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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
37.
Martedì 21 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione civile (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 10
Gabrielli Franco, Capo del Dipartimento della protezione civile ... 3

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

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COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 21 febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 14,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione civile.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione civile.
Ricordo che nella precedente seduta del 16 febbraio scorso erano stati formulati quesiti e osservazioni sui quali il prefetto Gabrielli si era riservato di rispondere nella seduta odierna.
Do, quindi, la parola al prefetto Gabrielli, che ringrazio per la presenza, per la replica.

FRANCO GABRIELLI, Capo del Dipartimento della protezione civile. Scorrerò gli interventi dei parlamentari che nella precedente audizione hanno posto una serie di domande. Ciò toglierà qualcosa alla struttura linguistica della mia replica, ma mi consentirà di rispondere puntualmente.
L'onorevole Dionisi sottolineava alcuni aspetti. Il problema della cultura di protezione civile può apparire banale, ma banale non è. Spesso mi capita di dire che, se dovessi stilare una classifica delle cose che non vanno in questo Paese sotto il profilo della protezione civile, metterei al primo posto la mancanza di una cultura della protezione civile, a partire dai comportamenti degli stessi cittadini. Anche recentemente ho sottolineato come il concetto di autoprotezione sia una delle più elementari norme di protezione civile. Noi italiani, anche per quell'eccesso di esterofilia che abbiamo, ci stupiamo e plaudiamo al comportamento del cittadino giapponese che sa tutto o al californiano che ha il kit di sopravvivenza, ma quando ci si chiede, come cittadini, di essere consapevoli dei rischi che insistono sul territorio e dei comportamenti che ne devono conseguire, allora «ci perdiamo».
Credo che alla cultura della protezione civile appartenga anche un altro concetto fondamentale, cioè quello della resilienza. La resilienza è la capacità di ogni singola comunità di dare una risposta immediata. Purtroppo nel nostro Paese, soprattutto sotto il profilo della protezione civile, c'è quasi un'attesa messianica dell'arrivo della cavalleria amica, di qualcuno che da fuori arrivi a risolvere il problema. In protezione civile la differenza la fa invece la capacità di ogni singolo territorio di dare risposte immediate.
L'onorevole Dionisi sottolineava anche un problema di capacità di intervento complessivo che in questo momento forse affligge l'intero sistema. Io farei una netta distinzione tra gli interventi che attengono al sistema di allertamento, che ha regole


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proprie e procedure codificate, e l'intervento necessario laddove l'evento non può essere supportato dal livello più basso e ha bisogno dell'azione dei livelli superiori. Su questo tornerò perché molti dei commissari hanno sottolineato un deficit di governance del nostro sistema.
A proposito della capacità di intervento, peraltro, mi interessa sottolineare la norma che è stata utilizzata anche nella recente vicenda alluvionale e che ha consentito al Presidente del Consiglio di conferire al Capo Dipartimento una sorta di potere di coordinamento. Mi riferisco all'articolo 3 della legge n. 286 del 2002, una norma che, a seguito del terremoto di San Giuliano di Puglia, voleva colmare il tempo intercorrente tra la realizzazione dell'evento e la dichiarazione dello stato di emergenza. Dico questo per sottolineare che anche in quella circostanza, con un Dipartimento sicuramente molto più dotato di risorse e di strumenti normativi, si aveva la percezione che nessun lasso temporale dovesse essere sottratto alla piena potestà di chi doveva intervenire.
Oggi questa mancanza di potestà ci è molto più chiara perché, nel momento in cui le ordinanze di protezione civile sono rimesse a un concerto e le azioni dei commissari al parere preventivo della Corte dei conti, l'immediata disponibilità e capacità di intervento viene meno. Per questo si parla correttamente di una rivisitazione della legge n. 10 del 2011, legge peraltro già falcidiata dalla Corte costituzionale, che con la sentenza n. 22 del 2012, emanata nel tempo intercorso tra la prima e la seconda audizione, ha abrogato l'articolo 5-quater della citata legge. Almeno questo l'abbiamo tolto dal novero delle nostre preoccupazioni.
Colgo l'occasione per far presente che presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è già cominciato il lavoro per mettere mano alla revisione della citata legge. Ovviamente, trattandosi di intervento di parte governativa, ne seguirà il dovuto confronto parlamentare e con i soggetti che compongono l'intero sistema, ma vi confermo che da parte del Governo c'è l'impegno concreto, e non solo in termini di enunciazione, a rivisitare la legge n. 10 del 2011 incidendo pesantemente sulla capacità di intervento, che, nella condizione data, non è più quella che il Paese conosceva.
Per quanto riguarda il finanziamento del fondo regionale di protezione civile, io non solo sono assolutamente favorevole al suo rifinanziamento, ma sono ancor più favorevole a che ogni livello abbia finanziamenti specifici. Livello comunale, livello provinciale e livello regionale non possono prescindere da un flusso regolare di finanziamenti. Bisognerà mettersi d'accordo su come reperire le necessarie risorse e decidere se tutti i finanziamenti debbano fare capo solo alla struttura statuale o se i singoli enti, in modo previdente, debbano accantonare le somme necessarie alla gestione di questo tipo di interventi.
Credo, inoltre, memore delle esperienze passate, che tutti debbano prestare un'attenzione particolare alla destinazione di questi finanziamenti. Avendo rivisitato quanto è stato fatto nell'ambito dei fondi regionali, vi posso assicurare che ci sono state regioni virtuose che li hanno spesi per il verso giusto e regioni che, invece, hanno destinato le risorse a scopi che con la protezione civile avevano ben poco a che fare.
Sul problema della viabilità vorrei che fosse fatta chiarezza una volta per tutte. Tutto ciò che attiene alla problematica della viabilità, anche connessa alle vicende meteorologiche, è di competenza del Ministero dell'interno. Con decreto interministeriale del Ministero dell'interno e del Ministero delle infrastrutture del gennaio 2005, tutto ciò che attiene alle fasi preventive e operative, laddove si verifichino situazioni particolari, è posto in capo alla «Sala operativa viabilità Italia», incardinata nel Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. I soggetti che hanno competenza esclusiva sono, quindi, «Viabilità Italia» presso il Ministero dell'interno e i prefetti, che attraverso i centri operativi viabilità sul territorio aprono e chiudono gli accessi autostradali e intervengono a disciplinare la percorribilità delle strade.


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In base a questo decreto interministeriale il Dipartimento della protezione civile in questa materia ha solo due compiti: la previsione meteorologica e l'attivazione del volontariato allorquando si verificano situazioni di disagio per le persone. Mi riferisco a chi rimane bloccato in autostrada perché la neve non consente di uscire o, come è accaduto nel recente passato di questa emergenza neve, ai convogli ferroviari bloccati lungo il percorso.
L'onorevole Di Biagio poneva l'esigenza di una struttura che governi l'emergenza. Ebbene, credo che allo stato attuale della nostra organizzazione esista già. Il sistema di protezione civile possiede due organi collegiali: il Comitato operativo e la Commissione grandi rischi, due strutture che cooperano nella gestione della fase emergenziale o delle fasi che precedono l'emergenza. Il Comitato operativo è il luogo fisico intorno al quale siedono tutte le strutture operative del sistema, pubbliche e private, dalle società esercenti autostradali all'Anas, alle Ferrovie, alle società esercenti dell'energia elettrica o della telefonia sia mobile che fissa. Anche in occasione delle emergenze neve dell'inizio del mese e dell'8 febbraio il Comitato operativo si è prontamente attivato. Il problema è quello che sta a valle dell'attivazione del Comitato operativo.
Attualmente abbiamo due tipi di sale operative a livello regionale: le sale operative unificate permanenti (SOUP), cioè le sale di attivazione sul versante antincendio, e le centrali operative regionali (COR). Per fortuna, ormai nella stragrande maggioranza delle regioni si va verso sale integrate. Infatti, sia per ragioni di costi sia per realizzare un corretto coordinamento, non si parla più di sale separate, ma di sale coordinate. Io dico che queste sale operative debbono quanto più essere interconnesse. Sapete meglio di me che in questo Paese esistono più sale operative che strutture a cui dovrebbero corrispondere e che molto spesso non si parlano e non sono interconnesse. Soprattutto a livello provinciale, a volte si creano doppioni perché la prefettura crea la sua sala e l'ente provincia organizza la propria e spesso dialogano con sistemi completamente diversi. Quindi, il tema è quello di creare un network di conoscenza che ruoti intorno alla «Sala Italia», che rappresenta il luogo fisico del coordinamento.
Io vengo dalla polizia e conosco il significato a volte problematico della parola «coordinamento». Sono stati scritti volumi sul coordinamento. La «Sala Italia» offre la rappresentazione fisica del fatto che il coordinamento è possibile: vi si trova 24 ore su 24 la postazione dei carabinieri, della polizia, della guardia di finanza, del corpo forestale, dei vigili del fuoco, del comando operativo di vertice interforze (COI), della Croce rossa e delle regioni. A livello centrale, dunque, questo coordinamento c'è e si è realizzato. Il problema è farlo scendere ai vari livelli e renderlo non solo visibile, ma operativo a livello regionale e provinciale, laddove è richiesta una pluralità di interlocuzioni.
Conosco, onorevole Mariani, la posizione della sua parte politica sulle assicurazioni dei fabbricati, ma sono sempre più convinto che esse rappresentino anche una forma di equità. Le risorse sono quelle che sono, ma posso affermare che il problema dell'equità è molto più antico dell'attuale esiguità delle risorse. Facendo un piccolo excursus del trattamento che nel tempo è stato riservato alle diverse emergenze, non posso non riscontrare che ci sono stati cittadini di serie A, cittadini di serie B e cittadini di serie C e allora, siccome il problema fondamentale, oltre al reperimento, è che le risorse vengano distribuite equamente secondo criteri validi per tutti, credo che un'assicurazione obbligatoria che si rivolga a tutti i cittadini e veda tutti i cittadini come possibili beneficiari sia uno strumento utile. Se, invece, il governo del Paese o il Parlamento immaginano un altro tipo di soluzione, ossia allocare preventivamente risorse da distribuire, l'importante è che sia rispettata l'equità.
Io cito sempre l'esempio di Marsciano. Pur non essendo umbro, si tratta di un pezzo di territorio che mi sta particolarmente a cuore. A Marsciano nel dicembre 2009 si è verificato un terremoto che per fortuna non ha provocato morti, ma distruzione.


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A Marsciano cittadini di questa Repubblica hanno la casa distrutta come nei comuni del cratere dell'aquilano, ma, mentre a questi cittadini la casa viene ricostruita per intero, i cittadini di Marsciano a distanza di due anni e mezzo non sanno ancora che cosa riserverà loro il futuro. Credo che questo sia il manifesto più plastico dell'esigenza per questo Paese di dotarsi di un sistema equo. Come ripeto, può fondarsi su un'assicurazione obbligatoria o su un fondo per le calamità, ma quel che serve sono risorse certe per trattamenti certi. Occorre che, nel rispetto del secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione, a situazioni eguali siano forniti trattamenti eguali e a situazioni diverse trattamenti diversi.
Vengo ai grandi eventi. Credo di aver già detto anche in questa sede che i grandi eventi, intesi come realizzazione di opere pubbliche, non appartengono più all'orizzonte della Protezione civile. L'unica mia perplessità riguarda il grande evento inteso come afflusso di persone, quale ad esempio il funerale del Papa o un'altra situazione nella quale si raduni tanta gente e ci sia bisogno di un coordinamento, coordinamento che peraltro la recente vicenda della beatificazione di Giovanni Paolo II ha dimostrato essere fattibile anche con strumenti ordinari. Ribadisco, quindi, che dal mio punto di vista la collocazione dei grandi eventi non è corretta. Qualcuno si dovrà porre il problema della loro gestione, ma, poiché oggi sono responsabile della Protezione civile, l'argomento non mi interessa.
Il problema della governance, onorevole Bocci, dal mio punto di vista è molto chiaro. La legge n. 225 del 1992 individua livelli di responsabilità e livelli a cui riferire gli eventi che avvengono in un determinato territorio. Il comune e il sindaco hanno una propria responsabilità che il principio di sussidiarietà assegna alla prima autorità coinvolta nell'evento che la riguarda. Il livello provinciale, a mio avviso, è in questo momento quello che più patisce la portata «alluvionale» degli interventi normativi rispetto all'impianto originario della legge n. 225 del 1992.
La legge n. 225 del 1992 è stata concepita quando il prefetto possedeva ancora un ruolo fondamentale nell'architettura complessiva del nostro Paese. Il decreto n. 112 del 1998, la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione e le altre leggi sopravvenute hanno contribuito a produrre un progressivo spostamento (la legge n. 265 del 1999, ad esempio, ha sottratto al prefetto il compito di comunicare alla popolazione le questioni afferenti al rischio e alle emergenze). Sul piano provinciale, quindi, io credo che l'unica possibilità di governance siano gli accordi di programma interprovinciali e una programmazione che, come avviene in molte province avvedute, non separi l'attività del prefetto da quella dell'ente provincia, ma crei una forte interazione tra di essi.
Ovviamente il ruolo delle province dipende molto dalle leggi regionali. Alcune leggi regionali hanno riferito all'ente provincia e al livello provinciale determinati ruoli, mentre altre regioni non lo hanno fatto. In questo senso, il problema della governance sul piano provinciale è un problema regionale. Apro e chiudo una parentesi. Credo che una seria riflessione sulla corretta interpretazione di un maturo federalismo passi anche dal fatto che per determinati argomenti le regioni comprendano l'esigenza della omogeneità, che non vuol dire imposizione da parte dello Stato centrale, ma consapevolezza della necessità che su tutto il territorio nazionale vi siano regole omogenee. Su tutti, penso al sistema di allertamento. È assurdo che in questo Paese ogni regione applichi un sistema di allertamento diverso: chi partisse da Reggio Calabria in autostrada leggerebbe sui banner, passando da una regione all'altra, messaggi completamente diversi per la medesima situazione.
Su alcuni temi, le regioni dovrebbero fare uno sforzo non per rivendicare la propria diversità, ma per trovare maggiore omogeneità nella governance. In questo senso sto provando a sperimentare uno strumento che dal 2001 non era mai stato costituito, e forse in questi giorni avremo


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la parola definitiva da parte della Conferenza unificata. Si tratta del Comitato paritetico Stato-regioni, che, se la Conferenza unificata darà il via libera, potrò attivare per la prima volta dopo undici anni. Credo che sia il luogo del confronto in cui sarà possibile stabilire, per alcune materie, regole che, come ripeto, non siano vissute dagli uni e dagli altri come imposte o subite, ma quanto più possibile come condivise.
Con riferimento al volontariato, ad aprile, dopo dieci anni, si svolgeranno gli stati generali del volontariato. Il volontariato è spesso citato come una risorsa straordinaria e come uno dei valori aggiunti del sistema nazionale di Protezione civile, ma è anche un mondo che va governato, un mondo che in questi anni ha avuto una crisi di crescita, con ripercussioni non sempre armoniche. I gruppi comunali, ad esempio, si sono espansi in maniera significativa, ma spesso sono in conflitto con le grandi organizzazioni di volontariato nazionale.
Poiché stiamo lavorando da mesi con i gruppi comunali e con le organizzazioni di volontariato nazionale, terremo gli stati generali - il Capo dello Stato ha peraltro già confermato la sua presenza - a Roma il 13 e 14 aprile e discuteremo soprattutto con i delegati di questo mondo le nuove regole per far sì che questa ricchezza rimanga tale, si amplifichi in termini di consenso, ma sia più disciplinata e più governata.
Il Patto di stabilità credo che per il Ministero dell'economia e delle finanze equivalga a un Moloch insuperabile, sul quale ogni mia considerazione risulterebbe superflua. Ovviamente io auspico, soprattutto sui temi della tutela del territorio e della prevenzione, una modalità più che elastica, direi più comprensiva affinché risorse ferme possano avere un'utilità per tutti. Oltretutto, investire in prevenzione fa bene non soltanto a chi investe, ma anche a chi abita quei territori e all'intero Paese.
L'onorevole Bratti poneva la questione del sistema previsionale e dell'esistenza di una «polifonia» di soggetti su tale versante. È ovvio che noi non possiamo irreggimentare la «polifonia» privata, ma vi posso assicurare che il nostro sistema previsionale è un sistema integrato. Credo di avere già riferito anche in questa Commissione che alle dieci di ogni mattina il Dipartimento della Protezione civile, l'Aeronautica militare e i due centri regionali di eccellenza, quello della regione Piemonte e quello della regione Emilia-Romagna, eseguono la sinottica delle previsioni meteo. Fatto questo, viene elaborato il bollettino di vigilanza meteorologica e ogni regione emana gli avvisi di criticità sotto il profilo idraulico e idrogeologico.
Come ho detto l'altra volta, il problema è che il nostro sistema è ambizioso perché è l'unico sistema pubblico a elaborare previsioni degli effetti al suolo. Non ci interessa sapere se ci sarà sole o pioggia, bensì determinare quale sarà l'effetto al suolo dei fenomeni meteorologici ed è ovvio che l'effetto al suolo inevitabilmente aumenta in modo esponenziale le possibili difformità. Bisogna prendere le previsioni per quelle che sono perché non si tratta di dati deterministici, ma di dati probabilistici.
L'onorevole Lanzarin diceva giustamente che esistono differenti risposte a seconda delle sensibilità. L'ho ribadito io poco fa. Nella mia visione ottimistica del Paese dico sempre che per la Protezione civile esistono quattro velocità. Ci sono situazioni di eccellenza, situazioni che vi si avvicinano, situazioni più critiche e situazioni ancora arretrate. Come ho già detto, questo è un sistema che si basa sulla funzionalità delle singole parti.
Il discorso non contrappone necessariamente nord e sud. Ci sono, infatti, realtà del sud, per esempio Potenza, che hanno un sistema di protezione civile invidiabile e ci sono realtà del nord che questo sistema non ce l'hanno. Regioni come il Friuli o le Marche e le province e le regioni autonome del nord sono eccellenze, mentre altre lo sono meno e, purtroppo, questo incide più al sud che al nord. Alcune realtà hanno saputo fare tesoro delle disgrazie, mentre altre, nonostante le disgrazie, non l'hanno saputo fare.


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Il problema delle risorse è fondamentale. Senza soldi si fa poco o niente. Tuttavia, non vorrei che le risorse siano sempre un alibi per non fare niente. Credo sia soprattutto un problema di priorità. Purtroppo mi rendo conto, come dico spesso ai miei interlocutori, che un sindaco vive l'evento calamitoso come un fatto futuro e incerto, mentre il disoccupato, lo sfrattato, chi ha il problema della strada, chi vuole una concessione sta sempre sotto il portone del suo ufficio. Le priorità molto spesso sono dettate dagli stimoli quotidiani che gli amministratori vivono, ma è anche vero che il sistema e le singole parti del sistema dovrebbero aiutare ad accantonare le somme necessarie. Credo che tutte le tematiche di protezione civile debbano avere una priorità nelle scelte di governo a tutti i livelli. Non è uno slogan, ma un elemento verificabile anche statisticamente il fatto che un modesto investimento in prevenzione faccia risparmiare tantissimo in termini di esiti della mancata prevenzione.
L'onorevole Piffari parlava di seicento ordinanze di protezione civile. Siccome cerco sempre di andare al di là delle rappresentazioni che potrebbero essere fuorvianti, mi sono fatto preparare uno schema di tali ordinanze dal 1992 a oggi. Mi ha colpito il fatto che gli anni in cui si è passati dalla decina al centinaio sono il 1992 con 110 ordinanze, il 1997 con 233 ordinanze, il 1998 con 178 ordinanze e il 1999 con 124 ordinanze. Il trend nel periodo che potrebbe essere considerato sospetto, dal 2001 in avanti, è stato di 70, 69, 72, 58, con l'unico picco assolutamente giustificato di 109 ordinanze nel 2009. Quanto ai grandi eventi, dal 2001 a oggi ne sono stati organizzati 37: 22 ad opera di governi di centrodestra e 15 ad opera di governi di centrosinistra, con la piccola differenza che i governi di centrodestra hanno governato otto anni e i governi di centrosinistra due anni. I governi di centrosinistra hanno, quindi, decretato 7,5 grandi eventi all'anno e quelli di centrodestra 2,75.
Cito questi dati per dire che la verità è che, in una interpretazione perversa, l'ordinanza di protezione civile è stata vista da tutti come l'opportunità per rimuovere gli ostacoli di un'ordinaria difficile gestione. Io continuo a sostenere che dobbiamo tornare - e mi sembra che per fortuna sia ormai comune sentire - nell'alveo giusto, ma occorre anche riconoscere che questo tipo di utilizzo non è stato dovuto alla presenza di Guido Bertolaso che «si era bevuto il cervello». Evidentemente, vi erano sollecitazioni e richieste a procedere in un certo modo e si è provveduto a fare in quel modo.
Domani, onorevole Motta, vedrò il presidente della regione Marche, Gian Mario Spacca, che mi porterà i suoi «quaderni di doglianza». Peraltro, ho letto le sue dichiarazioni e ho visto che ha già quantificato i danni anche per la recente «emergenza neve». Sarà un tema importante, come ho ribadito anche nell'ultimo incontro a Palazzo Chigi con i rappresentanti del MEF e della Presidenza del Consiglio. Al tavolo governativo sono stati assunti impegni molto precisi sulla gestione dell'emergenza, ma non sui danni derivanti dall'emergenza. Bisognerà, quindi, capirne l'entità e fornire, anche in quella circostanza, risposte. L'unica cosa che ho chiesto è che le risposte siano certe e molto definite nei termini, in modo tale da consentire a noi, che siamo il front-office della gestione di questi processi, di avere le idee chiare e di veicolare messaggi chiari a chi poi dovrà, a sua volta, trasmetterli alle popolazioni.
L'onorevole Benamati riproponeva il discorso delle risorse, ma credo di aver già risposto. Per quanto riguarda la catena delle responsabilità della governance, salvo il livello provinciale nell'ottica di una strutturazione che integri il momento della rappresentanza statuale e il momento della rappresentanza elettiva, il resto è molto chiaro. Il problema è che a questa governance faccia seguito il government. Perché se alla fine le regioni non fanno le regioni e gli ambiti provinciali non fanno gli ambiti provinciali, è chiaro che l'ultimo tassello di questo mosaico ne subisce inevitabilmente le conseguenze. Dal mio punto di vista, quindi, a chi spetta


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la responsabilità è molto chiaro: il problema è come questa responsabilità deve essere esercitata.
L'onorevole Zamparutti, come la volta scorsa, mi ha sollecitato sul tema della trasparenza ed io ho preparato una scheda. Per quanto riguarda il periodo della mia gestione, tutto ciò che io spendo, anche come commissario, lo si può trovare sul sito. Con un briciolo di orgoglio le posso dire che oggi il Dipartimento della protezione civile è quello che più ampiamente si attiene al DPCM del 26 aprile 2011. Sul sito, quindi, non si troveranno solo le voci richiamate nel DPCM del 26 aprile 2011, ma anche tutte le spese che il Dipartimento sta sostenendo. Credo, però, che quel che interessa di più sapere riguarda l'operato dei commissari e oggettivamente convengo con l'onorevole Zamparutti sul fatto che sarebbe opportuna una seria e puntuale analisi, anche come rivisitazione di tutto ciò che è stato fatto.
Il problema fondamentale, peraltro, è che gli stati emergenziali durano troppo a lungo e ciò non consente quella penetrante azione di controllo che, peraltro, non è rimessa alla competenza del Dipartimento né ora né prima. L'attività di controllo è rimessa, infatti, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Presidenza del Consiglio dei ministri. I commissari delegati, infatti, non rispondono al Capo del Dipartimento della protezione civile, ma al Presidente del Consiglio dei ministri, tant'è che, a seguito della loro attività, le rendicontazioni vengono inviate alle ragionerie territoriali e all'ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Da parte nostra una rivisitazione di ciò che è stato è assolutamente impossibile. Tuttavia, anche in quest'ultimo periodo mi è capitato di leggere le ispezioni svolte dal MEF su alcuni stati emergenziali e le posso confermare che non sempre ravviso totale perfezione e regolarità. Sarebbe, quindi, auspicabile, anche per mettere un punto fermo su situazioni del passato, compiere una penetrante azione di sindacato e di verifica, recuperando presso le ragionerie locali e la Presidenza del Consiglio dei ministri le rendicontazioni a cui i commissari sono tenuti. Anche nell'ultimo tavolo organizzato a Palazzo Chigi su sollecitazione del MEF è emersa l'esigenza, dovendo disciplinare un prima e un dopo, di mettere un punto fermo sulle ordinanze e su questi stati emergenziali che durano da troppo tempo.
Alcuni stati emergenziali sono banali, ma altri hanno segnato profondamente la vita di questo Paese. Attualmente sto gestendo la fine dell'emergenza rifiuti in Campania, un'emergenza durata dal 1994 al 2009. Solo di ricognizione di massa passiva siamo a circa 3,5 miliardi di euro, mentre la ricognizione di massa attiva è arrivata a poco più di 250 milioni. Credo che questo dia il senso delle preoccupazioni che lei stessa, onorevole Zamparutti, esternava. Ritengo che un'attività ispettiva da parte di un organo parlamentare sia nell'interesse della conoscenza. Siccome anche queste vicende, a partire da quella campana, hanno avuto diversi colori, non vi è nemmeno l'esigenza di ascrivere a qualcuno le responsabilità. Come cittadino auspico, anzi, tale possibilità, ma lo strumento non possiamo essere noi perché non siamo i destinatari di questo potere di controllo.
Anche l'onorevole Braga sollevava la questione della governance e chiedeva quale tipo di intervento effettuare. Ribadisco che secondo me il problema non è quello di individuare soggetti diversi. Il problema è che i soggetti individuati svolgano al meglio le funzioni che sono state loro attribuite. Nella precedente seduta ho sottolineato come il gap più grande rispetto a quando il Dipartimento possedeva grandi risorse e disponibilità di incidere attraverso la normativa e non era soggetto a vincoli preventivi da parte dei dicasteri è dato dal fatto che questa libertà e disponibilità riusciva a coprire le inefficienze di molti.
Oggi tutto questo non è possibile perché le risorse sono pochissime e anche una rivisitazione in bonam partem della legge n. 10 del 2011 potrà rendere possibile un intervento immediato nel breve periodo,


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ma non sanerà problematiche di altro genere. Oggi più che mai, perché il sistema funzioni, dobbiamo far sì che tutte le parti siano in grado di farlo funzionare anche dal punto di vista normativo. Un esempio su tutti è quello relativo all'attuazione della direttiva del Presidente del Consiglio del 2004 sui centri funzionali: ancora oggi sette regioni non si sono dotate di centri funzionali autonomi e presentano, quindi, una condizione di deficit e di handicap rispetto al sistema di allerta nazionale. È così è, vi assicuro, per tantissime altre questioni!
Ribadisco che il nostro sistema è astrattamente perfetto, ma la cui capacità si misura sulla capacità di ogni singola parte, e le differenze sono sotto gli occhi di tutti. Laddove le strutture funzionano le risposte sono di un certo tipo; laddove le strutture non funzionano le risposte sono di tutt'altro tipo. Mentre prima un Dipartimento forte in termini di risorse e di strumenti era in grado di coprire in larga parte le inefficienze esistenti, oggi le inefficienze vengono alla luce in modo crudo e inclemente.

PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Gabrielli anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.

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