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Temi dell'attività Parlamentare

L'industria della raffinazione in Italia

L'indagine conoscitiva sul settore della raffinazione

L'industria della raffinazione in Italia versa da alcuni anni in una situazione di crisi e di sofferenza, costretta, da un lato, ad attivare ingenti investimenti per il rinnovamento dei macchinari, al fine di meglio rispondere ai criteri di efficienza energetica imposti dall’Unione europea, e dall’altro, a confrontarsi con il sensibile calo della domanda di prodotti raffinati e con l’aumento della pressione fiscale nel settore.

Nel corso della XVI legislatura la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati ha dunque deliberato, nella seduta del 25 ottobre 2011, di svolgere un’indagine conoscitiva sulla crisi del settore.

Sin dal 2009, infatti, il settore della raffinazione italiano sta attraversando una grave crisi determinata da molteplici fattori che hanno condotto ad un calo generalizzato dei consumi dei carburanti e ad un drastico ridimensionamento delle esportazioni soprattutto verso gli Stati Uniti.
L’intero comparto della raffinazione europeo da alcuni anni è interessato da una crisi di sistema, che potrebbe evolvere verso un quadro ben più drammatico rispetto a quanto già osservato. Infatti, gli effetti congiunturali della crisi economica globale si sono sovrapposti a una preesistente situazione di sofferenza del sistema.

La crisi strutturale del sistema affonda le proprie radici nella progressiva riduzione dei consumi in Europa, che decrescono al ritmo del 2 per cento medio annuo a partire dal 2005, conseguenza della bassa dinamica demografica, della crescente efficienza energetica e dell’introduzione dei biocarburanti.
Il sensibile calo dei consumi petroliferi, destinato a peggiorare nei prossimi anni, e la forte concorrenza delle nuove raffinerie dei paesi extra-Ue, sostanzialmente prive di obblighi e vincoli ambientali e spesso sussidiate direttamente dallo stato, avranno effetti dirompenti sulla struttura industriale italiana ed europea ove non siano messi in campo interventi volti a tutelare tale settore di attività.
In Europa si è già avviato un processo di razionalizzazione da parte delle major petrolifere, che hanno già cominciato a ridurre la propria esposizione alla raffinazione.
Le nuove regole introdotte dall’Ue in materia di efficienza energetica, peraltro, hanno avuto un forte e negativo impatto sulle raffinerie europee, mettendo a rischio il mantenimento di questa industria in Europa.

Il sistema della raffinazione italiano è costituito da 16 raffinerie presenti sull’intero territorio nazionale, per una capacità complessiva di raffinazione di poco superiore ai 100 milioni di tonnellate/anno. Il 100 per cento della capacità di raffinazione installata in Italia è rappresentata da aziende aderenti all’Unione Petrolifera.
Si tratta di realtà industriali e di investimenti importanti per l’economia locale in cui sono incorporate, con numeri significativi sul piano dell’occupazione diretta e indotta, e la cui chiusura avrebbe ripercussioni a cascata su tutto l’hinterland in cui operano.
Sulla base degli ultimi dati diffusi dall’Unione petrolifera italiana emerge in particolare la necessità di una ristrutturazione significativa di un settore che oggi presenta un eccesso di capacità produttiva che il mercato interno non è in grado di assorbire: un eccesso di capacità pari a circa 15-20 milioni di tonnellate. Nel 2009 infatti il tasso di utilizzazione degli impianti è stato dell’81 per cento; negli ultimi 6 anni inoltre i consumi sono diminuiti di 18 milioni di tonnellate, mentre nei soli primi dieci mesi del 2010 il calo è stato di altri 2 milioni di tonnellate.
Nel periodo 1997-2009 sono stati investiti nel settore quasi 17 miliardi di euro, di cui il 60 per cento destinati al miglioramento ambientale dei cicli produttivi. Altri 5 miliardi di euro di investimenti sono stati programmati fino al 2012. Per realizzare questo significativo piano di investimenti appare necessario creare e mantenere un quadro legislativo e regolatorio stabile e prevedibile.
L’indagine conoscitiva si propone quindi di approfondire l’analisi sul settore della raffinazione come rilevante comparto del sistema industriale del nostro Paese e della sua intera economia a causa delle strette interdipendenze che legano la raffinazione medesima a molteplici comparti produttivi. Scopo dell’indagine è altresì quello di valutare la necessità di interventi di carattere legislativo che non potranno prescindere da una maggiore consapevolezza circa la strategicità del settore della raffinazione ai fini della sicurezza energetica del Paese né da una profonda e concreta analisi dei possibili impatti sul piano occupazionale e sociale di eventuali chiusure stante il consistente numero di occupati, diretti ed indiretti, nel settore e del loro alto grado di qualificazione tecnica e professionale.

Per approfondimenti, si veda il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva approvato dalla Commissione X.

Gli interventi di semplificazione del "decreto sviluppo"

L’articolo 36 del D.L. 83/2012 contiene alcune semplificazioni di adempimenti burocratici per il settore petrolifero, con particolare attenzione al settore della raffinazione. A tal fine vengono integrate, fra l’altro, alcune norme in materia dettate dal decreto “semplificazioni” (D.L. 5/2012) e dal Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006).

In particolare, si dispone che:

  • i sistemi di sicurezza già in atto possono continuare ad essere utilizzati solo nel caso di chiusura di un impianto di raffinazione e sua trasformazione in deposito (e non più in caso di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale), in caso di attività di reindustrializzazione dei siti contaminati;
  • la concertazione con il Ministero delle infrastrutture è necessaria solo per gli impianti industriali strategici;
  • il termine per il rilascio dei provvedimenti amministrativi per apportare modifiche agli stabilimenti di lavorazione di oli minerali; passi da 180 a 90 giorni;
  • il Ministero dell’ambiente adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione dei carburanti;
  • non si applichino le verifiche periodiche delle attrezzature a pressione per gli impianti di produzione a ciclo continuo e per quelli di fornitura di servizi essenziali;
  • l’importazione di prodotti petroliferi da Paesi non appartenenti all’Unione europea sia soggetta ad autorizzazione del MISE a partire dal 2012;
  • non sia necessaria una particolare autorizzazione per le pensiline di carico di benzina su autobotti all’interno dei depositi petroliferi.

I commi 1-5 modificano ed integrano il D.L. 5/2012 (c.d. “decreto semplificazioni”): i commi 1-4 modificano l’articolo 57 relativo alle infrastrutture strategiche, e il comma 5 aggiunge l’articolo 57-bis che apporta semplificazioni amministrative sempre in materia infrastrutture strategiche.

Il comma 1 interviene sul comma 9 del citato articolo 57 rendendolo applicabile solo al caso di chiusura di un impianto di raffinazione e sua trasformazione in deposito, e non a tutte le attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, come risulta dal seguente testo a fronte.

Il comma 2 integra il comma 2 del citato articolo 57 del decreto “semplificazioni” esplicitando che la concertazione con il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti per le autorizzazioni relative ad una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico, è necessaria solo per gli impianti industriali strategici e le relative infrastrutture disciplinati dall’articolo 52 del Codice della Navigazione. Si tratta dei depositi e degli stabilimenti situati, anche soltanto in parte, entro i confini del demanio marittimo o del mare territoriale, ovvero comunque collegati al mare, a corsi d'acqua o canali marittimi. Le concessioni per l’impianto e l’esercizio di tali strutture sono disciplinate dal codice della Navigazione.

Si ricorda che l’articolo 57, comma 2, del D.L. 5/2012, nel testo previgente, prevedeva che le autorizzazioni relative ad una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico (gli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, i depositi costieri di oli minerali, i depositi di carburante per aviazione siti nelle aree aeroportuali, i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi (escluso il GPL) di capacità superiore a 10.000 metri cubi, i depositi di stoccaggio di GPL di capacità non inferiore a 200 tonnellate, gli oleodotti facenti parte della rete nazionale degli oleodotti) fossero rilasciate dallo Stato e, in specie, dal Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con le Regioni interessate. Sono per altro fatte salve le particolari competenze in materia delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, nonché le normative in materia ambientale.

Il comma 3 interviene sul comma 4 del citato articolo 57, in particolare abbreviando il termine ivi previsto da 180 a 90 giorni.

Secondo la relazione illustrativa, la norma introduce un coordinamento delle "autorizzazioni ambientali" prevedendo tempi certi di rilascio, fatta salva la VIA.

Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 57 del decreto “semplificazioni” assoggetta al termine finale di 180 giorni il rilascio di una serie di altri provvedimenti amministrativi (autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, pareri e assensi) che siano eventualmente previsti, dalle normative di settore, per poter apportare le modifiche agli stabilimenti di lavorazione e ai depositi di oli minerali e agli oleodotti cui si riferisce il comma 58 dell’art. 1 della L. 239 del 2004.

Il comma 4 aggiunge al citato articolo 57 del decreto “semplificazioni” il comma 15-bis, che integra l’articolo 252 del Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006) in materia di procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale, per prevedere che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.

Tali modifiche hanno l'obiettivo di ridurre i tempi di bonifica e gli oneri sulle imprese al fine di migliorare la competitività economica. La prima modifica riguarda i punti vendita ubicati nei Siti di interesse nazionale (SIN) ed è volta ad unificare le competenze per i procedimenti di bonifica per la rete carburanti in capo alle Regioni, i cui tempi di conclusione del procedimento amministrativo di bonifica possono essere molto più rapidi che non nei Siti di interesse nazionale, in ragione della complessità di quest'ultimi. Infatti, la gestione dei 57 Siti di interesse nazionale è molto complessa e la procedura conseguente risulta troppo articolata per questa specifica tipologia di siti di ridotte dimensioni, a cui sono state dedicate anche procedure semplificate nelle linee guida tecniche di analisi di rischio predisposte da ISPRA (appendice V, giugno 2009).

Il comma 5 aggiunge l’articolo 57-bis al decreto “semplificazioni” in materia di verifiche periodiche delle attrezzature a pressione. Tali verifiche comportano la fermata degli impianti, e pertanto la norma punta a coordinare la calendarizzazione delle verifiche con le esigenze di continuità operativa e produttiva, in particolare per gli impianti di produzione a ciclo continuo (ad esempio le raffinerie) e per la fornitura di servizi essenziali. La disciplina attualmente applicata per le verifiche periodiche di riqualificazione dell'integrità (con cadenza decennale) e del funzionamento (con cadenza biennale) delle attrezzature a pressione è costituita D.M. 329/2004.

Più in particolare, il comma 1del nuovo articolo 57-bis prevede che non si applichino agli impianti di produzione a ciclo continuo nonché a quelli per la fornitura di servizi essenziali le periodicità di cui alle Tabelle A e B del citato D.M. 329/2004, che riportano le frequenze della riqualificazione periodica delle attrezzature a pressione (ad esempio: tubazioni per gas, recipienti contenenti gas compressi, liquefatti e disciolti o vapori, bombole per apparecchi respiratori, estintori portatili).

Tali impianti sono monitorati in continuo e ricadono nel campo di applicazione dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 334/1999, ovvero il loro gestore è tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.

Sotto la responsabilità dell’utilizzatore deve essere accertata, da un organismo notificato per la direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione, la sostenibilità della diversa periodicità in relazione alla situazione esistente presso l’impianto. Sulla base dell’accertamento potrà essere utilizzata una periodicità incrementale non superiore ad anni 3 rispetto a quelle previste per legge. La documentazione di accertamento deve essere conservata dall’utilizzatore per essere presentata, a richiesta, agli Enti preposti alle verifiche periodiche di sicurezza espletate dai competenti organi territoriali.

Con il comma 2del nuovo articolo 57-bis si prevede che per le infrastrutture e insediamenti strategici, per gli impianti a ciclo continuo e per quelli che rivestono carattere di pubblica utilità o servizio essenziale, in presenza di difetti che possono pregiudicare la continuità di esercizio di un'attrezzatura, a giudizio e sotto la responsabilità dell’utilizzatore, possono essere effettuati interventi temporanei di riparazione, anche con attrezzatura in esercizio, finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e garantire il contenimento delle eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio fino alla data di scadenza naturale della verifica periodica successiva alla temporanea riparazione.

Tali temporanee riparazioni sono effettuate secondo le specifiche tecniche previste ai sensi dall’articolo 3 del presente D.M. n.329/2004, o norme tecniche internazionali riconosciute.

Si ricorda che il citato articolo 3 prevede che, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico le specifiche tecniche concernenti l'esercizio delle attrezzature e degli insiemi di cui sono elaborate in collaborazione con l'ISPESL e con l'Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI), tenendo conto delle normative emanate dal Comitato europeo di normazione, sentite le associazioni di categoria interessate, e successivamente approvate dal MiSE di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il comma 6 assoggetta l’importazione di prodotti petroliferi finiti liquidi da Paesi non appartenenti all’Unione Europea, a partire dal 2012, ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentita l’Agenzia delle Dogane.

Tale autorizzazione è rilasciata sulla base di criteri determinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, nel quale sono individuati i requisiti minimi per l’ottenimento dell’autorizzazione, tenendo anche conto dell’aderenza dell’impianto estero di produzione dei prodotti petroliferi oggetto di importazione alle prescrizioni ambientali, di salute dei lavoratori e di sicurezza, previste dalla disciplina comunitaria per gli impianti produttivi ubicati all’interno della Comunità.

La norma ha la duplice finalità di evitare

  • le distorsioni di mercato tra prodotti petroliferi prodotti in stabilimento ubicati all'interno dell'Unione europea, soggetti a severe normative ambientali e di sicurezza, rispetto a prodotti petroliferi raffinati in impianti che non sono soggetti a tali normative e quindi con costi di produzione sensibilmente minori;
  • il peggioramento delle condizioni ambientali complessive attraverso la delocalizzazione delle raffinerie in paesi extraeuropei che hanno vincoli ambientali minori.

Il comma 7 dispone un intervento di semplificazione amministrativa per le pensiline di carico di benzina su autobotti all'interno di depositi petroliferi che siano già adeguate alle prescrizioni in materia del Codice ambientale.

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