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Resoconti stenografici delle audizioni

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Comitato per la legislazione
3.
Martedì 11 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Lo Presti Antonino, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi, sugli effetti del Trattato di Lisbona sugli attuali strumenti normativi e sulle fasi ascendenti e discendenti di formazione del diritto comunitario e del diritto interno (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Lo Presti Antonino, Presidente ... 3 9 10
Bernini Bovicelli Anna Maria ... 10
Ronchi Andrea, Ministro per le politiche europee ... 4
Zaccaria Roberto ... 9

Seduta dell'11/5/2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANTONINO LO PRESTI

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva differita sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi, sugli effetti del Trattato di Lisbona sugli attuali strumenti normativi e sulle fasi ascendenti e discendenti di formazione del diritto comunitario e del diritto interno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi.
Rivolgo innanzitutto, a nome del Comitato per la legislazione, un ringraziamento al ministro per aver accettato l'invito a partecipare all'audizione. Il tempo è tiranno, il ministro deve abbandonarci alle 14.30, quindi solo una breve introduzione.
L'audizione s'inquadra principalmente nell'esigenza di indagare una tematica che il ministro conosce bene, perché ha dovuto affrontarla negli ultimi tempi: l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Si tratta di un evento che modificherà profondamente gli assetti istituzionali del nostro Paese, interni ed esterni. Già adesso, più della metà dell'intera produzione normativa parlamentare discende dal contesto internazionale e comunitario. È un dato che presumibilmente tenderà a crescere. È altrettanto probabile che ciò inciderà sul modo di lavorare dei parlamenti e trasformerà il processo di produzione della legislazione nazionale.
Ecco perché il Presidente della Camera, onorevole Fini, ha affidato all'organo che ho l'onore di presiedere l'incarico di approfondire le conseguenze che l'approvazione del Trattato di Lisbona pone nel modo di legiferare. Perché deve essere chiaro a tutti, come lo è stato al Presidente Fini, che i nuovi compiti affidati ai parlamenti nazionali impongono di intraprendere nuove strade e di sperimentare nuovi metodi di produzione normativa, all'altezza di un ambizioso obiettivo.
Occorre rendere i parlamenti il luogo in cui la collettività nazionale - ed i poteri territoriali in cui essa si articola - danno il loro apporto alle decisioni in termini di partecipazione democratica. Questo impone un procedimento legislativo rapido ed efficace ma che, soprattutto, promuova e tuteli i valori di chiarezza e certezza del diritto che sono l'essenza di ogni ordinamento democratico. Naturalmente, auspichiamo di poterci avvalere del contributo che verrà dai rappresentanti del Governo che si occupano del coordinamento legislativo nelle sue diverse forme, a cominciare dal ministro Ronchi che è il più direttamente coinvolto in questo processo.
Venendo ai temi dell'audizione: il primo aspetto che auspico possa essere affrontato è proprio quello di mettere a


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punto le forme di confronto e di dialettica con l'Esecutivo nell'attivazione delle nuove attribuzioni del Parlamento.
Mi riferisco, in particolare, ma non solo, al controllo di sussidiarietà ed alla relativa procedura sperimentale che, come noto, consente anche il coinvolgimento delle assemblee regionali.
Il secondo aspetto che ritengo meritevole di attenzione in questo incontro riguarda forme e strumenti di coordinamento delle politiche legislative ai diversi livelli.
I punti su cui focalizzare l'attenzione sono quindi due.
Il primo, con riguardo alla fase discendente, concerne l'adeguatezza dell'odierno sistema di recepimento basato sulla legge comunitaria a garantire standard elevati di qualità della normazione.
Il secondo riguarda invece il processo di coordinamento della legislazione multilivello, a partire dall'esperienza maturata dal ministro Ronchi e dalle strutture del Dipartimento per l'attuazione della «Direttiva servizi».
Ricordo di aver personalmente partecipato attivamente come relatore alla fase di attuazione della delega in materia e che il parere conclusivo è stato estremamente articolato.
Ove si possa trarre un bilancio positivo - come io personalmente ritengo - tale metodo potrebbe avere un'applicazione sistematizzata per ogni complessa procedura di adeguamento del diritto interno a quello sopranazionale.
Invito il ministro a prendere la parola.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Innanzitutto un grazie al presidente Lo Presti. Lo ringrazio soprattutto per la puntualità, ma anche per la pervicacia con cui ha voluto questa audizione. Mi scuso se la sua realizzazione è stata dilazionata nel tempo, ma gli adempimenti sia di carattere interno che internazionale hanno reso possibile il suo svolgersi soltanto oggi. Mi scuso inoltre, sin d'ora, se alle 14.30 dovrò andare via, ma al Senato è stata incardinata questa mattina la legge comunitaria, destinata a esser discussa domani in Aula, in quarta e, speriamo, conclusiva lettura. Quindi gli impegni parlamentari si accavallano, ma conto, presidente, che il confronto possa proseguire anche nelle prossime settimane. Il recepimento della «Direttiva servizi» e l'attuazione del Trattato di Lisbona costituiscono temi di reciproco, proficuo confronto. Ritengo che il Parlamento vada informato, anche per aver modo di recepire gli stimoli, gli atti di iniziativa e i suggerimenti che dal suo ambito possono provenire.
Credo che il tema della qualità della legislazione e del coordinamento legislativo, soprattutto nell'attuale momento della nuova governance europea, non possa, non debba più riassumersi in un problema di mera tecnica redazionale, ma debba coinvolgere aspetti e obiettivi molto più complessi.
In sede di trasposizione degli strumenti comunitari occorre affrontare in modo più consapevole e strutturato l'individuazione delle modalità più opportune per raccordare le diverse fonti e i vari centri di produzione normativa, per ottenere una più reale e maggiore trasparenza dei processi di produzione normativa che possa anche agevolare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino. In questa prospettiva è indispensabile ricercare soluzioni sempre più condivise, sempre più allargate.
La metodologia che abbiamo messo in piedi per il recepimento della «Direttiva servizi» rappresenta un'esperienza da non disperdere, anzi assolutamente da incentivare. Credo che su quella strada occorra proseguire.
La «Direttiva servizi» ci chiedeva di procedere all'esame di tutta la regolamentazione nazionale in materia di accesso e di esercizio di attività di servizi al fine di verificarne la conformità alle regole dettate dalla direttiva stessa e poter procedere alle modifiche necessarie per rendere tale regolamentazione in linea con le prescrizioni della direttiva. Per poter quindi procedere a questa verifica, si rendeva propedeutico poter avere cognizione di tutte le disposizioni nazionali in materia di


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accesso e di esercizio di attività di servizi; conoscere in particolare i regimi autorizzatori e i requisiti vigenti per ciascuna attività di servizi rientrante direttamente nel campo di applicazione della direttiva.
L'idea che abbiamo avuto è stata quella di chiedere a tutte le amministrazioni di censire tutti i procedimenti di competenza, tutti quelli in definitiva assegnati alla competenza dei diversi uffici delle singole amministrazioni. E di partire subito nel 2007, perché la scadenza per la trasposizione era fissata al 28 dicembre 2009, ma eravamo di fronte ad un compito veramente complesso. Abbiamo realizzato dunque un sistema semplice ma efficace di monitoraggio per schede. Nelle schede abbiamo chiesto alle amministrazioni di riportare tutte le informazioni circa la presenza o meno dei criteri che la direttiva richiedeva. Le schede sono state accompagnate da una sorta di guida per la compilazione.
Tutte le amministrazioni hanno risposto in maniera efficace, tranne qualcuna ovviamente. Per le amministrazioni statali il censimento ha riguardato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'interno, il Ministero per lo sviluppo economico e il Ministero della giustizia; soprattutto la materia dell'ambiente e dell'agricoltura è stata solo in minima parte esaminata, in quanto regolata da altra normativa comunitaria o affidata alla competenza regionale.
Abbiamo censito più di trecento procedimenti.
Per le amministrazioni regionali il censimento ha riguardato tutte le Regioni ad eccezione della Sicilia e del Molise, che non hanno partecipato ai lavori di screening e non risulta abbiano ancora predisposto l'eventuale normativa regionale di attuazione. L'Umbria ha censito 60 procedimenti, il Piemonte circa 50. Le altre Regioni sono più o meno sulle stesse cifre. Il recepimento è avvenuto o con un unico intervento o con normativa settoriale. Alcune Regioni, come Campania e Puglia, stanno recependo con regolamenti regionali. Nove regioni hanno predisposto i disegni di legge di recepimento.
Tale lavoro ha permesso inoltre di disporre di una base sulla quale possiamo lavorare sempre di più in progress, continuamente. Ma, soprattutto, il metodo seguito ha favorito la creazione di un tavolo comune di confronto con tutte le amministrazioni.
Particolare attenzione vorrei porre al momento di confronto che abbiamo voluto costituire con le associazioni di settore e professionali maggiormente rappresentative e con i sindacati, per acquisire dagli operatori stessi un quadro della situazione di fatto, una fotografia, del mercato dei servizi e delle criticità create dalle normative in vigore sia a livello nazionale che a livello regionale. Abbiamo avuto un ottimo ascolto, una grande partecipazione.
I contributi forniti sono stati pubblicati oggi sul nostro sito, sul sito del Dipartimento, così da stimolare e coinvolgere tutti coloro i quali, anche da posizioni diverse, possono aiutarci per un confronto anche in questa sede, in Parlamento.
La convocazione del tavolo tecnico aperto a tutti i soggetti interessati non è stata finalizzata alla negoziazione legislativa del recepimento della direttiva, ma ad acquisire dagli operatori, su singoli temi nevralgici, informazioni su quanto accadeva nel territorio, sulla prassi amministrativa di applicazione, nonché informazioni sulle varie attività regolamentative del settore.
Questo al fine di consentire al Governo di predisporre delle norme di carattere generale che potessero costituire principi unitari per la regolamentazione di settore di attività, come prevede l'articolo 117 della nostra Costituzione.
L'esigenza di acquisire la conoscenza diretta di tutte queste problematiche è nata, lo ribadisco, dalla particolarità della «Direttiva servizi», che ha la dichiarata finalità di razionalizzare i procedimenti amministrativi nazionali per l'accesso alla prestazione di servizi e non una mera finalità di armonizzazione delle normative nazionali. Ciò per consentire a tutti cittadini europei, a parità di condizioni, l'esercizio del diritto di stabilimento ed il diritto di libera prestazione di servizi.


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Un primo risultato di questo lavoro è stato di rendere manifesto che la normativa di settore, per come si è formata a seguito dei trasferimenti della competenza normativa agli enti territoriali, non è solo in danno dei cittadini degli altri Stati membri, in caso di discriminazione, ma dei cittadini di altre Regioni.
È, questo, un dato di fatto sul quale il legislatore regionale dovrà riflettere nell'esercizio della sua competenza legislativa, consapevole che anche nelle materie di competenza esclusiva - questo è un passaggio importante, fondamentale, sul quale insisteremo moltissimo - la competenza legislativa deve essere esercitata nel rispetto degli impegni derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, come prescrive l'articolo 117 della Costituzione. Al riguardo saremo assolutamente rigidi e non consentiremo che ci possa essere esercizio di competenze regionali in difformità dal dettato della nostra Costituzione.
Si deve sottolineare in proposito che i soggetti coinvolti hanno dato opportuni contributi ai fini del mantenimento o meno dei regimi autorizzatori, anche alla luce delle varie normative regionali, in specifici settori di attività come gli esercizi di vicinato, le medie e grandi strutture di vendita, il commercio su aree pubbliche e nei centri storici, gli esercizi di vendita della stampa quotidiana e periodica. L'esercizio delle attività subordinate all'iscrizione ad albi, registri e ordini professionali è un tema che ci ha portato molte riflessioni, molti contributi e credo che la soluzione trovata sia ottimale.
Tengo a evidenziare, è un dato delle ultime ore, che la Commissione europea ha valutato molto positivamente il lavoro svolto dall'Italia, che è stato ritenuto un lavoro di qualità e che ci colloca al primo posto tra gli Stati membri. Caro presidente e cari colleghi, penso che si debba essere orgogliosi di questo lavoro e che l'apprezzamento pervenuto ieri renda onore al Governo e al Parlamento.
La stessa Commissione europea, che sta attualmente portando avanti con gli Stati membri il cosiddetto processo di valutazione reciproca degli ordinamenti nazionali, sta interrogando gli Stati sulla possibilità di applicare lo stesso metodo di trasparenza e conoscenza alla trasposizione di altre direttive.
È una metodologia che occorrerebbe applicare alla fase di discussione delle proposte di direttiva. Avrebbe allora un'incidenza diversa - diciamocelo francamente - anche il coordinamento dell'applicazione di regole che abbiamo individuato come essenziali per l'elaborazione e la redazione delle norme.
Venendo ora all'altro tema, sull'attuazione del Trattato di Lisbona, voglio subito dire che l'entrata in vigore del Trattato segna il superamento di una lunga, complessa, articolata e anche controversa fase di integrazione europea e, modificando i Trattati esistenti, conferisce all'Unione europea maggior efficienza e legittimità democratica.
È il via ad una nuova Europa, in grado di tutelare più efficacemente gli interessi dei cittadini europei in un'Unione a 27. Lo dico con franchezza: se sciaguratamente il Trattato di Lisbona dovesse fallire, questo sarebbe probabilmente il colpo di grazia all'Unione europea e alla costruzione di questa Europa a 27. Ci sono stati molti ritardi, molti egoismi nazionali e perciò il Trattato di Lisbona - l'ho detto in Spagna in occasione dell'inaugurazione del semestre spagnolo e la mia opinione è stata condivisa anche dagli altri Stati membri - rappresenta l'ultima opportunità per poter realizzare un'Europa politica in base alla quale possiamo costruire una nuova governance dell'Europa.
Quanto accaduto l'altra notte rispetto alla grande crisi greca costituisce il segno che la strada intrapresa è quella giusta: i governi europei hanno trovato la forza di abbandonare gli egoismi nazionali, ponendo in essere un grande impegno economico. C'è stata consapevolezza che la crisi greca avrebbe spazzato via non soltanto l'euro, ma le stesse economie nazionali. Il nostro Governo insieme a quello francese ha dato un grande input a questa strategia. Si sono perse settimane e probabilmente la situazione greca avrebbe


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potuto essere gestita in altra maniera, se ci fosse stato un freno agli egoismi nazionali. La crisi economica della Grecia ha rappresentato un terreno fertile per l'attacco all'euro e alle economie nazionali da parte degli speculatori, ma la risposta è stata importante: per la prima volta abbiamo realizzato nell'Unione europea una vera task force economica d'attacco, che ha portato alla grande risposta delle borse di ieri. Siamo riusciti ad allontanare i venti, veramente terribili, che potevano mettere in ginocchio non soltanto la moneta unica, ma le stesse economie europee.
Quanto sta accadendo in queste ore ci conferma che il Trattato di Lisbona offre nuove opportunità. Le novità principali che sono state introdotte dal Trattato di Lisbona consentono infatti all'Unione europea di avere un'architettura istituzionale più lineare, armonica, con metodi di lavoro più efficienti e procedure decisamente più trasparenti, di essere più democratica, sicura, garante dei diritti dei cittadini europei. Questo è fondamentale per ridurre il gap di percezione tra cittadini e istituzioni europee ed avere maggiore capacità di azione, essendo al contempo più attenta alle esigenze dei singoli Stati membri.
Le disposizioni innovative all'interno del Trattato sono molteplici, come molteplici saranno le ricadute dirette e indirette sull'ordinamento e sul funzionamento delle nostre istituzioni.
Il rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali - ne ha già fatto cenno il presidente Lo Presti quando ha ricordato l'input ricevuto dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini - con l'attribuzione ad essi di poteri di intervento nel processo decisionale europeo, ad esempio, è una di quelle importanti novità che richiederanno un adeguamento tempestivo della legge n. 11 del 2005, adeguamento indispensabile per consentire al Parlamento di contribuire attivamente al buon funzionamento dell'Unione, così come previsto dal nuovo articolo 12 del Trattato.
Sul tema, lo sapete, sono già stati presentati in Parlamento numerosi disegni di legge. Dal canto suo, il mio Dipartimento ha approntato uno schema legislativo di rivisitazione complessiva di tale legge, che ha iniziato oggi il suo iter al Preconsiglio e si avvierà ad un'approvazione, spero rapida, da parte del Consiglio dei Ministri la prossima settimana.
L'entrata in vigore, il 1o dicembre scorso, del Trattato di Lisbona rende dunque indispensabile una riforma della legge n. 11 del 2005. Tale legge è stata modellata, come ben sapete, sullo schema dei precedenti Trattati europei, i quali delineavano un sistema di integrazione europea basato su diverse entità giuridiche - l'Unione europea e le Comunità europee - e su una distinzione in tre pilastri dell'apparato giuridico-istituzionale di quel sistema. Il Trattato di Lisbona ha invece profondamente innovato e semplificato tale sistema, riassorbendo la Comunità nell'Unione europea ed abolendo, quindi, la distinzione in pilastri.
Appare dunque necessario adeguare questa legge alla diversa impostazione che il Trattato di Lisbona ha dato al sistema di integrazione europea, sia sul piano del linguaggio che, soprattutto, delle soluzioni normative.
Per quanto attiene al primo aspetto, con la fine della Comunità europea, vengono meno nel linguaggio ufficiale i termini e le espressioni ad essa collegate, i quali dovranno essere pertanto espunti dal linguaggio giuridico ufficiale.
Il Trattato di Lisbona reca inoltre una serie di importanti novità, di cui è necessario dare conto all'interno della legge che regola i rapporti tra l'Italia e l'Unione.
Si pensi, ad esempio - e questo il più importante motivo per cui abbiamo pensato ad una rivisitazione della legge n. 11 del 2005 - al coinvolgimento diretto dei parlamenti nazionali in alcuni aspetti del funzionamento dell'Unione e, in particolare, nel controllo sul rispetto del principio di sussidiarietà da parte delle proposte di atti legislativi dell'Unione.
A questo proposito pensiamo ad un rafforzamento dell'interazione tra il Governo - per il tramite del Dipartimento politiche comunitarie - e le Camere, che nel caso dell'Italia hanno dimostrato un


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particolare interesse attivando per prime le procedure previste dal Trattato. Come è noto, il Governo è tenuto a trasmettere al Parlamento un'informativa qualificata sulla fase ascendente. Al parere delle Camere sulle proposte di atti legislativi dell'Unione è comunque riconosciuto ruolo formale nel quadro del controllo sulla sussidiarietà, che può arrivare anche all'interruzione della procedura legislativa in sede europea.
Perciò abbiamo proposto di inserire nel disegno di legge delle apposite norme che disciplinano l'accompagnamento di ogni proposta legislativa della Commissione con una valutazione d'impatto anche sulla sussidiarietà della stessa, valutazione che dovrà essere preparata dall'amministrazione del Governo con competenza prevalente per materia al fine di aiutare il Parlamento a formarsi il proprio giudizio sullo specifico punto della sussidiarietà. Sarà ugualmente prevista la possibilità che contributi a riguardo siano forniti alle Camere dalle Assemblee legislative regionali.
Una norma del futuro disegno di legge sarà poi dedicata all'ipotesi introdotta dal Trattato di Lisbona di un ricorso diretto anche di un solo ramo del Parlamento alla Corte di giustizia, volto a far annullare un atto legislativo dell'Unione per violazione del principio di sussidiarietà. La soluzione scelta è stata quella di fare, dell'inoltro alla Corte del ricorso del Parlamento, un adempimento obbligato per il Governo. Il Parlamento potrà farsi patrocinare in piena autonomia nel procedimento dinanzi alla Corte.
È evidente dunque che una valutazione ed una presa di posizione del Parlamento in fase ascendente può costituire un'efficace, direi sostanziale, leva per integrare, rafforzare e consolidare l'attività di coordinamento, da un lato, e la posizione negoziale del Governo a Bruxelles, dall'altro.
Dobbiamo tuttavia considerare la dinamica del negoziato europeo, caratterizzato da fasi di grande accelerazione e pause nella formazione dell'atto comunitario e di ciò dobbiamo tener conto per perfezionare gli strumenti e per adeguare i tempi dell'esame parlamentare ai ritmi del negoziato.
È quindi in corso di elaborazione una nuova procedura informativa informatica volta a consentire al Parlamento di svolgere un ruolo sempre maggiore, attivo e concreto in ordine agli atti comunitari relativi alla fase ascendente. Questa procedura prevede il monitoraggio continuo delle varie fasi dell'atto comunitario oggetto dell'informativa qualificata al Parlamento. Ciò consentirà di conoscere in tempo reale lo stato dell'arte degli atti comunitari.
A seguito di un'approfondita discussione nel Comitato tecnico del CIACE è in corso di preparazione un modello di scheda tecnica che deve essere predisposta da parte della amministrazione capofila incaricata di partecipare al negoziato nelle sedi europee. Confidiamo che suggerimenti su possibili contenuti possano venire anche dal Parlamento. Verrà così perfezionata ulteriormente la trasmissione dei documenti attraverso l'informativa qualificata che il Dipartimento svolge, dotando le Camere di tutte le informazioni utili per espletare attivamente e concretamente il ruolo che il Trattato affida loro.
Questa procedura consentirebbe dunque di realizzare una prima saldatura tra la fase ascendente e quella discendente del diritto comunitario, consentendo di analizzare il modo d'impatto nonché un'analisi tecnico-normativa dell'atto comunitario sull'ordinamento nazionale.
Va da sé, dunque, che il legame tra le due fasi diventa sempre più essenziale per un recepimento successivo corretto e più rapido delle direttive europee. Obiettivo che ormai è indispensabile secondo quanto previsto proprio dal Trattato di Lisbona, il quale, tra le sue molteplici novità, presenta anche quella che d'ora in poi, nel caso di procedure d'infrazione per mancato recepimento delle direttive, la Corte di giustizia potrà comminare sanzioni pecuniarie nei confronti dello Stato fin dalla prima sentenza.
Mi permetto di dare una notizia: per la prima volta siamo scesi sotto quota 130.


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La situazione ereditata era decisamente più negativa. Sulla stampa internazionale il ritornello era che l'Italia fosse la prima in Europa quanto a infrazioni; oggi stiamo avvicinandoci ai paesi nordici, in quanto siamo scesi sotto 130, e questo grazie al lavoro di tutto il Governo e di tutte le amministrazioni.
Crediamo quindi che, almeno per le direttive, le deleghe per il loro recepimento non debbano più essere prigioniere di questo processo infinito. In ragione di ciò abbiamo pensato di proporre lo sdoppiamento della legge comunitaria (che da oggi si chiamerà legge europea), creando una legge di delegazione, dedicata alle sole deleghe per il recepimento delle direttive, ed una legge europea in cui confluiranno tutti gli altri contenuti tipici dell'attuale legge comunitaria. Ciò dovrebbe consentire di arrivare ad una approvazione più rapida della prima delle due leggi europee, risolvendo così quanto meno il problema delle direttive.
Tra qualche istante mi recherò al Senato per la quarta lettura della legge comunitaria. Come voi sapete, le cronache sono state piene della vicenda della caccia. Si trattava solo di venire incontro ad alcune limitate richieste europee, eppure essa ha tenuto banco per mesi, ovviamente a scapito dell'approvazione del disegno di legge comunitaria, che pure il Governo aveva predisposto ed avviato in modo puntuale.
In ciò risiede il motivo per cui abbiamo pensato ad uno sdoppiamento, di modo che la legge comunitaria non diventi una sorta di veicolo omnibus, dentro il quale mettere di tutto. Perciò ci sarà una legge europea finalizzata unicamente al recepimento delle direttive, per consentire all'Italia di essere sempre più giudicata, anche per la sua legislazione parlamentare e governativa, fedele ai Trattati dell'Europa.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Ronchi per la sua relazione, che ha però preso quasi tutto il tempo a nostra disposizione. Siccome non disponiamo di tempo utile per un giro di domande e risposte, propongo di utilizzare il tempo residuo per gli interventi dei colleghi, fermo restando che il ministro ci ha assicurato la sua disponibilità a replicare anche in una futura audizione.

ROBERTO ZACCARIA. Concordo con il suo suggerimento. A quanto dirò il ministro potrà replicare in una successiva occasione.
Intervengo in merito al recepimento della normativa comunitaria nell'ordinamento interno. In attesa di poter contribuire in qualche modo anche alla fase ascendente, ritengo che sia profondamente insoddisfacente il meccanismo della fase discendente. Il ministro ci ha parlato dell'idea di uno sdoppiamento della legge comunitaria, ma, oltre a farci carico delle esigenze di snellimento e rapidità, va considerato anche il principio di democraticità. I parlamenti intervengono per tutelare ed attuare tale principio. Faccio un esempio, molto semplice, riferito al recepimento delle direttive concernenti la materia televisiva: per la prima volta è stata fatta una riforma dell'ordinamento televisivo in Italia limitando l'intervento del Parlamento al mero parere delle due Commissioni parlamentari. Ciò è del tutto inaccettabile, perché quella delega non conteneva principi, che erano rinviati alle direttive, e, nell'attuazione delle direttive, il Governo ne ha approfittato, mettendo dentro cose del tutto opinabili che, con le direttive, non c'entravano affatto. Quindi, la questione della riserva di esame parlamentare è fondamentale, perché non si possono trattare esaurientemente materie che toccano i diritti fondamentali mediante semplici pareri.
Questa questione va affrontata, se vogliamo garantire la democraticità dell'ordinamento e non soltanto la semplificazione, la snellezza e la rapidità. Bisogna fare in modo che i principi e i criteri direttivi siano più stringenti, evitando un generico rinvio ai principi delle direttive, ponendo in capo al Governo l'obbligo preciso di rispondere nei casi in cui nello schema di decreto attuativo vengano introdotti aspetti ulteriori. Queste surrettizie


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scorciatoie confliggono, a mio parere, col principio democratico.
Non a caso in alcuni paesi, ad esempio in Germania, esistono meccanismi a presidio e tutela del Parlamento; essi sono tali per cui certe materie non possono essere trattate in simile modo. Sono particolarmente sensibile su questo punto. Senza voler coinvolgerla su dettagli di merito, ritengo però grave che per la prima volta in Italia l'ordinamento del settore televisivo sia stato disciplinato da una legge di 100 articoli che è stata approvata con due semplici - e del tutto marginali - pareri parlamentari. Si tratta di un problema grave che richiede un intervento.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Ringrazio il Ministro e mi scuso per essere intervenuta in ritardo all'audizione, ragione per cui auspico che il ministro Ronchi possa tornare per un'ulteriore incontro. Infatti, il tema che stiamo toccando è di importanza capitale: sappiamo che la fonti comunitarie - con tutte le loro implicazioni sull'ordinamento domestico, sia nella fase ascendente che discendente - sono destinate ad incrementare la percentuale della normativa da esse derivata ed a precostituire le condizioni di forma e di contenuto del nostro futuro.
Non so, a causa del ritardo di cui ho detto, se il tema sia stato toccato nella fase iniziale dell'audizione del ministro - verificherò con il resoconto stenografico - ma sono molto interessata al tema dell'impatto della normativa comunitaria sul sistema regionale. Auspico comunque vivamente che il ministro voglia tornare, per tenerci aggiornati sul work in progress relativo alla compliance su questo aspetto.
Quanto, poi, al riferimento fatto dal collega Zaccaria circa il tema dell'applicazione della normativa comunitaria in materia di sistema radiotelevisivo, devo purtroppo rilevare che esso ha rappresentato un dramma per l'Unione europea. Come certamente il collega Zaccaria ricorderà, a partire dalla direttiva «Televisione senza frontiere», abbiamo vissuto in Europa un dramma, a causa delle difficilissime modalità di adeguamento dei singoli ordinamenti domestici alle indicazioni degli atti comunitari in materia. Comprendo anche il senso politico dell'intervento dell'onorevole Zaccaria, però, proprio in ragione della presenza del ministro, mi sembra che il tema vero, quello destinato a caratterizzare la legislazione futura, sia quello generale dell'adeguamento, della compliance e della sua fluidità.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i colleghi, colgo l'occasione per ricordare che sull'argomento trattato dall'onorevole Bernini Bovicelli è in programma anche l'audizione del ministro Fitto, che potrà rispondere esaurientemente alle questioni poste.
Nel ringraziare nuovamente il Ministro Ronchi, che ritornerà sicuramente tra noi, anche per rispondere alle questioni oggi emerse, dichiaro chiusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,35.

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