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Temi dell'attività Parlamentare

Detenzione domiciliare e messa alla prova

La Camera dei deputati, il 4 dicembre 2012, ha approvato il disegno di legge A.C. 5019-bis, che contiene una delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. Il provvedimento, trasmesso al Senato (A.S. 3596), ha interrotto l'iter per la fine della legislatura.

Il disegno di legge - frutto dello stralcio dal più ampio A.C. 5019 delle disposizioni concernenti la depenalizzazione - disciplinava, con riguardo a reati puniti con sanzione detentiva fino a quattro anni, la possibilità di applicare la pena detentiva presso l’abitazione e di estinguere il reato in caso di esito positivo della messa alla prova dell’imputato con attività lavorativa di utilità sociale. Prevedeva inoltre la sospensione del procedimento nei confronti degli imputati irreperibili.

Il contenuto del disegno di legge A.S. 3596

Il disegno di legge AS 3596, d’iniziativa del Governo, approvato dalla Camera dei deputati il 4 dicembre 2012, si compone di 14 articoli.

Delega al Governo per le pene detentive non carcerarie

Il Capo I comprendente il solo articolo 1, delega il Governo a disciplinare pene detentive non carcerarie, da scontare presso l’abitazione o altro luogo di cura e assistenza (il domicilio). La delega dovrà essere esercitata sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi (comma 1):

  • la detenzione domiciliare diventa la pena detentiva principale per i delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni (l’unica eccezione riguarda il delitto di atti persecutori, c.d. stalking, di cui all’art. 612-bis c.p.). La detenzione domiciliare - nella misura minima di 15 gg. e massima di 4 anni - può essere applicata anche per fasce orarie o giorni della settimana;
  • gli arresti domiciliari diventano la pena detentiva principale per tutte le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto (indipendentemente, quindi, dall’entità) anche per fasce orarie o per giorni della settimana. La misura minima della pena detentiva non carceraria è di 5 gg. e quella massima di 3 anni;
  • il giudice potrà prescrivere particolari modalità di controllo, esercitate anche attraverso mezzi elettronici o altri strumenti tecnici;
  • le misure detentive non carcerarie non potranno essere applicate ai delinquenti abituali (art.102 e 103 c.p.), ai contravventori abituali (art. 104 c.p.), ai delinquenti e contravventori professionali (art. 105 c.p.) e ai delinquenti per tendenza (art. 108 c.p.);
  • il giudice – nel corso dell’esecuzione della pena - potrà sostituire le indicate pene detentive non carcerarie con la reclusione o l'arresto, sia nel caso di indisponibilità di un'abitazione o altro domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato sia per esigenze di tutela della persona offesa;
  • ai fini dell’applicazione del beneficio si applicano i criteri di cui all’art. 278 c.p.p.;
  • l'allontanamento non autorizzato del condannato dal domicilio equivale ad evasione;
  • la nuova disciplina dovrà essere coordinata con quella sulle misure alternative alla detenzione e con quella sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi.

I restanti commi dell’art. 1 disciplinano il procedimento per l’esercizio della delega, il cui termine è fissato in 8 mesi (ulteriori 18 mesi per i decreti legislativi correttivi e integrativi), e prevedono che l’attuazione della riforma non debba comportare oneri finanziari.

Sospensione del procedimento con messa alla prova

Il Capo II (artt. da 2 a 6) introduce nell’ordinamento l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.

Scopo della nuova disciplina – ispirata alla probation di origine anglosassone – è quello di estendere l’istituto, tipico del processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a reati di minor gravità. Si tratta, come nel processo minorile, di una probation giudiziale in cui, cioè, la messa alla prova non presuppone la pronuncia di una sentenza di condanna. Ciononostante, anche qui, pur in assenza di una espressa previsione, sembra evidente che presupposto per l’applicazione della misura sia il previo accertamento – pur provvisorio e sommario - della sussistenza del reato e della responsabilità dell’imputato.

L’articolo 2 modifica il codice penale per introdurre specifiche disposizioni relative alla messa alla prova, sistematicamente inserita tra le cause estintive del reato. Sono, a tal fine, aggiunti al capo I del titolo IV del libro I del codice penale tre nuovi articoli.

Il nuovo art. 168-bis áncora, anzitutto, la sospensione del processo con messa alla prova alla richiesta dell’imputato. La messa alla prova, possibile solo in caso di reati puniti con pena pecuniaria ovvero con reclusione fino a 4 anni, sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria, consiste sia nel lavoro di pubblica utilità che in condotte riparatorie, volte all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato (comma 1). La norma precisa che il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettività (durata minima 30 giorni, anche non continuativi) da svolgere presso Stato, Regione, Provincia, Comune od Onlus. Sebbene l’impegno lavorativo giornaliero (fino ad un massimo di 8 ore) non debba pregiudicare le esigenze di studio, lavoro famiglia e salute dell’imputato, possono, dal giudice, essere imposte ulteriori prescrizioni di fare o non fare (sempre modificabili nel corso della prova) relative ai rapporti col servizio sociale o sanitario, all’eliminazione delle conseguenze del danno, a misure limitative delle libertà personali (di dimora, di movimento, di frequentare determinati locali) (commi 2 e 3). Il comma 4 dell’art. 168-bis precisa che la sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere concessa più di una volta (una seconda concessione è possibile solo per reati commessi anteriormente al primo provvedimento di sospensione).

L’art. 168-ter, analogamente al processo minorile, prevede la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di sospensione del processo con messa alla prova; dall’inapplicabilità del primo comma dell’art. 161 deriva che la sospensione della prescrizione non si estende ai concorrenti nel reato (comma 1). Al termine della messa alla prova, se il comportamento dell’imputato è valutato positivamente, il giudice dichiara l’estinzione del reato, restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie (comma 2).

L’art. 168-quater indica come motivo di revoca della messa alla prova la grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte dal giudice.

L’articolo 3 del provvedimento introduce nel Libro VI del codice di procedura penale il titolo V-bis (Della sospensione del procedimento con messa alla prova) che detta le disposizioni processuali relative all’istituto (artt. da 464-bis a 464-novies).

Il nuovo art. 464-bis conferma che la messa alla prova è richiesta dall’imputato (oralmente o in forma scritta) personalmente o a mezzo procuratore speciale.

In virtù del rinvio all’art. 583, comma 3, la sottoscrizione della richiesta dell’imputato va autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. La richiesta può essere avanzata nei seguenti termini:

  • al termine della discussione in udienza preliminare o nell’ulteriore udienza fissata per l’integrazione delle indagini, fino alla formulazione delle conclusioni (art. 421 e 422);
  • fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel rito direttissimo e nel procedimento con citazione diretta a giudizio;
  • nel giudizio immediato, entro 15 gg. dalla notifica del relativo decreto;
  • nel procedimento per decreto, unitamente all’atto di opposizione.

Alla richiesta di messa alla prova va allegato un programma di trattamento che l’imputato elabora con gli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), i cui contenuti minimi sono individuati dall’art. 464-bis nelle modalità di coinvolgimento dell’imputato nel processo di reinserimento sociale (e, se necessario, del suo nucleo familiare); nelle condotte che intendono promuovere la conciliazione con l’offeso dal reato; nelle prescrizioni che accompagnano il lavoro di pubblica utilità e gli impegni assunti dall’imputato per la riparazione e l’attenuazione del danno prodotto alla persona offesa (restituzione, risarcimenti, condotte riparatorie). Nei reati ambientali e in quelli previsti dalla normativa sulla circolazione stradale e sugli infortuni sul lavoro, tali impegni sono condizione di ammissibilità della domanda di messa alla prova. Elementi valutativi ai fini della concessione della messa alla prova possono essere acquisiti dal giudice tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti (contesto familiare e socio economico dell’imputato) e debbono essere comunicate tempestivamente al PM ed al difensore dell’imputato.

Il successivo art. 464-ter detta disposizioni relative alla richiesta di messa alla prova nel corso delle indagini preliminari. In tale fase, il pubblico ministero, informato dal GIP della richiesta dell’indagato, deve esprimere entro 5 giorni il suo consenso. Se il PM è d’accordo, deve esprimere per iscritto il consenso, formulando l’imputazione; in tal caso, il giudice decide con ordinanza sulla messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater (vedi ultra). Se invece il PM dissente dalla richiesta di sospensione con messa alla prova, deve enunciarne le ragioni; in tale ipotesi, l’indagato può avanzare una nuova richiesta entro il termine di apertura del dibattimento di primo grado ed il giudice, se la ritiene fondata, può provvedere disponendo la messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater.

L’art. 464-quater riguarda il provvedimento del giudice sulla richiesta di messa alla prova e gli effetti della pronuncia. Nella stessa udienza in cui è avanzata la richiesta da parte dell’imputato (o in apposita udienza camerale) - se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ex art 129 c.p.p. per mancanza di una causa di punibilità - il giudice, sentite le parti e la persona offesa decide con ordinanza. La concessione della messa alla prova da parte del giudice deriva della valutazione favorevole su due elementi: l’idoneità del programma di trattamento presentato e la previsione che l’imputato non commetterà altri reati. Il programma trattamentale presentato con la domanda - già contenente prescrizioni ed obblighi per l’imputato - può essere integrato dal giudice con ulteriori obblighi e misure, su cui è, tuttavia, necessario il consenso dell’imputato. lL procedimento è sospeso per un periodo massimo di 2 anni ((reati puniti con pena detentiva, sola, congiunta o alternativa a quella peciuniaria) o 1 anno (reati puniti con sola pena pecuniaria). Avverso l’ordinanza è ammesso ricorso per cassazione da parte dell’imputato e del PM ma l’impugnazione non sospende il procedimento.

L’art. 464-quinquies precisa che l’ordinanza di sospensione del procedimento stabilisce i termini di adempimento delle prescrizioni e degli obblighi a carico dell’imputato (sempre modificabili); il giudice può anche autorizzare il pagamento rateale del risarcimento eventualmente dovuto alla persona offesa e con il suo consenso. L’ordinanza è trasmessa agli uffici di esecuzione penale esterna che prendono in carico l’imputato per la messa alla prova.

L’art. 464-sexies prevede che il giudice, a richiesta di parte, durante la sospensione del procedimento, possa svolgere attività probatoria che possa condurre al proscioglimento dell’imputato.

L’art. 464-septies stabilisce che, acquisita la relazione finale degli uffici, il giudice, all’esito positivo della prova, dichiara estinto il reato con sentenza. Se, al contrario, la prova ha esito negativo, adotta ordinanza di prosecuzione del procedimento.

L’art. 464-opties è relativo alla possibile revoca dell’ordinanza di messa alla prova, disposta d’ufficio dal giudice all’esito di apposita udienza. La revoca è ricorribile per cassazione per violazione di legge. Una volta definitiva l’ordinanza di revoca, il procedimento a carico dell’imputato riprende il suo corso.

L’art. 464-novies prevede che sia in caso di esito negativo della prova che di revoca della misura, questa non è più proponibile.

La disposizione in commento aggiunge inoltre nel codice di rito l’art. 657-bis che, in caso di prova negativa o di una sua revoca, detrae dalla pena da eseguire il periodo di messa alla prova: 3 gg. di prova sono equiparati a un giorno di reclusione-arresto ovvero a € 250 di multa-ammenda.

L’articolo 4 del provvedimento novella le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale inserendovi l’art. 191-bis relativo alle attività di pertinenza degli uffici di esecuzione penale esterna. Agli UEPE compete la redazione del programma di trattamento a richiesta dell’imputato, la trasmissione dello stesso al giudice, la sorveglianza sulla messa alla prova, l’informazione al giudice sul suo andamento e l’indicazione su prescrizioni ulteriori da applicare, la proposta di abbreviazione o, in caso di gravi violazione, di revoca della messa alla prova.

L’articolo 5 novella l’art. 3 del TU sul casellario giudiziario (DPR 313/2002) aggiungendo tra i provvedimenti da iscrivere per estratto l’ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova.

L’articolo 6 stabilisce, in relazione all’introduzione della messa alla prova, l’adeguamento (entro 90 gg.) della pianta organica degli uffici di esecuzione penale esterna.

Procedimento nei confronti degli irreperibili

Il Capo III disciplina il procedimento nei confronti degli irreperibili. Si ricorda che il diritto a presenziare al procedimento penale a proprio carico è consustanziale al diritto di difesa, presupposto indefettibile del giusto processo garantito dall’art. 111 della Costituzione e che la disciplina nazionale del processo in contumacia è stata fatta oggetto di frequenti censure da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sottolineato come l’art. 6 della Convenzione affermi il diritto dell’imputato ad essere presente al proprio processo (cfr. Sejdovic c. Italia; Somogy c. Italia; Colozza c. Italia; Cat Berro c. Italia; Kollcaku c. Italia; Pititto c. Italia).

L’articolo 7 novella le disposizioni del codice di procedura penale in tema di udienza preliminare eliminando ogni riferimento alla contumacia e prevedendo che il giudice possa procedere in assenza dall’imputato se questi (art. 420-bis c.p.p.):

  • ha espressamente rinunciato ad assistere all’udienza;
  • ha dichiarato o eletto domicilio ovvero è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero ha nominato un difensore di fiducia, ha ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza, ovvero risulta con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

Ferma la disciplina dell’impedimento a comparire (art. 420-ter c.p.p.), che non viene novellata, il disegno di legge sostituisce l’art. 420-quater, disciplinandovi la sospensione del processo per assenza dell’imputato (viene meno ogni riferimento alla contumacia). Se non ricorrono le ipotesi dell’art. 420-bis né quelle dell’art. 420-ter, a fronte dell’assenza dell’imputato il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Se questo non è possibile, e non sussistono cause di non punibilità da poter dichiarare immediatamente, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione comporta la separazione del processo nei confronti dei coimputati (art. 18, co. 1, lett. b) mentre non si sospende l’eventuale processo civile per il risarcimento del danno. Durante la sospensione il giudice potrà acquisire, a richiesta di parte, le prove non rinviabili.

La novella dell’art. 420-quinquies è volta a disciplinare le nuove ricerche dell'imputato e la revoca della sospensione del processo. La disposizione prevede che trascorso un anno dall’ordinanza di sospensione del processo, e ad ogni successiva scadenza annuale, il giudice possa disporre nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. L’ordinanza di sospensione sarà revocata e sarà fissata una nuova udienza preliminare se le ricerche hanno avuto esito positivo ovvero se l’imputato ha dato ragioni per sostenere che abbia effettiva conoscenza del procedimento (es. ha nominato un difensore di fiducia).

L’articolo 8 novella le disposizioni del codice di procedura penale in tema di dibattimento eliminando ogni riferimento alla contumacia. L’intervento sull’art. 489 c.p.p. è volto a disciplinare l’ipotesi in cui l’imputato contro il quale si è proceduto in assenza nell'udienza preliminare intervenga in dibattimento e chieda di rendere dichiarazioni spontanee. Se l’imputato prova che l’assenza era dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, potrà ottenere una rimessione in termini per accedere al giudizio abbreviato o al patteggiamento.

L’articolo 9 interviene invece sulla disciplina delle impugnazioni, ancora una volta per sopprimere ogni richiamo all’istituto della contumacia (artt. 585 e 603, co. 4) e per:

  • prevedere che, se si è proceduto in assenza dell’imputato in carenza dei presupposti previsti dal codice ovvero quando questi non aveva avuto incolpevolmente conoscenza della celebrazione del processo di primo grado, il giudice d’appello deve dichiarare la nullità della sentenza e disporre il rinvio degli atti al giudice di primo grado (art. 604 c.p.p.);
  • prevedere che analogamente debba procedere la Corte di Cassazione (art. 623 c.p.p.);
  • introdurre l’art. 625-ter, dedicato alla rescissione del giudicato. La disposizione prevede che il condannato con sentenza definitiva nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. Viene conseguentemente disciplinata la procedura da seguire.

L’articolo 10 interviene sul codice penale prevedendo che la sospensione del processo a carico dell’irreperibile comporti una sospensione del corso della prescrizione. La durata della sospensione non può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere.

L’articolo 11 attribuisce il potere regolamentare ai Ministri della giustizia e dell’Interno affinché siano disciplinate, le modalità e i termini secondo i quali devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato.

L’articolo 12 introduce l’art. 143-bis nelle norme di attuazione del codice di procedura penale dettando gli adempimenti conseguenti alla sospensione del processo per assenza dell’imputato. In particolare, sono indicati gli obblighi di trasmissione alla polizia giudiziaria degli atti introduttivi del giudizio in assenza dell’imputato, ai fini del loro inserimento nel CED del Ministero dell’interno.

L’articolo 13 novella il TU sul casellario giudiziario (D.P.R. 313/2002) aggiungendo, all’art. 3, tra i provvedimenti da iscrivere per estratto quelli di sospensione del processo per assenza dell’imputato e, all’art. 5, tra le iscrizioni da eliminare, lo stesso provvedimento di sospensione, ove revocato.