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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (IX e XIV)
3.
Martedì 8 febbraio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulla liberalizzazione dei servizi postali alla luce della direttiva 2008/6/CE (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Valducci Mario, Presidente ... 2 8 16
Desiderati Marco (LNP) ... 13
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 13
Gentiloni Silveri Paolo (PD) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 8 9
Lovelli Mario (PD) ... 12
Monai Carlo (IdV) ... 9
Romani Paolo, Ministro dello sviluppo economico ... 2 9 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONI RIUNITE (IX E XIV)
IX (TRASPORTI) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 8 febbraio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IX COMMISSIONE
MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulla liberalizzazione dei servizi postali alla luce della direttiva 2008/6/CE.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulla liberalizzazione dei servizi postali alla luce della direttiva 2008/6/CE.
Do la parola al Ministro dello sviluppo economico, onorevole Paolo Romani.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor presidente, onorevoli commissari, il mio intervento intende fornire alcuni elementi di riflessione in ordine allo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 22 dicembre 2010, recante attuazione della direttiva 2008/6/CE che, modificando la direttiva 97/67/CE, completa il processo di apertura del mercato interno dei servizi postali comunitari alla libera concorrenza.
Nel mercato delle comunicazioni abbiamo accettato la sfida del digitale cogliendo le opportunità che ne derivano per ogni tipologia di offerta: lo sviluppo della banda larga, le reti di nuova generazione, l'offerta della televisione digitale terrestre.
Altrettanto intendiamo fare per il settore postale. Dopo che per lungo tempo la riserva legale ha mantenuto una situazione sostanzialmente consolidata, ci siamo trovati di fronte, così come altri Paesi europei, ad un bivio: quale liberalizzazione nel nostro Paese? Potevamo scegliere tra due opzioni: un atteggiamento prudente, attendista, che mantenesse gli assetti esistenti per contrastare il lento e costante declino degli invii postali, erosi sia dalla crisi economica attuale sia da strumenti di comunicazione alternativi tecnologicamente più avanzati, internet prima di tutto, sms, fax; oppure potevamo rilanciare, raccogliere la sfida e voler governare la situazione.
Insomma, non negare l'evidente fenomeno della «sostituzione digitale», ma affrontarlo utilizzando attivamente gli stessi strumenti alternativi al prodotto postale tradizionale.
Abbiamo scelto la seconda opzione.
La liberalizzazione del mercato postale deve essere iscritta nel più ampio tema delle politiche che, a livello comunitario, hanno per oggetto la tutela dei servizi di interesse economico generale. In questo ambito, lo sviluppo della concorrenza deve essere necessariamente bilanciato dalla necessità di perseguire obiettivi di benessere generale, prevedendo, laddove le caratteristiche del servizio lo richiedano, specifiche deroghe alle norme preposte a tutela del libero mercato.


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Anche per i servizi postali, così come per altri servizi di pubblica utilità (ad esempio energia, trasporti e le stesse telecomunicazioni), l'ordinamento dell'Unione europea contempera l'esigenza di liberalizzazione dei mercati con la necessità di garantire un servizio universale efficiente e qualitativamente adeguato.
Questa esigenza è ancora più avvertita tenendo nella giusta considerazione il ruolo importante che il servizio postale svolge nella coesione economica e sociale del Paese.
La Commissione europea, avendo cura di salvaguardare questi princìpi, ha intrapreso un processo di revisione del funzionamento del mercato postale europeo iniziato nel dicembre del 1997 (con la direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio), promuovendo un percorso di transizione sostenibile, in grado di assicurare l'universalità del servizio.
Affinché il settore postale potesse recepire le modifiche introdotte e, di conseguenza, gli operatori postali potessero predisporsi, attraverso processi di razionalizzazione e diversificazione, ad affrontare la piena apertura del mercato, la Commissione europea ha deciso di posticipare per un biennio la completa liberalizzazione, prevista inizialmente per il 2009 e poi differita al 2011.
Tutte queste considerazioni hanno contribuito a giustificare, sino a ieri, il mantenimento di un'area riservata attribuita al fornitore del servizio universale.
Oggi con la liberalizzazione siamo pronti a un nuovo mercato e a nuove regole, per un servizio universale completamente ripensato. Il percorso di attuazione del recepimento è stato particolarmente impegnativo, sia nell'analisi economica sia nel confronto con gli stakeholders, in primo luogo perché il settore dà impiego a un gran numero di lavoratori e, inoltre, perché da anni il trend dei volumi dei singoli prodotti postali non presenta significative aspettative di crescita.
Il nostro Paese per ragioni diverse (culturali, commerciali e via dicendo) presenta un livello di domanda che lo pone in posizione di fanalino di coda in Europa: 114 invii pro capite contro i 124 della Spagna, i 263 della Germania, i 318 del Regno Unito, i 420 della Francia e i ben 444 dell'Olanda.
Considerando tali fattori, si è deciso di agire mediante una pluralità di leve. Prima di tutto, con il recepimento della direttiva viene meno la quota residua di monopolio legale rappresentata dai servizi postali riservati al fornitore del servizio universale, con benefici effetti immediati di stimolo alla crescita dei mercati.
Sono quindi pienamente liberalizzate numerose tipologie di prodotti del servizio universale, quali la posta prioritaria, la posta massiva, la corrispondenza a contenuto pubblicitario inferiore a 10.000 invii, le raccomandate della pubblica amministrazione.
Con l'attuazione del provvedimento circa l'80 per cento dei ricavi del mercato, in precedenza riservato a Poste Italiane, diventerà potenzialmente contendibile, con conseguente maggiore pressione concorrenziale. Si tratta di un evento molto atteso dal mercato e dagli operatori. In particolare, le raccomandate della pubblica amministrazione potranno essere affidate non più solo a Poste Italiane, ma anche ad operatori alternativi, nel rispetto delle normative sugli affidamenti.
Si è deciso, invece, di mantenere, così come previsto dall'articolo 8 della direttiva, la legislazione speciale solo su quei prodotti la cui emissione, accettazione e distribuzione devono garantire esigenze di pubblica sicurezza, interesse pubblico generale e integrità del contenuto. Si tratta sostanzialmente dell'emissione dei valori postali e della distribuzione degli atti giudiziari, per i quali devono essere sempre assicurate modalità di espletamento del servizio che rispettino le garanzie fondamentali di interesse pubblico e di pubblica sicurezza, per la rilevanza del contenuto oggetto dell'invio.
La scelta di affidare a Poste Italiane determinate categorie di invii trova ampia


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giustificazione nella necessità di garantire ai cittadini sicurezza, integrità dei plichi, affidabilità del recapito, confidenzialità dei contenuti, nonché il conferimento del pieno valore legale dell'invio ai sensi di legge. Sulla decisione ha influito sicuramente il ruolo svolto dal fornitore del servizio universale, che rappresenta l'unico operatore in grado di garantire, grazie alla capillarità della sua rete (14.000 uffici distribuiti uniformemente su tutto il territorio nazionale), la certezza e l'uniformità degli invii e la consegna secondo precisi standard di qualità stabiliti dalla regolamentazione di settore.
Questi argomenti, in parte, hanno anche pesato in sede di designazione del fornitore del servizio universale. Una decisione, questa, di stretta competenza degli Stati membri, che, voglio ricordare, hanno piena titolarità nel decidere quali servizi debbano essere forniti nell'ambito del servizio universale. In particolare, ai fini della scelta dell'operatore chiamato ad assolvere agli obblighi del servizio universale non si può prescindere da un'accurata analisi della configurazione del mercato. Pertanto, abbiamo prima di tutto verificato, mediante un'indagine di mercato condotta con criteri rigorosi, quale operatore fosse in grado di fornire i servizi richiesti al minor costo per la collettività. Costo del servizio che, coerentemente con quanto definito dalla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli oneri di servizio pubblico, è da intendersi come quello che un'impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi, sosterrebbe per la fornitura dei servizi di cui è incaricata.
Giova rammentare che nel nostro Paese la fornitura del servizio universale su tutto il territorio nazionale risulta particolarmente onerosa per condizioni demografico-territoriali, caratterizzate da vaste zone a scarsa densità abitativa, basso volume di invii pro capite - ulteriormente ridotti per effetto della recente recessione economica - ed elevati costi fissi di rete, che creano difficoltà oggettive di saturazione della stessa. Tutto ciò comporta un livello strutturale dell'onere del servizio universale (OSU) particolarmente alto rispetto ad altri Paesi europei.
La riduzione dei volumi verificatasi in questi anni ha comportato anche una parallela diminuzione dei ricavi, a fronte della sostanziale stabilità dei costi, con la conseguenza di un incremento del costo degli oneri per il servizio universale, che per l'anno 2009 è stato pari a circa 739 milioni di euro. In questo scenario, la politica nel settore dei servizi postali e, da ultimo, il recepimento della direttiva erano obbligati a perseguire l'obiettivo di evitare la crescita a dismisura del costo dell'onere del servizio universale (OSU).
L'impegno è stato affrontato già in sede di elaborazione del nuovo contratto di programma 2009-2011, siglato dal ministero e da Poste Italiane nel novembre del 2010 e attualmente in corso di approvazione da parte del CIPE, che contiene specifiche misure in grado di contribuire alla diminuzione dell'onere del servizio universale, come ad esempio la previsione di una nuova modalità di raccolta e distribuzione della corrispondenza, con annessa riorganizzazione della rete postale strutturata su 5 giorni settimanali, per un totale di risparmi pari a 174,5 milioni di euro per l'anno 2011 e di 275 milioni di euro per il 2012.
In tale contesto, è utile ricordare che con il citato contratto di programma, in aggiunta alla fornitura del servizio postale universale, viene prospettato un allargamento della missione pubblica assegnata al fornitore del servizio universale, consistente nella prestazione di servizi utili al cittadino, alle imprese e alla pubblica amministrazione. In questo modo si accresce la funzione di protezione del sistema di coesione sociale del Paese, attraverso l'utilizzo della rete postale pubblica.
Sulla base di queste ragioni, la scelta operata nello schema di decreto in esame, nel senso dell'affidamento diretto del servizio universale a Poste Italiane, appare quella maggiormente aderente e funzionale all'attuale configurazione del mercato postale in Italia.


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In effetti, la frammentazione del servizio universale, al fine di consentire l'ingresso a nuovi operatori in una parte del Paese o solo per determinati prodotti, si rivelerebbe, allo stato attuale, una scelta inefficace e inappropriata a garantire la fornitura del servizio medesimo.
L'analisi dei mercati già aperti alla concorrenza dimostra, infatti, che le reti degli operatori concorrenti si posizionano laddove il mercato è più remunerativo, vale a dire nei centri urbani e nelle altre aree densamente popolate, residuando al fornitore del servizio universale l'onere della presenza di una rete capillare anche nelle aree più disagiate del territorio.
Ciò comporta che ad oggi nessuna rete alternativa sia effettivamente in grado di garantire la copertura dei servizi in modo capillare per una singola regione o porzione estesa del territorio nazionale, in modo tale da rendere concretamente possibile e opportuno l'affidamento di copertura di parte del territorio ad altro operatore in qualità di fornitore designato.
Analogo discorso vale per la scelta - operata nello schema di decreto legislativo - di affidare, nel primo periodo di apertura del mercato alla concorrenza, la fornitura del servizio universale a Poste Italiane per un periodo sufficientemente lungo e necessario a garantire all'operatore storico la redditività degli investimenti - principio sancito dalla direttiva 2008/6/CE -, senza indire una gara pubblica. In Francia, per esempio, la legge ha designato La Poste come operatore francese del servizio universale postale per la durata di ben 15 anni.
L'opzione del bando di gara, infatti, pur essendo prevista fra le diverse soluzioni nell'ambito della direttiva 2008/6/CE, può essere utilmente adottata solo al realizzarsi di specifiche condizioni di mercato, e soltanto qualora sia dimostrato che l'attuale fornitore del servizio universale non operi in condizioni di efficienza.
In realtà, all'esito di un'accurata analisi dei costi del servizio universale condotta in fase di predisposizione dello schema di decreto legislativo, ai sensi della decisione della Commissione europea sugli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli oneri di servizio pubblico, sopra richiamata, è stato valutato che il regime di continuità nella fornitura del servizio universale ad opera dell'operatore storico Poste Italiane risponde pienamente alle condizioni di efficienza imposte dal quadro normativo di riferimento dettato dal legislatore europeo in materia di aiuti di Stato.
È bene precisare, inoltre, che la soluzione del bando di gara - pur essendo prevista come possibilità nell'ambito di alcune normative nazionali - non è mai stata adottata fino ad oggi in nessun Paese europeo. Gli operatori storici operanti prima della fase di liberalizzazione (inclusa TNT in Olanda e Deutsche Post in Germania) hanno visto, infatti, affidarsi il servizio universale in qualità di operatori designati, in modo unitario su tutto il territorio nazionale e senza alcun tipo di regionalizzazione o parcellizzazione territoriale nella fornitura del servizio universale.
In sostanza, la presenza di più operatori designati per uno stesso Paese è una previsione normativa che sino ad oggi ha valenza di principio e teorica, cui non corrisponde alcuna ragionevole applicazione pratica almeno nel breve-medio periodo, alla luce delle attuali caratteristiche dei mercati postali in Europa.
Continuando ad analizzare gli effetti pro-concorrenziali introdotti dallo schema in esame, segnalo la scelta di far uscire il direct mail - vale a dire la pubblicità diretta per corrispondenza - dal 1o giugno 2012, dal paniere del servizio universale.
Con questa previsione si ottiene un duplice risultato: da una parte, si immette sul mercato più di un miliardo di invii di corrispondenza, pari al 18,7 per cento del totale dei volumi dei prodotti universali nell'anno 2009, rendendo contendibile e sviluppabile uno dei pochi segmenti del mercato postale con un forte potenziale di crescita; dall'altra, si consegue una riduzione molto consistente dell'onere per il servizio universale. Tale riduzione per


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l'anno 2012 ammonta a 222,14 milioni di euro e, a regime, dal 2013 sarà pari a 380,82 milioni di euro.
Per l'esercizio dei compiti di regolamentazione del mercato postale è stata prevista l'istituzione di un'apposita Agenzia. Relativamente a questo aspetto, che è stato oggetto di molte polemiche, occorre innanzitutto rilevare che la direttiva prevede che gli Stati membri designino una o più autorità nazionali di regolamentazione. I requisiti richiesti dalla direttiva per le autorità nazionali sono la distinzione giuridica e l'indipendenza funzionale rispetto agli operatori postali e, nel caso di Stati membri che mantengono la proprietà o il controllo di fornitori di servizi postali, come accade per l'Italia, la piena ed effettiva separazione strutturale delle funzioni di regolamentazione dalle attività inerenti alla proprietà o al controllo.
In base a questi requisiti non può essere mantenuto in capo al Ministero dello sviluppo economico l'esercizio delle funzioni relative alla regolamentazione del servizio postale, che è oggetto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea in data 25 giugno 2009 e motivata, in particolare, sull'assetto proprietario del fornitore del servizio universale.
Poiché allo stato attuale non appare imminente la modifica dell'assetto proprietario, occorre agire rafforzando la posizione di indipendenza e neutralità della funzione regolatoria.
D'altra parte, non è a mio giudizio praticabile, in relazione all'esercizio delle funzioni di regolamentazione del servizio postale, l'istituzione di un'apposita Autorità indipendente o l'attribuzione di tali funzioni a una delle Autorità indipendenti già esistenti. La prima soluzione risulta in contrasto con il vincolo di invarianza della finanza pubblica, previsto espressamente nell'ambito dei princìpi di delega di cui all'articolo 37 della legge n. 96 del 2010 (legge comunitaria 2009). La seconda soluzione risulta anch'essa non compatibile con il vincolo di invarianza della finanza pubblica, perché presenta l'esigenza di costituire, nell'ambito dell'Autorità già esistente, alla quale sarebbero attribuite le funzioni in questione, un'apposita struttura specificamente addetta al settore postale. Il mercato postale, infatti, ha una configurazione assolutamente peculiare rispetto ad altri mercati oggetto di attività di regolamentazione e, specificamente, al mercato delle telecomunicazioni. Si caratterizza, come ho avuto modo di indicare, per l'alta intensità di lavoro umano (confermata dal numero dei dipendenti addetti al settore) e per le prospettive di crescita che sicuramente non sono comparabili a quelle delle telecomunicazioni.
L'assegnazione delle funzioni di regolamentazione del servizio postale a un'Autorità già esistente risulterebbe, oltre che onerosa, in contrasto con il principio generale di specialità in materie di competenze delle autorità di regolamentazione. Ricordo che, in merito, il Consiglio di Stato si è espresso con parere del 3 dicembre 2008.
Ciò è evidente nel caso dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che è investita della funzione di tutelare la concorrenza nel complesso dei mercati, mediante l'esercizio di poteri amministrativi e paragiurisdizionali, che difficilmente potrebbero conciliarsi con la regolamentazione di un singolo settore, sulla base della valutazione degli interessi specifici in esso presenti e del bilanciamento di una pluralità di valori eterogenei. È altrettanto vero, proprio per le caratteristiche peculiari e le prospettive di evoluzione del mercato postale, anche nel caso dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Per le medesime ragioni per le quali si determinerebbero oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e una difficile integrazione con le funzioni già svolte, l'assegnazione delle funzioni di regolamentazione a un'Autorità indipendente già esistente non assicurerebbe l'immediata operatività dell'autorità di settore, in quanto nessuna delle autorità esistenti ha, allo stato, le professionalità idonee a svolgere le mansioni relative alle funzioni da trasferirsi. Tali professionalità sono infatti collocate nella Direzione generale del Ministero


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dello sviluppo economico, che attualmente cura la regolamentazione dei servizi postali.
Per questo, nello schema di decreto legislativo in esame è stata scelta pragmaticamente l'opzione di istituire un'Agenzia, vale a dire una struttura che, in quanto distinta dal ministero, sicuramente risponde ai requisiti di indipendenza rispetto agli operatori e di separazione strutturale rispetto alle funzioni relative alla proprietà e al controllo. Tale Agenzia potrà essere costituita attraverso il trasferimento di gran parte del personale dell'attuale Direzione generale competente in materia di regolamentazione dei servizi postali. A presidio dell'invarianza finanziaria imposta dalla norma di delega, è espressamente previsto che al personale trasferito continuerà ad applicarsi la contrattazione collettiva del comparto di provenienza.
In altre parole, proprio l'esigenza di adeguarsi tempestivamente alla richiesta dell'Unione europea alle autorità italiane ha suggerito che si optasse per l'istituzione di un'Agenzia, giuridicamente distinta e funzionalmente indipendente rispetto agli operatori del settore postale, che svolge le proprie funzioni con indipendenza di giudizio e valutazione, che è dotata di autonomia organizzativa, tecnico-operativa e gestionale, e che è in grado di operare in regime di trasparenza ed economicità. Tali caratteri, unitamente all'esperienza professionale del personale che la compone, che già allo stato svolge mansioni legate alla regolamentazione del settore postale, rendono la prevista Agenzia l'unico soggetto in grado di operare in tempi rapidi quale regolatore del mercato di settore.
La scelta di una struttura che esercita le proprie competenze in autonomia amministrativa, ma sotto l'indirizzo governativo, è stata già adottata - lo sottolineo con forza - da diversi Stati membri: Germania, Spagna e Olanda. In particolare, l'Agenzia federale tedesca rientra nel perimetro di attività del Ministero federale tedesco dell'economia e della tecnologia. Il vertice è infatti nominato dal Consiglio dei ministri del Governo Federale e al bilancio dell'Autorità concorrono sia i contributi degli operatori, sia stanziamenti pubblici. In Spagna i membri della Commissione nazionale del settore postale sono nominati dal Governo su proposta del Ministro dei trasporti. In Olanda i membri dell'Agenzia governativa sono nominati dal Ministero degli affari economici, che ne approva anche il budget.
Per queste ragioni ritengo che la decisione di istituire l'Agenzia per la regolamentazione, preceduta da analoghe scelte adottate da altri Stati membri dell'Unione europea, sia pienamente in linea con i princìpi comunitari.
La specifica disciplina dettata dallo schema di decreto legislativo relativamente all'Agenzia è finalizzata ad assicurarne l'autonomia nell'esercizio delle proprie funzioni. In vista di tale obiettivo, il modello di Agenzia governativa, come disciplinato dal decreto legislativo n. 300 del 1999, è stato modificato con l'introduzione delle disposizioni sopra richiamate; in particolare, indipendenza di giudizio e valutazione, autonomia organizzativa, tecnico-operativa e gestionale.
Ancora più importanti, per quanto attiene alla sussistenza di effettive condizioni di autonomia, risultano le previsioni in materia di finanziamento dell'Agenzia dettate dallo schema di decreto legislativo, che prospettano, in aggiunta alle risorse provenienti dallo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e a quelle derivanti dalle sanzioni, un contributo a carico degli operatori, entro il limite dell'1 per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio (escluso l'onere per il servizio universale e i proventi per i servizi affidati in via esclusiva).
Si tratta di una modalità di finanziamento già in essere per alcune Autorità indipendenti. Le risorse provenienti da tale contributo, in prospettiva, consentiranno all'Agenzia di affrontare la maggiore complessità e ampiezza dei compiti che, rispetto a quelli attualmente svolti dalla Direzione generale, si determinerà in un mercato liberalizzato.
Oltre quanto già previsto dallo schema di decreto legislativo approvato in via


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preliminare dal Consiglio dei ministri, intendo comunque espressamente rassicurare la Commissione che vi è da parte del Governo la disponibilità, sulla base dei pareri che la Commissione stessa e l'8a Commissione del Senato esprimeranno, a inserire ulteriori previsioni che rafforzino i requisiti di autonomia e indipendenza dell'Agenzia, senza peraltro pregiudicare le finalità di apertura del mercato alla concorrenza, opportunità di consolidamento e di crescita per tutti gli operatori e garanzia di un servizio universale adeguato, che motivano le scelte adottate nel testo proposto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Romani. Nel ricordare ai commissari della IX Commissione che il Ministro tornerà in una successiva audizione per presentare le linee programmatiche del suo dicastero, relativamente alle competenze della Commissione medesima, do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Ringrazio il ministro, per la sua relazione esaustiva dove sono stati affrontati tutti i nodi e le criticità di questo provvedimento. Non sono pienamente convinto delle spiegazioni che il ministro ci ha fornito su alcuni dei punti che sono di nostro interesse, in particolare su quello relativo all'indipendenza dell'autorità che, nel provvedimento, il Governo ha individuato come regolatore nazionale del servizio postale. Non ne sono convinto perché non mi sembra, nonostante le spiegazioni che il ministro ci ha dato, che i criteri sostanziali, non formali, di indipendenza effettiva e di piena autonomia operativa della costituenda Agenzia - ovvero della direzione generale, che viene trasformata in Agenzia - siano pienamente soddisfatti.
Faccio, inoltre, un'osservazione di metodo. Non credo che possiamo invocare le procedure di infrazione per giustificare una particolare accelerazione, se non fretta, nelle soluzioni che sono di sistema e che devono essere idonee a permettere la liberalizzazione di una parte di mercato molto importante, come quella delle Poste. Certamente condivido l'importanza che il ministro ha dato alla lettera di messa in mora e alla procedura di infrazione che la Commissione europea ha aperto nel 2009. Tuttavia, non credo che questa debba essere presa come giustificazione per individuare delle soluzioni che, pur sembrando vie più rapide, lasciano però aperte delle criticità.
L'indipendenza sostanziale, non formale, non mi sembra garantita a partire dai criteri di nomina del vertice, ovvero del direttore generale dell'Agenzia, al quale risulta applicabile la normativa del 2002, e quindi il meccanismo del cosiddetto spoil system, essendo quindi soggetto - a meno che il ministro ci dica qualcosa di diverso - anche ai poteri di revoca da parte del Governo. Questa certamente è una questione sostanziale, che ne limita fortemente l'indipendenza e che non credo si ritrovi in normative di altri Paesi, allorché si fa riferimento al modello dell'autorità amministrativa indipendente, la quale, essendo appunto indipendente, non è soggetta a poteri di revoca da parte del Governo, per quanto riguarda il direttore generale o funzioni equivalenti. Questo è il primo punto che, a mio parere, è abbastanza critico.
Il secondo punto riguarda gli stringenti poteri di indirizzo e di governo. Certamente, il ministro ha fatto riferimento al caso tedesco e al fatto che l'autorità tedesca nel settore postale agisce nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze. Io prendo atto dell'informazione, bisogna vedere però cosa si intende per «agire nell'ambito». Infatti, la formulazione «agire nell'ambito dell'attività di un ministero» dà spazio a una serie di gradazioni di rapporti funzionali di indipendenza e di controllo.
A mio modo di vedere, da quanto emerge sia nel provvedimento del Governo sia nella relazione del ministro, i poteri di indirizzo e di controllo del Governo sulla costituenda Agenzia sono molto stringenti, e forse lo sono troppo rispetto alle esigenze di indipendenza sostanziale e di indipendenza nella regolamentazione.


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Questo anche perché - lo ricordo - l'Agenzia deve provvedere all'adozione di provvedimenti regolatori in materia di accesso alla rete postale e relativi servizi, e alla determinazione delle tariffe dei settori regolamentati, oltre che alla promozione della concorrenza in settori postali. Lo ricordo, presidente, perché ci si renda ben conto - anche se la consapevolezza è ovviamente diffusa presso la IX Commissione, in cui tutti sono esperti del settore - dell'importanza di assicurare un ruolo indipendente all'Agenzia stessa.
Vi è, poi, una questione di opportunità e di valutazione politica ed economica, più che di stretta rilevanza giuridica, anche se ci sono degli aspetti giuridici che dovrebbero essere presi in considerazione. Mi riferisco alla soluzione prospettata dal ministro per quanto riguarda il servizio universale. Certamente condivido l'approccio, che prende atto, al di là degli obiettivi della direttiva, della realtà del mercato postale, oggi, in Italia e negli altri Paesi.
Dunque, dato che la direttiva lo consente, questo mi sembra sicuramente l'approccio giusto, non ideologico, bensì pragmatico, che, prendendo atto dell'obiettivo della direttiva e della realtà del mercato nazionale, prospetta un periodo di transizione.
Alla luce anche dell'onere del servizio universale e di tutte le spiegazioni che il ministro ci ha giustamente fornito, il mio dubbio è che il periodo di transizione rischi di essere molto lungo. In altre parole, non so fino a che punto, alla luce dell'analisi del mercato, si giustifichi un periodo di affidamento all'attuale gestore del servizio universale (cioè Poste italiane) che arriva fino a quindici anni.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Ho fatto l'esempio francese...

SANDRO GOZI. Sì, lei ha fatto l'esempio francese, ma sa bene, Ministro, che la Francia non è proprio un modello di liberalizzazione, di libero mercato e di concorrenza.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. È un modello di centralismo democratico.

SANDRO GOZI. È bene tenerlo presente, ma non lo prenderei proprio come modello nel momento in cui si liberalizza un settore del mercato. Dunque, richiamo la sua attenzione sull'opportunità di non sfruttare i margini che la direttiva consentirebbe per prevedere un periodo transitorio più limitato.

CARLO MONAI. Anch'io apprezzo l'impegno che il ministro Romani ci ha dimostrato attraverso questa relazione articolata. Mi meraviglia la sicurezza - se non la sicumera - con cui il ministro ribadisce in questa sede la certezza, da parte del Governo, che prevedendo un'authority sotto forma di un'Agenzia che ha una stretta interconnessione con il ministero si possa escludere il permanere di questa procedura di infrazione.
A dire di altri soggetti intervenuti in audizione nell'ambito dell'esame del provvedimento - l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - su questo specifico punto, vi è, viceversa, la convinzione che così facendo si escluda l'archiviazione della procedura di infrazione. Dunque, mi auguro che questo aspetto sia stato in qualche modo concertato con gli organismi sovranazionali; viceversa, sarebbe - ahimè - per noi una brutta figura se delineassimo l'authority in questo modo, senza risolvere il problema della procedura di infrazione.
Inoltre, vorrei fare una riflessione - rispetto alla quale esprimo una certa preoccupazione - sul tema di come la liberalizzazione che andiamo a favorire incida, nel medio e lungo periodo, sull'asset organizzativo delle Poste italiane. Tale società è ormai una sorta di familiare istituzione nelle nostre realtà quotidiane, che - come giustamente lei ricorda - innerva tutto il territorio nazionale con circa 14 mila sportelli, del cui futuro è da dubitare, se è vero che l'80 per cento del volume d'affari che attualmente è gestito


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da Poste Italiane verrà liberalizzato, creando quindi una sorta di potenziale depauperamento dell'organismo Poste Italiane. Questo, associato alla rilevata onerosità del servizio universale, che - come giustamente evidenziato anche da lei, Ministro - ha un costo di struttura più ampio che in altri Paesi europei, complici la frammentazione demografica e la conformazione fisica del nostro territorio, temo possa preludere a una forte riorganizzazione che porti alla diminuzione della rete degli sportelli. Temo, altresì, che le conseguenze più nefaste non potranno che ricadere sulle zone montane, su quelle più periferiche e meno popolose, dove il margine di redditività di questo servizio sarà più basso, esponendo quei territori alla riduzione dell'organizzazione del servizio postale sul territorio nazionale.
Da qui la riflessione e l'invito a ipotizzare un altro mercato di servizi, che Poste Italiane ha già in qualche modo avviato: penso al Banco posta, a servizi di fornitura elettronica di pagamenti e via elencando. Il dottor Sarmi, in questa stessa sede, qualche giorno fa, riferiva di una serie di progetti di informatizzazione della pubblica amministrazione, tali per cui il portalettere potrà diventare una sorta di funzionario che porta i certificati anagrafici e potrà anche essere utilizzato per la prenotazione di visite mediche o il recapito di certificati medici. Insomma, si tratta di una nuova frontiera degli uffici postali, anche in una logica di riforma dell'assetto organizzativo della pubblica amministrazione.
Penso alla necessità di ripensare il sistema dei piccoli comuni, che devono in qualche modo fondersi o essere accorpati. Noi oggi, infatti, ci confrontiamo con una pubblica amministrazione frammentata e pulviscolare, che contrasta con le logiche di accorpamento e di maggiore funzionalità del sistema, anche nella prospettiva di contenere i costi improduttivi della pubblica amministrazione.
Abbiamo una rete di 14 mila sportelli che potrebbe essere anche, in qualche modo, supplente dell'eventuale riorganizzazione dell'assetto degli enti locali, soprattutto quelli più piccoli e meno produttivi, e forse dovrebbe essere preventivamente proiettata nel futuro, anche rispetto a questa logica delle liberalizzazioni, che rischia - a mio giudizio - se non gestita in quest'altra ottica complementare, di essere depauperata, se non nell'immediato, di certo nel medio e lungo periodo.
Pertanto, l'invito che le rivolgo, Ministro, è di considerare - dando eventualmente qualche risposta in questa sede, se non oggi, nelle successive occasioni - come evitare che a fianco delle liberalizzazioni postali, che adesso stiamo varando, non si determini questa sorta di desertificazione della nostra rete di sportelli postali e come eventualmente pensare di aggiungere ai servizi attualmente erogati da Poste Italiane altri servizi che, insieme al Ministro della pubblica amministrazione o della semplificazione, possano trovare sede in questa rete di uffici e ne giustifichino la permanenza, nonostante il mercato libero del servizio postale.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Il completamento della liberalizzazione postale è un fatto positivo. Si tratta di un settore che ha molti problemi, comunque credo che i problemi non dovrebbero essere accentuati dalla liberalizzazione, semmai dovrebbe esserci più spazio per una ripresa in alcuni settori che sono più deboli del recapito postale e anche per una maggiore soddisfazione dei consumatori. Dal nostro punto di vista, questo positivo completamento della liberalizzazione avrebbe potuto spingersi più in là e su alcuni punti - tuttora ci affidiamo al ministro e ad un parere che ci auguriamo lo solleciti in questa direzione - dovrebbe spingersi più in là.
Le materie che sono emerse nelle audizioni sono quelle che il ministro Romani citava poc'anzi. Occorrerebbe, dunque, spingersi più in là, da una parte nei meccanismi dell'affidamento del servizio universale, non perché ci si debba necessariamente spingere - come peraltro faceva il presidente Catricalà - a parlare di gare divise per aree territoriali, per consentire


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una competizione effettiva da subito. Questa è una scelta opinabile, non una scelta obbligata, ma certamente l'opinabile si spinge parecchio in là, quando si individua un meccanismo che può consentire un affidamento automatico per quindici anni a Poste italiane. Quindi, si potrebbe tuttora fare di più, anche ad articolo 41 vigente della Costituzione, senza attenderne la modifica. Si potrebbe fare di più anche sulle riserve. Infatti, è vero che ci possono essere alcuni atti il cui recapito è bene affidare all'attuale concessionario, ma ci è stato fatto osservare da alcuni concorrenti di Poste Italiane che, per esempio, il recapito delle multe non richiede necessariamente dei livelli di sicurezza molto diversi da quelli dei conti corrente bancari o dalle bollette della luce, che sono oggetto di liberalizzazione. Quindi, ci si potrebbe spingere più in là anche sulla riduzione delle aree di riserva.
Le materie di cui ho parlato finora, come l'affidamento, gli ambiti di riserva eccetera, sono tipiche di un'autorità di regolazione. Mi sembra che il presidente Catricalà distinguesse tra peccati veniali e peccati mortali. I peccati veniali si possono affrontare, nella misura in cui un regolatore indipendente affronterà queste materie - delle riserve, degli affidamenti, delle gare e del servizio universale - nei prossimi anni, sulla base di quella posizione. Questo, secondo me, è il punto più importante, che sarebbe utile correggere.
Devo dire che alcune delle argomentazioni portate dal ministro Romani non mi convincono. Non c'è un problema di risorse, perché sappiamo che l'autorità di regolazione, qualunque essa sia, sarà finanziata prevalentemente dagli operatori, come del resto avviene già per le altre autorità. Voi sapete, infatti, che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come anche altre autorità, sono ormai finanziate quasi esclusivamente dagli operatori.
Per quanto concerne, invece, le capacità professionali, quelle per esempio dei dirigenti e dei funzionari del ministero (che io ben conosco, per aver lavorato insieme a loro) possono essere operative immediatamente, nel giro di 48 ore, nell'ambito di un'autorità di regolazione indipendente. Ce lo ha ricordato Corrado Calabrò, in un'audizione, allorché ci ha anche segnalato lo strumento attraverso il quale l'Autorità presieduta da lui lavorò, all'avvio della sua attività, ossia lo strumento dell'avvalimento. Parliamo esattamente delle stesse risorse umane e capacità professionali.
Non c'è neppure un problema di tempi. Le autorità di cui parliamo, quelle già esistenti, hanno proprie sedi. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si è trasferita da uno o due anni in via Isonzo ed ha molto spazio; ne aveva meno quando aveva sede al centro di Roma. Dunque, potrebbe partire subito, non ci sarebbero oneri aggiuntivi e le professionalità notevoli che si sono formate nel ministero potrebbero essere utilizzate immediatamente.
Mi domando, allora, quale sia il problema, visto che nessuno ci garantisce - anzi, le autorità che sono intervenute in audizione ci hanno assicurato il contrario - che questo tipo di autorità interrompa la procedura d'infrazione. I presidenti Calabrò e Catricalà hanno sostenuto che, con questo tipo di autorità, la procedura di infrazione proseguirà. Dunque, perché fare un'operazione di questo genere, visto che le motivazioni di cui ho parlato finora non sussistono? Io, sinceramente, non lo capisco.
Potrebbe esserci dietro - e credo che questo sia generalmente un proposito, più che comprensibile, del ministro Romani - l'intenzione di «proteggere» un campione nazionale pubblico, ovvero Poste Italiane: 160 mila dipendenti e una storia di successo. Dunque, perché far finta di niente e, visto che c'è una liberalizzazione, ma c'è un incumbent che resta pubblico, perché non proteggerlo? È questo il motivo per cui si fa questa scelta sul regolatore?
Se è questo, io penso che la soluzione non risponda all'obiettivo. In altre parole, il mio timore, ministro, è che noi raggiungiamo l'obiettivo contrario a quello che eventualmente ci proponiamo, qualora l'obiettivo fosse quello di tutelare un campione nazionale pubblico.


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Temo che finiremmo per far accendere un riflettore da parte del commissario Almunia e dell'Unione europea, che potrebbe magari successivamente allargarsi a materie regolatorie ben più vitali di questa per Poste Italiane. Noi sappiamo che Poste Italiane ha alcune materie di regolazione che si riferiscono soprattutto all'onere del servizio universale e alla sua attività in campo finanziario, che se fossero eventualmente messe in discussione, provocherebbero - quelle sì - un gravissimo rischio per il nostro campione nazionale pubblico.
Dunque, mi chiedo perché far accendere a Bruxelles un riflettore nei confronti di Poste Italiane su un aspetto tutto sommato marginale, come la questione dell'Autorità, marginale per i bilanci di Poste Italiane, rischiando di puntare l'attenzione su aspetti ben meno marginali.
D'altra parte, ho chiesto all'ingegner Sarmi, in sede di audizione, se si sentissero più tutelati con questa soluzione. La risposta è stata negativa e ci è stato spiegato che si trattava di una decisione del ministero, mentre loro avrebbero voluto una soluzione che risultasse pienamente convincente per Bruxelles.
Ebbene, se non interessa Poste Italiane, se non ci sono problemi di risorse, di personale e di tempi, non vorrei - avendo anch'io svolto un ruolo in un ministero - che ci sia dietro semplicemente una sorta di autotutela rispettabile (che c'è sempre stata, in tutti i ministeri) di sfere di competenza che non si vogliono delegare ad autorità indipendenti.
Sinceramente, signor ministro, se di questo si tratta, io penso che la sua responsabilità politica dovrebbe essere quella di venire incontro alle critiche che ci sono state in queste settimane e correggere, almeno su questo punto cruciale, il decreto che è al nostro esame.

MARIO LOVELLI. Vorrei porre solo una domanda, perché su un tema che intendevo sollevare mi ha preceduto il collega Gentiloni, ovvero la questione dei costi della nuova Agenzia e il principio dell'invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Penso che il tema, così com'è stato posto, non pregiudichi la scelta dell'organo, ovvero se si debba trattare di un'agenzia oppure di un'authority. Infatti, se le modalità di finanziamento sono simili e le modalità di avvio sono uguali, cioè mediante l'utilizzo di personale attualmente dedicato nell'ambito del ministero, non c'è nessuna differenza di spesa. Anzi, nel caso dell'individuazione di un'autorità esistente - ad esempio l'AGCOM - c'è l'operatività immediata e la disponibilità logistica mi sembra già adeguata. Tuttavia, su questo non mi prolungo, poiché il collega Gentiloni ne ha già parlato e ascolteremo il chiarimento del ministro.
Vorrei, invece, chiedere al ministro un approfondimento sul tema dell'aggancio degli oneri del servizio universale, ovvero delle modalità con cui esso viene espletato, con il nuovo contratto di programma e con l'accordo di riorganizzazione stipulato con i sindacati. È evidente, infatti, che questi tasselli, una volta a regime, presuppongono di intervenire in modo sostanziale sugli oneri del servizio universale.
Se abbiamo un onere di 739 milioni nel 2009, di cui all'incirca 300 milioni a carico del bilancio dello Stato, qui viene prospettata, attraverso una serie di passaggi, la diminuzione di quell'onere complessivo: in primo luogo la riorganizzazione della rete postale inciderà con una diminuzione dell'onere per un importo di 174 milioni nel 2011 e di 275 nel 2012, attraverso la riduzione a cinque giorni settimanali del servizio; successivamente, nel momento in cui la pubblicità diretta per corrispondenza uscirà dal novero del servizio universale, a giugno del 2012, ci sarà una riduzione dell'onere del servizio universale calcolato - per il 2012 - in 222 milioni e a regime, dal 2013, in 380 milioni di euro. Quindi, se non ho fatto male i conti, a partire dal 2012 - prendiamo questo come anno di riferimento - c'è un onere che si abbatte di mezzo miliardo di euro. Questo è un dato su cui dobbiamo ragionare, a fronte di un onere che ad oggi è di 739 milioni, con 300 milioni a carico dello Stato.


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In primo luogo, vorrei sapere se il nuovo contratto di programma, agganciato all'accordo di riorganizzazione fatto con i sindacati, consenta di riorganizzare la rete senza nocumento per gli utenti. Infatti, a prima vista, il passaggio da 6 a 5 giorni per l'erogazione del servizio sembrerebbe farlo diminuire. Vedremo quale sarà la riorganizzazione della sede fisica, dal punto di vista logistico, ma questo resta comunque un dato su cui bisogna avere una risposta.
In secondo luogo, mi piacerebbe sapere come veda il ministero l'evoluzione dell'onere a carico del bilancio dello Stato. In altre parole, andiamo sostanzialmente verso un azzeramento dell'onere a carico dello Stato, è questo l'obiettivo. Infatti, il dato attuale è di 739 milioni, con 300 milioni a carico dello Stato, mentre il dato in evoluzione è di mezzo miliardo in meno. Dunque, se manteniamo le proporzioni, allo Stato non dovrebbe costare più niente. Vorrei capire se questo è l'obiettivo, sul quale eventualmente fare le nostre ulteriori riflessioni.

VINCENZO GAROFALO. Desidero ringraziare il ministro, perché attraverso la sua relazione ci ha spiegato in maniera puntuale quale strategia è stata adottata nel predisporre questo decreto legislativo, che di fatto definisce l'ultima fase della liberalizzazione dei servizi postali.
Il ministro ha completato il quadro delle informazioni che ci sono utili per svolgere il nostro compito in Commissione, anche spiegandoci in che maniera è stata fatta l'approfondita valutazione rispetto all'affidamento diretto che - come abbiamo sentito oggi, ma anche in precedenza, dai sindacati soprattutto - sussiste in altri Paesi dell'Unione europea. Inoltre, il ministro ci ha illustrato il ragionamento fatto privilegiando gli aspetti della coesione sociale e territoriale, quindi della presenza diffusa sul territorio, facendoci capire che, liberalizzando maggiormente o riducendo il numero di prodotti all'interno del servizio universale, si rischierebbe di creare un disservizio in parti del territorio.
Per quanto mi riguarda, il discorso mi pare abbastanza convincente. Tra l'altro, rilevo che nell'articolo 14 del decreto legislativo si interviene su un aspetto che io ritengo importante, quello che riguarda i reclami. Infatti, se guardiamo all'attività di questa Commissione, una gran parte delle interrogazioni concerne i disservizi, che riguardano non solo l'erogatore del servizio universale, ma a volte anche altri esercenti di queste attività, che nell'articolo 14 dello schema di decreto vengono presi in considerazione. Quindi, sono ben lieto che il ministero abbia voluto intervenire nuovamente su questa materia e spero che si riesca ad essere ancora più efficaci rispetto al passato.
Resta solo un'ultima perplessità, alla quale comunque una risposta è stata data. Ho anche apprezzato, signor ministro, alla fine dell'intervento, il riferimento a un'apertura, da parte del ministero, verso soluzioni che intendano rafforzare l'indipendenza di questo organismo. Lei è certamente in grado di valutarle.
Per quanto riguarda lo schieramento politico alla quale appartengo, possiamo soltanto proporre qualche ragionamento ulteriore. In merito alle riserve, mi associo a quanto detto da qualche collega, chiedendo se sia possibile togliere dall'ambito di riserva alcuni prodotti, in particolare - lo abbiamo valutato insieme a tutti gli altri partecipanti alle audizioni - mi riferisco alle multe relative a infrazioni del codice della strada.

MARCO DESIDERATI. Ringrazio anch'io il ministro per la relazione di oggi. I colleghi, ovviamente, hanno già toccato ampiamente le diverse questioni relative a questo atto. Devo dire, ministro, più a lei che ai colleghi, che sono poco affezionato alla liberalizzazione fine a se stessa. In altre parole, discutiamo tanto di authority e di indipendenza, ma non vorrei che finissimo col creare un ente che abbia come totem la liberalizzazione e che, quindi, questa diventi il fine e non il mezzo.
La liberalizzazione deve essere un mezzo. Essa dovrebbe portare, ad esempio, nel settore che stiamo analizzando, ad avere un numero maggiore di addetti o


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una situazione di reddito migliore per gli addetti del settore. Invece, in un'audizione che è stata svolta con i sindacati, abbiamo ascoltato timori di dumping sociale e di altri rischi.
Le associazioni private di recapito postale sono venute giustamente a esprimere le loro rimostranze e a darci dei suggerimenti. Ebbene, nonostante si chiedesse una riduzione del paniere dei prodotti inclusi nel servizio universale, e quindi un ampliamento delle loro possibilità, da nessuno è venuta una proposta vera.
Il servizio universale oggi è già libero, non stiamo parlando di riserva. Se togliamo un prodotto dal servizio universale, gli togliamo il 20 per cento di esenzione IVA, il che vuol dire che probabilmente l'utente finale pagherà di più quel prodotto.
Ho anch'io qualcosa da chiedere, sebbene non si tratti di niente di nuovo, dal momento che i colleghi sono già stati abbastanza esaustivi. Terrei ben presente qual è lo scopo del decreto, quello di dare un servizio su tutto il territorio nazionale. Recapitare a Livigno o a Lampedusa non costa come recapitare a Milano oppure a Roma. Quindi, credo che abbiamo anche la necessità e l'onere di garantire il recapito in modo uniforme su tutto il territorio.
Signor ministro, una delle questioni che vorrei porle - sono il terzo o il quarto a farlo - è relativa alle notifiche di multe e contravvenzioni. Molti comuni hanno già affidato il servizio a società private. Spero di non sbagliare citando il comune di Roma e il bando in corso per 4,9 milioni di euro, dunque non vorrei che creassimo un problema.
La seconda questione riguarda i servizi offerti in bundle da Poste Italiane (imbustamento, stampa) che, pur non essendo strettamente inerenti al recapito, sono offerti a pacchetto, in esenzione IVA, configurando così una sorta di concorrenza sleale rispetto a operatori privati.
Vorrei che chiarisse questi punti.

PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Non ho con me le carte con i numeri e quindi andrò a memoria, ma, in ogni caso, intendo rispondere, perché sono stati toccati argomenti molto importanti.
Come sapete, per cinque anni sono stato seduto al posto occupato adesso dal presidente Valducci. Ricordo che la liturgia dell'approccio della politica alle Poste era rappresentata sostanzialmente dal fatto che una volta a settimana ci si lamentava per la chiusura di un ufficio postale o perché il tale ufficio postale non funzionava le ore dovute o funzionava a giorni alterni. Questa è stata la tematica dell'approccio di tutti noi, per decenni, alle Poste. Questo è stato il 95 per cento dell'interesse dimostrato dalla politica nei confronti dell'azienda Poste spa.
Quindi, ricordiamoci chi siamo, cosa abbiamo fatto e quale tipo di sollecitazione abbiamo mosso nei confronti delle Poste. Dico questo perché la trattativa sul contratto di programma con Poste è stata molto dura esattamente su questo punto. Come ministero, abbiamo difeso i 14 mila uffici postali con i denti, perché nelle intenzioni di Poste italiane c'era la richiesta forte di ridurre moltissimi uffici - 1.500 uffici avrebbero dovuto essere eliminati - il che avrebbe depauperato il Paese di un patrimonio esclusivo. Lo Stato è presente in alcuni luoghi probabilmente solo grazie agli uffici postali. I nostri anziani, i nostri genitori, vanno a prendere la pensione all'ufficio postale, e questo rappresenta anche un momento di socialità e di socializzazione. È un punto fondamentale di presenza dello Stato.
Le Poste - diciamolo con molta chiarezza e senza ipocrisie - rappresentano un patrimonio consolidato nel Paese, una tradizione straordinaria. Io partirei proprio da questo dato di fatto, ovvero dalla specificità del settore postale, non dall'Agenzia. Devo mordermi la lingua per rispondere in modo adeguato, poiché le audizioni sono pubbliche e anche resocontate, quindi cerco di limitarmi e di rendere un po' più «democristiano» il mio pensiero, anche se ne avrei poca voglia. Le Poste movimentavano circa 13 miliardi di pezzi e siamo arrivati a 9, quindi c'è un


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decremento. Partivamo già bassissimi, perché il numero di pezzi inviati era bassissimo, come ricordavo prima nella relazione.
Vi è una perdita, nel settore del servizio universale, di 750 milioni, ovvero 1.500 miliardi di vecchie lire. Le Poste compensano queste perdite offrendo altri prodotti finanziari. Abbiamo avuto bravissimi amministratori delegati - ricordo il dottor Passera e il dottor Sarmi - che delle Poste, ovvero di questo elefantiaco ente hanno fatto una società moderna, trasformando gli uffici postali in centri di vendita di prodotti finanziari e cambiando letteralmente la faccia delle Poste.
Vale la pena ricordare che manteniamo con le Poste ben 150 mila famiglie; si tratta, cioè, di una delle più grandi aziende del Paese. Questo è un punto di interesse, da cui non riesco a prescindere quando faccio qualsiasi tipo di valutazione e quando parlo - come diceva giustamente l'onorevole Desiderati - dell'interesse prevalente del Paese.
Se questo è importante, devo immaginare che tutte le decisioni successive non possano prescindere da questa considerazione. Ricordo quando - io allora ero presidente della IX Commissione - è iniziata la crisi di Alitalia, che aveva il 78 per cento di penetrazione nel mercato interno e quando è arrivata al 42 per cento è saltata per aria. Guarda caso, però, Air France e Lufthansa non sono mai scese sotto l'80 per cento del mercato interno. Ci sono dei Paesi che sono molto bravi a stare in Europa, ad applicare le regole di liberalizzazione che sono imposte da questa Europa molto nord-europea, secondo le regole di un mondo che, a mio avviso, non appartengono più al mondo che noi abitualmente frequentiamo. Poi, improvvisamente, nel nostro Paese siamo diventati degli straordinari liberalizzatori e alle volte, non sempre, non facciamo l'interesse del nostro Paese. Questo mi preoccupa, pensando al fatto che abbiamo assistito alla vicenda Alitalia, ma se volete vi cito anche l'esempio dell'incumbent delle telecomunicazioni.
Ascolto il presidente Calabrò quando viene a fare la relazione annuale, ed è un punto di vanto straordinario che l'incumbent Telecom abbia dimezzato all'incirca la percentuale di penetrazione del mercato interno. Che bello, ha vinto la concorrenza! Ma l'azienda e il Paese hanno vinto?
Io mi pongo delle domande e siccome in questo campo la mia azienda, la vostra azienda, quella che tutti voi sollecitate ad essere presente - e lo fate settimanalmente, in questa sede - deve essere qualcosa di più della società per azioni che rappresenta, del servizio che offre e dei lavoratori che ci lavorano, poniamoci senza ipocrisie il problema di come debba essere la sistemazione, la sistematicità e l'applicazione delle regole in questo campo.
Ecco perché ho fatto una lunghissima relazione sulla realtà economica, sul contesto sociale nel quale questa azienda si inserisce e sulle tradizioni italiane che contraddistinguono questo settore. Mi sto chiedendo se sia giusto - e pongo a voi la stessa domanda - che ci debba essere un'autorità totalmente e completamente indipendente che, come al solito, alle volte tende a privilegiare la parte regolatoria a discapito della strategia industriale. Mi pongo questo problema e a mio avviso dovreste farlo tutti.
Se io mi sedessi al vostro posto probabilmente direi le stesse cose che avete detto oggi voi. Ho timore, però, che se arrivasse alle estreme conseguenze il rilievo che avete mosso rispetto all'autorità e all'indipendenza - con le maiuscole - di questa Agenzia, ci troveremmo nelle stesse drammatiche condizioni.
Onorevole Lovelli, è sostanzialmente vero quello che lei ha detto. Oggi ci sono circa 750 milioni di perdita e l'azienda viene portata in utile con la vendita di prodotti finanziari. Il tentativo è quello di far diminuire il costo del servizio universale e, quindi, il contributo dello Stato, che più o meno risiede nel 50 per cento (e magari arrivasse a zero!).
Non ho portato purtroppo le tabelle, ma ne abbiamo discusso a lungo con


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l'ingegner Sarmi, ed è un problema che ci siamo posti: perché dobbiamo obbligatoriamente far pesare sulle casse dello Stato 200, 300, 350 milioni all'anno? Si può anche rendere questa azienda più competitiva e più efficiente e fare in modo che il contributo dello Stato tenda a zero, non scendendo nella qualità e nella presenza sul territorio di un ente particolare come Poste.
Non sono in grado di rispondere ora, onorevole Desiderati, alle domande che lei mi ha posto, quindi sarà mia cura farle avere le risposte.
Voglio solamente dirvi che non è vero che dall'Europa arrivano in continuazione procedure di infrazione. Secondo i contatti che abbiamo avuto a livello informale, a mio avviso, il livello di indipendenza di questa Agenzia sarà tale da consentire all'Europa di chiudere la procedura di infrazione. Naturalmente la discussione è in corso, però consentitemi di dirlo in questa sede. Quindi, mi pare che le cose, anche con questo tipo di identità dell'Agenzia, possano andare nella direzione da noi auspicata.
Pur tuttavia, non so come, non so dove, non so con quale tipo di osservazione, non so se con l'avallo del Parlamento - l'onorevole Gozi giustamente prima diceva che se anche questo meccanismo appartiene allo spoil system, forse sarebbe bene tirarlo fuori, e questo mi sembra un rilievo che ha un senso - ma l'importante è che facciano questo mestiere persone che se ne intendono, persone che conservino al Paese questa struttura fondamentale. Questo è l'augurio che mi faccio. Se poi riusciremo a trovare insieme un meccanismo che consenta di arrivare a questa soluzione, io sono il primo a dargli il benvenuto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Romani a nome della Commissione e rivolgo un ringraziamento anche a tutti i suoi collaboratori che sono stati presenti oggi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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