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Il quantitativo globale assegnato all'Italia

I quantitativi di produzione lattiera assegnati ai produttori nazionali provengono dal riparto del “Quantitativo Globale Garantito” attribuito all’Italia dalla Comunità, e più volte oggetto di revisione.

Nonostante la Comunità europea avesse stabilito che, per l'assegnazione dei quantitativi globali garantiti nazionali, occorreva far riferimento alla produzione lattiera del 1981, l'Italia si vide riconosciuta la possibilità di prendere come parametro la produzione realizzata nel 1983, dal momento che quella del 1981 si era attestata su livelli particolarmente bassi. Non disponendo di alcuna rilevazione diretta peraltro, la quota assegnata all'Italia si basò sul dato fornito dall'Istat e si attestò su 9 milioni di tonnellate; tale assegnazione non è mai stata ritenuta dall'Italia adeguata al consumo interno né corrispondente al dato reale di produzione del 1983.

A seguito di un negoziato in ambito europeo, l'Italia riuscì ad ottenere un incremento della quota di 900 mila tonnellate, corrispondente ad un aumento del 10% del quantitativo precedentemente assegnato, la cui effettiva assegnazione veniva concessa, però, solo nel 1994, una volta pubblicati la legge n. 468/1992 ed il regolamento di attuazione, D.P.R. n. 569/93.

Nell’assegnare le quota individuale ai produttori, la legge 468 scelse di distinguere il quantitativo produttivo in due quote: una quota A determinata sulla base della produzione dichiarata nell'anno di riferimento 1988-1989, ed una quota B pari all'eventuale incremento produttivo realizzato dall’azienda nella campagna 1991-1992. Tale criterio rispondeva alla necessità di soddisfare le due esigenze, in parte contrapposte, di assegnare le quote in modo da non superare il quantitativo di latte attribuito complessivamente all'Italia, nel contempo rispettare la struttura produttiva esistente al momento dell'entrata in vigore della legge, sensibilmente variata. Eventuali eccedenze produttive annuali sarebbero state sanate attraverso la riduzione della quota B o attraverso la promozione di piani di abbandono volontari.

Il D.L. n. 727/94 ha effettivamente disposto la riduzione della quota B del 74%, consentendo il recupero di un milione di tonnellate di prodotto, ma conservando la produzione lattiera nelle aree montane e svantaggiate, come richiesto dalla stessa legge n. 468 (art. 2 co. 8).

Nel 1998, a seguito di numerosi accertamenti effettuati, alcune quote produttive erano state annullate o revocate e fatte affluire nella riserva nazionale; con il D.L. n. 43/99, art. 1 co. 21, tali quote furono assegnate alle regioni in misura proporzionale ai quantitativi individuali di riferimento allocati presso ciascuna di esse, e non, come proposto inizialmente dal Governo, sulla base dell'effettiva produzione realizzata in ciascun ambito territoriale.

Infine, la conclusione del negoziato di Agenda 2000 nel marzo del 1999 (con il reg. n. 1256/99), ha portato all'Italia un aumento della quota nazionale per un importo pari a 600.000 tonnellate, all’apparenza creando così le premesse per la definitiva risoluzione dell'annosa questione dell'esubero della produzione lattiera nel nostro Paese, che si era attestato nelle ultime campagne su un valore pari a circa 500.000 tonnellate. Con il D.L. n. 8/2000 si è proceduto quindi ad una ripartizione tra le regioni della prima tranche del nuovo quantitativo assegnato, stabilendo che almeno il 20 per cento della quota addizionale venisse riservato ai giovani agricoltori.

Una revisione del quantitativo nazionale si verifica nel 2008 in conseguenza di un incremento generale della produzione lattiera dell’area comunitaria deciso in sede europea; l'ncremento produttivo verrà ripartito tra le aziende della zootecnia da latte secondo i nuovi criteri stabiliti con il D.L. n. 5/09 (che ha introdotto l’art. 10-bis nel D.L. n. 49/2003).
La quota acquisita dall’Italia è conseguente:
-      al Regolamento (CE) n. 248/2008, che ha attribuito a tutti gli Stati membri un incremento del 2% della quota nazionale;
-      al regolamento (CE) n. 72/2009 che - recependo l’accordo politico definito il 20 novembre 2008 in sede di Consiglio dei Ministri dell’U.E. sulla cd. verifica dello stato di salute (health check) della Politica agricola comune - ha accordato all'Italia una maggiorazione del 5% del quantitativo in unica soluzione nel 2009-2010, anziché – come per gli altri stati membri – spalmato su cinque campagne lattiere.
La maggiore quota da ripartire è stata pari complessivamente a 758.482 tonnellate, delle quali 210.601 derivanti dal Regolamento n. 248/2008 e 547.881 conseguenti all’accordo del 20 novembre 2008.

Le quote produttive oggi possedute dai produttori vanno considerate in modo unitario, costituite definitivamente dalla somma delle precedenti quote A e B (art. 2 del D.L. n. 49/03); resta invece ferma la distinzione tra consegne e vendite dirette.
Per le prime si intende la produzione che viene conferita ad un acquirente (dedito al semplice trattamento o alla trasformazione lattiera in prodotti derivati), mentre le seconde fanno riferimento alla produzione che viene venduta direttamente al consumatore. Il regolamento (CE) n. 1234/2007 regola con l'art. 80 il prelievo sulle eccedenze nei quantitativi consegnati da ciascun produttore, mentre il prelievo sulle eccedenze per le vendite dirette è disciplinato dall'art. 83 che stabilisce che non si tenga conto in tal caso delle correzioni connesse al tenore di grassi presenti nel latte.