Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissioni Riunite (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
11.
INDAGINE CONOSCITIVA
2.
Martedì 29 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 9 10
Amadori Silvana, Ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato ... 3 9
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 9
Vannucci Massimo (PD) ... 9

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 10 12 13 14 15 17
Buzzetti Paolo, Presidente dell'ANCE ... 10 15
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 14
Gennari Antonio, Direttore affari economici e centro studi dell'ANCE ... 12 17
Vannucci Massimo (PD) ... 13

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata da Silvana Amadori, ispettore generale capo della Ragioneria generale dello Stato ... 21
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCE ... 53

[Indietro] [Avanti]

Seduta antimeridiana del 29/3/2011


Pag. 10


...
Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).
Sono con noi il dottor ingegner Paolo Buzzetti, presidente, il dottor Antonio Gennari, direttore affari economici e centro studi, la dottoressa Stefania Di Vecchio, dirigente responsabile ufficio rapporti con il Parlamento, e l'ingegner Romain Bocogani, funzionario direzione affari economici e centro studi, che ringraziamo molto per aver accettato il nostro invito.
Do la parola al presidente Buzzetti per lo svolgimento della relazione.

PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Grazie a voi per averci invitato. La nostra posizione sul federalismo infrastrutturale, ossia sulla riforma della politica di coesione territoriale, è la seguente:


Pag. 11

siamo sicuramente contenti e vediamo con positività questo tipo di ragionamento, che dovrebbe portare a ottimizzare e, quindi, anche a favorire un'operazione che compiamo sempre con difficoltà, cioè quella di programmare, ai fini e nel rispetto dei suggerimenti europei e nel modo migliore possibile, l'utilizzo delle risorse a disposizione per creare coesione e sviluppo sui territori.
Probabilmente questo aspetto ci può aiutare molto a ottimizzare le attività che svolgiamo spesso, come Paese, all'ultimo momento. La nostra raccomandazione fondamentale è quella di utilizzare al meglio - vengo subito al punto - i fondi e, come abbiamo affermato anche in merito alla programmazione dei fondi FAS, di stare attenti ai progetti che sono già stati sviluppati.
Noi li abbiamo visti tutti e cito solo un dato. Quest'anno i provveditorati hanno avuto a disposizione solo 46 milioni rispetto, per esempio, ai 180 del 2008. Siamo senza denari pubblici da investire. Bisognerà intervenire per realizzare le opere pubbliche e le manutenzioni necessarie sicuramente con finanza privata - lasciamo da parte questo capitolo - ma anche utilizzando tutti i fondi pubblici a disposizione. I FAS e i fondi strutturali europei sono, per alcuni versi e per il Sud senz'altro, le uniche risorse a disposizione.
Dei 30 miliardi di cui discutiamo in questo momento, per il 2007-2013, come voi sapete benissimo, 5 sono per il Nord e 25 per il Sud. Di questi ultimi, 15 circa sono fondi FAS e gli altri sono fondi strutturali.
Esistono alcuni progetti anche su opere piccole e medio-piccole che sono importanti ai fini della manutenzione, nonché - a volte è facile affermarlo - della sicurezza dei cittadini e sono relative a infrastrutture viarie o a edifici. Sono progetti che sono quasi pronti, ma che non vengono finanziati. Noi svolgemmo anche una loro ricognizione un paio d'anni fa.
In realtà, va benissimo realizzare anche le grandi infrastrutture, però vogliamo sottolineare che deve sussistere una programmazione equilibrata. Abbiamo avuto col Ministro Fitto un confronto diretto, nel quale ci ha assicurato l'attenzione del Governo su questo punto. Recentemente si è cominciato a parlare di destinazioni innanzitutto al di fuori da quelle infrastrutturali: qualcuno tende, infatti, a voler utilizzare i fondi per equilibrare i pagamenti dei dipendenti di enti pubblici. Si è cominciato a parlare di detrazioni per le imprese dal punto di vista fiscale, di banda larga, o di tre o quattro grandi opere infrastrutturali, come la Salerno-Reggio Calabria ferroviaria, e altre iniziative ancora.
Per carità, sono tutti impieghi necessari e lodevoli, ma ricordiamo che prima di tutto gli impieghi di questi fondi devono andare sulle infrastrutture e che i fondi strutturali europei sono stati erogati con questa ottica. Se li utilizziamo da un'altra parte, per essere molto chiari, se li utilizziamo per questioni che esulano addirittura da quei territori o comunque da questi impieghi, trovo che ciò non sia serenamente coerente con le vicende. Mi riferisco in particolare al Sud, sia perché la maggior parte delle risorse è destinata al Sud, sia perché in realtà non ci sono altre risorse pubbliche infrastrutturali per il Sud. In questa logica la nostra raccomandazione, condividendo i princìpi di fondo, è di stare attenti a questo aspetto.
Un'ultima osservazione che voglio svolgere è quella per cui il Patto di stabilità crea una difficoltà in più. I Fondi strutturali europei sono utilizzabili nel momento in cui c'è un cofinanziamento dell'ente locale italiano. Accade spesso, però, che alcuni comuni o regioni non possano assolutamente utilizzare tali denari perché bloccati dal Patto di stabilità e che, quindi, andiamo a perdere anche i finanziamenti europei corrispondenti, non potendoli impiegare, almeno su questa finalità.
Si aggiunge anche un ritardo, che peraltro oggettivamente esiste soprattutto nelle regioni, più che nei comuni, di programmazione rispetto ai fondi a disposizione. Ci sono ritardi dal punto di vista amministrativo e burocratico nel portare avanti le procedure necessarie all'utilizzo dei fondi stessi.


Pag. 12


Questi due motivi, il Patto di stabilità nel caso dei comuni soprattutto, ma anche delle regioni, e il fatto che la programmazione è in ritardo, soprattutto nelle regioni, più che nei comuni, sono elementi che rischiano di portare ad una cattiva utilizzazione dei fondi a disposizione.
Mi permetto di concludere - forse il dottor Gennari vorrà svolgere un'altra osservazione tecnica aggiuntiva - affermando che è nostra convinzione che non ci sia sufficiente consapevolezza non tanto della difficoltà dell'industria dell'edilizia, quanto della necessaria attenzione a ciò che si può fare, che non è poco.
Noi siamo convinti che esista, per esempio, una possibilità di intervento in quella che consideriamo la principale infrastruttura italiana, la più importante, ossia l'attività manutentoria dei nostri centri storici e delle nostre realtà cittadine, anche viarie, un patrimonio che vede l'85 per cento di noi proprietari di casa. Si tratterebbe soprattutto sarebbe del semplice risparmio delle emissioni energetiche, ma anche della manutenzione e degli interventi sull'esistente, fortemente impediti da una normativa che ostacola i cambi di destinazione d'uso, i cambi di sagoma e gli interventi in tempi semplici. La lunghezza degli interventi anche negli appalti è spaventosa, da quando li si pensa inizialmente a quando li si riesce ad attuare.
Occorre un lavoro di semplificazione e di aiuto, anche non economico, ma procedurale, sul quale, peraltro, il Governo si sta impegnando molto. Noi abbiamo fornito diversi suggerimenti e ci auguriamo che essi possano arrivare nella manovra di aprile-maggio a produrre un risultato positivo. Saremmo felici di ciò perché è indiscutibile che da questo punto potrebbe ripartire con brillantezza l'economia italiana.
La partita del federalismo infrastrutturale, che ci obbliga ad alcuni ragionamenti e ad alcune scelte in merito a queste risorse a disposizione è un'occasione ulteriore. Le tre gambe del tavolino sono le semplificazioni di cui parlavo. I fondi, tenute presenti le compatibilità consentite dal debito pubblico italiano, decisi e varati dal Consiglio dei ministri, sono fermi al CIPE e rappresentano la manovra complessiva delle poche risorse pubbliche che ci sono, ma che sono bloccate, sulle scuole, sugli interventi di piccole opere e anche di alcune grandi opere e sui fondi FAS.
Noi vorremmo sottolineare che queste sono le tre gambe di un tavolino per sperare nella ripresa dell'edilizia. Quella dei fondi FAS e del federalismo infrastrutturale in generale è una delle tre partite, una delle tre gambe che noi riteniamo fondamentali per la ripresa dell'edilizia.
La ringrazio, presidente, e chiedo se il dottor Gennari può aggiungere alcune considerazioni.

PRESIDENTE. Prego, dottor Gennari.

ANTONIO GENNARI, Direttore affari economici e centro studi dell'ANCE. Voglio solo aggiungere alcune illustrazioni più di dettaglio delle proposte contenute nel documento. Non vi voglio tediare, ma intendo sottolineare un fatto. Manderemo a tutto il Parlamento un rapporto che abbiamo elaborato sulle risorse iscritte in bilancio per le infrastrutture, le quali si sono ridotte negli ultimi tre anni del 34 per cento. L'elemento chiave, però, è che c'è stato un accentramento in pochi capitoli e che, per esempio, i capitoli FAS rappresentano il 43 per cento di tutte le risorse stanziate in bilancio dello Stato per le infrastrutture. Da qui l'attenzione dell'ANCE su questa partita, che è attuale e anche futura.
Su quella attuale è nota anche in Parlamento la posizione che abbiamo assunto, ossia di rivedere la programmazione, ma senza arrivare a un azzeramento, partendo dai programmi che le regioni hanno già predisposto e che sono stati elaborati sulla base delle indicazioni che questo Governo ha dato negli ultimi anni.
I programmi sono stati predisposti, ma sono bloccati al CIPE da circa 18 mesi. Va bene la ricognizione che sta compiendo il Ministro Fitto, però, laddove ci sono progetti già predisposti e pronti a partire, facciamoli partire, perché è in corso un blocco ulteriore di risorse e di tempi.


Pag. 13


Per quanto riguarda, invece, il futuro, la riforma a regime dopo il 2014, noi siamo d'accordo sull'impostazione. Naturalmente le proposte che noi avanziamo sono molto semplici. Innanzitutto anche nel decreto che è stato varato il 26 novembre si fa riferimento a indicatori di fabbisogno infrastrutturale. Noi sappiamo bene che Banca d'Italia ci sta lavorando sopra e che questi indicatori non sono ancora disponibili in maniera quantitativa, qualitativa e condivisa.
Si tratta di un lavoro da svolgere e noi, come ANCE, stiamo collaborando per individuare tali indicatori, in maniera che il decisore pubblico allochi le risorse su indicatori condivisi. Oggi deve allocarli con scelte di decisione politica, ma in futuro occorrerà essere più obiettivi dal punto di vista dell'allocazione, in termini sia quantitativi, sia qualitativi. Per esempio, sulle aree urbane il problema di congestione e di accessibilità diventa un elemento fortissimo e non solo quantitativo.
Per il futuro noi riteniamo che ci sia la necessità di definire una quota minima da destinare all'infrastruttura. Attualmente il 60 per cento dei fondi, i 30 miliardi che citavamo, sono per le infrastrutture e, quindi, crediamo che ci debba essere una previsione in questa direzione, confermando il carattere strategico degli interventi medio-piccoli. Quattro grandi opere non creano sviluppo nel Mezzogiorno, ma quattro grandi opere e interventi diffusi sul territorio possono rendere competitivo il territorio. Altrimenti tali interventi diventano cattedrali nel deserto.
Occorre risolvere il problema, anche con una golden rule, sul Patto di stabilità. Oggi esiste un paradosso: da una parte, rischiamo di perdere 10 miliardi se non utilizziamo i Fondi strutturali europei entro i tempi prefissati dall'Unione europea e, dall'altra, le nostre amministrazioni non sono in grado di attivare le proprie risorse perché sono bloccate sul Patto di stabilità. Noi avevamo proposto di escludere una quota parte della spesa in conto capitale, in maniera che anche in questo momento critico si possa andare avanti.
Poi si pone tutto il discorso sui tempi di realizzazione delle opere. Nel documento citiamo un nostro rapporto, il secondo Rapporto sulle infrastrutture in Italia, che è stato presentato nel 2009, in cui abbiamo svolto un monitoraggio molto capillare sui tempi, dalla fase di predisposizione, al bando, fino alla realizzazione.
Poiché l'approccio è quello di dare alcuni tempi entro i quali finanziare l'opera, occorre che essi siano realistici e oggettivi. A quel punto si mette in moto un meccanismo di definanziamento, ma occorre che ci sia una consapevolezza dei tempi necessari.
Naturalmente poi c'è il tema della governance, di una cabina di regia nazionale che aiuti nella programmazione e nella distribuzione delle risorse. Noi auspichiamo anche una cabina di regia regionale, perché esiste un problema di centro e di regioni, nonché di regione e territorio. In questo senso sarebbe opportuno ampliare la partnership con le associazioni territoriali. Su queste questioni siamo sempre presenti anche sul territorio. Riteniamo opportuno ragionare su questa programmazione anche come sistema associativo e imprenditoriale e creare una task force che a livello regionale individui i fabbisogni e suggerisca - poi è il decisore pubblico che deve compiere le proprie scelte - indicazioni sulle operazioni concrete da attuare.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio il presidente e l'ANCE per questa audizione, fortemente collegata alla precedente, quella della dottoressa Amadori, sull'utilizzo delle risorse europee. Soprattutto, però, vedo che essa si incentra più sulla contingenza che abbiamo davanti, che non sul provvedimento all'esame, che dovrebbe ridisegnare il nostro Paese, in ordine agli interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali, che è un processo di lungo corso.
La contingenza, però, ci preme e ci prende, perché noi registriamo un dato in


Pag. 14

questi tre anni di legislatura, nella quale ha inciso pesantemente la crisi internazionale. Abbiamo sempre parlato, in Commissione bilancio, tesoro e programmazione in particolare, di tagli alla spesa pubblica dal momento che il nostro obiettivo, peraltro condiviso da più parti, è di spendere meno. Tutti ripetiamo gli stessi concetti, ma, alla fine, quando ci arrivano i consuntivi, scopriamo che non spendiamo di meno, bensì di più in spesa corrente e di meno in investimenti.
Questo è il lato tragico del nostro Paese. Produciamo provvedimenti ogni volta depressivi. Già quando li adottiamo sappiamo che incidono negativamente sulla crescita. L'ultimo elemento ci è stato riferito da Bankitalia: cresceremo di meno dopo queste misure. Ce l'hanno ribadito tutti gli osservatori e la Commissione finanze del Senato ha stimato un meno 2 per cento.
È ciò che è avvenuto. Il Servizio studi della Camera lo riporta nella documentazione fornita. Per il FAS nel marzo del 2009 i 52 miliardi sono stati ripartiti in 27 miliardi alle amministrazioni regionali, che poi li hanno utilizzati anche per i debiti sanitari e in tutte le direzioni, 25,4 miliardi alle amministrazioni centrali, di cui al fondo infrastrutture ne sono andati 12, e gli altri all'economia reale e agli ammortizzatori sociali. Il dramma è questo: non pensiamo al futuro e alla crescita, ma consumiamo il presente.
Se la contingenza ci ha preso e questa audizione dell'ANCE è importante, perché dobbiamo assumere decisioni in questa fase, io credo che l'appello accorato vada raccolto, perché ritengo che la decisione debba essere equilibrata fra le preoccupazioni che ci ha indicato la dottoressa Amadori, per cui questa volta rischiamo realmente di perdere risorse, anche se poi ciò non è mai avvenuto in passato.
Bisogna accelerare, però. Se guardo i piani delle singole regioni e, in particolare, quello della mia, le Marche, che è piccola e a cui spettano 225 milioni, vedo che è un piano fattibile, di opere utili e anche di grandi e medie opere, che permettono di far partire e di far lavorare le imprese e di risolvere questioni ferme da anni.
Se dopo 18 mesi tali piani sono al CIPE e si sostiene che perderemo i soldi e si suggerisce di stanziarli tutti nelle grandi opere per le quali ancora non c'è progettazione e bisogna ripartire da capo, credo che rischiamo. Dobbiamo lanciare un appello: da una parte, è vero che esiste questo rischio e, dall'altra, c'è bisogno di grandi opere, ma con giudizio. Selezioniamo all'interno dei 30 miliardi, di questa mole di finanziamenti, quelli che possiamo far partire e quelli che non possiamo far partire, guardiamo la qualità dei progetti, ma soprattutto fissiamo il principio che la spesa in conto capitale debba essere privilegiata rispetto alla spesa corrente, perché, se poi la spesa corrente va avanti perché ha meccanismi automatici, non poniamo tetti e apportiamo tagli lineari uguali per tutti, ormai, dopo 30 mesi, dobbiamo capire come funziona il meccanismo e cercare di porgli un freno.
Se il nostro provvedimento sul federalismo avrà degli effetti, congiuntamente con la perequazione infrastrutturale, il senso deve essere il seguente: certezze sulla spesa capitale e tagli veri, non solo annunciati, sulla spesa corrente.

PRESIDENTE. L'intervento del collega Vannucci è forse più rivolto al Ministro Fitto, che ascolteremo tra un'ora, che non ai rappresentanti dell'ANCE. Mi faccio da interprete, comunque, anche perché alcune considerazioni sono assolutamente ragionevoli e in linea con quanto abbiamo ascoltato, ma dobbiamo sentire il Ministro Fitto per vedere qual è esattamente lo stato della questione.

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. Presidente, vorremmo avere un po' di aiuto, perché una prima sensazione che abbiamo ricavato da queste prime audizioni e dai colloqui che abbiamo avuto riguarda una fotografia attendibile del quadro comparato sugli investimenti e sui servizi fondamentalmente tra Sud e Nord. È vero che, parlando di questo decreto, ci rifacciamo


Pag. 15

all'articolo 16 della legge n. 42 e al comma 5 dell'articolo 119 della Costituzione, laddove non si fa riferimento esplicito a due realtà territoriali del Paese, ma si afferma in generale la necessità di una politica di riequilibrio infrastrutturale, che deve essere costruita.
In realtà, però, sappiamo che la coesione fondamentalmente è, in primo luogo, quella fra Nord e Sud. Noi abbiamo la sensazione che questa fotografia del divario, mentre esiste e ci viene riproposta in mille forme dal punto di vista finanziario, quando ci caliamo nella realtà degli investimenti, dei servizi o delle infrastrutture, essa o non c'è o è meno nitida. Volevo chiedere se l'associazione ha la possibilità di aiutarci in questa ricognizione, negli studi che ha svolto o che si accinge a svolgere.
Passo al secondo problema. Ieri la Svimez ha riproposto l'ipotesi di costituire, alla luce del dispositivo che andremo a definire, un'agenzia, o meglio prima una Conferenza che segua i problemi della coesione e poi un'agenzia infraregionale. In merito è stata un po' generica. Che cosa ne pensa l'ANCE, visto che il dottor Gennari ha sostenuto che sarebbe ipotizzabile e necessario il coinvolgimento sul territorio di una cabina di regia nazionale e di una cabina di regia regionale, nonché l'estensione della collaborazione con le associazioni di categoria? L'idea della Svimez si salda con la vostra? Penso di sì, ma vorrei una specificazione.
L'ultima osservazione non è una domanda che non trovi facile risposta. Immagino che la trovi, però ci interessa acquisirla agli atti della Commissione. Mi riferisco all'uso dei fondi FAS. Noi abbiamo assistito in questi ultimi tempi a una ridislocazione di tali fondi. Io sono di Roma e sento affermare, per esempio, che nei prossimi giorni dovremmo avere una ridefinizione dei fondi FAS per intervenire sulla sanità. Da cittadino posso essere anche soddisfatto, però dobbiamo capire se ciò alla lunga non sfibri il sistema. Volevo un giudizio. Immagino quale sia, però ci interessa ai fini del verbale.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Lascerò poi la parola al dottor Gennari. Abbiamo molti documenti, per rispondere alla prima domanda, quella in merito alla documentazione, che possiamo presentare per vedere di capire meglio come sono le diverse filiere di finanziamento. Abbiamo parecchio materiale e il dottor Gennari lo descriverà.
Ritornando al quadro delle riflessioni, condivido assolutamente il ragionamento generale dell'onorevole Vannucci. Lo condividiamo tutti, ma, quando andiamo all'edilizia, in realtà rimane una mera enunciazione quella di intervenire sulla spesa corrente e di cercare anche di introdurre un po' di sviluppo nella manovra adesso in atto.
Credo che ci sia un problema probabilmente legato a un fatto di cultura. Non sta emergendo per il momento - spero che lo faccia in seguito - una politica di tipo industriale che permetta di dare indirizzi chiari sulla possibilità di sviluppo. Si è costretti dall'emergenza, a ragionare sempre sull'emergenza, ma non c'è un momento, o almeno noi non lo riscontriamo, di riflessione strategico. Quantomeno, non viene reso noto.
Parlo dell'edilizia, di un settore che avrebbe bisogno di un indirizzo più preciso, come è avvenuto in tutti i Paesi sviluppati, nei quali in questi anni si è proceduto con massicci investimenti pubblici - noi non ce li possiamo permettere - o con politiche di diverso genere indirizzate sulla prima casa, sulle infrastrutture e su altri interventi.
Non voglio lamentare il fatto che noi non abbiamo denari da impiegare. Lo capiamo perfettamente, però anche quelli che sono stati definiti e che, come ricordavo prima, non sono stati impiegati e quelli che ci sono - mi riallaccio alla terza domanda del senatore D'Ubaldo - vengono destinati ad altro. O non spendiamo quelli che abbiamo già deciso di spendere o li impieghiamo, per esempio, per la sanità. È avvenuto in alcune regioni che i


Pag. 16

fondi FAS sono stati completamente destinati, per esempio nel Lazio, al ripiano dei deficit sanitari.
Ovviamente la risposta è che non siamo d'accordo. Mi chiedo anche quale sia la politica che sottende a queste scelte. Noi vorremmo una risposta chiara da questo punto di vista. Non so perché non ci siano momenti di riflessione strategica sul settore. In passato, immagino - ma è una banalità da parte mia farlo - che c'erano momenti, di cui non ho alcun rimpianto, in cui le antenne dei partiti e i dibattiti producevano probabilmente opinioni generali.
Personalmente, invece, riscontro che si risponde all'esigenza del momento, alla battuta del momento, alle emergenze del momento, che sono oggettivamente tantissime - lo vediamo tutti i giorni - ma non si riesce a dare una risposta di tipo più programmatico sulle questioni che citavo anche prima: il piano di riqualificazione dei nostri centri storici, il piano manutentorio in cui servirebbero disposizioni e semplificazioni, le scuole, per le quali noi abbiamo anche presentato un'ipotesi di project financing di soldi privati per l'uso degli stessi stabili in diverso modo.
Non troviamo risposte che indichino che cosa si può fare e che cosa no e che diano un indirizzo chiaro, con il risultato che l'imprenditoria si sta sfarinando e sta entrando in crisi in una tempesta perfetta in cui, oltre questa crisi e oltre i soldi pubblici che non ci sono, si paga con grandissimo ritardo, tra un anno e mezzo o due; le banche stanno alzando i tassi di interessi, i denari tra le banche sono in calo, ragion per cui si prevede un periodo di contrazione di finanziamenti nei confronti del settore dell'edilizia, sia per i mutui ai cittadini per l'acquisto di case, sia naturalmente proprio per le imprese edili.
È un quadro che meriterebbe una risposta più strutturata. Anche sulle destinazioni dei fondi ci sono emergenze imprescindibili e, quindi, una parte dei FAS va utilizzata diversamente, come è già stato fatto. Va bene, però occorre stabilire con chiarezza quelli che restano ed essi vanno impiegati conseguentemente.
In questo senso noi mettiamo a disposizione il nostro osservatorio, accanto naturalmente a quelli regionali e nazionali. Se poi si vogliono creare cabine di regia, ben vengano. Debbo ricordare, senza alcun vanto, ma è la verità, pur essendo accaduto piuttosto casualmente, che noi abbiamo svolto una ricerca sui fondi FAS un paio d'anni fa, che fu ripresa dai giornali e con titoli quali «Dove sono finiti i FAS».
Il giorno dopo ci arrivarono chiamate da tutti i ministeri competenti, che volevano la nostra ricerca e che si sono attivati. Io penso che anche l'attuale lavoro del Ministro Fitto derivi da quello spunto di allora. È nostro dovere farlo e siamo stati contenti di aver dato un contributo in questo senso.
Non pretendiamo che i nostri contributi come documentazione e come proposte siano le soluzioni per infrastrutturare l'Italia o per far riprendere l'edilizia e far funzionare il sistema, però sono quanto di meglio siamo in grado di fornire su questo argomento.
Nonostante manifestazioni pubbliche di piazza, fatti mai avvenuti prima, il 1o dicembre dell'anno scorso, e nonostante le continue insistenze, non abbiamo ancora visto un piano organico. Ora c'è la manovra di aprile e io credo che il lavoro che state svolgendo sia importantissimo.
Capisco che questa vicenda è un fatto contingente e non strategico, però occorre poter dare una risposta, anche a breve, sulla questione del fondo FAS e dei fondi strutturali europei. È estremamente importante perché ci può permettere di avere una delle tre risposte che potrebbero comporre una manovra politica importante industriale in merito alla vicenda dell'edilizia.
Senza ripresa, senza rilancio dell'economia interna noi temiamo che ci sia una perdita ulteriore per il Paese e siamo convinti che la svolta possa avvenire. Abbiamo ottimismo sulla possibilità che queste iniziative possano produrre un'inversione di tendenza. Noi compiremo la nostra parte per far uscire un mercato di imprese più qualificate, che sappiano costruire in grande qualità.


Pag. 17


Sono impegni che stiamo cercando di assumerci, sui nostri associati in particolare, per far presa su di essi e far loro capire una realtà che il mercato sta già capendo. Fino a un anno fa l'acquirente non sapeva che cosa fosse una casa in classe A o in classe B, soprattutto nel Centro-Sud. Nel Nord la situazione era un po' più avanti perché alcune regioni hanno goduto, come il Trentino Alto Adige, ma anche la Lombardia e il Piemonte, di denari per incentivare questa politica.
Adesso sta aumentando di fatto l'attenzione a come è costruita la casa e non solo a dove è collocata, a quanto è bella e a quanto sia vicina alla metropolitana. Ci sono anche fatti più complessi sui quali dobbiamo agire anche noi, come associazioni della società civile, senza lamentarci soltanto.
Ci deve essere possibilmente, però, una risposta, un aiuto, una visione. Siamo in attesa di averla e per questo motivo abbiamo sollecitato il Ministro Fitto e abbiamo ritenuto molto importante oggi la riflessione che ci state consentendo.

ANTONIO GENNARI, Direttore affari economici e centro studi dell'ANCE. In merito al discorso del Lazio, sono 531 i milioni destinati al programma infrastrutture che sono stati dati ceduti alla sanità.
In relazione al contributo del centro studi ANCE, naturalmente metteremo a disposizione della Commissione tutto ciò che abbiamo prodotto, compreso il Rapporto sulle infrastrutture del 2009.
Abbiamo anche cercato di individuare alcuni indicatori di fabbisogni infrastrutturali. È un lavoro importante in prospettiva, perché tutte le politiche che si dovranno svolgere su questo tema si dovranno anche basare su indicatori quantitativi e qualitativi, per esempio sulla congestione. Un problema è un indicatore di fabbisogno infrastrutturale statico e un altro quello dinamico. Oggi esistono tecnologie che permettono di vedere i flussi degli spostamenti in tempo reale e anche di andare a individuare elementi in cui si sta manifestando il fabbisogno di collegamento tra diverse aree. Stiamo collaborando con Banca d'Italia per svolgere un ragionamento di questo genere. Siamo in prima linea nel cercare di dare questo contributo.
Sul discorso della governance, noi proponiamo una cabina di regia e siamo d'accordo sui contratti istituzionali di sviluppo, dove le parti firmano impegni reciproci. È importante che sia lo Stato, sia le regioni, sia gli enti locali, nel momento in cui si decide una programmazione, facciano ciascuno la propria parte. È una garanzia per il sistema territoriale e anche per i cittadini. Laddove c'è concertazione, alla fine della concertazione, ci deve essere decisione e nella decisione gli impegni di ciascuno. Credo che questa sia la strada giusta da battere.

PRESIDENTE. Vi ringrazio molto anche a nome di tutti i componenti della Commissione. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCE (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,45.

[Indietro] [Avanti]
Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni