Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||
Titolo: | Disposizioni per accelerare la definizione delle pratiche di condono edilizio al fine di contribuire alla ripresa economica - A.C. 2436 - Elementi per l'istruttoria legislativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 362 | ||
Data: | 29/06/2010 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
29 giugno 2010 |
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362/0 |
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Disposizioni per accelerare la definizione delle pratiche di condono edilizio al fine di contribuire alla ripresa economica A.C. 2436 Elementi per l’istruttoria legislativa |
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Numero del progetto di legge |
2436 |
Titolo |
Disposizioni per accelerare la definizione delle pratiche di condono edilizio al fine di contribuire alla ripresa economica |
Iniziativa |
Parlamentare |
Numero di articoli |
1 |
Date: |
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presentazione alla Camera |
13 maggio 2009 |
assegnazione |
17 giugno 2009 |
Commissione competente |
VIII Commissione (Ambiente) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I, II, V, VII e Questioni regionali |
La proposta di legge in commento, composta da un articolo unico, è volta a fissare un termine entro il quale gli enti preposti dovranno definire le pratiche ancora giacenti relative ai tre condoni edilizi introdotti nel nostro ordinamento, anche al fine di contribuire alla ripresa economica.
La relazione illustrativa sottolinea, infatti, come la definizione di tali pratiche consentirebbe da in lato, agli enti locali di poter contare su nuovi introiti derivanti dalla chiusura delle pratiche di condono e, dall’altro, anche un rilancio del settore edilizio attraverso la realizzazione di opere di manutenzione su tali immobili possibili unicamente previo rilascio delle autorizzazioni in sanatoria.
Si ricorda al riguardo che il comma 41 dell’art. 32 del decreto legge n. 326/2003 (cd. terzo condono edilizio), al fine di incentivare la definizione delle domande di sanatoria presentate (ma anche di quelle relative ai condoni precedenti del 1985 e del 1994) destina il 50 per cento delle somme riscosse a titolo di conguaglio dell'oblazione direttamente al comune interessato. Con successivo DM del 18 febbraio 2005sono state stabilite le modalità di applicazione della citata disposizione.
Il comma 1 fissa, pertanto, un termine di sei mesi entro il quale i comuni e le soprintendenze per i beni architettonici e per il paesaggio dovranno definire le pratiche di condono edilizio ancoragiacenti epresentate ai sensi delleleggi n. 47 del 1985, n. 724 del 1994 e del decreto-legge n. 269 del 2003.
La relazione illustrativa sottolinea, infatti, come a causa di ostacoli burocratici giacciano presso i comuni numerose istanze di condono edilizio che non sono state esaminate.
La norma sembra pertanto non fare differenza tra le procedure relative ai beni vincolati e a quelli non vincolati.
Si ricorda che, per quanto riguarda la sanatoria di beni vincolati, le norme applicabili sono quelle recate dall’art. 32, comma 27, lettera d), del decreto legge n. 269/2003 (cd. terzo condono edilizio) che escludono dalla sanatoria le opere realizzate su immobili vincolati non conformi agli strumenti urbanistici, con alcune eccezioni derivanti dalla lettura congiunta dell’alinea del citato comma 27 e del successivo comma 43 che ha sostituito l’art. 32 della legge n. 47/1985 relativo alla sanatoria di opere eseguite su immobili vincolati.
Il comma 27 reca, infatti, nell’alinea,
una clausola che fa salvo quanto
disposto dall’art. 32 della legge n. 47/1985 che disciplina la sanatoria
delle opere costruite su aree sottoposte a vincolo. Pertanto viene ammessa la sanatoria anche di opere eseguite su immobili vincolati sia pure con una nuova procedura del silenzio-rifiuto, introdotta, come già
detto, dal comma 43 che ha novellato l'art. 32 della legge n.
Solo entro questi limiti varrebbe quindi l’esclusione dalla sanatoria delle opere prive o difformi dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (lettera d) del comma 27), oltre che per tutti i casi di vincoli comportanti l’inedificabilità (di cui all’art. 33 della legge n. 47 del 1985)[1].
Il novellato art. 32 prevede quindi che, fatte salve le fattispecie previste dall’art. 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili vincolati è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. Qualora tale parere non venga formulato entro 180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto.
Il comma 4 precisa, inoltre, che il motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
Ai sensi del comma 28 del citato art. 32 del decreto legge 269/2003 i termini sopra indicati di 180 giorni decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto legge 269; il predetto parere doveva essere pertanto reso entro il 2 aprile 2004.
Per quanto attiene ai beni non vincolati, si ricorda invece che il primo condono edilizio (art. 35 della legge 47/1985) prevedeva che la domanda di autorizzazione in sanatoria dovesse essere presentata al comune interessato entro il termine perentorio del 30 giugno 1987. Esse si intendeva quindi accolta decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla sua presentazione (entro il 30 giugno 1989), previo pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento.
In relazione al secondo condono edilizio (art. 39 della legge 724/1994) la domanda di autorizzazione in sanatoria, con la prova del pagamento dell'oblazione, doveva essere presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 1995. Decorso un anno (1 gennaio 1996) e due anni (1 gennaio 1997) per i comuni con più di 500.000 abitanti dalla data di entrata in vigore della legge (1 gennaio 1995) la mancata adozione di un provvedimento negativo del comune equivaleva a autorizzazione edilizia in sanatoria, previo il pagamento degli oneri concessori e della documentazione di denuncia al catasto (comma 4), vale a dire una sorta di silenzio-assenso.
Nel terzo condono
edilizio (art. 32 del decreto legge 269/2003), anche con riferimento alle
opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato, la domanda relativa
alla definizione dell'illecito edilizio doveva essere presentata al comune tra l'11 novembre 2004 e il 10 dicembre
2004 ed entro il 31 ottobre 2005 doveva essere effettuato il pagamento
degli oneri di concessione e presentata la prevista documentazione. Decorsi ventiquattro mesi da tale data,
ovvero entro il 31 ottobre 2007, la mancata
adozione di un provvedimento negativo del comune equivaleva a titolo
abilitativo edilizio in sanatoria(comma
37), anche in tal caso una sorta di silenzio-assenso.
Successivamente,
Poiché tutti i termini sopra citati sono oramai scaduti, la norma prevede sostanzialmente una riapertura dei termini per lo svolgimento delle procedure amministrative connesse ai diversi condoni.
Il comma 2 dispone che, ferma restando la disciplina vigente in materia, il rigetto dell'istanza di condono presentata ai sensi del comma 1 deve essere motivato in relazione all'assoluta e insuperabile incompatibilità con il contesto paesistico-ambientale vincolato.
Tale
disposizione - che circoscrive di fatto la discrezionalità del comune rispetto
alla possibilità di rigetto dell’istanza di condono - andrebbe valutata alla
luce delle sentenze della Corte costituzionale in materia di condono, con cui
Il comma 3 prevede il potere sostitutivo dell’amministrazione competente, qualora il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio non esprima il proprio parere entro il termine di sei mesi previsto dal comma 1.
L’amministrazione potrà, infatti, adottare il provvedimento con specifica motivazione in relazione alla compatibilità o all'incompatibilità dell'immobile oggetto dell'istanza di condono con il contesto paesistico-ambientale vincolato.
Pertanto la norma sembrerebbe superare la disciplina introdotta dal novellato art. 32 della legge n. 47/1985 prevedendo che il silenzio dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo, qualora siano decorsi i sei mesi previsti dal comma 1 del decreto in esame, non comporti il diniego dell’autorizzazione stessa, in quanto spetterà all’amministrazione competente negare o autorizzare la sanatoria, con specifica motivazione.
In
proposito si segnala che l’esclusione del ricorso al meccanismo del silenzio
assenso per i procedimenti concernenti i beni culturali e paesaggistici e
l’ambiente è formalmente sancita dall'art. 20, comma 4, della legge 241 del
1990. Al riguardo si ricorda inoltre che con la sentenza n. 404 del 1997
Il comma 4 mira a responsabilizzare l’amministrazione competente al rilascio del titolo abilitativo, prevedendo che la mancata adozione del provvedimento motivato di definizione delle pratiche di condono sia valutata ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato.
Si segnala che analoghe disposizioni volte a responsabilizzare il dirigente pubblico sono contenute nel decreto legge n. 78 del 2010 (art. 49, comma 2, lettera d)) - in corso di conversione al Senato – con riferimento alla partecipazione alla conferenza dei serviziovvero alla ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento.
Viene fatto salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dal ritardo della pronuncia dell'amministrazione, indipendentemente dalla spettanza o meno del diritto al condono.
Le eventuali controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La pdl è corredata della relazione illustrativa.
La pdl in esame si configura come modifica non testuale a disposizioni di legge, sostanzialmente modificando i termini di scadenza per il rilascio della concessione in sanatoria.
Le leggi 47/1985 e 724/1994 e il decreto-legge 269/2003, infatti, avevano individuato termini specifici per lo svolgimento delle procedure amministrative connesse ai diversi condoni, recando anche una procedura di silenzio-rifiuto, oramai scaduta. La proposta in esame si configura quindi come una riapertura di termini.
Il provvedimento è riconducibile alla materia “governo del territorio”, assegnata dal terzo comma dell’art. 117 Cost. alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni, che ricomprende anche l’urbanistica e l’edilizia, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale (cfr. le sentenze n. 303 e n. 362 del 2003, n. 196 del 2004 e n. 343 del 2005; ai sensi delle quali “la materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare i principî fondamentali ricavabili dalla legislazione statale”. Rileva, inoltre, la materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, assegnata dall’articolo 117, secondo comma, lettera s) Cost. alla competenza esclusiva dello Stato nel cui ambito rientra la tutela del paesaggio.
Si ricorda che
La giurisprudenza della Corte ha considerato ogni condono edilizio, che incide – come si è ripetutamente sottolineato – sulla sanzionabilità penale e sulla stessa certezza del diritto, nonché sulla tutela di valori essenziali come il paesaggio e l’equilibrato sviluppo del territorio, solo come un istituto “a carattere contingente e del tutto eccezionale” (in tale senso, ad esempio, sentenze n. 427 del 1995 e n. 416 del 1995), ammissibile solo “negli stretti limiti consentiti dal sistema costituzionale” (sentenza n. 369 del 1988), dovendo in altre parole “trovare giustificazione in un principio di ragionevolezza” (sentenza n. 427 del 1995).
Pertanto
Conseguentemente,
Più recentemente, con la sentenza
n. 196 del 2004 (avente ad oggetto il condono di cui all’art. 32 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269)
In conclusione, la sentenza n.
Con la sentenza n. 54 del 2009,
Dipartimento Ambiente ( 9253 - *st_ambiente@camera.it
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze
di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei
parlamentari.
Am0149a
[1] L’art. 33 reca i cd. "vincoli di inedificabilità assoluta", ossia i casi in cui le norme vietano di edificare in determinate aree mentre l'art. 32 riguarda i vincoli, previsti da leggi speciali e quindi tipici, consistenti nella sottoposizione di determinate aree ad una "tutela" di alcuni interessi generali (paesaggistico, idrico, idrogeologico, storico, ecc) che si esercita, tra l'altro, col subordinare l'esecuzione di opere edilizie all'autorizzazione dell'autorità preposta alla cura dell'interesse generale considerato, la quale valuta se l'opera contrasti o meno con quell'interesse. Mentre i "vincoli" di cui all'art. 33 impediscono l’applicazione della sanatoria (sempre che siano stati imposti prima dell'esecuzione dell'opera abusiva) per i vincoli di cui all'art. 32 la sanatoria è subordinata al parere favorevole (che, per l'opera già eseguita, sostituisce il provvedimento autorizzatorio) dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo sia stato imposto prima o dopo l'esecuzione dell'opera abusiva.
[2] La
tutela di un fondamentale valore costituzionale, secondo