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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
25.
Giovedì 3 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Tortoli Roberto, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3496 di conversione del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Tortoli Roberto, Presidente ... 3 4 7
Bonciani Alessio (PdL) ... 6
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 6
Pilati Antonio, Commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 7
Realacci Ermete (PD) ... 5
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 4
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 3 giugno 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3496 di conversione del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3496 di conversione del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2.
Sono presenti il dottor Antonio Pilati, il dottor Luigi Fiorentino e il dottor Angelo Lalli.
Ringraziandoli per la presenza, do la parola al dottor Pilati, commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

ANTONIO PILATI, Commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio per l'opportunità che ci è stata accordata. Vorrei ricordare che del tema delle quote di emissione, che rappresenta l'oggetto principale del decreto-legge di cui stiamo parlando, l'Autorità è stata chiamata a occuparsi già da diversi anni. Le prime denunce su temi attinenti risalgono al 2006. Noi ci occupiamo della questione esclusivamente sotto il profilo della tutela della concorrenza, quindi, della disparità che può crearsi, in seguito alle norme di legge, tra le imprese operanti nei diversi settori economici.
Fin dal 2006 sono emerse tre principali disparità. A questo proposito, ricordo che l'Autorità ha fatto la prima segnalazione al Parlamento nel novembre del 2006 e un'altra, molto recente, il 14 aprile 2010.
Quando parlo di disparità mi riferisco a quella esistente nel sistema competitivo, quindi nel gioco di mercato tra le diverse imprese.
Il primo ordine di disparità competitiva riguarda i diversi Paesi. L'Italia possiede una dotazione di quote di emissione inferiore a quella che genera, mentre altri Paesi europei ne hanno una disponibilità superiore. Questo, ovviamente, in settori aperti alla competizione internazionale, provoca disparità competitiva.
È disponibile una tabella del 2006, riferita alla situazione del 2005, realizzata dalla Commissione europea, che costituisce il punto principale di un rapporto del CNEL di quel periodo - siamo alla vigilia della preparazione del piano di assegnazione nazionale 2008-2012 - in cui emerge


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che l'Italia è uno dei quattro Paesi (insieme a Gran Bretagna, Spagna e Irlanda) con un deficit di quote rispetto alla produzione: quasi 8 milioni di tonnellate. Paesi come la Germania hanno un surplus di 25 milioni di tonnellate.
È evidente che questo crea una disparità competitiva, perché le imprese italiane sono costrette o a razionalizzare gli impianti, quindi a fare investimenti in misura superiore a quelli delle imprese tedesche, o ad acquistare sul mercato i diritti di emissione.
Esistono disparità anche tra i settori: alcuni, come per esempio quello elettrico, hanno un deficit di quote di emissione maggiore di quello di altri settori, come quello siderurgico.
Infine, esiste una disparità tra imprese operanti nello stesso settore. Mi riferisco al tema, oggetto del decreto-legge di cui trattiamo, dei «nuovi entranti». A seconda dei tempi di ingresso sul mercato, quindi dei tempi di realizzazione degli impianti, vi sono aziende che hanno avuto assegnazioni gratuite di quote di emissioni e aziende che non le hanno avute. Questo avviene, in particolare, per le aziende che hanno messo in funzione i propri impianti negli ultimi anni, nel 2009 soprattutto, per le quali il monte di quote di emissioni da distribuire gratuitamente si è esaurito e, quindi, sono in una condizione di svantaggio rispetto alle imprese i cui impianti, invece, hanno potuto fruire di quote di emissione gratuite.
Questa disparità è stata sottolineata dalla Commissione europea in sede di approvazione del piano di assegnazione quote del 2008, il quale ha peggiorato la già difficile situazione registrata nel 2005 - mi riferisco alla tabella citata precedentemente - perché le quote di emissione gratuite spettanti all'Italia sono state ulteriormente tagliate e, quindi, si è ridotto il monte delle disponibilità per i «nuovi entranti». La Commissione, nelle osservazioni con cui valutava il piano nazionale di assegnazione del 15 maggio 2007, subordinava infatti l'approvazione del piano medesimo alla creazione di un meccanismo che consentisse anche ai «nuovi entranti» di godere delle quote di emissione e, quindi, di avere una situazione competitiva paritaria con chi aveva già ottenuto le quote.
Nella finanziaria del 2008 veniva recepita questa indicazione della Commissione europea, che era una condizione per l'approvazione del piano nazionale di assegnazione, con la previsione di un fondo di quote da destinare ai «nuovi entranti». Il fondo non è mai entrato in funzione e, quindi, il divario competitivo si è aggravato.
Mi sembra che il decreto-legge di cui stiamo discutendo abbia, su questo punto, lo scopo principale di garantire una competizione paritaria fra le diverse imprese di settore. Da questo punto di vista, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato apprezza la decisione del Governo, ma constata che il meccanismo prescelto ha un elemento intrinseco di incertezza: la dotazione disponibile per i «nuovi entranti» - ovvero chi ha costruito impianti dopo il 2008 e nel 2009 - verrà infatti tratta dalle aste che verranno realizzate dopo il 2013 per i diritti di emissione rimasti non utilizzati.
A fronte, quindi, di imprese che hanno goduto di diritti di emissione certi e immediati nel passato, ci sono delle imprese, cioè i «nuovi entranti», che godranno dei propri diritti di emissione in un momento futuro, cioè dopo il 2013, e in maniera condizionata, cioè in subordine all'esito delle aste. Sussiste, dunque, un elemento di incertezza che, valutato sotto il profilo della concorrenza, introduce ancora un elemento di disparità, certamente minore di quello che esisteva fino ad oggi, ma comunque ancora presente.

PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Questo provvedimento sottrae risorse future, ovvero i proventi delle aste CO2 dopo il 2012, per coprire i costi di emettitori attuali. Considerato che queste risorse avrebbero dovuto essere investite in attività verdi, come stabilisce l'articolo 10 della direttiva n. 29


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del 2009, vorrei sapere se non ritenete che questa misura, che a mio avviso è un sussidio incrociato, da attività che possono essere considerate a basse emissioni di carbonio ad attività, invece, fortemente emettitrici, oltre che incoerente con gli obiettivi del 2020 sia anche anti-competitiva.

ERMETE REALACCI. Quello posto è un tema serio, che l'Autorità a suo tempo ha sollevato. Tuttavia, mi pare che l'esposizione fatta non tenga conto dell'addebito più duro, che arriva dal presidente Catricalà nel parere inviato al Parlamento il 14 aprile scorso.
Il problema esiste. Quando l'Italia chiuse quella trattativa - a cui peraltro arrivava male perché non era stato predisposto nulla, negli anni precedenti, per ridurre le emissioni di CO2 - alla fine ridusse di molto le quote a disposizione dei «nuovi entranti» per favorire le imprese già presenti. Ci fu una pressione da parte del mondo industriale, quindi la quota dei «nuovi entranti» fu ridotta di molto e successivamente assorbita, peraltro, quasi completamente dall'ENEL con la centrale di Civitavecchia. Le emissioni della centrale di Civitavecchia erano praticamente pari a quasi tutte le disponibilità per i «nuovi entranti».
Quindi, il problema di garantire l'ingresso ai «nuovi entranti» esiste, anche se le stime contenute nella relazione del Ministero dello sviluppo economico sono, a mio avviso, assolutamente sovradimensionate: si parla di circa il 50 per cento in più di imprese, rispetto a quelle attualmente sottoposte al controllo delle emissioni dell'ETS (Emissions Trading Scheme), che dovrebbero entrare, fra imprese elettriche e imprese non elettriche. Mi sembra francamente una percentuale eccessiva.
I punti da sollevare, a mio avviso, sono i seguenti. In primo luogo, attualmente siamo in una situazione diversa da quella descritta da lei rispetto alle emissioni perché, anche per effetto della crisi economica, di fatto gli spazi di emissione delle vecchie imprese si sono ridotti di molto. La stessa ENEL è in credito. Se ad oggi fosse possibile monetizzare le mancate quote di emissione, si potrebbe valutare in circa 250 milioni di euro il credito da parte delle imprese italiane, che significherebbe circa 20 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, sulla base delle emissioni attuali prodotte anche dalla crisi.
Il secondo punto, molto importante, riguarda la maniera in cui è formulato questo provvedimento, che configura - lo sottolinea anche il presidente Catricalà nel citato parere - un vero e proprio aiuto di Stato. Nel decreto-legge, infatti, non viene indicato, come ricordava anche la collega Zamparutti, un criterio per i «nuovi entranti» o per la copertura di queste quote mancanti. Su questo ha nuovamente ragione l'Autorità nel sottolineare che c'era stato l'impegno, nella finanziaria del 2008, di avere in parte una finanziarizzazione di queste quote. Il provvedimento d'urgenza potrebbe avere dunque un senso se venisse modificato - lo dico al relatore - e ci si assumesse l'onere di pagare le quote di emissioni di CO2 per le migliori tecnologie disponibili o per gli impianti che hanno una particolare efficienza energetica. Peraltro, lo ripeto, una parte di queste quote sono già state prodotte dalla riduzione di emissioni di CO2 dovuta alla crisi energetica. In questo caso, credo che all'Unione europea la proposta potrebbe essere accettata, perché non confliggerebbe né con la necessità di raggiungere gli obiettivi europei né con quella di non configurare aiuti di Stato.
Diversamente, però, questi sono aiuti di Stato; ovvero, indipendentemente dalle tecnologie e dalle politiche, si dà sic et simpliciter a qualsiasi impresa lo stesso contributo. Personalmente, credo che questa misura non possa essere accettata dall'Unione europea, che la rigetterebbe. È meglio che lavoriamo seriamente e capiamo bene qual è il senso delle politiche perché altrimenti - e qui di nuovo l'obiezione della collega Zamparutti è fondatissima - quei fondi a valere sul futuro sono restituiti allo Stato per misure finalizzate alla riduzione di emissioni di CO2, non per misure finalizzate a sostenere chi invece emette CO2.
Sotto questo profilo, ritengo che il provvedimento vada completamente fuori strada e che, se lo approvassimo così com'è, sarebbe rigettato dall'Unione europea.


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SERGIO MICHELE PIFFARI. Appurato che c'è stato un vizio all'origine - una fotografia della effettiva produzione di CO2 rispetto ad altri parametri in Europa, quindi ad altri Stati, che per una serie di circostanze si sovrappone anche a Governi di poli opposti -, di fatto le imprese, indipendentemente dal colore del Governo, si trovano a subire questo gap. Senza questo provvedimento, una parte di esse sarebbe in difficoltà dal punto di vista economico, perché queste dovrebbero pagare, di fatto, la carenza della disponibilità di quote di CO2.
Tuttavia, questo avviene in funzione di accordi e di recepimento di direttive europee, quindi di impegni assunti di fronte all'Europa. Convengo che sia necessario trovare la soluzione per riequilibrare la giusta concorrenza anche tra imprese e, quindi, mettere in condizione quelle nuove, dopo aprile 2009, di operare in situazione di mercato come le altre. La crisi economica, però, ha reso disponibile a una buona parte di imprese quote di CO2 che le stesse possono immettere sul mercato, quindi monetizzare. In realtà, questo risulta un vantaggio, se si fotografa oggi la situazione, per le imprese che vanno sul mercato e sanno di fatto quanto CO2 producono.
Le contromisure che questo decreto-legge mette in campo per riequilibrare il giusto diritto delle imprese a stare sul mercato rischia, tuttavia, di forzare ulteriormente la direttiva europea sull'obiettivo di queste risorse. Esse all'origine dovevano provenire solo dal miglioramento dell'efficienza della produzione, quindi mettere disponibilità di quote sul mercato e recuperare così risorse, almeno il 50 per cento delle quali doveva successivamente contribuire al raggiungimento degli obiettivi del pacchetto 20/20/20. In realtà, con questo decreto-legge non riusciamo a centrare quell'obiettivo, per cui esiste il rischio che la Comunità europea, fra un anno o due, ci muova delle contestazioni, il che peggiorerebbe il problema.
È opportuno, quindi, individuare alcune azioni di mitigazione di questo obiettivo, tenendo presente che la crisi industriale ed economica ha di fatto cambiato i parametri di produzione di CO2. Bisognerebbe, forse, ripartire anche da questo dato e cercare di utilizzare una parte di risorse al fine di centrare l'obiettivo del pacchetto 20/20/20 che ci siamo prefissi. In caso contrario, le stesse imprese tenderebbero a non ricercare una maggiore efficienza del proprio sistema di produzione, ma a cogliere, anzi, al volo l'opportunità di continuare a produrre alle attuali condizioni, per metterci fra qualche anno in condizioni peggiori nell'ambito della concorrenza con altri Stati europei.
Forse è opportuno - non so se il Garante per la concorrenza abbia valutato anche questo aspetto - porre attenzione agli attivi delle quote di CO2 che porterebbero sul mercato le imprese che hanno acquisito anni fa i giusti riparti.

ALESSIO BONCIANI. Ringrazio i componenti dell'Autorità per l'audizione che ci hanno gentilmente concesso oggi, che correttamente ribadisce quanto già posto all'attenzione del Parlamento, soprattutto nel corso dell'ultima segnalazione, quella di aprile, che avevamo ricordato quando abbiamo incardinato in questa Commissione il decreto-legge.
Ripercorrendo quella relazione, come è stato giustamente richiamato all'inizio dell'audizione di oggi, il problema è quello di garantire la libertà di accesso al mercato per i «nuovi entranti». Questa libertà di accesso si garantisce solo ed esclusivamente a queste condizioni.
Sulle prospettive future ricordate dai colleghi che sono intervenuti, se da una parte c'è forse - lo ha detto chi è intervenuto, anche se su questo personalmente non sono d'accordo - il rischio di esporsi a possibili, eventuali sanzioni da parte dell'Unione europea per quanto riguarda la forma che potrebbe essere individuata come analoga a quella degli aiuti di Stato, dall'altra c'è la certezza che, se non rispettiamo e non garantiamo la parità delle condizioni di accesso al mercato, subiremo certamente delle sanzioni.
Per quanto riguarda, invece, in particolar modo la programmazione futura degli interventi,


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non dimentichiamo che questo è un sistema comunque destinato a concludersi nel 2012. È già pattuito che dopo le condizioni cambieranno. Si tratta, quindi, semplicemente di garantire fino al 2012 la parità di condizioni di accesso al mercato per i «nuovi entranti». Sotto questo aspetto, trovo assolutamente efficace quello che il provvedimento d'urgenza del Governo dispone e che eventualmente ci troveremo in questa forma a convertire in legge.
Diversamente, è evidente che c'è la disponibilità a valutare eventuali proposte emendative, che però non stravolgano il senso del provvedimento perché, lo ripeto, la sua efficacia, almeno da questo punto di vista, è garantita.
Per quanto mi riguarda, la valutazione di quello che abbiamo sentito è ribadita dall'Autorità che abbiamo audito oggi.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per la replica.

ANTONIO PILATI, Commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Mi soffermo solo su due punti. Il punto principale, dal nostro punto di vista - che non comprende tutta la materia, perché ovviamente noi consideriamo centrale l'aspetto della parità competitiva - è quello enunciato dalla Commissione europea nella decisione di assegnazione di quote per il periodo 2008-2012, con cui, per l'appunto, veniva approvato il piano di assegnazione, che recita testualmente «in caso di esaurimento della »riserva per i nuovi entranti«, il Governo è impegnato ad assicurare la disponibilità di quote di anidride carbonica ai »nuovi entranti« che ne hanno diritto in base a quanto stabilito nella presente decisione di assegnazione, nel rispetto della parità di trattamento di cui alla direttiva 2003/87/CE e di non alterazione della concorrenza del mercato nazionale interno». Questo è il punto cruciale dal nostro angolo di visuale. Per noi è importante, quindi, che chi è nuovo entrante non venga penalizzato per il semplice fatto che ha costruito il suo impianto e l'ha messo in funzione in una data diversa e successiva rispetto a quella dei suoi concorrenti.
Sulle modalità, se è rispettato il principio di non discriminazione, siamo relativamente indifferenti: per noi è importante che ci sia la parità e che il meccanismo che assicura la parità competitiva non sia penalizzante su altri fronti per qualcun altro.
D'altro lato, non possiamo non constatare che gli ultimi impianti entrati sono, a quanto sembra, ad alta efficienza energetica: ad esempio, quello di Sorgenia oppure la centrale di Crotone a turbogas. Si ha, allora, un duplice paradosso perché questi impianti vengono penalizzati in base al periodo di entrata in funzione, ma alcuni operatori che sono entrati in funzione da ultimi sono anche quelli che hanno costruito impianti particolarmente efficienti. È questa la situazione che dobbiamo evitare di perpetrare.
In merito allo strumento, ribadisco, purché rispetti la parità competitiva, siamo abbastanza neutri. A noi lo strumento individuato sembra positivo in quanto consente un rimedio all'attuale situazione; esso suscita, però, un elemento di incertezza perché trae la sua ragion d'essere da un futuro che ha un elemento di aleatorietà. Non sappiamo esattamente, infatti, quali saranno le aste e quale sarà il risultato delle stesse. Ci limitiamo, quindi, a dire che assicurare la parità è fondamentale. Lo strumento individuato assicura la parità, però introduce un elemento di aleatorietà che può rivelarsi - non necessariamente - un fattore a sua volta discriminante.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Pilati, a nome di tutti i componenti della Commissione, per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,40.

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