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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
11.
INDAGINE CONOSCITIVA
2.
Martedì 29 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 9 10
Amadori Silvana, Ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato ... 3 9
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 9
Vannucci Massimo (PD) ... 9

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 10 12 13 14 15 17
Buzzetti Paolo, Presidente dell'ANCE ... 10 15
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 14
Gennari Antonio, Direttore affari economici e centro studi dell'ANCE ... 12 17
Vannucci Massimo (PD) ... 13

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata da Silvana Amadori, ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato ... 21
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCE ... 53

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Seduta antimeridiana del 29/3/2011


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...
Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).
Ringraziandola molto per la sua presenza, do la parola alla dottoressa Silvana Amadori, ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato. Ringrazio il presidente e rivolgo un cordiale saluto a tutti i presenti. Il mio non sarà un intervento specifico sul federalismo fiscale perché non è materia di mia competenza. Sono stata invitata a questo incontro soprattutto per dare un'informativa sulla politica di coesione attualmente cofinanziata da Bruxelles per il periodo 2007-2013.
Prima di entrare nel merito dell'illustrazione, vorrei richiamare la vostra attenzione sul percorso compiuto in Europa da oltre cinquant'anni per la realizzazione di un graduale processo di integrazione europea, orientato all'adesione di sempre nuovi Stati membri e, soprattutto, all'allargamento delle attività dell'Unione europea. La necessità di affrontare le sfide della società moderna e, naturalmente, di raggiungere con equilibrio l'unificazione che Bruxelles si era preposta conduce l'Unione europea a intervenire in maniera omogenea su più territori in particolari settori strategici dell'economia.
È proprio grazie a questa partecipazione dell'Unione europea al rafforzamento della politica di coesione che oggi l'Europa ricopre un ruolo principale nel mondo moderno dal punto di vista sia politico sia economico. Inizialmente, l'Unione europea era volta soltanto ad attuare la cosiddetta PAC, la politica agricola comune, mentre a partire dal 1987 sono stati individuati altri obiettivi per far sì


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che l'Europa crescesse da un punto di vista economico.
Il documento più importante approvato in Lussemburgo ed entrato in vigore il 1o luglio del 1987 è stato l'Atto unico europeo, che sostanzialmente ha previsto tre obiettivi principali per l'Unione europea: il rafforzamento della politica di coesione, e quindi non soltanto una visione sulla politica agricola comune, ma anche su nuovi equilibri attraverso i quali contribuire a uno sviluppo economico e civile dei propri cittadini e rafforzare la competitività della propria economia; l'individuazione della data di effettivo avvio del mercato interno, 1o gennaio del 1993; l'avvio della moneta unica, 1o gennaio 1999.
Possiamo dire che questi tre obiettivi oggi sono stati pienamente centrati dall'Unione europea e all'Atto unico, che ha modificato successivamente i trattati istitutivi della Comunità economica europea, ha fatto fronte anche una legge del nostro Parlamento italiano, la n. 183 del 16 aprile 1987, all'interno della quale sono state individuate le amministrazioni responsabili del coordinamento in Italia di tutta la partecipazione del nostro Paese all'Unione europea e di quelle competenti per i singoli settori. Infine, è stato individuato, nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, l'istituto responsabile di tutti i rapporti finanziari intercorrenti tra l'Italia e l'Unione europea. Proprio con questa legge nasce a quell'epoca, nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, una direzione generale che si interfaccia con l'Europa e ne governa tutti i processi di carattere finanziario.
Nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, quindi, ancora a seguito di questa legge e voluta dal legislatore, nasce un'apposita gestione fuori bilancio denominata «Ministero del Tesoro, Ragioneria generale dello Stato, Finanziamenti comunitari e nazionali». All'interno di questa gestione affluiscono tutte le risorse provenienti da Bruxelles e da questa si ripartono tutte le risorse destinate all'Unione europea.
Il raggiungimento di obiettivi sempre più ambiziosi da parte dell'Unione europea a partire proprio dall'Atto unico del 1987 ha richiesto per il suo raggiungimento degli stanziamenti sempre maggiori per il bilancio comunitario, che naturalmente non si alimenta con risorse proprie, ma per la quasi totalità con i «contributi» che provengono dai bilanci degli Stati membri. Parlo di contributi perché, in realtà, si tratta di risorse proprie dell'Unione europea, quindi messe a disposizione della stessa Unione, ma che oggi, proprio per gli obiettivi che Bruxelles si è data, incidono sul nostro bilancio in maniera molto pesante.
Oggi, infatti, la partecipazione al bilancio comunitario non solo in termini di risorse proprie ma anche complessivamente, considerando le risorse nazionali che vanno ad affiancarsi a quelle comunitarie per la programmazione cofinanziata da Bruxelles, quindi per la realizzazione di tutta la politica di coesione in Italia e degli interventi in materia agricola, raggiungiamo un accantonamento nel bilancio nazionale di circa 25-28 miliardi di euro l'anno. Come ben vedete, la cifra non è da poco e richiede una grossa attenzione nella gestione dei finanziamenti.
L'Italia oggi e da lunghissimi anni ormai è un contributore netto dell'Unione europea. Abbiamo i dati certi della posizione di contributore netto come Ragioneria generale dal 1990, allorquando, con apposita legge, è stato attribuito all'Istituto questo adempimento. In Italia, quindi, registriamo tutti i flussi in entrata provenienti da Bruxelles e, naturalmente, tutti i flussi in uscita verso il bilancio comunitario.
Lo vedremo anche con le cifre, ma quella dell'Italia come contributore netto è una posizione oggi molto pesante, ci alterniamo al secondo e al terzo posto di contributore netto all'anno con la Francia. Il primo contributore netto del bilancio comunitario è la Germania, seguita o dalla Francia e subito dall'Italia o, viceversa, dall'Italia e subito dopo dalla Francia. Ciò è dovuto in parte alla mancata capacità di utilizzo delle risorse destinate da Bruxelles al nostro Paese dei ritorni sia in politica sia agricola sia di coesione.


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La politica agricola assorbe circa il 40 per cento del bilancio comunitario, come anche la politica di coesione. La restante parte delle risorse del bilancio comunitario è destinata agli interventi interni dell'Unione europea e a interventi esterni, quindi rivolti ai Paesi terzi fortemente sottosviluppati. Infine, una percentuale limitatissima è destinata alla gestione di tutte le istituzioni comunitarie, quindi alle spese amministrative dell'Unione.
Ho voluto dirvi queste cose in via anticipata per farvi capire quale sia effettivamente il peso della nostra contribuzione al bilancio comunitario e quanto sia importante che dal bilancio comunitario l'Italia riesca a trarre il maggior vantaggio possibile attraverso l'utilizzo delle risorse destinate al nostro territorio attraverso i programmi regionali o di amministrazioni centrali approvati in sede comunitaria.
La programmazione è concepita a livello comunitario con scadenza settennale. Nel bilancio comunitario è la spesa a guidare l'entrata. Vengono stabilite attraverso una programmazione di spesa le esigenze per raggiungere le finalità di Bruxelles per i sette anni successivi e le entrate vengono adeguate alla spesa che Bruxelles si è prefissata. Le entrate vengono poi ripartite tra tutti gli Stati membri attraverso dei parametri stabiliti. Il periodo di programmazione per la politica comunitaria in Italia 2007-2013 ha previsto nel bilancio comunitario spese finalizzate alla crescita sostenibile, quindi la formazione e l'occupazione e la crescita economica dei nostri territori, in particolare per le regioni del Mezzogiorno.
Vado sintetizzando le rubriche del bilancio comunitario, che è costituito di tanti capitoli ed è un libro più o meno grande come il nostro bilancio nazionale. Riassumo perché sono cinque o sei le rubriche che interessano in questa sede: una rubrica per la crescita sostenibile; una che riguarda tutta la politica agricola dell'Unione, compresi gli interventi in materia di ambiente; una delle spese interne della Commissione europea, quindi rivolte alla cittadinanza, alla libertà, alla sicurezza e alla giustizia del territorio europeo; una che condensa tutti i capitoli relativi agli aiuti esterni ai Paesi dell'Unione, quindi i Paesi terzi; infine, una per la gestione delle spese amministrative. Per i primi tre anni di programmazione abbiamo avuto anche una rubrica per le cosiddette compensazioni.
Sapete bene che a partire dal 2004 all'Unione europea si sono aggiunti altri 10 Paesi, che hanno portato l'insieme dei Paesi dell'Unione a 25 rispetto ai 6 tradizionali istitutivi dell'Unione europea. Questi 25 Paesi sono aumentati attualmente a 27 con l'ingresso di Romania e Bulgaria a partire dal 1o gennaio 2007. Sono stati previsti dei capitoli di bilancio come compensazioni per far sì che i Paesi entranti nell'Unione non fossero immediatamente contributori netti. Oggi sono in uno stato di preadesione la Croazia, i Paesi della Macedonia e la Turchia, ma mentre i primi due probabilmente saranno prossimi a entrare, per la Turchia forse i tempi saranno un po' più lunghi perché c'è ancora molto da lavorare, soprattutto sul piano di una sana e trasparente gestione amministrativa.
Il periodo di programmazione considerato da un punto di vista economico da Bruxelles e attualmente in vigore è quello 2007-2013. Sulla base di questo quadro finanziario a suo tempo negoziato in sede comunitaria vengono costruiti i bilanci di previsione annuali dell'Unione europea. Esso detta gli ammontari complessivi massimi di cui si deve comporre il bilancio di ciascun esercizio e quelle cifre non posso essere superate.
Il periodo 2007-2013 ha previsto un ammontare complessivo di risorse da spendere nel territorio europeo di 974 miliardi di euro. Probabilmente nei prossimi due anni questo importo salirà ancora perché bisogna tener conto del tasso di inflazione. Il quadro è stato, infatti, approvato a prezzi del 2004, che vengono aggiornati a mano a mano che si va avanti nella stesura dei bilanci.
Di questi 974 miliardi di euro l'Italia beneficia per il periodo di 38,2 miliardi, che vedete nella slide che vi ho portato a pagina 6, dove abbiamo inserito la politica


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di coesione, lo sviluppo rurale e gli interventi in materia di pesca. In questo specchietto manca la vera politica agricola di Bruxelles, ossia le azioni espletate direttamente da Bruxelles sul territorio e che ci portano ad avere un finanziamento di risorse all'anno tra i 4,5 e i 5 miliardi di euro a seconda della capacità di utilizzo da parte del settore anno per anno. Per l'Italia, quindi, ai 38 miliardi di euro vanno aggiunti circa 35 miliardi di euro, grosso modo 5 all'anno, del FEAGA, per cui si arriva a una cifra che si aggira intorno agli 80 miliardi di euro ogni sette anni.
Come vedete, l'Italia è, dunque, al terzo posto nella ripartizione fatta da Bruxelles. Al primo posto abbiamo la Polonia, entrata nel 2004, ma che, oltre alla politica di coesione, riceve una gran bella fetta di risorse anche dalla politica agricola avendo ancora una prevalenza economica agricola.
Il problema reale che abbiamo in Italia è quello dell'utilizzo della massa di risorse che arrivano. Al di là della spesa della PAC - effettivamente, dopo oltre mezzo secolo di interventi, l'Italia riesce ancora ad attrarre una buona fetta di risorse - la scommessa oggi è con la politica di coesione. Voi leggerete quasi ogni giorno sulla stampa la grossa preoccupazione su eventuali perdite del bilancio comunitario. È vero, infatti, che, se non riusciremo ad attirare risorse, a realizzare gli interventi che abbiamo programmato, non riusciremo neanche a trarre risorse dal bilancio comunitario, e questo produrrà un maggior saldo netto nei confronti di Bruxelles. Il contributo che l'Italia deve versare a Bruxelles, infatti, una volta stabilito il tetto di spesa, è obbligato. Il ritorno dipende dalla capacità di spesa delle nostre amministrazioni sia centrali sia regionali.
I programmi sono molteplici. Ogni regione ha presentato a Bruxelles un suo programma regionale, come pure, le amministrazioni centrali che sono interessate all'attuazione di un proprio programma. Una volta approvato il quadro finanziario, come vi ho detto, relativo ai sette anni, a livello comunitario vengono stabilite tutte le norme che devono sottendere all'utilizzo di queste risorse. A livello nazionale, invece, il coordinamento di queste risorse spetta alle amministrazioni centrali interessate, ossia al Ministero dello Sviluppo economico per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale, al Ministero del lavoro per quanto riguarda il Fondo sociale europeo e al Ministero delle politiche agricole per quanto riguarda le risorse destinate allo sviluppo rurale, alla pesca e quant'altro. Il coordinamento spetta al Ministero dell'economia e delle finanze da un punto di vista finanziario attraverso le attività della Ragioneria generale dello Stato. La gestione dei programmi viene effettuata dalle amministrazioni regionali o dalle amministrazioni centrali che hanno presentato dei programmi.
A pagina 10 trovate un quadro finanziario complessivo delle risorse programmate. Per la politica di coesione vengono da Bruxelles 38 miliardi di euro, a cui si aggiungono 40 miliardi di cofinanziamento di parte nazionale, compreso lo sviluppo rurale e la pesca, per un totale che vede per l'Italia nei prossimi anni circa 80 miliardi di euro, come abbiamo poc'anzi detto.
A pagina 11 ci sono i programmi operativi che coinvolgono tutto il territorio nazionale. Maggiori risorse in sede di negoziato sono state destinate alle nostre regioni del Mezzogiorno che, purtroppo, in questa programmazione 2007-2013 sono diventate quattro, Sicilia, Puglia, Campania e Calabria, mentre la Basilicata si trova in una posizione di phasing out, è cioè uscita dalla posizione di sottosviluppo economico per effetto statistico dell'ingresso in Europa di nuovi Paesi con economie più basse. La Basilicata viene, dunque, accompagnata nell'uscita da una situazione di estremo disagio.
Tutti gli altri obiettivi sono rivolti alle nostre regioni del centro-nord non soltanto per la politica di coesione, ma anche per la politica agricola, per la politica della pesca e quant'altro sia stato presentato a Bruxelles. Questa tabella ripartisce tra tutte le regioni il contributo di propria spettanza,


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naturalmente commisurato ai programmi presentati a Bruxelles. Attualmente, se guardate il grafico di pagina 13, vedrete che la Sicilia è la regione che ha assorbito maggiori risorse per questo periodo di riprogrammazione, seguìta dalla Campania, dalla Puglia e dalla Calabria. Il grosso delle risorse è stato, dunque, destinato a queste quattro regioni in forte stato di disagio economico, ma dopo quattro anni di programmazione lo stato di avanzamento del programma è purtroppo, dobbiamo registrarlo, ancora molto arretrato.
In questa direzione si sta oggi lavorando proprio per cercare di non perdere risorse comunitarie. Sulla base della normativa comunitaria, infatti, alla fine di ogni anno scatta il cosiddetto disimpegno automatico, la regola del n 2: se non sono state spese le risorse impegnate sul bilancio comunitario nei due anni precedenti, Bruxelles le cancella con grossa perdita per il nostro Paese.
A pagina 15 c'è un riepilogo sullo stato di attuazione finanziaria. Questo è molto interessante a mio avviso. Ho voluto inserirlo nelle slide proprio perché dopo quattro anni di programmazione, al 31 dicembre 2010, vedete che per l'obiettivo convergenza destinato alle regioni del Mezzogiorno abbiamo un utilizzo ancora al di sotto del 10 per cento. Tenete conto che il termine ultimo per l'assunzione di impegni della programmazione è il 2013, che è domani, mentre per i pagamenti la normativa comunitaria prevede il 2015. Se in quattro anni abbiamo utilizzato solo il 10 per cento, e vi assicuro che nei primi mesi dell'anno siamo ancora in una situazione di grande disagio, mi chiedo come l'Italia riuscirà a non vedere restituite le risorse alla fine della programmazione.
Anche sull'obiettivo competitività, che è quello che riguarda le regioni del centro-nord, è ancora molto basso l'utilizzo delle risorse, che ancora al di sotto dei 20 per cento per gli strumenti finanziari ed è molto basso anche per i programmi destinati alla cooperazione. Non so se avete sentito parlare, infatti, dei programmi transnazionali e transfrontalieri, che riguardano le nostre regioni al confine con Paesi limitrofi: anche in questo caso la percentuale di utilizzo delle risorse è molto bassa, però dobbiamo anche considerare che la cooperazione è partita molto tardi.
Anche per lo sviluppo rurale e per la pesca siamo in una percentuale di utilizzo fortemente disagevole. Troverete il dettaglio regione per regione sull'utilizzo dei programmi finanziati dal FESR, FSE e dal FEASR.
Oggi Bruxelles è molto preoccupata per l'Italia. Proprio la settimana scorsa abbiamo avuto una riunione a livello di Presidenza del Consiglio con la Commissione europea, che ha minacciato in particolare la Direzione generale dello sviluppo economico dell'utilizzo delle risorse del fondo europeo di sviluppo regionale che se l'Italia non riuscirà quest'anno a raggiungere un certo trend di spesa, dovrà forzatamente trasferire le risorse destinate inizialmente all'Italia ad altri Paesi, in particolare alla Polonia. Naturalmente, c'è stata una sollevazione di allarme da parte di tutti, e quindi si sta cercando di evitare la perdita di risorse comunitarie. Stiamo studiando insieme alla Comunità europea e a tutte le amministrazioni regionali e centrali come utilizzare queste risorse.
Le principali criticità riscontrate nell'utilizzo di queste risorse comunitarie sono stati dei forti ritardi: nell'aggiornamento dei sistemi di contabilità, di sorveglianza e di controllo previsti dalla normativa comunitaria; da un punto di vista tecnico, nella formalizzazione di tutti gli strumenti necessari a gestire la programmazione, i manuali, le check-list richieste per seguire i controlli a mano a mano che si attuano i programmi; nell'assunzione di personale dedicato a queste attività, ancora oggi dichiarato dalla Commissione europea fortemente insufficiente rispetto all'ammontare delle risorse da gestire; nella individuazione delle spese ammissibili, quindi delle spese riconoscibili da parte dell'Unione europea.
Esistono, inoltre, criticità di natura politica, che riguardano in particolare la forte congiuntura che si è verificata nell'autunno


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del 2008 e che ha portato la Commissione europea ad adottare delle misure per cercare di favorire gli Stati membri, tra cui quella di prorogare la chiusura della programmazione 2000-2006. Era previsto che questa fosse chiusa in termini di impegno il 31 dicembre 2006 e in termini di pagamento il 31 dicembre 2008. La decisione è stata di posticipare la scadenza al 30 giugno del 2009, e quindi presentare le rendicontazioni dei saldi finali a Bruxelles il 30 settembre del 2009. Questo ha portato a rallentare, e comunque a distogliere l'attenzione dall'avvio della nuova programmazione per dedicarsi alla chiusura della vecchia ed evitare la perdita di risorse anche nel periodo 2000-2006.
Altra criticità di natura non tecnica è rappresentata dal cambio dei vertici politici a livello regionale. Se, infatti, cambia il vertice, è ormai assodato che viene spostato il personale della dirigenza, quindi vengono introdotte unità lavorative nuove che molto poco conoscono dei meccanismi comunitari e non sono, quindi, in grado di rispettare i termini di scadenza prefissati.
La riforma della pubblica amministrazione ormai avviata dal 1995 non sta aiutando in questa direzione perché tutte le norme vanno nella direzione della riduzione della spesa corrente, quindi del personale dell'amministrazione pubblica non soltanto nazionale ma anche regionale. In tal modo, con le poche unità destinate a questo tipo di attività si verifica anche una riduzione delle attività lavorative. Sapete bene che il turnover viene sostituito in una percentuale assolutamente bassa e comunque insufficiente a raggiungere gli obiettivi ormai previsti anche in sede comunitaria.
Naturalmente, scontiamo non soltanto in termini di quantità di lavoro - riducendo le unità lavorative si riduce chiaramente anche la quantità lavorativa - ma purtroppo registriamo anche una forte riduzione nella qualità del lavoro.
Questi sono i motivi più cogenti che hanno rallentato fortemente il processo di avvio della programmazione 2007-2013. Per cercare di evitare il disimpegno automatico da parte del bilancio comunitario stiamo facendo delle riunioni con tutte le amministrazioni titolari dei programmi per cercare di raggiungere obiettivi a medio e lungo e a breve termine. Tra gli obiettivi a medio e lungo termine c'è l'esame, programma per programma, delle difficoltà che ne stanno rallentando l'attuazione e la valutazione della capacità di spesa residua da impegnare nei prossimi due o tre anni, eventualmente pensando anche a uno spostamento di risorse da regioni meno efficienti a regioni fortemente efficienti. Certamente, non è un grosso obiettivo perché andremo a peggiorare ulteriormente la situazione di disagio di talune regioni, ma è un modo per non perdere le risorse provenienti da Bruxelles.
Vi ricordo che queste risorse incidono anche nel raggiungimento dei parametri di Maastricht, quindi nell'equilibrio del rapporto PIL/deficit e così pure debito pubblico/deficit. Anche ai fini di saldi di finanza pubblica queste risorse, dunque, incidono notevolmente. Ecco perché non siamo nella maniera più assoluta preparati a perderle e dobbiamo operare il possibile e l'impossibile perché il flusso rimanga nei nostri territori.
Va a breve termine favorita un'accelerazione della spesa. Eventualmente, una delle soluzioni che stiamo prospettando alle amministrazioni regionali è uno spostamento delle risorse attribuendole a un'amministrazione centrale che abbia progetti già pronti a partire purché la ricaduta avvenga nell'ambito dei territori che cedono queste risorse. Abbiamo già individuato dei progetti pronti nell'ambito della ricerca industriale, dell'acquisto di attrezzature per migliorare la tecnologia dei nostri istituti scolastici e, infine, attraverso progetti di riqualificazione degli edifici scolastici.
Ho cercato di andare velocemente per fornire un quadro esaustivo. Da un lato stiamo lavorando per l'utilizzo delle risorse della programmazione 2007-2013 e per la chiusura della programmazione 1994-1999 per avere da Bruxelles la restituzione


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dei saldi, dall'altro per la programmazione futura, 2014-2020. A livello comunitario si sta già pensando come organizzare le politiche di sviluppo dei territori europei. È stato costituito un apposito gruppo di lavoro nell'ambito del Ministero degli affari esteri dove partecipano tutte le amministrazioni responsabili di questo nuovo quadro di spesa in modo da trovarci preparati allorquando Bruxelles - dovrebbe accadere tra il prossimo mese di giugno o di luglio - comincerà a presentare agli Stati membri il suo quadro di programmazione finanziaria 2014-2020.
Come Ragioneria generale stiamo cercando nel prossimo quadro finanziario di raggiungere gli obiettivi prestigiosi voluti da Bruxelles, ma con un contenimento della spesa pubblica. Oggi la partecipazione al bilancio comunitario costa molto e, se dobbiamo arrivare nei prossimi anni a un bilancio a pareggio, è chiaro che dobbiamo anche fare in modo di contenere questa spesa comunitaria. Certamente, questo non è molto in linea. Facciamo, infatti, parte della scuola di Paesi rigoristi come MEF, ma certamente non in linea con i nostri colleghi che hanno un'attività di sviluppo della politica di coesione, quindi tenderebbero ad allargare sempre di più la spesa destinata a tale politica, e così neanche con i colleghi dell'agricoltura, che tendono ad aumentare la spesa agricola per le esigenze del prossimo quadro un quadro finanziario.
Ho preparato a pagina 28 una tabella molto interessante che vi dà contezza della posizione di contributore netto dell'Italia nei confronti dell'Unione europea. Ci sono le ultime annualità, 2005-2010, dove vedete come la situazione negativa dell'Unione sia fortemente in crescita, siamo intorno ai 7 miliardi di euro di saldo netto negativo.
Chiedo scusa se mi sono dilungata.

PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, per essere stata analitica ed esaustiva. Questa esposizione, se posso permettermi di fare un'osservazione di carattere personale, mi ha rovinato la giornata. I dati erano in gran parte noti, ma vederli «snocciolati» uno dietro l'altro, come il trionfo dell'inefficienza, almeno di una parte della pubblica amministrazione locale e nazionale, certamente non mette di buon umore.
Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO VANNUCCI. Mi associo ai ringraziamenti del presidente. Sappiamo che l'Ufficio della dottoressa Amadori tiene monitorati i nostri rapporti con Bruxelles. A questo proposito vorrei sapere se tiene anche monitorate le applicazioni delle sanzioni al nostro Paese. Vorrei anche che ci spiegasse le modalità di applicazione di queste da parte dell'Unione europea e il funzionamento delle modalità di pagamento dei fondi comunitari dei due conti correnti di tesoreria.
Quanto al rischio di perdita dei finanziamenti, storicamente questo è già avvenuto per l'Italia? Abbiamo un riepilogo di questi effetti di disimpegno automatico, se ci sono stati? La riassegnazione, eventualmente, come è avvenuta? Come vi incidiamo?

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. Vorrei rivolgere alla dottoressa una domanda un po' estrinseca rispetto all'asse delle nostre riflessioni di oggi: quando dice che stiamo cercando di trattare con Bruxelles per una riduzione del nostro contributo alla Comunità, significa che ridurremo i nostri 38 miliardi di euro?

PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Amadori per la replica.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato. Per quanto riguarda le domande che mi sono state rivolte dall'onorevole Vannucci, nelle slide troverete anche i risultati di chiusura della programmazione 2000-2006, ossia quella più recente, sulla base delle certificazioni inviate a Bruxelles. Dalle tabelle vi renderete conto che l'Italia è riuscita a raggiungere mediamente quasi il 100 per cento.


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Devo dire che fino a oggi, nelle varie programmazioni che si sono su susseguite a partire dalla riforma dei fondi strutturali del 1989, l'Italia è riuscita sempre a rispettare il target di spesa. Perdite finanziarie, quindi, fino a oggi non se ne sono state subìte, come non sono state applicate sanzioni dall'Unione europea. Per le nostre regioni, a seguito di controlli effettuati dalla Commissione europea o dalla Corte dei conti europea o anche da istituzioni nazionali, alcuni progetti sono stati considerati non ammissibili come spesa e in questo caso, però, c'era ancora il tempo per sostituirli con altri progetti, di conseguenza in termini finanziari non abbiamo subìto per il momento alcuna perdita.
È vero che ogni anno, però, corriamo sul filo del rasoio per evitare perdite di risorse sostituendo all'ultimo istante progetti di Bruxelles non ritenuti ammissibili con altri ammissibili.
Vi chiederete come mai per il Fondo europeo di sviluppo regionale è stato raggiunto un target di spesa del 102 o del 103 per cento anziché del 100 per cento: Bruxelles non ci ha riconosciuto il 102 o il 103 per cento, ma sempre e solo il 100 per cento. Siamo noi che tendiamo a rendicontare sempre di più, magari impegnando risorse nazionali, in modo che, se Bruxelles dovesse cancellare dei nostri progetti, ce ne sarebbero subito di sostitutivi per coprire eventuali perdite. Fino ad oggi, quindi, non abbiamo avuto sanzioni.
Abbiamo ancora delle pendenze dovute purtroppo a dei procedimenti ancora in sede penale e dobbiamo aspettarne il completamento per procedere alla chiusura.
Ho parlato di riduzione dell'impegno in senso lato. Come Ragioneria generale, come responsabile del MEF, abbiamo chiesto che quanto meno le prossime prospettive finanziarie abbiano un tetto di spesa simile a quello del periodo di programmazione 2007-2013. Più andiamo, infatti, ad aumentare questo tetto di spesa per i prossimi sette anni, più cresce il capitolo di spesa destinato alla contribuzione del bilancio comunitario.

PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Amadori per la preziosa relazione anche a nome di tutti i componenti della Commissione, nonché della documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12,10.

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