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Resoconti stenografici delle audizioni

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Comitato per la legislazione
1.
Giovedì 25 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Duilio Lino, Presidente ... 2

Audizione del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, sull'uso dei principali strumenti normativi dell'Esecutivo e sullo sviluppo delle forme di interlocuzione con le Camere per una migliore definizione dei contenuti delle norme, anche con riferimento al ruolo del Comitato per la legislazione (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Duilio Lino, Presidente ... 2 7 15 19
Iannaccone Arturo ... 14
Lo Moro Doris ... 13
Lo Presti Antonino ... 11
Occhiuto Roberto ... 10
Vito Elio, Ministro per i rapporti con il parlamento ... 2 16
Zaccaria Roberto ... 8

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Seduta del 25/6/2009


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...
Audizione del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, sull'uso dei principali strumenti normativi dell'Esecutivo e sullo sviluppo delle forme di interlocuzione con le Camere per una migliore definizione dei contenuti delle norme, anche con riferimento al ruolo del Comitato per la legislazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito.
Ringrazio, a nome del Comitato per la legislazione, il ministro Vito per la sua partecipazione.
L'oggetto dell'incontro odierno verte sull'uso dei principali strumenti normativi dell'Esecutivo e sullo sviluppo delle forme di interlocuzione con le Camere per una migliore definizione dei contenuti delle norme, anche con riferimento al ruolo del Comitato per la legislazione.
Comunico che è in distribuzione una sintetica documentazione - relativa all'arco temporale della sola XVI legislatura - che testimonia i principali sviluppi delle politiche in materia di qualità normativa e le problematiche ancora aperte. Oltre ad essere un supporto allo svolgimento dell'incontro, ci permetterà di risparmiare tempo - sempre troppo tiranno - evitando una introduzione più lunga ai nostri lavori.
Do quindi la parola al ministro Vito. Successivamente, apriremo il dibattito.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor presidente, ringrazio lei e tutti gli autorevoli colleghi componenti del Comitato per l'invito. Anche per quanto mi riguarda segnalo che, grazie alla collaborazione dei miei uffici, è stato elaborato un sintetico documento sul primo anno di attività del Governo Berlusconi in Parlamento, al quale sono annesse delle schede illustrative, che metto a disposizione del Comitato.
Credo che la presente occasione di confronto e dibattito possa essere utile per riscontrare ancora una volta come solo grazie ad una fattiva collaborazione tra Governo e Parlamento si possano conseguire concrete e durature politiche di miglioramento della qualità della regolazione. Mi permetta, inoltre, di esprimere un mio personale e consolidato convincimento, che continua ad essere tale anche oggi che rivesto una carica di Governo. Ho,


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infatti, sempre ritenuto, e lo affermo tuttora, che il Comitato per la legislazione, espressamente previsto dal Regolamento della Camera - e solo dal Regolamento di questo ramo del Parlamento - possa essere, anche in virtù della sua particolare composizione paritaria, la sede migliore per un confronto franco, costruttivo e non viziato da pregiudizi o da logiche preconcette o addirittura di parte tra Governo e Parlamento.
Nella prospettiva che ho appena indicato, intendo svolgere alcune sintetiche considerazioni, dando conto in primo luogo dell'approccio seguito dal Governo nei suoi primi tredici mesi di attività nell'affrontare quelle classiche problematiche, solitamente fonte di criticità nei rapporti tra Esecutivo e Camere, che vanno dall'uso della questione di fiducia al ricorso alla decretazione d'urgenza o ai provvedimenti collegati o contenenti deleghe legislative. Intendo soffermarmi, poi, anche su possibili iniziative future da intraprendere in collaborazione fra Parlamento e Governo per il conseguimento di quei comuni obiettivi ai quali ho fatto riferimento.
I primi tredici mesi di attività del Governo Berlusconi sono stati caratterizzati da un'intensa attività legislativa, sia in termini di provvedimenti deliberati dal Consiglio dei Ministri, che di atti approvati definitivamente dalle Camere. Basti pensare che, finora, il Governo ha presentato alle Camere 117 provvedimenti di cui, alla data odierna, considerando anche le iniziative che sono confluite in altri provvedimenti, già 78 sono stati approvati definitivamente.
Ciò è avvenuto grazie non solo alla coesione ed unitarietà di indirizzo del Governo e alla proficua collaborazione con i gruppi parlamentari di maggioranza, ma anche per senso di responsabilità dei gruppi di opposizione. Da questo punto di vista, quindi, possiamo ritenere che il primo anno di governo abbia testimoniato una proficua e funzionale collaborazione fra Governo e Parlamento.
Per quanto riguarda la tipologia degli interventi legislativi adottati dal Governo, che costituisce uno dei temi di tradizionale maggiore interesse del Comitato, rilevo che per due terzi si tratta di disegni di legge ordinari, comprendendo tra questi anche i disegni di legge di ratifica dei trattati internazionali e solo per un terzo, per un totale di trentasei provvedimenti, si tratta di decreti-legge. Credo che tale dato possa contribuire a sfatare in qualche modo il luogo comune secondo il quale il decreto-legge è lo strumento legislativo esclusivo o quello adottato in via privilegiata dal Governo nella legislatura in corso; invece il Governo vi ha fatto ricorso solo per un terzo dei propri interventi legislativi.
Per quanto riguarda, in particolare, la decretazione di urgenza, ritengo utile evidenziare che, dopo il periodo di avvio della legislatura, il ricorso ad essa da parte del Governo Berlusconi è andato significativamente diminuendo negli ultimi mesi. Questa tendenza è resa ancora più evidente dal confronto con il corrispondente periodo del Governo Prodi. Infatti, se confrontiamo - con riguardo al Governo Prodi - il periodo che va dall'inizio del 2007 sino al giugno dello stesso anno con il periodo del Governo Berlusconi compreso tra gennaio e giugno 2009, notiamo una significativa riduzione del numero di decreti-legge: erano 11 quelli adottati nel semestre dal Governo Prodi e sono stati solo 6 alla data odierna i decreti adottati dal Governo Berlusconi. Ciò testimonia come il ricorso allo strumento del decreto-legge sia più frequente nella fase di avvio della legislatura e di transizione da una legislatura all'altra. Trattasi di una costante, a prescindere dalla collocazione politica dell'Esecutivo in carica. In particolare, il Governo Berlusconi nella fase di avvio della sua attività di governo ha dovuto affrontare mediante tale strumento - e solo con esso era possibile farlo - situazioni di crisi e gravi emergenze verificatesi proprio in quel periodo: la crisi Alitalia, quella dei rifiuti, l'emergenza sicurezza e la crisi finanziaria internazionale. Come ho già evidenziato, una volta affrontate queste crisi con lo strumento del decreto-legge, il ricorso alla decretazione


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di urgenza è drasticamente diminuito allorché si è pervenuti ad una fase di ordinaria attività legislativa.
Volendo spingere l'analisi anche al merito, è evidente che i provvedimenti di urgenza hanno tutti fatto riferimento ai limiti espressamente previsti dalla Costituzione. Per quanto ci riguarda, siamo particolarmente soddisfatti di poter registrare - anche per il rapporto che si è instaurato tra le Camere e il Governo - come tutti i decreti-legge presentati dal Governo Berlusconi siano stati modificati nella fase parlamentare di conversione in legge. Quindi, il ricorso allo strumento di immediata vigenza non ha compresso i poteri delle Camere. In particolare, ai decreti-legge sottoposti all'esame del Parlamento, sono state apportate complessivamente circa 900 modifiche: di queste, circa l'87 per cento sono di esclusiva iniziativa parlamentare e numerose - oltre 100 e comunque superiori per numero alle modifiche di iniziativa governativa - sono le modifiche apportate grazie al contributo degli emendamenti presentati da parte dei gruppi dell'opposizione. Ciò testimonia come fra Camere ed Esecutivo si stia instaurando, anche con particolare riguardo all'esame dei decreti-legge, una collaborazione proficua, che non comprime l'attività legislativa delle Camere.
Sono consapevole che, accanto a quello della decretazione d'urgenza, un altro tema oggetto di particolare attenzione da parte del Comitato è quello della delegazione legislativa. Facendo riferimento al complesso dei disegni di legge sottoposti alle Camere dal nostro Governo in questa legislatura, solo 10 sui 117 ai quali ho fatto riferimento, approvati dal Consiglio dei ministri e presentati alle Camere, contengono deleghe. Nel corrispondente periodo che va dall'inizio dell'attività fino al 30 giugno 2007, il Governo Prodi aveva adottato 24 disegni di legge contenenti deleghe. Naturalmente si è trattato in diversi casi di deleghe anche molto ampie e articolate - faccio riferimento ai provvedimenti in materia di produttività del lavoro pubblico, a quello sul federalismo fiscale e agli altri provvedimenti collegati alla manovra finanziaria - che hanno impegnato a lungo il Parlamento. Peraltro, osservo come anche su questi provvedimenti si sia sempre registrato il contributo emendativo dei gruppi parlamentari e che ulteriori deleghe sono state in essi inserite su iniziativa parlamentare, talvolta anche con il fattivo contributo, il sostegno e il voto favorevole dei gruppi di opposizione. Sui 10 originari disegni di legge contenenti deleghe, presentati dal Governo Berlusconi non si è mai fatto, contrariamente a quanto accadeva nelle precedenti legislature, ricorso al voto di fiducia, proprio perché si riconosce che l'atto con il quale il Parlamento conferisce una delega al Governo deve essere quanto più possibile lasciato alla libera decisione parlamentare. Credo che questa sia la prima legislatura nella quale ciò avviene.
In tal modo il Governo, con lo strumento della delegazione legislativa, ha ripreso una tradizione, affermatasi negli ultimi 15 anni, tendente a razionalizzare mediante essa il nostro ordinamento legislativo: solo attraverso la delega, infatti, è stato possibile adottare numerosi codici e testi unici, nonché realizzare interventi organici di riforma dei diversi settori dell'ordinamento. In tal modo è stato possibile realizzare un bilanciamento tra i bisogni di regolazione organica e tecnicamente adeguata delle diverse materie e l'esigenza di rispettare le prerogative del Parlamento.
È comunque auspicabile che l'uso dello strumento della delega legislativa - sia quando essa sia richiesta direttamente dal Governo sia quando il suo utilizzo avvenga per diretta iniziativa parlamentare - venga sempre fatto nel rispetto dei vincoli costituzionali di accurata definizione e delimitazione dell'oggetto di intervento, nonché dei principi e criteri direttivi. Crediamo che proprio il Comitato di cui lei, presidente, ed i colleghi fate autorevolmente parte - ai sensi dell'articolo 16-bis del Regolamento della Camera - possa avere un ruolo particolarmente importante per il rispetto dei suddetti principi costituzionali.


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Ho fatto prima riferimento al ricorso alla questione di fiducia, istituto che da un punto di vista procedurale si connette strettamente alla tematica della qualità della legislazione. Il Governo in questa legislatura vi ha fatto ricorso un numero limitato di volte. Come ho già detto, non vi ha fatto ricorso per nessuno dei 10 disegni governativi contenenti deleghe, mentre vi ha fatto ricorso per 15 volte su 10 dei 36 provvedimenti di urgenza che sono stati complessivamente adottati. Quindi su una minoranza dei casi.
Nel corrispondente periodo della XV legislatura, il Governo Prodi aveva posto la fiducia 14 volte su 8 provvedimenti: in 9 occasioni aveva chiesto la fiducia su disegni di legge di conversione di decreti-legge e in 5 sull'approvazione di disegni di legge ordinari. Il fatto che il Governo Berlusconi in questa legislatura abbia posto la fiducia più volte alla Camera, in particolar modo sulla conversione dei decreti-legge, è correlabile - e posso testimoniarlo per personale esperienza - esclusivamente alla necessità di poter garantire la conversione in legge dei provvedimenti di urgenza nei tempi stabiliti dalla Costituzione. Probabilmente una revisione delle procedure parlamentari, soprattutto quelle della Camera, che presiedono all'esame dei decreti-legge sarebbe funzionale anche per l'attività del Governo, che non dovrebbe ricorrere in maniera così frequente e necessitata allo strumento della questione di fiducia al solo fine di poter concludere in tempo utile l'esame di un provvedimento che non è contingentato quanto ai tempi d'esame presso questo ramo del Parlamento.
Facendo un confronto più corretto fra il numero di provvedimenti che sono stati approvati attraverso il voto di fiducia e il totale delle leggi approvate dal Parlamento nel periodo di riferimento, si può affermare che, poiché le Camere hanno approvato in questa legislatura un numero di provvedimenti superiore a quello che fu adottato durante il Governo Prodi, il ricorso alla fiducia da parte del Governo Berlusconi ha comunque inciso in maniera minore sull'attività parlamentare. Infatti, facendo il rapporto tra i provvedimenti approvati con fiducia e quelli complessivamente licenziati dalle Camere, quelli approvati con fiducia rappresentano in questa legislatura solo il 14 per cento, a fronte del 20 per cento dei provvedimenti approvati mediante ricorso alla fiducia durante la scorsa legislatura.
Inoltre, e credo trattarsi di un dato degno di particolare attenzione per il Comitato e comunque di particolare rilevanza a giudizio del Governo, il testo sul quale è stata posta la fiducia è sempre stato quello direttamente varato dalla Commissione referente o comunque un testo nel quale sono state riprodotte le disposizioni approvate o esaminate favorevolmente dalle Commissioni di merito. Intendo dire - e i colleghi, che sono esperti di pratiche parlamentari, possono capire - che il ricorso ai maxiemendamenti, unico strumento attraverso il quale il Governo può porre il voto di fiducia sui decreti-legge, non è stato fatto per riportare nel testo del maxiemendamento disposizioni precedentemente non trattate o valutate in precedenza negativamente dalle Commissioni. L'esperienza degli anni precedenti attesta come in passato spesso non ci sia stato un simile rispetto per l'attività parlamentare.
Alla luce di quanto ho detto sugli strumenti che in generale danno adito ad elementi di criticità nel rapporto fra Governo e Parlamento, con effetti penalizzanti sulla qualità delle leggi, credo che possiamo qualificare come buona la qualità della produzione legislativa che è scaturita lo scorso anno con l'approvazione della manovra finanziaria per il 2009.
Signor presidente, la sua esperienza l'ha sicuramente portata a riscontrare casi nei quali il Parlamento ha dovuto esaminare leggi finanziare omnibus, contenenti migliaia di commi con disposizioni eterogenee, con norme che a volte non corrispondevano direttamente alla finalità della manovra. In questa legislatura, grazie alla collaborazione tra Governo e Parlamento, prima con il varo del decreto n. 112 e successivamente con l'approvazione della stessa legge finanziaria, per la prima volta


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da decenni, e dopo le ampie denunce della degenerazione che stava assumendo, sotto il profilo normativo, la manovra finanziaria, è stato possibile ricondurla al carattere proprio da un punto di vista numerico. Per la prima volta la legge finanziaria conteneva solo 3 articoli, per un totale di 45 commi, nel testo varato a settembre dal Governo Berlusconi; a conclusione dell'iter della legge finanziaria, dopo tutti i passaggi parlamentari, gli articoli conclusivi erano aumentati solo di uno: si è passati da 3 a 4 articoli e i commi erano aumentati da 45 a 62.
Come tutti ricordano, le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008, dopo l'approvazione finale, contenevano rispettivamente 1364 e 1113 commi, anche se avevano un numero minore di articoli, in quanto approvati attraverso voti di fiducia, che accorpavano articoli originari con maxiemendamenti.
In questa legislatura, anche grazie all'attenzione per la qualità legislativa e alla virtuosa collaborazione fra Governo e Parlamento, per la prima volta dopo molti anni, la legge finanziaria è stata approvata senza che il Governo dovesse ricorrere alla questione di fiducia.
Ho fatto l'esempio della legge finanziaria e, al riguardo, desidero ricordare che vi è un atto, di iniziativa parlamentare, attualmente in discussione in questo ramo del Parlamento, a seguito del voto favorevole del Senato di ieri: trattasi della legge di riforma organica della disciplina della contabilità e del bilancio dello Stato, che il Governo si augura possa servire a stabilizzare definitivamente la riforma introdotta in via provvisoria e temporanea con il decreto n. 112 dello scorso anno. È questo lo spirito di collaborazione al quale ho fatto riferimento.
Ciò detto della legge finanziaria, per quanto riguarda i provvedimenti collegati alla manovra finanziaria, il Governo ha ritenuto che attraverso essi si potesse raggiungere l'obiettivo, ritenuto comune, di razionalizzare e rendere omogenei l'esame e l'attività legislativa delle Camere. Su singoli settori di intervento, il Governo ha prodotto tre grandi filoni di provvedimenti collegati alla scorsa manovra finanziaria: la riforma del pubblico impiego, il federalismo fiscale e il disegno di legge di promozione dello sviluppo economico, presentato alle Camere insieme al decreto n. 112. Trattasi di provvedimenti che sono già stati definitivamente approvati, anche se, per quanto riguarda il disegno di legge di promozione dello sviluppo economico, va ricordato - ed è noto - che, per una libera decisione sicuramente non contrastata dal Governo, sono state stralciate talune parti relative allo sviluppo economico: in particolare, le norme in materia di energia e quelle in materia di lavoro pubblico. Si è trattato di un'autonoma decisione della Camera, che ha per il momento comportato la non definitiva approvazione dei due provvedimenti stralciati; uno è in questi giorni all'ordine del giorno della Camera e si avvia alla definitiva approvazione.
In ogni caso, al di là di questi esempi, ritengo che il ricorso a singoli, limitati ed organici provvedimenti collegati alla manovra finanziaria possa contribuire a perseguire una strategia complessiva per settori di intervento, evitando in tal modo iniziative legislative episodiche o tra loro scoordinate. Riguardo a questi tre filoni di intervento contenuti in provvedimenti collegati alla manovra finanziaria, penso che l'esperienza di quest'anno di lavoro testimoni come sia stata l'iniziativa parlamentare a favorire l'allargamento dei settori di intervento nonché delle deleghe contenute nel disegno di legge originariamente presentato dal Governo alle Camere.
Se queste sono in breve le principali linee di tendenza dell'attività legislativa del Governo Berlusconi nei suoi primi 13 mesi di attività, quanto alle iniziative volte ad una migliore qualità della regolazione, faccio presente che, per quanto di competenza del Governo, sono allo studio interventi concernenti la presentazione degli emendamenti di iniziativa governativa e l'esame degli interventi di iniziativa parlamentare, in modo da fare sì che all'originario impianto dei provvedimenti presentati da parte del Consiglio dei ministri possa poi fare seguito un coerente esame


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in sede parlamentare, anche con riferimento alla omogeneità degli emendamenti rispetto alla materia originaria contenuta nei decreti e disegni di legge del Governo.
Sempre in tema di deleghe legislative, è evidente che gli occorrenti sforzi potranno avere successo solo a condizione che si realizzi una forte sinergia fra Parlamento e Governo, superando le contraddizioni politiche ed operando con logica condivisa in favore della qualità della legislazione. In tale prospettiva, il lavoro del Comitato per la legislazione è ritenuto essenziale e strategico da parte del Governo. Esso dovrà essere progressivamente intensificato. Qualora si ritenga necessaria una diretta interlocuzione tra gli uffici, sicuramente le competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri sono disponibili a qualunque confronto si ritenga necessario con il Comitato che lei, signor presidente, presiede.
Ovviamente, dal punto di vista del Governo, sarebbe auspicabile - ma ciò è rimesso alle singole valutazioni e all'autonomia parlamentare - che un analogo organismo possa essere istituito anche nell'altro ramo del Parlamento e che, più in generale, si possa registrare una maggiore omogeneità tra le procedure legislative dei due rami del Parlamento. Infatti, a nostro giudizio, esiste sicuramente un nesso tra qualità della legislazione e procedure parlamentari adottate per il raggiungimento di tale obiettivo. Vorrei fare riferimento, presidente, solo a titolo esemplificativo, ad alcune questioni che sicuramente non toccano la competenza del Governo ma che, pur essendo rimesse all'autonomia degli interventi regolatori delle Camere, hanno una diretta incidenza sulle questioni oggetto della nostra audizione, oltre a rientrare nel campo di attenzione del Comitato per la legislazione. Mi riferisco, nello specifico, ai diversi criteri adottati in materia di ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione dei decreti-legge, criteri, come è noto, spesso completamente differenti tra i due rami del Parlamento, anche se, recentemente, vi è stata una iniziativa del Presidente del Senato tendente a renderli, per quanto possibile, più omogenei per entrambe le Camere. Sicuramente il Governo non può che auspicare una definitiva equiparazione in tal senso.
Sempre per quanto riguarda i disegni di legge di conversione dei decreti-legge, ho già fatto riferimento all'esistenza di un differente regime procedurale di esame da parte dei due rami del Parlamento. Vi è una differente procedura di esame dei provvedimenti collegati alla manovra finanziaria; esistono differenze procedurali fra Camera e Senato sull'esame della legge comunitaria; sussistono fra Camera e Senato addirittura differenti modalità di svolgimento del voto di fiducia.
Sono tutte differenze queste che, a nostro giudizio, incidono profondamente sulla qualità della legislazione. Probabilmente, anche in questo caso, uno sforzo comune - per quanto possibile anche con la collaborazione del Governo, ma sicuramente su iniziativa dei due rami del Parlamento - avrebbe i suoi sicuri effetti positivi sulla qualità delle leggi, contribuendo a risolvere le criticità sulle quali mi sono soffermato e che so essere sicuramente all'autorevole attenzione del vostro Comitato.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro, per la relazione molto ampia e puntuale, che risente sicuramente della sua notevole esperienza parlamentare. Lei, signor ministro, oggi è al Governo, ma tutti conosciamo bene il ruolo di responsabilità che per tanti anni ha rivestito in Parlamento. Molti sono gli spunti di riflessione che ci ha offerto ed ovviamente su alcune questioni credo ci potranno essere opinioni anche differenti che andremo adesso ad approfondire.
Intanto, ritengo che possiamo acquisire la documentazione da lei fornita.
Prima di dare la parola ai colleghi che chiedono di intervenire, vorrei salutare il presidente della Commissione Affari costituzionali, onorevole Bruno, che ci onora della sua presenza, nonché l'onorevole Bernini Bovicelli sempre in rappresentanza della I Commissione.


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Ha chiesto di intervenire per primo l'onorevole Zaccaria. Al suo faranno seguito gli interventi degli altri colleghi.

ROBERTO ZACCARIA. Anche per parte mia desidero ringraziare sentitamente il ministro, che avevo già ascoltato mesi fa esprimersi su problematiche similari, in occasione di un'audizione tenutasi presso le Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato. Le questioni da affrontare sarebbero tante e molti colleghi desiderano intervenire, ragione per cui cercherò di concentrare il mio intervento su pochi punti, considerato che non mancheranno occasioni per parlare degli aspetti che non sarà possibile affrontare oggi.
Ho ascoltato tanti numeri, alcuni già conosciuti, altri che ho appreso in questa sede. Ho visto anche che l'impostazione del ministro si basa sull'idea del confronto tra le ultime due legislature, confronto del tutto plausibile, poiché è sempre molto utile poter disporre di riferimenti numerici. Tuttavia i numeri, di per sé utili, non sempre aiutano a capire perfettamente la direzione delle cose. Io sono un appassionato di calcio e mi piace ricordare un giornalista sportivo, che si chiama Sconcerti, il quale nelle sue trasmissioni parla costantemente dei numeri, anzi viene interpellato proprio per questo. Sconcerti conosce tutti i numeri, ma non capisce molto di calcio e quando gli viene richiesto un giudizio sul calcio brancola un po' nel buio.
Mi scuso - anche perché sono presenti autorevoli ascoltatori - per questa digressione, che serviva solo a ricordare come i numeri possano facilmente disorientare. Faccio degli esempi: con riferimento al numero delle leggi approvate - ho qui i dati di confronto tra le legislature XIV, XV e XVI - appare chiaro che quanto ai decreti non c'è un problema collegato al numero di essi, essendo fisiologico ormai il loro numero medio che è, più o meno a seconda dei casi, di 4 decreti al mese. Essi possono oscillare ma il numero è quello. Va ricordata poi, la variabile delle ratifiche, nel senso che all'inizio della legislatura erano molti i disegni di legge di conversione e pochissime le leggi ordinarie approvate (e tra queste abbastanza basso era il numero delle ratifiche). Adesso, invece, la proporzione è saltata: i disegni di legge di ratifica approvati sono arrivati a 21, anche perché simili provvedimenti passano de plano in Assemblea. Basta guardare il tabellone che riporta i voti: verde totale, salvo il caso del trattato con la Libia.
Quindi, più che i numeri ed i confronti con il Governo Prodi - che possiamo comunque fare, se vogliamo, e qualcuno può anche ricavarci delle speculazioni politiche - con riferimento ai decreti occorre capire che essi non vanno solo contati, ma anche pesati. È questo l'elemento di novità della XVI legislatura: una volta si diceva che i voti non vanno pesati ma contati; riguardo ai decreti possiamo affermare - lo dico con grande tranquillità - che essi non vanno contati, ma pesati.
Perché affermo questo? Lo faccio perché da un conteggio relativo al numero di norme contenute nei decreti risulta che la caratteristica saliente di questo inizio di legislatura è data non dal numero dei decreti, che rimane fisiologico, ma dalla quantità di norme contenute in essi, che è immensamente aumentata. Esistono dati, forniti dal Comitato, che tengono conto del «peso» dei decreti e da essi risulta che in un certo momento l'ottanta per cento delle norme approvate dal Parlamento era contenuta in decreti-legge. Sotto tale profilo, ha certamente fatto la parte del leone il decreto n. 112 del 2008. Anche altri decreti risultano però «pesanti» ed anche eterogenei, perché, naturalmente, più lungo è il contenuto del decreto e maggiore è la possibilità che esso risulti eterogeneo. I nostri bravissimi funzionari usano un lessico straordinario: per cercare di non dire che un decreto è eterogeneo, dicono che non è del tutto omogeneo. C'è tutto un florilegio di definizioni che consiglio di guardare, ma la sostanza delle cose è che un decreto-legge lungo non può essere omogeneo. Tutto ciò, ovviamente, pone problemi molto seri riguardo la qualità della legislazione.


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Signor ministro, vorrei darle questo articolo, che comparirà sul forum di Quaderni Costituzionali: «Il decreto-legge tra teoria e prassi». Sono un professore - ho questo vecchio vizio - ed osservo che i decreti presentano varie anomalie: oltre ad un peso esorbitante, anche una marcata conseguente eterogeneità. Infatti, se si vogliono trattare molti argomenti, inevitabilmente si sfora nella fase iniziale, ma poi con il potere di emendamento si finisce per sforare maggiormente. Io non faccio confronti, ma questo è un dato certo, che rende il decreto uno strumento diverso da quello pensato dalla Costituzione. In quello scritto, cerco poi di segnalare le patologie dei decreti: l'eterogeneità è la prima di esse, perché per definizione un decreto dovrebbe presentare caratteristiche di omogeneità. Quanto al discorso relativo al combinato disposto decreto-fiducia, è comprensibile che la fiducia possa essere posta su un normale decreto, ma non lo è quando è apposta sul decreto n. 112 del 2008, che è una sorta di enciclopedia di norme. In quest'ultimo caso, si tratta di una fiducia posta su un atto normativo che, per la sua portata, stravolge i meccanismi del rapporto Governo-Parlamento.
Un'altra patologia è rappresentata dalle catene di decreti. Ormai i decreti sono come le trasmissioni televisive: da un lato Twilight 1-2-3, Millennium 1-2-3, dall'altro Alitalia 1-2-3, Napoli 1-2-3. Ogni provvedimento di emergenza ha il suo sequel. In alcuni casi, abbiamo di fronte una struttura normativa che si dispiega in una pluralità di atti. Ho fatto anche l'esempio del decreto «Minotauro», che è poi quello che si presenta allorché con un trapianto fatto in una certa fase di esame si inseriscono le norme sulle quote-latte in un decreto che con queste non ha nulla a che vedere. Personalmente dubito che la giurisprudenza della Corte costituzionale sul divieto di reiterazione possa dirsi rispettata, essendo evidente che ci troviamo in presenza di un espediente tecnico per superare il limite costituzionale dei sessanta giorni.
Passo ad altro punto, probabilmente più interessante per il Comitato. Trattasi di una questione di cui parleremo con il ministro Calderoli in una prossima occasione, ma voglio ricordare che il decreto è stato utilizzato anche con finalità «taglia leggi». Con il decreto n. 112 e quello di fine anno, abbiamo assistito ad una sbornia di abrogazioni, poi corretta. Si trattava quindi di decreti che abrogavano all'ingrosso pur di poter sostenere che si stava riducendo lo stock normativo. Trattasi di intenzione encomiabile, anche se poi ci si dimentica in parte del provvedimento Baccini, che aveva seguito uno schema diverso. In seguito, però, si corregge questo meccanismo e si lascia in quiescenza l'abrogazione per poterci pensare meglio.
Allora, l'unica vera domanda che le faccio è: siamo sicuri della correttezza della tecnica normativa praticata in questo anno di legislatura? Insisto, i confronti non mi interessano, ma un simile modo di fare le leggi potrebbe essere paragonato solo ai gironi danteschi, nel senso che in una stessa legge c'è di tutto. Vi sono leggi che riaffiorano in ogni legge - l'esempio è ancora quello del decreto n. 112 -; i disegni di legge collegati, di per sé già estremamente eterogenei, hanno visto aumentare enormemente la loro eterogeneità, anche per effetto del potere emendativo. A titolo di esempio, ricordo che in quasi ogni provvedimento che esaminiamo è presente - vi abbiamo fatto quasi l'abitudine - una norma sulla Corte dei conti. In tal modo, la materia della Corte dei conti viene trattata separatamente in più decreti, e nessuno sembra pensare alla possibilità di riformare la Corte dei conti con un atto unico ed organico. Si fa invece ricorso a questa tecnica di legiferazione per gironi. Anche l'A.C. 1441-ter, che stiamo ora esaminando, è una costola di quel collegato, che si somma al 1441-bis, e presenta qualche problema di compatibilità anche con la legge n. 15 del 2009, fortemente voluta dal ministro Brunetta.
È inutile ridurre la quantità delle leggi, se la tipologia delle norme che mettiamo in campo risulta assolutamente incomprensibile. Provate a leggere queste norme,


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ad esempio il «mille proroghe», avversario numero uno del Comitato per la legislazione: una cosa veramente orrenda. Provate ad esaminare la tecnica della legislazione di questo anno e vi accorgerete che ogni provvedimento ne modifica un altro, anche recente. Penso al decreto n. 112 e voglio azzardare una cifra: ritengo sia stato modificato almeno una trentina di volte. Preferirei invece vedere interventi monografici, fatti settore per settore. Certo, con la legge finanziaria non si può fare, ma laddove ciò sia possibile, andrebbe fatto, in modo tale che si sappia che in un atto parliamo di processo amministrativo, in un altro di disciplina della class action, e così via, in modo tale che il disperato interprete non sia costretto a rincorrere la norme, impresa veramente impossibile. I testi unici vengono fatti, sì, ma a babbo morto.
Questo è il problema, presidente Duilio e ministro Vito: siamo in presenza di una tecnica normativa che forse solo gli addetti ai lavori riescono a decifrare e che gli stessi parlamentari decifrano a grande fatica. Più di una volta ho visto colleghi sbigottiti chiedersi di cosa si stesse parlando: di class action? No, di trasporto pubblico! Si cambia totalmente registro in uno stesso provvedimento ed è molto difficile orientarsi. Ciò naturalmente pone al cittadino problemi ancora maggiori. La difficoltà a comprendere il senso delle norme che il Parlamento emana è tale che, nonostante gli sforzi informativi diffusi, non si riesce a dare conto di una simile complessità. Concludendo, riduciamo lo stock, ma legiferiamo meglio, perché la tecnica enciclopedica, quei gironi infernali, rendono impossibile comprendere le norme che il Parlamento produce su certi argomenti.

ROBERTO OCCHIUTO. Il mio sarà un intervento breve, anche perché credo che l'onorevole Zaccaria abbia fatto più o meno la summa delle obiezioni che spesso, da più parti all'interno del Comitato, sono state mosse in ordine all'uso della decretazione d'urgenza. Innanzitutto, sento di dover ringraziare il presidente per l'intelligente opera di rilancio dell'attività del Comitato, volta a dare dignità e un ruolo importante a questo nostro organismo. Al ministro Vito dico che apprezzo il garbo istituzionale che ha nel rapportarsi - anche nella sua attuale funzione - con il Parlamento. Tuttavia, anche a me, come all'onorevole Zaccaria, è parso che dalla relazione del ministro traspaia una preoccupazione maggiormente rivolta alla comparazione tra due stagioni di governo piuttosto che ai problemi che l'audizione intende affrontare.
Non credo che l'obiettivo dell'audizione sia quello di stabilire responsabilità o individuare a carico di quale parte quelle prevalenti debbano essere ascritte, perché ritengo che il Comitato abbia sempre svolto la propria funzione al di là delle collocazioni, cercando di costruire in positivo le condizioni per migliorare la qualità dell'attività normativa.
Rispetto a quelli che, a mio giudizio, dovevano essere i temi da trattare nell'audizione, nella relazione del Governo - che pure ho apprezzato, anche perché la ritengo una foto estremamente esaustiva dell'esistente - mi è sembrato di cogliere quasi la volontà di affermare che tutto va bene.
Ciascuno svolge la propria funzione, me ne rendo conto, e so che anche in ordine ad alcune questioni più volte sollevate dal Comitato le responsabilità non sono tanto del Governo, ma piuttosto del modo in cui si svolge l'attività legislativa in Parlamento, con ripercussioni, per esempio, in ordine alla dilatazione dei decreti rispetto a quello che è il loro contenuto originario.
Contavo di ricevere in questa audizione anche un contributo del Governo, nelle forme e secondo le competenze che gli appartengono, indirizzato alla risoluzione di alcune patologie da noi più volte segnalate e a cui l'onorevole Zaccaria ha fatto ampio cenno nel suo intervento. Si tratta di capire quali strategie il Governo intenda adottare per fare in modo che siano realmente rispettati i limiti ordinamentali fissati dalla legge n. 400 del 1988, per evitare le sovrapposizioni tra decreti-legge (circostanza riscontrata sul caso Alitalia


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e in tema di emergenza rifiuti in Campania). Siamo interessati a conoscere come si intenda organizzare i rapporti tra Governo e Comitato per la legislazione in ordine alla problematica relativa alla disomogeneità dei decreti, soprattutto a causa della dilatazione dei contenuti che si registra nella fase dei lavori parlamentari. Ricordo al riguardo che spesso esprimiamo un parere sul testo originario del decreto, che di fatto alla fine diventa un parere espresso su un decimo del contenuto effettivo del provvedimento all'atto della sua conversione in legge. Mi sembra che il Comitato abbia più volte evidenziato, sia pur in termini problematici, l'opportunità di valutare la possibilità di esprimere il proprio parere anche al termine dell'iter in sede referente.
Contavo che l'audizione odierna potesse servire anche a registrare l'impegno del Governo, sia pur nel quadro delle sue competenze, in ordine a problematiche già segnalate dal Comitato, e non solo da esso, in quanto esistono patologie da affrontare, anche se non sono proprie solo di questa legislatura perché appartengono a tutte le legislature precedenti. Credo che questo mio ragionamento possa essere inquadrato anche nel novero delle posizioni assunte dal Presidente della Repubblica nei mesi passati o evidenziate in alcune sentenze della Corte costituzionale.
Nel dichiararmi estremamente soddisfatto della sensibilità che il Governo ha voluto dimostrare, manifestata anche nel suo pregevole lavoro di documentazione sul suo primo anno di attività nei suoi rapporti con il Parlamento, esprimo la speranza che questa audizione possa costituire l'incipit per ragionare sulle strategie da adottare affinché, su problematiche più volte segnalate, Governo e Comitato possano trovare soluzioni condivise.

ANTONINO LO PRESTI. Grazie presidente e grazie signor ministro per aver accolto l'invito del Comitato. I colleghi che mi hanno preceduto hanno posto problemi che stanno a mio avviso a monte della produzione legislativa, riferendosi alla tecnica usata dal Governo, soggetto al quale fanno capo il 99 per cento delle iniziative legislative esaminate, che poi si traducono nel 99 per cento delle leggi approvate. I problemi riguardano la qualità dei testi, il coordinamento con la legislazione vigente e, in definitiva, la stesura dei testi normativi che poi passano al vaglio del Comitato.
Vorrei concentrarmi invece sull'aspetto successivo, ovvero su quanto il Comitato debba fare per modificare alcune evidenti situazioni di discrasia normativa, derivanti anche dalla necessità di dover approntare testi con una certa urgenza o di dover modificare anche in corso d'opera testi secondo le situazioni che si vanno evolvendo: i cosiddetti decreti a catena che, ahimè collega, sono purtroppo una necessità che si è venuta a determinare per cause oggettive. Vorrei quindi concentrarmi su quelli che sono gli aspetti peculiari dell'attività del Comitato che, secondo il Regolamento della Camera, deve intervenire per fornire pareri sulla qualità dei testi e quindi sulla loro omogeneità, sul raccordo che essi hanno con la legislazione vigente, sull'incidenza sul quadro normativo generale, secondo quanto previsto dall'articolo 16-bis del Regolamento.
Devo obiettivamente dire che, alla luce della mia esperienza, ormai annuale, nel Comitato per la legislazione, trovo parecchie difficoltà a comprendere le ragioni per cui le proposte del Comitato non vengono accolte, non vengono recepite e non formano oggetto di un'attenta e seria valutazione da parte del Governo. Non mi rivolgo quindi tanto ai colleghi parlamentari, con i quali pure interloquiamo sia mediante i pareri che esprimiamo, sia, nel caso non li leggano, attraverso le discussioni che conduciamo in Aula. È infatti giusto sensibilizzarli, perché è al Parlamento che spetta l'ultima parola. Però è poi ovvio che, secondo le regole del gioco democratico, i parlamentari di maggioranza devono rispettare le indicazioni provenienti dalla propria maggioranza e quindi anche dal Governo, che sulla maggioranza deve esercitare, giustamente e correttamente, la propria azione di indirizzo politico.


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Il problema è proprio questo: per quali motivi non si riesce a trovare un momento di confronto serio, concreto, oggettivo per superare certe difficoltà che hanno poi provocato discrasie normative non indifferenti? Anche noi, signor ministro, abbiamo le nostre statistiche e oggettivamente esse dicono che soltanto il 50 per cento delle condizioni ed il 25 per cento delle osservazioni espresse vengono recepite.
L'attenzione con la quale il Comitato opera, e ringrazio di ciò i funzionari che lo supportano per l'altissima qualità con cui lo fanno, ed il modo con cui esso conduce la sua attività di analisi meriterebbero, a mio sommesso avviso, una maggiore attenzione da parte del Governo. Faccio presente che la nostra funzione non è quella di incidere sul merito dei provvedimenti, in quanto il Comitato per sua stessa natura, paritetica, non avrebbe titolo per farlo, ma è quella di intervenire sulla formulazione dei testi, sugli aspetti qualitativi dell'impianto normativo. Proprio in ragione di ciò ricordo che i rilievi formulati dal Comitato, siano essi condizioni o osservazioni, sono sempre ragionevoli e, qualora accolti, sicuramente non comporterebbero alcun problema per il Governo, anzi agevolerebbero l'interprete e il Governo medesimo, nella fase esecutiva dei provvedimenti, in vista della realizzazione dei contenuti essenziali dei provvedimenti stessi. Sono suggerimenti che non comportano spese, né tolgono tempo all'attività legislativa del Governo, se non nella misura in cui - e introduco un altro argomento che dovrebbe essere opportunamente valutato - sollevano talvolta la problematica di intervenire su modifiche apportate dal Senato, senza il controllo di un organismo omologo al nostro Comitato, che in quel contesto non esiste. Questo è un vecchio problema di cui parlammo, signor ministro, non so se si ricorda, all'inizio della legislatura. Ovviamente, il Governo non ha alcun potere per chiedere all'altro ramo del Parlamento di dotarsi di un organismo similare, ma nell'ambito della politica della maggioranza, che comunque ha il compito di fornire chiari segnali di riforme all'interno dei rami del Parlamento, credo che un impulso in questo senso possa essere dato. Non si capisce per quale motivo la Camera, seppur con le limitazioni che ho testé evidenziato, sia dotata di un organismo che tenta di incidere sulla qualità dei testi, mentre il Senato non lo abbia. Ciò crea anche antipatiche occasioni di raffronto tra i due rami del Parlamento: infatti, ci siamo trovati più di una volta a commentare, in modo abbastanza sorpreso, iniziative legislative creative da parte del Senato.
Erano questi, secondo me, i temi in concreto su cui avremmo dovuto confrontarci e sui quali spero possa esserci veramente un confronto secondo le indicazioni tematiche proposte brillantemente dalla presidenza, che, se sviluppate, potrebbero contribuire a risolvere i problemi segnalati, non ultimo quello della mancata allegazione dell'analisi sull'impatto della regolamentazione in quasi tutti i provvedimenti, la quale, se ci fosse, ovvierebbe ad almeno la metà dei problemi che oggi ci troviamo a dibattere.
Erano queste le considerazioni che volevo fare, proprio nello spirito di una ricerca di sinergie, finalizzata a lasciare un segnale fattivo, una testimonianza concreta da parte di questa maggioranza, da parte di coloro i quali compongono il Comitato e si stanno attivando per far sì che si possa dire che la produzione legislativa della XVI legislatura è comprensibile e di facile interpretazione per tutti coloro i quali sono chiamati ad applicarla.
In questo senso potremmo, se lei è d'accordo signor ministro e se il presidente lo consente, aggiornare l'audizione, integrarla in successivi momenti nei quali il confronto su queste cose possa poi lasciare una traccia documentale, anche una proposta di modifica del Regolamento della Camera, volta a conferire ai pareri del Comitato carattere non solo obbligatorio ma anche vincolante, qualora su determinate questioni che non riguardano il merito - perché il merito non può essere


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toccato - si riscontri l'unanimità del Comitato esprimersi in modo tassativo. Basterebbe questo.
Ne parleremo, io credo, con il Presidente della Camera perché mi sembra venuto il momento in cui il Comitato possa avere una dignità che gli consenta - così come accade per i pareri vincolanti di altre Commissioni - di poter in qualche modo condizionare, per gli aspetti di competenza, le altre Commissioni permanenti.

DORIS LO MORO. Intendo ringraziare, in maniera non meramente formale, il presidente e il ministro per questa iniziativa. Il presidente, che ha probabilmente fatto tesoro anche di sue importanti esperienze pregresse, per aver saputo comunque valorizzare l'esperienza che tutti abbiamo condiviso in quest'anno di lavoro, il più delle volte in maniera unanime. Questo è un bel segnale, perché nel Comitato si discute sugli aspetti tecnici delle cose ma non ci si divide per appartenenza, schieramenti o quant'altro. Ringrazio il ministro, che è venuto qui preparato, offrendoci una relazione che avremo cura di leggere con diligenza, per aver dimostrato apprezzamento e rispetto nei confronti del Comitato e del suo lavoro.
I numeri, signor ministro, non mi infastidiscono, anzi, quando qualcosa non torna mi interrogo sui numeri mancanti, poiché, si sa, essi possono ovviamente essere selezionati. In realtà, mentre parlava, pensavo che i numeri da lei offerti sembravano molto interessanti anche sul piano politico, aspetto però estraneo alle valutazioni del Comitato. Vi è tuttavia un altro elemento ed è quello di cui il Comitato vorrebbe discutere con lei: in questo caso vengono in rilievo i numeri a cui faceva riferimento il collega Lo Presti. Vi è sicuramente qualcosa che non va quando un organo, dopo aver discusso, talvolta anche animosamente - perché capita di non trovare un accordo sulla qualificazione di un rilievo in termini di osservazione o di condizione - fornisce una indicazione seria e ponderata che rimane inascoltata. Talvolta lascia davvero perplessi il fatto che una osservazione e ancor più una condizione non venga recepita. Mi chiedo se questo sia non tanto un problema istituzionale in senso lato, ma piuttosto procedurale in senso stretto, perché quando la parola passa all'Aula, l'impressione è che il Governo segua la discussione solo fino ad un certo punto. È pur vero che l'Assemblea è sovrana, e su ciò tutti siamo d'accordo, ma la procedura complessiva che porta poi a legiferare dovrebbe funzionare in tutti i suoi meccanismi. Mi sembra che ci sia una mancanza di vigilanza o, meglio, che occorra una maggiore vigilanza, non solo da parte del Comitato, ma soprattutto e contestualmente anche da parte del Governo, per capire che fine fanno le condizioni o le osservazioni elaborate dal Comitato.
Vi è un'altra questione, apparentemente banale, ed è la seguente: spesse volte nelle nostre riunioni, anche quando il parere è sostanzialmente immune da rilievi, ci vediamo costretti a reiterare sempre la solita considerazione, che riguarda la mancanza delle relazioni istruttorie AIR e ATN. Si continua a segnalare per decine di volte tale carenza e non credo che così facendo si sollevi un problema politico, perché non vedo quale sia il valore politico che deriva dal perseverare in un atteggiamento insistentemente omissivo. Vorrei così cercare di farle comprendere che qualcosa non sta funzionando se una stessa osservazione viene sempre inutilmente reiterata. Quindi quando si parla di numeri, andrebbero anche considerati i numeri che riguardano più strettamente l'attività di questo Comitato.
Vorrei anche dirle che apprezzo molto il riferimento programmatico alla possibilità che anche il Senato istituisca, con le sue regole e secondo la sua autonomia, un organo consimile. Lo faccio, signor ministro, non per polemizzare con lei, che è persona così cortese e poi non è questo il luogo delle polemiche, ma perché talvolta mi chiedo quale sia il criterio in base al quale un decreto-legge viene presentato ad una Camera piuttosto che all'altra. Non si tratta di una opzione irrilevante perché, quando presentati dapprima al Senato, i


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decreti assai spesso arrivano appesantiti da tutta una serie di norme che non ci consentono di esprimere un giudizio di omogeneità, con l'ulteriore conseguenza che anche l'Aula si trova poi disarmata di fronte a provvedimenti cresciuti nella loro complessità nel corso dell'iter parlamentare.
Anche io ho esperienza di governo alle spalle, anche se di livello diverso, e so bene che chi è al governo governa anche i processi legislativi, quando ha i numeri e la forza per farlo. Chi governa risponde anche del prodotto finale e, quindi, di fronte a questa continua segnalazione che viene fatta dal Comitato sul contenuto non omogeneo di certi provvedimenti, vorrei che lei si facesse carico del problema. Perciò è apprezzabile che si auspichi la possibilità che anche al Senato venga istituito un organo filtro come il nostro, perché in tal modo verrebbe fugato ogni dubbio, forse malizioso, che si possa selezionare uno dei due rami del Parlamento per rendere possibile ciò che, in caso di esercizio di una opzione diversa, non lo sarebbe.
Le dico anche che spesso i nostri rilievi sono semplicemente volti a segnalare elementari esigenze di rispetto della tecnica legislativa, come quando si richiama l'esigenza di novellare un articolo, al fine di rendere meno difficile il compito di chi poi deve interpretare le leggi, essendo noto che una norma di fatto rinovellata, ma senza che lo sia anche sul piano formale rende l'interpretazione meno immediata.
Queste non sono osservazioni di merito, esse hanno solo a che fare con la tecnica legislativa.
Non è un discorso relativo a questa o quella maggioranza, ma riguarda il Parlamento in sé, che rispetto a tali profili dovrebbe essere più attento. Più volte - anche in Assemblea ed alla sua presenza - mi sono trovata a segnalare il fatto che si interviene in maniera reiterata con più provvedimenti su una stessa identica materia. Certo, quando ciò avviene per il terremoto o per la crisi nella sua evoluzione, di cui man mano si vanno comprendendo le ragioni, le spiegazioni sono evidenti. Rimane però il dato di fatto che di questa tecnica noi abbiamo più volte rilevato un abuso. Non so se ciò risponda ad una volontà politica, se ci sia semplice disattenzione o una motivazione diversa, però penso che se riuscissimo a collaborare, a porci l'obiettivo comune di migliorare la qualità della legislazione, forse attribuiremmo un valore maggiore, più di sostanza, al Comitato, fermo restando che oggi con la sua presenza lei ha comunque riconosciuto valore al nostro organo, mettendo a nostra disposizione una relazione articolata, che dovrà essere necessariamente fatta oggetto d'attenzione.

ARTURO IANNACCONE. Anche a nome del mio gruppo, ringrazio sia il presidente per aver organizzato questo incontro, sia il ministro per la sua presenza. Anche se oggi la discussione prevalente si è incentrata sulla vexata quaestio della decretazione d'urgenza, sulla omogeneità e sul numero dei decreti presentati dal Governo, vorrei sottolineare un elemento differente, che mi sembra condizionante rispetto ai lavori del Comitato. La mia opinione è che il Comitato per la legislazione dovrebbe innanzitutto prendere atto che con gli attuali regolamenti parlamentari non c'è nessuna possibilità per un esecutivo di governare. Quindi capisco i numeri che ha presentato il ministro Vito. Se non si fa ricorso alla decretazione d'urgenza, il più delle volte il Governo non ha alcuna possibilità di veder approvato un proprio provvedimento e, anche in caso di ricorso ai decreti, la necessità di vedere rispettato il termine di conversione di sessanta giorni può essere garantita solo attraverso il ricorso alla fiducia. Vi è farraginosità nei lavori parlamentari. Penso, ad esempio, alla possibilità di presentare emendamenti nelle Commissioni, i quali vengono poi riproposti tali e quali in Assemblea, in tal modo bloccando, da un lato, i lavori delle Commissioni e dall'altro paralizzando quelli dell'Assemblea. Quindi vi sono questioni di maggiore attualità che prescindono anche dalla nostra capacità di incidere su di esse, perché se non c'è volontà politica di modificare


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i regolamenti parlamentari, noi nulla possiamo fare al riguardo.
Ritengo però che si debba innanzitutto prendere atto che il Governo ha manifestato l'intenzione di voler valorizzare al massimo il lavoro del Comitato per la legislazione. Mi sembra che questo sia un primo dato positivo, che si aggiunge a quanto detto più volte dallo stesso Presidente della Camera dei deputati rispetto all'obiettivo del miglioramento della qualità legislativa, il che significa produrre leggi comprensibili e applicabili che possano essere rispettate da tutti. Mi sembra che dobbiamo concentrare l'attenzione soprattutto su ciò, prendendo atto che, se non ci sarà una modifica dei regolamenti parlamentari, difficilmente anche la produzione legislativa sarà coerente rispetto alle finalità che questo stesso Comitato intende perseguire.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Vito per le parole di apprezzamento spese verso le iniziative che stiamo conducendo. Prima di dargli la parola per una sua replica, mi permetto di svolgere anche io alcune brevissime considerazioni.
Raccogliendo il suggerimento emerso, si valuterà con il ministro se dar vita periodicamente a cicli di audizioni, che esordiscano con la presenza del ministro per i rapporti con il Parlamento e continuino con altri soggetti interessati a collaborare con le Camere per migliorare la qualità della legislazione. Tali cicli potrebbero eventualmente concludersi nuovamente con il ministro, in modo da effettuare congiuntamente una valutazione complessiva.
Aggiungo che, dopo questo ciclo di audizioni avrà luogo e un incontro con esperti - peraltro individuati facendo sempre riferimento ad aree culturali bipartisan - con i quali discuteremo sia su quanto emerso dalle audizioni sia su alcuni spunti di riflessione che stiamo approfondendo in seno al Comitato. Successivamente, con l'autorizzazione del Presidente della Camera - eventualmente passando attraverso la Giunta per il Regolamento - valuteremo se ci siano le condizioni per una breve sessione parlamentare, volta a discutere sugli strumenti della legislazione, alla luce di una serie di questioni che si vanno consolidando. Si tratterebbe di un'iniziativa da realizzare attenendosi ad un indirizzo istituzionale asettico, cercando di evitare l'approccio che è stato seguito al Senato, laddove una simile discussione è stata sì fatta, ma con un taglio più politico che istituzionale. Mi sembra quindi che, ove si consolidassero gli elementi occorrenti, potrebbe sottoporsi al Presidente della Camera la valutazione sull'opportunità di riflettere su tali questioni. Va ricordato che il Presidente della Camera si è già dimostrato sensibile alle questioni che in questa sede si stanno affrontando, alcune delle quali sono state sollevate anche in Aula, con gli interventi dell'onorevole Zaccaria e di altri colleghi.
Per quanto riguarda il tema del parere che viene dato su un testo che in seguito viene profondamente modificato dagli emendamenti, desidero fare presente all'onorevole Occhiuto che il Presidente Fini ha dato incarico, in seno alla Giunta per il Regolamento, a due membri della stessa, di predisporre una relazione con la quale si valuti la possibilità che il Comitato possa ripronunciarsi sulle modifiche sostanziali apportate al testo base, senza che ciò vada a detrimento dei tempi di approvazione del provvedimento.
Mi sembra che dai numeri evocati emerga una sorta di scambio, di trade off, come dicono gli inglesi, tra il numero dei decreti e il contenuto degli stessi, nel senso che i decreti diminuiscono di numero nella misura in cui si allargano come contenuto oppure crescono come numero nella misura in cui dimagriscono nei contenuti. Forse, con onestà intellettuale, tenuto conto che il fenomeno è presente da diverse legislature, bisognerà domandarsi se non sia esso il sintomo, sempre più evidente, di una questione che bisogna affrontare in modo più radicale, prendendo il toro per le corna. Mi sembra, infatti, che risponda a verità affermare che il Governo deve avere la possibilità di


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governare in modo tale da assumere decisioni, mentre il Parlamento deve avere la possibilità di controllare.
Nelle maglie delle procedure oggi esistenti ci si muove con obiettiva difficoltà. Il decreto, in questo contesto, più che un indice volto a misurare la maggiore o minore inclinazione degli esecutivi a prendere il sopravvento sul Parlamento, misura un'oggettiva difficoltà che esiste rispetto a norme e procedure da cambiare. Inoltre mi sembra che segnali l'esigenza, sempre più rilevante, di riflettere sulla qualità della legislazione. Siccome più diventa corposo il contenuto del decreto, più materie ci sono nello stesso, più diventa difficilmente conoscibile dai deputati e ancor meno dai cittadini e, dato che obiettivo della legge - trattasi di questione eminentemente democratica - è quello di essere conoscibile da parte dei cittadini, appare chiaro che si pone per tutti noi un problema bipartisan.
Affronterei la questione cominciando dalle cose fattibili, tra le quali si pone l'esigenza che il Governo sia presente alle riunioni del Comitato.
Sono consapevole che gli impegni sono tanti, che le riunioni si sovrappongono e che quindi non c'è cattiva volontà. Però, se riuscissimo a coordinarci in modo da poter beneficiare della presenza del Governo, il quale potrebbe prendere atto in diretta delle questioni che emergono, si potrebbe consolidare una buona prassi che di certo ci aiuterebbe nelle nostre attività volte al miglioramento della qualità della legislazione.
A questo punto prego il Ministro di intervenire.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ringrazio di nuovo il presidente Duilio e tutti i colleghi intervenuti per la cortesia, l'apprezzamento e anche per le osservazioni critiche. Confermo l'intendimento del Governo di avere obiettivi comuni con il Comitato per la legislazione, nella convinzione che quelli da raggiungere da parte del Governo e del Parlamento sono proprio gli obiettivi comuni, non potendo esserci contrapposizione né politica né tantomeno istituzionale.
Con riferimento alle diverse questioni poste, cercherò di dare, per quanto possibile, sintetiche risposte e poi di riprendere anche i temi più strategici sollevati, che fanno riferimento a possibili soluzioni anche relative all'ampliamento dei poteri di intervento del Comitato.
I confronti con la legislatura precedente - onorevole Zaccaria - non contenevano elementi polemici e, tra l'altro, sono stati fatti con riferimento anche ai decreti adottati dal precedente Governo Berlusconi. È vero che il numero dei decreti di questa legislatura si accompagna anche all'esame delle leggi di ratifica, che io però inviterei a non considerare leggi di serie B, perché comunque sono leggi che corrispondono a una precisa previsione costituzionale. Rispetto alle precedenti legislature, sono aumentate invece, contrariamente a quanto in genere si dice, le proposte di legge di iniziativa parlamentare approvate definitivamente.
Per quanto riguarda il tema, al quale pure si è fatto riferimento, dell'omogeneità dei decreti-legge, sono assolutamente d'accordo. Si può anche convenire sul fatto che spesso essi assumono la caratteristica di dilatarsi proprio durante l'iter parlamentare; ed è rispetto a questo che Governo e Parlamento devono individuare strategie comuni.
Con riferimento alle cosiddette catene di decreti-legge, si tratta in effetti di casi limitatissimi. Va detto che catene di decreti-legge adottati sullo stesso tema ci sono sempre state e continueranno sempre ad esserci.
Consideriamo anche il fatto che il decreto-legge n. 112 in qualche misura ha anticipato e limitato i contenuti della manovra finanziaria, come ricordavo prima. Abbiamo tutti ben presenti le leggi finanziarie per il 2007 o per il 2008, che ancora oggi stiamo modificando in numerosi punti specifici e, rispetto a ciò, è il riferimento alla legge finanziaria per il 2009 che a mio giudizio sembra costituire un dato da valorizzare, per comprendere la


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novità da essa recata rispetto alla tematica della qualità della legge, che va ascritta a merito soprattutto del Parlamento più che del Governo in questa legislatura.
I colleghi sanno, il presidente Duilio lo sa bene, che nelle scorse legislature, anche nell'ultima, lo dico senza intento polemico, attraverso la legge finanziaria venivano effettuate conversioni di interi e diversi decreti-legge tramite il maxi emendamento del Governo. Era diventata prassi comune che interi decreti-legge in quel momento vigenti, anziché essere convertiti con la legge di conversione, venissero a fine anno inseriti nella legge finanziaria, che aveva assunto questa caratteristica «mostruosità». Vi erano poi decreti-legge che, al di là del problema della omogeneità, presentavano, per numero di commi, un'ampiezza notevole, erano vere e proprie «lenzuolate», come talvolta li definivano gli stessi proponenti.
Quanto alle altre cose, dico all'onorevole Lo Presti che, riguardo ai numeri da lui citati sul tasso così ridotto di accoglimento dei pareri del Comitato, trattasi di un dato sicuramente significativo, al quale il Governo cercherà di prestare una maggiore attenzione nel corso dell'esame parlamentare. Va ricordato che esiste una disposizione del nostro Regolamento - anch'io sono parlamentare - che consente comunque alle Commissioni parlamentari, motivandolo, di disattendere il parere del Comitato. Qualora vi siano iniziative regolamentari volte a rendere più stringenti i suoi pareri, esse naturalmente saranno viste con favore dal Governo. Parimenti, signor presidente, accolgo l'invito a garantire una maggiore presenza del Governo ai lavori del Comitato. A nostra parziale giustificazione, non può non essere considerato il numero ridotto dei membri del Governo in questa legislatura e le difficoltà che conseguono alla decisione adottata con una norma introdotta da una precedente legge finanziaria. Stiamo operando per limitare le difficoltà di coordinamento, cercando di assicurare la presenza dei rappresentanti del Governo in tutte le Commissioni parlamentari. In tale ottica, sicuramente cercheremo di venire incontro alle giuste esigenze che il Comitato ha rappresentato.
Qual è allora il vero problema che a mio giudizio emerge? Il problema insorge perché devono essere adottati strumenti legislativi che Governo e Parlamento ben sanno essere gli unici che consentono di operare con tempi prevedibili e certi. I problemi di omogeneità, causati dalle modifiche introdotte nel corso dell'esame parlamentare, conseguono al solo fatto che, per come è il sistema bicamerale nel nostro Paese, per come sono organizzate le procedure legislative di entrambi i rami del Parlamento, occorre necessariamente privilegiare gli strumenti legislativi che garantiscono una certezza dei tempi decisionali. Quali sono questi strumenti legislativi? Innanzitutto, la legge finanziaria. La prassi della legge finanziaria omnibus nasce perché era l'unica legge che assicurava una certezza dei tempi di approvazione. Sapendo che al 31 dicembre la finanziaria sarebbe stata adottata, si ricorreva ad essa per inserirvi di tutto. In secondo luogo, i decreti-legge. Essi presentano, rispetto all'azione di governo, non solo la caratteristica dell'immediata vigenza delle norme, ma anche il pregio della certezza dei tempi di approvazione. Infine, i progetti collegati alla legge finanziaria, strumenti che in questa legislatura abbiamo cercato di valorizzare, proprio per cercare di diversificare il ventaglio degli strumenti legislativi che in qualche modo rendessero possibile una previsione di tempi di approvazione certi e comunque non eccedenti l'anno finanziario.
Quindi, la possibile soluzione alle carenze da più parti evidenziate sta nell'intervenire sulle procedure parlamentari di adozione degli strumenti legislativi, così come abbiamo fatto per risolvere i problemi della legge finanziaria. Sono convinto che un intervento sulle procedure parlamentari possa avere un riflesso anche sulla qualità della legislazione, e che a migliori procedure parlamentari possa corrispondere una differente e migliore qualità della legislazione: se fosse possibile prevedere i tempi di approvazione di un


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disegno di legge governativo o anche parlamentare, sicuramente ci sarebbe minore necessità di inserire quelle norme in un decreto-legge, in un provvedimento collegato o nella legge finanziaria, come accadeva in passato.
Questo è il limite che a nostro giudizio emerge dall'esperienza di questi anni: non tanto e non solo il nostro bicameralismo, ma anche i tempi nei quali vengono adottate le decisioni legislative.
Lei sa bene, presidente, e anche gli autorevoli colleghi lo sanno, che in tempi di crisi internazionale come quella che stiamo attraversando, i tempi delle decisioni incidono profondamente sulla qualità della decisione: quando il Consiglio dei ministri vara un provvedimento, avere una previsione sui tempi di approvazione definitiva di quel provvedimento è assolutamente necessario. Per un provvedimento ordinario la previsione è pressoché impossibile; si cerca dunque di ricorrere a strumenti legislativi che offrano, per quanto possibile, una previsione sui tempi di approvazione definitiva. Questo incide infatti sull'efficacia della norma che si sta introducendo.
Credo che sia interesse comune di Governo e Parlamento cercare di individuare, senza imporre necessariamente un tempo limite ristretto alle Camere, procedure di urgenza, rendendo prevedibili i tempi di decisione del Parlamento sulle iniziative legislative che, anche se ordinarie, hanno un particolare carattere prioritario e strategico.
Credo che questo possa essere un punto da focalizzare nel corso delle audizioni programmate. Le relative conclusioni potrebbero anche portare a suggerire modifiche alle procedure parlamentari che derivano dall'esperienza del lavoro del Comitato.
Sono convinto che questo possa essere un tema, un filone, un canale nel quale il Comitato possa autorevolmente, sulla base del lavoro svolto, denunciare non solo punte di criticità, ma anche offrire possibili soluzioni. Sicuramente, per il Governo questo sarebbe auspicabile. Il Governo si rende conto che un ricorso sistematico ed esclusivo all'adozione di strumenti legislativi particolari, eccezionali o straordinari va a scapito dell'attività ordinaria; tuttavia, se tali strumenti sono anche gli unici ad offrire una possibilità di previsione per quanto concerne la conclusione dell'iter legislativo, diventano necessariamente i soli sui quali si è costretti a concentrarsi. Questa esigenza vale non solo per le iniziative del Governo, ma anche per quelle dei parlamentari: il grande aumento del numero di articoli, ad esempio sui provvedimenti collegati, strumenti che tipicamente rientrano nel raggio di azione del Governo, si è verificato proprio perché si sapeva che quei provvedimenti avevano una prevedibile possibilità di conclusione certa.
Si potrebbero anche fare considerazioni di carattere più generale sulla particolare tendenza del nostro Paese, probabilmente l'unico all'interno dell'Unione europea, a disciplinare tutto con norme di rango primario.
Credo che il Comitato per la legislazione, anche in stretta interazione con la Giunta per il Regolamento, partendo dalla sua esperienza concreta, possa dare un contributo alla risoluzione di problemi che - vi prego di credermi - il Governo avverte essere comuni con il Parlamento.
Vi è una questione specifica sulla quale voglio fornire un chiarimento. È stato giustamente rilevato che le relazioni tecniche, l'AIR e l'ATN, nei provvedimenti del Governo spesso mancano o sono carenti. Ciò non avviene per cattiva volontà degli uffici della Presidenza o dei ministri proponenti, tant'è vero che è stato lo stesso Governo Berlusconi, a settembre, a cercare di far entrare definitivamente in vigore questi strumenti dei quali si discuteva da tempo. Esiste tuttavia una qualche difficoltà ad adeguarsi all'innovazione voluta dal Governo. Sono in corso iniziative volte anche all'aggiornamento e alla formazione professionale. È già stato fatto un primo corso nella scorsa primavera e un'iniziativa analoga è prevista per il prossimo settembre. Sicuramente l'intento del Governo è di rispettare la volontà manifestata


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allorché ha deciso che tali strumenti entrino definitivamente in vigore, rendendosi conto che essi sono essenziali per percepire la portata e l'utilità stessa della norma e che è giusto fornirli al Parlamento. Credo anche che il Parlamento apprezzi le molte innovazioni fatte rispetto al passato, con l'introduzione, nel contesto della legge n. 400 del 1988, di un apposito articolo in materia di chiarezza dei testi normativi. Sono tanti gli strumenti che stiamo cercando di fornire al Parlamento e soprattutto al cittadino, punto finale di riferimento del nostro lavoro.
Presidente, naturalmente resto a disposizione sua e del Comitato per ulteriori iniziative, per altre audizioni, a conclusione di questo ciclo o quando lei lo riterrà opportuno, ritenendo che ciò sia essenziale per il buon andamento dell'attività legislativa, interesse precipuo, questo, non solo del Parlamento, ma anche del Governo.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro, anche per quanto detto in sede di risposta alle osservazioni formulate dai colleghi. Le assicuro che terremo in debita considerazione la sua proposta, che attesta ulteriore stima per il lavoro del Comitato, di valutare eventuali suggerimenti da sottoporre alla Presidenza della Camera per migliorare le procedure parlamentari, atteso il nesso che esiste a suo parere - ed è anche il mio parere - tra la vischiosità delle procedure e la qualità della legislazione, tema su cui ci siamo ampiamente soffermati.
Peraltro, la ringrazio anche di quanto diceva circa l'attenzione che il Governo intende porre per una maggiore considerazione dei pareri del Comitato, al fine di tradurre le raccomandazioni e le osservazioni in possibili emendamenti, qualora si condividesse il contenuto degli stessi. Le assicuro che il lavoro condotto dai colleghi con la collaborazione degli uffici - che fanno un eccellente lavoro e che, cogliendo l'occasione, ringrazio -, porta a ponderare attentamente i rilievi posti e la loro qualificazione in termini di condizioni piuttosto che di osservazioni; si tratta conseguentemente di suggerimenti che riteniamo possano solo migliorare la qualità del testo piuttosto che peggiorarla o appesantirlo.
Conto anche, sulla base di quanto lei diceva, che si possa migliorare il coordinamento tra i nostri e i vostri uffici, affinché nella informalità dei rapporti si possa risolvere la maggior parte dei problemi.
Prendo atto di quanto diceva circa l'intenzione di sanare il vulnus, peraltro non imputabile solamente all'attività di questo Governo, relativo alla mancanza delle relazioni istruttorie AIR e ATN.
La maggior parte delle considerazioni emerse si collocano in un alveo di ricorrenti problematicità nei rapporti tra Parlamento e Governo. Il nostro obiettivo è realizzare un flusso normativo il più possibile virtuoso, al fine di migliorare la qualità della legislazione.
Siamo in una fase in cui si parla di riassetto in senso federale dello Stato. In questo contesto, come è noto, l'articolo 5 della Costituzione, laddove prevede che la Repubblica adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento, assume particolare rilevanza. Abbiamo in animo di condurre un approfondimento su talune politiche pubbliche, selezionandone alcune, per vedere quale sia a valle l'impatto che norme di derivazione comunitaria, norme di rango nazionale e norme di rango regionale producono, quali siano le sovrapposizioni, i conflitti o altro. Si cominciano già a intravedere nuovi strumenti normativi che emettono i loro primi vagiti, penso ai «piani» e al ruolo della Conferenza Stato-regioni nel contesto della genesi di tale normativa. Sono strumenti che necessitano però di una codificazione, perché si tratta di innovazioni che stanno emergendo dal basso. Tutto ciò porta evidentemente a interrogarsi su come si possa lavorare per migliorare la legislazione.


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Le questioni sono tante: cercheremo di non essere velleitari, né immaginiamo di poter risolvere tutto, ma l'obiettivo di questo e dei prossimi incontri è finalizzato a migliorare la qualità della legislazione, tema che sta a cuore ai cittadini oltre che a tutti noi. La ringrazio ancora per la sua presenza, per i suggerimenti che ci ha fornito, nonché per la disponibilità dimostrata a tornare nuovamente, qualora emergessero ulteriori elementi che suggeriscano di richiedere la sua autorevole presenza. Nel ringraziarla ancora e nell'augurarle buon lavoro, dichiaro chiusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

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