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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione IX
14.
Giovedì 14 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Valducci Mario, Presidente ... 2 8 18 24
Crosio Jonny (LNP) ... 11
Desiderati Marco (LNP) ... 16
Gentiloni Silveri Paolo (PD) ... 8 9 22
Lovelli Mario (PD) ... 16
Mereu Antonio (UdCpTP) ... 15
Meta Michele Pompeo (PD) ... 13
Nizzi Settimo (PdL) ... 14
Pili Mauro (PdL) ... 17
Romani Paolo, Ministro dello sviluppo economico ... 2 9 18 21 22
Tullo Mario (PD) ... 18
Velo Silvia (PD) ... 15
Vico Ludovico (PD) ... 15 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 14 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza della nostra Commissione.
Do la parola al Ministro Romani.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Vi chiedo scusa, ma ho un testo molto complesso, che nel corso di questi giorni, anche a causa della manovra, non ho avuto tempo di rileggerlo approfonditamente, ma dovrei conoscere la materia, per cui cercherò di prendere spunto dal testo, al quale però non sarò fedele, e che vi sarà consegnato in fase successiva.
Mi pare che le richieste della Commissione andassero dal problema delle comunicazioni elettroniche a banda larga alla televisione digitale, al settore postale e miravano a ricevere informazioni sullo stato dell'arte della vendita di Tirrenia.
Giustamente, gli uffici mi preparano due citazioni di Nicholas Negroponte, guru dell'MIT (Massachusetts Institute of Technology), che enunciava due leggi, in base alle quali si sarebbe regolata in futuro la comunicazione. La prima diceva «Ciò che si distribuisce oggi per via aerea si farà in futuro per filo e viceversa» mentre la seconda recitava: «La società andrà sempre più abbandonando il substrato materiale su cui si basa l'economia e gli atomi saranno sostituiti dai bit». Sono trascorsi sedici anni dall'enunciazione di queste due massime e mi pare che oggi possiamo verificare quanto fossero state allora lungimiranti.
Cito qui un report del Boston consulting group, che vi consiglierei di leggere perché è molto interessante, ma anche semplice e breve, che dà la misura di parametri, numeri e qualità del mondo del ICT nel nostro Paese. Da qui ho preso alcuni dati che adesso vi riporto.
L'ICT ha contribuito negli ultimi quindici anni alla crescita del PIL europeo per oltre il 50 per cento. Anche in Italia ha sviluppato una rete digitale che ha rappresentato una grande opportunità per la ricerca, al punto che l'InterEconomy nel 2009 valeva 28,8 miliardi di euro e alla fine del 2010 era già passata 31,6 miliardi di euro di valore, quindi il 2 per cento dell'intero PIL del nostro Paese.
Si tratta, quindi, di un volano per il futuro ed è da lì che riusciamo a capire come il digital divide, che ancora contraddistingue una parte della nostra popolazione, possa rappresentare un freno.


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Gli italiani, infatti, che nel 2010 si dichiarano collegati al Web sono saliti al 53 per cento, con un 9 per cento in più rispetto al 2009; ma l'84 per cento dei nostri ragazzi dice di vivere abitualmente in rete.
L'Italia ha, dunque, una crescita digitale su due binari. Uno è quello della mobilità: abbiamo una specificità assoluta nel nostro Paese per quanto riguarda gli smart phone e i tablets in circolazione. Sugli smart phone ci eravamo già attestati negli anni scorsi a circa 15 milioni di device utilizzati dagli italiani. Per quanto riguarda i tablets, a oggi, pur essendo comparsi sul mercato non più di due anni fa, siamo già in grande crescita. È ovvio che dall'altra parte è calato dell'8 per cento l'uso dei telefoni cellulari basic, per cui abbiamo complessivamente una presenza rilevante di smart phone, il cui incremento è stato del 3,3 per cento e un'utenza in crescita, che ha raggiunto il 39,5 per cento tra i giovani.
Questo è lo stato della migrazione degli apparecchi tradizionali su questi strumenti innovativi. Siamo, quindi, una nazione mobile e di questo dobbiamo tenere conto. È, infatti, uno dei motivi per i quali abbiamo voluto anticipare l'assegnazione delle frequenze in banda 800, 1.800, 2.000 e 2.900. Questo servirà a trasformare la rete in 4G, nella definizione tecnica della LTE, long term evolution, ciò che significa che possiamo tranquillamente e molto velocemente recuperare l'attuale ritardo strutturale in termini di fibra con l'ampliamento della rete di aggancio al Web in 4G della rete mobile. Questo meccanismo ci consente oggi di affermare che potremmo contribuire allo sviluppo del nostro Paese con l'incremento del mondo dell'ICT in Italia.
ICT, però, vuol dire anche un utilizzo della rete, non solamente aggancio. Voi sapete che ci sono aziende italiane off-line, aziende on-line che però non utilizzano la rete per la vendita, hanno solamente un sito, ma senza utilizzo commerciale, e aziende on-line attive che utilizzano la rete per vendere i loro prodotti. Ebbene, le vendite on-line sono aumentate, tra il 2009 e il 2010, addirittura del 14 per cento, raggiungendo i 6,5 miliardi di euro.
Per arrivare alla definizione dei 30 miliardi dell'ICT di cui parlavo, tenendo anche conto dell'incremento tra il 2009 e il 2010, una delle componenti fondamentali è naturalmente proprio la vendita on-line, che oltretutto non causa alcun decremento di vendita negli altri settori tradizionali.
Siamo, ovviamente, in linea con l'agenda digitale europea, con due prospettive industriali: la prima è quella della chiusura del digital divide; la seconda è il piano per le reti di nuova generazione. È chiaro che tutte queste operazioni hanno un costo, tenuto soprattutto conto del fatto che l'Italia, tradizionalmente, non ha mai avuto una infrastruttura via cavo, per cui la vecchia infrastruttura non ha mai potuto utilizzare fibra per il cavo della televisione.
Per quanto riguarda il finanziamento, da un lato abbiamo la possibilità di chiudere il digital divide, che ricorderete due anni fa era il 13 per cento del Paese, pari a circa 7 milioni 800.000 italiani e che oggi si è sostanzialmente dimezzato; dall'altro, la necessità di contribuire a creare quella infrastruttura di rete che consenta l'utilizzo di questa stessa infrastruttura da parte di tutti gli operatori telefonici per portare finalmente la banda larga.
Per quanto riguarda il primo passaggio, oggi Infratel, organo in house del ministero, ha la possibilità di utilizzare 400 milioni di euro, cifra che sintetizza le varie contribuzioni arrivate anche dagli accordi con le diverse regioni, con una maggiore incidenza di quelle del sud, anche se il digital divide appartiene al Paese complessivamente e a macchia di leopardo.
Tuttavia, siamo già nelle condizioni di poter affermare che i soldi a disposizione di Infratel e i 100 milioni di euro della legge di stabilità, riconfermati dal PNR presentato in Europa nell'aprile di quest'anno, sono sufficienti perché il digital divide possa essere superato. Oltretutto, il digital divide esiste soprattutto nelle aree a fallimento di mercato, ossia quelle dove


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tradizionalmente non c'è richiesta di aggancio alla rete. Tuttavia l'evoluzione così rapida dei device che descrivevo, ma anche e soprattutto degli investimenti privati, come ad esempio, quello dichiarato da Vodafone di un miliardo per mille comuni nelle aree a divario digitale, sta ovviamente facendo superare la necessità iniziale del famoso piano di 1.471 milioni di euro necessari per chiudere complessivamente il digital divide.
Grazie, dunque, all'accordo del ministero, ai fondi già presenti, ai 100 milioni della legge e alla possibilità eventuale, in base ai fondi FAS, dei 400 milioni di euro che si potrebbe prima o poi decidere di destinare a questa finalità, laddove addivenissimo a questa decisione, si potrebbe superare, a mio avviso, entro il 2013 il digital divide.
Nel decreto-legge che domani andremo ad approvare e che in queste ore è in corso di esame al Senato, c'è un ulteriore aggancio e sottolineatura alla banda larga con un meccanismo, descritto più che certificato, ma che rappresenta la conferma di quel memorandum of understanding siglato nel novembre dello scorso anno. In quella circostanza pensammo a un accordo tra tutti gli operatori del settore che ci consentisse di immaginare una condivisione su un'infrastruttura di rete, dove tutti i players del settore partecipassero e dove ci fosse un intervento del pubblico - della Cassa depositi e prestiti in particolare - che sia in equity sia in conto finanziamento contribuisse agli eventuali 8,3 miliardi di euro che dovrebbero e potrebbero servire per il progetto definitivo in banda larga per fornire i 100 megabit al 50 per cento del Paese. L'operazione si inscrive nella logica della struttura di base che dobbiamo creare, ricordando e ribadendo che dal punto di osservazione del ministero l'evoluzione del sistema è clamorosamente veloce. Quella struttura che immaginavamo fosse obbligatorio di fiber to the home, FTTH, come la descrivevamo fino a un anno e mezzo fa, oggi, per certi versi, col forte anticipo della gara della frequenza della banda 800, potrebbe non essere più necessaria nei termini in cui l'immaginavamo ieri, ma probabilmente rimarrà obbligatorio l'aggancio al backbone, che è molto più limitato, come se lo scheletro si fosse ritirato perché per quartieri interi di città densamente popolate basta avere un'antenna a 4G per servire un intero blocco di edifici e sarebbe superfluo quell'accesso complicato e fortemente limitante costituito dall'accesso casa per casa della fibra.
È, dunque, un mondo che si evolve in modo rapidissimo, dove ci sono dei confini sempre più sfumati tra mondo in fibra e mondo wireless, che ha ovviamente delle limitazioni, ma che riguardano anche un processo culturale: fino a ieri i nostri ragazzi usavano il computer che regalavamo loro a Natale, oggi il computer è buttato nei cantoni, si trovano con tutti i loro tablets e smartphone e navigano tranquillamente con la stessa efficienza di prima, con l'ADSL oggi, con la fibra domani, con 4G dopodomani. Il fatto che il nostro Paese sia fortemente abituato ad avere un accesso mobile alla rete ci avvantaggia nel recupero del ritardo che avevamo dell'infrastruttura di base. Spero di essere stato abbastanza chiaro pur non avendo seguìto il testo, che vi sarà consegnato successivamente.
Per quanto riguarda la televisione digitale, è inutile che ve ne tracci la storia perché credo che in questa Commissione la conosciate bene. Vorrei, però, sottolineare un dato importante. Ho letto su diversi giornali che esisterebbe il rischio di fallimento per gara della banda 800 a causa di problematicità e incertezze. Noi riteniamo che sia nostro dovere partecipare a gare importanti in modo da portare a casa più risorse possibili per il bilancio dello Stato, come è avvenuto per la gara dell'UMTS. Allora si trattò di una gara virtuosa e io credo che possiamo dare esempio di una gara virtuosa anche in questo caso. All'epoca c'era un apripista di fondo, ad esempio, sulla disponibilità delle frequenze.
Noi abbiamo digitalizzato ormai territorialmente un 60 per cento del Paese, in termini di popolazione il 65 per cento.


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Rimangono da digitalizzare Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia. Siamo, dunque, di fronte a un bel pezzo di Paese: ebbene, in queste regioni di nuova digitalizzazione non assegneremo le frequenze della banda 800 e procederemo, a partire dal secondo semestre, secondo una graduatoria che sarà stabilita e una procedura in base alla quale le emittenti che non rientrano in graduatoria entreranno nel must carry, due canali su sei, di coloro che sono entrati in graduatoria.
È un meccanismo molto semplice: abbiamo messo a disposizione del 10 per cento delle risorse della gara, eliminando il tetto massimo prima esistente, per cui se la gara dovesse dare un risultato superiore, sarà comunque il 10 per cento della somma recuperata. Non voglio parlare di cifre perché in questa sede istituzionale non è giusto, ma sapete che la base d'asta parte in ogni caso da 3 miliardi 100 milioni di euro e il 10 per cento rappresenterebbe già 310 milioni, devoluti al sistema televisivo locale per essere molto convincenti, ossia in maniera che coloro che volessero eventualmente rinunciare a fare televisione e avere una compensazione, rinunciare a essere operatori di rete, ma solo a fare funzione di contenuti, si convincessero a esserlo, oppure che coloro che ottengono il ruolo di operatori di rete si mettano nelle disponibilità di offrire una parte della gamma di frequenze a coloro che non sono entrati in graduatoria. Io ritengo che le risorse messe in campo siano sufficienti.
Il meccanismo sembra complicato, ma a mio avviso non lo è. Si tratta di una graduatoria e sanzioni molto rigide laddove le cose non dovessero essere conservate, ed è una legge a mio avviso fortemente innovativa. L'LCN, l'ordinamento automatico dei canali, definisce una presenza delle televisioni secondo un ordine prestabilito, quindi il possesso del trasmettitore non è più condizione di evidenza rispetto ai contenuti forniti. L'ordine stabilito, che io faccia in must carry con un signore più ricco e più forte di me entrato in graduatoria o lo faccia da solo, non cambia.
L'unico problema vero è che quell'operatore di rete, laddove dovesse entrare in graduatoria, se non mettesse, ad esempio, a disposizione il 20 per cento, cioè due su sei, un po' di più del 20 per cento, dei canali digitali cui ha diritto in base all'estensione del multiplex e non realizzasse i sei programmi in base all'efficientamento assoluto dello spettro, dovrebbe essere colpito e sanzionato perché non è possibile disperdere un bene e una risorsa dello Stato.
Questo è lo schema, molto rigido, ma che a mio avviso, da un lato, dà certezza a coloro - torno al discorso precedente - che partecipano alla gara esponendosi con miliardi di euro per ottenere le frequenze e fare il famoso 4G per l'LTE (Long term evolution); dall'altro, assicura le risorse sufficienti a coloro che non hanno la disponibilità personale a rientrare in un meccanismo rigido di questo tipo.
Ho l'impressione, così, che sia stato fatto un bel lavoro, passato poi su tre provvedimenti legislativi, l'ultimo dei quali è il decreto-legge in discussione al Parlamento, che porta ad alcuni fine tuning rispetto a questo tipo di meccanismo.
Ho ascoltato alcune polemiche riguardo al beauty contest. Ribadisco qui un concetto per me particolarmente importante: sono state fatte polemiche sul fatto che fossero state assegnate delle frequenze a titolo sperimentale. Quest'assegnazione prevedeva la restituzione della frequenza assegnata in via sperimentale all'atto stesso in cui veniva pubblicato il disciplinare di gara, e così è avvenuto. Nessuno può oggi utilizzare più le frequenze date in via sperimentale e quella possibilità concessa a RAI, a Mediaset e a La Sette viene tolta agli assegnatari e restituita in termini di frequenza allo Stato per l'utilizzo nelle estensioni delle frequenze beauty contest e non ha nessun motivo di opzione o di privilegio rispetto all'eventuale assegnazione successiva.
Sapete che il beauty contest è figlio di una lunghissima procedura di infrazione


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europea e di una lunghissima trattativa con l'Europa, a mio avviso conclusa positivamente, nasce quindi dalla conclusione ormai certificata da una lettera del commissario Almunia, il quale afferma che l'Europa ha apprezzato ciò che abbiamo fatto in termini di disciplina di gara, di graduatoria, di canali assegnati, esprimendo tuttavia l'esigenza di verificare che l'assegnazione effettiva ai new comers, che hanno diritto ad avere tre dei multiplex messi in gara, avvenga secondo le norme che il disciplinare di gara stesso stabilisce. Se tutto questo avviene, l'Unione Europea procederà tempestivamente alla chiusura della infrazione.
Anche a questo proposito ho letto affermazioni che non condivido: c'è stata, ad esempio, una polemica sulla qualità dei canali. Il ministero non è entrato minimamente nel merito della qualità dei canali, che sono stati definiti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e posso affermare, in base a quello che mi dice l'Autorità, che i canali della rete assicurata per ognuna delle sei reti messe a gara - beauty contest vuol dire gara non economica, concorso di bellezza testualmente - sono coordinati internazionalmente nella loro complessità e, laddove ce ne sono due, è la rete nella sua interezza a essere coordinata internazionalmente, per cui chi si vede aggiudicati i canali del beauty contest è sicuro di acquisire un diritto di utilizzo di canali o di reti internazionalmente coordinati. Lo sottolineo perché nel passaggio al digitale abbiamo avuto enormi problemi di coordinamento avendo voluto aggiudicare nella prima fase della digitalizzazione il passaggio analogico/digitale uno a uno: chi possedeva un canale analogico aveva diritto a un multiplex digitale e questo significa moltiplicare per sei le potenzialità di trasmissione di televisione, ma anche occupare tutti i canali, quindi anche quelli che Ginevra assegnava ai Paesi confinanti. Abbiamo, così, risolto i problemi con Slovenia, Croazia e Albania; non abbiamo risolto i problemi con Malta, ma li risolveremo quando attueremo il passaggio al digitale in Sicilia; probabilmente abbiamo e avremo qualche problema con la Francia, che il 24 maggio ha proceduto alla digitalizzazione, nel senso che la Corsica oggi trasmette in digitale, e la Toscana, che sta proprio di fronte, e la Liguria possono avere, essendo ancora in analogico, qualche difficoltà nel momento in cui si passerà alla digitalizzazione.
Concludo dicendo che anche in sedi associative ho cercato di convincere gli interlocutori locali, che sono un patrimonio del nostro Paese perché grazie a loro abbiamo potuto rompere il monopolio della televisione e abbiamo oggi una molteplicità e un pluralismo di voci locali importanti, che non c'è nessuna intenzione da parte del ministero di essere il killer di questo mondo.
Oggi il fatto che esistano 600 televisioni, che potranno essere moltiplicate per sei, fa sì che in Italia si potranno trasmettere 3.600 programmi locali, che ci saranno 3.600 fornitori di contenuti. Ho sempre chiesto loro se fossero certi di avere bisogno di 3.600 opportunità di contenuti televisivi. Non è meglio forse averne 2.400 di migliore qualità e verificare che, invece, quelle risorse che si utilizzerebbero malamente non debbano essere restituite allo Stato perché questo possa consentire alla gara di cui parlavo di portare i risultati che ci aspettiamo sia in termini di connessione Web sia in termini di risorse? Ho sempre ottenuto una risposta tendenzialmente favorevole perché non è escluso nessuno proprio in base al principio che l'ordinamento automatico dei canali non distingue mai chi è operatore di rete e chi è esclusivamente fornitore di contenuti.
Veniamo al settore postale. Sapete che c'è stata lunga polemica anche in questa Commissione per quanto riguarda la liberalizzazione del mercato postale. Sostanzialmente, è stato liberalizzato l'80 per cento del servizio della nostra azienda postale. Sapete che ho ritenuto fondamentale, soprattutto nella discussione che riguardava la costituzione dell'Agenzia, ovvero dell'Autorità postale, che fosse salvaguardato l'enorme, incredibile, straordinario patrimonio costituito dalla presenza dello Stato nei 14.000 uffici e anche dall'efficienza


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di Poste Italiane, una delle strutture più efficienti al mondo da questo punto di vista, al punto che è proprio un benchmarking per tutte le altre aziende postali e quando andiamo all'estero - sono almeno trenta le missioni effettuate - in ogni occasione ci siamo trovati nella condizione di mostrare il sistema-Italia anche e soprattutto attraverso il sistema di Poste Italiane, con modelli che sono stati anche esportati con accordi internazionali.
Abbiamo, quindi, di fronte un patrimonio incredibile, di straordinaria professionalità, con tutti i problemi che ovviamente ci sono stati e che ci sono. L'ultimo default è stato nel sistema informatico ed è fortemente rappresentativo, ma anche in quel caso, dopo qualche giorno di caos totale, Poste Italiane, con le pressioni del nostro ministero perché il servizio fosse ristabilito in tempi quanto meno brevi, ha dato il risultato che ci aspettavamo.
Rimane un problema di fondo: l'onere per il servizio universale costa a Poste Italiane, nei termini in cui lo chiediamo, più di 700 milioni di euro all'anno e lo Stato ne rimborsa più o meno la metà, per cui abbiamo per il comparto del servizio universale di Poste Italiane ogni anno un deficit annuale di 300-350 milioni di euro, largamente compensato dagli altri servizi finanziari che sono forniti dai 14.000 uffici e che consentono, quindi, a Posti Italiane di essere in una condizione di non passività come conclusione di gestione di bilancio ordinario.
In ogni caso, questo è uno dei problemi ed è stato uno dei motivi per cui mi sono battuto convintamente perché fosse comunque salvaguardata, da un lato, la presenza di Poste Italiane sul territorio italiano, dall'altro, anche il fatto che avesse la possibilità di continuare a essere quello che, a mio avviso, deve continuare ad essere. Diversamente, rischiavamo la fine di Alitalia, Ferrovie o di altre istituzioni a cui tutti noi italiani siamo molto affezionati, che ci siamo persi o abbiamo ricostruito faticosamente e a spese del contribuente.
Ovviamente, nel nuovo contratto di programma stabilito sono previste delle mediazioni, una delle quali è stata quella di avere una rete postale strutturata su cinque giorni in termini di consegne di posta ordinaria, ma il sabato è inviata la posta assicurata e le raccomandate, ed è stata concordata un'organizzazione degli orari degli uffici che possono essere sagomati, parametrati in libertà da parte di Poste SpA in base alle economicità di gestione: a seconda dell'affluenza, viene determinata l'apertura o la chiusura in tempi ridotti o tempi pieni di ciascun ufficio.
È una logica per evitarne la chiusura: nel corso della lunga trattativa abbiamo cercato di evitare che si chiudessero uffici anche se avessero dovuto funzionare al 50 per cento del tempo. I pezzi movimentati da Poste Italiane sono oggi circa 18 milioni al giorno: moltiplicate il dato per sei giorni a settimana, e grosso modo avrete un dato di circa 8 o 9 miliardi di pezzi all'anno, con un decremento di pezzi però di circa l'8 per cento ogni anno, a fronte di spese fisse che rimangono le stesse.
Non ritorno sull'Agenzia per i servizi postali perché ne abbiamo tanto parlato in questa sede.
Ultimo argomento sul quale il presidente ci aveva chiesto di riferire è la privatizzazione di Tirrenia. Voi sapete che Tirrenia è in amministrazione straordinaria in base alla legge Marzano e che la procedura è stata estesa a Siremar, per cui abbiamo con lo stesso commissario straordinario, il dottor D'Andrea, per Tirrenia SpA e Sicilia regionale marittima.
Il procedimento straordinario, ovviamente, è finalizzato alla vendita degli asset delle due compagnie: sono arrivate 21 manifestazioni di interesse per Tirrenia e 5 per Siremar e in data 23 maggio 2011 il commissario è stato autorizzato per Tirrenia ad accettare l'offerta della Compagnia italiana navigazione - Cin.
Voi sapete che nella società Cin ci sono i maggiori operatori italiani del settore, Moby, Grandi navi veloci, il cui il 50 per cento è detenuto da MSC, e Grimaldi.
L'offerta della compagnia prevede un corrispettivo all'acquisto di 380,1 milioni di euro in maniera coerente con la valutazione


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dell'advisor della compagnia stessa, da corrispondersi in 200 milioni di euro all'atto del trasferimento del complesso aziendale.
Il residuo è diviso in tre rate, di cui l'ultima è in corrispondenza dell'ottavo e ultimo anno della Convenzione il trasporto marittimo.
È poi nato un problema, come ben sapete. Ovviamente, negli impegni della società acquirente c'è quello di assorbire l'intero livello occupazionale della società, ma al momento di concludere è nato il problema della Sardegna. Sapete che su questo aspetto la competenza è molto parzialmente nostra. Controlliamo, infatti, la procedura, ma quello della continuità territoriale è un problema del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti anche se, ovviamente, riguarda la vostra Commissione. Su questo punto, però, forse, presidente, ci sarà bisogno di un approfondimento.
Io posso solamente segnalare che sono in corso riunioni, l'ultima avvenuta l'8 luglio, anche conseguenti al fatto che, il presidente della regione Sardegna Cappellacci ha ritenuto, per la non evidenza di vantaggio per i residenti sardi, di procedere al noleggio prima di tre poi di due navi per il trasporto nei tre mesi estivi a condizioni conseguenti alla logica della continuità territoriale. Questo, ovviamente, ha creato un vulnus nell'acquisizione prevista da parte della Cin, che molto tranquillamente ha dichiarato di non poter operare in un regime in cui il mercato è «corrotto» da un ente pubblico, che si mette a fare l'armatore, soprattutto, guarda caso, nei tre mesi di maggiore traffico e quindi di vantaggio economico.
Questo, ovviamente, ha bloccato al momento l'acquisizione da parte di Cin di Tirrenia SpA. Mi sembra che quotidianamente ci si incontri a Palazzo Chigi per procedere. Interesse del mio ministero è, infatti, che si proceda alla vendita, alla conservazione dei posti di lavoro e del patrimonio - Tirrenia SpA ha navi, che in alcuni casi sono ferme nei porti con gli equipaggi sopra - per cui speriamo e ci auguriamo che si possa trovare una soluzione che convinca il governatore a recedere rispetto alle intenzioni manifestate di fare concorrenza innaturale a chi acquista Tirrenia e a concludere l'acquisizione.
In seguito all'incontro dell'8 luglio, la gestione commissariale di Tirrenia ha, quindi, nuovamente invitato la Cin a procedere alla stipula del contratto di cessione e ne ha fissato la data per il 22 luglio.
Per quanto riguarda Siremar, sono arrivate due offerte, da Ustica Lines e Caronte & Tourist la prima, da Compagnie delle isole, holding controllata dalla regione Sicilia, la seconda.
Anche in questo caso sono in corso di valutazione le offerte pervenute. Abbiamo chiesto al commissario straordinario che proceda alla conclusione entro il mese di luglio. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Chiedo se vi siano deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Ringrazio il ministro. Io non credo che possiamo essere soddisfatti di come sembra andarsi completando questa transizione della televisione dall'analogico al digitale terrestre. A me sembra - personalmente mi sono astenuto - che molti Governi abbiano promesso una specie di paradiso digitale terrestre per i telespettatori e per gli editori televisivi. In realtà, si profila qualcosa di molto diverso, al massimo un topolino partorito da questa montagna di promesse.
Il paradiso c'è soltanto per una parte dei grandi editori dell'era analogica. Si partiva dall'idea, nella transizione, che agli editori dell'era analogica andasse garantita una legacy, un'eredità di quello che avevano nell'era precedente. È un principio economicamente giusto, sacrosanto. La legacy era fissata in quattro multiplex. Alla fine di questo percorso, invece, i multiplex, in capo ai due grandi editori dell'era analogica, non saranno quattro ma sei.
Credo, infatti, che tutti gli esperti sappiano che il sesto multiplex arriverà dall'autorizzazione ad utilizzare un multiplex


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che teoricamente è destinato al cosiddetto DVB-H, la televisione sui telefonini, o, ipotesi ahimè ormai tramontata sul piano tecnologico, è già scritto, addirittura in una risposta dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a un quesito di Europa7, che potrà essere utilizzato anche per il digitale terrestre.
Abbiamo, dunque, alcuni editori che vedono aumentata la loro eredità del 50 per cento, da quattro a sei. Abbiamo l'apertura a nuovi editori ridotta di fatto a tre multiplex, il lotto A di questo beauty contest, che ahimè sono i più «scamuffi». Ho apprezzato la dichiarazione del Ministro Romani che ha riconosciuto che sono tutti uguali, tutti coordinati a livello internazionale e non mi auguro che il ministro sia ancora al Governo quando emergerà questo problema. Mi auguro, infatti, le dimissioni di questo Governo sul piano politico - sto scherzando, naturalmente -, ma se questo Governo, malauguratamente, dovesse durare per i prossimi due anni, ci accorgeremo che, invece, esiste un problema fortissimo per questi tre multiplex di coordinamento internazionale. E stiamo comunque parlando solo di tre multiplex.
Un altro dei princìpi che era stato immaginato all'inizio era che si garantisse ai nuovi entranti lo stesso numero di multiplex degli incumbent che escono. L'incumbent che esce ne ha quattro? Devono essercene almeno quattro per i nuovi entranti. L'incumbent che esce ne ha sei, come nella realtà attuale? Dovrebbero essere sei. Sono tre.
Il terzo problema è rappresentato dal fatto che le tv locali escono da questa transizione molto male. Chiunque di noi vive in un territorio e ha contatti con delle tv locali lo sa perfettamente e sarebbe uno strano paradosso che, dopo aver promesso una sovrabbondanza di frequenze per tutti, al termine di questa transizione ci trovassimo con il venir meno, o comunque il forte indebolimento, di una caratteristica del sistema dell'offerta televisiva italiana come quella delle tv locali.
Una cosa è certa, il rapporto di frequenze due terzi/un terzo previsto tuttora dalla legge, due terzi alle nazionali e un terzo alle locali, in diverse regioni italiane, soprattutto nel centro Italia, non c'è più.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Non è vero...

PAOLO GENTILONI SILVERI. Stiamo sempre parlando del solito problema, cioè che si parla di un'equivalenza e un coordinamento internazionale che non ci sono. Saranno i prossimi mesi e dire chi ha ragione. Io penso di avere ragione, e se anche tu, Paolo, pensi di avere ragione, va benissimo.
Infine, penso che tutti noi che abbiamo rapporti con i nostri territori sappiamo che a questo si aggiungono problemi piuttosto significativi tuttora di ricezione, in particolare per quanto riguarda il segnale RAI in diverse zone d'Italia.
Bisogna fare attenzione che questa grande operazione di transizione della televisione dall'analogico al digitale rischia di lasciarci non molto più ricchi e in alcuni aspetti dell'offerta televisiva, non in tutti, addirittura più poveri di prima, il tutto naturalmente per soddisfare l'appetito, comprensibilissimo da parte loro, ma è meno comprensibile da parte del Governo andargli dietro, dei grandi incumbent dell'era analogica.
Ciò che mi preoccupa di più è che questo credo getti diverse incognite sulla gara LTE, quella sulla banda 800. Naturalmente, nessuno vuole fare il menagramo, ovviamente, trattandosi di un importo pari all'80 per cento della legge di stabilità dell'anno scorso. Al contenzioso con le tv locali cerca, ad esempio, di porre rimedio l'attuale decreto in discussione al Senato con alcune decisioni rispetto ai poteri dei TAR molto forti. Ricordo una discussione per quanto riguarda i poteri dei TAR sulle discariche nella zona di Napoli: ci fu una grande polemica, si poteva limitare il potere del TAR? Lì bisogna scegliere: se ne occupa solo il TAR del Lazio e il TAR non può restituire frequenze alle tv locali, al massimo può restituire quattrini. Reggerà questo limite alle potestà del TAR?


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Vedremo, ma io segnalo che, se ci fossero dei problemi su questa gara, e io mi auguro che non ce ne siano, non si potrà dire che la colpa è di una qualunque tv locale, ma di chi non ha voluto, e c'erano state molte proposte in questo senso, mettere a disposizione una parte di quest'eccesso di frequenze per i due incumbent per soddisfare le legittime richieste delle tv locali. Si sarebbe potuto fare togliendo ogni margine di rischio alla gara degli LTE e non si è voluto.
Vorrei, inoltre, rivolgerle una domanda semplice sul digitale terrestre. Io prevedo che nel beauty contest il canale 58 andrà a Mediaset. Lo previdi anche un anno e mezzo fa, quando gli fu assegnato in via sperimentale. Il canale 58 è la migliore isofrequenza, coordinata a livello internazionale e finirà a Mediaset. Che cosa è successo nel frattempo? L'assegnazione era stata fatta per fare delle sperimentazioni. In realtà, questo canale è stato utilizzato per normalissime e rispettabili attività del gruppo Mediaset, come Premium Calcio, Canale Cinque in HD, una seconda copia di Boing, ossia un multiplex in più per Mediaset. Chiedo semplicemente al ministro se condivide la mia previsione. Confermo quello che diceva il Ministro Romani, che quindici giorni fa sono stati disattivati e c'è una pausa per questi due mesi dell'attività del canale 58 che, a mio giudizio, riprenderà tra due mesi: mi smentisce?
Tutto il tema dell'Agenda digitale, a differenza delle cose dette finora, che sono sempre segnate dalla nostra malattia del conflitto di interessi, non solo richiede, ma prevede un possibile e un reale consenso di tutti. Non c'è uno scontro politico feroce, magari diverse opinioni tecniche sull'Agenda e lo sviluppo del digitale, ma vorrei uno sforzo di sincerità della nostra discussione, anche se la richiesta fa sorridere, per capire un po' meglio a che punto siamo e quali sono i nostri problemi.
Ovviamente, infatti, l'economia digitale è importantissima e ha ragione il ministro a ricordare anche il rapporto della BCG, che soprattutto mostra il moltiplicatore dell'economia digitale. Quello che si fa nell'economia digitale provoca, in termini di occupazione, di fatturati, un enorme moltiplicatore nel complesso dell'economia.
Ora, abbiamo tre questioni sulle quali il ministro ci ha fornito un quadro, a mio parere, un po' ottimistico. Io vorrei capire meglio come stanno. Teniamo quella che riguarda gli LTE da parte. Ho già dichiarato di essere contentissimo che si sia fatta la gara, temevo che l'Italia volesse farla nel 2015, come nei propositi iniziali, e il fatto di averla anticipata è stata una scelta giusta dei Ministri Tremonti e Romani. Dobbiamo, però, sapere che, per quanto siamo molto ferrati sull'accesso mobile, ovviamente l'Italia non è l'Africa, che ha scelto l'accesso mobile come soluzione, l'Italia è come gli altri Paesi economicamente sviluppati, ha bisogno di colmare il digital divide, di avere una fibra molto importante e di scommettere sull'LTE e sulla mobilità.
Le soluzioni non sono alternative. Chiunque di voi viva e provi a usare l'accesso a rete da mobile in alcuni posti in Italia in alcune ore sa che la rete, siccome è condivisa da più persone, a differenza della fibra, ha dei down non gestibili, in aree metropolitane per esempio, e non lo sarà nemmeno quando avremo i 120-140 megabit dell'LTE.
Restano allora quei due problemi, digital divide ed NGN. Vorrei capire meglio a che punto siamo. In questa Commissione il ministro, allora viceministro, disse nel maggio 2009 che stava partendo il famoso «piano Romani» e che a luglio, entro l'estate, sarebbero arrivati 800 milioni di euro. Si può dire che all'epoca c'era un'altra situazione economica, ma fino a un certo punto perché eravamo nel momento più difficile dell'economia. Questi quattrini non sono arrivati.
Il 9 febbraio scorso c'è stato un Consiglio dei Ministri, quello definito dal Presidente del Consiglio la più grande frustata al cavallo dell'economia italiana della storia, che in realtà produsse la proposta di modifica di un articolo della Costituzione - non so che fine abbia fatto - e l'annuncio


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di 100 milioni di euro per la banda larga, in luogo degli 800 prima previsti. Anche di questi 100 si è persa traccia e io sono d'accordo con il Ministro Romani quando dice che comunque le cose vanno avanti perché le regioni investono, Infratel lavora attraverso gli accordi con le regioni, c'è qualche residuo di finanziamenti europei che ha consentito a Infratel di continuare a lavorare: delle due, però, l'una, o diciamo che questo progetto va avanti con fondi più o meno esistenti, messi dai Governi precedenti, utilizzati dalle regioni, ed allora evitiamo gli annunci, i piani, prima 800 poi 100; se, però, facciamo questi annunci e questi piani, penso che sarebbe utile capire a che punto è questa vicenda.
Infine, per le NGN, ovviamente, il ministro lo sa molto meglio di me, ci sono delle difficoltà: vogliamo parlarne? Vogliamo chiedere al Parlamento un sostegno, anche bipartisan, per risolverle? Se diciamo, infatti, che va tutto bene, lo dico anch'io, ma è stato firmato un memorandum a novembre, secondo il quale entro 90 giorni ci sarà un progetto industriale: so che sono stati designati degli advisor, ma non sono passati 90 giorni, sono passati nove mesi e questo progetto non c'è.
Abbiamo letto un'intervista molto polemica di Franco Bernabè circa un mese fa; il ministro dice che in un articolo della manovra si ribadisce che deve esserci un progetto e va benissimo, ma qual è il problema per cui non parte? Il Parlamento può contribuire a sbloccare questa situazione? Diversamente, se facciamo finta che vada tutto bene, teniamoci il tavolo costituito nel giugno 2010, che prende il nome dal viceministro allora e attuale Ministro Romani. Oggi siamo a tredici mesi, ha prodotto quelle tre paginette di quel memorandum.
Non sto sottovalutando la complessità della situazione. In questo, a differenza che nella parte televisiva, non c'è nessuna critica di natura politica al Ministro Romani, ma un invito a mettere il Parlamento in condizione di valutare i problemi. Sulla stampa, ad esempio, sono state addirittura pubblicate due versioni del decreto sulla faccenda delle NGN. Alcuni giornali hanno pubblicato quella che sarebbe stata la versione uscita dal Consiglio dei Ministri, che prevedeva obblighi di servizio universale e così via: è vero? Non è vero? Addirittura, il Corriere della Sera ha sorprendentemente collegato la modifica di questa versione al rapporto tra La7 e Michele Santoro. Il Governo si attiverà per sbloccare questa situazione o tra un anno, sempre che ci sia ancora questo Governo, ci sarà detto che c'è stato un memorandum of understanding e che la Cassa depositi e prestiti è disponibile? La Cassa era disponibile anche un anno fa e aspettava un progetto.
Temo, in sintesi, che su tutto il discorso dell'Agenda digitale il ritmo con cui l'Italia si muove, e so benissimo che non è facile muoversi più velocemente di così, è assolutamente inadeguato all'importanza del tema e alla gravità della situazione, per cui penso che il Governo farebbe bene a mettere il Parlamento in condizione di dare il suo contributo affinché ci si muova più rapidamente.

JONNY CROSIO. Cercherò di essere estremamente sintetico. Ringrazio il ministro della sua disponibilità e gli chiedo, innanzitutto, due rassicurazioni, riguardo al sistema radiotelevisivo. Una riguarda l'assegnazione delle frequenze e l'assicurazione è che i territori possano mantenere e ricevere, per quanto riguarda le televisioni locali, in ordine a questa nuova assegnazione di frequenze, quello che giustamente il territorio si aspetta e su cui abbiamo vigilato e continueremo a vigilare.
In secondo luogo, non vorremmo che l'ipotizzato aumento del canone RAI debba servire ad appianare i debiti dell'azienda di Stato. Le dico da subito, a nome del mio gruppo, che vigileremo anche su questo e accetteremo esclusivamente un aumento che potrà essere ricondotto all'adeguamento ISTAT, che è giusto sia applicato.
Vorrei porre anche due riflessioni che riteniamo importanti per quanto riguarda l'Agenda digitale. La ringrazio del consiglio


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che dà alla Commissione di leggere attentamente i dati, che abbiamo letto e anche estrapolato e che condividiamo, ma che devono essere interpretati nel senso che, quando parliamo per il nostro Paese di digital divide, lo stiamo superando brillantemente in base a quella ricerca, ma ribadisco che i dati vanno interpretati.
Il nostro Paese si contraddistingue per l'uso importante di dispositivi mobili, perché siamo dei grandissimi consumatori di telefono, ma siamo sicuramente più in défaillance per quanto riguarda un utilizzo della banda di qualità. Vi invito a leggere il rapporto della commissaria Kroes, che specifica che buona parte del materiale che circola sulla rete - parliamo del 98 per cento, ad esempio, di messaggi di posta elettronica - non farà mai parte di un sistema di comunicazione interessante, dal momento che è sistematicamente cestinato. Questo mette a grande rischio tutto il sistema delle reti ed è una riflessione che in Europa attualissima e della quale tutti i Governi si stanno preoccupando.
Dai dati abbiamo ricavato che il Paese ha grosse difficoltà e a questo punto vorrei che lei potesse fare una riflessione con noi. Il nostro Paese arranca nel superamento dell'analfabetismo digitale. Tolti il figli dell'era digitale, cioè i ragazzi fino ai vent'anni, che nel nostro Paese sono uguali a quelli di tutta l'Europa, il resto del Paese ha grossissime difficoltà e questo avrà delle conseguenze nei prossimi anni, visto che i Paesi europei avranno un sistema più virtuoso nelle telecomunicazioni. Siamo fortemente preoccupati per questo e le chiediamo cosa stiamo facendo e cosa vogliamo fare.
Non mi dilungo e le pongo solo una questione che riteniamo fondamentale. L'ha già toccata il collega Gentiloni: sulle reti di nuova generazione NGN siamo molto critici, perplessi e anche delusi di quello che sta avvenendo nel nostro Paese. Le aziende private ci hanno deluso dichiarando che avrebbero voluto collaborare tra loro, come consigliato, anche in questo caso, nel rapporto sull'Agenda digitale europea, come consigliato dall'Unione europea - abbiamo letto tutti il testo - ma questo non è avvenuto.
Abbiamo confidato che il Governo, nella sua persona, ministro, ma anche chi al di fuori del suo dicastero ne ha parlato, e tante volte anche in maniera forse impropria, riuscisse a fare una maggiore sintesi per il problema delle reti di nuova generazione.
Come gruppo Lega Nord abbiamo chiesto, non più tardi di un anno fa, con una risoluzione, che il Governo scendesse in campo almeno per dare quella risposta al Paese per realizzare veramente un progetto-Paese ed effettuare almeno un'analisi che chiediamo da tempo e non abbiamo ancora.
Chiediamo di conoscere finalmente nel nostro Paese lo stato dell'arte delle reti, al fine di poter programmare un sistema-Paese efficiente e moderno. Sappiamo per certo che alcune zone del nostro Paese non hanno disponibilità di reti, ma ci sono anche zone in cui la rete è in eccesso, addirittura ridondante in un sistema, però, fine a se stesso.
Quello che chiediamo, signor ministro, senza polemizzare, è che venga fatto qualcosa, è che all'interno del suo dicastero si riesca a trovare una sintesi anche con gli operatori privati, che vanno stimolati, e facendo sì che il pubblico riesca a incontrare il territorio.
Come ricordava, e condivido, il collega Gentiloni - anche questi sono dati a disposizione di tutti - l'unica certezza in questo momento di crisi economica è che chi investe sulle reti avrà un riscontro di PIL, unica certezza, ribadisco, che i mercati internazionali oggi ci danno. Crediamo che questa sia una partita molto importante.
Le ribadisco la nostra disponibilità a condividere qualsiasi azione, eventualmente anche a far parte di un tavolo politico che più volte ci è stato prospettato, ma al quale non siamo mai stati invitati, che debba anche prendere in considerazione il lavoro delle regioni, che possono fare tanto. Tuttavia, ci risulta che le regioni siano consultate esclusivamente a


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spot, in modo particolare da parte di operatori privati che vogliono ancora cercare di creare monopoli con i quali non vogliamo avere a che fare e non abbiamo mai avuto a che fare. Grazie.

MICHELE POMPEO META. Non prenderò tutto il tempo che in modo diligente ha usato il collega Gentiloni. Credo che dovremmo dire al Ministro Romani che, se queste sono le dichiarazioni programmatiche del suo ministero, forse avremmo bisogno di una nuova relazione. Qui sono state omesse informazioni e anche valutazioni su una serie di argomenti di cui lei è titolare.
Lei è un frequentatore storico di questa Commissione, che, come dirimpettaio privilegiato, ha anche il suo ministero, le comunicazioni elettroniche, le poste e anche alcune materie in condominio con altri dicasteri. Da questa relazione io esco molto allarmato innanzitutto perché credevo che lei ci fornisse qualche notizia positiva circa la manovra che si sta votando al Senato e sulla quale nei prossimi minuti paradossalmente saremo chiamati a esprimere un parere: apro e chiudo una parentesi dicendo che non so come faremo, dati i tempi ristretti previsti per la calendarizzazione in Assemblea.
Credevo che lei ci portasse delle buone nuove rispetto alla banda larga, a questioni sulle quali con lei discutiamo sin dai tempi in cui era titolare della delega su tali materie in qualità di viceministro. Seguendo anche il dibattito politico all'interno della maggioranza e del Governo, tenendo conto del suo peso politico rilevante, mi ero illuso che alla fine in questo quadro si portassero a casa risultati in coerenza con questa sua visibilità, questo suo peso politico, che ha esercitato e sta esercitando nell'Esecutivo. Così non è e me ne dispiaccio.
Il collega Gentiloni, non voglio ritornarci, le ha illustrato un quadro chiaro e ha interloquito con lei come se fosse esclusivamente impegnato sul tradizionale fronte delle televisioni. Io credo che lei dovrebbe toglierci il dubbio e spiegare non solo come la pensa, ma qual è il programma del suo ministero su una serie di azioni sulle quali a me un po' di preoccupazione viene.
Lei dirige il Ministero dello sviluppo economico, che gestisce il tema delle privatizzazioni. Un suo predecessore ancora continua a essere processato circa iniziative che furono prese coraggiosamente in una nuova stagione politica. Mi riferisco al ministro Bersani. Oggi da qualche titolo di giornali riappare il capitolo delle privatizzazioni che, apparentemente, riguarderebbero gli enti locali, le regioni, ma per ciò che ha omesso e per la natura stessa della manovra, soprattutto dal punto di vista dell'efficacia, comincio a preoccuparmi: per caso in questo quadro i soliti noti hanno preso di mira e focalizzato i «gioielli di casa» per mettere mano - così come per Alitalia e Tirrenia - a quel pacchetto di patrimoni preziosi che rendono l'Italia ancora un Paese che può puntare a una ripresa industriale, a degli insediamenti produttivi?
Le dico francamente che quando qualcuno lo scrive, qualcuno ne quantifica il valore, qualcuno parla delle privatizzazioni con questa leggerezza un po' di angosce mi vengono. Su Tirrenia, signor ministro, e me ne dispiaccio per lei, ha dato la versione - spero, come spesso accade, che i colleghi della maggioranza dicano anch'essi quello che pensano liberamente e sono convinto che lo faranno - meno giustificabile. Lì si è scritta una delle pagine più brutte dei processi di liberalizzazione fatti da quindici anni in Italia a questa parte.
Per carità, Cappellacci non fa parte del mio schieramento politico, ma l'iniziativa alla quale lo hanno costretto per tre mesi durante l'estate è presa in supplenza di ciò che avrebbe dovuto fare la compagnia pubblica e il Governo per calmierare i prezzi. Ci siamo trovati, signor ministro, di fronte a un cartello segreto che ha visto innalzarsi il livello delle tariffe del doppio e lo stesso cartello ha avanzato l'unica offerta per acquisire Tirrenia.
È inutile che ci nascondiamo, paghi uno e prendi tre. I prezzi stimati danno la certezza di ricavare, a fronte di 320-340


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miliardi di euro di spesa, 720 miliardi di euro di rimborsi da parte dello Stato negli otto anni di durata della convenzione. Anche io potrei fare l'armatore. A quelle condizioni ciascuno di noi potrebbe e poi ce la prendiamo con Cappellacci, che ha tentato di difendere gli interessi della Sardegna saccheggiati dall'assenza dell'iniziativa, anche del Governo.
Anche della vicenda Fincantieri se ne occupa il suo dicastero. È venuto in audizione l'amministratore Bono per raccontarci che adesso sono tutte rose e fiori. C'era un piano industriale, glielo avete fatto ritirare, ha dovuto ritirarlo per le proteste sociali, elemento di rottura, ora sostiene che fino al 2014 Fincantieri non avrà problemi. Ho la sensazione che le cose si vogliano far deperire perché poi arrivano i saldi e qualcuno, come è successo per Alitalia e Tirrenia, ne possa approfittare.
Sulle privatizzazioni, Fincantieri, Finmeccanica, Poste, qual è il suo punto di vista? Si sta generando, infatti, da qualche parte un dibattito dai contorni poco chiari. Ci risponda, allora, su questo. Se non c'è tempo oggi, riaggiorniamoci perché - ripeto - la sollecitiamo a esercitare la titolarità delle sue funzioni e delle sue deleghe. Non può fare altro. Siamo un po' frustrati perché una volta il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ci fornisce una versione sulle questioni che sono «in condominio» tra i due ministeri, e passi pure, una volta lo fa lei: chi comanda? Chi ha la regia in mano? Il Ministro Tremonti? La Presidenza del Consiglio?
Questa Commissione ha il dovere di occuparsi di tante questioni, ma fin qui, anche in questa sede di audizioni, di confronto, le risposte sono state o evasive o spesso parziali.

SETTIMO NIZZI. Innanzitutto, vorrei chiedere al ministro - in ordine agli interventi infrastrutturali per il digital divide e all'intervento di Vodafone in mille dei nostri comuni - se abbiamo l'elenco dei comuni nei quali verrà speso il preannunciato miliardo di euro, e se possiamo verificarlo oppure discuterne.
Ancora oggi, in molti comuni dove la struttura produttiva è molto forte mancano infrastrutture di primaria importanza, manca un'idonea rete di trasmissione dati, di collegamento a Internet. Nel consorzio industriale della città di Olbia, il più fiorente e attivo della Sardegna, manca il collegamento a Internet ed è allucinante, e lo stesso accade in fiorenti località turistiche, come Porto Rotondo.
Vorrei, però, passare subito a quello che per noi rappresenta il problema principale dell'estate, ma soprattutto del futuro dello sviluppo della nostra isola. Stiamo quasi subendo, anche se ne parliamo spesso e siamo spesso sui giornali, un danno economico importante con la questione di Tirrenia. L'aumento dei prezzi ha fatto ridurre enormemente le prenotazioni, in campo turistico c'è stata fino a oggi una riduzione di circa 400.000 passeggeri trasportati, che interessa soprattutto il nord della Sardegna, che ha visto un calo del 10 per cento in meno. Sono aumentati i passeggeri che viaggiano per via aerea dell'8 per cento, ma quelli che viaggiano via mare si sono ridotti enormemente.
In questo modo non abbiamo lavoro, la gente non viene, in Sardegna non c'è nessuno e siamo a metà luglio, aumentano i costi dei biglietti anche per i residenti. Credo che ormai la stagione quest'anno sia assolutamente andata male.
In punto è: se si è ipotizzato che l'iniziativa della regione autonoma Sardegna potesse anche non essere direttamente in linea con la normativa nazionale ed europea, perché non abbiamo agito immediatamente, cercando di impedire che si arrivasse all'affitto delle navi per trasportare i passeggeri dal continente alla Sardegna? Dal punto di vista di noi sardi è una fortuna che ci sia qualcosa che ha calmierato un po' il mercato, ma le navi trasportano 600, al massimo 900 passeggeri, sono piccole e la gente ha preferito andare altrove. Soprattutto, mi chiedo, cosa succede dopo il 30 settembre? Cosa facciamo come Governo, come Parlamento affinché il sacrosanto diritto di muoverci,


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così come succede a tutti gli altri italiani ed europei, ci sia garantito agli stessi costi?

SILVIA VELO. Sulle questioni del servizio postale ci sono già molte interrogazioni giacenti di colleghi: in tante parti d'Italia - riferisco della mia regione e della costa toscana in particolare - si segnalano numerosissimi disagi nel servizio di consegna postale tutto l'anno e che si accentuano nel periodo estivo con le sostituzioni non fatte per le ferie, i sostituti che non vengono affiancati da chi svolge il servizio regolarmente, che non trovano gli utenti a cui consegnare la posta.
Si tratta forse di un problema minimale dal punto di vista della nostra discussione di alto profilo, ma riguarda imprese e cittadini italiani e credo che il Governo, proprietario delle Poste e titolare del contratto di servizio, debba dare una risposta che non può essere la stessa delle nostre interrogazioni a metà estate, in cui ci si dice che ci si attiverà per risolvere. Questi disagi vanno prevenuti.

LUDOVICO VICO. Sarò brevissimo. A proposito dell'information technology, mi sembra che il 12 luglio siano stati pubblicati i bandi di vendita per Eutelia e Agile, una vicenda che ha avuto anche bisogno del recente decreto-legge cosiddetto «sviluppo» per comporre nel quadro generale una richiesta che dalle parti sociali era avvenuta in ordine alle cosiddette offerte vincolanti.
Come ella sa, c'è anche la vicenda complessa della norma nel decreto sviluppo che sana quella grave operazione infausta che fu Omega: vorrei semplicemente ricordarle che l'offerta vincolante, così come ella l'ha convenuta ed è stata tradotta in seno al decreto sviluppo, riguarda 500 posti di lavoro di Eutelia, 1.800 lavoratori di Agile e 14.000 chilometri di rete TLC di Agile. Sentivo, quindi, il bisogno, come è stato espresso dai sindacati dei lavoratori e delle RSU, di avere in questa sede una conferma di quegli impegni assunti.
Inoltre, come ella sa, io sono componente della X Commissione e per interloquire con lei devo venire in Commissione trasporti; accade anche che per il DPS e che per i FAS si rischi di andare a parlare con il Ministro per i rapporti con le regioni; che per molte questioni energetiche bisogna andare dal Ministero dell'ambiente. Forse è il caso che anche su questa materia un minimo di ordine sia riportato. Grazie.

ANTONIO MEREU. Non vorrei annoiare i colleghi e il ministro se torno a parlare del problema della Sardegna. Nel ricollegarmi a chi mi ha preceduto, vorrei semplicemente porre l'attenzione su altre problematiche, che riguardano proprio lo sviluppo della nostra regione.
Il ministro certamente già conosce la nostra situazione perché si sta interessando anche di problemi legati alla nostra industria, e quindi è senz'altro a conoscenza del fatto che sull'isola abbiamo, tra l'altro, grosse industrie di trasformazione, per cui occorre l'importazione e l'esportazione di prodotti. Siamo, quindi, legati necessariamente al mare, unica possibilità per commerciare. Il problema non riguarda, dunque, a mio avviso, solo la Sardegna, ma l'intera nazione se vogliamo che quelle industrie oggi di importanza strategica internazionale continuino a essere produttive per i sardi, ma soprattutto per l'Italia.
Quanto a Tirrenia, la vendita è stata necessaria e su essa tutti abbiamo convenuto in quanto non potevamo sopportare passivi così elevati da parte della società, ma non possiamo trasformarla in una vendita che faccia esclusivamente cassa. Ci aspettavamo che a questa sarebbero dovuti corrispondere un miglioramento del servizio e un abbattimento dei costi di cui mi lamentavo. Come, invece, anche i colleghi hanno messo in evidenza, ci troviamo in una situazione per la quale probabilmente, se avessi un po' di coraggio, potrei essere anche io un acquirente perché troverei sicuramente dei vantaggi enormi visto che la società acquirente avrà dei contributi di significativo importo per otto anni.


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Credo, quindi, che il Governo debba porre un'attenzione maggiore, al di là delle competenze proprie del ministro. Non possiamo continuare a fare attività parlamentare senza risultati: la Camera si è interessata a questo problema diverse volte e, non ultimo, abbiamo fatto approvare quattro mozioni diverse da quattro partiti e componenti della Camera e quindi ci aspettavamo che il Governo desse valore a queste approvazioni perché la situazione sta diventando insostenibile.
Mi sembra, tra l'altro, giusta l'iniziativa del presidente della regione Sardegna, che forse per la prima volta ha avuto un coraggio fuori del normale. Non potevamo stare a guardare che altri potessero continuare a metterci in difficoltà. Si tratta, lo ripeto, di una difficoltà che non riguarda solo il turismo, pure importante, ma i trasporti e, siccome stiamo affrontando a livello internazionale problemi sulla parte economica del nostro Paese, credo che si debba avere un'attenzione maggiore. Siamo soprattutto convinti che quanto sosteniamo sia perseguibile e necessario perché la Sardegna e l'Italia possano effettivamente uscire da una crisi che le vede ormai sommerse in tutti i campi. Grazie.

MARCO DESIDERATI. La mia, ministro, non è proprio una domanda. Lei mi ha fornito uno spunto di riflessione parlando di Tirrenia e sostenendo che il privato ha un po' di timore a entrare in un mercato «corrotto», come lo ha definito, in qualche modo drogato dalla presenza del pubblico, che non si sa bene dove possa arrivare e che «danno» possa recare in questo settore.
Tuttavia, ministro, se io e lei fossimo presidenti della regione Sardegna, probabilmente per la nostra terra e il nostro popolo ci saremmo mossi come il presidente Cappellacci. A volte serve anche dare un segno della presenza, della vicinanza alla popolazione.
Lei, però, ha evidenziato un problema oggettivo della vicenda relativa a Tirrenia, ma credo un po' comune anche ad altri settori: in passato, in Commissione abbiamo svolto un'indagine conoscitiva sul trasporto aereo e abbiamo avuto la sensazione che anche pratiche di questo genere, in cui le amministrazioni pubbliche investono quattrini e risorse su vettori privati per incrementare il numero dei passeggeri nei propri aeroporti, corrompessero un po' il mercato.
Dico, allora, a lei, che rappresenta il Governo, ma anche ai colleghi, che rappresentano il legislatore, che avrebbe forse senso che cominciassimo a ragionare. Meridiana arriva e ci dice che, siccome Ryanair porta tanti passeggeri in Sardegna, deve mettere mille persone in cassa integrazione, facendo così sorgere anche il dubbio che forse Ryanair riceva una compensazione per questo servizio.
Lasciando stare l'utilità della Sardegna in questo caso, rimane il fatto che aziende italiane possono trovarsi in difficoltà per questo tipo di comportamento, per cui chiedo a lei e ai colleghi di cominciare a ragionare sul fatto se sia corretto un comportamento di questo genere o se, in qualche modo, debba essere regolamentato. Diversamente, ci troveremo di fronte a imprenditori privati che investono denaro e poi si trovano fuori mercato perché le strategie pubbliche, spesso sacrosante ma che magari hanno modalità di attivazione non proprio corrette o che stanno nelle regole del mercato, recano grossi danni.

MARIO LOVELLI. Avevo chiesto 15 secondi e cercherò di mantenere il mio impegno. Il contratto di programma con Poste Italiane in scadenza nel 2011 è stato finalmente firmato? È già impostato sulla base dell'avvio del processo di liberalizzazione?
Inoltre, lei ha fatto riferimento a un costo netto a carico dello Stato intorno ai 350 milioni di euro all'anno: ritiene che questa debba essere la base del costo per i prossimi anni partendo dal presupposto che, come ha già detto qualche collega, oggi registriamo un calo del servizio, a cominciare da quelli erogati il sabato, che


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non giustificherebbero il mantenimento di un costo per lo Stato come era in precedenza?
Vorrei, inoltre, sapere, se è già diventata operativa l'Agenzia postale che è stata istituita. Grazie.

MAURO PILI. Entrerò direttamente nella questione che più ci riguarda, che non è quella relativa alla regione Sardegna. Vorrei, infatti, sgombrare il campo da questa lettura, che molto spesso noi stessi diamo, che la questione legata alla vendita della Tirrenia sia un fatto regionale. Si tratta, innanzitutto, di una questione nazionale e, soprattutto, dell'aspetto della legalità, non di legittimità, nella vendita della Tirrenia, che deve essere oggetto di valutazione di questa Commissione. A mio giudizio si sta procedendo ad una vendita illegale della Tirrenia.
Si sono configurate, infatti, alcune condizioni in questo ultimo anno che hanno facilitato il gruppo Cin attraverso un'operazione che ha visto il commissario della Tirrenia D'Andrea vietare alla Sardegna l'utilizzo di una tratta, quella tra Genova e Olbia, che ha generato un aumento del 130 per cento da parte di tutti gli operatori sulle tratte verso la Sardegna.
Questo, ovviamente, ha generato per Moby Lines, Grimaldi, Corsica Sardinia Ferries un gettito di entrate durante la stagione estiva che reputo assolutamente grave perché, di fatto, ha costituito - utilizzo al contrario la parola del ministro - il «malloppo» per pagare una quota dell'acquisto della Tirrenia.
Di fatto, i soggetti privati sono stati facilitati da una gestione dissennata e scorretta del commissario straordinario nella gestione di una nave che, tra l'altro, è stata utilizzata sulla tratta Genova-Porto Torres, dove eventualmente poteva essere attivato un regime di mercato, mentre è stata utilizzata senza alcuna regola.
Credo che sia assolutamente davanti agli occhi di tutti che il Governo disattende sistematicamente gli impegni contenuti nella risoluzione approvata da questa Commissione e nella mozione approvata all'unanimità dal Parlamento, - tutti conosciamo la stima nei confronti del Ministro Romani, ma non è questa in discussione - dal momento che stiamo aspettando da dieci giorni una risposta indispensabile per procedere alla vendita della Tirrenia. Il Parlamento all'unanimità vuole conoscere le tratte, le frequenze, la tariffa e la tipologia delle navi.
Non stiamo parlando, infatti, di tariffe agevolate - anche qui vorrei sgombrare il campo da confusioni - né di tariffe di vantaggio, ma di tariffe di riequilibrio, in modo da metterci nelle condizioni e mettere nelle condizioni il Paese, cioè il sistema-Italia, di rendere tutte le regioni connesse a pari condizioni di tutte le altre regioni europee.
Mi riferisco a un parametro gravissimo: stiamo consegnando a questi signori una compagnia di navigazione che è stata sì, secondo la cifra richiamata dal Ministro Romani, valutata 380,1 milioni di euro, ma è altrettanto vero che questi signori prenderanno nei prossimi cinque anni 576 milioni di euro per gestire le tratte di continuità territoriale dalla Sardegna verso il continente.
Se la continuità territoriale non viene codificata alla compagnia Cin - è grave che non sia stato fatto sino adesso - prima della vendita della Tirrenia, siamo di fronte a una truffa. Lo affermo in maniera molto chiara perché significa che questo denaro pubblico andrà in mano di privati, che non garantiranno la logica che il diritto costituzionale alla mobilità e quello comunitario hanno sancito di poter rendere il servizio di pubblica utilità un elemento caratterizzante del sistema europeo.
In questa direzione va bloccata qualsiasi attività da qui al 22 luglio se questa Commissione è stata indicata dalla Camera all'unanimità come quella che deve occuparsi della convenzione di continuità. Siccome, inoltre, questa convenzione pare essere segreta, vorrei fornire alcuni dati dal momento che sono in possesso di un ipotesi di convenzione. Da questo schema in possesso del Governo e delle compagnie risulterebbe, infatti, che i sardi pagherebbero molto di più di quanto non pagano i


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non residenti, laddove invece la Camera all'unanimità si è pronunciata per una tariffa unica residenti/ non residenti. Non è pensabile che il cittadino di Roma che va a Milano con la Freccia Rossa paghi 50 euro e il cittadino di Milano che va a Roma e paga lo stesso, ma debba essere, invece, condizionato diversamente per attraversare il mare quando secondo una norma comunitaria il costo ferroviario chilometrico deve essere attuato nel regime di continuità territoriale, marittima e aerea.
Il mio invito al ministro, quindi, è di dirimere la questione della competenza sulla vendita con il collega Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e, conseguentemente, e conseguentemente su questo altro aspetto delicatissimo, perché la continuità territoriale, nel pacchetto di vendita della Tirrenia, è la parte più rilevante.
Dare alla Cin 576 milioni di euro senza codifiche, in base anche ai criteri per la determinazione degli oneri di servizio pubblico approvati dal CIPE quattro anni fa, significa fare un regalo di Stato a dei signori che, certamente, in questo ultimo anno, ma anche precedentemente, non si sono comportati secondo la condizione minima di rispetto del diritto alla mobilità. Hanno, piuttosto, ricattato la Sardegna in un periodo assolutamente delicato come quello della stagione estiva proponendo un incremento del 130 per cento, indebito per il quale l'Authority ha già avviato una procedura di infrazione. Crediamo, l'ho detto a qualche collega, ci sia stato palesemente un cartello neanche troppo segreto che ha condizionato reazioni difficilmente sostenibili sul piano economico. È chiaro, infatti, che il progetto della regione Sardegna non potrà andare oltre settembre perché tutti comprendono che è difficile sostenere un onere di quella portata, ma è altrettanto vero che non è accettabile che il Governo e lo Stato si lavino le mani di una questione fondamentale che vale 576 milioni di euro.

MARIO TULLO. Innanzitutto, vorrei ringraziare il Ministro Romani perché ho apprezzato quanto si sia speso per il ritiro del piano di Fincantieri, che aveva creato molti problemi.
Questa è l'ultima di tre audizioni, che si sono susseguite una all'altra, in cui questi temi si sono sovrapposti e intrecciati, che hanno avuto come protagonisti l'amministratore delegato Bono, il Ministro Matteoli e lei oggi. Le chiediamo di continuare con attenzione. Servirebbe un piano perché la cantieristica vive ancora problemi e noi abbiamo incertezze, dovute talvolta anche alle affermazioni di alcuni ministri. Penso al recente intervento del Ministro La Russa sul programma del FREMM, la multiruolo che lei aveva annunciato, che però non risulta ancora appaltata.
Vi sono prodotti che la Protezione civile ci chiede di realizzare in un momento come questo e forse bisognerebbe provare a partire anche da proposte che questa Commissione ha iniziato a discutere, come l'esercizio delle navi per il recupero di idrocarburi in mare. Riteniamo, infatti, che nel 2014 possa esserci la ripresa del mercato delle costruzioni. Benché oggi io non sia qui per dare giudizi su come si è proceduto alla privatizzazione di Tirrenia - l'abbiamo già fatto in altre occasioni e - sottoscrivo totalmente l'intervento del collega Pili. Questi signori si troveranno tra le mani una straordinaria opportunità e credo che il Governo possa avere un'interlocuzione perché saranno costretti a rimodernare le navi. Molte, infatti, non sono in regola e Cin dovrà assumere anche questo ruolo: lavoriamo, lavorate perché possa, ad esempio, trovare un'interlocuzione con Fincantieri per dare un po' di respiro e possibilità di lavoro nei prossimi anni alla cantieristica.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Romani per la replica.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Vi chiedo scusa, ma avevo intuito che oggi in questa Commissione fosse mio dovere condividere con voi la relazione anche per quanto riguarda le comunicazioni e la risposta Tirrenia, ma come ben sapete, non mi sottraggo a nulla


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e raccolgo la provocazione dell'onorevole Meta partendo proprio da lui.
Lo ringrazio dell'accreditarmi un ruolo nell'Esecutivo superiore, a mio avviso, a quello che modestamente penso di avere. Parto da Fincantieri visto che su questo punto sicuramente la competenza è del nostro ministero.
Il presidente Meta sa bene che, avendo presieduto per cinque anni la Commissione Trasporti, so esattamente dove si fermano i trasporti e dove cominciano le infrastrutture. Fincantieri è un'infrastruttura, Tirrenia purtroppo mi riguarda per un pezzetto molto limitato e tutte le problematiche che sono state esposte in questa sede non riguardano direttamente me, ma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per cui non vorrei sovrappormi alle risposte che il Ministro Matteoli probabilmente in questa sede ha dato o deve ancora dare.
Sono effettivamente intervenuto con decisione rispetto al piano di ristrutturazione esposto dall'amministratore delegato Bono ai sindacati, che ha creato una reazione da parte dei sindacati e dei lavoratori su un meccanismo che non contemplava in quella sede l'ufficializzazione di un nuovo piano industriale che prevedeva esuberi per 2.551 lavoratori.
Quando l'amministratore delegato Bono ha proposto ai sindacati questo piano, il Governo ha ritenuto opportuno, e rientrava a mio avviso nelle competenze del ministero, dirgli che mancavano le condizioni per il modo o per il percorso che abbiamo intravisto nella sua esposizione.
Abbiamo tante eccellenze industriali e il Governo ritiene che l'eccellenza della cantieristica sia uno dei pilastri fondamentali del nostro sistema industriale. Quando ho chiesto ad alcuni armatori italiani, che purtroppo non abitano in Italia, ma che sono italianissimi, cosa pensassero dell'eccellenza cantieristica italiana e che prezzi avesse, la risposta è stata largamente positiva: abbiamo un'eccellenza nella cantieristica e prezzi competitivi. Questo mi ha rassicurato.
Abbiamo un problema: voi sapete che in Francia e Germania c'è un unico grande cantiere, mentre noi ne abbiamo otto. La suddivisione, pur nell'eccellenza, di ciò che produciamo e progettiamo e anche nell'eccellenza della competitività in termini economici purtroppo si suddivide in un numero eccessivo di scali, ma questo può anche non essere un problema.
Come si è mosso il Governo immediatamente dopo il blocco di quel piano industriale? Innanzitutto, ha coinvolto le due regioni in cui il modello sembrava avere un problema di crisi maggiore che non Liguria e Campania. Era già in fase di studio un accordo di programma che riguarda quello che a Genova si chiama «ribaltamento a mare» della cantieristica - l'onorevole Biasotti sa bene di cosa parlo - e posso annunciarvi che entro luglio firmeremo l'accordo di programma che riguarda il ribaltamento a mare della cantieristica, un collegamento verso l'off-shore delle petroliere dell'ENI con investimenti di 50 milioni di euro, una partecipazione della regione Liguria a questo piano e la condivisione con il ministero, che complessivamente portano a un investimento di 250 milioni di euro, e questo tende anche a risolvere il problema al sindaco Vincenzi sulla viabilità cittadina.
Si tratta, quindi, di una rivoluzione complessiva del sistema industriale genovese, che implica anche degli effetti largamente positivi per la città di Genova. Questo vale, però, se fatto in vigenza di costruzione. Il piano di Bono prevedeva che ne rimanessero 100 attivi, mentre noi abbiamo chiesto che Genova continuasse a costruire.
Castellammare di Stabia rappresenta l'altro punto di crisi. Lì il problema, per certi versi, è molto più complesso. Ho assicurato e mi sono assicurato che tutte le rivoluzioni, le conversioni di carattere industriale possano avvenire - e, se condivise, a maggior ragione - se nel frattempo si continua a lavorare. Non si possono lasciare gli scavi senza costruzioni.
A Napoli erano previsti de pattugliatori, seguirà una nave al plasma. Non si tratta


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di ciò di cui parlava lei, onorevole Tullo, ma della raccolta di rifiuti. Esiste la possibilità di altre costruzioni, ci sono offerte di altri armatori anche italiani per piattaforme più povere e che noi italiani potremmo anche costruire, ma a prezzi competitivi, quindi sopportando un onere per l'azienda, in questo caso Fincantieri, maggiori di quelli tollerabili in un momento di crisi.
Tuttavia, si tratta pur sempre di una grande azienda come Fincantieri, che ancora nel 2010 fattura complessivamente 3 miliardi 200 milioni di euro, mantenendo un organico di circa 10.000 persone, che però ha al proprio intorno altre 30.000 persone di indotto all'interno del quale Castellammare impiega 649 persone. L'indotto di Castellammare è, però più del doppio, come eccellenze di piccole officine meccaniche che possono rifornire altri scali in giro per l'Italia. Abbiamo, dunque, tanti punti di eccellenza: si tratta di coordinarli e di organizzarli al meglio.
Abbiamo cercato di assicurare che gli slot, che nei cantieri tedeschi sono tutti pieni fino al 2016, fossero riempiti anche nella Fincantieri italiana e potessero partecipare all'accordo di questi slot tutte le società armatrici, tra cui ad esempio, MSC, che fino a ieri costruiva in Francia.
Nelle grandi navi da crociera da 130-140.000 tonnellate, infatti, la piattaforma è la parte per certi versi più povera, dal momento che la ricchezza di quella costruzione, che costituisce i due terzi del costo - attiene a ciò che ci si mette dentro, che non è di pertinenza diretta dei cantieri, ma del made in Italy che vi ruota intorno. È obbligatorio, quindi, non solo un processo industriale che privilegi la cantieristica, ma che privilegi il modello italiano di piccole e medie aziende. Andando a costruire in Francia, infatti, MSC aveva tutto il made in Italy che si trasferiva lì: è assurdo immaginare che questo non possa avvenire nel nostro Paese.
Il processo di riconversione di Fincantieri, però, deve avere un punto di coordinamento. Ecco perché ho chiesto a Fintecna, azionista di Fincantieri, di attivarsi per un accordo di advisor con Roland Berger, che prima dell'estate produrrà un piano industriale. Non esiste, infatti, un piano di strategia industriale che sia compatibile con le cose che vi sto riportando.
Abbiamo sicuramente l'impressione che il punto di crisi sia stato altissimo, un meno 85 per cento degli ordini, una crisi della cantieristica internazionale. È pur vero che in Corea e in Cina producono a costi per noi inimmaginabili in termini di competizione internazionale. Il costo dell'operaio medio sudcoreano e cinese è per noi inavvicinabile. Eppure, l'eccellenza italiana è significativa non solo nel campo civile, ma anche in quello militare.
Nonostante il rallentamento degli investimenti - lei ha citato prima le FREMM, sabato ne variamo una e sarà un'occasione anche di benvenuto - lei saprà che circa un miliardo delle risorse del Ministero dello sviluppo economico sono dedicate agli investimenti in campo militare, e non solo ovviamente, per navi, per mezzi dell'aeronautica e per le tecnologie più avanzate.
Sulla nave multiruolo ho annunciato recentemente un iniziale investimento di 18 milioni di euro che diventerà decennale. È una nave multiruolo per Protezione civile, nel senso che ha anche una funzione militare quindi è di particolare accuratezza. Tenete conto che, ad esempio, se MSC, come mi auguro, insieme a Royal Caribbean e a Costa e Carnival mantenesse la presenza nei cantieri italiani, come può, ogni grande nave da crociera ha un valore complessivo di circa 500 milioni, per cui le quattro navi che, eventualmente, MSC potrebbe costruire in Italia da sole rappresenterebbero quasi l'80 per cento del fatturato di un anno di Fincantieri trattandosi complessivamente 2 miliardi di euro.
Abbiamo, quindi, un processo industriale importante. Il Governo, come potete apprezzare dalle cose che vi sto dicendo, è molto presente sull'argomento. È una questione alla quale tengo particolarmente, inoltre, in ragione di una vecchia origine nautica, quindi ne parlo anche con un minimo di competenza ed è un argomento che ho particolarmente a cuore


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anche perché il Governo si è impegnato personalmente, nella persona del suo ministro, anche di fronte ai lavoratori per mantenere un impegno preciso su questo punto.

LUDOVICO VICO. Ministro, sarebbe bene che anche Bono sapesse queste cose.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Le sa.

LUDOVICO VICO. Non le ha dette, però, ieri. Glielo dico solo per informarla.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Può darsi che la riservatezza di azienda che lo contraddistingue gli abbia impedito di parlare con maggiore chiarezza, ma non penso di aver detto cose che violano la riservatezza della strategia aziendale.
Per quanto riguarda le privatizzazioni, è vero quello che lei dice, onorevole Meta, ma le leggo il testo del decreto-legge in discussione: «Entro il 31 dicembre 2013 - questa è la modifica approvata, adesso il Senato ha votato anche la fiducia - il Ministero dell'economia e della finanza, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, approva, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali. I programmi di dismissione dopo l'approvazione sono immediatamente trasmessi al Parlamento. Le modalità di alienazione sono stabilite con uno o più decreti del Ministero dell'economia, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e di non discriminazione. Il Ministro dell'economia riferisce al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di attuazione del piano». È una possibilità e mi sembrava importante sottolinearlo.
Onorevole Gentiloni, scommetto con te che Mediaset non prenderà il canale 58.
Per quanto riguarda gli 800 milioni iniziali che sono divenuti successivamente 100, chiariamoci una volta per tutte: i circa 400 milioni di euro di cui parlavo, come ha detto giustamente Paolo Gentiloni, erano stati assegnati anche dal precedente Governo a Infratel perché chiudesse il problema del divario digitale. Infratel ha lavorato bene, ha fatto la chiusura di una parte del divario digitale che ha portato da 7,8 milioni i cittadini italiani, quali erano nel 2009 in divario digitale, a circa 4,5 milioni di oggi, quindi ha proceduto alla chiusura di circa - lo sta raggiungendo in queste settimane - il 50 per cento del digital divide.
Come ho cercato di spiegare, è ovvio che l'evoluzione è molto rapida, e quindi, siccome le aree a fallimento di mercato non sono così facilmente identificabili e mutano a seconda anche dell'abitudine, del consumo e del device elettronico da parte dei cittadini italiani, è immaginabile, ma è già successo, che le aree considerate a divario digitale non lo siano più, e quindi ci sia qualcuno che fa un'offerta di connessione in rete che prima non c'era e che si chiuda in quella zona il problema del divario digitale.
Nel PNR è scritto che c'è una disponibilità fino a 370 milioni da destinare al potenziamento dell'accesso in rete, in più oltre ai 400 milioni già in cassa, e che noi, però, abbiamo definito come immediatamente disponibili i 100 milioni più la possibilità della Cassa depositi e prestiti a partecipare alla definizione delle infrastrutture.
Stiamo tendenzialmente aspettando, innanzitutto, perché i soldi che sono in cassa non sono stati ancora complessivamente spesi, quindi non ho bisogno di mettere 100 milioni subito a disposizione di Infratel, che ha ancora in cassa soldi. È inutile, quindi, che addirittura faccia anticipazioni rispetto a una non necessità di cassa.
In secondo luogo, e cerco di rispondere alla seconda domanda di Gentiloni, sarà stato anche lungo il passaggio tra la firma del memorandum del 22 novembre e oggi, ma non è semplicissimo mettere insieme venti aziende, di cui quattro maggiori, nella differenza che c'è tra il jeeb on e il


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peer-to-peer, due tecnologie tendenzialmente non coincidenti, anzi sicuramente in opposizione.
Tuttavia, lavorando sull'infrastruttura di rete stiamo cercando di superare comunque la difficoltà e, in nome del principio della sussidiarietà - posso parlarvene per ore, ma vi risparmierei i particolari - per cui non possiamo dare aiuti di Stato laddove c'è già un regime di concorrenza tra gli operatori in base alla normativa europea, riteniamo che entro luglio si possa giungere alla conclusione.
Riteniamo che lo Stato debba fare la sua parte, ma in questo caso sarà la cassa depositi e prestiti a fare per lo più la sua parte, immaginando e verificando soprattutto che l'ex incumbent svolga fino in fondo un ruolo di ex incumbent - al di là delle polemiche, che sono state chiuse, suscitate dall'articolo di Bernabè.
Di reti in Italia ce ne sarà una, non potranno essercene mille. Una era, una è e una sarà. Il problema è anche il combinato disposto tra il Governo, che fa strategie industriali, gli operatori, che vi partecipano e le condividono, e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che definisce i termini della regolamentazione del passaggio alla fibra. Senza quel terzo protagonista, infatti, che è l'Autorità, difficilmente si riuscirà a produrre reddito rispetto a questo tipo di trasformazione.
Non si tratta, dunque, di un meccanismo semplicissimo, ma il Governo ha fatto, a mio parere, fino in fondo la sua parte anche nell'ottica di adeguarsi alle trasformazioni tecnologiche che ho cercato di descrivervi in premessa.
Onorevole Crosio, quanto alle emittenti locali, innanzitutto confermo e lo ribadisco a Gentiloni, che l'emittenza locale non sarà schiacciata. Fatemi l'esempio di una regione dove le tv locali hanno un numero inferiore a un terzo di canali assegnati a loro. Sapete che l'Europa nel meccanismo di interazione ha definito 25 reti nazionali e su tale numero, lo ribadisco, vorremmo limitarci, anche se moltissime televisioni locali, comprando frequenze, in base a un codicillo della legge Gasparri relativo alla trasmissione in analogico, stanno chiedendo la trasformazione che in analogico era consentita ma che nel digitale, a mio avviso, non è più consentita, per la trasformazione di un'autorizzazione ad associazioni di emittenti locali comparate di frequenze in un'autorizzazione di carattere nazionale.
Vorremmo assentire alle 25 emittenti nazionali definite con tanto di esenzione di canale a un netto nazionale fatto dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Le emittenti, quindi, a mio avviso non corrono nessun rischio nella misura in cui assegniamo delle risorse a coloro che, rispetto alla domanda, rispondono di non aver più voglia di fare televisione nella quantità richiesta, ovvero nel passaggio uno a uno, un canale analogico sei canali digitali attraverso il mux, non ce la fanno a fare sei canali digitali e preferiscono fare i fornitori di contenuti. Chi è entrato in graduatoria ha l'obbligo di riservare quei due canali a coloro che non vogliono più farlo in cambio anche di risorse perché il passaggio si è, per certi versi, facilitato. Non vedo, quindi, nessun tipo di possibilità.
Onorevole Gentiloni, le chiedo scusa, spero che lei faccia il tifo perché la gara funzioni, per cui se siamo stati un po' coercitivi nella definizione dei termini di gara è stato a vantaggio del Paese. Io penso che tra avere la banda 800 libera per fare LTE e avere un numero eccessivo...

PAOLO GENTILONI SILVERI. Siete stati generosi con alcuni e coercitivi con altri.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Non credo, e comunque spero che le faccia il tifo con noi perché il maggior numero possibile di risorse arrivi alle casse dello Stato e la maggiore possibilità di trasmettere per il 4G sulla banda 800 possa realizzarsi.
Onorevole Nizzi, sul problema Tirrenia rispondo a lei e un po' a tutti. Vorrei


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leggervi l'unica cosa che mi sento di leggere oggi. Noi abbiamo competenze industriali ovunque, e quindi il problema Tirrenia ci riguarda direttamente nel momento in cui c'è un comitato di sorveglianza e osserviamo bene da vicino l'operato dell'amministrazione straordinaria per quanto riguarda la vendita di Tirrenia, come delle altre 93 amministrazioni straordinarie che abbiamo in carico. Ribadisco che nel corso dell'ultimo incontro dell'8 luglio è stato avviato un percorso «volto alla definizione delle integrazioni che potranno essere di lì apportate allo schema di convenzione di pubblico servizio e di collegamento marittimo, di cui alla legge 1o ottobre 2010, n. 163, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125 che intanto sarà stipulato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il soggetto acquirente di Tirrenia affinché il nuovo regime convenzionale rifletta le evidenze della regione Sardegna, del Ministero concedente e di Cin. Al centro della riflessione la questione della continuità territoriale, che potrà essere declinata dalle parti sulla base degli orientamenti di regione Sardegna».
Non sono, ovviamente, d'accordo sulle analisi che l'onorevole Pili ha fatto sulla gestione della vendita di Tirrenia, ma potrà capire che sarebbe molto difficile che io fossi d'accordo con le posizioni che ha sostenuto.
Su cosa accadrà dopo il 30 settembre, onorevole Nizzi, ribadisco quello che ho detto, e cioè che è una domanda che deve rivolgere al Ministro Matteoli in base, mi auguro, alle risultanze e agli accordi che saranno presi. Avendo noi dato scadenza 22 luglio per la vendita di Tirrenia, è ovvio che ci auguriamo che la quotidianità degli incontri consenta a tutti i protagonisti di arrivare a una soluzione condivisa.
Quanto alle osservazioni dell'onorevole Velo, sapete che la fornitura della consegna della posta avviene con personale a tempo determinato. La stagionalità della posta obbliga le Poste ad avere, oltre ai moltissimi dipendenti a tempo indeterminato, anche molti a tempo determinato, per cui è ovvio, come è sempre accaduto, che il personale a tempo determinato comporti manchevolezze e disservizi. Fa parte del meccanismo che abbiamo affrontato tantissime volte in questa Commissione, con tantissime interrogazioni sull'argomento, alle quali spesso è stata data anche una risposta burocratica.
Onorevole Vico, per Agile ed Eutelia abbiamo dovuto fare una modifica nella norma perché non riuscivamo ad abbinare le due amministrazioni in quanto avevamo, ovviamente, offerte molto interessate e interessanti per Eutelia, dove c'è l'asset più consistente, e non ne avevamo per Agile. Adesso accettiamo solo offerte che riguardano l'intero comparto, perché in un caso ci sono 500 persone impiegate e nell'altro 1.500.. Cominciano ad arrivarne finalmente alcune, per cui anche questo è un problema che proprio con la norma che abbiamo inserito mi sembra che vada in rapida soluzione.
Per quanto riguarda le Poste, il contratto di programma, onorevole Lovelli, è stato stipulato nel novembre 2010. Ovviamente, parliamo del contratto per il periodo 2009-2011. Non è colpa nostra se abbiamo ritardato. Lei sa che è un ritardo storico, come il contratto di sevizio della RAI. Abbiamo cercato in questo caso di muoverci abbastanza velocemente, quanto meno di non approvarlo addirittura dopo la scadenza, come già era accaduto nel passato. Ovviamente, il NARS, Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità, ha espresso un parere positivo e oggi è in corso di approvazione al CIPE, quindi manca ancora l'ultimo passaggio. L'Agenzia per la regolamentazione dei servizi postali è costituita regolarmente. Spero che il più presto possibile diventi operativa.
Onorevole Desiderati, condivido la sua riflessione. Cappellacci ha fatto fino in fondo il suo mestiere. Diciamo che chiunque di noi nelle medesime condizioni forse avrebbe fatto lo stesso.
Onorevole Mereu, lei sa che abbiamo avuto un'attenzione alle industrie sarde.


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Da Eurallumina a Portovesme, all'investimento di 450 milioni di ENI per ChimicaVerde, penso che questo Governo abbia veramente mostrato una grossa attenzione, in alcuni casi trovando anche delle soluzioni. Per il problema dei collegamenti, ovviamente, la risposta sta nelle parole che ho già speso per gli altri.
Mi pare che anche l'onorevole Tullo proponesse il problema di Fincantieri, ma mi sembra di aver risposto.
Credo di aver risposto quasi a tutto. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dello sviluppo economico e i suoi collaboratori e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,35.

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