mostruoso e non pagava più né i premi assicurativi né le pensioni agli sportivi. Nel costo generale, dunque, andrebbero conteggiate anche evenienze di questo tipo.
Siamo d'accordo, invece, sulla società CONI servizi Spa.
Sono contento delle sue bellissime parole sul Comitato Paralimpico...

ROCCO CRIMI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega per lo sport. C'è l'ordine del giorno...

GIOVANNI LOLLI. Ho capito, ma loro aspettano i soldi, non gli ordini del giorno. La prego di provvedere, perché - qui potrei maramaldeggiare, ma non lo faccio - quello che avete fatto al Comitato Paralimpico è infame.
Infine, lei ha fatto un discorso bellissimo sulle società sportive dilettantistiche,


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le quali però sono le uniche che non ricevono soldi da nessuno. Siamo riusciti, con un miracolo - e dovendo litigare con il Tremonti di allora, cioè Visco - a far riconoscere almeno la possibilità di accedere al 5 per mille.
Noi abbiamo approntato una legge, che giaceva da anni, sullo sport di cittadinanza. Il collega Barbaro può testimoniare come è stata costruita questa legge, in un tavolo concertato al quale sedeva anche lui. Lo Stato non deve finanziare il Milan o l'Inter; deve finanziare, se può e nella misura in cui può farlo, l'attività sociale, insieme alle regioni. Peraltro, così prevede la Costituzione.
Come dicevo, avevamo predisposto una legge e trovato 95 milioni di euro, già ripartiti tra le regioni, già inseriti nei bilanci regionali, per finanziare quell'attività. Ma voi avete cancellato tutto.
Allora, forse dovremmo ammettere che si fa un po' di retorica sulle società sportive dilettantistiche, se da una parte le definiamo «architrave» e dall'altra sottraiamo loro le uniche risorse destinate.
Quanto al professionismo, alla legge n. 91 del 1981, si tratta di una materia molto complessa; comunque, le consegnerò un lavoro che è stato predisposto dal ministero.
Mi permetto di segnalarle la necessità di definire una legge - al riguardo, c'è una proposta valida preparata da Andrea Ronchi nella legislatura passata, ce ne sono altre e ne presento anch'io una - sulla professione del laureato in scienze motorie. Non parlo di una legge sull'albo professionale, anche perché sono personalmente contrario agli ordini professionali, ma di una legge sulla necessità di tutelare il cittadino che si reca in una palestra o in un impianto sportivo.
Prima di concludere, accenno alla questione degli eventi sportivi. Anche questa è una dolente nota. L'evento sportivo oggi è una cosa straordinaria. Era stato costituito un fondo apposito (infatti l'anno scorso abbiamo organizzato 52 eventi sportivi finanziati), ma quest'anno l'avete cancellato.
Infine, quanto alla legge sul calcio e sul basket, innanzitutto al riguardo ho notizie diverse dalle sue. Non mi risulta, e penso di aver ragione, che le società professionistiche abbiano fatto ricorso alla Corte europea. Chi ha fatto, invece, ricorso alla Corte europea?

PRESIDENTE. Sky!

GIOVANNI LOLLI. Appunto. Gli unici che hanno fatto ricorso sono loro.
Non so se qualcuno le abbia chiesto di modificare quella legge, ma spero di no. Essa è il frutto di un lavoro collettivo soprattutto di questa Commissione e di quella del Senato e la difenderemo.
Segnalo solo un ultimo dato, altrimenti facciamo le nozze con i fichi secchi. Il taglio che avete deciso era di 120 milioni di euro; è diventato di 111. Poiché si tratta di risorse molto significative per lo sport, vediamo di recuperarle.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lolli, anche per la passione.

CLAUDIO BARBARO. Signor presidente, cercherò innanzitutto di introdurre qualche modifica ai concetti brillantemente espressi dall'amico Lolli che, come un fiume in piena, ha fatto una panoramica esaustiva sulle problematiche del mondo dello sport. Devo dire che l'incipit dell'onorevole Lolli è stato anche ammirevole per il tono con il quale si è rivolto al sottosegretario, del quale ha apprezzato il lavoro.
La relazione del sottosegretario è pienamente condivisibile, non solo e non tanto per le criticità o le urgenze che ha evidenziato, ma anche in termini filosofici. Pertanto, aderisco con entusiasmo alla sottolineatura dell'onorevole Lolli, per un motivo ben preciso, legato alla filosofia dell'intervento, che ho apprezzato particolarmente. In Italia, si cerca di considerare tutta la materia sportiva - io lo chiamo un vero e proprio vizio di forma - come se fosse totalmente ascrivibile alle competenze del CONI. Questo errore, che ci siamo portati dietro per tanti anni, non compare invece all'interno della relazione che abbiamo ascoltato.


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Il sottosegretario ha riconosciuto la centralità del CONI, come è giusto che sia, e l'importanza delle federazioni e di tutti i soggetti riconosciuti all'interno del CONI, ma ha cercato di mettere ordine in un panorama variegato, che per alcuni versi oserei definire frastagliato, in quanto vede più soggetti interessarsi allo sport (se rileggiamo la relazione, troveremo che sono almeno sette-otto i soggetti, sia a livello ministeriale che a livello locale, che si occupano di sport). È necessario un cambiamento forte per un riordino complessivo di questa materia, ed è altresì necessario dare risposte a un mondo che è cresciuto tanto, ma in maniera disomogenea e disordinata.
Basti pensare che, in Italia, il 50 per centro della popolazione sportiva non si rivolge alle istituzioni sportive tradizionali. È un mondo di praticanti che fa sport in assenza di regole, in quanto non si rivolge al CONI o alle federazioni o agli enti preposti. Questo mondo deve essere in qualche modo ordinato; peraltro, ne va anche della sicurezza degli sportivi, in quanto spesso e volentieri la qualità degli insegnamenti, non essendo questi riconducibili a nessun contesto istituzionale, lascia a desiderare.
Si tratta di problemi importanti che dobbiamo assolutamente affrontare, ma non in chiave CONI, perché esulano dal controllo dello stesso su questa tematica.
Passo ad analizzare in maniera velocissima i tre punti fondanti della relazione, sui quali anche l'onorevole Lolli si è intrattenuto: la scuola, che è la spina dorsale, l'impiantistica sportiva e il mondo del volontariato, che sono i tre aspetti fondamentali di qualsiasi politica sportiva. Su queste tre componenti dobbiamo impostare, a mio avviso, il lavoro del Governo.
Mi permetto di sottolineare alcuni aspetti. L'onorevole Lolli ha parlato di una eccessiva delega che le istituzioni italiane hanno riconosciuto al CONI. Non voglio assolutamente entrare in polemica con il CONI - peraltro ne faccio parte, quindi sarebbe una polemica contro me stesso - ma devo dire che, per una sorta di rapporto di tipo quasi consociativo tra istituzioni e CONI, per 50-60 anni in Italia si è parlato di sport riferendosi sempre e solo al CONI.
Questo ha generato quella che io chiamo l'incultura dello sport nel nostro Paese. Se è vero che, per alcuni aspetti, abbiamo raggiunto il livello delle nazioni più evolute sotto il profilo sportivo, non si può dire altrettanto per quello che riguarda la diffusione dello sport come fatto socialmente rilevante.
Si parla tanto - e si è parlato tanto negli anni passati - di autonomia dello sport, ma l'autonomia, che prima era anche finanziaria, oggi è soltanto organizzativa. Il CONI, che aveva le risorse del totocalcio, poteva tranquillamente fare a meno di qualsiasi intervento pubblico, e lo Stato si guardava bene dal far sentire la propria ingerenza in problematiche di carattere sportivo, ritenendo che tutto sommato questo compito fosse brillantemente assolto dal CONI.
Questo ha generato disinteresse, incultura, e ha determinato il livello di crescita del nostro Paese sotto il profilo culturale e sportivo.
Non vorrei che, anche per quello che riguarda il mondo del volontariato, con questo eccesso di delega si attribuisse una responsabilità troppo forte ad un mondo che, è vero, svolge un ruolo di supplenza, ma dobbiamo far sì che a questo ruolo di supplenza non corrisponda un disinteresse da parte delle istituzioni: in altre parole, lo stesso errore che lo Stato ha commesso nei confronti del CONI per quanto riguarda l'autonomia finanziaria.
Ben venga questo ruolo intermedio tra i cittadini e le istituzioni dell'associazionismo sportivo, ma questa delega non deve essere estesa all'infinito, in quanto è necessario sì dare risposte al mondo del volontariato, ma anche a livello centrale e periferico.
Quella della scuola è una nota dolente, signor sottosegretario, mi permetta di sottolinearlo. Purtroppo, nella relazione del Ministro Gelmini la parola «sport» non l'abbiamo sentita nemmeno una volta. Occorre lavorare sodo, da questo punto di vista. Mi permetto di sottolineare che


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quella dei giochi della gioventù potrebbe essere l'ultima delle nostre preoccupazioni, perché essi di fatto sono una ripetizione stantia delle varie manifestazioni di categoria che periodicamente si svolgono nel mondo dello sport. Peraltro, i giochi della gioventù, a mio avviso, danno un'immagine falsata di quello che potrebbe essere l'universo scolastico in senso sportivo, perché tutti ritengono che il ruolo della scuola si esaurisca nella perfetta organizzazione dei giochi della gioventù insieme al CONI. Non è così e abbiamo la responsabilità, da questo punto di vista, di dare risposte forti.
L'impiantistica è un elemento altrettanto importante. Dobbiamo assolutamente cercare di porre rimedio agli squilibri tra sud e nord per quello che riguarda l'impiantistica, con particolare riguardo ai due aspetti - richiamati anche dal collega Lolli, ma in generale poco considerati e poco conosciuti nella galassia dell'universo impiantistico sportivo - della manutenzione e della gestione degli impianti. Non essendo curati abbastanza questi due aspetti, spesso si creano disagi sociali maggiori di quelli derivanti dalla mancanza di impianti. Questo è il famoso problema delle cattedrali nel deserto: impianti che vengono costruiti in totale assenza di una cultura gestionale e manutentiva.
Sottolineo anche il problema dello squilibrio tra impianti pubblici e impianti privati. Mi permetto di richiamare un aspetto che riguarda la mia città, che tuttavia credo possa essere esteso a livello nazionale. A Roma la percentuale di soggetti che praticano attività sportiva in impianti sportivi pubblici è del 6 per cento; questo significa che il restante 94 per cento dei praticanti attività sportiva deve mettere mano al proprio portafoglio in maniera sicuramente più consistente di quanto non dovrebbe fare in un impianto pubblico.
Prima di concludere, farò alcune considerazioni sintetiche sulla relazione del sottosegretario Crimi. Innanzitutto, essa ci ha confermato il dato estremamente positivo del mantenimento dei 450 milioni. Si tratta sicuramente di un dato importante, sul quale il CONI può procedere alla programmazione per tre anni, ma è un dato - mi permetto di dire - di partenza. Dico questo perché il CONI è una struttura che non può permettersi di programmare soltanto in un contesto triennale, ma deve avere la possibilità di un finanziamento costante. Soprattutto, vorrei sottolineare che se è vero che il finanziamento viene dallo Stato, va altresì considerato non solo che lo sport incide del 3 per cento sul prodotto interno lordo (se volessimo parlare con i numeri, dovremmo dire che il movimento del mondo dello sport sfiora i 40 miliardi di euro), ma anche che il gettito fiscale è determinato dalle scommesse sportive.
Il mondo dello sport per anni ha finanziato lo Stato e continua in parte a finanziarlo, dunque lo Stato non fa altro che restituire quello che lo sport produce. Lo ripeto, non parlo solo dell'indotto - in questo caso, qualsiasi altra categoria sociale potrebbe dire lo stesso - ma del gettito fiscale determinato dalle scommesse, che potrebbe essere affiancato, se vogliamo parlare di autonomia finanziaria del mondo dello sport, da un eventuale tassazione sui diritti televisivi.
Vi sembrerà strano che il centrodestra parli di tassazione sui diritti televisivi. Come uomo di sport mi permetto di parlarne, perché, rispetto ad altri comparti della vita civile, il mondo dello sport ha una caratteristica particolare, la mutualità: nello sport il più forte aiuta il più debole. Questa non è soltanto l'affermazione di un principio, che lascerebbe il tempo che trova, ma è legata a un fatto pratico. Se non vengono accorciate le distanze tra il più debole e il più forte, si corre il rischio, in tutte le competizioni sportive, di vanificare l'essenza stessa della competizione, perché il più forte vincerà sempre e il più debole perderà sempre.
Faccio un esempio per farmi comprendere meglio. Nel nostro sistema sportivo - sebbene qualcuno, aderendo a una logica esclusivamente di mercato, la pensi diversamente - un prodotto come il Chievo calcio non dovrebbe esistere: un quartiere di Verona non può militare nella serie A


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del calcio professionistico perché non ha un indotto di spettatori, un seguito televisivo, un appeal commerciale e via dicendo. Lo stesso discorso vale per l'Albinoleffe in serie B, che quest'anno addirittura ha sfiorato la promozione in serie A. Questi sono miracoli del mondo dello sport che devono continuare a esistere. Il bello dello sport sta proprio nella possibilità che la competizione possa esistere a qualsiasi livello e non debba invece annullarsi attraverso una forbice sempre più larga tra il più forte e il più debole.
Nel sistema americano - ma non voglio dire che esso sia applicabile anche Italia - nei campionati professionistici la prima scelta dei dilettanti spetta all'ultima squadra retrocessa. È un sistema mutualistico che funziona benissimo e che potrebbe in qualche modo essere preso a modello per eventuali interventi correttivi del nostro ordinamento sportivo.
Vorrei puntualizzare l'aspetto - mi rendo conto che mi sto dilungando, ma ci sarebbe tanto da dire - richiamato dal sottosegretario nella relazione, relativo ai diritti televisivi. In questo ambito occorre attenzione e cautela, perché mettere mano ai diritti televisivi potrebbe minare la mutualità del sistema sportivo italiano. Altrettanta cautela credo sia opportuno avere per quanto riguarda una riforma della legge n. 91 del 1981, che riguarda il sistema professionistico sportivo.
I problemi del mondo dello sport, in Italia, sono cominciati - checché ne dica l'amico Lolli - quando nel 1996 la legge n. 91 del 1981 è stata modificata (per un problema legato all'abbattimento dei costi dei cartellini, che erano stati svalutati in conseguenza della sentenza Bosman) permettendo l'accesso del lucro nel mondo dello sport, quindi minando un principio cardine, quello appunto dell'assenza del lucro nel mondo dello sport. Da allora, diversi problemi, a partire dalla crisi del totocalcio, hanno determinato il crollo del sistema sportivo. Lo ripeto, occorre cautela sotto questo profilo, perché non vorremmo trovarci di fronte a crisi inattese.
Mi permetto infine di citare alcuni aspetti che non sono stati affrontati, se non marginalmente. Esiste un problema sicurezza che riguarda gli stadi e quindi il calcio, ma potrebbe essere esteso a tutte le altre strutture sportive. Il punto è la privatizzazione degli stadi, attraverso la quale si potrebbe ottenere una maggiore responsabilità da parte delle società, con oneri a carico delle società stesse da reinvestire nello sport di base, ma con una patrimonializzazione che potrebbe invece aiutarle nella concorrenza con le società sportive di altre nazioni europee.
La qualificazione degli operatori è un problema importante citato anche dall'onorevole Lolli, di cui si deve tener conto. In questa crescita disomogenea e disarticolata, il mondo dello sport ha bisogno di qualificazione forte; questo, ovviamente, anche per garantire una maggiore tutela nei confronti degli utenti.
Infine, la questione delle scienze motorie deve essere considerata in maniera diversa, non solo dal mondo dello sport, ma anche dalle istituzioni. Basti pensare che, in genere, all'interno del mondo dello sport, un laureato in scienze motorie viene sempre dopo un qualificato tecnico presso una federazione sportiva, che nel giro di tre, massimo sei mesi, riesce ad ottenere un patentino.
È una componente lobbistica del mondo dello sport che va analizzata con equilibro, senza naturalmente fare la caccia alle streghe.
Infine, il taglio dei fondi è un problema di cui dobbiamo assolutamente tener conto e soprattutto cercare di capire come risolverlo nell'immediato futuro. I tagli hanno riguardato le regioni, il CIP, ma anche eventi sportivi internazionali. A mio avviso, al di là delle singole problematiche legate a ogni soggetto interessato - sarebbe banale, da parte mia, fare ricorso al mio ruolo nella precedente legislatura per quanto riguarda la stesura dell'articolato che ha dato vita al finanziamento - va ricordato che, a prescindere dai soggetti, è stata colpita l'universalità del mondo sportivo. Anche questo necessita di una risposta da parte nostra, e io sono convinto che


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il sottosegretario farà di tutto perché giungano prima possibile risposte anche da parte del Governo.
In conclusione, vorrei evidenziare l'aspetto del credito sportivo, che è stato richiamato nella relazione e che deve essere affrontato prima possibile. In particolare, mi riferisco all'anomalia - oltre a quella che lei ha citato della CONI servizi Spa - della presenza, all'interno del consiglio di amministrazione dell'Istituto per il credito sportivo, di banche private, in aperta competizione con l'unica banca pubblica rimasta nel nostro Paese. È una contraddizione che ne mina la competitività e che deve essere risolta.
Il presidente dell'Istituto per il credito sportivo ha presentato ieri il suo piano industriale al CONI. Io ritengo che questa sia una grave scorrettezza dal punto di vista formale, perché, trattandosi di una banca pubblica, il presidente avrebbe dovuto presentare il piano industriale prima al Parlamento e quindi alle Commissioni di Camera e Senato.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, onorevole Ciocchetti, le bastano dieci minuti per l'intervento?

LUCIANO CIOCCHETTI. Quando avrò parlato per nove minuti mi faccia un segno. Cercherò di essere breve, anche perché credo che avremo tempo di approfondire i numerosi temi anche nel prossimo confronto legislativo.
Voglio partire dalla questione relativa alla società CONI servizi e al finanziamento dello sport italiano, che credo sia centrale per le materie che stiamo affrontando. Il tema fondamentale è come dare autonomia reale al CONI e al movimento sportivo italiano. Per dare autonomia bisogna eliminare il finanziamento che la finanziaria ogni anno prevede e che ogni Governo può determinare in modo diverso. Peraltro, il Ministro dell'economia, come già previsto anche nel DPEF di quest'anno, assegna agli enti intermedi la possibilità di intervenire tagliando il 20 per cento delle risorse che sono destinate al CONI, come ad altri enti. A mio avviso, è necessario modificare questo sistema, prevedendo una norma che stabilisca che gli introiti dei giochi che in questi ultimi anni hanno portato molte risorse allo Stato, automaticamente, ogni anno, fino alla concorrenza di 450 milioni di euro, vengano trasferiti direttamente al CONI.
È una norma semplice, che non tocca i saldi dello Stato, che in qualche modo risolverebbe il problema di dare certezza economica e finanziaria al CONI e che consentirebbe di rafforzare il concetto di autonomia, al quale tutti facciamo riferimento quando siamo all'opposizione, ma difficilmente lo richiamiamo quando siamo al Governo.
Questo aspetto è strettamente legato, a mio parere, anche alla vicenda del rapporto tra CONI Servizi Spa e CONI. La società CONI servizi nacque, come sappiamo, per risanare una situazione debitoria drammatica del CONI legata alle vicende del totocalcio. L'ha ricordato prima il sottosegretario, non c'è bisogno di ripeterlo. Credo che oggi ci siano le condizioni per superare questa dicotomia tra CONI ente pubblico e CONI servizi società per azioni. Non esiste in nessun'altra parte del mondo un Comitato olimpico nazionale con una doppia figura. Credo che si debba procedere a una semplificazione. Se si attua il finanziamento diretto, autonomo, attraverso il sistema dei giochi, si risolve automaticamente anche il problema economico-finanziario del CONI.
Questo è stato il limite, onorevole Lolli, della proposta che avete presentato nell'ultima finanziaria. Diversamente la proposta avrebbe avuto un senso e si sarebbe trattato di un intervento non ideologico, ma strutturale, che avrebbe dato soluzione a un problema oggettivo.
Rimane altresì aperta la questione, introdotta dal primo decreto Melandri, della privatizzazione delle federazioni. Esiste il problema del rapporto del personale del CONI, che è personale pubblico, e del personale delle federazioni, che è diventato personale privato. Occorre una normativa, chiaramente concordata con il CONI, che risolva questo problema.


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Il sottosegretario l'ha posto come problema su cui riflettere; a mio avviso, è necessario individuare una soluzione concreta, non basta una riflessione.
Il secondo punto che intendo affrontare è quello della legge sui dilettanti. Lei ha richiamato una legge che non è stata mai né finanziata né attuata. Credo che questo sia il grande limite dello sport italiano.
Lo sport italiano, per sua natura, si regge sulle 72 mila società sportive che lei ha citato prima e sul più grande volontariato che esista nel nostro Paese. Non è aiutato da nessuno, se non da qualche amico di amici - più amico di altri - che riesce a ottenere un contributo da parte di qualche comune, provincia o regione. Per il resto, i soggetti che si occupano di sport sono abbandonati. Le società sportive in Italia stanno chiudendo: andate in giro per le nostre città e lo vedrete. Stanno chiudendo non solo quelle di vertice, ma anche le piccole società che consentono ai nostri figli di fare attività sportiva. I costi sono diventati insopportabili; le famiglie non riescono più a pagare le quote di iscrizione alle varie scuole di calcio, di mini-basket e via dicendo e i dirigenti delle società non ce la fanno più.
La maggior parte delle società sportive italiane, quelle di base, sono costituite dagli stessi genitori e sono in una condizione di grande difficoltà.
Credo che dobbiamo attuare quella legge che fu approvata con un consenso ampio, perché è l'unico modo per dare una mano allo sport. Se i comuni continuano a far pagare affitti onerosi per gli impianti sportivi e caricano tutti i relativi oneri di manutenzione sulle società sportive, la situazione diventa di manutenzione sulle società sportive, la situazione diventa ancora più drammatica. La legge sui dilettanti, come quella della certezza economica del CONI, è una priorità.
Un'altra priorità è quella di non tagliare i fondi destinati alle attività per i disabili. Invece sono stati tagliati 4 milioni di euro, attraverso il decreto sul quale ieri è stata votata la fiducia, all'attività del Comitato Paralimpico. Peraltro, quei soldi non erano destinati solo al Comitato Paralimpico, ma per un accordo della passata legislatura, una parte doveva essere attribuita al programma Special Olympics Italia, che organizza l'attività sportiva per i disabili in tutta Italia, e alla Federazione sport silenziosi, che svolge un'altra attività importante. Ebbene, con questo taglio si sottraggono i finanziamenti al programma Special Olympics Italia e alla Federazione sport silenziosi. Si tratta, dunque, di un intervento assolutamente sbagliato.
Leggendo oggi La Gazzetta dello Sport potrete capire cosa significa Special Olympics e quali sono le attività che, in questo momento, si stanno svolgendo a Biella, che hanno una grande funzione di integrazione dei disabili mentali. È un grande progetto internazionale che, finalmente, sta prendendo piede anche nel nostro Paese. Purtroppo, vengono tagliate le uniche risorse destinate a questi soggetti.
Mi auguro che le sue parole di oggi diventino realtà nel dibattito al Senato, affinché si proceda a una copertura immediata del taglio che è stato operato: un errore clamoroso cui occorre rimediare.
Per quanto riguarda l'Istituto per il credito sportivo, credo che esso così com'è organizzato non serva assolutamente a nulla. Se una società sportiva non ha proprietà reali - questo è il punto, colleghi - chi assicura le garanzie?

GIOVANNI LOLLI. Non è più così!

LUCIANO CIOCCHETTI. Ma come? È così, invece.
Era stata avanzata la proposta di istituire un fondo di garanzia, ma non è mai stata attuata. Oggi si fa prima a rivolgersi a una banca normale che all'Istituto per il credito sportivo.
Nel mondo sportivo conosco diverse società, grandi e piccole, e tutte mi confermano che è meglio rivolgersi a una realtà privata. A mio avviso, se l'Istituto per il credito sportivo non torna ad essere veramente la banca dello sport non ha alcuna ragione di rimanere in piedi, se non per riunire qualche volta il consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda il doping, credo che abbiamo una legge eccezionale, ma il


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problema è distinguere il controllo sulle attività agonistiche e professionistiche e quello sulle attività delle palestre. Oggi il problema drammatico è costituito dal doping, ad esempio, nelle palestre di body building, nelle attività amatoriali, dove non esiste il controllo che si effettua nelle partite di calcio, quello a sorpresa nelle federazioni o quello, seppur limitato, nel ciclismo.
Il problema è come distinguere in maniera chiara le competenze. La legge sul doping assegna il compito del controllo al Ministero della salute, in qualche modo sottraendolo alle federazioni e al CONI. Io credo che per l'attività agonistica e professionistica sia necessario chiarire che la competenza è delle federazioni e del CONI, con un controllo da parte dello Stato. A loro volta, Stato, regioni e comuni devono occuparsi del controllo nelle palestre, dove i nostri figli rischiano di morire. Proprio nelle palestre, infatti, si possono acquistare prodotti che mettono a rischio la salute, senza alcun controllo.
Un altro punto di riflessione riguarda la tutela della salute. Con l'abolizione della leva e l'abolizione di fatto del medico scolastico, l'unico punto di riferimento e di screening per la salute dei nostri giovani è la visita effettuata per le attività sportive. Noi abbiamo una norma che consente al nostro Paese di essere sicuramente all'avanguardia. Il caso del giocatore del Siviglia Puerta non si sarebbe potuto verificare in Italia.
Il punto è come prevedere - e qui il problema riguarda anche il Ministro e il sottosegretario alla salute - la possibilità di svolgere effettivamente queste visite e far sì che l'obbligo sia rispettato. In molti casi le ASL non sono in condizioni di effettuare le visite prima dell'inizio dell'attività sportiva di ogni anno. Si tratta di fare un grande sforzo. Credo che questa sia una grande scelta di prevenzione, che se effettuata può comportare successivi risparmi per la spesa sanitaria.
Infine, la tutela dei vivai. Se ne parla tanto, ma la realtà è quella, ad esempio, di una squadra che ha vinto il campionato di calcio che raramente ha messo in campo un giocatore italiano. Per non parlare, poi, del basket, dove la situazione da questo punto di vista è ancora più drammatica (un giocatore italiano è al dodicesimo posto nella panchina e normalmente per 40 minuti si schierano in campo giocatori provenienti al 90 per cento da federazioni straniere).
Signor sottosegretario, credo che si debba condurre una grande battaglia presso la Comunità europea affinché anche lo sport abbia questo riconoscimento di tutela nazionale, attraverso norme che garantiscano i nostri giovani e i nostri vivai. Diversamente noi continueremo a parlare di sport, ma le società compreranno soltanto giocatori stranieri.

PRESIDENTE. Ricordo che al momento sono iscritti a parlare gli onorevoli Goisis, Zazzera, Frassinetti, Ginefra, Sarubbi, Barbieri, Carlucci.
Ringrazio il Ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,50.

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