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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VII
31.
Mercoledì 11 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali, professore Lorenzo Ornaghi, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Aprea Valentina, Presidente ... 3 7 24
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 23
Carlucci Gabriella (PdL) ... 17
Capitanio Santolini Luisa (UdC) ... 14
Coscia Maria (PD) ... 21
De Biasi Emilia Grazia (PD) ... 3 20
De Pasquale Rosa (PD) ... 20
Frassinetti Paola (PdL) ... 16
Giulietti Giuseppe (PD) ... 23
Goisis Paola (LNP) ... 22
Granata Benedetto Fabio (FLpTP) ... 9
Levi Ricardo Franco (PD) ... 7
Lolli Giovanni (PD) ... 13
Mazzarella Eugenio (PD) ... 18
Mazzuca Giancarlo (PdL) ... 14
Motta Carmen (PD) ... 9
Rivolta Erica (LNP) ... 22
Scalera Giuseppe (PdL) ... 19 20
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 11 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali, professore Lorenzo Ornaghi, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali, professor Lorenzo Ornaghi, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Desidero, innanzitutto, esprimere le mie più sentite condoglianze all'onorevole Cavallotto, che ha perso la mamma in questi giorni. Chi ha vissuto questa esperienza sa cosa significhi. Adesso che il collega è tornato con noi, ha anche la nostra famiglia su cui contare.
Ministro, considerato che già nel 2011 le abbiamo augurato buon lavoro, le rivolgo ora gli auguri di buon anno.
Do subito la parola ai colleghi iscritti a parlare.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Bentornato, signor Ministro. Avremmo dovuto svolgere l'audizione prima di Natale per poterle dare più tempo, ma purtroppo gli eventi incalzano.
Non voglio tornare su alcune argomentazioni da lei affrontate nella seduta precedente, facendo anche un rendiconto del lavoro svolto dal Ministero per i beni e le attività culturali. Mi preme oggi segnalarle alcune urgenze, perché tutti noi abbiamo intenzione di lavorare insieme e di sostenere l'azione del Governo, in particolare, mi permetta di dirlo, nel campo della cultura.
Alcune questioni inquietano abbastanza. Con riferimento alla SIAE, abbiamo vissuto una storia lunghissima, avendo chiesto, numerose volte e per molto tempo, che venissero svolte audizioni sul tema. Credo che lei ricordi che, durante la discussione della manovra, era stato presentato un emendamento, che però è stato respinto, che addirittura eliminava l'IMAIE, riconducendo tutto alla SIAE.
Attorno alla SIAE esiste una sorta di mistero, per un doppio ordine di ragioni. La prima è di contenuto: le chiedo, signor Ministro, se possiamo compiere passi in avanti nel ragionamento e nelle scelte sul diritto d'autore. Questo, infatti, è ormai un tema esplosivo, che, naturalmente, riguarda i diritti degli autori, ma anche il tema dei fruitori della rete, ed è un argomento di grandissima importanza, a cavallo tra il culturale e il tecnologico. Mi chiedo se la SIAE, nelle condizioni in cui si trova - lo dico molto francamente -, sia il luogo e la sede più adatta per questo ragionamento.
Al di là, infatti, di considerazioni o smentite, oggi sui giornali leggiamo un fatto di una gravità inaudita. Non so se i colleghi hanno avuto modo di leggere


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l'articolo, ma il Corriere della Sera - immagino che la rassegna stampa lo riporti - recita «Palazzi SIAE venduti in perdita. Nuovo caso legato a Balducci. Stimati 463 milioni, il presidente Blandini si è "accontentato" di 260».
A me, signor Ministro, interessa sottoporle brevemente la mia considerazione. Se tutto questo è vero, è un fatto di una gravità inaudita: potremmo presentare anche un atto di sindacato ispettivo, ma, essendo lei qui, possiamo avere una risposta anche prescindendone. Scompaiono, quindi, i soldi degli autori e degli esecutori e, quindi, scompare l'unico filo che caratterizza il rapporto con il diritto d'autore nel nostro Paese.
Ritengo che si tratti di un problema morale molto grave e, quindi, è necessario svolgere quanto prima, presidente, un'audizione di organi della SIAE, sperando che questa si possa svolgere in tempi rapidi. Signor Ministro, potremmo anche avviare con lei, sul punto, un ragionamento molto diretto.
Aggiungo che la stessa SIAE sta compiendo un'operazione molto scorretta, ad avviso mio e ad avviso degli operatori, in quanto sta chiedendo la tassa - si tratta proprio di una tassa - sul diritto d'autore anche sulle sponsorizzazioni, perché queste, indirettamente, afferiscono al diritto d'autore essendo relative ad un'opera.
Lei capisce che, se andiamo avanti di questo passo e leggiamo simili articoli, ci chiediamo a cosa serva la SIAE, se si appropria dei soldi - e non sa per quale motivo -, se si elimina una parte del diritto d'autore degli artisti, se si vendono case e beni immobili a una quotazione inferiore a quella stimata, se, con questa vera e propria tassa, di cui non mi pare vi sia un grandissimo bisogno, si affama ulteriormente l'intero sistema delle attività culturali e di spettacolo (in particolare dello spettacolo, come in questo caso).
È molto grave, inoltre, che i piccoli teatri e le piccole compagnie paghino senza dire niente, perché sono anche intimorite. Così non va bene, non funziona.
Le questioni sono davvero tante e cercherò di evitare ragionamenti generali per entrare nel merito delle questioni. Sono d'accordo con lei in ordine a quanto ha sostenuto nell'audizione del 15 dicembre, con riferimento, in particolare, ad ARCUS: mi pare di capire che la linea del Governo sia quella di ragionare su progetti per il «sistema-Paese», e quindi, vorrei sapere se il futuro di ARCUS sia legato alla sua inesistenza, alla sua abolizione e, se è così, dove saranno allocati i finanziamenti per i lavori pubblici. Mi sembra, infatti, che l'altro grande problema sia quello relativo alla ridefinizione delle risorse nell'ambito del Ministero: immagino, da quanto mi pare di capire anche dalle sue parole, che i pesi e i contrappesi dovranno essere un po' rimodulati.
Peraltro, durante le vacanze abbiamo letto tutti la notizia - che mi pare sia apparsa su un solo quotidiano nazionale - secondo la quale circa cinquanta milioni di euro sarebbero stati sottratti al Ministero dell'istruzione e destinati al Ministero della giustizia. Non abbiamo più saputo niente in merito, abbiamo fatto finta di niente ed abbiamo pensato che fosse opportuno aspettare Natale e Capodanno: naturalmente, la notizia, se fosse vera, getterebbe un'ombra di carattere strategico sul Ministero.
Ancora a proposito dei soggetti preposti ad attuare le politiche, mi permetto di sollevare nuovamente - l'onorevole Giro si ricorda che tale argomento era già stato oggetto di una lunga polemica - la questione relativa alle mansioni del personale dell'ALES, società del Ministero per i beni e le attività culturali.
Originariamente, se ben ricordo, il Ministero per i beni e le attività culturali ha avocato a sé i lavoratori socialmente utili di questa Spa, sostenendo che essi sarebbero stati utilizzati nell'ambito dei beni culturali: io vorrei capire con quali mansioni! Con giusta soddisfazione, infatti, apprendo che si intende bandire i concorsi, che sono previste le assunzioni e non c'è più il blocco del turnover: va tutto benissimo, ma c'è anche il problema della professionalità.
Naturalmente, un conto è essere custode, altro è occuparsi direttamente di un


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bene, considerato che a Pompei, ad esempio, le cose continuano ad andare non benissimo. Non ne faccio una colpa sua, come è del tutto ovvio, ma credo sia importante, comunque, segnalare questa vicenda.
A questo proposito, vorrei anche mettere l'accento su alcuni aspetti importanti, riguardanti paesaggio e il rapporto tra paesaggio e beni culturali. Lei ha affermato che alcune associazioni sono intervenute sul tema: mi permetto di precisare che alcune di queste sono le associazioni più importanti che lavorano nel campo della difesa del suolo. Ricordo anche che l'Italia ha il tasso di sfruttamento del suolo più alto d'Europa e che quello relativo al paesaggio urbano e non urbano è un tema di primissimo piano, su cui, peraltro, si stanno esercitando moltissimi soggetti.
Ricordo, tra l'altro, l'ultimo convegno dei geologi, che hanno sollevato con forza, peraltro con una lettera che ho ricevuto e che credo sia stata trasmessa anche alla presidenza della Commissione, il tema della necessità di un legame più intenso tra cultura e territorio. Quando si parla di territorio si fa riferimento al vero e proprio dramma del suolo e del paesaggio nel nostro Paese.
Proseguo su un altro argomento che mi sembra importante. Il direttore generale Resca mi ha gentilmente fornito un pamphlet di spiegazione sintetica delle principali attività poste in essere dal suo settore, che si occupa della valorizzazione del patrimonio. Credo che sia di grande interesse poter avere, in seguito, un incontro su tale specifico tema con il dottor Resca, con il sottosegretario Cecchi, con lei, con chi lei ritenga più adatto a fornirci spiegazioni su tematiche che dovrebbero essere maggiormente comprese.
La spesa, infatti, non è indifferente: quella relativa alla valorizzazione del patrimonio è superiore a un miliardo di euro. Oltre all'incremento del 3 per cento dei visitatori, vorrei capire come poter invertire la tendenza - di cui ha parlato anche lei - alla concentrazione degli utenti soltanto in una piccola minoranza dei musei italiani. Vorrei capire in che cosa si sostanzia praticamente il lavoro di valorizzazione del patrimonio, che ancora, infatti, mi sfugge. Vorrei anche capire se lei confermerà le scelte di carattere manageriale in relazione al Ministero o penserà di andare in un'altra direzione. È ovvio che le cose cambiano a seconda delle scelte che si adotteranno.
Faccio soltanto un esempio, più per i colleghi che per lei, in quanto ho già avuto, per fortuna, occasione di parlarne proprio con lei, che, peraltro, ha anche citato tale tema nella sua relazione: mi riferisco al progetto «Grande Brera»: non è pensabile gestirlo in termini esclusivamente manageriali, poiché, come sappiamo, vi è una stratificazione di problemi. In questo pamphlet è scritto che, finalmente, dopo trent'anni di attesa, il 19 luglio 2010 è stato firmato il protocollo per la realizzazione del progetto della Grande Brera: siamo ancora fermi, però, a quel punto, cioè alla firma.
Ovviamente, ci si chiede quali passi in avanti si possano compiere e quali siano le sinergie da mettere in campo. Questo, a mio avviso, può costituire un esempio pilota per valorizzare l'insieme del sistema museale italiano. Come lei stesso ha affermato e come più volte affermato dal sottosegretario Cecchi, siamo davanti a uno dei grandi problemi del nostro Paese.
Concludo facendo riferimento solo ad altri due aspetti. Il primo è relativo al fatto che alcune scelte possono non comportare alcun onere. So, per esempio, che l'AGIS le ha inviato un lungo elenco di proposte da attuare ed a cui ottemperare, che non comportano oneri e che potrebbero migliorare di gran lunga l'operato del Ministero, ma soprattutto la relazione con i soggetti interessati.
Gliele elenco per titoli: mi riferisco alla cessione del credito di imposta per il tax credit digitale, o al tema - che, signor Ministro, ritengo meriti un approfondimento - relativo all'ENPALS. Con l'accorpamento di quest'ultimo ad altri enti, infatti, che fine faranno le sue risorse? Il tema è di straordinario interesse, dal momento che i lavoratori dello spettacolo non vedono la pensione neanche dipinta, a


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causa delle normative di riferimento e della tipologia del lavoro che svolgono. Si trattava e si tratta, peraltro, di una cifra consistente.
Come i colleghi sanno, non si può accedere ai finanziamenti pubblici statali se non si è in regola con la contribuzione ENPALS. Il fatto che quest'ente, a seguito del riordino del sistema pensionistico, sia accorpato a tutti quanti gli altri enti getta, comunque, un'ombra. Mi chiedo se sia possibile utilizzare almeno una parte di questi fondi in favore di quel gran numero di interventi che riguardano il welfare, per esempio. Si tratta, peraltro, di un mondo, come lei sa, a vocazione precaria per definizione, la cui stabilità non è tanto semplice da raggiungere.
Inoltre, con riferimento alla norma che riguarda i compensi ai componenti e agli organi societari delle istituzioni culturali, io ho presentato un breve progetto di riforma, che credo sia ormai in pubblicazione e del quale, presidente, se il Ministro è d'accordo, potremmo anche procedere molto rapidamente con la discussione, in quanto è a costo zero. Ciò consentirebbe di sistemare i consigli di amministrazione dello spettacolo e della cultura. Ci sono, infatti, casi addirittura emblematici di consigli bloccati perché i revisori dei conti non partecipano alle riunioni. Ci sono, è vero, le «mitiche» liberalizzazioni, ma questo progetto comunque è a costo zero per la finanza pubblica.
È possibile, peraltro, operare non soltanto con una manovra di carattere finanziario. Credo sia possibile migliorare il sistema anche attraverso interventi che non hanno costo, ossia tramite razionalizzazioni e, in alcuni casi, come quello della SIAE, tramite moralizzazioni, che mi sembrano oramai indispensabili.
Affronto ora l'ultimo aspetto, che riguarda in particolar modo lo spettacolo. Non le nego, signor Ministro, che una certa inquietudine mi pervade, e non penso si tratti solo di un'emozione personale, quando asserisce che intende rivedere la legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche. Questa Commissione ha svolto sul tema un lavoro pazzesco, difficilissimo e per nulla soddisfacente ad avviso del il Partito Democratico. Tuttavia, alcuni paletti sono stati fissati: vorrei capire a breve in che cosa si sostanzia l'intervento.
Per essere chiari, se la modalità di intervento è la stessa adottata allorquando in un decreto in cui erano state inserite, in modo del tutto improprio, alcune determinazioni riguardanti lo spostamento di poteri spostati nelle mani del Ministero, non va bene. Se, invece, la riforma davvero tende, finalmente, a fare giustizia e a creare anche la consapevolezza che non tutti sono uguali, che vi sono elementi di eccellenza differenti, questo è un altro discorso. Un plafond uguale per tutti oggi non c'è, perché attualmente l'unico regolamento in atto è quello speciale che dà l'autonomia alla Scala e all'Accademia di Santa Cecilia. È tecnicamente impossibile che le altre fondazioni possano adeguarsi a quello standard. Credo, oltretutto, che quello della Scala sia un caso perlopiù unico, e che quindi quello non possa essere considerato come il modello.
Nel regolamento di delegificazione è contenuta la disciplina della materia, ma mi chiedo se possiamo procedere in un campo così delicato solo attraverso regolamenti e se non sia il caso, invece, di intervenire, anche in sinergia con le regioni, nella ridefinizione complessiva del sistema delle fondazioni lirico-sinfoniche, delle competenze, dei finanziamenti e delle attribuzioni di competenze non esclusivamente allo Stato. Aggiungo che il contratto, che era stato tanto promesso, è ancora completamente per aria.
Come, peraltro, la Commissione unanimemente aveva segnalato, il luogo della funzione pubblica è totalmente improprio per un contatto, che non è neanche di competenza della funzione pubblica: pertanto, il tema del rapporto tra territorio, quindi tra contrattazione decentrata e contratto nazionale, diventa decisivo. Il rischio vero, come lei sa, è che alla fine i contratti decentrati siano quelli che determinano di fatto la disuguaglianza rispetto al contratto nazionale. Questo,


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quindi, è un tema di importanza enorme, che spero potremo affrontare rapidamente.
Su un altro tema riguardante lo spettacolo interverrà l'onorevole Carlucci. La ringrazio per quanto ha affermato in ordine alla legge di sistema: spero che si possano compiere concreti passi in avanti che tutti noi auspichiamo. È sempre più chiaro, peraltro, che, trovandoci di fronte ad una vera e propria scomparsa della finanza pubblica per i prossimi anni, che comporterà una riduzione inevitabile, anche se stabilizzata con le accise, della benzina, bisogna cercare altre modalità di finanziamento. Per questo sono necessarie differenti configurazioni giuridiche, che oggi per lo spettacolo non sono previste. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di diventare impresa.
Con uno statuto di impresa, infatti, sorge la possibilità di accedere a un sistema di finanziamento europeo: mi riferisco a Basilea e ad altre possibilità. Si riconosce, cioè, il significato di attività produttiva nel campo sociale e in quello culturale: sarebbe per me una grandissima innovazione, nel nostro Paese, una legge che sancisca che quella culturale è considerata un'impresa.
Svolgo un'ultima considerazione ed un breve lamento: affinché ciò avvenga, signor Ministro, si dovrebbe riuscire a capire una volta per tutte la metodologia che porta alle nomine all'interno degli enti e dei consigli d'amministrazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Al di là delle capacità e delle competenze, che lascio completamente da parte, la legge stabilisce alcune incompatibilità. Riporto l'esempio del San Carlo: lei capirà che è abbastanza sconcertante la modalità con cui è stato composto il nuovo consiglio d'amministrazione, al di là, ripeto, delle capacità di ciascuno. La stessa cosa era avvenuta a suo tempo per l'Opera di Roma.
Dovremo giungere alla determinazione di un sistema di regole il più possibile trasparenti, dal momento che le regole non sono mai neutrali: chiedo, tuttavia, che almeno vi sia la trasparenza. È come se alla Scala ci fosse Formigoni - il che non è neanche nell'ordine di idee - ed al San Carlo il presidente della regione Caldoro: che senso ha?
Mi chiedo anche, infine, signor Ministro, se abbia senso che il suo Ministero faccia parte di quel consiglio di amministrazione, considerato che la legge sulle fondazioni liriche, viceversa, progressivamente dovrebbe autonomizzare le stesse fondazioni dal sistema, tant'è vero che si auspica l'intervento dei soggetti privati. Si registra, dunque, una contraddizione molto forte.
La stessa considerazione vale per il resto delle nomine. Anche relativamente alla vicenda della Biennale - in merito alla quale, per fortuna, si è raggiunto un esito condiviso - è apparso evidente il fatto che la separazione della politica dai consigli d'amministrazione non riguarda esclusivamente i partiti, ma è di grande attualità: consideriamo anche il dibattito che si sta aprendo sulla RAI, tema, un po' più complesso, di competenza di questa Commissione.
Capisco che la cosa possa atterrirla. Io ho chiesto da molto tempo anche l'audizione dei vertici della RAI, che aveva avuto luogo nella precedente legislatura, ma ritengo opportuno che si svolga anche in questa, considerato che stiamo parlando di governance della RAI. Cogliamo l'occasione per una riforma del sistema di regole che sovrintendono alle nomine.

PRESIDENTE. Prima di proseguire con i successivi interventi, comunico che il Ministro Ornaghi è accompagnato dal consigliere Carpentieri, capo dell'ufficio legislativo, e dal dottor Ferrari, capo dell'ufficio stampa, che salutiamo.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Ministro, pongo alla sua attenzione solo due questioni. La primo è più di dettaglio, la seconda di ordine più generale.
Mi collego a quanto affermava, in conclusione, l'onorevole De Biasi in merito alla Biennale di Venezia. Costituisce un elemento di particolare soddisfazione per noi componenti della VII Commissione il fatto che lei abbia iniziato la sua opera


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quale Ministro accogliendo la nostra volontà allorché si è espresso sulla proposta di nomina avanzata dal suo predecessore per la presidenza della Biennale. Ci fa piacere avere constatato che la sua volontà, alla fine, ha consentito di giungere alla conferma del professor Baratta alla presidenza della Biennale di Venezia.
Sento, però, di doverle porre una domanda molto specifica: ancorché, in questo momento, sul suo tavolo non ci siano decisioni immediate da prendere, qual è la sua opinione sul tema del confronto della dualità della concorrenza tra Venezia e Roma? Si tratta di un tema importante per il cinema italiano e credo che sarebbe per noi importante, al di là delle candidature in campo per Roma, conoscere il suo parere sulla forma e sui modi in cui rendere compatibili queste due manifestazioni.
Il secondo tema più generale è quello della lettura. I dati relativi alla lettura in Italia danno un'indicazione precisa in due direzioni, che il sottosegretario Giro conosce molto bene. Il primo dato è la presenza di un marcato numero di grandissimi lettori. In Italia abbiamo una piccola percentuale di cittadini che leggono moltissimo e che da soli, per quanto rappresentino una piccola minoranza, reggono, consentendole di vivere, un'industria editoriale che è tra le prime in Europa e che, dunque, costituiscono una grande ricchezza del nostro Paese.
Accanto a tale fenomeno, però, c'è una metà degli italiani che non legge nemmeno un libro durante l'anno: questo è il segno di una diseguaglianza profonda e inaccettabile nella nostra società e significa che una metà dei cittadini italiani è in buona parte priva degli strumenti necessari per partecipare in modo consapevole e convinto alla vita associata.
Si tratta, dunque, di una di diseguaglianza profonda che pone a chi ha responsabilità pubbliche una questione di grandissimo rilievo, che va ben al di là di qualsiasi dettaglio di norma: stiamo parlando di un problema di civiltà.
A fronte di questi due problemi, che sono, in qualche modo, le due facce di una medesima medaglia - da una parte, una grande ricchezza di lettori e di industria editoriale e, dall'altra, una grande povertà nell'accesso al bene primario della conoscenza attraverso la lettura -, in Italia siamo privi - lo dico rivolgendomi proprio a lei, titolare del Ministero per i beni e le attività culturali - di una singola autorità responsabile dell'attività nel campo del libro e della lettura.
La stessa attività del Ministero dei beni culturali si è da sempre caratterizzata per la responsabilità della conservazione libro come bene culturale. Il Ministero è responsabile, da una lunga tradizione, degli interventi sulle biblioteche, sugli archivi, sulla tutela del bene storico del libro. Sull'attività della lettura il Ministero, sostanzialmente, è storicamente assente e anche privo degli strumenti autentici di intervento.
Recentemente è stato istituito il Centro per il libro e la lettura: il collega Giro conosce bene tutta la storia, che è passata dal nostro al loro Governo e adesso cade nelle sue mani, signor Ministro. Si tratta, però di un istituto ancora povero e monco, privato di finanziamenti e, di certo, mille leghe al di sotto della capacità di azione che sarebbe richiesta. Peraltro, le competenze sono anche un po' sparse tra vari dicasteri, ma manca l'identificazione di un responsabile, che dovrebbe essere un compito primario della Repubblica.
Mi rivolgo a lei, Ministro, invitandola, al di là dei dettagli, a farsi carico di questo problema e ad avere l'ambizione e l'orgoglio di proporsi come il ministro che pone il tema della lettura come uno dei pilastri dell'attività del suo dicastero. Il Centro per il libro e la lettura è l'embrione di quello che potrebbe essere lo strumento operativo per intervenire in questo campo, che però va ben al di là dei dettagli e delle regole di applicazione.
Stiamo parlando di quello che dovrebbe essere uno dei compiti primari della Repubblica e, dunque, del suo Ministero. Onestamente, non ne vedo altri che possano averlo. È chiaro che il Ministero dall'istruzione interviene e la scuola è un attore fondamentale nell'accesso alla


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lettura, anche perché sappiamo bene che chi non comincia a leggere da bambino, non legge più, è perduto per la lettura: questo è il tema essenziale.
Dopodiché, ci sono mille rivoli, come un tema, di cui mi piacerebbe poterle parlare un giorno (anzi, le chiederei il nome delle persone alle quali potermi rivolgere nel suo dicastero), quello relativo ai librai antiquari, che versano in una condizione di totale svantaggio competitivo rispetto ai loro colleghi degli altri Paesi. Il tema essenziale, comunque, resta quello relativo al libro e alla lettura.

CARMEN MOTTA. Ringrazio moltissimo il presidente Aprea e anche i colleghi che mi concedono il privilegio di partecipare alla seduta di questa Commissione. Nel corso del precedente incontro, signor Ministro, avevo già avuto modo di comunicarle qualche valutazione, che però non era rimasta agli atti: pertanto, le chiedo nuovamente di sottoporci le sue valutazioni in merito alla legge sul bicentenario verdiano.
In quell'occasione, lei aveva fornito una risposta interlocutoria, ma rassicurante, dichiarando che, in qualche modo, aveva anche previsto la copertura e, quindi, che fosse possibile procedere. Signor Ministro, mi farebbe piacere, affinché possa rimanere agli atti, che oggi lei ci aggiornasse nuovamente sulla possibile ripresa dell'iter della proposta di legge sul tema: le faccio presente che questa Commissione ha lavorato unitariamente e che, quindi, valorizzare un'iniziativa parlamentare, ovviamente, darebbe grande soddisfazione non solo ai componenti di questa Commissione e delle altre, ma anche al Parlamento. La ringrazio per la risposta che vorrà fornire.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Intendo intervenire per non più di cinque minuti. Ringrazio il Ministro soprattutto per la sua relazione, oltre che per la sua disponibilità a un percorso che abbiamo proficuamente portato avanti dall'inizio di questa legislatura. L'ex sottosegretario Franco Giro è sempre stato presente in questa Commissione: bisogna dargli atto che ha sopperito con stile e anche con consapevolezza alle mancanze dei suoi superiori. Questo, almeno, è il mio giudizio politico.
Adesso, invece, abbiamo la possibilità che questa Commissione abbia sin dall'inizio un'interlocuzione con sua eccellenza il Ministro, ma in maniera assolutamente laica: dobbiamo, infatti, creare la condizione per individuare un percorso legislativo, ma anche il sostegno politico per un'azione molto complessa che lei deve portare avanti.
Nella sua relazione lei ha opportunamente sottolineato questo grande bisogno diffuso di consapevolezza culturale: io interpreto così le sue parole. C'è un importante ritorno di partecipazione ai festeggiamenti per i 150 anni dello Stato unitario. Si è avvertito questo grande bisogno di consapevolezza comune: qualcuno definisce il fenomeno come una nuova forma di patriottismo repubblicano, per certi versi testimoniato attraverso una grande partecipazione alle attività di quello che i colleghi hanno definito uno straordinario patrimonio culturale materiale, che però è soprattutto immateriale e consiste in una stratificazione storico-culturale unica al mondo, che ha nella differenza, nella varietà e nella irripetibilità probabilmente la sua cifra più importante e rilevante.
Sembra, infatti, che il tratto caratterizzante l'identità nazionale, proprio attraverso il patrimonio culturale -, con l'onorevole Giro ci siamo confrontati spesso in questa direzione -, sia proprio questa grande differenza, al di là di ogni omogeneità. In una parola, ciò che rende grande l'Italia è proprio quest'idea della diversificazione del paesaggio culturale. Altri scenari culturali hanno una maggiore omologazione, perseveranza e caratterizzazioni.
Questo, ovviamente, è frutto della storia nazionale. Mi avvio rapidamente alla conclusione: è essenziale, a mio avviso, nella cifra e nel filo rosso dell'azione del Ministero per i beni e le attività culturali, che una volta tanto lei ribadisca fin dall'inizio e tra le righe che il tema vero e centrale non è questa insopportabile retorica sullo


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sfruttamento dei giacimenti culturali. Le attività culturali non sono «soprattutto», ma «anche» un fatto economico: sono soprattutto uno straordinario fatto di coesione sociale e nazionale, che passa attraverso il filo rosso dell'identità. Credo, quindi, che sia positivo avere voluto con forza sottolineare questo aspetto per l'inizio di un percorso comune che deve anche essere di tipo legislativo, ma soprattutto deve essere un percorso culturale.
In questo senso, mi affido alla sua volontà di voler riaprire - credo che qualche collega presente sarà assolutamente d'accordo, ma ritengo lo siano tutti - un discorso da parte del Ministero su una città simbolo di questa necessità di ricostruire il tessuto culturale, una città mortificata da un evento naturale, ossia L'Aquila.
Quella de L'Aquila non è simbolicamente la questione degli interventi, che pure sono stati efficaci, per restituire un tetto agli aquilani, ma l'esempio tipico di una città che vive soprattutto di patrimonio immateriale. Se quel patrimonio immateriale, costituito dal centro storico, non sarà ricostruito, questo sancirà la definitiva morte di una città che viveva la sua esperienza accademica, universitaria, aggregativa, comunitaria proprio sulla ricostruzione di questo centro, su cui credo il Ministero debba tornare ad avere una visione, aldilà del pensiero dei commissari, per la ricostruzione presente e pressante.
In relazione a tutte le promesse fatte all'indomani della tragedia da varie organizzazioni internazionali - in tanti volevano adottare monumenti, come le regioni -, vogliamo verificare sul campo lo stato della ricostruzione del centro storico: occorre non soltanto, infatti - il che è già tantissimo -, ricostruire una delle più antiche sedi universitarie italiane, ma anche dare valenza simbolica al fatto di occuparsi di un tassello del tessuto culturale nazionale.
Da questo punto di vista, credo che sia essenziale per il Ministero, oltre che occuparsi, come farà, delle attività dello spettacolo dal vivo - una proposta di legge sul tema sta seguendo il suo iter in Commissione e speriamo sia approvata -, occuparsi della lirica. L'anno scorso è stata approvata una legge, forse una delle più importanti e controverse, ma adesso sul regolamento si sono aperte questioni molto ampie che dobbiamo affrontare rapidamente per mettere in movimento, appunto, le innovazioni legislative ed il tema della valorizzazione dei musei, che francamente non discosterei mai, proprio dal punto di vista della cifra culturale, da una visione non legata a uno sfruttamento in termini soltanto produttivistici del museo. Se funziona bene, un museo non si misura solo dal numero di biglietti che vende, ma dalla capacità didattica di raccontare una storia, di parlare ai giovani e ai cittadini.
La vera questione, infatti, è il fatto che i grandi musei italiani non sono frequentati e conosciuti dai cittadini o comunque lo sono sempre meno perché, come lei ha affermato all'inizio della sua relazione, la vera questione culturale italiana consiste nel fatto che, innanzitutto, del patrimonio dobbiamo riappropriarci noi cittadini per avere consapevolezza di ciò che l'Italia ha rappresentato e che può rappresentare in prospettiva.
Un ulteriore tema, delicatissimo, è quello del paesaggio. Il Ministero deve arrivare a un punto di snodo sui piani paesaggistici, sui quali, come previsto, ha una competenza diretta anche attraverso il rapporto con le regioni. Ci sono questioni che rappresentano opportunità, ma che purtroppo rischiano di diventare minacce. Penso alla green economy, a cosa significa oggi, nel tessuto nazionale, la corsa - che si comprende anche per i parametri di Kyoto e per tante altre questioni - al fotovoltaico, all'eolico, ma senza una visione di insieme che preservi lo straordinario paesaggio italiano.
Probabilmente, il dato più significativo per il viaggiatore culturale, non del turista che viene in Italia è soprattutto quello costituito dai paesaggi e non soltanto dai musei o dal singolo monumento. Preservare il paesaggio significa soprattutto riconfigurare - come in maniera molto autorevole, proprio a Roma, è stato fatto


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con riferimento ad alcune operazioni sul Pincio -, più in generale, su scala nazionale, una gerarchia delle fonti.
I piani regolatori devono seguire l'approvazione del piano paesaggistico ed essere coerenti con esso. Al piano paesaggistico di una regione deve seguire anche il piano energetico nazionale, che serva a far capire agli imprenditori dove si possono e dove non si possono realizzare alcune costruzioni, ma soprattutto che alcune questioni relative al territorio devono essere tutelate in quanto tasselli di temi importanti.
Avanzo una sola proposta, che però deve diventare una prassi di Governo, ma può diventare anche un'iniziativa legislativa. Il patrimonio è sterminato. Io non sono tra quelli per certi versi innamorati della tesi della proporzione dei beni culturali presenti in Italia perché, con franchezza, da nessun punto di vista ha un fondamento la tesi della percentuale del numero dei beni culturali: si tratta di qualcosa di propagandistico e, per di più, agli addetti e agli operatori culturali suona male, come qualche cosa che si ripete come un disco rotto, come la storia dei giacimenti culturali.
C'è, tuttavia, un dato oggettivo, che fotografa il patrimonio culturale italiano, e cioè che la World Heritage List dell'UNESCO riconosce a 43 siti italiani il primato di patrimonio culturale mondiale. Serve, allora, un'iniziativa legislativa tendente non soltanto a tutelare, ma a valorizzare quel percorso come patrimonio UNESCO. Questa idea, in parte, è stata portata avanti, ma non è mai stata organicamente inserita in una logica di valorizzazione del patrimonio più significativo, che ribadisco essere stato riconosciuto dalla più importante organizzazione mondiale di tutela del patrimonio. Manca totalmente qualsiasi tentativo del Ministero per i beni e le attività culturali di effettuare un racconto univoco rispetto allo sterminato patrimonio individuabile, perimetrabile, valorizzabile con una logica da megadistretto culturale legato al patrimonio UNESCO.
Concludo un po' campanilisticamente su due questioni. La prima è un campanilismo geografico: è arrivato anche l'onorevole Gianni, che mi affiancherà in questa richiesta. È un po' inusuale rivolgere un invito in audizione in Commissione, ma, come lei sa, Siracusa, che è la mia, la nostra città, è sede, certamente non per merito nostro, del più importante e antico teatro greco del mondo ed è sede dell'Istituto nazionale del dramma antico, che dal 1914 permette la valorizzazione del patrimonio legato alla tragedia. È il più antico perché è il primo teatro greco al mondo in pietra. Ovviamente, sarebbe per me un grande onore la sua presenza con la Commissione alla prima rappresentazione della stagione.
Quanto, invece, a un campanilismo non individuale, ma maggiormente legato all'attività legislativa, abbiamo all'unanimità approvato una norma che riguarda un altro tassello del patrimonio immateriale italiano, ossia il mare. Riteniamo che in Italia, come in Grecia, debba essere istituita una soprintendenza del mare senza aggravio di spese per l'amministrazione. Nel nostro disegno di legge, approvato all'unanimità, è previsto il riconoscimento dei soggetti interni al Ministero per i beni e le attività culturali che già da anni svolgono quell'attività, ma si conferisce una maggiore autonomia, soprattutto nel campo sterminato della individuazione di risorse comunitarie legate alla ricerca archeologica, subacquea o meno, e alla tutela del patrimonio delle acque, che non è soltanto il patrimonio marino, ma anche quello delle acque interne e dei fiumi.
Con questo spirito la ringrazio per la sua relazione e concludo qui il mio intervento.

PIERFELICE ZAZZERA. Cercherò di approfittare dell'audizione del Ministro per chiedere di fornirci chiarimenti - alcuni dei quali su questioni già sollevate - che, magari, potremo ascoltare in occasione della sua replica.
La relazione del Ministro, che ho definito, almeno personalmente, algida sui numeri, fotografa però la realtà della situazione: non poteva esserci spazio per prospettive di lungo o medio termine perché


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credo che lei, oggi, non sia nelle condizioni di fare quello che non si è fatto in tutti questi anni.
Il nostro Paese ha una miniera d'oro rappresentata da beni culturali che possono creare sviluppo reale, occupazione ed economia, ma è ferma in virtù di un dato che lei ha citato e che preoccupa fortemente anche lei, rappresentato dal calo di investimenti dallo 0,28 allo 0,19 per cento nel 2011. Credo che il nucleo fondamentale della questione sia il fatto che senza risorse diventa davvero difficile pensare di mettere in moto un meccanismo virtuoso.
Considerando che lei ha poche risorse e poco tempo a disposizione, le chiedo solo di farci capire se su alcune questioni il Ministero fornirà chiarimenti. Mi riallaccio subito a quanto sollevato dalla collega De Biasi: credo che il Ministero debba subito fornire un chiarimento sulla questione relativa alla SIAE, che la riguarda in termini di etica di gestione del denaro pubblico. Credo sia necessario fare chiarezza sul destino della SIAE, perché oggi il sindacato CGIL parla apertamente di una possibile privatizzazione: vorrei capire se il Ministro, al riguardo, intenda fare qualcosa o se la mia è una preoccupazione esagerata.
La questione riguarda la dismissione di un patrimonio importante, che sembrerebbe essere stato svenduto: da questo punto di vista, è urgente che il Ministero chiarisca come stanno le cose e quali posizioni e soluzioni adotterà, anche rispetto a chi guida oggi la SIAE.
Oggi è apparsa sulla stampa anche la notizia relativa alla seconda questione che volevo affrontare, relativa al fatto che è stata aperta un'indagine giudiziaria sulla vicenda del restauro del Colosseo. A mio giudizio, il Ministero deve intervenire anche con riferimento a questa vicenda, certamente non per intralciare l'attività dei magistrati, che svolgono il loro mestiere, ma per capire come realmente stanno le cose e, quindi, se si debba procedere con quel restauro, anche tenendo conto delle eccezioni sollevate dall'Authority, relative all'affidamento a trattativa privata. Vorrei anche conoscere la sua opinione, signor Ministro, sul fatto che il restauro del Colosseo è stato affidato non ai restauratori - che le hanno inviato una missiva -, ma alle imprese edili.
In merito allo spettacolo dal vivo, dalla sua relazione ancora non ho capito quale realmente sarà il destino della proposta di legge in materia, che non è dell'onorevole Carlucci, ma dell'intera Commissione; anzi, non è neanche una legge dell'intera Commissione, ma di tutto ciò che sta fuori dalla Commissione, di un mondo che aspetta risposte in termini di legge quadro, di organizzazione: chiederei, al riguardo, ulteriori risposte in termini di diritti dei lavoratori.
Credo che sia giunto il momento - si tratta di risultati raggiungibili in un anno - di cominciare a pensare di abrogare l'articolo 40 di un regio decreto del 1936, che impedisce a questi lavoratori di ottenere l'indennità di disoccupazione. Ritengo che si possa raggiungere il consenso unanime di tutti e, quindi, lei non avrà difficoltà ad andare avanti. So bene che occorrono risorse, che non possiamo sottrarre risorse dal FUS, ma lei, che è il tecnico di questo Governo, deve fare in modo che quel provvedimento vada in porto prima della scadenza del mandato.
Quanto alla questione sollevata anche dalla collega De Biasi riguardo alla recente nomina del consiglio d'amministrazione del San Carlo, credo che le fondazioni debbano rimanere separate dalla politica: meno politica c'è di mezzo, forse più attività culturale regaliamo al Paese. Forse anche in questo caso, signor Ministro, lei dovrebbe compiere uno sforzo per chiarire tutti i dubbi, che, pur potendo essere privi di fondamento, devono essere comunque resi trasparenti. Considero un errore - lo dico non in termini di violazione delle leggi, ma di opportunità - che il controllore e il controllato coincidano. Se il suo capo di gabinetto è anche responsabile della gestione dei fondi destinati alle fondazioni, come fa a ricoprire il ruolo in un consiglio d'amministrazione, essendo nella posizione di poter concedere lui stesso le risorse? È una questione di regole, non di doppi incarichi. Controllore e controllato


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non dovrebbero coincidere, proprio per evitare ogni tipo di equivoco, al di là della qualità del consiglio d'amministrazione.
Credo che il Ministro debba tutelare la qualità dei consigli d'amministrazione delle fondazioni: tuttavia, ritengo che in quella scelta la qualità non eccella, a causa della grande presenza di rappresentanze di partito. C'è anche il sindaco di Napoli, il presidente della provincia - indagato, tra l'altro, per rapporti con la camorra napoletana - e c'è anche il presidente della regione. Pertanto, credo che, da questo punto di vista, sia necessario liberare la fondazione del Teatro San Carlo, conferendo maggiore Trasparenza alla gestione della stessa.

GIOVANNI LOLLI. Signor Ministro, vorrei tornare su una questione sollevata dal collega Granata che mi sta particolarmente a cuore. Parlo della sorte del patrimonio storico-monumentale colpito dal terremoto abruzzese.
Le fornisco qualche numero. Le chiese colpite, tuttora lasciate così, sono 1.047; i palazzi monumentali sono 717; c'è un certo numero di castelli, tra cui il castello cinquecentesco de L'Aquila, oltre a numerose torri e fontane. L'Aquila è la quinta città in Italia per quantità di edifici tutelati dalla sovrintendenza. Il centro storico è esteso 170 ettari, quindi sulla pianta è grande quanto il centro storico di Milano, che ha un terzo del numero di edifici tutelati. Considerati i diversi piani, vi sono circa 3 milioni di metri quadrati.
A distanza di tre anni dal sisma, per tutto questo patrimonio ci si è limitati a una parziale messa in sicurezza. Sono stati, cioè, realizzati i puntellamenti, che evitano crolli devastanti, ma posso assicurarle che, purtroppo, inverno dopo inverno, avviene una specie di disfacimento. Potrei parlare di casa mia, visto che abitavo in una casa inserita in uno di questi edifici.
Quali sono i motivi? Innanzitutto, c'è sicuramente un ordine di motivi che attiene a complicatissime procedure, cui si sovrappongono poteri straordinari, in questo caso un vice commissario ad hoc, con i poteri ordinari, ed anche la sovrintendenza. Tutto ciò si potrà risolvere con una nuova legge, ma vi è un problema drammatico relativo alle risorse.
Infatti, diversamente da quanto avvenuto in altri sismi, qui non si decise di destinare un capitolo ad hoc ai beni culturali e ci si affidò, con un ottimismo che - oggi possiamo dirlo - è stato un po' temerario, a donazioni, soprattutto internazionali. Forse lei ricorderà che in occasione del G8 fu compilata una cosiddetta «lista di nozze». Mi limito a segnalarle che il Paese più generoso è stato il Kazakhstan. Lei può capire a quali livelli ci stiamo muovendo.
È vero che c'è stata qualche donazione. Siamo molto grati al dottor Vespa e alla cantante Laura Pausini: grazie a loro abbiamo qualche risorsa (1,5 milioni di euro grazie al primo e 1,2 milioni di euro grazie alla seconda), ma, secondo calcoli effettuati dal suo Ministero, la cifra necessaria ammonta a 3 miliardi di euro.
Mi rendo perfettamente conto che la situazione in cui ci troviamo è del tutto assurda; d'altra parte, però, mi chiedo e le chiedo se possiamo rassegnarci al fatto, in un Paese come l'Italia, che una parte del nostro patrimonio artistico sia abbandonato. Altri Paesi che nel frattempo, ahimè per loro, hanno subìto catastrofi - si pensi a quello che è avvenuto a Saint Louis o in Giappone - non si stanno comportando nello stesso modo nei confronti dei loro patrimoni. Noi possiamo condannarci, invece, a una sorta di oblio?
Le rivolgo due proposte. La prima è banale. Venga a L'Aquila, a nome di tutte le istituzioni, peraltro di diverso colore: il sindaco l'ha invitata perché solo venendo lì si potrà comprendere la dimensione e la complessità del problema.
La seconda proposta, alla quale avevamo lavorato informalmente con il suo predecessore ed aveva lavorato molto anche il capo di gabinetto, il dottor Nastasi, riguarda ARCUS. L'idea era di aumentare per alcuni anni l'aliquota di ARCUS di due punti percentuali, per riportarla dal 3 al 5 per cento. Uno dei vantaggi di questa proposta, in teoria, è costituito dal fatto


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che non si toccherebbe il bilancio generale dello Stato; in secondo luogo, essa permetterebbe di non intaccare i fondi ordinari di ARCUS, con i quali realizziamo obiettivi importantissimi e che, quindi, sarebbe assurdo eliminare. Infine, dal momento che una parte di questi lavori pubblici si svolgerebbero proprio a L'Aquila, tali risorse, in qualche modo, sarebbero prodotte anche lì per la ricostruzione.
Oltretutto, una norma di questo genere, applicata ad ARCUS, consentirebbe di utilizzare fino al 20 per cento dell'importo per sostenere anche attività culturali. Tenga presente che abbiamo anche il problema relativo ad un tessuto di grandi istituzioni culturali, due teatri stabili, la più grande struttura di distribuzione teatrale italiana, un'orchestra sinfonica stabile, un'orchestra da camera stabile, le strutture musicali, che, non avendo più luoghi sui quali esercitare la propria attività, hanno il proprio personale in cassa integrazione.
Un'iniziativa del genere, a mio avviso, potrebbe essere portata avanti subito: non permetterebbe mai di raggiungere la somma di 3 miliardi di euro, che è la cifra che serve, ma darebbe un forte segnale e produrrebbe anche alcuni effetti pratici, concreti, importanti per poter dare l'idea che non abbiamo condannato L'Aquila a diventare una moderna e triste Pompei.

GIANCARLO MAZZUCA. Interverrò molto brevemente proprio per cercare di non sottrarre tempo al Ministro e ai colleghi. Intanto, ringrazio il Ministro per l'ottima relazione del 15 dicembre scorso, con la quale ha offerto un quadro molto preciso e nitido della situazione. Chiaramente, sono molto preoccupato per il discorso relativo ai fondi ed ai finanziamenti destinati alla cultura.
Se già in precedenza erano stati effettuati tagli ai fondi ed ai finanziamenti, che erano comunque stati ridotti al lumicino, mi sembra che la situazione attuale sia ancora peggiore. Tra l'altro, ho letto con molta preoccupazione che si prevede la possibilità di non concedere più agevolazioni fiscali o contributi agli istituti culturali attraverso la destinazione del 5 per mille contenuta nella dichiarazione dei redditi, indirizzato invece ad altri enti. Vorrei sapere se ciò corrisponda al vero.
Inoltre, tra gli appuntamenti importanti dei prossimi mesi, si è parlato a lungo, giustamente, delle manifestazioni verdiane: vorrei ricordare al Ministro che a marzo ricorre l'anniversario dei 100 anni dalla morte di Giovanni Pascoli, un grande poeta, che, in questo momento, mi sembra sia assolutamente trascurato a livello nazionale, dal momento che non si parla di manifestazioni, di ricorrenze o di celebrazioni. Vorrei sapere se il Ministero per i beni e le attività culturali abbia intenzione di approfondire questo argomento, considerato che, ricorrendo l'anniversario nel prossimo mese di marzo, i tempi sono ormai ridotti al lumicino.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Interverrò anch'io brevemente e procederò per titoli, perché immagino che la scelta del Ministro di essere presente in Commissione, con la quale egli stesso auspica vi potrà essere una stretta collaborazione, ci consentirà di affrontare meglio i temi che sono sul tappeto.
Ho alcune domande da rivolgerle ed alcune precisazioni ed idee da formulare. Lei ha dichiarato che non è facile portare avanti l'iniziativa, che mi sembra molto importante, di tenere aperti i musei la sera o la domenica, a causa di un problema di personale e di costi (il collega Giro annuisce). Questo obiettivo, però, mi sembra strategico ai fini della promozione proprio del nostro patrimonio: all'estero avviene così e, quindi, non è un fatto straordinario.
Mi chiedo se non sia possibile far riferimento, nei modi da studiare, alle associazioni di volontariato, ad esperti, a persone disponibili ad aiutare, senza che si ricorra all'assunzione di personale. Capisco che ci siano responsabilità, regole da seguire e, sicuramente, aspetti non facili da risolvere, altrimenti probabilmente tali iniziative sarebbero già state prese, ma forse si potrebbe andare in quella direzione,


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valorizzando anche un patrimonio privato di risorse umane, in quanto ciò comporterebbe l'assunzione di centinaia di giovani tecnici e funzionari. Sollecito, pertanto, un'attenzione su questo tema, che mi sembra estremamente importante.
In secondo luogo, lei parla di dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico e assicura la sua attenzione sul tema: si registra, però, una gran confusione, almeno sui giornali, ed anche una gran paura in relazione a ciò che può avvenire per il recupero. Mancano i soldi e le risorse: sono in molti a invocare una misura di questo genere, ma bisognerebbe fare un discorso di coordinamento, di visione, di insieme, di elaborazione di regole del gioco e di criteri di fondo.
Lei ha semplicemente accennato all'argomento: le chiedo qualche chiarimento ulteriore in merito al fatto se il Governo intenda procedere in questa direzione. Se ne è parlato un po' in passato, ma adesso l'argomento non è all'ordine del giorno del programma del Governo: le chiedo, pertanto, un chiarimento in merito alla dismissione del patrimonio.
Questo discorso si lega a quello relativo alla tutela dei beni paesaggistici nel rapporto con le regioni. Lei ha accennato vagamente alle fughe in avanti di qualche regione - sappiamo a chi si riferiva - a proposito della tutela dei beni paesaggistici, che deve essere definita in base a un rapporto molto preciso tra le regioni e lo Stato.
Si stanno concludendo alcuni accordi tra Stato e regioni e all'interno di ogni regione. Mancano ancora alcune regioni all'appello, mentre alcune altre hanno fatto, come ha sostenuto lei, fughe in avanti: quali sono le condizioni, gli obblighi, i vincoli? Il Ministero per i beni culturali sarà comunque titolare di permessi obbligatori e vincolanti oppure no? Adesso funziona così, ma non so come lei intenda procedere per semplificare le procedure e per evitare queste famose fughe in avanti, che nessuno auspica si verifichino. Le polemiche sui giornali sono state notevoli, quindi mi sembra necessario un chiarimento da parte sua.
Un'idea a cui tengo molto, e di cui la ringrazio, è quella relativa all'istituzione di una giornata dedicata alla cultura nella scuola. La considero un'iniziativa importante, ma a condizione, signor Ministro, che non si risolva in una giornata celebrativa fine a se stessa, il che significherebbe semplicemente fare vacanza per un giorno. In tal caso, ci renderemmo un po' tranquilla la coscienza, ma non otterremmo risultati.
Le ricordo, anche se lo saprà sicuramente, che l'insegnamento della storia dell'arte è stato fortemente mortificato con le riforme della scuola superiore: non posso dire che non si insegni più, ma quasi, e questo è stato un errore, a mio avviso gravissimo, del precedente Governo. In un Paese come il nostro, infatti, che, al di là delle statistiche e dei numeri, ha un patrimonio culturale straordinario, i nostri ragazzi, se non avranno mai studiato, approfondito o capito chi sono i nostri pittori, architetti, scultori, artisti e così via, andranno in giro come analfabeti. È proprio un problema di analfabetismo.
Credo, quindi, che tutta la Commissione sia a sua disposizione per lavorare assieme, di concerto con il Ministro dell'istruzione. Non facciamo, però, di questa giornata semplicemente un giorno celebrativo, ma cerchiamo di recuperare un vero e proprio gap. Quello che è stato inferto, infatti, è un vero vulnus, perché, in un Paese che ha la cultura e i beni culturali come fondamento del suo essere e della sua storia, ridurre l'insegnamento della storia dell'arte, a mio avviso, è stata una follia. Così è, però, e ci ritroviamo in questa situazione. Mi appello a lei, quindi, perché da questo punto di vista si possa recuperare qualcosa.
L'ultima questione riguarda il problema dei restauratori, di cui lei ha parlato nella sua relazione. C'è una grandissima confusione sul tema: persone che svolgono questo mestiere ormai da trent'anni, albi che non esistono, professionalità non riconosciute, assunzioni assolutamente vaghe, un tentativo di correzione e di approfondimento del problema. Ne abbiamo parlato con l'ex sottosegretario


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Francesco Giro durante il mandato del precedente Governo, ma non siamo pervenuti ad alcun risultato. Si tratta di un tema bollente, perché ci sono tante persone in attesa di avere notizie sul loro futuro.

PAOLA FRASSINETTI. Grazie, Ministro Ornaghi, per la relazione che ci ha fatto pervenire nell'audizione del 15 dicembre. Brevemente, vorrei innanzitutto associarmi a quanto appena affermato dalla collega Santolini sulla necessità di potenziare la storia dell'arte. All'uopo, avevo già presentato un'interrogazione sull'argomento, perché ritengo che, in una nazione come l'Italia - dove, appunto, l'arte è uno dei volani, uno dei nostri fiori all'occhiello -, questa materia dovrebbe essere intensificata anche in scuole che apparentemente sarebbero meno adatte: oltre ai licei artistici e classici, anche i licei turistici dovrebbero prevederne l'insegnamento, proprio perché arte e turismo sono molto connessi.
Anch'io plaudo al riferimento all'articolo 9 della Costituzione e all'attenzione sulla connessione paesaggio-beni culturali, che rappresenta un'originalità tutta italiana. Già nel 1939 si parlava della necessità di prestare un'attenzione particolare alla connessione tra cultura e paesaggio: un lungo processo era iniziato a partire dall'Italia liberale ed era poi stato ripreso e portato avanti dall'Italia fascista.
Cito il passaggio che più mi ha colpito e mi è piaciuto della sua relazione, in merito, appunto, al ruolo di promozione della nostra identità nazionale affidato al patrimonio culturale: lei ha affermato che - come, del resto, è richiesto chiaramente dallo stesso articolo 9 della Costituzione - il nostro patrimonio culturale è deputato a svolgere un ruolo non dissimile da quello della nostra lingua, dei nostri usi, della bandiera e dell'inno nazionale.
Prendo spunto da questo passaggio della sua relazione per svolgere una breve riflessione sulla nostra lingua. Sul tema, ho presentato una proposta di legge perché ritengo che la lingua italiana sia davvero in pericolo in Europa, dove è notoria la sua sofferenza nei confronti di altre lingue: negli ultimi decenni la nostra lingua ha perso prestigio, subendo perdite consistenti, dovute anche al massiccio ingresso di termini inglesi che stanno snaturando completamente la nostra lingua.
Purtroppo, negli anni Settanta c'era un po' di pudore e di ritrosia a trattare questi temi, perché si pensava che fossero autarchici, legati a un certo periodo storico. Non è così: per fortuna, autorevoli italianisti, come Devoto e Nencioni, hanno ripreso questo argomento. C'è bisogno che la politica prenda in mano la lingua, occorre un comitato di formazione e di informazione che diriga ciò che accade nel burocratese, nella pubblicità. Non è più sufficiente la meritoria iniziativa delle nostre Accademie dei Lincei e della Crusca, che sono, a mio avviso, molto autorevoli da un punto di vista tecnico, ma purtroppo non sono sufficienti a raggiungere l'obiettivo di salvare l'italiano.
Credo che di questo patrimonio culturale e artistico faccia parte anche la nostra lingua. In altre nazioni, soprattutto nell'Europa del nord, esistono comitati della lingua: ciò accade in Svezia o in Francia, dove si stabiliscono determinati paletti per far sì che la lingua sia preservata. Ovviamente, non bisogna arrivare ad esagerazioni, in quanto talvolta si rischia di scadere nel ridicolo. Rivolgo a lei questo appello, ritenendo importantissimo che la lingua italiana - una delle lingue più antiche e, dopo il latino e il greco, anche una delle lingue classiche più autorevoli - non sia saccheggiata, come avviene, anche in questa istituzione, con il continuo ricorso all'uso della terminologia inglese.
Signor Ministro, a volte, non di proposito, non capisco ciò che si dice, perché, purtroppo, avendo frequentato il classico, ho studiato inglese per soli due anni (poi scappavo nella sede del Movimento Sociale e, quindi, non avevo tempo di studiarlo ulteriormente). Pertanto, non capisco molti termini e, anche nelle sedi istituzionali, spesso devo alzare la mano perché non comprendo. La mia è una provocazione,


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ma considero veramente prioritaria questa battaglia a favore della lingua italiana.

GABRIELLA CARLUCCI. Ringrazio il Ministro perché nella sua relazione ha parlato dello spettacolo dal vivo. Io, purtroppo, sono diventata monomaniacale: mi sono dedicata alla proposta di legge in materia sin dal 2001, anno in cui ho fatto per la prima volta ingresso in questo Parlamento e in questa Commissione. Come ha sottolineato l'onorevole Zazzera, è stato svolto, sin da allora, un lavoro da parte di tutte le forze del Parlamento, che ha coinvolto tutte le categorie alle quali la norma stessa è rivolta. Non dimentichiamo che questa proposta di legge riempirebbe un vuoto normativo, perché, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, la modifica dell'articolo 117 ha di fatto cambiato completamente i rapporti tra Stato e regioni in questa materia.
Di conseguenza, da quel momento - ormai sono passati più di dieci anni - si sono innestati conflitti di competenze che hanno di fatto bloccato qualunque tipo di programmazione e di sviluppo in questo settore, che, quindi, è rimasto com'era, in attesa di una normativa che lo regoli, da quasi cinquant'anni e forse anche di più.
Al di là di quanto è stato affermato dai colleghi, tutti d'accordo sull'importanza della legge e anche di una copertura economica - che, seppur piccola, sarebbe estremamente valida -, sottopongo brevemente alla sua attenzione - ma, se desidera, posso fornirle un rapporto molto più corposo - il fatto che le norme fiscali introdotte dalla legge sul cinema producono effetti benefici e fanno incassare introiti all'erario dello Stato.
Quelle norme fiscali sono molto simili a quelle che vorremmo introdurre per lo spettacolo dal vivo e, ad esempio, hanno consentito ingressi di capitali privati in un settore dove i capitali privati non c'erano. Non dimentichiamo che queste misure fiscali sono automatiche e che per la prima volta un meccanismo automatico si sostituisce a un meccanismo di assistenza clientelare, che è quello che tutti noi abbiamo combattuto in tutti questi anni.
Il meccanismo automatico, se negli ultimi due anni ha fatto introitare meno di 77 milioni di euro alle casse dello Stato, solo in quest'anno ne ha fatti incassare 173. Non dimentichiamo che un solo film americano - la normativa sul cinema ha permesso agli americani di tornare a produrre in Italia, cosa che non succedeva ormai dai tempi di Vacanze romane - ha prodotto in Italia, non a titolo di investimento per il film, ma di spese, un volano pari a 20 milioni di euro; vi ricordo anche che il film è stato girato sostanzialmente a Venezia, promuovendo il made in Italy.
Quindi, anche se le è stato comunicato che la copertura è insufficiente - le abbiamo sottoposto i rilievi della Ragioneria dello Stato -, è vero il contrario, in quanto la copertura serve solo per tre articoli della legge, che possono creare un indotto, un volano importante, soprattutto in un momento di crisi economica come questo, in cui il Governo sta pensando a una serie di misure per incentivare l'economia.
Questo provvedimento può incentivare l'economia in un settore fino a oggi considerato in maniera residuale, solo e sempre assistito direttamente dallo Stato, quindi spesso criticato per criteri poco trasparenti. La piccola copertura economica che abbiamo individuato innesca un meccanismo, come abbiamo detto, automatico, consentendo la corresponsabilizzazione degli enti locali.
Esso, infatti, in ossequio alla modifica costituzionale, diviene una norma federalista che obbliga gli enti locali a partecipare con le proprie risorse. La nostra copertura, quindi, è quella dello Stato, ma poi ci sono le risorse degli enti locali, che non possiamo quantificare. Le ho descritto in estrema sintesi l'importanza che la legge riveste in questo momento.
Con riferimento al diritto d'autore, in questo momento, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, il diritto d'autore è depredato dalla pirateria on line. Sappiamo che, proprio di recente, al G8 della cultura la Francia ha sottoposto a tutti i Paesi convenuti l'esigenza di tutelarlo. La pirateria


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sta di fatto danneggiando le grandi società che producono (si pensi alla musica, ma anche ai libri): ogni prodotto del diritto d'autore è depredato da Internet, con grandi guadagni fatti all'estero da server transfrontalieri, di cui non sappiamo nulla.
Per tentare di contrastare la pirateria on line, l'AGCOM sta cercando di approvare un regolamento che metta un po' di ordine nella materia. Credo che il Governo dovrebbe impegnarsi moltissimo, aiutando l'AGCOM. Chi tocca Internet «muore», perché sembra che voglia invadere il campo della libertà e della possibilità di divulgare la conoscenza urbi et orbi. Non è così. Se non proteggeremo il diritto d'autore, impediremo anche a nuovi talenti di debuttare, perché non ci sarà più nessuno che investirà nei contenuti. Questa, quindi, è una riflessione molto importante: la strada vi è stata spianata dall'AGCOM.
Un altro argomento importante, dal momento che state approntando un provvedimento sulle liberalizzazioni, è quello concernente la liberalizzazione dell'apertura delle sale cinematografiche multisala sotto i 2.500 posti a sedere. Oggi c'è libertà fino alla soglia di 1.800 posti a sedere: se si potesse elevare questa soglia, si farebbe veramente un salto di qualità.
Le parlo anche da amministratore locale: questo tipo di multisala, ovviamente, non nasce come un fungo nel deserto, ma crea intorno a sé economia, perché diventa un piccolo centro con al suo interno attività commerciali e non solo. La liberalizzazione di multisala come questi, quindi, consentirebbe lo sviluppo non solo del cinema, ma anche di altre attività.
Un altro argomento importante è quello riguardante il tesoretto ENPALS. In questo momento si stanno predisponendo i decreti attuativi della legge stata approvata il 6 dicembre scorso, che devono essere emanati entro due mesi. Quel tesoretto è sempre stato tenuto ben nascosto, ma l'ex presidente di ENPALS ci ha più volte comunicato di essere a disposizione, naturalmente per il welfare dei lavoratori dello spettacolo.
Ha fatto molto bene il collega Zazzera a ricordare che i lavoratori dello spettacolo non hanno un'indennità di disoccupazione: sono i più precari del mondo e, pertanto, bisogna pensare bene a dove vanno a finire questi soldi. Il tesoretto dell'ENPALS esiste perché, come è stato detto, i lavoratori dello spettacolo difficilmente riescono a prendere una pensione e, quindi, a mio giudizio, quei soldi appartengono ai lavoratori dello spettacolo: non essendoci tutele previdenziali per tali lavoratori, quel tesoretto potrebbe essere rivolto a queste misure di welfare.
Avrei altre questioni da segnalarle, signor Ministro, ma eventualmente le invierò una nota scritta.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Ministro, innanzitutto la ringrazio della sua relazione, che mi consente, nel suo impianto generale, di ritornare ad affrontare il tema generale, ma non credo generico, sul quale, in questa legislatura, questa Commissione si è soffermata a lungo: mi riferisco al nesso tra tutela e valorizzazione dei beni culturali.
In realtà, la separazione tra tutela e valorizzazione dei beni culturali, che a suo tempo fu introdotta nel Titolo V della Costituzione, non ha prodotto risultati eccellenti. Lo spirito con cui fu istituita quella separazione era un tentativo - mi si permetta il gioco di parole - di valorizzare sia la tutela sia la valorizzazione. Le cose non sono andate esattamente così, come abbiamo potuto constatare anche da infauste notizie di cronaca. Qualcosa, in effetti, è stato fatto, ma sempre dopo, come spesso accade in Italia e come è avvenuto, ad esempio, nel caso di Pompei.
Sostanzialmente, i suoi predecessori sono rimasti impigliati in una impasse di tipo ideologico e culturale, inteso nel senso di un pregiudizio favorevole alla valorizzazione, al marketing: peraltro, il dibattito ideologico non era collegato alla realtà dei fatti e, anzi, a mio avviso, ha assolutamente risposto ad altri obiettivi, quello di assegnare alla sinistra la tutela conservativa e conservatrice e, invece, alla destra il management come progressismo valorizzante,


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come parola del futuro sui beni culturali.
La realtà è un po' distante da uno schema di questo tipo, perché un approccio del genere ha creato nella filosofia - mi permetta questo termine - delle precedenti gestioni ministeriali una sorta di distonia: non ci si è resi conto, infatti, che, per quanto riguarda specificamente i beni culturali, la valorizzazione è comunque una funzione subordinata alla tutela. La specificità del comparto produttivo richiede che il primo bene da valorizzare sia il prodotto da immettere nel marketing. Il prodotto in questione è altamente deperibile e consiste nella tutela dei beni storici che ci sono stati consegnati.
Auspico che il suo Ministero eviti questa distonia e che lei tenga in considerazione il fatto che, in realtà, può esserci gestione, valorizzazione, maneggiamento dei beni culturali in termini economici solo se il magazzino dei beni culturali è stato ben manutenuto, altrimenti non si manda nulla sul nastro di produzione (parlo con lessico aziendale, che ormai tutti, anche chi non ha mai fatto azienda, sono in grado di maneggiare).
È stata data una spiegazione economicistica a questo tentativo: nell'assenza di risorse, l'idea è stata quella che, nel primo tempo, la valorizzazione marketing ci avrebbe portato le risorse anche per lavorare sul magazzino. I fatti dimostrano che, nelle more di queste risorse, in realtà il magazzino collassa e, quindi, probabilmente c'è bisogno di recuperare risorse per un primo tempo impostato sulla tutela.
Mi auguro che, grazie alla sua sensibilità, il Ministero abbia a cuore questa situazione e che si dismetta un certo costume italiano - se non si trova la cultura di base, è difficile che ciò si realizzi - per evitare che gli indirizzi normativi diventino veramente grida manzoniane. Privati, fondazione: si tratta di belle parole, ma da uomini di università sappiamo di aver sempre trovato poco. Lei probabilmente lavora in uno dei pochi contesti in cui storicamente ci si è potuti avvantaggiare, ma anche quello ha i suoi limiti. Siamo tutti malmessi: probabilmente, quindi, il problema è trovare nel bilancio dello Stato risorse adeguate.
Concludo brevemente sul tema, già richiamato, del San Carlo di Napoli. Da napoletano, affermo che si tratta di un aspetto altamente delicato. Non so quali siano i suoi strumenti normativi, ma sicuramente lei può svolgere un'azione di moral suasion. In quel consiglio d'amministrazione - non entro nel merito - vi sono presenze politiche che danno un po' la sensazione che, più che la promozione della mission vera del teatro, vi sia una sorta di vetrina politica e, magari, il problema di occupare qualche posto nel palco. Ho la sensazione che ci si debba occupare di questo tema, richiamando il consiglio d'amministrazione al perseguimento di ottiche manageriali.

GIUSEPPE SCALERA. Intervengo, innanzitutto, per ringraziare il Ministro anche per l'onestà intellettuale con la quale ha avuto modo di affrontare la sua relazione del 15 dicembre. Qualcosa nel frattempo è successo: ad esempio, attraverso il decreto-legge del 22 dicembre sono «saltati» 57 milioni di euro che erano destinati ai beni artistici. Queste risorse, cioè, sono state dirottate sull'emergenza carceri, come tutti sappiamo.
Sotto questo profilo, mi preme soltanto rilevare un dato, innanzitutto come il venir meno di questi finanziamenti fa sì che si corra oggettivamente il rischio di ledere definitivamente monumenti di straordinario valore. Mi riferisco, ad esempio, ad alcuni edifici storici, come la Certosa di Padula - che aveva come unico finanziamento la quota derivante dalla destinazione dell'8 per mille -, o la biblioteca dell'Istituto di Studi storici di Palazzo Filomarino, la famosa biblioteca di Benedetto Croce, che oggi corre il rischio di non ricevere più alcuna forma di finanziamento.
Mi permetto di rilevare, signor Ministro, un ulteriore dato, un allarme che proviene da Firenze, da quello che, a mio avviso, è uno dei più importanti centri di restauro del mondo, come l'Opificio delle


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pietre dure. Su questo piano, come lei probabilmente sa, abbiamo ricevuto una forte sollecitazione da parte dell'assessore regionale alla cultura della Toscana Scaletti: le difficoltà riguardano la reale mancanza di fondi per l'ordinario funzionamento della struttura e la mancata sostituzione del personale.
Faccio un riferimento, che potrebbe essere, secondo me, di particolare significato: come lei probabilmente sa e come molti colleghi sanno, uno dei più prestigiosi punti di riferimento della struttura fiorentina era rappresentato dal restauro degli arazzi, che per decenni ha ridato vita a opere d'arte famosissime, da Raffaello a Cimabue, da Giotto al Bronzino, al Mantegna e a tanti altri. Attualmente, il settore del restauro degli arazzi è affidato a una sola persona: è una situazione oggettivamente insostenibile e, tra le altre cose, si corre il rischio di renderla definitiva il prossimo anno, quando questa persona andrà in pensione.
Faccio un brevissimo riferimento anche all'attenzione da lei rivolta al Museo della Resistenza di Torino, altra realtà che si rischia di dover chiudere nei prossimi mesi. Tornando a vicende più propriamente collegate alla realtà campana, fa bene il collega Mazzarella a sottolineare quanto è successo al Teatro San Carlo. Io farei riferimento anche a quanto è successo al teatro Mercadante, dove il livello raggiunto è ancor più degradato.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Non lo sappiamo: lo spieghi anche a noi.

GIUSEPPE SCALERA. Lo spiego al volo. Al teatro Mercadante di Napoli, nel fare le nomine non si è tenuta in alcun conto la realtà di natura culturale, trattandosi di nomine legate soltanto ed esclusivamente alla politica.
Infine, signor Ministro, nella sua relazione ha avuto modo di sottolineare l'importanza dei rapporti di internazionalizzazione che devono essere realizzati all'interno dei beni culturali. Ebbene, il maggior centro di studi italiani legato a Virgilio, denominato Vergilian society, frutto di un accordo bilaterale del 1948 tra Italia e Stati Uniti - che porta a Cuma, nel cuore dei Campi Flegrei, migliaia di studenti che provengono non solo dagli Stati Uniti ma da tutto il mondo -, corre in questi mesi il rischio di chiudere, per un'incomprensibile presa di posizione da parte della soprintendenza locale.
Nell'anticiparle che presenterò sul punto un atto di sindacato ispettivo, credo che il MIBAC debba intervenire, anche perché si tratta di struttura senza fini di lucro, che ha messo a disposizione, attraverso i suoi fondi statunitensi, 600.000 euro per il restauro della struttura: si tratta, però, di una realtà che, da parte dei beni culturali, ha ricevuto un sostanziale diniego alla ristrutturazione. Infatti, sarà probabilmente necessario costruire dei garage. Credo che questo rappresenti uno dei tanti episodi di malcostume rispetto ai quali il suo nuovo corso può e deve incidere: pertanto, la ringrazio per quanto vorrà fare.

ROSA DE PASQUALE. La ringrazio, signor Ministro, per la sua relazione e per aver messo in evidenza ciò in cui credo profondamente io, ma in cui penso credano tutti in questa Commissione, ossia il fatto che la cultura è il senso profondo del nostro stare insieme. Per questo motivo, vorrei sollecitare la sua attenzione sulle bande musicali, sulle nostre filarmoniche, che, diffuse su tutto il territorio nazionale, costituiscono davvero una realtà che dà un senso profondo al nostro stare insieme. Le bande sono nate in Italia. Auspico, quindi, che la cultura bandistica non vada a finire. Le bande ricevono pochissime risorse dallo Stato, non solo in termini di fondi. Ai fini del sostegno delle bande, bisogna iniziare una politica di studio con chi rappresenta le bande a livello nazionale: da questo punto di vista, sono disponibile a collaborare.
Io provengo da Firenze e vorrei attirare la sua attenzione anche sulle biblioteche, che, proprio in virtù della crisi che anche la cultura sta subendo in termini di risorse, sono estremamente in difficoltà: non solo hanno il personale ridotto all'estremo,


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e quindi non possono nemmeno più aprire al pubblico, ma non possono neanche ordinare agli editori le nuove edizioni. Questo fatto si riverbera anche sugli editori stessi, che vivono un momento di crisi. Questo è un altro tema importante, ma non abbiamo tempo di svilupparlo.
La ringrazio per il finanziamento al Museo di Sant'Anna di Stazzema, ma da fiorentina vorrei ricordarle anche la questione del Maggio Musicale. In merito agli enti lirici, come diceva anche la collega De Biasi, bisogna davvero andare avanti con il contratto. Già dal 1o gennaio 2012 l'attività autonoma è vietata fino al momento in cui sarà stipulato il nuovo contratto; dal 1o giugno 2012, se non sarà siglato il contratto, interverrà il contratto integrativo: pertanto, c'è veramente urgenza.
In particolare, con riferimento al Maggio Musicale, che versa in una situazione molto difficile, già i lavoratori hanno dato un loro contributo, tagliando una parte del loro TFR, che non si sa se sarà mai di fatto restituito. Mi è stato chiesto di porre attenzione su un nuovo teatro che sta nascendo a Firenze, ormai quasi concluso, ma per il quale mancano ancora un centinaio di milioni di euro. Hanno già traslocato dal teatro comunale, aperto per la prima, come lei ben sa, ma adesso hanno dovuto richiudere fino a quando non saranno stanziati questi altri fondi. Se non si sa quando si potrà finire, la ditta di costruzione dovrà smontare il cantiere per poi eventualmente rimontarlo, con aggravio di spesa notevole.

MARIA COSCIA. Grazie, signor Ministro, della sua relazione. Già altri colleghi, in modo particolare la collega De Biasi, hanno espresso una valutazione in modo più organico, ma hanno anche posto una serie di problemi. Io vorrei dare il mio contributo al tema concernente cultura e istruzione, cui lei ha accennato nella sua relazione, ricordando che, da questo punto di vista, ci sono moltissime esperienze positive che riguardano i rapporti nel territorio, in modo particolare tra le scuole e i territori, e che assumono quello della cultura come un tema importante, da valorizzare sia nei piani di offerta formativa - e, quindi, nei veri e propri curricula -, sia nelle attività extrascolastiche.
Credo che su questo aspetto sarebbe molto importante che il Ministero svolga un lavoro più sistemico. Ricordo alcune iniziative di grande rilievo, come «La scuola adotta un monumento», un'esperienza storica che ha visto stabilire un rapporto molto positivo tra bambini piccoli e ragazzi più grandi, da un lato, ed il loro patrimonio artistico, i loro beni culturali, dall'altro: i ragazzi ed i bambini hanno così potuto ritrovare la loro identità, il radicamento del territorio, scoprendo anche in città come Roma, da cui provengo, non solo il patrimonio, classico e conosciuto, del centro storico, ma anche luoghi di identità, di territori e di quartieri periferici.
Ricordo anche la sensibilità con cui le amministrazioni fanno partecipare ai grandi eventi che costruiscono le scuole, non come semplici fruitori, ma da protagonisti, come è accaduto al Festival del Cinema, dove sono stati proposti filmati prodotti dai ragazzi nelle scuole o allestite mostre nei laboratori didattici. A seguito di un lavoro di monitoraggio, risulteranno tantissime buone pratiche che possono costituire un punto di riferimento per un lavoro più sistemico e, ovviamente, per proporre innovazioni didattiche volte ad integrare maggiormente i linguaggi.
Oggi i ragazzi sono molto più capaci di lavorare sull'immagine, sull'innovazione, insieme ai linguaggi classici della scrittura, della lettura e così via. Bisogna integrare il cinema non solo dalla parte dei fruitori, ma anche con riferimento alla capacità di acquisizione di giudizio critico. Corriamo il rischio che per i giovani di oggi, nonostante le grandissime capacità che essi hanno, tutto scorra senza che vi sia un approfondimento.
Una questione specifica e molto delicata che riguarda Roma è quella relativa a Cinecittà. Ovviamente, qui non c'è un problema di competenze specifiche del Ministero, ma di attenzione da parte del Governo sull'utilizzo delle risorse patrimoniali della società. Si corre il rischio che si


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attivino meccanismi piuttosto problematici in ordine all'uso del patrimonio di Cinecittà. Le chiederei, quindi, un'attenzione particolare su questo aspetto.
Infine, anche la collega De Pasquale accennava all'altra grande filiera costituita da tutti i beni culturali gestiti dagli enti locali e dalle regioni, che rappresentano un grandissimo patrimonio: il Ministero deve svolgere un lavoro molto importante per condividere i percorsi e valorizzare tutte queste esperienze, ma anche per portare avanti azioni di sistema.

PAOLA GOISIS. Saluto il signor Ministro, che ha ricordato anche tutte le nostre grandi aspettative, ad esempio in merito ai monumenti. In modo particolare, penso a un aspetto della nostra regione, il Veneto, ossia il Monte Venda, ed al restauro di un monastero che risale all'anno 1000 e di cui con il sottosegretario Giro abbiamo tanto discusso. Anche il sottosegretario aveva espresso parere positivo, ma poi tutto è rimasto bloccato. Credo d'aver capito che lei ha già sottolineato questo fenomeno, riguardante anche altri monumenti, come il Duomo di Milano e tanti altri.
La mia domanda riguarda l'eventuale intenzione di andare avanti in questo senso. Questa mattina, invece, abbiamo sentito che pare che l'atteggiamento sia mutato: ci dispiacerebbe molto, ma soprattutto ci rendiamo conto della questione relativa alla carenza di finanziamenti ed è per questo che, con un emendamento, che non è stato accolto, avevamo chiesto al Governo di destinare una quota non inferiore al 6 per cento della spesa totale già prevista per le opere pubbliche.
Poter disporre di tali quote darebbe un grande respiro, anche considerato che il Patto di stabilità e la chiusura della borsa rendono sempre più deficitari soprattutto i paesi del nord. Mi è stato ricordato, infatti, che si parla di grandi monumenti del sud: non dimentichiamo, però, il nord, che è ricchissimo di monumenti. Molto spesso bisogna arrangiarsi o andare a cercare finanziamenti privati.
Anche per questo motivo, ad esempio, avevamo chiesto l'adozione di un piano straordinario pluriennale per l'integrazione lavorativa dei giovani laureati, finalizzato alla promozione di iniziative dell'area della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Su questo aspetto i nostri colleghi avevano presentato una risoluzione sulla questione dei restauratori, che però pare si sia arenata.
Altro argomento importantissimo è la questione relativa alla legge su Verdi. La legge su Verdi ha subito diverse vicende, ma poi abbiamo raggiunto un accordo all'unanimità, anche con l'ex Ministro Galan, e deciso di andare avanti con una proposta di legge parlamentare. Ancora questa mattina sembra che, invece, la posizione sia leggermente cambiata. Le chiedo, pertanto, se lei può risponderci, se vi siano prospettive.
Svolgo un accenno alla lingua italiana, considerato che sono insegnante di italiano e che anch'io ci tengo molto. Pur facendo propaganda ai dialetti, che rappresentano la storia, la cultura e la tradizione della popolazione e delle nostre genti, ritengo che l'italiano faccia parte della storia e della cultura. Purtroppo, nelle nostre scuole i nostri ragazzi non conoscono più la sintassi, grazie anche alla pubblicità televisiva. Nello spot pubblicitario di una marca di caffè, ad esempio, sono contenute frasi assurde: ogni volta che la vedo mi vengono i brividi, ma questa è la realtà.

ERICA RIVOLTA. La collega Goisis ha citato la risoluzione presentata in Commissione cultura ed in Commissione ambiente riguardo ai restauratori: si tratta, a mio avviso, di un argomento che deve essere nuovamente analizzato dal Governo. Soprattutto, Ministro, le pongo una riflessione: se bene bisogna operare per la conservazione dei nostri beni culturali, allora forse va ripensata anche in termini di numero e di qualità la formazione dei nostri restauratori e, soprattutto, devono essere sanate le incongruità passate rispetto a persone, provenienti da scuole come il Botticino - lei, ovviamente, sa bene che è una scuola di eccellenza -, solo perché uscite in un determinato periodo,


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non possono progettare restauri: anche questa è una situazione da sanare.
Con riferimento alle scuole e agli uffici della pubblica amministrazione nei palazzi storici, a mio avviso, ovviamente insieme ai colleghi delle infrastrutture e del MIUR, occorre operare una razionalizzazione e vedere quali edifici debbano essere conservati e messi a norma e per quali, invece, ciò non avrebbe senso: si tratta, quindi, da un lato, di salvare e far continuare a vivere, anche con all'interno scuole e pubbliche amministrazioni, palazzi che meritano di essere, in questo modo, non solo conservati e valorizzati, ma anche vissuti, e, dall'altro, di abbandonare quelli che non conviene mantenere.
Svolgo solo una battuta su Cinecittà-Luce: serve un'ottimizzazione delle risorse finanziarie e umane, perché si tratta di una realtà importante: essa deve servire soprattutto a sostegno dei giovani, quindi delle produzioni dei giovani artisti. Inoltre, signor Ministro, le rappresento anche la necessità, a nostro avviso, di una classificazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Non è giusto che in questo settore non si giunga ad una responsabilizzazione di tutti, delle fondazioni, degli enti locali, delle regioni e anche dello Stato. A mio giudizio, bisogna fare chiarezza su questo aspetto.

EMERENZIO BARBIERI. Mi associo ai ringraziamenti nei confronti del Ministro, che però non servono. Le chiederei di affrontare, in sede di replica, la questione della difesa del diritto d'autore e della proprietà intellettuale. A lei non sfugge che siamo in un contesto in cui la pirateria digitale rappresenta una problematica seria per l'industria libraria e culturale.
In questo senso, mi permetto di ricordarle che il 7 settembre dello scorso anno è scaduto - la colpa, quindi, non è ovviamente di questo Governo (è presente l'ex sottosegretario Giro, che capisce cosa voglio dire) - il Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore previsto dalla legge n. 233 del 1941, a dimostrazione del fatto che anche nel 1941 c'era qualcuno che si occupava di tali questioni.
Mi associo alla richiesta della collega De Biasi sulla vicenda relativa alla SIAE. Se si farà consegnare i documenti, scoprirà che questa Commissione si è occupata della SIAE dal 2000: ciò che stamattina si è letto sui giornali rasenta lo scandalo. Pertanto, siccome la vigilanza sulla SIAE è sua e i suoi predecessori - da Urbani a Buttiglione a Rutelli - l'hanno esercitata, le chiedo di chiarirci, in sede di replica, cosa intende fare. La situazione è veramente grave, in quanto a rimetterci sono proprio coloro che non dovrebbero rimetterci.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Ministro, intanto le auguro buon lavoro. Voglio porle una questione generale, alla quale risponderà come riterrà. Ho apprezzato molto il gesto compiuto ieri dal Presidente Monti e le dimissioni del sottosegretario Malinconico, persona, peraltro, che conosco e stimo (e non sono un pentito): considero il suo gesto un segnale molto forte - ciascuno si difenderà come riterrà - di pulizia. Non si guarda in faccia a nessuno rispetto ad alcune regole, anche con dolore.
Sulla SIAE (che è stato un intrico di conflitti di interesse) e non solo sulla SIAE, abbiamo chiesto più volte, come sa bene il presidente, che venissero svolte audizioni dei rappresentanti della nuova gestione. Le chiederei di promuovere una Commissione d'inchiesta molto precisa e rigorosa, perché non si delegano ai giornali né ai tribunali del popolo questioni che sono di competenza della politica e che spesso sono note e ignorate per ragioni che, forse, comprenderò un giorno, ma sarà troppo tardi.
Chi, come lei (lo affermo non in senso ironico), ha a cuore anche questioni di carattere etico, deve «mettere il naso» e arrivare a conclusione, non aprire un dossier lasciandolo aperto. Le dico, oggi per domani, signor Ministro, che so che a qualcuno secca, anche all'interno del Ministero, mettere il naso sino in fondo,


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perché la questione del Palazzo del Cinema del Lido è in qualche modo collegata alla vicenda Anemone-Balducci.
Abbiamo chiesto all'ex Ministro Galan una Commissione d'inchiesta, al fine di fare chiarezza su un gigantesco buco di 35 milioni di euro, che è rimasto senza responsabile. So che lei se ne sta occupando, perciò le comunico che finalmente sono stati elaborati progetti diretti a chiudere quell'orrore ed anche a trovare strade di contenimento della spesa. Non mi interessa conoscere i nomi di chi si se ne occuperà, ma la sostanza.
A me, come immagino a lei, non è piaciuta per nulla la polemica delle ultime settimane tra Roma e Venezia: non le chiedo un giudizio, perché credo che la politica non debba più interferire sulla scelta dei responsabili di settore.
L'errore commesso trasversalmente da tutti noi è rappresentato dal fatto che ormai nelle fondazioni non si chiede neanche più che gli enti locali e i partiti mandino persone con determinati requisiti estranei all'organo elettivo: ci va direttamente il sindaco, l'onorevole Giulietti, il presidente della regione. Questo comporta che i direttori, di parte o di partito, quando se ne occupano direttamente, provocano danni alle fondazioni ed ai soggetti interessati.
La mia è una riflessione di carattere generale: le chiederei di trasformarla anche in una revisione delle modalità di organizzazione di alcune di queste istituzioni. Siccome gli errori sono stati trasversali, nessuno si offenderà.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, ringrazio innanzitutto i colleghi perché siamo stati bravi - siamo intervenuti in venti -, ma ringrazio soprattutto il Ministro Ornaghi, che aspettiamo, per la replica, in una data da definire sulla base delle sue disponibilità.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16,40.

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