Sulla pubblicità dei lavori:
Stefani Stefano, Presidente ... 3
Proposta di legge (Discussione e rinvio):
Cirielli e Stefani: Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali ( 2602 ) ... 3
Stefani Stefano, Presidente, Relatore per la III Commissione ... 3 11
Narducci Franco, Presidente ... 11 14 15
Bosi Francesco (UdC) ... 7
Cirielli Edmondo Presidente della IV Commissione, Relatore per la IV Commissione ... 5
Crosetto Guido, Sottosegretario di Stato per la difesa ... 7 10
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 9
Mecacci Matteo (PD) ... 11 12
Scotti Enzo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
SEDE LEGISLATIVA
La seduta comincia alle 15,15.
PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 65, comma 2, del Regolamentola, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Cirielli e Stefani: «Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali».
Come è a tutti noto, tale proposta, assegnata in sede legislativa, rifonde le disposizioni in materia di missioni internazionali del decreto-legge n. 78, integrate dalle quantificazioni di spesa del decreto ministeriale emanato lo scorso 3 luglio dal Ministro della difesa.
Avverto che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha definito l'organizzazione della discussione del provvedimento, stabilendo altresì il tempo disponibile, ripartito ai sensi dell'articolo 25, comma 3, del Regolamento, secondo lo schema che è in distribuzione.
Per quanto riguarda i tempi dell'esame il tempo complessivo massimo per la discussione generale dovrebbe essere di 6 ore e 30 minuti, così ripartiti: relatori: 20 minuti; Governo 20 minuti; richiami al Regolamento: 10 minuti; interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato).
Il tempo a disposizione dei gruppi, pari a 4 ore e 39 minuti, dovrebbe essere quindi ripartito nel modo seguente: Popolo della Libertà: 1 ora e 14 minuti; Partito Democratico: 1 ora e 5 minuti; Lega Nord Padania: 40 minuti; Unione di Centro: 36 minuti; Italia dei Valori: 34 minuti; Misto: 30 minuti.
Il tempo complessivo massimo per l'esame degli articoli fino alla votazione finale dovrebbe essere invece di 7 ore, così ripartito: relatori: 20 minuti; Governo: 20 minuti; richiami al Regolamento: 10 minuti; tempi tecnici: 30 minuti; interventi a titolo personale: 1 ora e 4 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato).
Il tempo, a disposizione dei gruppi, pari a 4 ore e 36 minuti, dovrebbe essere quindi ripartito nel modo seguente: Popolo della Libertà: 1 ora e 22 minuti; Partito Democratico: 1 ora e 11 minuti; Lega Nord Padania: 38 minuti; Unione di Centro: 33 minuti; Italia dei Valori: 32 minuti; Misto: 20 minuti.
Il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato a lunedì 20 luglio, alle ore 12.
Segnalo che questa seduta per la discussione sulle linee generali potrà svolgersi sino alle ore 16, in quanto in tale orario è prevista l'informativa urgente del Governo in Assemblea sul recente attentato subito dalle Forze armate italiane in
Afghanistan. Ove la discussione sulle linee generali non sia stata conclusa, potrà proseguire dopo il lavori dell'Assemblea.
Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
In qualità di relatore, mi preme osservare in via preliminare che la proposta di legge che ho presentato insieme al collega Presidente Cirielli risponde all'esigenza da più parti manifestata di riaffermare la competenza prioritaria delle Commissioni riunite esteri e difesa nella proroga periodica della partecipazione italiana alle missioni internazionali.
Ringrazio il Presidente della Camera e la Conferenza dei Presidenti di gruppo, nonché il Governo, per aver avallato tale soluzione e quindi consentito alle nostre Commissioni di ripristinare la consueta procedura parlamentare.
La soluzione adottata con la presente proposta di legge si distingue infatti sotto il profilo politico per tre ragioni: la proroga della partecipazione italiana potrà ancora una volta essere deliberata con il concorso di entrambi gli schieramenti di maggioranza e di opposizione; la quantificazione delle singole autorizzazioni di spesa per ciascuna missione internazionale mantiene la sanzione legislativa; gli interventi di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di pace integrano pienamente le missioni delle Forze armate e di polizia, realizzando quella sinergia tra aspetti civili e militari che costituisce una nota caratteristica della partecipazione italiana.
Rinnovo le espressioni di cordoglio per l'attentato subito ieri in Afghanistan ed il vivo apprezzamento che ho rivolto nella seduta di ieri alle Forze armate italiane, anche alla luce della visita effettuata la scorsa settimana al contingente dislocato nel Libano meridionale.
Se l'Italia ha potuto guidare con autorevolezza e prestigio indiscusso l'esercizio del G8 nel corrente anno ed è interlocutore primario in ogni sede multilaterale, dalle Nazioni Unite all'Unione europea, io credo che sia giusto riconoscere che lo dobbiamo anche all'impegno profuso dai nostri soldati all'estero.
Poiché la materia è stata già ampiamente sviscerata in diverse sedi, mi limiterò oggi ad alcune considerazioni politiche sulle prospettive delle principali missioni.
Inizierò dal Libano, dove mi sono recato la scorsa settimana insieme ai colleghi Boniver e Orlando. I colloqui politici svolti hanno confermato l'evoluzione positiva del quadro politico libanese, per cui la Comunità internazionale è fiduciosa sulla formazione del nuovo governo di unità nazionale presieduto dal giovane Hariri. Si tratta di un risultato in termini di stabilizzazione politica a cui ha contribuito decisivamente la missione UNIFIL, che ha restituito credibilità all'esercito libanese e rafforzato la leadership del suo ex comandante ed ora Presidente della Repubblica, Sleiman.
Diventa pertanto importante continuare a garantire il supporto internazionale a tali positivi sviluppi. Sono convinto al riguardo che l'Italia debba mantenere la sua funzione di leading nation continuando ad esprimere il comandante in capo della missione in Libano. Eventuali riduzioni del nostro contingente dovrebbero avvenire soltanto nel quadro di un ridimensionamento generale della missione, al fine di evitare un pericoloso effetto domino e comunque di riaffermare la priorità del nostro Paese.
Con riferimento all'Afghanistan, purtroppo, è crescente la preoccupazione per la resistenza talebana e l'oggettiva incapacità del Governo afghano di assumersi anche soltanto parzialmente ulteriori responsabilità in termini di sicurezza. È una sfida tuttora aperta per il mondo occidentale, che non a caso la presidenza Obama considera decisiva. In tale ottica, l'Italia non può venire meno rispetto agli impegni presi e non può non assicurare il contributo aggiuntivo richiesto in vista delle imminenti elezioni presidenziali che dovrebbero confermare Karzai alla guida del Paese.
È molto importante il risultato politico che il Ministro Frattini ha conseguito a Trieste al Vertice G8 per l'impostazione regionale del problema afghano, in correlazione
con la situazione del Pakistan. Considero perciò molto importante ed una delle novità più significative della proroga all'esame la costituzione di una missione di stabilizzazione economica, sociale ed umanitaria, una vera e propria task force per l'area di frontiera tra il Pakistan e l'Afghanistan.
Vengo infine alla situazione dei Balcani occidentali, in cui il ruolo delle Forze armate e di polizia italiane è ancora assai rilevante, ma non corrisponde, a mio avviso, ad un adeguato riconoscimento politico in seno all'Unione europea. Il recente piano in otto punti per l'integrazione dei Balcani occidentali, presentato dal Ministro Frattini, ha finalmente invertito tale tendenza ed ha ricollocato il nostro Paese in una posizione centrale.
Senza una concreta prospettiva di progressiva associazione ed integrazione nell'Unione europea, i Paesi dei Balcani occidentali tornerebbero una «terra di nessuno», esposta al riacutizzarsi dei conflitti inter-etnici. Mi riferisco non solo al Kosovo, ma anche alla Bosnia-Erzegovina e alla Macedonia.
Tra le missioni cui l'Italia partecipa con contingenti più ridotti, ma con non minore impegno politico, mi limito a citare quella in Darfur, che vede le Nazioni Unite al fianco dell'Unione africana. La situazione umanitaria in Darfur è infatti ancora tragica, mentre il Presidente del Sudan, come noto, è stato incriminato dalla Corte dell'Aja. A questo proposito, segnalo che la Commissione esteri ha ritenuto per il momento di non esaminare la ratifica di un accordo in materia di investimenti tra Italia e Sudan.
Sempre con riferimento all'Africa, ricordo l'importanza della missione Atalanta per il contrasto alla pirateria, di cui ci siamo recentemente occupati insieme alla Commissione giustizia per aggiornare il quadro giurisdizionale.
Concludo con un richiamo alla missione europea in Georgia, che ha sin qui garantito che non riprendessero le ostilità, ma non ha avuto accesso ai territori separatisti di Abhazia e di Ossezia meridionale. La missione dovrebbe terminare entro la fine del mese di agosto. Riterrei opportuno da parte del Governo un chiarimento circa l'eventualità o meno di una proroga di tale missione.
Infine, vorrei segnalare al Governo, sulla base del dibattito svoltosi ieri in Commissione, l'opportunità di ribadire in questa sede legislativa le ragioni per cui il presente provvedimento è limitato al 31 ottobre 2009 e quali previsioni siano al momento possibili circa le modalità di autorizzazione di spesa che saranno adottate per i restanti due mesi dell'anno. Mi preme infatti richiamare il Governo alla necessità che non si ripeta quanto appena verificatosi con l'inclusione di questa materia in un provvedimento d'urgenza di tutt'altra natura e contenuto.
Sottolineo invece positivamente il fatto che in questa proroga la voce relativa agli interventi di cooperazione è stata adeguatamente considerata per l'importo di 28 milioni di euro, mentre nella proroga di inizio anno la relativa copertura finanziaria fu inserita con un emendamento parlamentare da me firmato a nome della III Commissione.
Sarebbe altresì opportuno che, in vista della prossima legge di bilancio per il 2010, il fondo per le missioni internazionali venga adeguatamente finanziato per evitare gli scostamenti che si sono registrati nel corso del corrente anno in cui, a fronte di uno stanziamento di un miliardo di euro, si è già, sulla base di dieci mesi, ad oltre un miliardo.
EDMONDO CIRIELLI, Presidente della IV Commissione, Relatore per la IV Commissione. Come già evidenziato dal relatore per la III Commissione, la presente proposta di legge, a conclusione di un ampio dibattito che si è svolto nelle Commissioni III e IV, nasce dall'iniziativa dei presidenti delle Commissioni esteri e difesa. La proposta è volta ricondurre in un autonomo provvedimento il contenuto delle disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2009 relative alla proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per il periodo 1o luglio - 31 ottobre 2009, rilegificando le singole autorizzazioni
di spesa, che il predetto decreto-legge rinvia ad un decreto ministeriale (emanato il 3 luglio scorso), provvedendo alla relativa copertura finanziaria a valere sulle risorse stanziate dal comma 76 dell'articolo 24 del medesimo decreto-legge.
Ciò premesso, per quanto riguarda le parti di competenza della Commissione difesa, segnalo i commi 27 e 28 dell'articolo 1 e gli articoli 2, 3, 4 e 5, nonché alcune norme di comune interesse delle Commissioni esteri e difesa contenute nell'articolo 6, concernente la copertura finanziaria, a cui poc'anzi ho fatto cenno, e gli articoli 7 e 8, recanti, rispettivamente, disposizioni di convalida ed entrata in vigore.
Il comma 27 dell'articolo 1 prevede che, per soddisfare esigenze di prima necessità delle popolazioni dei territori in cui si svolgono le missioni internazionali, i comandanti dei contingenti militari possano disporre interventi urgenti o acquisti e lavori utilizzando risorse messe a disposizione da amministrazioni pubbliche diverse dalla Difesa. Si tratta di attività di cooperazione civile-militare, intesa a sostenere progetti di ricostruzione, operazioni di assistenza umanitaria, assistenza sanitaria e veterinaria, nonché interventi nei settori dell'istruzione e dei servizi di pubblica utilità.
Il comma 28 dell'articolo 1 autorizza la spesa di euro 3.384.722 per la proroga della partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, e di euro 2.746.250 per la realizzazione di attività di formazione e addestramento a favore degli equipaggi delle unità navali della Marina militare irachena.
L'articolo 2, ai commi da 1 a 26, autorizza, in buona sostanza, le spese per la proroga fino al 31 ottobre 2009 della partecipazione di personale militare e delle Forze di polizia alle missioni non concluse, la cui autorizzazione di spesa scadeva, ai sensi del decreto-legge n. 209 del 2008, al 30 giugno scorso. L'ammontare complessivo delle risorse destinate alle citate missioni, quale risultante dalle singole autorizzazioni di spesa, è pari a euro 463.682.589.
Il comma 27 dell'articolo 2 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali. Segnalo che tale autorizzazione di spesa non è espressamente indicata nell'articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009, ma risulta dal decreto ministeriale di riparto che assegna parte delle risorse stanziate per la missione ISAF e EUPOL Afghanistan alla citata finalità.
Il comma 28 dell'articolo 2 autorizza la spesa per la proroga della partecipazione di personale appartenente alla Croce Rossa Italiana ausiliario delle Forze armate alla missione ISAF in Afghanistan e di personale appartenente al corpo militare dell'Associazione dei cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta alla missione Joint Enterprise nei Balcani.
L'articolo 4 reca disposizioni in materia penale, prevedendo l'applicazione del codice penale militare di pace e delle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 421 del 2001, nella parte in cui dispongono in ordine alla competenza territoriale per l'accertamento dei reati militari, concentrata nel Tribunale militare di Roma, alle misure restrittive della libertà personale, all'udienza di convalida dell'arresto in flagranza e all'interrogatorio della persona destinataria di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L'articolo 5 disciplina i profili contabili correlati all'organizzazione delle missioni, prevedendo per l'Amministrazione della difesa la possibile attivazione delle procedure d'urgenza previste dalla vigente normativa per l'acquisizione di beni e servizi, nonché la facoltà di ricorrere ad acquisti e lavori da eseguire in economia.
L'articolo 6 reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a euro 509.996.466.
L'articolo 7 reca le disposizioni di convalida, prevedendo che, in relazione a quanto previsto dalle disposizioni di cui
alla presente legge, sono convalidati gli atti adottati, le attività svolte e le prestazioni effettuate fino alla data di entrata in vigore della legge stessa.
In ultimo vorrei richiamare l'attenzione della Commissione su una questione di cui si sta dibattendo proprio in queste ore, dopo il grave attentato in Afghanistan, sui mezzi di informazione che riguarda le misure di protezione adottate nei confronti del personale militare che partecipa alle missioni internazionali. A questo riguardo vorrei ricordare le parole pronunciate dal Ministro della difesa nel corso delle Comunicazioni del Governo dell'8 luglio scorso, secondo cui risulta «vitale mantenere l'insieme delle dotazioni e degli equipaggiamenti a disposizione del nostro contingente ai più elevati livelli qualitativi (...). È nostra ferma intenzione continuare ad aggiornare periodicamente gli equipaggiamenti disponibili in teatro e studiare quelle soluzioni tecniche che possano meglio contribuire alla sicurezza del contingente e al successo della missione».
A questo riguardo, nel condividere pienamente le valutazioni del Ministro della difesa, sottolineo che l'esigenza di dedicare particolare attenzione ai mezzi di protezione destinati ai militari in missione è stato più volte sottolineata dalla Commissione difesa. In particolare, rammento che una delle condizioni poste dalla Commissione difesa nel parere favorevole espresso sul programma di armamento e rinnovamento JSF faceva espressamente riferimento al fatto che, in ogni caso, le risorse finanziarie necessarie al finanziamento del citato programma non dovessero essere reperite «a valere sugli stanziamenti destinati ad assicurare l'efficienza della componente terrestre e, più in generale, dell'intero strumento militare».
Rivolgo quindi un forte invito al Governo ad attenersi scrupolosamente a queste indicazioni, in occasione della predisposizione del progetto di bilancio per il prossimo anno.
Colgo altresì l'occasione per segnalare che il problema delle missioni e dell'impiego dei militari nelle missioni internazionali non è un problema del solo Ministero della difesa, dal punto di vista finanziario.
Lo dico perché il sistema e il modello di professionalizzazione delle Forze armate sta entrando in una fase critica, dopo sei o sette anni di vigenza. Di fatto, sia per il blocco delle assunzioni delle Forze di polizia, avvenuto sostanzialmente nel Governo Prodi, sia per effetto del decreto-legge n. 112 del 2008, l'afflusso alle Forze di polizia da parte dei volontari dell'esercito si è drasticamente ridotto. La risultanza è che persone che noi abbiamo impiegato in scenari come l'Iraq e adesso in Afghanistan, che sono di fatto precari della pubblica amministrazione da sei o sette anni, si apprestano - e sono 20-30 mila - ad essere espulsi dal mondo del lavoro, nonostante abbiano svolto, senza demerito, un'attività che purtroppo, come l'evento di ieri dimostra, comporta anche il rischio della vita.
Credo, dunque, che il problema di questo precariato debba essere posto al Governo nella sua interezza e non possa essere un problema economico soltanto del Ministero della difesa.
GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Penso ci sia poco da aggiungere alle due relazioni. Semmai, se interpellato nello specifico di alcune delle missioni, interverrò in seguito.
Naturalmente cogliamo e facciamo nostra l'ultima sollecitazione dell'onorevole Cirielli. Come lei sa, onorevole Cirielli, garantire la sicurezza all'interno delle missioni è una delle priorità che ci siamo dati e che cerchiamo di mantenere, nel limite dei tagli a cui la crisi economica ci ha sottoposto, come del resto è accaduto a tutti gli altri ministeri.
Per il resto, risponderò se verranno formulate delle domande specifiche.
FRANCESCO BOSI. Signor presidente, desidero svolgere un breve intervento. Sebbene riteniamo doverose, opportune e necessarie le missioni, che rappresentano un impegno internazionale, quello che ci preoccupa è la situazione nella quale si
vengono a trovare le nostre Forze armate, in particolare l'esercito.
C'è uno schema tipo, nel quale le Forze armate, che sono una macchina organizzativa, hanno sempre funzionato: le somme stanziate vengono spese per il 50 per cento per il personale, il 25 per cento per l'esercizio e il 25 per cento per gli investimenti. Oggi, invece, abbiamo una situazione di grande malessere che vede la spesa del personale al 70 per cento, con esuberi di vecchi quadri rispetto ai quali non è stato più fatto - come era stato, peraltro, annunciato anche dal precedente Governo - un piano di sfoltimento. Quanto al rimanente 30 per cento della spesa, mentre gli investimenti mantengono un livello buono, tutto il taglio avviene sull'esercizio. Ora, l'esercizio è notoriamente quello che una macchina organizzativa come sono le Forze armate impiega nell'addestramento e nel suo stesso funzionamento. Abbiamo, quindi, una sofferenza notevole nelle Forze armate, e segnatamente nell'esercito, che è la forza più impegnata nelle
missioni internazionali.
Questa situazione vede, dunque, reclutamenti molto ridotti, quasi azzerati. Inoltre, sulla finanziaria del 2010, se non vado errato, si prevedono ulteriori tagli per 304 milioni di euro. Si rischia, dunque, di azzerare il reclutamento e di non fare addestramento. Di conseguenza, le nostre Forze armate sono esposte a maggiori rischi. Un personale meno preparato, meno addestrato e con un minor numero di mezzi di esercizio rischia davvero molto di più.
In proposito, ricordo che la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una mozione, nel gennaio 2009, che parlava di questi aspetti e che impegnava il Governo a tenerne conto. Ad oggi, però, non ci sono novità in questo senso. Siamo fortemente preoccupati di sottoporre a pericoli eccessivi i nostri militari impegnati nelle missioni internazionali, soprattutto in quelle a maggior rischio.
Mi associo anche io all'ammirazione per quello che, nonostante queste gravi difficoltà, i nostri militari riescono a rappresentare nelle missioni con valore, ricevendo peraltro notevoli apprezzamenti in sede internazionale. Si tratta, tuttavia, di una situazione che non può durare a lungo.
Inoltre, dobbiamo sempre tenere conto del fatto che il Ministero della difesa non può decidere, un dato anno, di non intraprendere più determinate azioni. Se non vi è un'alimentazione o una progressione di addestramento e carriera, evidentemente, in un certo momento, si crea un blackout gravissimo.
Sul piano politico continuiamo a sostenere le missioni e, quindi, voteremo a favore del loro mantenimento. In alcuni casi, in Afghanistan, si dice che veniamo bene accolti in alcuni villaggi e il fatto di abbandonarli successivamente, da parte dei nostri militari, sottopone la popolazione a ritorsioni. Dovremmo, quindi, mantenere dei presìdi laddove veniamo bene accolti e dove la nostra presenza è utile a stabilizzare la situazione a favore della coalizione e del Governo afghano.
Dovremmo, quindi, avere anche una maggiore quantità di personale da impiegare nelle missioni. Ci sarà un'integrazione, in occasione delle elezioni, ad agosto, ma - lo ripeto - dovremmo essere più numerosi e avere a disposizione più personale per addestrare la polizia.
Per quanto l'esercito afghano sia considerato certamente non di livello eccelso, è comunque in fase di miglioramento; la situazione molto grave riguarda, piuttosto, la polizia afghana, che non è accettata dalla popolazione ed ha un livello di preparazione molto scarso. L'impegno europeo di occuparsi dell'addestramento della polizia è praticamente fallito. Il Presidente Sarkozy ha proposto all'Italia di occuparsi, insieme alla Francia, con finanziamenti europei, dell'addestramento della polizia afghana, segnatamente con i carabinieri, che godono di un apprezzamento particolare e hanno già operato molto bene anche nelle missioni in Iraq.
Oggi, tuttavia, sono pochissimi e non riescono a mettere in atto questo addestramento, quindi dovremmo fare di più anche in Afghanistan, non per mania di grandezza, ma per essere esposti a minori rischi e fare in modo che la missione si
avvicini a realizzare il proprio compito iniziale, quello di dare stabilità alle autorità locali, in un Paese come l'Afghanistan in cui lo Stato non è mai esistito.
La questione ha risvolti anche sotto il profilo del bilancio, ed è questa la parte che ci preoccupa davvero molto. Non vorrei che si accantonasse sempre questo argomento. Mi ha fatto piacere che il presidente Cirielli abbia voluto ribadirlo nei confronti del Governo, ma su questo aspetto poniamo davvero una grande attenzione, per la sicurezza e per l'efficacia delle missioni.
AUGUSTO DI STANISLAO. Voglio partire da alcune considerazioni espresse dal Ministro La Russa, dal Presidente Napolitano e dal sottosegretario Crosetto.
Il Ministro La Russa ha testualmente detto: «quanto è accaduto impone un'ulteriore riflessione sui mezzi e sulle attrezzature». Il Presidente Napolitano parla della necessità di portare avanti l'impegno importante condiviso dall'opinione pubblica. Il sottosegretario Crosetto parla di evento tragico che ci ricorda che lì siamo in guerra. Ciò sta a significare che in questo momento vi è sicuramente qualche elemento di ambiguità e di confusione.
Del resto, mentre la missione che fa riferimento all'operazione Enduring Freedom, vede impegnate forze militari americane e inglesi in una fase di combattimento, di rappresaglia e di contenimento, noi siamo impegnati con l'ISAF NATO in un'attività che riguardava, e riguarda tuttora, prevalentemente iniziative tese a ricostruire scuole, ospedali e istituzioni e a favorire, da un punto di vista dell'impegno, un approccio sistemico che coniughi sicurezza, ricostruzione, un minimo di intervento sulle istituzioni, oltre alla capacità di stimolare il riavvio dello sviluppo economico.
Questi obiettivi non si stanno realizzando, nonostante le rassicurazioni continue del Governo sul mantenimento dell'impegno preso su questi fronti. Le ultime tragiche vicende dimostrano esattamente il contrario.
Dovremmo, dunque, uscire da questa ambiguità di fondo ed esprimere chiaramente la natura del nostro impegno in quel territorio e chiederci se siamo dotati della giusta determinazione e degli equipaggiamenti appropriati o se mettiamo semplicemente a rischio costante le vite di giovani ragazzi.
Credo anche che dovremmo interrogarci su alcune questioni di carattere culturale, ma anche politico. Quando un provvedimento così importante viene diluito all'interno del più ampio provvedimento anticrisi, al punto da diventare addirittura una norma intrusa - pur essendo decisiva una presenza dell'Italia in questo scenario di guerra e di inquietudine - credo che dovremmo far capire a tutti che i nostri 3.200 soldati non sono sul posto solo per compiere attività di ricostruzione e di relativa sicurezza, ma anche per garantire un'attività di sorveglianza importante in un territorio - lo ricordo a tutti - che ha le stesse dimensioni del Portogallo.
Dovremmo, dunque, cercare di capire in che modo e in che misura possiamo e dobbiamo riattrezzarci, innanzitutto per garantire costantemente certezza e sicurezza alle nostre truppe in merito al lavoro che svolgono in quelle aree. Dopodiché, dovremmo offrire una garanzia molto più importante, in un quadro di riferimento sicuramente più forte, anche dal punto di vista politico, che tenga conto delle esigenze non solo del Governo e della maggioranza in termini autoreferenziali, ma coinvolga l'intero Parlamento e le Commissioni.
Quando si autorizzano le proroghe delle missioni per quattro mesi, evidentemente cede tutto l'impianto su cui appoggiare questa impostazione e, probabilmente, se si considera la situazione di volta in volta e giorno per giorno, si perde di vista il quadro complessivo e la prospettiva all'interno della quale intendiamo inserire il nostro modello di difesa non solo interno, ma anche internazionale.
Credo, dunque, che dovremmo accelerare - lo dico al presidente Cirielli, che è persona di buonsenso - la trattazione delle proposte di legge ferme in Commissione perché sempre sopravanzate dalle
urgenze e dalle emergenze. Infatti, se riuscissimo a dare finalmente un assetto, grazie a quelle proposte, alle missioni internazionali, forse daremmo chiarezza e altrettanta sicurezza alle nostre truppe, non solo a quelle che si trovano in Afghanistan, ma anche a quelle che operano in altri scenari.
In questo modo non solo daremmo un segnale importante, ma tutti insieme potremmo uscire da questa situazione problematica, perché daremmo il segnale di una nazione e di un Parlamento uniti in merito ad alcune esigenze che non vedono contrapposizioni di sorta fra le parti in campo.
GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Visto che il Governo è stato chiamato a rispondere, vorrei rassicurare gli onorevoli Bosi e Di Stanislao, dicendo loro che il problema delle risorse, che pure esiste - non è mai stato negato né dal ministro né da noi - in relazione all'ultima finanziaria, non colpisce le missioni internazionali.
Le missioni internazionali hanno avuto, in controtendenza rispetto a qualunque altro capitolo di bilancio, un significativo aumento, che porterà alla fine dell'anno, negli ultimi due mesi, ad un aumento non inferiore al 40 per cento. Tale aumento non ha riguardato il personale, anzi, come avete constatato, l'indennità percepita dai soldati impegnati in Libano è diminuita significativamente ed è stata portata allo stesso livello di quella dei colleghi che operano in Afghanistan, poiché sembrava assurdo che i primi percepissero un'indennità superiore. Lo stesso ha fatto anche il Ministero degli esteri.
Non essendoci stato, quindi, un aumento di personale, l'incremento del 40 per cento delle risorse è stato destinato alla formazione, ai mezzi, alla sicurezza. Da questo punto di vista, pur in un momento di tagli alle altre voci del bilancio della Difesa, non si è verificato alcun minore investimento; al contrario, sono aumentati gli investimenti in sicurezza e formazione per quanto riguarda le missioni, che vengono finanziate a parte.
Le proroghe di quattro e sei mesi, onorevole Di Stanislao, non interrompono il lavoro della Difesa. Si tratta di un fatto legislativo e - mi passi il termine - burocratico, ma le missioni vanno avanti senza soluzione di continuità. Ciò non significa che i soldati sono ritornati tutti in Italia il 30 giugno e sono ripartiti il 1o luglio, solo perché scadeva un decreto e ne iniziava un altro; si va avanti, lo ripeto, senza soluzione di continuità. Si è trattato di un escamotage burocratico per garantire, in una fase di crisi finanziaria e in mancanza di risorse aggiuntive, lo stesso finanziamento dei primi sei mesi, ossia con un aumento del 40 per cento, anche nei successivi quattro.
Sono garantiti attualmente, in misura inferiore ma con risorse già stanziate nei capitoli, gli ultimi due mesi, ma l'idea del Governo è di mantenere la stessa linea dei primi mesi anche per gli ultimi due, rispettando sempre le indicazioni che ci verranno dalla Camera, dal Senato e dalla politica.
Richiamandomi all'intervento del presidente Stefani e ad alcune considerazioni del presidente Cirielli, ricordo che spetta al Governo e al Parlamento stabilire quale sarà il nostro compito in Libano. Il nostro comando in Libano scadrà a febbraio del 2010. Il fatto di avere nuovamente tale comando significa impegnare in Libano almeno 2 mila soldati. Rinunciare a questo comando significa poter ridurre i soldati a mille. Nei rapporti internazionali, il fatto di mantenere un comando significativo come la missione in Libano porta ad avere più o meno soldati impegnati. Questo significa anche, visto che è stata avanzata una richiesta spagnola di prendere il comando in Libano al posto dell'Italia, assumere la leadership dal punto di vista delle forze impiegate.
Tutte queste discussioni non hanno minimamente intaccato, onorevole Di Stanislao, l'attenzione alla sicurezza dei soldati. La situazione in Afghanistan non deriva da una decisione italiana, ma da una sua recrudescenza, in particolare nella zona dove si trovano le nostre forze, che - vi ricordo - è una zona calda, in
quanto di contatto e di confine con l'Iran, una zona in cui la situazione interna dipende anche da quella di altri territori.
Gli americani hanno intensificato notevolmente sia l'impegno militare, sia gli interventi militari nel sud del Paese; lo spostamento a seguito di questi interventi si dirige dunque verso il nord, cioè verso la zona da noi coperta. Passa nel nostro territorio la Ring Road, una strada fondamentale per l'Afghanistan, che è sotto il nostro controllo; una strada che si contendono non soltanto gli insorgenti islamici ma - calcolate che questa è la stagione della raccolta dell'oppio - tutti coloro che hanno interessi nel commercio dell'oppio.
Calcolate, inoltre, che la stessa situazione che si sta verificando a sud sta avvenendo anche ad est - e noi siamo all'interno di quel territorio - e che a ovest ci troviamo al confine con l'Iran. La situazione, dunque, è peggiorata non per il nostro atteggiamento, per un cambiamento nel nostro modo di porci nei confronti dell'Afghanistan, ma per una condizione oggettiva - cui si aggiungono le elezioni che si terranno a breve - che ha portato a un'insorgenza maggiore.
Concludo rilevando che i mezzi di cui sono dotati i nostri soldati sono i migliori disponibili sul mercato. La validità del «Lince» è riconosciuta non soltanto in Italia, ma anche all'estero. Lo stanno acquisendo gli inglesi, lo stanno valutando gli americani stessi. È il mezzo più sicuro per questo tipo di intervento.
Se però un «Lince» trova 50 chili di esplosivo sotto la strada, viene sollecitato in modo tale da non poter più garantire la sicurezza, ma non ci sarebbe un altro mezzo attualmente per svolgere quel tipo di lavoro che può garantire la sicurezza.
Pertanto, è una lotta continua e costante tra mezzi che cerchiamo di portare al massimo e un'insorgenza che sta aumentando la recrudescenza.
Purtroppo, le avvisaglie di questa situazione si erano già manifestate nelle settimane scorse. Discutiamo del problema quando succede qualcosa di più grave, ma nelle ultime settimane, ogni settimana, come uno stillicidio, siamo stati sottoposti ad attacchi sempre più gravi.
Uno dei temi che si è sollevato e che si solleverà al Parlamento è anche la possibilità a questo punto del Close Air Support. Quando le nostre truppe sono sotto attacco, adesso sono costrette a chiedere l'intervento di aerei americani o olandesi che impiegano 15 minuti ad arrivare, mentre i nostri ne impiegherebbero 5.
Vi lascio questo elemento come dato di riflessione: la differenza tra 15 e 5 minuti può rappresentare una vita salvata.
PRESIDENTE. Sono iscritti a parlare un paio di colleghi, a cui non posso dare la parola, perché devo rinviare la seduta. Lascio loro la decisione se intervenire più tardi, alla ripresa dei lavori.
MATTEO MECACCI. Intervengo sull'ordine dei lavori, solo per segnalare che, siccome volevo soffermarmi anche su aspetti della cooperazione allo sviluppo, sarebbe opportuno prevedere anche la presenza del Ministero degli esteri.
Avrei infatti delle domande da rivolgere possibilmente, nel dialogo con il Governo, anche a tale Ministero, i cui rappresentanti nell'ultima mezz'ora non sono stati presenti.
Quindi, se successivamente sarà presente qualcuno, interverrò, altrimenti rinuncio e interverrò alla presenza del Ministero in altra occasione.
PRESIDENTE. In considerazione dell'imminente svolgimento in Assemblea dell'informativa urgente del Governo sul recente attentato subito dalle Forze armate italiane in Afghanistan, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 18,45.
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del provvedimento.
Do la parola all'onorevole Mecacci.
MATTEO MECACCI. Ho chiesto di intervenire su questo provvedimento, che si inserisce in un contesto politico molto delicato.
Abbiamo appena ricevuto l'informativa da parte del Ministro della difesa sull'uccisione di un nostro militare e il ferimento di altri tre in Afghanistan.
Buona parte di questo provvedimento, in particolare il dispiegamento del maggior numero di forze militari e il rinnovo della missione, riguarda proprio quel Paese. A questo sono legate anche alcune norme sulla cooperazione allo sviluppo, che già dal precedente decreto è stata ampiamente limitata nelle sue dimensioni quantitative. Credo che in questa proposta di legge ci siano alcune norme che meritano un approfondimento ed eventuali modifiche da proporre con emendamenti, in particolare per quanto riguarda la gestione delle risorse finanziarie destinate alla cooperazione allo sviluppo in Afghanistan. Al comma 22 dell'articolo 1, lettera b), di questo provvedimento, si prevede l'istituzione, presso il Ministero degli affari esteri, di un'apposita struttura, che avrebbe il compito di individuare, gestire e coordinare gli interventi che riguardano la cooperazione allo sviluppo.
Questo è un intervento di tipo innovativo nell'ambito della gestione degli aiuti allo sviluppo, che farebbe gestire queste risorse al di fuori della direzione generale del Ministero degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo, perché si parla appunto di un'apposita struttura non meglio definita. Credo pertanto che questo aspetto debba essere meglio precisato.
Allo stesso modo, merita una riflessione la norma contenuta nel comma 25 dell'articolo 1, che prevede che questi tipi di interventi possano essere effettuati in deroga a quanto previsto dalla disciplina in materia di spese in economia. Già le spese in economia avvengono in deroga rispetto alle procedure ordinarie che riguardano le attività di cooperazione allo sviluppo, in particolare in alcuni Paesi dove operare è sicuramente difficile, ma qui si compie addirittura un passo avanti andando in deroga rispetto alla disciplina prevista per le spese in economia, lasciando dunque una completa discrezionalità nella gestione di questi fondi. Pur comprendendo le obiettive difficoltà nell'operare in un Paese come quello, questo deve essere messo in discussione.
Più in generale, per quanto riguarda la situazione in Afghanistan - è un tentativo che abbiamo fatto anche in altre discussioni in Parlamento e non mi aspetto di ottenere chissà quale risultato in questa occasione - credo che sia importante prendere atto di alcune comunicazioni ufficiali rilasciate dalle Nazioni Unite negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, che riguardano la questione globale della guerra alla droga e in particolare della guerra alla droga in Afghanistan.
Le Nazioni Unite, la cui Agenzia che si occupa della lotta alla criminalità organizzata e alla droga è guidata da un italiano ormai da molti anni, prima dall'attuale europarlamentare Pino Arlacchi e adesso dal dottor Costa, hanno messo nero su bianco che la strategia delle Nazioni Unite nel contrasto al traffico illecito di stupefacenti è fallita. Sono state messe in campo ingenti risorse per il contrasto a questo tipo di attività, ma in tutto il mondo si registra come questa politica di tipo proibizionista e repressivo non stia producendo risultati, spingendo addirittura anche l'ONU ad aperture per quanto riguarda attività di riduzione del danno e di altro tipo.
Questo fallimento è evidente in un contesto come quello afghano, dove ormai è riconosciuto da parte di tutte le autorità, compresi i Governi e le autorità di intelligence, il legame esistente tra i trafficanti di droga e l'attività di attacco militare contro le nostre Forze armate e le forze alleate. Questo legame viene considerato un accessorio rispetto a tutte le decisioni che vengono prese.
Credo che, qualunque soluzione si voglia adottare, continuare in questa lotta all'arma bianca contro il traffico illecito attraverso l'invio di maggiori forze militari oppure cambiare strategia, questo dovrebbe essere oggetto di discussione politica a livello italiano, a livello NATO e di
tutti i Paesi nei quali questo tipo di decisioni vengono prese, perché quella vicenda continuerà a condizionare, purtroppo, la situazione in Afghanistan e in Pakistan - anche lì si stanno diffondendo le colture illegali in particolare di oppio - e dove tutti i tentativi di contrasto sono finora falliti.
Noi Radicali abbiamo presentato proposte, peraltro presentate anche a livello internazionale da organizzazioni come il Senlis Council e altri, che mirano a creare una sorta di mercato legale quantomeno per alcuni prodotti che possono derivare dall'uso di queste sostanze, proposte che continuano a essere purtroppo ignorate. Ritengo però che su questo occorrerebbe una riflessione e una presa di posizione per l'apertura del dialogo da parte del Governo.
Per quanto riguarda altri tipi di missione, ribadendo il sostegno della delegazione radicale al rinnovo di queste missioni, un dato deve essere sottolineato. Come ci ha detto anche il sottosegretario Crosetto, il budget che il Ministero della difesa ha destinato a questo tipo di missione nel corso dell'ultimo anno è aumentato, mentre parallelamente il budget destinato al Ministero degli affari esteri per la cooperazione internazionale è stato decimato. È stata quindi compiuta dal Governo una scelta di priorità politica a favore del rafforzamento degli interventi di tipo militare, a scapito degli interventi di natura civile da parte delle nostre istituzioni.
Credo che, se rivendicato dalla maggioranza, tale elemento debba essere anche reso più esplicito, ma che segnali anche le crescenti difficoltà di intervento del nostro Paese a livello internazionale nel far valere, all'interno delle Nazioni Unite e di altri organismi, una posizione di leadership in un settore che non ha mai visto il nostro Paese brillare, ma che ci vede ormai essere fanalino di coda di tutti i Paesi del G8 per quanto riguarda i contributi alla cooperazione internazionale.
Formulo un'ultima considerazione nel merito, rispetto a questa nuova missione - non si tratta di proroga - in Libia, che riguarda una cooperazione italo-libica per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Nei mesi scorsi, questo tema è stato oggetto di discussioni anche accese in Parlamento e fuori dalle aule parlamentari, anche in occasione della visita del leader libico Gheddafi. Consideriamo preoccupante il fatto che questa discussione abbia coinvolto anche una delle agenzie delle Nazioni Unite più stimata e rispettata a livello internazionale, ossia l'Agenzia ONU per i diritti dei rifugiati, l'UNHCR.
Ieri, si è verificato l'ennesimo episodio di polemica violenta da parte di esponenti del Governo italiano nei confronti di questa Agenzia, che ha avuto l'unica colpa di svolgere il proprio mandato, ossia di andare a intervistare 82 aspiranti rifugiati nel nostro Paese, che sono stati intercettati dalla nostra Marina e rispediti sulle coste libiche senza seguire le norme internazionali che vincolano il nostro Paese e che richiedono un'indagine da parte delle nostre forze militari sull'eventuale esistenza dei requisiti per poter chiedere l'asilo politico, diritto riconosciuto dal nostro ordinamento. A differenza della Libia, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione ONU sui rifugiati ed è quindi vincolato al rispetto delle norme che l'UNHCR ha il compito di monitorare in tutto il mondo, per tutti i Paesi, compreso il nostro.
L'UNHCR ha intervistato queste persone e dalle evidenze che sono emerse da queste interviste si è verificato il mancato rispetto dei diritti che il nostro Paese deve garantire ai migranti. L'UNHCR ha dunque inviato una lettera al nostro Governo e la risposta da parte del Ministro della difesa e del Ministro Ronchi è stata una sequela di insulti nei confronti dell'UNHCR. Ritengo che questo sia inaccettabile, danneggi tutto il nostro Paese, in particolare il nostro Ministero degli esteri, che evidentemente ha tenuto un atteggiamento diverso rispetto al Ministero della difesa e a quello delle politiche comunitarie.
Poiché con questo provvedimento si autorizza la presenza di 67 militari che si
devono occupare di contrastare l'immigrazione clandestina proveniente dalla Libia, è necessario un chiarimento per sapere se queste operazioni avvengano nel rispetto della legalità internazionale. Altrimenti, ci ritroveremo come ieri, quando il Corriere della Sera ha riportato questo episodio di polemica tra il nostro Paese e un'istituzione internazionale, a dover affrontare tale questione.
Spero che il Governo in sede di replica possa rassicurarci. La rassicurazione però può venire in un solo modo, ossia dando conto dei tentativi, e della loro efficacia, per convincere il Governo libico a procedere a compiere l'unico atto in grado di consentire al nostro Paese di non violare la legalità internazionale nell'effettuare questo tipo di respingimenti, ossia ratificare la Convenzione ONU sui rifugiati, consentendo all'UNHCR, come chiede anche il Governo, di verificare la situazione in quel Paese. Però, fino a quando non ci sarà la ratifica di quella Convenzione, anche l'accredito di un ufficio, come si sta cercando di fare sul territorio libico, non consentirà all'UNHCR di svolgere questa verifica.
Interverrò nuovamente su questo tema, sia in fase di emendamenti, sia presentando un ordine del giorno. Spero che il Governo possa dare conto di tentativi concreti che vadano in una direzione diversa da quella che vede attacchi continui nei confronti delle Nazioni Unite, che non mettono il nostro Paese in una posizione favorevole: penso, ad esempio, alla discussione che si aprirà, tra qualche mese o tra qualche anno, anche all'interno delle agenzie delle Nazioni Unite, su quali Paesi debbano assumere incarichi di rilievo.
Credo francamente che questi attacchi nei confronti delle Nazioni Unite rischino di marginalizzare il nostro Paese ancora di più di quanto non lo sia già oggi per quanto riguarda la rappresentanza all'interno delle Nazioni Unite.
PRESIDENTE. Non essendovi ulteriori richieste di intervento, do la parola al sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti.
ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero della difesa hanno già avuto modo, ampiamente, di illustrare il quadro di politica estera all'interno del quale si collocano gli interventi di cui parliamo. Pertanto, mi limiterò a svolgere solo brevi considerazioni.
Tenuto conto degli scenari concernenti le singole missioni internazionali - approfonditi nel corso dell'audizione svolta dal Ministero della difesa e dal Ministero degli affari esteri - confermo la disponibilità del Ministero degli affari esteri a ulteriori approfondimenti, anche nelle successive fasi di replica, in sede di eventuali emendamenti.
Il provvedimento normativo all'esame risponde concretamente alle esigenze di politica internazionale dell'Italia. Consente, infatti, di dare piena attuazione agli impegni presi in ambito NATO in termini di rafforzamento della sua presenza in Afghanistan in vista delle elezioni del prossimo agosto; conferma l'impegno per la pace e la stabilizzazione nella aree tradizionali di crisi, quali i Balcani, il Medio Oriente e l'Africa; ribadisce il nostro contributo all'impegno internazionale nei confronti delle nuove sfide che dobbiamo affrontare, come quella della pirateria nell'Oceano Indiano.
Di qui, oltre a tali risposte politiche riferite alle misure contenute nella proposta di legge, si potranno sviluppare con una maggiore flessibilità gestionale iniziative di cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia e, per la prima volta, anche in Pakistan.
Su questo punto mi preme sottolineare, onorevole Mecacci, che l'istituzione di un'apposita struttura è all'interno della Direzione generale della cooperazione. Prevediamo soltanto un'unità transitoria e specificamente dedicata agli interventi che accompagnano le missioni di pace, avendo bisogno di persone capaci di gestire questo complesso di interventi, che non sono riconducibili a normali interventi di cooperazione in situazioni di pace.
Per quanto riguarda la deroga rispetto alla disciplina in materia di spese in
economia, mi riservo di farle avere una nota tecnica esplicativa della necessità operativa che si è rivelata attraverso gli interventi che sono stati fin qui compiuti.
Proprio dalle complessità e dalle criticità, che si sono incontrate in questi anni nel realizzare gli interventi previsti da provvedimenti precedenti, è nata la necessità inderogabile di questo tipo di modificazioni legislative e di deroghe particolari, perché, in determinate zone, ci siamo trovati continuamente di fronte a difficoltà operative e funzionali.
Mi permetterò di trasmettere la nota tecnica esplicativa all'onorevole Mecacci, perché credo che le sue considerazioni meritino una risposta adeguata.
Infine, per quanto riguarda il problema della Libia, il Ministero degli esteri ha sempre sottolineato, anche nelle dichiarazioni del Ministro Frattini, che era essenziale che il nostro Paese avesse, nei confronti degli organismi internazionali, un comportamento di rispetto, anche quando poteva avere una divergenza su una questione specifica.
Quanto alla Libia, il Ministero degli esteri sta lavorando per creare le condizioni per un ufficio dell'Alto commissario sui rifugiati in Libia, in modo tale da poter consentire, al punto di partenza, lo svolgimento di tutte le procedure che sono richieste dagli accordi internazionali, che noi intendiamo rispettare, in materia di rifugiati.
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Scotti.
Dichiaro conclusa la discussione sulle linee generali e rinvio il seguito della discussione ad altra seduta.
La seduta termina alle 19,05.