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Temi dell'attività Parlamentare

Il c.d. "processo breve" (A.C. 3137)

Nel corso della XVI legislatura Senato e Camera hanno a lungo esaminato una proposta di iniziativa parlamentare che introduceva misure contro la durata indeterminata dei processi (A.S. 1880). Approvato in prima lettura al Senato, il provvedimento - che prevedeva l'estinzione del processo penale a seguito dell'inutile decorso di "termini di fase" stabiliti per ciascun grado del giudizio (da qui il termine giornalistico "processo breve") - è stato ampiamente modificato dalla Camera, tornando all'esame del Senato dove, nell'ottobre 2011, l'iter si è interrotto.

Il testo approvato dal Senato (A.C. 3137)

Nel gennaio del 2010, dopo un esame particolarmente celere in Commissione, il Senato approva il disegno di legge di iniziativa parlamentare (Sen. Gasparri) recante misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi e lo trasmette alla Camera (A.C. 3137). Il provvedimento è dichiaratamente volto a dare attuazione all’art. 111 Cost. (che, al secondo comma, prevede che la legge assicuri la ragionevole durata del processo) e all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (che, al par. 1, enuncia il medesimo principio). In particolare, il provvedimento (rispetto al quale aveva sollevato incisive critiche il Consiglio superiore della Magistratura, nel parere del 14 dicembre 2009):

  •  novellava la legge 89/2001 (cd. legge Pinto), che disciplina le procedure di equo indennizzo nel caso di violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, prevedendo che la domanda di equa riparazione fosse subordinata a una specifica istanza di sollecitazione nell’ambito del giudizio in cui si assumeva essersi verificato il mancato rispetto del termine ragionevole. Il provvedimento conteneva una presunzione legale di non irragionevole durata dei processi nei quali ciascun grado di giudizio si fosse protratto per un periodo non superiore a 2 anni (il dies a quodi tale termine veniva individuato, nel processo penale, nella data di assunzione della qualità di imputato; negli altri procedimenti nella data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio o nella data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di citazione; il termine finale coincide con la pubblicazione della sentenza che definisce il grado di giudizio);
  • introduceva nel codice di procedura penale l’art. 531-bis, che prevedeva l'estinzione del processo penale in caso di violazione dei termini di durta massima. In particolare, il giudice doveva dichiarare di non doversi procedere quando fossero decorsi termini specificamente indicati, con riferimento a ciascun grado del processo penale, senza che il medesimo grado non fosse stato definito. I “termini di fase” si applicavano ai processi relativi a qualsiasi reato ed erano diversamente articolati in funzione della gravità del reato e, quindi della pena comminata, secondo il seguente schema:

 

 

Pena pecuniaria o pena detentiva inferiore nel massimo a 10 anni

pena detentiva pari o superiore nel massimo a 10 anni di reclusione

Reati previsti dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p.(*)

Giudizio di I grado

Tre anni

Quattro anni

Cinque anni

Giudizio d’appello

Due anni

Due anni

Tre anni

Giudizio di Cassazione

Un anno e sei mesi

Un anno e sei mesi

Due anni

Gradi ulteriori

(nel caso di annullamento con rinvio)

Un anno

Un anno

Un anno e sei mesi

 (*) Con facoltà per il giudice di prorogare tali termini fino ad un terzo nei casi di particolare complessità del processo o di numero elevato di imputati.

Il dies a quo del termine per ciascuna fase del processo era individuato secondo il seguente schema:

Fase

Dies a quo

Primo grado

Emissione del provvedimento con cui il P.M. ha esercitato l’azione penale formulando l’imputazione ai sensi dell’art. 405 c.p.p.

Appello

Pronuncia della sentenza di primo grado

Cassazione

Pronuncia della sentenza di appello

Gradi ulteriori

Sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato il provvedimento con rinvio.

Il proposto art. 531-bis dettava ulteriori disposizioni che prevedevano: il limite temporale di tre mesi dal termine delle indagini preliminari entro il quale il P.M. doveva assumere le proprie determinazioni in ordine all’azione penale; il limite di tre mesi all’aumento dei termini nel caso di modifica dell'imputazione ai sensi degli artt. 516, 517 e 518 c.p.p.; i casi di sospensione del decorso dei termini; la ricorribilità per cassazione per violazione di legge nei confronti della sentenza di non luogo a procedere; la rinunciabilità della prescrizione processuale; l’applicabilità del principio del ne bis in idem alla sentenza irrevocabile di non luogo a procedere; disposizioni volte ad assicurare una rapida trattazione dell’eventuale azione trasferita in sede civile.

Il provvedimento stabiliva l’inapplicabilità del nuovo art. 531-bis ai processi in corso e precisava che i processi in corso in primo grado relativi ai reati commessi fino al 2 maggio 2006, puniti con pena pecuniaria o con pena detentiva, inferiore nel massimo a dieci anni di reclusione, diversi da quelli rientranti nelle esclusioni previste dalla legge sull’indulto, dovessero estinguersi quando non è stato definito il giudizio di primo grado nei confronti dell’imputato e sono decorsi più di due anni (o due anni e tre mesi nel caso di nuove contestazioni) dal provvedimento con cui il P.M. ha esercitato l’azione penale.

Il testo approvato dalla Camera (A.S. 1880-B)

Il provvedimento è stato trasmesso alla Camera nel gennaio 2010 per essere assegnato alla Commissione Giustizia che, sul principio della ragionevole durata del processo, contemplato dall'articolo 111 della Costituzione e dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ha condotto una specifica indagine conoscitiva, nell'ambito della quale ha svolto una serie di audizioni di rappresentanti della magistratura, dell’avvocatura, della Corte europea dei diritti dell’uomo, di professori universitari. L'attività conoscitiva si è concentrata in particolare sull'impatto del meccanismo di prescrizione processuale previsto dal testo approvato dal Senato e sulla norma transitoria.

In esito all'istruttoria svolta, la Commissione ha approvato una serie di modifiche al testo che sono state confermate dall'Assemblea della Camera nella seduta del 13 aprile 2011, comportando una nuova trasmissione dell'atto all'altro ramo del Parlamento (A.S.1880-B).

Il testo approvato dalla Camera conferma l'operatività dei "termini di fase" per ciascun grado del giudizio, diversamente articolati in funzione della gravità del reato (per i reati puniti con pena inferiore a dieci anni: tre anni per il primo grado; due anni per l'appello; un anno e sei mesi in fase di Cassazione; un anno per ogni ulteriore grado del processo nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione. Per i reati puniti con pena superiore: rispettivamente, quattro anni, due anni e un anno e sei mesi e un anno. Per reati di particolare allarme sociale, tra i quali quelli di mafia e terrorismo: cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi). Tali termini possono essere prolungati con decreto del giudice procedente qualora necessario in ragione del numero degli imputati, dalla complessità dell'imputazione e degli accertamenti istruttori.

All'inutile decorso di tali termini, tuttavia, il testo della Camera ricollega non l'estinzione del processo, bensì una comunicazione da parte del capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura. Ai fini dell'invio della comunicazione, il capo dell'ufficio giudiziario valuta la sufficienza delle dotazioni organiche complessivamente attribuite all'ufficio, nonché i carichi di lavoro gravanti sulla sezione, sul collegio o sul magistrato cui è assegnato il procedimento.

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