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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
2.
Martedì 24 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 12 15
Libè Mauro (UdC) ... 15
Mariani Raffaella (PD) ... 12
Matteoli Altero, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 14
Marantelli Daniele (PD) ... 14
Monai Carlo (IdV) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 24 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 13,50.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza.
Nel ringraziare il Ministro per la sua presenza, ricordo che alle ore 15 riprenderanno i lavori dell'Assemblea, con il seguito dell'esame di un provvedimento di competenza della Commissione. Invito pertanto i colleghi, dopo l'intervento del Ministro, a svolgere, se possibile, i loro interventi in tempi contenuti.
Do la parola al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli.

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor presidente, colleghi parlamentari, qualora alla riapertura dei lavori dell'Assemblea non fosse terminata l'audizione, faccio presente la mia totale disponibilità a tornare in Commissione.
Prima di esporre le linee strategiche che vorrei caratterizzassero i primi cento giorni dell'attività del Governo nel comparto delle infrastrutture e dei trasporti, credo che sia opportuno evidenziare il motivo dei ritardi esistenti, dovuti a scelte, legittime, operate nella precedente legislatura. Tali ritardi sono stati provocati dalla paralisi decisionale, causata da un fondamentalismo del «no» che ha caratterizzato, perlomeno per alcuni aspetti, il precedente Governo. Si è arrivati a dire «no» ad alcune infrastrutture che, nel Governo 2001-2006, erano state considerate indispensabili per il Paese: mi riferisco all'asse ferroviario Torino-Lione; al Terzo Valico dei Giovi sul collegamento ferroviario ad alta velocità Milano-Genova; all'asse ferroviario ad alta velocità Milano-Verona; all'asse ferroviario Verona-Padova; all'autostrada Cecina-Civitavecchia; all'asse autostradale Roma-Formia e all'opera più nota a tutti, ossia il Ponte sullo Stretto.
Questa analisi potrebbe continuare, in quanto ci sono tanti altri casi di blocco di opere: penso, ad esempio, alla metropolitana di Bologna o alla Pedemontana Lombarda.
Ritengo opportuno, invece, ribadire che il blocco, frutto di una scelta politica operata dal precedente Governo, aveva un solo obiettivo, quello di non far realizzare il processo di infrastrutturazione attivato dal Governo Berlusconi nel Paese, un processo incisivo e concreto, confermato nel 2006, durante il Governo Prodi, dal CIPE con un'apposita delibera in cui, tra l'altro, si precisava che: dal luglio 2002 al marzo 2006 (in meno di quattro anni) il CIPE aveva approvato progetti, del Piano


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decennale delle infrastrutture strategiche supportato dalla «legge-obiettivo», per oltre 90 miliardi di euro; dal febbraio 2003 al marzo 2006 (praticamente in tre anni) erano state affidate, e in alcuni casi cantierate, opere del Piano decennale delle infrastrutture strategiche per oltre 58 miliardi di euro.
Questa stasi, a mio avviso grave, produrrà seri problemi al processo di riattivazione di tutte le attività infrastrutturali. La definisco grave, perché nella precedente legislatura abbiamo accumulato un danno che, secondo il parere dei tecnici, ammonta a circa 4 mila 300 milioni di euro.
Non ho voluto mettere in risalto questo aspetto per aprire una polemica. Come ho avuto modo di dire, infatti, tale operato è legittimo. Del resto, aveva vinto una maggioranza che riteneva prioritarie altre iniziative e non le realizzazioni infrastrutturali e si era comportata di conseguenza. A mio avviso, però, ciò ha creato problemi alla crescita del Paese. Il fondamentalismo del «no» si era opposto anche al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dividendolo in due distinti dicasteri. Tale separazione ha fatto emergere alcune crisi patologiche di due organismi chiave, come le Ferrovie dello Stato e l'ANAS, che, pur svolgendo missioni precise, strettamente legate all'offerta di trasporto, rispondevano a due distinti dicasteri, due regolamenti e via dicendo. Tutto ciò che era stato realizzato nel 2001 è stato poi cancellato.
Questa crisi - che definisco crisi di organicità - ha praticamente incrinato la funzionalità dell'offerta di trasporto sia su ferrovia che su strada.
Altrettanto è avvenuto nel trasporto marittimo, dove una serie di iniziative adottate sono rimaste solo dichiarazioni di intenti. Anche in questo caso, le autorità portuali hanno dovuto seguire due distinte impostazioni strategiche, quella del Ministro dei trasporti e quella del Ministro delle infrastrutture.
Lo stesso fenomeno si è verificato nel comparto aereo. Il caso Alitalia fa storia a sé, ma il caso Trenitalia e quello dell'emergenza del trasporto pubblico locale sono gli esempi più eclatanti di questo assurdo biennio di gestione dell'intero comparto.
In questi ventitré mesi, nel migliore dei casi, si è cercato di sottoscrivere accordi e impegni con le regioni, si sono definiti organismi come la società ANAS-Lombardia (CAL), la società ANAS-Veneto (CAV), la società ANAS-Lazio, la società ANAS-Molise, e via elencando. Inoltre, sono stati approvati contratti di programma con le Ferrovie dello Stato e con l'ANAS.
Nonostante questo, però, non solo non ha preso corpo e avvio nessuna nuova opera, ma, in molti casi, a causa dei veti, si sono create le condizioni per un blocco dell'infrastrutturazione organica del Paese. In pratica, la cultura del «no» ha paralizzato la decisione politica. Oltre a ciò, a mio avviso, essa fa perdere l'appuntamento con lo sviluppo e conduce al pauperismo.
Dal canto nostro, invece, nel massimo rispetto dell'ambiente e della qualità della vita, vogliamo presentarci puntuali all'appuntamento con lo sviluppo e restare a testa alta nell'Europa allargata a oriente.
Daremo ascolto alle proteste dei cittadini e ai comitati del «no», fermo restando, però, che chi governa ha l'obbligo di decidere. Pertanto, presteremo la massima attenzione alle voci del territorio. Dopo aver ascoltato, tuttavia, è necessario arrivare al momento della decisione. La politica deve ascoltare con umiltà, ma non può sottrarsi alla necessità di decidere nell'interesse generale, per il bene comune.
Da alcuni anni, l'Italia è impegnata a costruire, per i lavori pubblici, una nuova impalcatura normativa, in cui la programmazione delle infrastrutture balza al centro dei programmi di Governo. C'è un chiaro obiettivo politico da perseguire: la volontà di modernizzare la penisola, di trasformarla in un grande cantiere, sbloccando grandi e piccole opere, garantendo la massima qualità nel minor tempo e mobilitando, quanto più possibile, il capitale privato.


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Nella mia relazione, che ho l'onore di presentare alla Commissione, tornerà più volte il richiamo al capitale privato.
Questo è il filo conduttore - se volete la politica - che consente di inquadrare, in una visione di insieme, tutti i provvedimenti normativi degli ultimi anni: la «legge-obiettivo»e i decreti legislativi attuativi, con la disciplina relativa alle infrastrutture strategiche; le riforme della legge n. 109 del 1994 - apportate attraverso la Merloni quater (la legge n. 166 del 2002) - e, infine, il codice dei contratti pubblici.
Completeremo questa cornice normativa, perfezionando il codice, per allinearlo ancora di più agli orientamenti comunitari e sbloccando e perfezionando il regolamento attuativo; miglioreremo anche la normativa sulla finanza di progetto, semplificandola e, conseguentemente, favorendo la mobilitazione massima del capitale privato verso opere di interesse pubblico.
Non dimentichiamo che, grazie alla riforma della concessione operata nel 2002, la finanza di progetto da istituto residuale è arrivata a rappresentare, nel 2006, più del 20 per cento del totale dei bandi. Con la nostra semplificazione della finanza di progetto, contiamo di raddoppiare presto questi risultati.
L'esigenza di infrastrutturazione, l'urgenza di affrontare e risolvere i problemi legati alla costruzione di un'offerta di trasporto efficace ed efficiente è motivata da tre fattori che diventano sempre più condizionanti per la crescita e lo sviluppo del Paese. Il primo di essi si riferisce alla congestione. L'incidenza della congestione nel sistema logistico costa 80 miliardi di euro l'anno in Europa (l'1,8 per cento del valore della produzione industriale, cioè di 4 mila 460 miliardi di euro) e 19 miliardi di euro l'anno in Italia (il 2,2 per cento del valore della produzione industriale nazionale, pari a 940 miliardi di euro).
Il secondo punto riguarda la saturazione, soprattutto su alcuni assi e in particolare sui valichi. Purtroppo, non avendo attivato i lavori del valico del Frejus e del Terzo Valico dei Giovi, nel 2014 la saturazione imporrà il cadenzamento, l'attesa e la prenotazione per il transito dei mezzi di trasporto. A coloro che dubitano di questa crescita, voglio ricordare che, nel 1967, nell'intero arco alpino, transitavano 19 milioni di tonnellate di merci; nel 2006, tale valore ha superato la soglia dei 150 milioni di tonnellate. Si è preso come punto di riferimento l'anno 1967, perché, da quella data, nel nostro Paese non si è dato inizio alla realizzazione di nessuno nuovo valico, sebbene da allora siano passati oltre quarant'anni.
Il terzo punto riguarda la monomodalità dell'offerta di trasporto. La ferrovia, in Europa, da un'incidenza del 28 per cento sul globale della modalità degli anni '70, si avvia verso una soglia di poco superiore all'8 per cento. In Italia, sempre nello stesso periodo, essa è passata dal 13 per cento all'8 per cento.
Questa serie di considerazioni ha portato alla definizione di un programma di attività che, nei primi cento giorni di Governo, è in grado di riattivare la macchina e di ridare incisività sia alle azioni legate all'offerta dei servizi, sia a quelle legate all'infrastrutturazione dell'offerta.
Infine, tale programma consente di superare tutte le crisi del sistema che, in alcuni casi, erano avviate verso uno stato di irreversibilità.
Si è così tentato di produrre un programma temporale in tutte le fasi attuative, articolato nelle seguenti sei macro aree di intervento. La prima riguarda il riassetto del dicastero e delle società controllate, anche sotto il profilo burocratico. In queste settimane, abbiamo ancora due regolamenti di riferimento. Quindi, ogni volta che propongo al Gabinetto di stilare un documento, mi viene chiesto a quale regolamento ci si deve riferire: se a quello delle infrastrutture o a quello dei trasporti. Stiamo studiando, in collaborazione con l'ufficio legislativo di Palazzo Chigi, come riaccorpare i regolamenti nel minor tempo possibile.
Il secondo punto è relativo alla sicurezza dei lavori pubblici e dei trasporti. Si tratta, in sostanza del tema della difesa


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della vita che, purtroppo, è all'attenzione di tutti in questi ultimi mesi in Italia. Nell'elenco, seguono la dimensione internazionale della mobilità; l'offerta di trasporto, sempre più coerente con le esigenze degli utenti e del mondo della produzione del commercio; l'infrastrutturazione organica del Paese e il rapporto con il territorio e, infine, una nuova politica della città e della casa.
Le sei aree programmatiche che intendiamo attuare non solo sono coerenti alla dichiarazione programmatica del Presidente del Consiglio, ma costituiscono una condizione obbligata per la crescita e lo sviluppo del Paese. Parliamo di un obiettivo che, qualora non raggiunto, emarginerebbe il nostro Paese dal contesto comunitario. Inoltre, sulla base dei tre indicatori precedentemente richiamati (la congestione, la saturazione delle reti e la patologica monomodalità dell'offerta trasportistica), si produrrebbe un blocco della crescita economica non solo del nostro Paese, ma di una vasta area dell'Unione europea.
Per questo, il lavoro che intendiamo portare avanti è caratterizzato da una chiara e convinta sensazione di emergenza, che impone tempi e costi certi, oltre che massima trasparenza.
A mio avviso, il dicastero unico delle infrastrutture e dei trasporti non si risolve in un nominalismo o in una semplice ottimizzazione dell'organizzazione della pubblica amministrazione, bensì rappresenta una chiara testimonianza della risposta dello Stato, volta a rendere funzionale l'offerta infrastrutturale alle esigenze della domanda di trasporto.
Alla luce di tali considerazioni, «l'allegato infrastrutture» al documento di programmazione economica e finanziaria, assume una caratterizzazione particolare. Infatti, trovandoci all'inizio di una nuova legislatura, il documento non tiene solo conto dello stato di avanzamento delle attività e dei lavori del Piano decennale delle infrastrutture strategiche - ci saremmo potuti fermare a questo punto -, ma indica anche le linee programmatiche del prossimo quinquennio ed espone ogni azione e ogni impostazione strategica che il dicastero delle infrastrutture e dei trasporti intende attuare. Naturalmente, è su questo che avverrà il confronto anche con l'opposizione.
Le sei macroaree di intervento, le azioni che intendiamo portare avanti, sia a livello normativo, che amministrativo, che tecnico-progettuale, trovano i seguenti comuni denominatori che, oltre a caratterizzare l'intero nostro mandato, costituiscono sin d'ora i punti di attacco prioritari. Il primo di essi consiste nel continuare il processo di infrastrutturazione organica del Paese il più velocemente possibile. Credo che questo sia un auspicio di tutti, considerato che le infrastrutture non hanno un colore politico, ma sono nell'interesse di tutta la nazione.
Questa priorità strategica dovrà necessariamente essere supportata dal rilancio procedurale e finanziario della «legge-obiettivo». Un'azione, questa, che - come detto in precedenza - dovrà necessariamente sbloccare e accelerare l'attuazione, tra gli altri, di una serie di interventi, il primo dei quali è sicuramente l'asse ferroviario Torino-Lione.Come sapete, nelle ultime fasi del Governo Berlusconi, nel 2006, fu istituito un osservatorio, per verificare il progetto della Torino-Lione. Tale struttura fu confermata dal Governo Prodi nel mese di giugno - se non ricordo male - 2006, con una variante. Vale a dire che la Torino-Lione fu tolta dalla legge-obiettivo, tornando così alla conferenza di servizi. Questa scelta mirava a coinvolgere le popolazioni.
Recentemente, mi sono recato a Torino in qualità di ministro. Ho presieduto i lavori dell'osservatorio, ma non mi sono limitato a questo. Ho voluto anche incontrare tutti i sindaci della zona. Nei giorni precedenti al mio arrivo a Torino, alcuni giornali avevano scritto che alcuni sindaci non si sarebbero presentati. Devo dire che, invece, sono venuti tutti, anche quei quattro che si dichiarano aprioristicamente contrari. Per la verità, è mancato un solo sindaco.


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Grazie a questo incontro, mi sono reso conto che, tutto sommato, la scelta di coinvolgere ha già dato qualche risultato e può darne altri.
Intendo essere chiaro con la Commissione. Non voglio nascondermi, perché è giusto che il confronto avvenga secondo verità. Come tutti sapete, il 30 giugno finisce la prima fase dei lavori dell'osservatorio che il 26 si riunisce in conclave e, al termine, presenterà una proposta di progetto. Il primo luglio, tuttavia, si riaprono immediatamente i lavori - sarà l'osservatorio o un'altra cosa - e si passa alla seconda fase, quella che porta direttamente alla realizzazione dell'opera.
Se ho detto che tutto sommato il confronto con la popolazione è stato giusto, è perché per costruire quest'opera occorreranno oltre quindici anni. Se perdiamo sei mesi per un confronto con le popolazioni, credo che, nell'economia generale, non cambi nulla. Inoltre, nel caso in cui questo servisse a tranquillizzare la situazione e a permettere di predisporre un progetto che sia il più condivisibile possibile, mi pare che sia giusto seguire tale direzione.
Aggiungo un'ulteriore considerazione. Sono rimasto veramente contento dell'incontro che ho avuto con i sindaci. Infatti, in queste occasioni - mi è capitato anche come Ministro dell'ambiente di incontrare le popolazioni o coloro che protestavano - vengono sempre presentate delle richieste. Ebbene, questa volta, con grande dignità, non si è chiesto - ad esempio - di non pagare l'ICI , né di far finire nelle tasche dei cittadini qualche risorsa, ma sono stati chiesti servizi. È stato svolto il seguente ragionamento: dal momento che si intende realizzare l'opera, che sicuramente darà disagio alla popolazione, perché intanto non dare più treni e più servizi?
Ho apprezzato molto questa richiesta e ho risposto che non mi presenterò mai davanti a loro per offrire dei soldi in cambio dell'autorizzazione a realizzare un'opera, mentre trovo giusta la richiesta di avere servizi.
Subito dopo, ho chiesto un incontro con l'amministratore delegato delle Ferrovie per verificare la praticabilità di questo percorso. In ogni caso, resta chiaro che l'opera deve essere realizzata.
La prossima settimana incontrerò il ministro francese. Parleremo di tanti argomenti, ma sicuramente anche di questo. A metà luglio si terrà l'incontro istituzionale previsto da quando abbiamo istituito l'osservatorio. Tuttavia, lo ripeto: le decisioni vanno prese e l'opera deve essere realizzata. Deve essere la meno impattante possibile, ma deve essere fatta.
Vengo ora al Terzo Valico dei Giovi, sul collegamento ferroviario ad alta velocità Milano-Genova; all'asse ferroviario, sempre ad alta velocità, Milano-Verona; alla Verona-Padova; alla Brescia-Bergamo-Milano (la Bre-Be-Mi); alla tangenziale est di Milano; alla realizzazione dell'asse autostradale Cecina-Civitavecchia e alla Roma-Formia (che è il prolungamento della Cecina-Civitavecchia-Roma); alla realizzazione della Salerno-Reggio Calabria.
Inoltre, come avrete visto, uno dei primi atti che ho firmato è una lettera diretta all'amministratore della società Stretto di Messina, nella quale ho scritto che il Ponte sullo Stretto rappresenta una priorità per questo Governo. Tale approccio sarà supportato da un piano fonti-impieghi, attraverso il quale, tenuto conto della limitatezza delle risorse pubbliche disponibili, dovranno emergere tutte le possibili fonti di finanziamento, tutte le possibili forme di affidamento delle opere come il project financing o il partenariato pubblico-privato, tutte forme capaci di attrarre capitali privati e in grado di utilizzare al meglio i vari fondi comunitari (POR, PON, FERS, e via dicendo).
Continuare il processo di infrastrutturazione organica del Paese significa anche assumere precisi impegni su alcuni fattori operativi, quali la qualità dei progetti, la disponibilità finanziaria, la qualità degli appalti, la certezza dei tempi, la coerenza alle direttive comunitarie.
Quanto alla qualità dei progetti, devo ricordare che, senza dubbio, in sette anni di attività della «legge-obiettivo», abbiamo compiuto sostanziali passi in avanti. Nel 2002, disponevamo di appena il 10 per


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cento di progetti di massima (più che di progetti di massima, si trattava di studi di fattibilità); oggi, disponiamo di oltre il 70 per cento di progetti delle opere programmate, ma penso che si debba fare ancora molto per evitare che la carenza progettuale si trasformi in causa determinante dell'esplosione dei costi o del contenzioso.
Relativamente alla disponibilità finanziaria, non dobbiamo dimenticare che nel 2002, quando avviammo il piano decennale delle infrastrutture strategiche, stimato all'epoca in 125,8 miliardi di euro, nessuno pensava che saremo riusciti in soli quattro anni ad affidare, o cantierare, opere per circa 58 miliardi di euro.
Dopo due anni di blocco reale del processo di infrastrutturazione, dobbiamo ritrovare le stesse condizioni, la stessa carica e identificare gli itinerari economici e finanziari adeguati. Già mi sono mosso in tal senso e ritengo che lo strumento del partenariato pubblico-privato sarà essenziale per garantire le risorse adeguate.
In merito alla qualità degli appalti, ritengo opportuno ribadire la necessità di prestare la massima attenzione alla correttezza delle procedure, soprattutto alla capacità di contenere i tempi che intercorrono tra la prequalifica, l'aggiudicazione delle opere e la consegna dei lavori. Spesso questi tre momenti, come ha dimostrato l'ANCE, sono talmente dilatati da annullare l'incisività e l'efficacia dell'intervento e sono causa di conflittualità tra stazione appaltante e impresa aggiudicataria.
Per quanto riguarda la certezza dei tempi, sono davvero preoccupato perché questo rappresenta senza dubbio un elemento da monitorare attentamente. Le fasi realizzative, nella maggior parte dei casi, si sono rivelate completamente diverse dai programmi previsti negli atti contrattuali. Dobbiamo quindi invocare strumenti più vincolanti, per evitare il mancato rispetto delle scadenze contrattuali.
Quanto alla coerenza delle direttive comunitarie, è nostra intenzione procedere a un'attenta rilettura delle norme che regolano oggi l'istituto della concessione, per evitare che in futuro si ripetano momenti di attrito con la Commissione europea.
Vengo ora alla sicurezza dei lavori pubblici. La sicurezza dei cantieri è senza dubbio legata alla capacità e alla qualità imprenditoriale delle imprese di costruzione. Occorre quindi evitare di affrontare la preoccupante tematica legata alla sicurezza dei cantieri, ricorrendo solamente a forme restrittive o penali a valle degli infortuni gravi. Occorre invece definire, una volta per tutte, un meccanismo di selezione delle imprese che impedisca l'ingresso a quelle meno competitive e che agevoli, viceversa, la crescita industriale di quelle migliori.
Per superare questa patologia che nel nostro Paese rischia di diventare irreversibile, la pubblica amministrazione si dovrebbe dotare di un sistema di rating delle imprese gestito da società specializzate. In realtà, si dovrebbe subordinare l'ingresso nel settore delle costruzioni di nuove imprese a una sorta di test che validi la capacità di gestire la sicurezza in cantiere e la prevenzione degli infortuni.
Le «morti bianche» hanno nuovamente portato in evidenza il problema della sicurezza nei cantieri. Ridurre la frequenza di incidenti è certamente un valore di assoluto rilievo, come più volte indicato anche dal Capo dello Stato. È nostro dovere operare, affinché il lavoro nei cantieri sia trasparente, legale e protetto da precise norme sulla sicurezza realmente applicate.
È importante legare la preoccupazione per la sicurezza alla lotta al lavoro nero, essendo questo il più esposto al rischio di incidenti.
Un ulteriore elemento di attenzione è rappresentato dalla necessità di dare sostegno alla famiglia e ai giovani. La famiglia è al centro del programma e, per sostenerla, il Governo, nel settore di mia competenza, dovrà necessariamente attuare nuove e più incisive politiche abitative, consentendo in tal modo ai giovani di diventare attori e artefici del loro futuro.
A tal proposito, si intende dare attuazione a un «piano casa» organico, strettamente


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integrato con lo sviluppo funzionale della città. Il piano, in realtà, sarà rivolto all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo, attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati prioritariamente a prima casa per le seguenti categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione: nuclei familiari a basso reddito, giovani coppie a basso reddito, anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate, studenti fuori sede, soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio, immigrati regolari.
Il piano, inoltre, avrà ad oggetto la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente o di costruzione di nuovi alloggi e sarà articolato, sulla base di criteri oggettivi che tengono conto dell'effettivo disagio abitativo presente nelle diverse realtà territoriali, attraverso i seguenti interventi: costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta abitativa, agevolazioni in favore di cooperative edilizie e realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia sociale.
Il Piano sarà realizzato con le modalità previste dalla «legge-obiettivo» per le opere strategiche e, per gli interventi integrati di valorizzazione del contesto urbano e dei servizi metropolitani, con interventi di finanza di progetto.
Occorre inoltre dare efficienza ed efficacia all'offerta dei servizi di trasporto, ponendo sempre come comuni denominatori i tre indicatori iniziali, con cui ho voluto aprire questa mia relazione.
Per quanto riguarda la grave emergenza del comparto trasporto nel nostro Paese, quindi, ritengo essenziale indicare temi e provvedimenti su cui sarà necessario confrontarsi e misurarsi, per produrre azioni e scelte strategiche congeniali alle esigenze della domanda di trasporto e ai bisogni dei cittadini.
In tale logica, prendono corpo differenti azioni. Tra queste, vi è la riforma organica del trasporto pubblico locale, uno dei grossi problemi che dobbiamo affrontare. Tra l'altro, il costo sempre maggiore del gasolio porterà un numero sempre maggiore di cittadini a lasciare la macchina a casa, come abbiamo sempre auspicato. Oggi tale circostanza si potrà realizzare e comporterà un assalto al servizio pubblico locale che, purtroppo, non sarà all'altezza di far fronte a tale problema.
Chi gestisce un'offerta di servizi di trasporto, sia su scala locale che nazionale, è portatore di una «intelligenza gestionale». Se siamo convinti di ciò, non dobbiamo più avere paura delle liberalizzazioni nel trasporto pubblico. Dobbiamo avere il coraggio di redigere bandi di gara in cui siano definiti chiaramente i paletti che si intende porre al possibile soggetto concessionario, portatore di «intelligenza gestionale».
La volontà di liberalizzare concretamente il trasporto pubblico richiede, però, un pacchetto di provvedimenti in grado di garantire: la certezza e la sistematicità dei servizi offerti; la chiara e incontestabile responsabilità di chi eroga i servizi; la qualità e l'efficienza dei servizi, quest'ultima ottenuta attraverso forme capillari di controllo da parte del concedente.
Anche in questo caso, tuttavia, grande attenzione andrà riposta nel completamento delle reti metropolitane già definite all'interno del piano decennale della «legge-obiettivo». Allo stato, su oltre 15 miliardi di euro di interventi, sono appaltati, o cantierati, circa 9 miliardi di euro.
Relativamente al potenziamento delle «autostrade del mare», l'esigenza di trovare vie alternative al trasporto su gomma è diventata una priorità e, da alcuni anni, si punta sull'intermodalità e sul trasporto combinato strada-mare. Lo sviluppo delle «autostrade del mare» consente, oltre a una considerevole decongestione delle strade, l'ottenimento di ulteriori benefici effettivi sulle esternalità prodotte dal traffico, tra cui la prevenzione dell'incidentalità e la riduzione dell'inquinamento ambientale.


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Passo adesso al tema del sostegno alla portualità. I nuovi corridoi TEN hanno consentito un approccio organico al tema dei valichi e a quello delle «autostrade del mare». Il lavoro portato avanti da Loyola de Palacio, con il progetto «Euromediterraneo», ha reso possibile un nuovo approccio al sistema portuale del bacino del Mediterraneo. Occorre quindi aprire subito un tavolo con le attuali autorità portuali e definire la seguente nuova strategia: identificazione dei nodi portuali che hanno una rilevanza all'interno del Master plan euromediterraneo; definizione di un quadro di interventi che consenta una integrazione tra i vari impianti portuali e la rete nazionale e sopranazionale; identificazione delle priorità, dei tempi, delle risorse e delle possibili alleanze.
Senza dubbio, tra questi punti strategici, assume un ruolo determinante la definizione di un quadro di interventi che consenta un'organica funzionalità tra i vari impianti portuali e la rete nazionale e sovranazionale.
I nostri porti infatti non riescono ancora a interagire in modo ottimale con le reti ferroviarie e stradali. Abbiamo i porti e non abbiamo le linee ferroviarie di collegamento. È necessario, pertanto, assumere determinazioni più decisive per il rilancio della portualità nazionale intervenendo, se occorre, anche sul quadro normativo, per perseguire i seguenti specifici obiettivi: introdurre necessari elementi di semplificazione nelle procedure, in particolare in quella concernente l'approvazione dei piani regolatori e delle loro varianti; portare a compimento l'iter di adozione del decreto sui dragaggi; fare in modo che la portualità si organizzi più marcatamente verso un modello di sistema per evitare la concorrenza tra porti, per fare massa critica nei confronti della concorrenza esterna e per valorizzare le specializzazioni delle varie realtà portuali, conseguendo, nel contempo, una razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse da destinare al settore; completare adeguatamente il processo di autonomia finanziaria delle autorità portuali, accrescendo, però, nel contempo, il controllo dell'amministrazione centrale sulle principali decisioni delle autorità.
Quanto al completamento della riforma del settore aereo, il progetto «Galileo» cambierà l'intero assetto, l'intero sistema di assistenza al volo. L'ENAV, quindi, dovrà traguardare in tempi certi due distinti obiettivi: l'adeguamento tecnologico, sempre più spinto, degli impianti e la riorganizzazione e nuova formazione delle risorse umane.
Per quanto concerne l'ENAC, il provvedimento normativo definito nel 2004 ha attribuito a tale ente, in qualità di autorità di vigilanza, le funzioni di regolamentazione tecnica, controllo, certificazione e rilascio di licenze. Si è ottemperato così alla richiesta comunitaria di separare l'attività di vigilanza dalla fornitura dei servizi. La costituzione dell'autorità per l'aviazione civile non è un punto d'arrivo, dobbiamo farne un punto di partenza.
In materia di sicurezza stradale, occorre incentivare l'educazione alla guida, attraverso l'inserimento dell'educazione stradale tra le discipline di insegnamento delle scuole elementari, medie e superiori. Una simile iniziativa era stata portata avanti nella legislatura 2001-2006, ma, per motivi legati all'organizzazione didattica e alla copertura finanziaria, non si era trasformata in un atto compiuto.
Senza dubbio, la copertura finanziaria va garantita, specialmente se si tiene conto del rilevante danno sociale (6 mila morti e 320 mila feriti) ed economico (oltre 18 miliardi di euro) per il Paese.
Passando al tema dello sviluppo dell'intermodalità e della logistica, i fenomeni più significativi che denunciano la singolarità del momento possono essere così sintetizzati: il costo del trasporto (rimasto poco influente sui mercati della logistica nei primi due anni di aumento del costo del petrolio - passato, dal 2004 al 2006, da 18 a 70 dollari al barile - è diventato solo oggi, avendo superato i 130 dollari, un fattore determinante della gestione delle varie filiere logistiche); la delocalizzazione di alcune attività produttive; la gestione dell'intero processo logistico e trasportistico,


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da parte di soggetti che acquistano e controllano, giorno dopo giorno, operatori del nostro Paese; il cambiamento di alcune logiche nella costruzione di itinerari complessi (il trasporto marittimo diventerà sempre più una modalità di trasporto vincente anche per distanze non rilevanti, un'occasione alternativa alla strada, anche in segmenti più brevi); l'incidenza sul totale del trasporto merci della modalità ferroviaria (in Europa, è passata in soli venti anni dal 26 all'8 per cento e questo calo drammatico è legato sia alla crisi dell'offerta, sia al cambiamento sostanziale delle filiali merceologiche).
Questa serie di evoluzioni e di cambiamenti è strutturale. Il mondo del trasporto e della logistica deve prendere coscienza di tale rivoluzione copernicana e non rimanere inerte nella convinzione che simili fenomeni siano solo congiunturali. Pertanto, occorre identificare procedure e progetti che siano in grado di fluidificare la distribuzione delle merci nelle grandi aree urbane; simulare in anticipo l'utilizzo congiunto del sistema «Galileo» e del sistema «VTS», per verificare forme di contenimento del carico a vuoto; simulare sin da ora i possibili cadenzamenti imposti da momenti di saturazione lungo alcuni corridoi con elevata domanda di trasporto. Infine, è necessario avviare un riassetto funzionale delle Ferrovie dello Stato e dell'ANAS. Sarebbe pura utopia dare consistenza operativa a tali obiettivi in pochi giorni, perseguire le finalità prima elencate, senza rendere più efficace e incisiva l'azione di due organismi chiave che oggi caratterizzano la progettazione, la costruzione e la gestione dell'offerta trasportistica nel Paese. Mi riferisco al gruppo delle Ferrovie dello Stato e all'ANAS.
Insieme al Ministero dell'economia e delle finanze, azionista di tali società, produrremo, nel breve periodo, una serie di proposte mirate proprio al superamento di quei vincoli di natura procedurale, finanziaria e gestionale che hanno spesso reso poco chiaro il rapporto tra tali società e il Governo, tra tali società e gli organi locali.
Veniamo alle conclusioni. Il quadro programmatico che ho esposto è stato lungo, e me ne scuso. Tuttavia, durante il nostro primo incontro, vi era anche la necessità di spiegare in maniera chiara - almeno lo spero - il programma di Governo in materia infrastrutturale.
È opinione comune che lo sviluppo del Paese, da un punto di vista economico e produttivo, passi inevitabilmente attraverso la nostra capacità di realizzare queste infrastrutture. Mi sono dilungato molto sull'argomento.
In questa legislatura vi saranno diverse occasioni di incontro, come è giusto che sia, tra l'Esecutivo e il Parlamento. Il mio auspicio, tuttavia, era quello di esporre in maniera chiara le linee programmatiche del Governo, fin dal primo confronto.
Il quadro programmatico che ho esposto richiede un volano di risorse in conto capitale, per il biennio 2009-2010, di circa 15 miliardi di euro. Un volano di risorse pubbliche che rappresenta solo una parte, pari a circa il 30 per cento (forse anche meno), dell'intero volano finanziario che si genera attraverso il coinvolgimento di capitali privati, ossia il ricorso allo strumento del partenariato pubblico-privato.
Credo che questo ragionamento valga per l'Italia, così come per tutto il mondo (forse non per la Cina). In ogni caso, le infrastrutture pagate con il denaro pubblico non si realizzeranno più in nessuna parte del mondo, perché non ci sono risorse nelle casse pubbliche, a maggior ragione non ci sono in un Paese come il nostro che ha un indebitamento molto alto.
In questi primi 55 giorni di Governo, ho avuto modo di incontrare soggetti privati, per chiedere loro se sono disponibili a intervenire. Queste persone hanno dichiarato la propria disponibilità in tal senso, ma chiedono al Governo due cose: date e regole certe.
Il Governo e il Parlamento devono essere capaci di mettere a disposizione dei privati questi due aspetti essenziali. Naturalmente, poi, i controlli spettano all'Esecutivo. Soltanto in questo modo, però, si potranno realizzare le infrastrutture nel


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nostro Paese. Certo, sarà necessaria una quota di avvio - questo è inevitabile -, ma, come ho già avuto modo di dire, nelle opere che sono state cantierizzate per 58 miliardi di euro, il Ministro dell'economia e delle finanze ha fornito solo 8 miliardi. La parte restante di finanziamento è stata trovata con meccanismi diversi.
Abbiamo già avuto contatti con la Banca europea per gli investimenti e nelle prossime settimane, mi recherò a Lussemburgo, per incontrare il direttore. Ci comunicano che i fondi ci sono e che sono disponibili a partecipare alla costruzione infrastrutturale. Si tratta di dare regole certe.
Tutto questo è interessante e affascinante. Basta essere capaci. Questa, naturalmente, è la scommessa di dare regole e, soprattutto, controlli certi.
Questo quadro programmatico richiede anche una rivisitazione sostanziale di norme esistenti, la redazione di ulteriori provvedimenti che siano in grado di rispondere, in modo mirato e funzionale, alla serie di emergenze, di anomalie e di evoluzioni dell'assetto infrastrutturale e trasportistico del Paese e dell'Unione europea.
Insomma, ho delineato una serie di impegni, un'ipotesi programmatica che vorremmo portare avanti collaborando sistematicamente con questa Commissione e che recepirà tutti i contributi che verranno prodotti da questo consesso.
L'aver anticipato alla seconda decade di giugno la manovra finanziaria e l'aver dato all'impostazione finanziaria un respiro triennale, oltre a rappresentare un metodo innovativo rispetto al passato, dimostra la volontà del Governo di rispondere, in modo adeguato, alle emergenze che in questo momento vive il Paese.
La nuova manovra programmatica impone, infatti, proprio per la crisi drammatica dell'offerta di trasporto, un'azione immediata e non procrastinabile.
Personalmente, spero nelle differenze. È giusto che ci siano. Non ho mai amato il consociativismo. Anzi, mi è sempre piaciuto che ci fosse una linea di demarcazione molto netta tra la maggioranza e l'opposizione. Tuttavia, credo che in alcuni settori si possa trovare il modo di operare delle scelte insieme. Uno dei settori a cui mi riferisco è sicuramente quello delle infrastrutture e l'altro è quello della produzione dell'energia, che non è di mia competenza, ma è un altro dei grandi problemi che questo Paese presenta. Spero che si possa trovare, tra maggioranza e opposizione, un punto di incontro, un tavolo dove poterci confrontare nell'interesse generale del Paese.
Vi ringrazio per l'attenzione e chiedo scusa, presidente, se mi sono dilungato. Tuttavia, la lunghezza del mio intervento è proporzionale a quanto è diventato grande il Ministero. Tenendo conto del fatto che vi sono 36 direzioni generali, capirete che, anche recependo solo una minima parte da ognuna di esse, mi sarei comunque presentato in Commissione con un tomo.
Credo di aver sintetizzato anche troppo, rispetto a tutta la documentazione che mi è arrivata sul tavolo.

PRESIDENTE. La ringrazio, Ministro. Ha tutta la nostra comprensione per il lavoro che l'aspetta.
Se il Ministro è d'accordo, ritengo che si possa distribuire la sua relazione ai membri della Commissione.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RAFFAELLA MARIANI. Signor presidente, intervengo in primo luogo per ringraziare il Ministro per la sua presenza. Chiediamo subito di poterlo incontrare di nuovo, perché gli argomenti da trattare sono veramente moltissimi. Abbiamo interesse ad approfondirne alcuni in maniera seria e con la sua collaborazione. Devo dire soltanto - rimandando al prossimo incontro le domande dei nostri colleghi sulle questioni locali che, ovviamente, ognuno, da ciascuna regione, vuole porre - che la nostra preoccupazione riguarda la premessa che lei ha fatto, Ministro, e che mi è sembrata eccessiva, quasi provocatoria nei nostri confronti. Ministro, mi riferisco all'accenno che lei ha fatto in


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merito a ventidue mesi di blocco continuo e assoluto delle opere. Rispetto a questo, lei ha presentato anche un elenco di opere, sulle quali potremo tornare. Ad ogni modo, a mio avviso, quell'elenco non era esatto. Sono state citate opere alle quali, invece - penso solo alla Pedemontana Lombarda - il Governo Prodi aveva dato avvio. Ve ne sono anche altre, che sono state citate come se fossero state bloccate ad arte da veti della maggioranza passata. Mi riferisco, ad esempio, alla «Tirrenica», che vedeva un confronto difficile tra le due regioni - come anche lei ha più volte sottolineato -, e che, non per volontà del Governo, aveva ricevuto un veto assoluto alla definizione.
Riteniamo, tuttavia, che sia necessario superare lo scontro, che a volte ha un carattere demagogico, soprattutto in una materia come questa.
Occorre, inoltre, aggiungere una precisazione in relazione a una vicenda prioritaria, che ha interessato anche il dibattito parlamentare, quella delle opere strategiche, dell'elenco delle opere che era partito dalla «legge-obiettivo» e in merito al quale, come Commissione, abbiamo avuto un confronto serrato con i due Governi, prima con il Ministro Lunardi e poi con il Ministro di Pietro. Questo confronto ci ha portato a constatare l'esistenza di punti di vista differenti tra il Ministero e le Commissioni parlamentari.
Se ricordate, abbiamo più volte dibattuto sul fatto che molte delle opere fossero effettivamente cantierabili, cioè avessero una copertura economica, per un difetto che forse era presente nella legge e rispetto al quale abbiamo chiesto di poter apportare delle correzioni. Infatti, a causa di un'ambiguità nella definizione dei progetti, si era spesso definito un progetto come attuabile, mentre era soltanto citato in elenco, senza avere neanche uno studio preliminare di fattibilità.
Sono mancate numerose risorse - è vero -, rispetto all'elenco di opere che era molto lungo. Peraltro, è stata effettuata un'analisi delle risorse effettivamente disponibili - che andava al di là dell'ipotesi che vi fossero stati veti dalla maggioranza, o problemi legati a questioni territoriali, come in effetti abbiamo vissuto per la TAV - da cui è emersa l'assenza delle risorse necessarie.
Penso che si debba ripartire da quel punto. Dobbiamo capire insieme a lei, proprio in occasione della discussione sull'allegato al DPEF sulle opere infrastrutturali, quali siano le realizzazioni che questo Governo intende inserire tra le priorità.
Dico questo, partendo anche da una nota leggermente polemica. Se effettivamente il nostro Governo non ha realizzato nessuna opera, e quindi non ha speso nessuna risorsa, ci domandiamo perché oggi non vi siano abbastanza fondi e perché ci venga ripetuto in ogni modo che dovranno essere ricercati soprattutto nel settore privato.
Infine, i tagli che sono stati necessari alla definizione del decreto fiscale hanno inciso pesantemente sulla situazione del trasporto pubblico locale, su quella dei porti e su alcune delle infrastrutture che erano state garantite dal nostro Governo, ad esempio in sostituzione della scelta di realizzare il Ponte sullo Stretto. Rispetto a questo, appare oggi necessario trovare quelle risorse e sostituirsi in quegli impegni nell'immediato futuro.
Un tema che ci interessa molto e che abbiamo dibattuto sempre, indipendentemente dalla postazione in cui ci trovavamo, maggioranza o opposizione, è quello relativo alle regole.
Lei ha fatto riferimento a tale materia quando ha parlato dell'ANAS, dei contratti, del project financing, ammettendo che alcuni aspetti non hanno funzionato perfettamente. Questi attengono a delle verificate lungaggini nella realizzazione e nell'autorizzazione delle amministrazioni che, anche laddove non vi è pregiudizio ideologico, rendono difficile la realizzazione delle opere.
Vorremmo tornare anche su questo argomento con particolare attenzione, perché il tema delle regole ci interessa moltissimo, anche per quanto riguarda il controllo e la vigilanza.


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ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Vorrei intervenire subito, affinché non ci siano equivoci. Non potevo prevedere che, con il Governo Prodi, il Ponte sullo Stretto continuasse ad essere una priorità. Avevate comunicato la vostra posizione in merito anche durante la campagna elettorale. Ho elencato le opere che sono state bloccate o accantonate per scelta politica, non quelle che sono andate avanti.

DANIELE MARANTELLI. Per la Pedemontana non mi risulta...

ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Quella si è bloccata. Invece, la Salerno-Reggio Calabria, ad esempio, non l'ho elencata, perché è una delle opere che, anche con il Governo Prodi, è andata avanti.
Ho preferito chiarire questo punto. In seguito, risponderò anche ai temi riguardanti le risorse e via dicendo.

CARLO MONAI. Signor presidente, cercherò di essere telegrafico. Innanzitutto, rivolgo il mio apprezzamento al Ministro Matteoli. Pur essendo un esponente di spicco della maggioranza antagonista, rispetto alla parte che rappresento, egli ha sempre dimostrato un certo piglio e una certa concretezza. In ragione di questo, gli auguro di essere migliore del Ministro Di Pietro, quanto meno per gli anni che potrà guadagnarsi sul campo, rispetto al minor tempo in cui il Ministro Di Pietro ha potuto assolvere allo sblocco di molti dei cantieri infrastrutturali di cui l'Italia ha bisogno.
Provengo dalla regione Friuli Venezia Giulia che oggi vive una situazione particolarmente strategica. Dal 21 dicembre 2007 sono caduti i confini con la Slovenia, in quanto questo Paese è entrato nell'area Schengen. Da qui, si pongono delle priorità che penso interessino non solo questo lembo del nostro territorio nazionale, ma tutta l'area del nord.
Da questo punto di vista, c'è anche una valutazione sulle priorità. Il Ponte sullo Stretto sarà certamente un'opera importante per la Sicilia e per il sud del Paese, ma penso che anche i colleghi della Lega Nord siano interessati affinché altrettanta, e forse maggiore, attenzione venga data alle infrastrutture del nord, che rappresenta il cuore pulsante economico del Paese. Penso, dunque, al porto di Trieste, un'infrastruttura che potrebbe essere potenziata in misura maggiore, pensando ad un bacino di utenza che si apre in tutto l'est europeo, come «autostrada del mare» prossima a tutto il bacino del Mediterraneo e che oggi si deve confrontare con una forte concorrenzialità proprio da parte dei porti sloveni e croati, Capodistria e Fiume in primis. Questi ultimi, infatti, presentano delle impennate di crescita dei transiti portuali molto più significative del diagramma di crescita, molto più lenta, del porto di Trieste, che avrebbe bisogno di una particolare attenzione. In proposito, penso che la sinergia con la regione Friuli Venezia Giulia possa essere trovata nell'individuazione di azioni di supporto allo sviluppo di questo importante asset strategico. La statale 54, la cosiddetta strada del Friuli, quasi un simbolo di questa regione, collega la Slovenia all'Italia e oggi trova l'opportunità di essere finanziata in alcuni punti strategici. Si tratta di zone che già da una decina di anni erano state individuate dall'ANAS come importanti snodi, ma che per storni di fondi, piuttosto che per mancanza degli stessi, non hanno ancora visto l'avvio degli interventi.
Il nostro auspicio è che, anche in funzione dell'allargamento europeo e della sussistenza di particolari atout turistici - penso ai poli transnazionali sciistici che sono stati avviati in questi anni tra la regione Friuli Venezia Giulia e la Slovenia e alla candidatura Unesco del patrimonio mondiale dell'umanità di Cividale del Friuli, la città da cui provengo -, si potenzi questa viabilità che langue da anni e che rimane piuttosto obsoleta rispetto alle necessità.
Pongo il problema di Trenitalia. Sono state già presente diverse interpellanze da alcuni colleghi parlamentari sull'annunciata riduzione di alcune tratte, soprattutto dell'Eurostar, nella mia regione. Ricordo


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che la regione speciale - unica in Italia, penso - finanzia Trenitalia già da alcuni anni con cospicui contributi, tesi al miglioramento del parco rotabile e all'acquisto di nuovi convogli. Quindi, l'auspicio è che si rivolga un'attenzione particolare, nella logica della reale collaborazione tra Stato e regione, che possa portare a dei frutti migliori di quelli, ancora acerbi, che abbiamo sul piatto.
Ci auguriamo che si realizzai l'asset di una proiezione italiana verso l'est europeo, attraverso le infrastrutture, non ultimo il Corridoio V, di cui lei ha parlato nella sua articolata relazione. Queste popolazioni attendono il giusto interesse e la giusta attenzione.

PRESIDENTE. Chiederei di non elencare le singole tematiche locali, altrimenti rischiamo di fare una lista della spesa lunghissima. Comunque, avremo modo di entrare nel merito di questi argomenti.
Chiedo di proseguire con interventi brevi, di cinque minuti.

MAURO LIBÈ. Signor presidente, non farò l'elenco della spesa, anche perché ce ne sarà occasione più avanti. Voglio ringraziare il Ministro, con il quale abbiamo fatto insieme un percorso di maggioranza e un percorso di opposizione: ne riconosciamo la serietà e l'onestà intellettuale.
Proprio per questo motivo, mi permetto di essere molto chiaro, con il rispetto dovuto, anche perché la sua relazione comprende una serie di punti che condividiamo totalmente. Noi siamo per la costruzione di un Paese che cresce e si sviluppa. Lo sviluppo avviene proprio tramite la realizzazione delle infrastrutture e anche quella politica energetica della quale lei parlava. Tuttavia, per essere concreti, è necessario che strada facendo ci si possa ritrovare, per dare delle priorità alle scelte che lei ha elencato.
Sa benissimo anche lei, ministro, - mi auguro che non sia così, ma purtroppo lo sappiamo tutti - che non abbiamo i tempi e le risorse necessarie per fare tutto. Occorrono fatti concreti, serve un timing, grazie al quale, la Commissione, insieme al Paese, sappia quali sono le priorità. Se questo sarà un lavoro credibile, sappia - glielo dico già da adesso - che noi lo sosterremo. Certamente - mi permetta la chiusura polemica -, se tutto avverrà come è partito, con uno dei primi provvedimenti, quello sull'ICI, per cui, per finanziare alcune iniziative giuste, iniziamo a togliere fondi a infrastrutture che devono portare a quell'opera primaria, come voi ritenete, ossia il Ponte sullo Stretto, francamente non siamo partiti bene.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Matteoli, e con la promessa di incontrarci nuovamente la prossima settimana o quella successiva, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.

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