Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Titolo: | Ratifica del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea - A.C. 1558 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la I Commissione affari costituzionali Numero: 9 | ||||
Data: | 30/07/2008 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
30 luglio 2008 n.
9
Ratifica del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europeaA.C. 1558Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale |
Numero del progetto di legge |
A.C. 1558 |
Titolo |
Ratifica ed esecuzione del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea del 26 luglio 1995, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997 |
Iniziativa |
Governo |
Iter al Senato |
Si (A.S. 858) |
Numero di articoli |
3 |
Date: |
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richiesta di parere |
30 luglio 2008 |
Commissione competente |
III Commissione (Affari esteri) |
Sede e stato dell’iter |
In corso di esame in sede referente |
Il Protocollo, firmato a Bruxelles il 19 giugno 1997, e è volto ad estendere il campo di applicazione della Convenzione tra gli Stati membri dell’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari.
Con la L. 29 settembre 2000, n. 300, il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996 e del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996.
Il Protocollo, come emerge dall’Analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge, mira a includere nelle fattispecie previste dalla Convenzione anche il riciclaggio di denaro e di prevedere la responsabilità delle persone giuridiche implicate nella criminalità organizzata, oltre che di migliorare ulteriormente la cooperazione tra Commissione europea e Stati membri nella lotta contro le frodi comunitarie.
Il Protocollo, che consta di 19 articoli,riguarda, come già accennato, la responsabilità delle persone giuridiche, la confisca e il riciclaggio di denaro nonché la cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari della CE e della protezione dei dati personali ad essi connessi.
L’articolo 1 contiene le definizioni dei termini utilizzati nel Protocollo; inparticolare i termini “frode”), “corruzione passiva” e “corruzione attiva” vengono usati hanno il medesimo significato che nella Convenzione e nel primo Protocollo.
L’articolo 2 del Protocollo richiede a ciascuno Stato di configurare il riciclaggio di denaro come illecito penale, come peraltro già attualmente avviene nel nostro Paese (articolo 648-bis e 648-ter del codice penale)
Gli articoli 3 e 4 del Protocollo - che richiedono l’affermazione della responsabilità della persona giuridica laddove delitti di frode, corruzione e riciclaggio siano commessi a suo beneficio, e la conseguente irrogazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, anche di tipo pecuniario - possono dirsi solo in parte già rispettati dal nostro ordinamento.
Il Protocollo può dirsi sul punto solo in parte già attuato perché – come detto – il decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede una responsabilità dell’ente solo relativamente ai delitti di riciclaggio e di impiego di beni di provenienza illecita (artt. 648-bis e 648-ter c.p.) e non anche per i delitti di frode e corruzione attiva, richiesti dall’articolo 3 del Protocollo.
In relazione alle previsioni contenute nell’articolo 5 in materia di sequestro e confisca, già l’ordinamento italiano prevede una disciplina, dettata dagli artt. 240 del codice penale e 253 del codice processuale penale - che nelle ipotesi di reato previste dal Protocollo - consente la confisca o il sequestro delle cose che servirono o furono destinate a compiere i delitti (instrumenta sceleris) e delle cose che ne costituiscono il prodotto o il profitto (proventa sceleris).
In relazione alla cd. confisca per equivalente o di valore, questa è già prevista per specifici reati - tra cui la corruzione (ai sensi dell’art. 322-ter c.p., introdotto dalla legge 300/2000), le truffe e le cd. frodi comunitarie (art. 640-bis c.p.) in virtù del rinvio al citato art. 322-ter operato dall’art. 640-quater c.p.). Tale misura è possibile anche in relazione al riciclaggio ma nei soli casi di reato transnazionale in cui sia coinvolta la criminalità organizzata (limite previsto dall’art. 11 della L. 146/2006 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale).
Come ricordato dalla relazione al disegno di legge di ratifica, tuttavia, la legge comunitaria 2008 (L. n. 14/2008) - nell’ambito della delega al Governo per l’adozione di legislazione di attuazione della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio (relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato)- ha già generalizzato, per ogni tipologia di reato, l’obbligo di eseguire sempre la confisca, totale o parziale, su altri beni di valore equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai sensi dell'articolo 514 del codice di procedura civile (art. 31, comma 1, lett, b) n. 3).
Anche gli obblighi previsti dall’articolo 6 del Protocollo alla Convenzione - la rinuncia ad invocare l’eccezione fiscale (ovvero il rifiuto di assistenza giudiziaria per il solo motivo che la domanda si riferisce ad un reato fiscale) - risultanogià attuati.
La norma integra quanto previsto dall’art. 3 della Convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, ratificata dalla citata legge n. 300/2000, che stabilisce che uno Stato membro non può rifiutare l'estradizione per un atto fraudolento che leda gli interessi finanziari delle Comunità europee unicamente perché si tratta di un reato in materia di tasse o di dazi doganali.
Tali ipotesi riguardano ora anche i reati di corruzione, attiva e passiva, riciclaggio di denaro ed in generale ogni tipo di assistenza giudiziaria in materia penale. Infatti già il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, adottato a Strasburgo il 17 marzo 1978 , ratificato dalla legge n. 436 del 1985 prevede che le parti contraenti non possano esercitare il diritto di rifiutare la reciproca assistenza giudiziaria per il solo motivo che la domanda si riferisce ad un reato che la Parte richiesta considera come reato fiscale. Analoga disposizione è recata dall’art. 50 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen , ratificata dalla legge n. 388 del 1993.
La riproposizione della rinuncia all’eccezione fiscale anche nell’art. 6 del Secondo Protocollo, oggetto di ratifica con il presente d:d.l., deriva dal fatto che al momento dell’adozione del relativo atto istitutivo, nessuno di questi strumenti era stato ratificato da tutti gli Stati membri. Le successive, intervenute ratifiche fanno ritenere la disposizione dell’art. 6 del Protocollo già pienamente operante nell’ordinamento.
Gli articoli da 7 a 12 disciplinano la cooperazione degli Stati membri con la Commissione europea riguardo le attività di contrasto alla frode, alla corruzione e al riciclaggio di denaro e stabiliscono gli obblighi della Commissione, con particolare riferimento alla protezione dei dati personali.
Le eventuali controversie tra gli Stati membri nonché tra gli Stati membri e la Commissione in merito all’interpretazione o all’applicazione del secondo Protocollo saranno giudicate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (articolo 13) che è altresì competente a pronunciarsi in via pregiudiziale.
L’articolo 14 ribadisce che agli atti della Commissione nel quadro dell’applicazione del secondo Protocollo sono applicabili le norme di diritto comunitario relative alla responsabilità extracontrattuale della Comunità di cui all’articolo 288 e 235 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
In base all’articolo 15, par. 1, la Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a pronunciarsi sui ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro decisioni della Commissione (ivi compreso il rifiuto di decidere), nell’ambito delle disposizioni del Protocollo in esame.
Il paragrafo 2 dell’articolo 15, contiene il rinvio ad una serie di articoli del Trattato che istituisce la Comunità europea e allo statuto della Corte di giustizia, che si applicano al Protocollo, mutatis mutandis.
I rimandi al TCE devono correttamente intendersi:
§ all’art. 225A, parr. 1 e 2: il Consiglio può decidere di conferire la competenza giurisdizionale al Tribunale di primo grado per conoscere dei ricorsi di cui all’art. 15 par. 1 del Protocollo;
§ all’art. 230, par. 5, che fissa il termine di due mesi dalla pubblicazione dell'atto o dalla sua notificazione al ricorrente. In mancanza di notificazione, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza;
§ all’art. 231, par. 1, secondo il quale, se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato;
§ all’art. 233, parr. 1 e 2, che riguardano gli effetti giuridici che una decisione della Corte di giustizia implica per la Commissione;
§ all’ art. 242, che stabilisce che i ricorsi proposti alla Corte di giustizia non hanno effetto sospensivo ma che, tuttavia, la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato;
§ all’art. 243, secondo il quale la Corte di giustizia, negli affari che le sono proposti, può ordinare i provvedimenti provvisori necessari.
Gli articoli 16-19 contengono le clausole finali. Il Protocollo entrerà in vigore 90 giorni dopo la notifica al segretario generale del Consiglio dell’UE – che è il depositario – della ratifica dello Stato membro che procede per ultimo.
Il Protocollo è aperto all’adesione degli Stati che diventeranno membri dell’Unione europea.
E’ prevista la possibilità per gli Stati membri di apporre una riserva per considerare illecito penale il riciclaggio di denaro in relazione ai proventi dei soli casi gravi di corruzione attiva e passiva. Tale riserva, di cui deve essere informato il depositario all’atto della ratifica, ha una durata di cinque anni, rinnovabili una sola volta.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, approvato dal Senato nella seduta del 30 luglio 2008, consta di tre articoli, recanti, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica del Protocollo (art. 1), il l’ordine di esecuzione dello stesso (art. 2) e la data di entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (art. 3).
Un identico disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo in esame era stato presentato dal Governo e approvato dal Senato nella scorsa legislatura. L’iter si è tuttavia interrotto, dopo la trasmissione alla Camera, il 27 febbraio 2008, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
Oltre che dalla consueta relazione illustrativa, il disegno di legge presentato al Senato è corredato di un’Analisi tecnico-normativa (ATN) e di un’Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR).
Il provvedimento è riconducibile a materie affidate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione (“politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea”).