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dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

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Temi dell'attività Parlamentare

Cronologia della crisi georgiana

Nel corso del vertice NATO di Bucarest (2-4 aprile 2008), gli Stati dell'Alleanza atlantica respingono temporaneamente la candidatura di Georgia e Ucraina al Membership Action Plan, primo passo in vista dell'ingresso nell'Alleanza. Tuttavia il Segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer annuncia l'avvio di un dialogo ad alto livello per affrontare le questioni ancora aperte, sottolineando il forte impegno da parte dell'Alleanza affinché il procedimento di adesione vada a buon fine.

Il 16 aprile un comunicato del Ministero degli Esteri russo rende noto che il Presidente uscente Vladimir Putin ha dato istruzione ai suoi ministri e ad altre agenzie statali di stabilire "relazioni ufficiali" con le controparti delle regioni secessioniste georgiane d'Abkhazia e Ossezia del Sud. Il portavoce del Ministero degli Esteri russo, Mikhail Kamynin, fa sapere che la Federazione Russa non intende entrare in conflitto con la Georgia, quanto piuttosto "di prendersi cura degli interessi delle popolazioni dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, inclusi i cittadini russi che vivono lì". Il Segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, e l'Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, Javier Solana, esprimono profonda preoccupazione per l'iniziativa di Mosca. Lo stesso giorno, il portavoce del Dipartimento di Stato USA, Sean Mc Cormack, ribadisce il fermo sostegno di Washington all'integrità e sovranità territoriale georgiana. In un discorso al Consiglio dei Ministri il successivo 17 aprile, il Presidente georgiano Mikhail Saakashvili definisce "una provocazione" l'ordine impartito da Putin.

Il 20 aprile la Georgia annuncia che un caccia Mig-29 russo ha abbattuto un proprio aeroplano radiocomandato che volava sopra il territorio dell'Abkhazia. La Russia nega il proprio coinvolgimento ma un'inchiesta ONU confermerà la versione georgiana dell'accaduto. Il 29 aprile la Russia invia truppe in Abkhazia per contrastare un ipotetico attacco georgiano.

Il 21 maggio si svolgono in Georgia le elezioni politiche. Il Movimento nazionale, il partito del Presidente Saakashvili, raggiunge il 59% dei voti superando largamente la maggioranza parlamentare di due terzi, necessaria per emendare la Costituzione. L'opposizione contesta i risultati ufficiali e non mancano segnalazioni di criticità nel procedimento elettorale da parte degli osservatori dell’OSCE.

 

A partire dalla metà di giugno, intanto, aumentano le tensioni in Ossezia del Sud e in Abkhazia. Mosca definisce un "atto di aggressione" gli attacchi ad alcuni villaggi e alla città di Tskhinvali, capoluogo dell'Ossezia meridionale, da parte delle truppe georgiane. Secondo le fonti di Mosca, sarebbero state le forze georgiane ad iniziare le ostilità, mentre Tbilisi respinge categoricamente l'accusa. Il giorno 8 luglio caccia russi sorvolano l’Ossezia meridionale all'interno dello spazio aereo georgiano.

Il 10 luglio il segretario di Stato americano Rice, in visita a Tbilisi, esprime pieno sostegno alla Georgia nel far fronte alle tendenze separatiste in Abkhazia e nell'Ossezia del Sud.

Ai primi di agosto la crisi georgiana precipita. Il 1° agosto cominciano intensi scontri tra le forze georgiane e quelle dell'Ossezia del Sud. Il 3 inizia l'evacuazione dei civili osseti verso la Russia. Il 5 l'ambasciatore di Mosca, Yuri Popov, avverte Tbilisi che la Russia interverrà in caso di esplosione di un conflitto.

Il 6 agosto truppe georgiane entrano in Ossezia del Sud.

Il 7 agosto il presidente georgiano Saakashvili offre un cessate il fuoco: a seguito del fallimento di tale proposta le truppe georgiane attaccano la capitale sudosseta Tskhinvali. Il giorno successivo, l’8 agosto, la Russia invia altre forze in Georgia per respingere tali attacchi. Il Presidente russo Medvedev dichiara che difenderà i compatrioti russi.

Il 9 agosto le forze russe lancianoraidaerei e via terra in territorio georgiano mentre il Parlamento di Tbilisi approva un decreto presidenziale che dichiara lo stato di guerra. Il 10 agosto la Georgia dichiara il cessate il fuoco unilaterale. La Presidenza francese, a nome dell'Unione europea, avvia la mediazione per la fine delle ostilità e il Ministro degli esteri francese Kouchner arriva a Tbilisi per avviare il dialogo.

L'11 agosto il G-7, il gruppo dei sette Paesi più industrializzati, chiede alla Russia un cessate il fuoco immediato.

Il 12 agosto il Presidente russo Medvedev ordina la fine dei combattimenti perché "l'aggressore è stato punito e ha riportato perdite cospicue". La Russia annuncia inoltre che le sue truppe manterranno le posizioni raggiunte in Georgia. La Georgia dichiara di aver bisogno di una prova maggiore dell'interruzione delle ostilità da parte della Russia e che resterà pronta per qualunque nuovo attacco. Poco dopo aver annunciato la fine delle operazioni, Medvedev incontra il Presidente francese Sarkozy, giunto a Mosca in veste di mediatore. Lo stesso giorno si riunisce, in sessione straordinaria, il Consiglio NATO, che esprime forte preoccupazione per la crisi in Georgia, condanna l'uso sproporzionato della forza da parte russa e sostiene la sovranità e l'integrità territoriale della Georgia. La NATO conferma l'appoggio all'azione dell'OSCE e dell'Unione europea finalizzata alla cessazione immediata delle violenze e al raggiungimento di una soluzione politica della controversia.

Il 13 agosto i Ministri degli esteri dell'Unione europea riuniti a Bruxelles esprimono pieno sostegno ai tentativi della Francia, in qualità di Paese che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea, di trovare una soluzione al conflitto fra Russia e Georgia. Viene inoltre dato il via libera all'invio eventuale di osservatori UE sul posto. Il piano di pace europeo si articola in sei punti: impegno a non ricorrere alla forza per la soluzione della controversia in Georgia; cessazione immediata dei combattimenti; via libera all'arrivo di aiuti umanitari; rientro delle forze armate georgiane nelle caserme; ritiro delle forze russe nelle posizioni che ricoprivano prima della guerra; apertura di un dibattito internazionale sullo status di Abkhazia e Ossezia del Sud. Lo stesso 13 agosto, il presidente americano George W. Bush annuncia una missione umanitaria, coordinata dal Pentagono con mezzi aerei e navali, per aiutare le zone della Georgia disastrate dagli attacchi russi e chiede il pieno rispetto, da parte della Russia, del cessate il fuoco.

Il 14 agosto l'UE si dichiara disposta ad effettuare un'azione di monitoraggio ed il Ministro degli esteri Frattini annuncia la disponibilità ad ospitare una Conferenza di pace a Roma.

Il piano di pace viene sottoscritto prima dalla Georgia (15 agosto), indi dalla Russia (16 agosto). Con il viaggio del Segretario di Stato Rice a Tbilisi, gli Stati Uniti confermano l'appoggio all'integrità territoriale georgiana. All'indomani della firma russa dell'accordo, Mosca non inizia ancora le operazioni di ritiro delle truppe. Il Presidente americano Bush invita di nuovo la Russia a rispettare gli accordi e il Presidente Medvedev assicura Sarkozy che il ritiro russo avrà inizio alle 12 del 18 agosto. Intanto il cancelliere tedesco Merkel, in visita a Tbilisi per sostenere il piano di pace, sancisce il sostegno della Germania, precedentemente contraria, all'ingresso della Georgia nella NATO.

Per tutta la giornata del 18 agosto le notizie circa il ritiro rimangono contraddittorie: mentre Mosca lo conferma ufficialmente, Tbilisi nega che le truppe russe stiano effettivamente lasciando il territorio georgiano. Il Presidente Medvedev, confermando la fine dell'azione militare, dichiara che in ogni caso la Russia punirà ogni azione condotta contro cittadini russi. Da parte sua, Saakashvili, in un appello televisivo, si dice pronto al dialogo ma solo dopo il completamento del ritiro russo, condizione indispensabile per la ripresa di trattative, confermando comunque la volontà di mantenere l'integrità territoriale della Georgia. Lo stesso giorno desta ulteriori polemiche la notizia, riportata dal New York Times che cita fonti dell'intelligence statunitense, del dispiegamento in Ossezia del Sud di missili tattici in grado di raggiungere Tbilisi. La notizia, smentita dai russi, verrà confermata da fonti non identificate del Pentagono. I vertici militari russi, intanto, confermano la permanenza di navi militari nel Mar Nero in prossimità del confine georgiano e la presa di possesso di un centrale idroelettrica a Ingoeti, vicino al confine osseto. Gli stessi vertici militari russi ammettono che è difficile fissare un momento preciso per l'inizio del ritiro. Lo stesso 18 agosto, a Vienna, si riuniscono i Paesi membri dell'OSCE per valutare l'avvio di una missione ampliata a cento membri. Il ministro Frattini, durante un colloquio con il Presidente di turno dell’OSCE, il ministro degli Esteri finnico, Alexander Stubb, sottolinea la piena adesione dell'Italia al progetto, offrendo subito un contributo di dieci unità. Nonostante la aperture del ministro russo Lavrov a tale ipotesi, prima di dare il suo assenso all'ampliamento della missione dell’OSCE, la Russia chiede che vengano precisati alcuni aspetti quali la nazionalità dei nuovi osservatori, il luogo del loro dispiegamento e il loro mandato. A seguito di ulteriori mediazioni, la Russia acconsente ad un ampliamento immediato della missione a venti osservatori. Successivamente (21 agosto) il Presidente di turno dell’OSCE, Stubb, si reca in missione in Georgia per una verifica sul campo della situazione umanitaria e politica. Sempre il 18 agosto un comunicato del Ministero degli esteri russo rende noto che la Russia chiederà che una risoluzione delle Nazioni Unite sancisca il piano europeo. Prende inoltre l'avvio una missione del Consiglio d'Europa per la verifica sul campo del rispetto degli impegni presi da parte dei due contendenti.

Il 19 agosto si svolge una riunione dei Ministri degli esteri dei Paesi membri della NATO per decidere la linea politica dell'Alleanza in relazione alla crisi nel Caucaso. Di nuovo la NATO esprime profonda preoccupazione per la situazione in Georgia ed afferma che l'azione russa ha profondamente modificato il quadro delle relazioni NATO-Russia che non potranno più proseguire come prima. Secondo il documento finale NATO, l'azione militare della Russia è sproporzionata e non conforme alle finalità di mantenimento della pace che tale azione dovrebbe raggiungere. La NATO quindi richiama con forza la Russia al rispetto del piano di pace. Il documento NATO esprime poi grande preoccupazione per la situazione umanitaria, condanna le perdite civili e le distruzioni alle infrastrutture provocate dalle azioni militari e richiama tutte le parti a fare in modo che i soccorsi raggiungano le popolazioni colpite, in conformità con gli obblighi assunti dal diritto umanitario internazionale. La NATO, si afferma, agisce di concerto con l'OSCE per valutare le questioni chiave relative alla situazione georgiana. Viene inoltre confermata la piena collaborazione con la Georgia e la volontà di continuare il dialogo con essa anche in vista della sua adesione all'Alleanza. Le reazioni di parte russa alle posizioni NATO sono estremamente critiche. Secondo Mosca, infatti, è venuto a mancare l'equilibrio e l'obiettività nella valutazione della crisi che erano state richieste dalla Russia alla vigilia del vertice. In relazione ai tempi del ritiro, il ministro degli esteri Lavrov ha annunciato che si completerà in tre o quattro giorni, sempre tenendo conto del rispetto degli impegni assunti da parte del governo georgiano. Commentando il documento NATO, infine, lo stesso Lavrov ha confermato che la Russia non ha intenzione di annettere alcun territorio.

Alle Nazioni Unite, il 20 agosto, una prima bozza di risoluzione per l'attuazione del piano di pace, proposta dalla Francia a nome dell'Unione europea, non viene messa ai voti a causa dell'opposizione della Russia. Il punto contestato da Mosca attiene all'apertura dei negoziati sullo status futuro della Georgia: secondo l'ambasciatore russo all'ONU, Vitaly Ciurkin, il testo proposto dalla Francia non rispecchierebbe quanto sottoscritto da Medvedev, in quanto non si farebbe menzione proprio del paragrafo riguardante l'avvio dei negoziati sul futuro dello Stato caucasico. Tale punto dell'accordo non sarebbe stato inoltre sottoscritto dal presidente georgiano Saakashvili. Lo stesso 20 agosto, mentre il Parlamento della repubblica secessionista georgiana dell'Abkhazia approva l'appello indirizzato dal presidente Serghei Bagapsh alla Russia per il riconoscimento dell’indipendenza, il presidente del Consiglio della federazione russa, Mironov, dichiara che il ramo del Parlamento da lui presieduto è pronto a riconoscere l'indipendenza delle regioni separatiste in caso queste lo chiedessero e ci fosse un pronunciamento favorevole da parte del Presidente Medvedev. In un comunicato i ministri delle finanze dei sette maggiori paesi industrializzati (G-7) affermano di essere pronti ad aiutare la Georgia per sostenerne la ricostruzione economica.

La mattina del 21 agosto il portavoce del Ministero della difesa russo annuncia l'inizio del ritiro delle truppe russe da Gori ma i rapporti NATO-Russia conoscono un ulteriore peggioramento anche a causa della firma dell'accordo USA-Polonia per lo scudo missilistico. Mosca continua a criticare fortemente l'Alleanza atlantica e ritira il proprio ambasciatore presso la NATO. I vertici militari russi annunciano ulteriori rallentamenti nella ritirata. Si svolgono manifestazioni in Abkhazia ed Ossezia favorevoli al riconoscimento dell'indipendenza.

L'annuncio da parte del Governo russo del completamento del ritiro, la sera del 22 agosto, viene accolto con scetticismo dagli interlocutori occidentali. Bush e Sarkozy parlano apertamente di mancato rispetto dei punti del piano di pace da parte di Mosca. Il Parlamento georgiano, su richiesta del presidente Saakashvili, proroga lo stato di guerra. Il presidente francese Nicolas Sarkozy convoca per il primo settembre, nella sua qualità di presidente di turno dell'Unione europea e su richiesta di numerosi Stati membri, un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei 27, dedicato alla crisi nel Caucaso.

Il 25 agosto il Parlamento russo si riunisce per discutere sullo status futuro di Ossezia del Sud e Abkhazia ed approva una risoluzione favorevole al riconoscimento dell'indipendenza delle due regioni secessioniste. Il 26 agosto Medvedev rende noto che la Russia riconosce l'indipendenza dei due nuovi Stati. L'annuncio, che arriva durante l'intervento del Ministro degli esteri Frattini presso le Commissioni Affari esteri di Senato e Camera, provoca numerosissime critiche da parte della comunità internazionale. Saakashvili parla di annessione da parte della Russia.

Il 1° settembre si svolge a Bruxelles il Consiglio europeo straordinario sulla situazione in Georgia. Nelle conclusioni del Consiglio si esprime la profonda preoccupazione per la crisi georgiana e si condanna fermamente il riconoscimento unilaterale dell'indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia. Il Consiglio esorta poi le parti ad attuare in maniera completa l'accordo sottoscritto scaturito dalla mediazione europea, dichiarando inoltre urgente la predisposizione del meccanismo di supervisione, previsto dal quinto punto dell'accordo e a cui l'Unione è pronta a partecipare, "per sostituire le ulteriori misure di sicurezza russe nella zona adiacente all'Ossezia del Sud". Viene inoltre sottolineata l'urgenza dell'avvio dei colloqui sullostatusfuturo dei territori oggetto della contesa. L'Unione europea si dichiara quindi pronta a impegnarsi sul terreno, rafforzando la missione OSCE e predisponendo una missione di osservatori europei che dovrà essere avviata a partire dal 15 settembre, in coordinamento con l’OSCE stessa e con le Nazioni Unite. L'Unione ribadisce poi di voler continuare e potenziare la cooperazione con "i vicini orientali", incrementando la politica di vicinato e istituendo nuovi strumenti di partenariato. In tale quadro il Consiglio decide di nominare un Rappresentante speciale UE per la soluzione della crisi, il diplomatico francese Pierre Morel. Si richiama poi la necessità di intensificare gli sforzi diretti ad assicurare la continuità degli approvvigionamenti energetici, invitando il Consiglio, in collaborazione con la Commissione, ad adottare tutti gli strumenti necessari a tal fine, in particolare per quanto riguarda le rotte di approvvigionamento e la diversificazione delle fonti. Il punto 10 delle Conclusioni afferma che "la crisi georgiana pone le relazioni fra l’UE e la Russia di fronte a un bivio", rimarcando al contempo che non vi sia alternativa reale "ad una relazione forte, fondata sulla cooperazione, la fiducia e il dialogo, sul rispetto dello Stato di diritto e dei principi riconosciuti dalla Carta delle Nazioni Unite e dall'OSCE", ed esortando la Russia a ritornare sulla strada del dialogo e del partenariato. Il Consiglio incarica quindi il suo Presidente di proseguire la mediazione per l'applicazione del piano di pace e annuncia una nuova missione a Mosca per l’8 settembre. Viene inoltre decisa la sospensione delle riunioni di negoziato sull'accordo di partenariato finché le truppe non si saranno ritirate sulle posizioni antecedenti al 7 agosto.

Il 4 settembre il Vicepresidente degli Stati Uniti, Cheney, si reca a Tbilisi e rinnova l'appoggio americano alla Georgia e alla sua integrità territoriale.

Il 6 settembre si svolge ad Avignone un consiglio informale dei ministri degli esteri della UE, che raggiungono un accordo politico sull'invio di una missione europea che dovrebbe essere approvata ufficialmente dal Consiglio dei ministri degli esteri del 15 settembre e dovrebbe avere inizio entro la fine del mese. La missione europea si svolgerà parallelamente a quella OSCE, avrà anche compiti di polizia civile e consisterà nel dispiegamento di 150/200 osservatori che opereranno prima in territorio georgiano e poi nella zona di sicurezza temporanea tra la Georgia ed il confine amministrativo dell'Ossezia del Sud. I Ministri mettono anche a punto un pacchetto di aiuti che prevede l'erogazione di 500 milioni di euro per tre anni (fino al 2010) "su progetto".

L'8 settembre il Presidente Sarkozy si reca di nuovo a Mosca. La Russia accetta di ritirare i militari dal territorio georgiano (quindi, stante il riconoscimento russo, non da Ossezia del Sud e Abkhazia) entro un mese. L'impegno di Medvedev viene salutato dal Presidente della Georgia come un importante passo avanti. Il giorno successivo, 9 settembre, Medvedev rende nota l'intenzione di installare basi russe, con 7.600 uomini, nelle due regioni contese. Lo stesso giorno il Vicepresidente americano Cheney incontra il Presidente del Consiglio Berlusconi a Roma.

Il 10 settembre, però, è giornata che vede riacutizzarsi le tensioni: smentendo quanto annunciato dopo l'ultimo colloquio Medvedev-Sarkozy, Mosca dichiara l'infondatezza del documento firmato a Tbilisi relativo all'invio di una missione UE. Inoltre, in relazione alla questione dello scudo antimissile, il Cremlino fa sapere che punterà missili sullo scudo installato in Polonia e Repubblica Ceca. Tbilisi denuncia il permanere della presenza russa e segnala un incidente in cui ha perso la vita un poliziotto georgiano in seguito a colpi sparati da una postazione russa.

Il 15 settembre i ministri degli esteri dell'UE adottano l'azione comune ed "il concetto operativo" necessari per permettere alle istanze del Consiglio di preparare l'invio di 200 osservatori europei, soprattutto funzionari di polizia, prima del 1° ottobre. L'obiettivo della missione civile PESD è di garantire il rispetto integrale dell'accordo in sei punti firmato dalla Russia e dalla Georgia il 12 agosto scorso e dell'accordo concluso tra la delegazione europea e il presidente russo, Dimitri Medvedev, l'8 settembre a Mosca. Lo stesso giorno si svolge a Tbilisi la prima riunione del Consiglio NATO-Georgia a livello dei plenipotenziari dei Paesi dell'Alleanza atlantica. Sebbene la riunione fosse stata programmata già da tempo, la Russia ne aveva chiesto il rinvio.

Il clima tra Georgia e Russia non accenna a distendersi, tanto più che i georgiani consegnano alle autorità occidentali alcune registrazioni telefoniche che proverebbero movimenti di truppe russe verso la capitale sud-osseta già precedentemente all’attacco georgiano contro la stessa. Da Mosca si ribatte tuttavia essersi trattato di normali avvicendamenti di peacekeeper, che però, rilancia Tbilisi, avrebbero dovuto essere preannunciati almeno un mese prima. La questione è centrale, poiché se la Georgia avesse ragione, potrebbe rovesciare sui russi l’accusa di avere scatenato il conflitto.

Il 16 settembre il Segretario generale della NATO, in visita in Georgia, ribadisce con assoluta determinazione la disponibilità ad accogliere i Paesi caucasici nell’Alleanza, definendo inaccettabile qualunque ingerenza di Stati terzi al proposito. La stampa russa, naturalmente, ha criticato con asprezza la presa di posizione di Jaap de Hoop Scheffer. Il giorno successivo la Russia opera un salto di qualità nella questione georgiana, quando al Cremlino vengono firmati accordi con i rappresentanti sud-osseti e abkhazi, tra i quali figurano anche impegni russi alla difesa delle due entità, mediante l’allocazione – già preannunciata il 9 settembre - di basi militari e contingenti di truppe per un totale di 7.600 uomini. Altre intese hanno preparato il quadro di una sempre maggiore integrazione, attraverso l’unificazione nei campi delle risorse energetiche, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Per la Georgia, tali misure configurano un’annessionede factodelle due regioni caucasiche da parte della Russia.

I Ministri della difesa, dell'interno e della salute georgiani forniscono alcune stime sulle vittime georgiane degli scontri di agosto: 188 civili durante le incursioni aeree russe e 168 militari. In precedenza alcuni mezzi di informazione russi, citando fonti di intelligence, avevano parlato di quasi tremila morti nell'esercito georgiano.

Il 20 settembre il Consiglio dei ministri italiano approva il decreto-legge che consente la partecipazione di 40 osservatori italiani alla missione della UE in Georgia per il monitoraggio degli accordi russo-georgiani, e in particolare del ritiro russo - entro il 10 ottobre - dalle “zone cuscinetto” occupate in agosto; nonché la presenza italiana alla Conferenza dei donatori per la Georgia, prevista nella seconda metà di ottobre.

Continuano frattanto gli episodi che alimentano le tensioni sul campo, come la dichiarazione da parte del Governo georgiano, smentita da Mosca, dell'abbattimento di un aereo da ricognizione russo senza pilota che stava sorvolando un oleodotto nei pressi di Gori (23 settembre). A Tshkinvali esplode un pacco bomba: nell'attentato si registra una vittima e diversi feriti (25 settembre).

Nei giorni dal 25 al 29 settembre si svolge una missione del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammaberg, in Ossezia meridionale per valutare sul campo la situazione in relazione alla sicurezza delle popolazioni e al rispetto dei diritti umani.

Come previsto, il 1° ottobre è iniziato il dispiegamento della missione UE di monitoraggio, nonostante qualche iniziale ostacolo frapposto dai russi. Tuttavia due giorni dopo la tensione è cresciuta di nuovo improvvisamente quando un'autobomba ha ucciso settepeacekeeperdelle forze di Mosca nella capitale della regione separatista sud-osseta. Alle accuse prontamente indirizzate contro Tbilisi da parte del presidente dell’Ossezia del sud, Kokoity, la Georgia ha ribattuto negando ogni coinvolgimento ed alludendo invece ad una provocazione orchestrata dai russi. Il 5 ottobre, comunque, gli osservatori dell'Unione europea hanno riferito sullo smantellamento di un primo posto di blocco russo nella zona cuscinetto, nonché su preparativi in corso per il ritiro da un'altra località nelle vicinanze dell’Abkhazia. L’8 ottobre è stato constatato il completamento, in anticipo sulla scadenza, del ritiro delle truppe russe dalle zone cuscinetto, le quali sono passate a tutti gli effetti sotto il controllo degli osservatori europei: i russi hanno avvertito i componenti della missione europea che attribuiranno a Bruxelles la responsabilità di qualunque azione ostile promossa dal territorio georgiano. Occorre d'altronde segnalare che secondo i georgiani il ritiro russo non è stato completo, in quanto non ha incluso il distretto di Akhalgori, una cintura di villaggi a maggioranza georgiana situati proprio in prossimità della capitale sud-osseta. La questione sembra riflettere diversi punti di vista tra russi e georgiani, per i quali ultimi l'accordo di pace negoziato dalla presidenza francese della UE includerebbe il ritiro anche da Akhalgori, laddove per i russi le condizioni pattuite sarebbero soddisfatte con il semplice rientro delle truppe di Mosca nei confini dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia. Analoghe rimostranze la Georgia ha presentato nei confronti della permanenza russa nell’area di Kodory, facente parte dell’Abkhazia ma a maggioranza di popolazione georgiana.

Nella stessa giornata dell'8 ottobre la Georgia si è spinta fino a chiedere la costituzione di una commissione d’inchiesta internazionale, che dovrà indagare su tutti gli aspetti del conflitto in maniera imparziale. In relazione a ciò, in risposta ad alcune dichiarazioni rese nei giorni precedenti agli organi di stampa dal Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, l'Ambasciata di Tbilisi a Roma ribadisce nettamente l'addebito di aver dato origine al conflitto.

Il 15 ottobre la riunione negoziale di Ginevra, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, della UE e dell’OSCE, è immediatamente fallita, insabbiandosi sulla querelle procedurale in merito allo status dei rappresentanti dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale intervenuti al vertice: il Presidente di turno dell’OSCE ha però espresso ottimismo sulle prospettive dei colloqui, la cui continuazione è prevista il 18 novembre.

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 16 ottobre segna un’affermazione della corrente più critica nei riguardi delle posizioni russe (Polonia, Svezia, Paesi baltici e Gran Bretagna): nel documento finale si chiede infatti il ritiro russo dalle “zone cuscinetto” intorno all'Ossezia del sud e l'Abkhazia e si afferma che i Ventisette si impegnano a riavviare i colloqui con Mosca per il nuovo accordo di partenariato e collaborazione soltanto dopo avere acquisito le risultanze del rapporto della Commissione europea sullo stato delle relazioni tra Unione europea e Russia.

Il giorno successivo, il 17 ottobre, l’Assemblea parlamentare dell’Unione russo-bielorussa, nel corso della sua 34ma sessione di lavori, prende la decisione, dal chiaro impatto simbolico, di assegnare lo statusdi "osservatori permanenti" ai delegati dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Nella stessa prospettiva, Il presidente russo Dmitri Medvedev ha chiesto ai deputati della Duma di ratificare urgentemente i trattati di amicizia e cooperazione sottoscritti con le due repubbliche secessioniste georgiane di Abkhazia e Ossezia del sud, sottolineandone l’importanza politica.

Aumentano, nel frattempo, le accuse reciproche di violazioni del cessate il fuoco: il 18 ottobre le autorità della repubblica separatista dell'Ossezia meridionale denunciano un attacco da parte di forze georgiane contro un villaggio vicino al confine: secondo fonti locali, il villaggio di Nikozi sarebbe stato bersagliato da tiri di armi automatiche, che comunque non hanno provocato vittime. Tbilisi sostiene invece che a sparare, ma in aria, siano stati dei soldati russi ubriachi. Lo stesso giorno il cacciatorpediniere americanoUSS Barryarriva nel porto georgiano di Poti per una missione di tre giorni: la rappresentanza americana a Tbilisi precisato in proposito che si tratta di una missione di routine, secondo una consuetudine iniziata nel 2001.

Il 22 ottobre si svolge a Bruxelles, per iniziativa della Commissione europea e della Banca mondiale, la conferenza dei donatori per la Georgia, con l’obiettivo della conferenza è quello di raccogliere i fondi necessari per la ricostruzione delle infrastrutture e il reinserimento degli sfollati e rilanciare la ricostruzione del paese colpito dal conflitto di agosto con la Russia. Secondo una valutazione sui costi della ricostruzione post-bellica effettuato, su richiesta del governo di Tbilisi, dalle Nazioni unite e dalla Banca mondiale è necessario uno stanziamento di 2,38 miliardi di euro fino al 2011. Le stime indicano una richiesta di reperire 669 milioni di euro entro la metà del 2009 per le esigenze immediate e altri 965 milioni di euro per il 2010 per una prima ricostruzione delle infrastrutture, come la rete energetica.

L’andamento della conferenza ha fatto registrare un permanente interesse della Comunità internazionale per la situazione della Georgia, a favore della quale è stato previsto nel prossimo triennio un impegno complessivo di 3,45 miliardi di euro. In particolare, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la BEI e la BERS hanno stanziato complessivamente 1,285 miliardi di euro, mentre il Governo statunitense ha messo a disposizione per lo stesso periodo un miliardo di dollari. La Commissione europea aveva già messo a disposizione un importo massimo di 500 milioni di euro. Rilevante anche il contributo del Giappone (l’equivalente di 151 milioni di euro), mentre tra i Paesi membri della UE spiccano la Svezia (40,3 milioni), la Germania (33,7 milioni) e la Norvegia (30 milioni). Meno rilevante il contributo francese (7,5 milioni) – mentre va sottolineato lo sforzo della Polonia, che ha assicurato 3,3 milioni di euro. L’Italia ha stanziato per il solo 2008 2,8 milioni, cui vanno aggiunti 2,2 milioni destinati a finanziare la missione di osservatori UE in Georgia. Infine, il Regno Unito ha stanziato 2,5 milioni per il 2008 – più 1,5 milioni per la missione di osservatori UE -, e la Spagna un milione di euro per il solo 2008.

Mentre la tensione sul terreno è rimasta elevata, con reciproche accuse di provocazioni e violazioni della tregua, anche dopo il dispiegamento della missione UE nelle fasce di sicurezza prospicienti i territori delle due repubbliche separatiste di Abkhazia e Ossezia meridionale – e anzi sia i georgiani che i separatisti abkhazi e osseti hanno denunciato la sostanziale passività degli osservatori UE; nella politica interna georgiana non hanno tardato a manifestarsi tensioni in ragione della difficile situazione del Paese. Dopo neanche un anno dall’insediamento, infatti, è stato destituito dal Presidente Saakashvili ilpremierGurgenidze, sostituito Grigorl Mgaloblishvili: nei piani di Saakashvili vi sarebbe anche un rimpasto in alcuni ministeri chiave come gli Esteri e la Difesa. L’operazione ha destato le vibrate proteste della ex presidente del Parlamento, Nino’ Burdzhanadze, secondo la quale la risposta di Saakashvili alla crisi ingenerata dalla guerra di agosto è consistita in un giro di vite autoritario, con lo svuotamento dei poteri parlamentari e la subordinazione di magistratura e media alle direttive dell’esecutivo. Nel richiedere una verifica democratica attraverso elezioni politiche anticipate, la Burdzhanadze ha invitato la UE a non erogare gli aiuti decisi nella conferenza del 22 ottobre, se non dopo il ripristino di un clima politico più democratico. La Burdzhanadze emerge nello schieramento di opposizione con particolare rilievo, soprattutto in vista della fondazione del nuovo partito del “Movimento democratico-Georgia unita”.

Il 7 novembre l’opposizione ha manifestato pacificamente a Tbilisi attorno ai palazzi istituzionali – nell’anniversario della dura repressione delle dimostrazioni del novembre 2007 -, chiedendo con forza le dimissioni – taluni esponenti si sono spinti alla richiesta di impeachment - di Saakashvili e la fissazione di elezioni anticipate nella primavera 2009.

Sul piano internazionale, lo stesso Presidente georgiano si è recato a Parigi (13 novembre) alla vigilia del Vertice UE-Russia, ove ha perorato la causa dell’integrità territoriale georgiana, contro i rischi di prevalenza tra i Paesi membri della UE di un approccio di Realpolitik nei confronti di Mosca. Al di là delle formali assicurazioni ricevute dal Presidente Nicolas Sarkozy, anche come presidente di turno della UE; rimane il nodo di una diversa interpretazione del Piano di pace dello scorso settembre, le cui clausole – secondo l’Europa – i russi avrebbero sostanzialmente adempiuto, mentre per Tbilisi gli accordi includevano lo sgombero russo anche dalle due repubbliche separatiste, che invece Mosca ha poi addirittura riconosciuto quali entità indipendenti, dislocandovi ingenti truppe in base ad accordi bilaterali.