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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
51.
Mercoledì 21 novembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sullo stato delle politiche ambientali, con particolare riferimento alle politiche per la tutela delle risorse idriche, sul processo di riorganizzazione delle strutture amministrative di gestione delle politiche ambientali, nonché sullo stato del risanamento ambientale nella città di Taranto e sull'emergenza alluvionale che ha colpito diverse aree del Paese (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 5 14 18 19
Bonciani Alessio (UdCpTP) ... 13 14
Braga Chiara (PD) ... 10 14
Clini Corrado, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 14 15 16 17 18 19
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 6 16 17
Ghiglia Agostino (PdL) ... 9
Lanzarin Manuela (LNP) ... 13
Mariani Raffaella (PD) ... 8 15 18
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 12
Realacci Ermete (PD) ... 18
Viola Rodolfo Giuliano (PD) ... 5 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 novembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 10,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sullo stato delle politiche ambientali, con particolare riferimento alle politiche per la tutela delle risorse idriche, sul processo di riorganizzazione delle strutture amministrative di gestione delle politiche ambientali, nonché sullo stato del risanamento ambientale nella città di Taranto e sull'emergenza alluvionale che ha colpito diverse aree del Paese.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sullo stato delle politiche ambientali, con particolare riferimento alle politiche per la tutela delle risorse idriche, sul processo di riorganizzazione delle strutture amministrative di gestione delle politiche ambientali nonché sullo stato del risanamento ambientale nella città di Taranto e sull'emergenza alluvionale che ha colpito diverse aree del Paese.
Do la parola al Ministro Clini, che ringrazio.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Partirei dalla recente emergenza alluvionale. Siete anche voi in possesso dei dati sugli eventi alluvionali occorsi dal 10 al 14 novembre 2012 in Toscana, in Umbria, e in parte in Liguria e nel Lazio, anche se va ricordato che ciò è avvenuto in Umbria in parte ha salvato il Lazio, come sapete, perché, diversamente, Roma sarebbe «andata sotto» se non ci fossero stati gli eventi alluvionali in Umbria.
Ci siamo già trovati in questa Commissione poco meno di un anno fa, quando parlammo di dissesto idrogeologico. Ripeto oggi ciò che dissi allora, e cioè che la serie storica degli eventi climatici «estremi» nel nostro Paese mette in evidenza che eventi che 40-50 anni fa avevano tempi di ritorno, cioè che si verificavano con una frequenza relativamente rallentata o con tempi di ritorno lunghi, in particolare negli ultimi dieci anni si verificano con una frequenza molto più ravvicinata.
Questo, purtroppo, corrisponde agli scenari peggiori del panel intergovernativo sui cambiamenti climatici che, tra gli altri scenari, segnalava anche un aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi estremi nelle regioni temperate. Oltretutto, i climatologi usano una terminologia specifica per rappresentare questi «uragani del Mediterraneo», vale a dire questi eventi climatici con precipitazioni molto importanti concentrati in un tempo molto breve, le cosiddette «bombe d'acqua» che hanno un effetto importante su territori vulnerabili perché non attrezzati a ricevere quantità d'acqua così importanti in tempi così brevi. Queste «bombe d'acqua» mettono in difficoltà soprattutto le aree


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urbane, dove le infrastrutture per la gestione delle risorse idriche sono tarate, sia quelle per la raccolta delle acque piovane sia quelle per l'adduzione della risorsa idrica, su regimi idrici e di pioggia diversi da quelli attuali.
Già un anno, dunque, avevo detto che il territorio andava messo in sicurezza. Allora ci trovavamo con le casse vuote perché la legge di stabilità approvata nell'ottobre del 2011 aveva azzerato le disponibilità del fondo allocato presso il Ministero dell'ambiente per la prevenzione del dissesto idrogeologico e per finanziare gli accordi di programma stipulati tra il Ministero e le regioni. Per questo abbiamo attivato le procedure che hanno consentito di mettere nuovamente a disposizione delle regioni circa un miliardo di euro nel corso del 2012, di cui 657 milioni di euro per le regioni del Mezzogiorno e il resto per le regioni del centro-nord, risorse che sono state allocate per finanziare gli accordi di programma già sottoscritti a fine 2010 e nel corso del 2011 tra il Ministero dell'ambiente e le regioni.
Gli eventi delle ultime settimane ripropongono puntualmente, purtroppo, la stessa tematica che avevo segnalato l'anno scorso e mettono anche in grande difficoltà quelle amministrazioni che, avendo già attivato sistemi di protezione del territorio, si trovano senza risorse.
Noi stiamo lavorando su due fronti. Da un lato, stiamo cercando di fare in modo che le regioni abbiano a disposizione delle risorse, soprattutto quelle colpite dai recenti eventi alluvionali. Nella legge di stabilità è stata inserita una norma che consente di mettere a disposizione 250 milioni di euro a favore delle regioni che hanno subìto gli eventi di queste ultime settimane, ma con la previsione che queste risorse servano per mettere in sicurezza il territorio, ovvero con uno scopo di prevenzione.
Dall'altro lato, ho assunto l'iniziativa di sollecitare la Commissione europea a rendere evidente che le misure per la messa in sicurezza del territorio italiano devono essere considerate un'infrastruttura per la crescita e che, perciò, devono entrare nella filiera degli interventi che può essere esonerata (o considerata in deroga) dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità. Ho scritto una lettera in tal senso ai Commissari europei sollecitando anche una risposta urgente. Oltretutto, stiamo per presentare al CIPE il piano di adattamento ai cambiamenti climatici, che peraltro ogni Stato membro in linea di massima dovrebbe presentare entro la fine del 2012. Per l'Italia, il piano è quello per la messa in sicurezza del territorio. È di questo, infatti, che parliamo.
Sulla gestione delle risorse finanziarie, stiamo procedendo a una valutazione sull'efficacia degli interventi finanziati dal 1998 al 2008, con una procedura che assegnava direttamente le risorse anche ai comuni, e dal 2008 al 2012 sulla base degli accordi di programma sottoscritti tra le regioni e il Ministero.
I risultati di tale verifica ci dicono che il 50 per cento delle risorse, anche di quelle già assegnate, non è stato ancora utilizzato, non solo di quelle assegnate dal 2008 ma, purtroppo, anche di quelle assegnate fra il 1998 e il 2008. Di questo ho parlato ieri con gli assessori regionali nel corso di un incontro che abbiamo avuto. Ed è emerso che questo tema non ha rappresentato una sorpresa, anche se è molto importante che sia emerso: le regioni stesse, infatti, depositarie dei finanziamenti, riconoscono che le procedure di spesa sono tali da non consentire efficacia a un uso efficace delle risorse e si sono per questo impegnate a presentare una proposta per modificare le procedure di intervento.
L'assessore della Toscana, ad esempio, ha sostenuto che le misure per la messa in sicurezza dell'Arno, che sono finanziate, passano però attraverso la gestione dei comuni, anche di quelli piccoli, i quali dovrebbero far fronte a opere anche importanti dal punto di vista degli investimenti con risorse amministrative scarse. Di fatto, questo stesso passaggio amministrativo crea dei tempi molto lunghi di attuazione degli interventi, che rendono spesso inefficace gli stessi interventi.


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Faccio un altro esempio: nell'ambito della sua competenza territoriale, la regione Emilia-Romagna ha l'Autorità di bacino del fiume Po, l'Autorità interregionale, ente diverso per la gestione del fiume, i servizi di competenza regionale e il risultato pratico sono risorse allocate ma non spese semplicemente per la complessità delle procedure di collegamento tra le diverse amministrazioni competenti.
Stiamo cercando, quindi, di trovare una strada che consenta di individuare forme ordinarie di gestione delle risorse perché l'altra soluzione alla quale si è ricorso, e che io ho cercato di smontare perché non ha avuto successo, quella di utilizzare i commissari straordinari per gestire le risorse per la difesa del suolo è una procedura che funziona solo dove i commissari lavorano insieme con le regioni, non dove questo non avviene. Possiamo dunque asserire semplicemente che i commissari non servono: laddove, infatti, le regioni funzionano, non c'è bisogno del commissario.
Credo che l'emendamento portato sulla legge di stabilità e che chiarisce anche i contenuti dei poteri attribuiti ai presidenti della regione per la spesa delle risorse attribuite risolva questo problema, nel senso che riporta la responsabilità in capo del presidente della regione. Ora serve l'altro passaggio, in modo da rendere fluida la procedura all'interno della regione in modo che, una volta giunte le risorse, queste possano anche essere spese rapidamente.
Tuttavia, questo problema di governance si pone anche a livello centrale. A quel livello, infatti, nell'amministrazione dell'ambiente dobbiamo riallineare la gestione degli interventi per la difesa del suolo alle problematiche che stiamo affrontando. Come sapete, infatti, nell'organizzazione del Ministero a un certo punto è stata creata un'unica direzione generale che si occupa di acque, suolo, rifiuti e bonifiche. Nel momento in cui, però, abbiamo cercato di far funzionare le cose e di riportare le competenze all'interno del Ministero, soprattutto per la gestione dei rifiuti e delle bonifiche, abbiamo appurato come quella direzione generale sia assolutamente incapace, non il direttore generale, che è bravissimo, di far fronte a tutta questa situazione, in particolare con l'emergenza del dissesto idrogeologico.
Al riguardo, siccome è anche uno dei temi all'ordine del giorno dell'audizione di oggi, posso dirvi che, nell'ambito della preparazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la riorganizzazione del Ministero, stiamo pensando a una riorganizzazione interna mirando a una linea dedicata per la difesa del suolo che tenga conto, da un lato, della nuova situazione dal punto di vista dell'emergenza idrogeologica e, dall'altro, del ruolo delle regioni, che mi auguro ristrutturato attraverso le procedure che le regioni stesse ci consentiranno, e di quello delle Autorità di bacino che devono diventare Autorità di distretto. Anche in questo caso siamo in ritardo, ma dobbiamo sbrigarci.
Quindi stiamo cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle che mette insieme i distretti, le regioni e l'amministrazione centrale in maniera che la problematica della gestione della difesa del suolo avvenga con una linearità che consenta anche fluidità degli interventi e che eviti intermediazioni come quelle commissariali e soluzioni analoghe.
Questo non significa che, come qualcuno ha osservato, stiamo «riequilibrando» i poteri all'interno del Ministero tra i diversi direttori generali. Intanto, stiamo cercando di riequilibrare le funzioni, poi vedremo chi saranno i direttori generali: col DPCM, infatti, tutti quelli in carica decadranno e dovremo anche ridefinire il quadro delle responsabilità. Mi sto sforzando, in sostanza, di porre in essere un'operazione che sia lineare, molto trasparente negli obiettivi e che prescinda dagli assetti dirigenziali.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Clini e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Ringrazio il Ministro per le sollecitazioni. Una


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prima riflessione sulle cose dette e che dobbiamo notare necessariamente è che la carenza di risorse in questo settore sta diventando assolutamente uno delle due priorità assieme alla questione della governance.
Sulla prima, capisco che il Ministro - anche in considerazione dell'orizzonte temporale della sua missione - non si esponga a riflessioni sulle modalità di reperimento delle risorse, ma io glielo chiederei proprio per il suo impegno e la sua conoscenza del settore, vista la sua storia personale, anche come forma di un suggerimento. Allo stesso tempo, pongo a tutti noi la questione di come individuare queste risorse.
Il Ministro ci ha testimoniato che i soldi non sono spesi bene a livello regionale, che ci sono ancora risorse ferme da tempo; allo stesso tempo ci ha sottolineato che il miliardo utilizzato l'anno scorso per la stipula degli accordi di programma è quello stanziato per il 2010; in buona sostanza, che i soldi sono sempre quelli. Se trasferiamo quest'analisi a livello regionale, la situazione è identica: i soldi sono sempre gli stessi.
Esiste un problema di priorità e, giustamente il Ministro parla di far presente all'Europa che questo è un elemento di crescita, cosa su cui sono assolutamente d'accordo: stanziare risorse per realizzare opere per la prevenzione del rischio idraulico ha lo stesso significato, infatti, che per la costruzione di un'autostrada e anche nel primo caso si tratta di opere importanti anche come strumento anticiclico per uscire dalla crisi economica.
I dati nazionali parlano di 44 miliardi di euro, quasi 50. Io conosco quelli della mia regione, dove esistono già i progetti (che il Ministro conosce perché questo è nella storia del Veneto) e sono previste opere per 2,7 miliardi di euro, ma oggi siamo fermi ai 300 milioni erogati per l'alluvione del 2010 e non c'è altro in vista. Il punto, quindi, è reperire nuove risorse.
Bene venga, quindi, la deroga al patto di stabilità, ma chiedo al Ministro di fornirci qualche idea. Ho verificato la sua franchezza sulla questione delle discariche: proviamo, allora, a dirci le cose con franchezza anche qui. Credo che un'idea utile possa essere quella di invertire l'ordine di priorità nelle opere pubbliche, o almeno modificarla. Corriamo, altrimenti, un rischio drammatico.
Possiamo prendere ogni anno dai 250 ai 300 milioni di euro per riparare i danni e coi quali, come giustamente ricorda, si provvede anche alle opere di prevenzione, ma o i cittadini che hanno subìto danni alle imprese hanno l'assicurazione, come in uno Stato moderno a mio avviso non dovrebbe essere, o mettiamo a sistema delle opere che in qualche misura prevengano realmente il rischio. Conclusa l'operazione, il rischio è prevenuto, fatto salvo che siamo di fronte a un'emergenza climatica che mi pare ormai consolidata, nel senso che questo è il dato da almeno 10-15 anni.
Sotto questo rispetto, l'altra questione che sottopongo al Ministro dell'ambiente è la seguente: visto che abbiamo compiuto e stiamo compiendo un grandissimo lavoro su un altro versante - sulle questioni relative al rispetto degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e via discorrendo -, quanto possiamo contrattare, da questo punto di vista, sul piano europeo, tenuto conto dei buoni risultati che stiamo ottenendo, per avere qualche risorsa in più per la prevenzione del rischio idraulico? Bisognerebbe mettere assieme un cambio di priorità con maggiori risorse dalla comunità internazionale per il buon lavoro che si sta svolgendo sull'altro versante.
Infine, una riflessione che vale per tutti noi: è certo che siamo in un clima e in una situazione finanziaria del Paese e dei cittadini molto difficile, ma le risorse non nascono sotto i funghi. O si ricorre alla tassazione generale o si ricorre a quelle che il federalismo, in qualche misura, aveva individuato come tasse di scopo. Forse bisogna cominciare a ragionare partendo da qui.

ARMANDO DIONISI. Ringraziamo il Ministro per la relazione. Credo che viviamo un periodo abbastanza difficile. Oggi parliamo dell'alluvione in Liguria,


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Toscana e alto Lazio; l'anno scorso abbiamo parlato dell'alluvione in Veneto. Sono dunque abbastanza ricorrenti ormai i danni procurati dalle alluvioni che nel nostro Paese devastano completamente il territorio.
Credo che ci sia anche un cambio climatico, ma immagino che ci siano sempre stati nel nostro Paese fenomeni come le forti piogge, intense e concentrate anche in alcune ore. Mi pare si parli addirittura di 400 millimetri nel corso di una nottata, una quantità di pioggia impressionante.
La verità è che prima la tutela del territorio era gestita in maniera diversa. Quanto è successo, per esempio, ad Albinia è frutto non tanto delle difficoltà di recepimento della rete di smaltimento delle acque piovane, ma del fatto che dalle colline dietro Albinia è venuto giù fango e tutto quello che una tale quantità di acqua può trasportare. Inoltre, non manca soltanto una azione di manutenzione pubblica nella gestione della salvaguardia del territorio. Pensiamo, infatti, alle conseguenze negative dell'abbandono in collina e in montagna della presenza umana, che invece una volta consentiva una certa manutenzione.
Viviamo questa stagione difficile, complicata, in mancanza di risorse, ma io credo che il settore della messa in sicurezza del territorio debba diventare una priorità assoluta del Paese, molto più del ponte sullo Stretto di Messina. Bisogna lavorare perché si utilizzino risorse in questo settore. Soprattutto, non possiamo assistere alle dinamiche che il Ministro ha evidenziato, ossia al fatto che il 50 per cento delle risorse stanziate dal 1998 a oggi, a causa del numero eccessivo di livelli decisionali e per la complessità delle procedure, non sono state utilizzate per le finalità per le quali erano state stare erogate.
Certamente, è necessario riorganizzare il Ministero dell'ambiente, ma credo che si debba anche passare dalla straordinarietà all'ordinarietà. Non è con i commissari straordinari che si risolvono i problemi, ma con una capacità di rendere snelle le procedure di spesa attraverso un loro profondo riordino. Questa, ovviamente, non è una questione che riguarda solo il Ministro Clini. Anche l'approvazione della riforma del Titolo V ha contribuito infatti a complicare ulteriormente i livelli decisionali di spesa in questo settore. Credo, però, che ci sia bisogno di rimettere in ordine la governance. Dover dire ai cittadini che il 50 per cento delle risorse stanziate in 14 anni in questo Paese non sono state spese è testimonianza di un Paese che deve saper recuperare una adeguata capacità di spesa, oltre a quella di reperire nuove risorse.
Solleciterei, quindi, il Ministro anche ad andare avanti in questo senso e condivido che non è con la straordinarietà dei commissari che è possibile migliorare questa gestione. Questa è diventata ormai un'ordinarietà nel nostro Paese e noi dobbiamo abituarci.
Va messa in campo una semplificazione della governance e una governance diversa, anche d'intesa con le stesse regioni che, a loro volta, hanno contribuito a rendere meno agevole la gestione. Secondo le regioni, è colpa degli enti locali; se si chiedesse a questi, invece, la colpa sarebbe delle regioni, o delle province, o delle Autorità di bacino. Io credo che anche in questo senso, Ministro, dovremmo tentare, anche se la legislatura è ormai quasi al termine, di fornire una risposta perché le risorse sono poche e bisogna fare uno sforzo.
Infine, credo che i danni causati in alcuni territori colpiti, dalla Liguria alla Toscana e all'alto Lazio - c'è anche tutta la parte di Montalto di Castro, ma sono state coinvolte soprattutto alcune aree della Toscana - siano enormi non solo per l'agricoltura, ma anche per piccole imprese commerciali e artigianali. Su questo sentiremo anche le regioni, ma credo che quello che arriva da quei territori sia un grido di aiuto allarmante di attività quasi completamente cancellate da quest'evento calamitoso. Ribadisco, in ogni caso, che sentiremo anche le regioni su cosa si sta facendo oltre alla messa in sicurezza del


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territorio per dare la possibilità di una ripresa produttiva di territori completamente devastati dall'alluvione.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Vorrei solo ricordare al Ministro la questione dei litorali.

RAFFAELLA MARIANI. Intervengo per porle alcune domande precise. Lei infatti ci ripete da diversi mesi un elenco di questioni di cui in questa Commissione abbiamo discusso mille volte e che non intendo riprendere.
Anche oggi lei fa riferimento a un miliardo di euro erogato dal CIPE a favore delle regioni del sud e del centro-nord, ma noi siamo al corrente del fatto che una parte di tali risorse, come ci ha illustrato in questa sede il Ministro Barca nel corso della sua recente audizione, non è stata ancora erogata. In molti casi, inoltre, il Ministro Barca ci ha detto che molti dei progetti presenti negli accordi di programma sottoscritti fra il Ministero dell'ambiente e le regioni - soprattutto al sud - saranno spendibili solo nei prossimi quattro anni; in altri casi, invece, con riferimento ai 130 milioni di euro destinati alle regioni del centro-nord, siamo di fronte a risorse limitate per i danni che conosciamo, che non sono nelle casse dello Stato e che, probabilmente, non saranno erogate neanche entro la fine di quest'anno.
In sintesi, dobbiamo essere consapevoli che, purtroppo, stiamo promettendo circa un miliardo di euro alle regioni da almeno due o tre anni e non siamo stati in grado di erogarli davvero e di metterli effettivamente nelle casse di quegli enti, che in alcuni casi hanno già anticipato spese sopportando le conseguenze imposte dai vincoli del patto di stabilità che tutti conosciamo. Su questa questione, dunque, verte la mia prima richiesta di precisazioni, signor Ministro, e anche di assunzione di responsabilità da parte di un Governo - non lei soltanto, ma anche e soprattutto il Ministro dell'economia - che deve reperire risorse adeguate e trasferirle materialmente nelle casse degli enti territoriali.
L'altra questione che le pongo riguarda invece la discussione che abbiamo affrontato nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità in questa settimana riguardo i temi della difesa del suolo e delle regioni alluvionate. Con una nostra iniziativa parlamentare abbiamo recuperato 250 milioni di euro, grazie all'approvazione di un nostro emendamento, rispetto al quale abbiamo lavorato tutta una notte d'accordo con i relatori per trovare le risorse per la necessaria copertura, con un parere contrario del Governo, presente il sottosegretario Polillo, il quale ha dichiarato la sua contrarietà non ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ma perché probabilmente aveva in mente di spendere diversamente, come è legittimo che sia, quelle risorse.
Il Parlamento, in questo senso, unanimemente, senza schieramenti politici, ha stabilito di destinare immediatamente a tutte le regioni colpite dai recenti eventi alluvionali quei 250 milioni di euro, che saranno gestiti direttamente - attraverso il fondo di protezione civile - dalle regioni con poteri speciali simili a quelli dell'ultima legge di protezione civile destinata alla regione Emilia-Romagna.
Detto questo, la domanda che le pongo è la seguente. Sul fondo per la difesa del suolo di competenza del suo Ministero, da lei non ancora incrementato, mi pare troviamo ormai per il 2013 meno di 80 milioni di euro: il Ministero dell'ambiente ha intenzione di perorare la causa dell'incremento di questo fondo, fosse anche di una cifra che seppur non risolutiva, tenga conto significativamente degli ultimi fatti calamitosi?
Le dico questo perché oltre a confrontarci coi danni provocati dall'ultima emergenza e dunque con la necessità di provvedere alla ricostruzione di queste cinque regioni, abbiamo bisogno anche, come lei sempre ci ricorda, di predisporre un piano pluriennale di adattamento ai cambiamenti climatici e di reperire quindi fondi strutturali che possano offrire alle regioni una quota parte di risorse statali a ciò


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destinate in modo tale che anch'esse possano impegnare altrettante risorse da fonti proprie.
A quanto sembra, la battaglia dei 250 milioni di euro non appartiene alle priorità del Governo, che ha la sua vita, come è stato dimostrato dal ricordato parere negativo del sottosegretario Polillo. Noi però vogliamo sapere se il Governo, se il Ministro dell'ambiente sono in grado, vogliono aggiungere 10, 20 o 100 milioni di euro al citato fondo per la difesa del suolo, se vogliono battersi per queste priorità. Se siamo tutti d'accordo che si tratti di priorità, ora vorremmo vedere anche un po' di fatti.
Ancora in riferimento alle risorse, c'è la questione del patto di stabilità. La legge «riscritta» per l'Emilia-Romagna prevede, naturalmente in conseguenza di una copertura adeguata, che vi sia già la deroga del patto do stabilità per le spese degli enti locali necessarie per la ricostruzione. Per l'Emilia c'è la copertura finanziaria per gli interventi di messa in sicurezza sismica ed esiste la deroga al patto di stabilità per le relative spese. Se questo è vero, le chiedo: oltre che all'Unione europea, dobbiamo scrivere al Ministro Grilli chiedendogli se anche per queste cinque regioni, per una cifra che possiamo considerare anche simbolica, in attesa che l'Unione europea ci fornisca delle risposte, si può applicare la normativa nazionale che già si applica in Emilia e che sbloccherebbe una serie di risorse che gli enti locali hanno bloccate a causa dei vincoli del patto di stabilità, sia a titolo di residui passivi che di fondi per investimenti?
Sono soprattutto i comuni più grandi, i comuni virtuosi e le province ad avere ancora risorse da spendere e che spenderebbero volentieri tali risorse per la messa in sicurezza del territorio. Si tratta di una domanda che rivolgiamo, tramite lei, al Ministro Grilli e al Governo nella sua collegialità. Si tratta, inoltre, di questioni che possiamo e dobbiamo affrontare in queste ore, nella discussione sulla legge di stabilità che si sta spostando al Senato.
Riguardo al tema della governance per la gestione dei fondi disponibili, lei sa che abbiamo spesso polemizzato perché avremmo voluto che il Ministero dell'ambiente, più che occuparsi di persone o, come ha sottolineato lei, di questioni strettamente legate all'organizzazione delle funzioni di questa o quella direzione generale, avesse definito esattamente, all'interno del Ministero, un meccanismo più semplice di governance. Temiamo, inoltre, che proprio per non avere recepito, con conseguente infrazione comunitaria, la direttiva quadro sulle alluvioni e la nuova direttiva quadro sulle acque (oltre al fatto che non abbiamo ancora istituito formalmente i distretti idrici, così mantenendo anche in quel settore delle mancanze) oggi ci sia preclusa la possibilità di attingere al fondo europeo di solidarietà, al quale nei casi di grandi alluvioni altri Paesi hanno potuto attingere.
In questo senso, quindi, la nostra sollecitazione, sia per semplificare e per rendere più fluido il rapporto con i territori, con le regioni, sia per rispondere agli adempimenti previsti dalle direttive comunitarie, è di accelerare moltissimo su questa riorganizzazione del dicastero che sicuramente porterebbe frutti positivi per tutto al nostro Paese.

AGOSTINO GHIGLIA. Porrò pochissime questioni cercando di essere sintetico. Il Ministro ha dichiarato, come ho letto anche questa mattina sulla stampa, che metà delle risorse stanziate per la lotta al dissesto idrogeologico non sarebbero state utilizzate dalle regioni. Si parla addirittura di fondi del 1998.
A me risulta, però, che il fenomeno si distribuisca un po' a macchia di leopardo e non sia uguale per tutte le regioni. A me risulta che alcune regioni siano particolarmente virtuose - e non voglio citare il Piemonte, citando il Piemonte, perché ce ne sono sicuramente anche altre - e altre meno virtuose. Anche su questo, per un fatto di corresponsabilità generale, a mio avviso occorrerebbe, però, differenziare e, se possibile, anche disporre di un elenco di dettaglio. Non sono sicuro, ad esempio, che chi non ha speso i soldi del 1998 debba ancora usufruire di quelle risorse.


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Mi rendo anche conto che dal 1998 sono cambiate le amministrazioni regionali quattro volte e so che cambiando compagine politica la situazione si complica, però, la situazione è troppo delicata. Non è ammissibile che dopo 14 anni i soldi non siano stati spesi. Vorremmo un dettaglio e la possibilità di valutare almeno se quei fondi non vadano quantomeno ridistribuiti, eventualmente proprio per affrontare anche le emergenze ultime che hanno colpito le regioni all'inizio del mese.
In secondo luogo, il Ministro ha fatto riferimento a un riequilibrio all'interno del Ministero. Personalmente, avevo presentato alla modifica del decreto legislativo n. 152 del 2006 un emendamento rispetto a temi come quello dell'ispettorato, per cui giudico positivamente il fatto che, anche in ottemperanza alle indicazioni europee, si arrivi a mettere assieme, per semplificare, e riorganizzare le direzioni generali che si occupano di acqua e di difesa del suolo. Mi sembra razionale, organico, quasi doveroso. Vorrei anche conoscere i tempi di questo DPCM di riorganizzazione delle strutture ministeriali.
Infine, benché l'ultima questione non lo sia per importanza poiché, al contrario, è la più importante, con il dissesto idrogeologico abbiamo, a mio avviso, una situazione per alcuni versi simile e per altri versi diversa, ma il risultato è lo stesso che per i rifiuti, ossia l'eccesso di frammentazione di competenze, la catena di comando troppo lunga e dispersa, che fanno sicuramente in modo che questi soldi siano utilizzati poco, male e in ritardo.
Noi siamo pieni di autorità, di parchi, di bacini, di comuni, di province ormai in articulo mortis, ma che ancora esistono, di regioni. Mi rendo conto che, anche rispetto a un'impostazione federalista dello Stato, che non mi ha mai, peraltro, visto contrario, possa sembrare una contraddizione, ma sosterrei che questo è uno dei casi per i quali occorre una centralizzazione delle competenze, occorre un soggetto certo che si occupi della filiera dall'inizio alla fine, che riceva i soldi e faccia in modo di spenderli.
Come già segnalato al Capo del Dipartimento della Protezione civile forse non molto tempo fa, esiste anche il problema dei parchi nazionali in relazione al dissesto idrogeologico. Il problema non è, certamente, che esistono i parchi. Talvolta, per un certo malinteso senso di tutela di quelle aree, alla fine sono bloccate anche procedure importanti. I prefetti, inoltre, a volte intervengono non solo e non tanto per la gestione dell'emergenza.
Sarebbe forse il caso di ipotizzare - lo dico consapevole di tutte le difficoltà - una competenza, che deve esserci, delle regioni. Non so, però, se siamo o se dovremmo essere in grado noi, magari con un decreto, con un'iniziativa forse molto complicata, eventualmente bipartisan, di ridisegnare la filiera dell'intervento sul dissesto idrogeologico per semplificarla. Non bastano degli atti amministrativi. Ben venga il DPCM il prima possibile e la ristrutturazione del Ministero, ma non bastano gli atti amministrativi. Occorrono degli atti politici perché questa filiera è lunga e dispersiva. È come per il ciclo delle acque, dove abbiamo il 40 per cento di dispersione, con la differenza che nel nostro caso si traduce in fondi non spesi, in un territorio non «sanificato», con tutte le conseguenze che ci sono a ogni pioggia ancorché, come sottolineava Dionisi, eccezionali.

CHIARA BRAGA. Sarò brevissima perché molti punti sono già stati affrontati dai colleghi del mio gruppo. Mi ricollego, però, un momento all'ultima osservazione che, giustamente, poneva il collega Ghiglia, non pretendendo assolutamente di sostituirmi alla risposta del Ministro, ma invitando la Commissione a provare a fare il punto sui punti su cui abbiamo già ragionato.
Ad esempio, quando discutiamo del tema della governance e delle competenze, quando si invoca una revisione del sistema delle filiere, una centralizzazione, io mi domando di cosa stiamo parlando. Mi pare che su questo fronte non dobbiamo inventarci niente. Abbiamo, infatti, delle direttive comunitarie, che avremmo dovuto recepire da anni che ci dicono una cosa


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molto chiara: dobbiamo portare a compimento, fosse anche con il ritardo nel quale siamo, la riorganizzazione delle filiere istituzionali, anzitutto con l'istituzione dei distretti e con il superamento delle gestioni commissariali. Su questo mi sento di chiedere un impegno chiaro al Ministro.
Ci diciamo in queste occasioni e in queste sedi e registriamo con favore la posizione molto netta del Ministro di perplessità sull'efficacia della gestione commissariale. Ma da quel che ricordo, questi commissari hanno una scadenza abbastanza prossima: vorrei dunque capire se possiamo agevolmente aspettarci dal Governo che non ce ne sia una proroga e che ci sia, invece, un chiaro orientamento al rientro all'ordinarietà della gestione delle politiche per la difesa del suolo.
Ordinarietà significa in questo momento riportare alle regioni e alle autorità di bacino le funzioni che hanno, e però anche un impulso ben più deciso rispetto a quanto abbiamo visto in quest'ultimo anno rispetto al completamento dell'assetto dei distretti idrografici, all'approvazione dei piani ancora fermi al Consiglio dei ministri, con tutto quello che ne deriva, e alla definizione di procedure ordinarie e inquadrate nella normativa comunitaria: cose, queste, che se fatte ci consentono anche forse di superare molti dei problemi che ci siamo illustrati qui con un'efficacia delle politiche e dei programmi per la spesa.
Degli altri aspetti riprendo soltanto un tema. Abbiamo sentito che lei, Ministro, anche in occasione degli eventi alluvionali di questi giorni che hanno colpito le regioni del centro-nord, ha di nuovo ribadito un impegno del Governo e del Ministro a portare in tempi brevi al CIPE il piano straordinario per la messa in sicurezza del territorio: siccome, però, lo sentiamo da un bel po' di tempo e siccome credo che la sua presentazione al CIPE sia legata all'adozione del piano di adattamento ai mutamenti climatici, allora io vorrei che ci fornisse un'indicazione più precisa dei tempi e dei contenuti di questo piano.
Rispetto alle possibilità di spesa, mi auguro di essere smentita, ma onestamente ho qualche perplessità che la quantificazione della metà delle risorse messe a disposizione dal 1998 a oggi, cioè circa 2,5 miliardi di euro, non si siano potuti spendere perché le regioni e i comuni non hanno i progetti pronti. Questo significherebbe, ad esempio, che io sono l'unica a parlare con regioni e comuni che hanno un elenco indefinito di progetti pronti che aspettano solo di essere finanziati! Evidentemente in quel che lei dice c'è qualcosa non va.
Infine, se esiste un problema di spesa dovuta al vincolo del patto di stabilità, sarebbe magari auspicabile che, oltre a sentire l'Unione europea, il Ministero intervenisse affinché, ad esempio, si adottasse la stessa decisione che è intervenuta in altri settori, come è avvenuto in sede di discussione della legge di stabilità sui contributi alle scuole paritarie. Senza bisogno di particolari benedizioni dall'Unione europea, in quel caso sono state escluse dai calcoli dei vincoli del patto di stabilità. Se crediamo che anche quella della messa in sicurezza del territorio e della prevenzione del rischio idrogeologico sia una priorità, la stessa decisione e la stessa volontà potrebbero essere messe in campo anche su questi temi.
Infine, sul tema della riorganizzazione del Ministero ci siamo confrontanti a lungo e conosciamo il ragionamento del Governo che troverà forma in un DPCM di riorganizzazione. Prendiamo atto che il Ministro oggi ha riconosciuto l'importanza di una filiera dedicata alla difesa del suolo: io credo che dovremmo tenere a mente quello che ancora una volta le direttive comunitarie ci dicono, e cioè che non possiamo pensare di slegare, di scomporre i temi della difesa del suolo da quelli della gestione delle acque.
Purtroppo, però, la realtà è un'altra, come è testimoniato dalla discussione che ci ha visto impegnati con il Ministero in questa Commissione sul tema delle modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 (penso a tutta la vicenda dell'ispettorato e alle proposte emendative del Ministero che


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abbiamo in qualche modo discusso e dovuto «stoppare» perché andavano proprio nella direzione opposta, ossia scomporre il tema della difesa del suolo da quello della gestione delle acque). Per questo dico: se esiste un orientamento condiviso, deciso, sforziamoci di non fare passi falsi nemmeno in questo passaggio.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Ministro, sulle risorse hanno già detto quasi tutto i colleghi, per cui evito di intervenire. Io vivo in una terra classificata al 99 per cento a rischio idrogeologico, una terra stupenda, nella quale sono stato anche sindaco. Dico stupenda anche perché pur essendo un territorio grande come Gaza, tanto per intenderci, c'è la differenza che non ci arrivano i missili tutti i giorni, per cui ritengo di essere molto più fortunato di quei poveri cristi.
Sul nostro territorio insistono impianti che sfruttano le risorse idriche da più di un secolo e quindi abbiamo anche dati sulle precipitazioni che hanno più di 120 anni, giorno per giorno, mattina e sera. I 400 millimetri in due giorni sono precipitati anche 20, 30, 40 anni fa: succede. Si verificano, allo stesso modo, anche innesti disastrosi di frane, smottamenti di montagne intere, crolli di ponti. C'è, però, da prendere atto che negli ultimi 20 o 30 anni il Paese, dal punto di vista urbanistico, si è sviluppato in maniera esagerata. Abbiamo costruito dappertutto, lungo i fiumi, dove c'erano degli spazi magari considerati a rischio esondazione e altro. Scendendo nella pianura padana o lombarda, questo fenomeno dilaga ancora di più.
Nel frattempo, abbiamo asfalti, cemento nei piazzali, per cui l'acqua scorre via molto più veloce. Abbiamo un po' perso la gestione ordinaria del regime delle acque.
La settimana scorsa, in una bellissima località del basso bergamasco sul lago d'Iseo, hanno trovato una villa romana di quasi 2.000 anni fa: presenta un muro di 5 metri costruito a difesa del torrente lì vicino, ma anche quella è stata seppellita, trasformata e, solo dopo 2.000 anni troviamo le fondamenta di queste difese idrogeologiche.
Credo che, però, sia necessario riprendere in mano l'obbligo e il controllo e puntare il dito su chi non si assume la responsabilità della programmazione con degli strumenti di salvaguardia. Faccio riferimento, ad esempio, alle legge Sarno, per cui alcune regioni dopo 20 anni ancora non hanno fatto nulla, il Ministero non trova soluzione, il Governo non approva i distretti idrogeologici, le regioni ancora non hanno individuato chi gestisce il reticolo principale, ma è un particolare minore. Servono delle salvaguardie. Teoricamente, gli strumenti legislativi si danno da più di cento anni, a cominciare dal rispetto delle distanze fissate dalle norme, di quei 4, 10, 150 metri; siccome, però, sulla carta spariscono i siti che dovrebbero vedere uno sviluppo un po' più naturale, è chiaro che dopo incappiamo in questi disastri.
La questione vera è che non troviamo mai, se non a fronte dell'evento, un elenco di chi, come dicevo, mese per mese porta avanti gli interventi, segnala cosa non va e cosa andrà meglio tra sei mesi e dice, se serve: «Questi amministratori non fanno nulla».
Quanto alla proposta di utilizzare tasse di scopo per fare gli interventi necessari dico che sono preoccupato. Chi vive come me in uno di quei piccolissimi 8.000 comuni sparpagliati per l'Italia, ha visto già come è andata con l'IMU: prima era lo Stato a trasferire risorse e a usare un po' di equità, oggi non è più così e spesso gli amministratori, quando c'è la possibilità di istituire nuove imposte si fanno prendere dalla voglia di creare opere a tutti costi, il nuovo oratorio, un'altra la palestra, il ponte, eccetera, purché si spendano soldi.
Passo velocemente alla questione delle responsabilità. Ho pronta un'interrogazione che depositerò al Ministro che riguarda anche l'azione del Governo. Siccome si sta riorganizzando la struttura ministeriale, voglio che il Ministro abbia presente anche questa situazione.


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A Cremona, c'è una vicenda che riguarda il risanamento dell'area Tamoil, area da 2 milioni di metri quadrati, dove abbiamo un'ex raffineria chiusa con 500 operai lasciati a casa. Accade che alcuni si autodenuncino, secondo la legge, e che adesso è in corso un processo perché nel frattempo sono stati rinvenuti dei bidoni tossici e altro materiale pericoloso. Ebbene, ieri non è stata riconosciuta la costituzione di parte civile del Ministero da parte del giudice perché la domanda è stata presentata in ritardo di tre mesi. Ma come può succedere una cosa del genere? Io dico che sarebbe stato meglio non farlo l'atto di costituzione di parte civile!
Quel che è successo significa, infatti, che negli uffici del Ministero non siamo attenti ed io spero che si individuino le responsabilità, non le colpe, dal momento che non stiamo mettendo in croce nessuno. Se così non fosse, vorrebbe dire che i meccanismi non si riescono mai ad affinare e questo passa, secondo me, attraverso una sempre maggiore trasparenza e gli strumenti che oggi ce lo permettono, che quindi vanno utilizzati al massimo.

MANUELA LANZARIN. Condivido quasi tutto quanto è stato detto dai colleghi sulla necessità di porre come uno degli obiettivi primari dell'agenda governativa il problema del dissesto idrogeologico. Ogni volta che piove, infatti, andiamo letteralmente sott'acqua con tutti i danni del caso, anche maggiori poi per la ripresa delle attività danneggiate. Nel momento, infatti, in cui si chiudono attività e poi si devono riprendere, il tempo si perde anche a causa delle conseguenze dei danni per l'agricoltura.
Credo che questo sia molto importante, che esista, come sottolineava il Ministro, la necessità di reperire risorse facendole rientrare anche come infrastrutture vere e proprie per la crescita, senza però puntualmente, come abbiamo dovuto assistere, stornare risorse per altre questioni che possono essere considerate emergenze, dipende anche dai punti di vista, ma credo che questa sia sicuramente una delle emergenze principali del Paese.
Ho, inoltre, due domande. Una è relativa, appunto, al famoso miliardo stanziato dal CIPE: esiste la possibilità di capire la suddivisione delle risorse assegnate e i vari fondi?
Inoltre, mi sembra di capire che i 250 milioni di euro inseriti nella legge di stabilità saranno finalizzati a interventi importanti di infrastrutture e non, invece, a indennizzi, se non ho capito male, alle popolazioni, alle attività o quant'altro. Eventualmente, quindi, per quanto riguarda l'indennizzo specifico bisognerà trovare altri fondi. Questo è sicuramente un problema.
L'ultima questione riguarda le procedure, come è stato ripetuto da parecchi colleghi. Abbiamo molto spesso parlato e discusso dei commissari straordinari, se servano o no. Non hanno sortito lo scopo con cui erano stati individuati, ma esiste un problema di gestione, di governance, come è stato ricordato. In Veneto - parlo, soprattutto, della mia provincia, di Vicenza - è proprio di questi giorni la questione della petizione, la cui raccolta firme credo anche il Ministro abbia potuto vedere - per conferire al governatore Zaia poteri speciali per il bacino di laminazione di Caldogno. Si tratta di quel bacino la cui realizzazione risolverebbe, effettivamente, i problemi che si sono verificati in questo caso sia nel vicentino sia nel padovano. Il progetto, infatti, è pronto, ma è in corso un contenzioso con i proprietari dei terreni per l'indennizzo che neanche le associazioni di categoria riescono a gestire trovando un punto fermo per poter partire.
Questa è una problematica sicuramente importante. Se è vero che si deve avere senso di responsabilità, si devono avere anche i mezzi per agire, per realizzare le infrastrutture che effettivamente servono. Credo che quello dei poteri speciali dei commissari e di chi deve fare cosa sia un problema molto importante e che va risolto.

ALESSIO BONCIANI. Il mio sarà un intervento brevissimo perché le questioni di merito sono già state correttamente


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affrontate dal mio capogruppo. Ministro, ogni volta che si verificano queste tragedie, immediatamente dopo, nonostante il disastro provocato e i danni subìti dalla popolazione, le proteste dei cittadini perché di anno in anno si ripetono fenomeni analoghi in zone coincidenti, quindi con una chiara evidenza che poco o nulla è stato fatto, si assiste però allo sgradevole rimpallo di responsabilità e al fatto che, soprattutto dagli enti locali, si rimpalla verso il Governo il problema dell'eccessiva burocratizzazione, della scarsità di risorse, salvo scoprire, appunto, che di queste la metà non sono state spese.
Inoltre, con specifico riferimento alle gestioni commissariali, dalle regioni viene una critica a questo meccanismo nel senso che non lavorerebbero in sintonia coi presidenti delle regioni laddove l'esperienza maggiore è che queste figure spesso coincidono nella stessa persona. Quando penso alla mia Toscana, ad esempio, non capisco come faccia il commissario Rossi a non lavorare in sintonia con il presidente Rossi. Probabilmente, non si parlano neanche la mattina quando si radono allo specchio.

CHIARA BRAGA. Ma non stiamo parlando dei commissari straordinari per le emergenze dovute a calamità naturali, ma dei commissari ministeriali per la gestione dei fondi per la messa in sicurezza del territorio!

ALESSIO BONCIANI. Se non sbaglio, Rossi è anche commissario per gli eventi alluvionali dell'anno scorso nella zona di Massa-Carrara e della Lunigiana, dove quest'anno si è verificata esattamente la stessa cosa. Magari riprenderò la questione quando saranno in audizione i responsabili delle regioni, ma mi chiedo quanto questo ci porti lontano dall'effettiva individuazione delle responsabilità. La storia della burocrazia e delle risorse a volte è un impedimento reale al fatto che si possa intervenire, altre volte è un alibi e noi continuiamo ad avvitarci sul problema della deburocratizzazione, della scarsità di risorse, mentre non si tratta che di interventi non realizzati per la difesa del suolo.
Il punto non è che se ne facciano pochi per le scarse risorse, ma che non se ne fanno affatto, ciò che non ci va più di spiegare alla popolazione. Approfitto, Ministro, anche della spregiudicatezza che le deriva dal ruolo tecnico che, come diceva giustamente nel corso dell'audizione precedente, le permette forse di parlare più chiaro a volte di tanti colleghi politici, perché noi, invece, da politici siamo in difficoltà nei confronti dei cittadini. Sostanzialmente, i cittadini non vogliono mille costruzioni o mille architetture, per cui si dà la colpa alle risorse o alla burocrazia, ma sapere perché per vent'anni non si è fatto niente e di chi è la responsabilità. Anche questa volta il rischio è che non si riesca a capirlo.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Clini per la replica.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sulle risorse, tema giustamente sollevato, vorrei dire alcune cose, per evitare di parlare di altro, visto che avete chiaro il quadro delle risorse allocate sulla legge di stabilità, che conoscete i vincoli che l'hanno orientata, che sapete che margini per modifiche sull'ordine di priorità ce ne sono pochi non perché ci siano delle rigidità particolari, ma perché muovendoci nella linea del fiscal compact, perciò della riduzione del debito e del rispetto degli impegni, il volume di risorse a disposizione che abbiamo è quello.
La possibilità di modificare l'ordine di priorità su alcuni degli interventi o delle politiche individuate è stata esplorata. Peraltro, è stato citato spesso il ponte sullo Stretto di Messina come simbolo, ma sul ponte sullo Stretto di Messina non ci sono risorse. Spostare risorse da quello sarebbe la scelta migliore, ma lì non ci sono risorse. Il tema che abbiamo, come sapete, sul ponte sullo Stretto di Messina non è quello delle risorse a disposizione, ma quello del pagamento delle penali, purtroppo tutt'altra questione. Ci stiamo confrontando


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con gli esiti di una situazione dalla quale stiamo cercando di venir fuori.

RAFFAELLA MARIANI. Perché i 250 milioni stanziati con il nostro emendamento non sono risorse?

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In ogni caso, prima di tutto, io ho appoggiato esplicitamente un emendamento che era stato presentato al disegno di legge di stabilità da un gruppo di parlamentari che allocava risorse in connessione con l'attuazione programmata degli interventi per la difesa del suolo, mettendole anche in relazione al piano di adattamento ai cambiamenti climatici previsto dall'Unione europea e che noi presentiamo al prossimo CIPE.
Come sapete, le previsioni di spesa nelle delibere del CIPE sono a fronte della ricognizione delle risorse, per cui noi possiamo sulla delibera identificare il principio della priorità, e perciò della percentuale di risorse che vanno allocate, fornendo anche la nostra stima delle relative risorse. In tal senso, dovrebbero essere messi a disposizione per la difesa del suolo complessivamente un miliardo 600 milioni di euro all'anno, ripartiti così: il 60 per cento a carico della finanza pubblica per interventi pubblici; il 40 per cento diviso con il 30 per cento in credito d'imposta per imprese e il 10 per cento in supporto a iniziative imprenditoriali cooperative per la manutenzione e la gestione dei suoli, in particolare nelle aree agricole e forestali. Questa è l'ipotesi quantificata. Essa deve trovare riscontro nella legge di stabilità. Noi la identifichiamo e la inseriamo nella proposta del Ministero della delibera del CIPE.
Ovviamente, la possibilità di tasse di scopo è prevista. Il problema è che per una tassa di scopo bisogna chiedere ai cittadini di contribuire con una tassazione a un obiettivo. Nella delega fiscale questa notte abbiamo reinserito l'articolo 14, in materia di fiscalità ambientale, che ha anche questo obiettivo, ossia di recuperare risorse finanziarie attraverso la fiscalità sull'uso delle risorse naturali e con un effetto di neutralità, cioè riduzione dell'imposta sul lavoro e sulle imprese per aumentare l'imposta sull'uso delle risorse naturali, che generi a sua volta entrate finalizzate alla protezione dell'ambiente.
Questo è quanto abbiamo inserito nell'articolo 4 del disegno di legge sulla delega fiscale, che, come sapete, la Camera aveva cancellato perché aveva considerato - non ho capito bene perché - non pertinente o qualcosa di simile. Il Governo lo ha riproposto e il Senato questa notte lo ha reinserito nel disegno di legge sulla delega fiscale. Si tratta di uno strumento di fiscalità finalizzata al reperimento di risorse ai fini della protezione dell'ambiente. Questa è la strada maestra, peraltro indicataci anche dall'Unione europea e dall'OCSE.
L'altra questione riguarda il vincolo del patto di stabilità, in merito al quale i problemi sono due. Uno riguarda la gestione nazionale, e cioè destinare risorse e dirle fuori dal patto di stabilità; l'altro, seguendo le decisioni dell'Unione europea per il finanziamento delle infrastrutture, è invece rappresentato dal reperimento di fondi europei destinati a questo scopo. La richiesta che ho inoltrato alla Commissione europea è esattamente la seconda, ossia di fare in modo che si apra una linea di finanziamento per la manutenzione e la gestione del territorio, ovvero per l'adattamento ai cambiamenti climatici, che vanno considerati come grande infrastrutture per la crescita. Questo è il tema sul quale, sostanzialmente, stiamo lavorando.
È ovvio, infatti, che una parte di decisioni che riguardano la liberazione dal patto di stabilità delle risorse nazionali destinate alla manutenzione e gestione del territorio è una scelta nazionale. L'altra parte, invece, che riguarda il finanziamento alle grandi infrastrutture europee, è una scelta europea e, anziché avere soltanto le ferrovie e i porti, ci mettiamo anche la manutenzione del territorio. Questa è l'indicazione che io ho dato nella lettera che ho mandato alla Commissione europea. Si tratta di un tema già aperto, dunque, posto dal Presidente del Consiglio


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Monti nel Consiglio europeo di giugno, che era in generale sulle infrastrutture. Ora abbiamo identificato, tra le infrastrutture di interesse italiano, quelle per la messa in sicurezza del territorio. Questo è il tema sul quale si discute a livello europeo, sul quale sono abbastanza confidente che si riesca ad aprire una finestra. Oltretutto, altri Paesi europei sono sulla stessa posizione, compresa la Germania.
Per quanto riguarda le risorse nazionali, sono d'accordo con l'emendamento presentato giovedì pomeriggio e che prevede che siano messe a disposizione risorse pari a 110 milioni di euro all'anno destinate ai programmi per la manutenzione e gestione del territorio fuori dal patto di stabilità e nell'ambito delle strategie del piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Si tratta proprio di un gancio, di un tentativo per riaprire e cercare di far rientrare questo aspetto.
Su questo, avete ben chiaro - avete sentito Polillo, Fabrizio Barca, non avete sentito Grilli, ma avrete forse delle supposizioni - che la discussione è aperta. Con la Ragioneria generale dello Stato è un tema vero col quale ci confrontiamo non da adesso. Per esempio, lo stesso tipo di confronto l'abbiamo avuto sul credito di imposta al 55 per cento per l'eco-efficienza nell'edilizia, ce l'abbiamo ancora sul decreto per le fonti rinnovabili termiche. Esiste, cioè, un punto sul quale la discussione continua a essere aperta all'interno del Governo se alcune misure definite per promuovere la crescita sostenibile in particolare possano essere finanziate generando un debito «temporaneo» ripagato dalle entrate aggiuntive che derivano dal ciclo economico positivo che si mette in piedi.
Su questo, la discussione è aperta perché c'è una scuola di pensiero per la quale la copertura si fa sull'anno di esercizio, per cui il credito d'imposta o ha copertura o non è concesso; un'altra, alla quale io appartengo, secondo la quale la valutazione della copertura del credito di imposta o della misura di incentivazione si fa sul ciclo economico della misura, un ciclo di due o tre anni, non di 25, attualizzando in qualche modo il risultato.
Questa discussione è aperta non solo in Italia, ma anche a livello europeo. Mi pare di capire che a quel livello il confronto sempre più acceso e stringente sul fatto che bisogna dare priorità alle misure della crescita rispetto a quelle della riduzione del debito stia cominciando ad aprire dei varchi. Voglio, però, dirvi che non stiamo parlando di una questione tecnica, ma di una questione politica molto seria, che riguarda le politiche per la crescita e come si interpretano.
Se una politica per la crescita è quella che semplicemente ha come obiettivo la riduzione del debito, sappiamo quali sono i risultati e, probabilmente, la Grecia dovrebbe insegnarci qualche cosa; se, invece, la politica per la crescita vede anche gli effetti positivi in termini di aumento del valore aggiunto, allora abbiamo un'altra prospettiva. In questo si colloca anche la discussione che abbiamo all'interno del Governo, per essere franchi, sul tema del dissesto idrogeologico e della difesa del suolo.
Riguardo ai fondi, posso anticiparvi alcuni dati. Ieri abbiamo consegnato la tabella agli assessori regionali in modo da avere dagli stessi una risposta. Alcuni dei dati che abbiamo e che derivano dalla verifica fatta con la Ragioneria generale dello Stato sono, infatti, di questo tipo: la regione Piemonte, sui finanziamenti ricevuti per l'attuazione degli accordi di programma, ha utilizzato il 15,42 per cento delle risorse trasferite.

ARMANDO DIONISI. Fortuna che era una regione virtuosa!

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sono dati relativi ai soldi erogati tra il 2008 e il 2012. Vi sto dicendo questo perché abbiamo posto il problema ieri all'assessore regionale, che ha delle perplessità su questi valori. Per la regione Toscana siamo sul 31,8 per cento. Sono due dati problematici, sui quali gli assessori


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regionali hanno dichiarato di dover lavorare perché i dati di confronto dalla Ragioneria potrebbero corrispondere esattamente ai valori di cassa, che però sono indicatori dell'efficienza della spesa.
Se si è trasferito 100 e si è utilizzato il 15,48 per cento della cassa a disposizione, significa che c'è un problema di efficienza di spesa all'interno della regione e questa efficienza, probabilmente - o inefficienza - nasce dalle procedure per cui la regione in qualche modo contabilizza 100 perché ha ricevuto 100, ma negli effetti dei risultati è al 15,42. E, ad esempio, l'assessore regionale della Toscana, che «sta sul pezzo» in maniera molto attenta, ha riconosciuto che il problema esiste, soprattutto perché in molti casi l'attivazione di un progetto è un conto ma la sua concreta attuazione molto spesso è a carico di comuni con dimensioni così piccole da non poter reggere l'impegno.
C'è dunque una questione sulla quale stiamo lavorando concretamente proprio per fare in modo di risolvere questa problematica, che in molti casi non nasce da inefficienze, in altri sì. Il caso della Calabria è del tutto particolare, come potete immaginare, e non voglio aggiungere altro, ma ci sono delle regioni efficienti che non riescono ad essere efficaci nella spesa. Stiamo cercando di capire come rendere efficace le risorse che abbiamo a disposizione.
Martedì ho la riunione con gli assessori per fare una verifica con loro. Dopodiché, e non si tratta di una polemica con le regioni, ma della determinazione a evidenziare un problema, renderemo tutto pubblico.

ARMANDO DIONISI. I soldi del 1998 sono, però, andati in perenzione!

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sono soldi trasferiti alle regioni, per cui non sono più in perenzione. Lo sarebbero stati se fossero rimasti nelle casse dello Stato.

ARMANDO DIONISI. All'interno del bilancio regionale, però, lo sono.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No, sono stati finalizzati, ma non sono stati spesi. A livello regionale non è così e per questo abbiamo proprio un problema di questo tipo.
Per quanto riguarda i famosi 130 milioni confermati il 26 ottobre dal CIPE per le regioni del centro-nord, il problema è relativo alla disponibilità di cassa sul fondo di per la coesione e lo sviluppo. Ci siamo attivati immediatamente perché questa disponibilità fosse ampliata per fare in modo che queste risorse siano trasferite o, comunque, almeno impegnate entro la fine dell'anno, altrimenti l'impegno scivola a febbraio. Questo è un altro dei problemi di fronte ai quali ci troviamo perché oggi abbiamo procedure di spesa che rendono difficile utilizzare risorse allocate e allocate per ragioni di urgenza. Immagino che il Ministro Barca vi abbia descritto il nostro tentativo di aumentare la cassa del fondo per la coesione e lo sviluppo in modo che, per dire, quando decidiamo di stabilire un'urgenza e la corrispettiva risorsa, questa sia effettivamente disponibile.
In ogni caso, fornirò il quadro completo dei fondi assegnati e trasferiti. Posso affermare comunque che, raschiando il fondo delle risorse del Ministero dell'ambiente anche su economie e su altri capitoli, stiamo trasferendo in questi giorni alle regioni per l'attuazione degli accordi di programma ulteriori 70 milioni di euro che siamo riusciti a reperire con l'assestamento di bilancio per cercare di muovere tutte le risorse che possiamo e coprire gli impegni che ci siamo assunti.
Per quanto riguarda il DPCM di riorganizzazione del Ministero, va emanato entro la fine dell'anno in attuazione della spending review. Il criterio col quale stiamo lavorando è quello europeo, ossia di avere la gestione unificata delle funzioni relative alle acque e al suolo. Stiamo rimettendo insieme i pezzi per far sì che queste gestioni corrispondano poi a una capacità amministrativa effettiva. Per quanto riguarda, invece, l'allocazione delle risorse nel bilancio triennale, sono quelle


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che avete nella legge di stabilità. Potete immaginare i tentativi fatti per allargare questo emendamento sul decreto-legge crescita, che potrebbe in qualche modo aumentare la disponibilità delle risorse, ma questa è la situazione nella quale ci troviamo.
La riorganizzazione del Ministero e il piano di adattamento ai cambiamenti climatici devono anche coordinarsi con l'attuazione delle direttive europee a cominciare da quella che prevede l'istituzione dei distretti. Non sono ancora in grado di dirvi se lo strumento sarà un decreto-legge ad hoc o se si utilizzerà il decreto-legge salva infrazioni. Stiamo lavorando a un'ipotesi che ci consenta di allineare le regole nazionali alle direttive europee. Anche nell'ipotesi del decreto-legge salva infrazioni stiamo lavorando al modo di trovare una soluzione.
Quanto alla costituzione in parte civile sul processo Tamoil, chiederò informazioni perché non ne ho. So che, in genere, è lungo il giro tra il Ministero e l'Avvocatura dello Stato. Cercherò di capire da che parte ci sono stati i ritardi che non hanno consentito di costituirsi parte civile, ma non sono informato.

PRESIDENTE. Abbiamo affrontato quasi tutti i temi. Mancherebbe solo l'ILVA, per la quale potrebbe essere prevista una seduta apposita. Anche questo, infatti, era uno dei temi di oggi, ma il tempo è tiranno.
Un'ultima cosa. Poiché domattina alle 9 affronteremo il problema dei porti, lo sdoppiamento VIA-VAS, e io sarei propenso a sollevare un conflitto di attribuzione con la Commissione trasporti per avere almeno un parere rinforzato da parte di questa Commissione, che sia vincolante sulla vicenda. Tutti i presenti vorrebbero sapere cosa ne pensa il Ministro.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Posso dire quanto ho già detto quando il problema si è posto in Commissione trasporti. Al di là di ogni altra considerazione circa le competenze, ho osservato che, probabilmente, non è il modo migliore per semplificare. Credo che il problema vero sia che a volte queste soluzioni adottate non semplificano, anzi complicano. Quella norma, infatti, è fonte di conflitti importanti tra regioni e ministeri e non so dove porterà. Capisco l'intenzione, ma non mi pare che l'intenzione sia ben rappresentata da quelle norme.

PRESIDENTE. Quindi questa Commissione fa bene domani...

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Soprattutto in termini chiari di efficienza della procedura...

PRESIDENTE. Quindi un parere nostro...

RAFFAELLA MARIANI. Ma voi cosa avete detto?

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Noi l'abbiamo detto che non eravamo d'accordo.

PRESIDENTE. Ah, ecco, è chiaro.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ma - ve lo posso dire? - è stato detto: «Qui, la decisione è stata del Parlamento». Nel senso che la Commissione all'unanimità, credo, ha preso questa decisione: al Senato ci siamo trovati di fronte a questa situazione.

ERMETE REALACCI. Sì, però adesso c'è un altro passaggio alla Camera ed è fondamentale conoscere il parere del Governo.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Lo posso ribadire qui, subito, adesso.


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PRESIDENTE. Lo ha fatto ed è quello che ci serviva sapere prima di domattina - l'ho chiesto apposta - perché ai commissari interessava sapere...

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Soprattutto perché non ritengo che la soluzione semplifichi le procedure. Tutto qui.

PRESIDENTE. Il Ministro ci ha dato un suo parere e una sua indicazione. Benissimo. Ringrazio il Ministro Clini e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,10.

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