Camera dei deputati Dossier D11212 servizio studi

Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile - D.L. 212/2011 ' A.C. 4933 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4933/XVI   DL N. 212 DEL 22-DIC-11
Serie: Progetti di legge    Numero: 591
Data: 07/02/2012
Descrittori:
DEBITI   DECRETO LEGGE 2011 0212
PROCESSO CIVILE     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile

D.L. 212/2011 – A.C. 4933

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 591

 

 

 

7 febbraio 2012

 



Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: D11212.doc

 



INDICE

Schede di lettura

Introduzione  3

§      Capo I Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore  7

§      Sezione I Proposta del consumatore  7

§      Art. 1 (Finalità e definizioni)7

§      Art. 2 (Presupposti di ammissibilità della proposta)11

§      Art. 3 (Contenuto della proposta di piano)15

§      Art. 4 (Deposito della proposta)17

§      Art. 5 (Procedimento di omologazione)21

§      Art. 6 (Effetti dell’omologazione)25

§      Art. 7 (Esecuzione del piano omologato)31

§      Art. 8 (Revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione)35

§      Sezione II Liquidazione del patrimonio  39

§      Art. 9 (Liquidazione dei beni)39

§      Art. 10 (Conversione della procedura di composizione in quella di liquidazione)41

§      Art. 11 (Decreto di apertura della liquidazione)43

§      Art. 11-bis (Inventario ed elenco dei creditori)45

§      Art. 11-ter (Domanda di partecipazione alla liquidazione)47

§      Art. 11-quater (Formazione del passivo)49

§      Art. 11-quinquies (Liquidazione)51

§      Art. 11-sexies (Azioni del liquidatore)53

§      Art. 11-septies (Beni e crediti sopravvenuti)55

§      Art. 11-octies (Creditori posteriori)55

§      Sezione III Disposizioni comuni57

§      Art. 11-novies (Organismi di composizione della crisi)57

§      Art. 11-decies (Esdebitazione)63

§      Art. 11-undecies (Sanzioni)67

§      Capo I-bis Modifiche alla disciplina in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento  71

§      Art. 11-duocedies (Modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, recante disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento)71

§      Capo II Disposizioni per l’efficienza della giustizia civile  95

§      Art. 12 (Modifiche alla disciplina della mediazione) Soppresso  95

§      Art. 13 (Modifiche al codice di procedura civile)99

§      Art. 14 (Modifica alla legge 12 novembre 2011, n. 183)101

§      Art. 15 (Proroga dei magistrati onorari)105

§      Art. 16 (Modifiche alla disciplina delle società di capitali)109

§      Art. 17 (Entrata in vigore)111

 





Introduzione

Il testo originario del decreto-legge n. 121 del 2011

Il capo I del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212, introduce disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindembitamento. Il sovraindebitamento viene definito come "la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni".

In presenza di sovraindebitamento - che può riguardare anche il consumatore, ovvero una situazione debitoria dovuta prevalentemente all'inadempimento di obbligazioni contratte nell'ambito di rapporti di consumo - il decreto-legge individua un particolare procedimento di composizione della crisi, per tutti quei debitori che non possono ricorrere alla procedura fallimentare. In sintesi,

§      il debitore, con l'ausilio di organismi di composizione della crisi (ovvero enti pubblici iscritti in un apposito registro tenuto dal Ministero della giustizia), ed eventualmente ricorrendo anche a garanti, propone ai creditori un piano di ritrutturazione dei debiti;

§      la proposta di accordo è depositata in tribunale, insieme all'elenco di tutti i creditori e all'indicazione analitica delle somme loro dovute, dei beni del debitore, delle dichiarazioni dei redditi, dell'indicazione del nucleo familiare con l'elenco delle spese occorrenti al suo sostentamento. In tribunale deve essere altresì depositata l'attestazione di fattibilità del piano, resa all'organismo di composizione delle crisi;

§      il giudice fissa l'udienza convocando tutti i creditori;

§      l'accordo è approvato con il consenso di creditori in rappresentanza di almeno il 70% dei crediti (50% per il sovraindebitamento del consumatore) e non pregiudica i diritti dei creditori estranei. Il tribunale omologa l'accordo e ne dispone la pubblicazione;

§      l'accordo può essere annullato (ad esempio se il debitore sottrae una parte dell'attivo) o risolto (ad esempio se il debitore non adempie regolarmente agli obblighi assunti).

Il decreto-legge 212/2011 contiene poi ulteriori disposizioni per l'efficienza della giustizia civile: interviene in particolare sulla disciplina della mediazione (disposizione soppressa dal Senato), aumenta le ipotesi in cui è possibile stare in giudizio davanti al giudice di pace senza l'assistenza dell'avvocato, novella alcune disposizioni sulle impugnazioni civili, proroga i magistrati onorati e interviene sulla disciplina della revisione dei conti nelle società di capitali.

 

La legge n. 3 del 2012

Il decreto-legge, introducendo l'istituto della composizione delle crisi da sovraindebitamento, ha sostanzialmente riproposto parte di un testo, di iniziativa parlamentare, già approvato dal Senato (AS. 307, aprile 2009) e poi, con modificazioni, dalla Camera (cfr. AC 2364, approvato dalla Commissione Giustizia, in sede legislativa, il 26 ottobre 2011).

Il Senato, chiamato ad esaminare il disegno di legge di conversione del decreto-legge, ha proceduto all'approvazione definitiva del d.d.l. S. 307-B, che è stato poi pubblicato come legge 27 gennaio 2012, n. 3, nella Gazzetta Ufficiale del 30 gennaio 2012.

 

La legge non si limita peraltro a disciplinare la composizione delle crisi da sovraindebitamento, ma contiene anche una prima parte relativa all'usura ed all'estorsione, con novelle alle modalità di accesso ai Fondi di sostegno per le vittime ed inasprimenti di sanzioni penali.

 

La pubblicazione della legge n. 3 (che entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.) ha reso necessario un coordinamento del testo del provvedimento d'urgenza con la normativa già approvata. A tal fine è intervenuto il Senato che il 2 febbraio 2012 ha approvato il disegno di legge di conversione, ora all'esame della Camera.

 

Il testo approvato dal Senato (AC 4933)

Il Senato, in sede di conversione, ha modificato il testo del decreto-legge, con novelle di coordinamento con i contenuti della legge n. 3 del 2012, che - come sottolineato - interviene anche sulla stessa disciplina del sovraindebitamento. In particolare, il Senato ha introdotto un’autonoma disciplina del sovraindebitamento del consumatore. Ha inoltre modificato altresì alcune disposizioni del codice di procedura civile già oggetto del decreto.

Il decreto-legge n. 212 del 2011, nel testo trasmesso dal Senato, riguarda:

 

1) un organico complesso di norme finalizzate a porre rimedio alle sempre più diffuse situazioni di indebitamento di soggetti – persone fisiche ed enti collettivi – a cui non sono applicabili le disposizioni vigenti in materia di procedure concorsuali. A tali soggetti viene offerta la possibilità di concordare con i creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che determini la finale esdebitazione del soggetto in crisi. Le norme introducono nell’ordinamento giuridico un meccanismo di estinzione regolata delle plurime obbligazioni del soggetto sovraindebitato, anche nella prospettiva di una deflazione del contenzioso in sede civile derivante dall’attività di recupero forzoso dei crediti.

Il contenuto del decreto-legge originario sul punto ricalca quello della legge n. 3 del 2012, pubblicata nella G.U. del 30 gennaio 2012, che entrerà in vigore il trentesimo giorno dalla pubblicazione.

Il testo trasmesso dal Senato, al Capo I, disciplina il sovraindebitamento del solo consumatore.

Questi può proporre, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi, un piano che indichi le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori. Il piano viene omologato dal tribunale, che può nominare un liquidatore, e per tre anni i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali.

In alternativa al piano, il consumatore può chiedere la liquidazione di tutti suoi beni e dei crediti fondati su prova scritta. Spetta al giudice valutare a dichiarare aperta la procedura di liquidazione e nominare un liquidatore. I creditori presentano quindi domanda di partecipazione alla liquidazione.

Al termine dei due procedimenti si ha l’esdebitazione, che libera il consumatore sovra indebitato dai debiti residui nei confronti dei creditori per titolo e causa anteriore all’apertura della procedura che l’ha interessato.

Il Capo I-bismodifica la legge n. 3 del 2012, che interessa il sovraindebitamento di tutti i soggetti non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali. E’ apportata una serie di puntuali modifiche alla legge n. 3 e viene allineata la disciplina a quella del doppio procedimento (piano o liquidazione) consentito per il consumatore dal decreto-legge.

 

2) modifiche alla normativa del processo civile ed ulteriori disposizioni concernenti:

§      il valore soglia entro cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace, portato da 516,46 a 1.100 euro, e il limite per le spese di giudizio davanti al medesimo giudice di pace, che non può superare il valore della domanda;

§      l’inventario nel procedimento di apertura delle successioni;

§      l’abrogazione della disposizione recata dalla legge di stabilità per il 2012, relativa alle misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello;

§      la proroga dei magistrati onorari;

§      modifiche alla disciplina dei collegi sindacali nelle società di capitali.

 

Si osserva che, con il testo del decreto-legge trasmesso dal Senato, verrebbero a coesistere nell’ordinamento due procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento - una destinata al solo consumatore ed una destinata più in generale al debitore – disciplinate da fonti diverse (il decreto legge 212/2011, come modificato, per il consumatore e la legge n. 3/2012, come modificata dalla legge di conversione del decreto-legge, per il debitore), i cui contenuti sono per molti aspetti coincidenti.



Capo I
Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore

Sezione I
Proposta del consumatore

Art. 1
(Finalità e definizioni)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Capo I
Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento

Capo I
Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore

 

Sezione I
Proposta del consumatore

Articolo 1
(Finalità e definizioni)

1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, il debitore può concludere un accordo con i creditori secondo la procedura di composizione della crisi disciplinata dagli articoli da 2 a 11.

1. Il consumatore, al fine di porre rimedio a situazioni di sovraindebitamento, può proporre, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi di cui all'articolo 11-novies con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, un piano fondato sulle previsioni di cui all'articolo 2, comma 1, ed avente il contenuto di cui all'articolo 3.

2. Ai fini del presente decreto si intende per:

2. Ai fini del presente capo, si intende per

a) sovraindebitamento: una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni;

b) sovraindebitamento del consumatore: il sovraindebitamento dovuto prevalentemente all’inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206.

«sovraindebitamento del consumatore» una situazione di definitiva incapacità della persona fisica, che ha agito prevalentemente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

 

 

Il capo I del testo trasmesso dal Senato concerne esclusivamente le crisi da sovraindebitamento del consumatore.

Il capo I del decreto-legge originario, come pure il capo I della legge n. 3 del 2012, riguardano invece le crisi da sovraindebitamento, senza circoscriverne l’ambito applicativo ai soli consumatori.

 

L’articolo 1 del testo trasmesso dal Senato riguarda finalità e definizioni, prevedendo al comma 1 che il consumatore, al fine di porre rimedio a situazioni di sovraindebitamento, possa proporre, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi di cui all'articolo 11-novies con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, un piano fondato sulle previsioni di cui all'articolo 2, comma 1 (presupposti e ammissibilità della proposta) ed avente contenuto secondo quanto previsto dall'articolo 3 (contenuto del piano).

La legge n. 3 del 2012 esplicita invece, all’art. 6, comma 1, la finalità di rimediare alle situazioni di sovraindebitamento “non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali”.

Il comma 2 del testo trasmesso dal Senato reca poi la definizione di «sovraindebitamento del consumatore»: si tratta di una situazione di definitiva incapacità della persona fisica, che ha agito prevalentemente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

 

L’originario art. 1, comma 2, lettera b), del decreto-legge, in questo coincidente con l’art. 6, comma 2, della legge n. 3 del 2012, definisce invece il sovraindebitamento «una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni» (comma 2, lett. a)). Le modifiche introdotte dal Senato, con l’inserimento dell’art. 11-duodecies del decreto-legge, allineano le due definizioni.

Alla lettera b), il decreto-legge nel testo originario reca la specifica definizione di "sovraindebitamento del consumatore", non prevista peraltro nella legge n. 3 del 2012, che consiste nel “sovraindebitamento dovuto prevalentemente all’inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo”. Il riferimento è pertanto alla definizione reperibile nel codice del consumo: per "consumatore o utente" deve intendersi "la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta" (art. 3, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).

 



Art. 2
(Presupposti di ammissibilità della proposta)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 2
(Presupposti di ammissibilità)

Articolo 2
(Presupposti di ammissibilità della proposta)

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 10 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 4, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo stesso, compreso l’integrale pagamento dei titolari dei crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato anche parzialmente, salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4. Il piano prevede i termini e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, il piano può prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore a un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

1. Il piano proposto dal consumatore in stato di sovraindebitamento, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, prevede scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, e indica le eventuali garanzie rilasciate per il pagamento dei debiti, nonché le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuare in un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

 

2. La proposta non è ammissibile:

2. La proposta è ammissibile quando il debitore:

[v. art. 11-duodecies, comma 1, lettera d)]

a) non è assoggettabile alle vigenti procedure concorsuali;

b) non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

a) quando il consumatore ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento;

 

b) quando nei confronti del consumatore è stato adottato uno dei provvedimenti previsti dall'articolo 8;

 

c) quando la documentazione fornita non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore.

 

L’articolo 2 del testo Senato disciplina i presupposti di ammissibilità della proposta del consumatore relativa al piano da sovraindebitamento.

 

Il comma 1 stabilisce che il piano proposto dal consumatore in stato di sovraindebitamento, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, prevede scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indica le eventuali garanzie rilasciate per il pagamento dei debiti, le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni.

 

In base all’art. 545 c.p.c., concernente i crediti impignorabili, non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto (comma 1). Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza (comma 2). Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato (comma 3). Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito (comma 4). Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell'ammontare delle somme predette (comma 5). Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge (comma 6).

 

Il comma 1 stabilisce inoltre che è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, (nomina di un liquidatore da parte del giudice nel caso in cui siano utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero sia previsto nel piano), il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

 

L’art. 28 del r.d. n. 267 del 1942 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) individua i soggetti che possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore. Si tratta delle seguenti categorie: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a); in tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura; c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento. Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell'impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

 

Il testo originario dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge, è sostanzialmente coincidente con l’art. 7 della legge n. 3 del 2012 e prevede che: il piano sia proposto dal debitore con l'ausilio di organismi di composizione, aventi sede nel circondario del tribunale ove il debitore ha la residenza o la sede principale; il piano debba, tra l'altro, assicurare il regolare pagamento dei creditori esterni all'accordo, compresi i titolari di crediti privilegiati, salvo il caso di rinuncia anche parziale a questi ultimi; il piano debba fissare tempi e modalità del pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità di liquidazione dei beni; il piano possa prevedere anche l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

 

Il comma 2 stabilisce che la proposta non è ammissibile in tre casi:

a)   quando il consumatore ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento;

b)   quando nei confronti del consumatore e stato adottato uno dei provvedimenti previsti dall'articolo 8 sulla revoca e la cessazione degli effetti della omologazione;

c)   quando la documentazione fornita non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore.

 

L’originario testo del decreto-legge, analogamente a quanto previsto dall’art. 7, comma 2, della legge n. 3 del 2012, prevede le due condizioni negative di ammissibilità della proposta del debitore in stato di sovraindebitamento: la non assoggettabilità alle procedure concorsuali; il non avere fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura  di composizione della crisi.



Art. 3
(Contenuto della proposta di piano)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 3
(Contenuto dell’accordo)

Articolo 3
(Contenuto della proposta di piano)

1. La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.

1. La proposta di piano prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di crediti futuri.

2. Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l’attuabilità dell’accordo.

2. Nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità del piano.

3. Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo, all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

3. Nella proposta sono indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

4. Il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:

Soppresso

a) il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine;

 

b) la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.

 

[v. art. 4, comma 2]

4. La proposta è accompagnata dalla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che attesti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

 

L’articolo 3 disciplina il contenuto della proposta di piano.

Il testo Senato stabilisce al comma 1 che la proposta di piano prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di crediti futuri.

Il comma 2 stabilisce che, nei casi in cui i beni e i redditi dei debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità del piano.

Il comma 3 prevede che nella proposta sono indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

Il contenuto dei tre commi è sostanzialmente corrispondente a quello del testo originario del decreto-legge, oltre che dell’art. 8, comma 1, della legge n. 3 del 2012, salvo il diverso ambito soggettivo di applicazione, come in precedenza evidenziato.

 

L’art. 3 del decreto-legge originario prevede inoltre, al comma 4, la possibilità di una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei qualora il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento entro il nuovo termine e la moratoria suddetta non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.

La legge n. 3 del 2012 prevedeva, all’articolo 8, comma 4, un’ulteriore condizione, non contenuta nel decreto-legge: che l'esecuzione del piano fosse affidata ad un liquidatore nominato dal giudice su proposta dell'organismo di composizione della crisi. Di tale comma viene prevista l’abrogazione dall’art. 11-duodecies del testo Senato (v. infra).

 



Art. 4
(Deposito della proposta)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 4
(Deposito della proposta di accordo)

Articolo 4
(Deposito della proposta)

1. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza ovvero la sede principale.

2. Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell’attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.

1. La proposta è depositata presso il tribunale del luogo ove il consumatore ha la residenza ed è corredata dall’elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, dalle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, nonché dall’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata dal certificato dello stato di famiglia.

 

2. Alla proposta sono allegati l'inventario dei beni del debitore e una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi che deve contenere:

a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e del grado di diligenza impiegato dal consumatore nell'assumere le obbligazioni;

b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

c) il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;

d) l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla concreta fattibilità del piano avuto riguardo anche all'elenco dei beni mobili o immobili che i terzi garanti mettono a disposizione per l'esecuzione del piano di ristrutturazione dei debiti e sulla sua convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria.

3. Il debitore che svolge attività d’impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, ovvero, in sostituzione delle scritture contabili e per periodi corrispondenti, gli estratti conto bancari tenuti ai sensi dell’articolo 14, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183, unitamente a una dichiarazione che ne attesti la conformità all’originale.

[v. articolo 11-duodecies, comma 1, lettera f), numero 2)]

 

 

L’articolo 4 del testo Senato riguarda il deposito della proposta di piano da parte del consumatore presso il tribunale del luogo in cui ha la residenza.

Oltre a stabilire il tribunale presso cui deve essere depositata la proposta, l’art. 4 indica la documentazione che deve accompagnare la proposta. Si tratta:

§      dell'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni (comma 1);

§      delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni (comma 1);

§      dell'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del consumatore e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia (comma1);

§      dell'inventario dei beni del debitore (comma 2);

§      di una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi (comma 2).

 

In base al comma 2, la relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi deve contenere:

a)       l'indicazione delle cause dell'indebitamento e del grado di diligenza impiegato dal consumatore nell'assumere le obbligazioni;

b)       l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

c)       il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;

d)       l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

e)       il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla concreta fattibilità del piano avuto riguardo anche all'elenco dei beni mobili o immobili che i terzi garanti mettono a disposizione per l'esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti del sovra indebitato e sulla sua convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria.

 

L’art. 4 del decreto-legge originario, come pure l’art. 9 della legge n. 3 del 2012, non richiama la relazione particolareggiata e i suoi contenuti ma contengono un richiamo generico alla “attestazione della fattibilità del piano”.

Recano inoltre una disposizione specifica riferita al debitore che svolge attività d’impresa.

 

Per il debitore che svolge attività d’impresa è infatti previsto l’onere di depositare le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, con una dichiarazione che ne attesta la conformità all'originale. In alternativa, il debitore può depositare gli estratti conto bancari tenuti ai sensi dell’articolo 14, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), che autorizza i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi, ove effettuino operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili, a sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta delle scritture contabili.

 



Art. 5
(Procedimento di omologazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 5
(Procedimento)

Articolo 5
(Procedimento di omologazione)

1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 2 e 4, fissa con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l’avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3.

1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa con decreto l'udienza, disponendo, a cura dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione a tutti i creditori, presso la residenza o la sede legale degli stessi, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o posta elettronica certificata, della proposta e del decreto. Qualora la sola incompletezza dei documenti di cui all'articolo 4 determini la impossibilità di ammissione alla procedura, il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni e produrre nuovi documenti.

2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, nonché, nel caso in cui il proponente svolga attività d’impresa, la pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.

2. Verificata la fattibilità del piano e l'idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti di cui all'articolo 2, comma 1, terzo periodo, risolta ogni altra contestazione, il giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato rispetto alle proprie capacità patrimoniali, omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità. Quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell'organismo di composizione della crisi di cui all'articolo 11-novies, presso gli uffici competenti.

 

3. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione II del presente capo.

3. All’udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

Soppresso.

4. Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

Soppresso.

5. Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo.

Soppresso.

6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

4. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato provvedimento.

 

L’articolo 5 del testo Senato riguarda il procedimento di omologazione.

Il comma 1 prevede che il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa con decreto l'udienza, disponendo, a cura dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione a tutti i creditori, presso la residenza o la sede legale degli stessi, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o posta elettronica certificata, della proposta e del decreto.

 

L’art. 5 del decreto-legge originario – e similmente l’art. 10 della legge n. 3 del 2012 – nel disciplinare la corrispondente fattispecie, non prevede che la comunicazione debba essere effettuata “a cura dell’organismo di composizione della crisi”, né esplicita che la comunicazione debba essere rivolta a “tutti” i creditori. Prevede invece che la comunicazione ai creditori contenga l’avvertimento dei provvedimenti che il giudice può adottare.

 

Il comma 1 dispone inoltre che, qualora la sola incompletezza dei documenti prescritti per il deposito della proposta di accordo determini la impossibilità di ammissione alla procedura, il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni e produrre nuovi documenti.

 

In base al comma 2, verificata la fattibilità del piano e l'idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti di cui all'articolo 2, comma 1, terzo periodo, risolta ogni altra contestazione, il giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato rispetto alle proprie capacità patrimoniali, omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità. Quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell'organismo di composizione della crisi, presso gli uffici competenti.

In base al comma 3, quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo.

Il comma 4 stabilisce che si applichino, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile (sui procedimenti in camera di consiglio), ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato provvedimento.

 

Il decreto-legge originario, all’art. 5, come già l’art. 10 della legge n. 3 del 2012, prevede che il giudice disponga idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto nonché, nel caso in cui il proponente svolga attività d’impresa, la pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.



Art. 6
(Effetti dell’omologazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 6
(Raggiungimento dell’accordo)

Soppresso

1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all’organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata.

 

2. Ai fini dell’omologazione di cui all’articolo 7, è necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il settanta per cento dei crediti. Nei casi di sovraindebitamento del consumatore ai fini dell’omologazione è sufficiente che l’accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il cinquanta per cento dei crediti.

 

3. L’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.

[v. infra articolo 6, comma 4]

4. L’accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.

 

5. L’accordo è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

[v. infra articolo 8, comma 1]

Articolo 7
(Omologazione dell’accordo)

Soppresso

1. Se l’accordo è raggiunto, l’organismo di composizione della crisi trasmette ai creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all’articolo 6, comma 2, allegando il testo dell’accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare contestazioni. Decorso tale termine, l’organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.

 

2. Verificato il raggiungimento dell’accordo con la percentuale di cui all’articolo 6, comma 2, verificata l’idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l’accordo e ne dispone la pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all’articolo 5, comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

[v. sopra, articolo 5, commi 2 e 4]

 

Articolo 6
(Effetti dell’omologazione)

3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore a un anno, l’accordo produce gli effetti di cui all’articolo 5, comma 3.

1. Dalla data dell'omologazionee per un periodo non superiore a tre anni i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Ad iniziativa dei medesimi creditori non possono essere disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano.

 

2. I creditori con causa o titolo posteriore al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 5, comma 2, non possono procedere esecutivamente sui beni e i crediti oggetto del piano.

 

3. Durante il periodo previsto dal comma 1, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

 

4. L'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.

4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. L’accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei è chiesto al giudice con ricorso. Si procede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

5. Gli effetti di cui al comma 1 vengono meno in caso di mancato pagamento dei titolari di crediti impignorabili. L'accertamento del mancato pagamento di tali crediti è richiesto al tribunale e si applica l'articolo 5, comma 4.

5. La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo.

 

 

 

Il Senato ha soppresso gli articoli 6 e 7 del decreto legge, che sono ora confluiti in altre disposizioni del Capo I.

 

L’articolo 6 del decreto-legge, dedicato alla fase di raggiungimento dell'accordo, stabilisce che, per essere approvata, la proposta di accordo deve essere accettata da creditori che rappresentino almeno il settanta per cento dei crediti. Nell'ipotesi di sovraindebitamento del consumatore, tale percentuale è abbassata al cinquanta per cento. In caso di approvazione, l’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso e non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito (commi 1, 2, 3 e 4). Ai sensi del comma 5, l'accordo è revocato di diritto nei casi in cui il debitore non esegue i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie entro novanta giorni dalle scadenze previste e integralmente.

 

L’articolo 6 del testo approvato dal Senato disciplina gli effetti dell'omologazione.

Dalla data dell'omologazione e per un periodo non superiore a tre anni i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Ad iniziativa dei medesimi creditori non possono essere disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano (comma 1).

I creditori con causa o titolo posteriore al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del piano non possono procedere esecutivamente sui beni e i crediti oggetto del piano (comma 2).

 

Questa disposizione pare pertanto delineare dunque una deroga al principio generale, affermato dall’art. 2740 del codice civile, che vuole che il debitore risponda dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

 

Durante il periodo di tre anni, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano (comma 3).

L'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso (comma 4).

Gli effetti nei confronti dei creditori con causa o titolo anteriore vengono meno in caso di mancato pagamento dei titolari di crediti impignorabili. L'accertamento del mancato pagamento di tali crediti è chiesto al tribunale e si applica l'art. 737 c.p.c. ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

 

L’omologazione dell’accordo è disciplinata dal decreto-legge originario all’articolo 7, analogamente a quanto previsto dall’art. 12 della legge n. 3 del 2012. Il citato art. 7, comma 1, stabilisce che, ove l'accordo sia stato raggiunto, l’organismo di composizione della crisi trasmette ai creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento delle percentuali prescritte, nonché il testo dell'accordo. Entro dieci giorni al ricevimento della relazione i creditori possono contestare l'accordo. Decorso tale termine di dieci giorni, l'organismo di composizione invia al giudice la stessa relazione, allegando l'attestazione definitiva sulla fattibilità del piano e le contestazioni ricevute.

Se la prescritta maggioranza è raggiunta - e se le modalità dell’accordo sono ritenute idonee a soddisfare i creditori estranei - il giudice, risolte le contestazioni avanzate, procede all'omologazione dell'accordo e ne dispone la pubblicazione.

In particolare, il comma 3 stabilisce che, dalla data di omologazione dell’accordo e per un periodo non superiore ad un anno, l’accordo produce effetti conservativi del patrimonio del debitore, attraverso in particolare la sospensione delle azioni esecutive e l’esclusione di sequestri conservativi o dell’acquisto di diritti di prelazione (si tratta degli effetti previsti dall'articolo 5, comma 3, del decreto-legge). Tali effetti vengono meno in caso di mancato pagamento dei creditori estranei ovvero di risoluzione dell’accordo (comma 4); ai sensi del medesimo comma l'accertamento del mancato pagamento è chiesto al giudice con ricorso da decidere con le procedure previste dai predetti articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

Il comma 5 del decreto-legge originario stabilisce che «la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo», sebbene – si osserva - il presupposto di tutta la procedura sia che il debitore non sia assoggettabile ad alcuna procedura concorsuale.

L’articolo 12 della legge n. 3 del 2012 viene modificato dall’articolo 11-duodecies del decreto-legge, introdotto nel corso dell’esame al Senato (v. oltre).

 



Art. 7
(Esecuzione del piano omologato)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 8
(Esecuzione dell’accordo)

Articolo 7
(Esecuzione del piano omologato)

1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall’accordo, il giudice nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.

1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dal piano, il giudice nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate. Si applica l'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

2. L’organismo di composizione della crisi risolve le difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e vigila sull’esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.

2. L'organismo di composizione della crisi risolve le eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione del piano e vigila sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. In caso di gravi motivi sopravvenuti che rendono impossibile per il debitore o per i terzi garanti il puntuale adempimento delle obbligazioni assunte con il piano, il debitore deve darne prontamente notizia all'organismo di composizione della crisi che verifica con i creditori la possibilità di apportare una modifica al piano previa autorizzazione del giudice. Se l'esecuzione del piano diviene impossibile, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.

3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell’atto dispositivo all’accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.

3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo al piano, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui all'articolo 5, comma 2, e la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta. In ogni caso il giudice può, con decreto motivato, sospendere gli atti di esecuzione del piano qualora ricorrano gravi e giustificati motivi.

4. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono nulli.

4. Identico.

 

5. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

 

 

L'articolo 7 approvato dal Senato, il cui argomento corrisponde all'art. 8 del decreto-legge originario, riguarda l'esecuzione del piano omologato.

La norma prevede l'eventualità di nomina di un liquidatore da parte del giudice:

§      ove i beni utilizzati per il soddisfacimento dei creditori siano pignorati;

§      se già previsto dal piano.

Il liquidatore - i cui requisiti di nomina, il testo Senato precisa essere gli stessi del curatore fallimentare[1] - dispone in via esclusiva dei beni e delle somme incassate.

Il comma 2 pone in capo all'organo di composizione di risolvere le difficoltà che eventualmente si verifichino nel corso dell'esecuzione dell'accordo e di vigilare sull'adempimento di quanto in esso previsto. Il giudice investito della procedura decide in ordine alle contestazioni relative alla violazione di diritti soggettivi nonché sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi.

Con una disposizione aggiunta dal Senato, è posto a carico del sovraindebitato l'onere di dare avviso all'organismo della sopravvenienza di gravi motivi che impediscono l'adempimento delle obbligazioni assunte con il piano di rientro; in tal caso, su autorizzazione del giudice, l'organismo di composizione della crisi verifica con i creditori la possibilità di modificare il piano.

Ogni creditore tuttavia, se l'esecuzione del piano diviene impossibile, può chiederne al tribunale la risoluzione. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.

Il giudice – sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo al piano - autorizza lo svincolo delle somme e la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione e di ogni altro vincolo,   ivi compresa la trascrizione del decreto di omologa del piano e la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta. In ogni caso il giudice può, con decreto motivato, sospendere gli atti di esecuzione del piano qualora ricorrano gravi e giustificati motivi (comma 3).

Ai sensi del comma 4, «i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono nulli».

Il comma 5, aggiunto dal Senato, contempla l'ipotesi del possibile reclamo al tribunale; per motivi di incompatibilità, è stabilito che del collegio non possa far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

 



Art. 8
(Revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 9
(Impugnazione e risoluzione dell’accordo)

Articolo 8
(Revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione)

 

1. L'omologazione del piano è revocata quando il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti nella misura prevista dal piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L'omologazione del piano è altresì revocata se risultino compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori o se, in qualunque momento, risulti che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità della proposta. Il giudice provvede d'ufficio e si applica l'articolo 5, comma 4.

1. L’accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento.

2. Se il proponente non adempie regolarmente alle obbligazioni derivanti dall’accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.

2. Il tribunale, su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, dichiara cessati gli effetti della omologazione del piano nelle seguenti ipotesi:

a) quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti;

b) se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore.

3. Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza rilevabile d’ufficio, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo.

3. Il ricorso per la dichiarazione di cui al comma 2, lettera b), è proposto, a pena di decadenza, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano.

4. L’annullamento e la risoluzione dell’accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

4. La dichiarazione di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

5. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

5. Nei casi previsti dal comma 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

 

 

L'articolo 8 approvato dal Senato – sostanzialmente corrispondente all'art. 9 del decreto-legge n. 212 - disciplina le ipotesi di revoca e cessazione degli effetti dell'omologazione del piano.

In particolare,il testo Senato introduce ipotesi di iniziativa d'ufficio da parte del giudice, non previste nel testo iniziale del decreto.

La revoca dell'omologazione è disposta dal tribunale d'ufficio nei seguenti casi (comma 1):

§      quando il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti nella misura prevista dal piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie;

§      se risultino compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori o se in qualunque momento risultino venute meno le condizioni prescritte per l'ammissibilità della proposta.

II tribunale provvede in composizione monocratica in camera di consiglio ex art. 737 c.p.c. e l'eventuale reclamo si propone al tribunale collegiale, di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato la revoca.

 

II tribunale, su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, dichiara cessati gli effetti dell'omologazione dei piano (comma 2):

a) quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti (secondo il testo iniziale del decreto, la parte dell'attivo sottratta o dissimulata doveva essere “rilevante”)

b) se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore.

Il ricorso per la dichiarazione di cessazione degli effetti dell'omologazione per violazione degli obblighi di cui alla lett. b) è proposto, a pena di decadenza, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano (comma 3).

Il comma 4 stabilisce che la dichiarazione di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

Alla procedura prevista dal comma 2 (ovvero quella attivata dal creditore davanti al tribunale per la cessazione degli effetti dell'omologa) si applicano, secondo il comma 5, le disposizioni di cui ai agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile sui procedimenti in camera di consiglio ma, anche in questa ipotesi, il tribunale provvede in composizione monocratica (comma 5).

 

Si osserva come il comma 5 non contenga il riferimento alla fase del reclamo che è invece contenuto nel comma 4 dell'articolo 5, nel comma 5 dell'articolo 7 nonché, in forza del rinvio all'art. 5, comma 4, nel comma 1 dell'art. 8 in esame (revoca d'ufficio dell'omologazione).

 



Sezione II
Liquidazione del patrimonio

Art. 9
(Liquidazione dei beni)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 9
(Liquidazione dei beni)

 

1. In alternativa alla proposta per la composizione della crisi disciplinata dalla sezione I del presente capo, il consumatore che versi in una situazione di sovraindebitamento e per il quale ricorrano i presupposti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni e dei crediti fondati su prova scritta.

 

2. La domanda di liquidazione è proposta al tribunale competente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, e deve essere corredata dalla documentazione di cui all'articolo 4.

 

3. La domanda di liquidazione è inammissibile se la documentazione prodotta non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore e ove quest'ultimo abbia fatto accesso alla procedura di liquidazione negli ultimi cinque anni.

 

4. Non sono compresi nella liquidazione:

a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile;

b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento;

c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del codice civile;

d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

 

L'articolo 9, introdotto dal Senato, prevede che il consumatore possa formulare una proposta alternativa a quella per la composizione della crisi disciplinata dalle precedenti disposizioni.

 

Analoga possibilità il testo del Senato ha consentito in generale al debitore attraverso l’introduzione nella legge n. 3 del 2012 della sezione II (Liquidazione del patrimonio), articoli da 14-bis a 14-undecies (v. infra). Si osserva che le disposizioni contenute nelle due fonti sono sostanzialmente identiche.

 

Quando, infatti, il consumatore versi in una situazione di sovraindebitamento ed abbia già fatto ricorso, nei precedenti 5 anni, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (che ai sensi dell'articolo 2 gli precluderebbe l'accesso ad una nuova procedura) può avanzare domanda di liquidazione di tutti i suoi beni e dei crediti fondati su prova scritta (comma 1).

La domanda è proposta al tribunale del luogo di residenza del consumatore  e deve essere corredata dalla documentazione di cui all'articolo 4 (ovvero gli stessi da allegare per la proposta del piano di ristrutturazione dei debiti (comma 2).

Il comma 3 prevede l'inammissibilità della domanda di liquidazione:

§      se la documentazione allegata non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore;

§      se quest'ultimo abbia fatto accesso alla procedura di liquidazione negli ultimi 5 anni.

 

Il comma 4 indica, infine, una serie di cespiti che non sono compresi nella liquidazione, ovvero:

a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 c.p.c. (vedi ante, art. 2 del decreto legge)

b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento;

c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del codice civile.

Si ricorda che l’articolo 170 del codice civile dispone che «L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».

d) le cose impignorabili per legge.



Art. 10
(Conversione della procedura di composizione in quella di liquidazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 10
(Conversione della procedura di composizione in quella di liquidazione)

 

1. Il giudice, su istanza del debitore o di uno dei creditori, dispone, con decreto avente il contenuto di cui al comma 2 dell'articolo 11, la conversione della procedura di composizione della crisi di cui alla sezione I in quella di liquidazione del patrimonio del debitore nell'ipotesi di revoca o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano ai sensi dell'articolo 8.

 

2. I beni e i crediti sopravvenuti nel patrimonio del debitore dopo il deposito della proposta di cui all'articolo 4 non compongono il patrimonio di liquidazione, salvo che non costituiscano già oggetto del piano.

 

L’articolo 10 prevede la possibilità di convertire la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore in quella di liquidazione del patrimonio del consumatore.

La conversione sarà disposta con decreto del giudice (sul cui contenuto vedi ultra art. 11) su istanza del debitore o di uno dei creditori, nel caso di revoca o cessazione degli effetti di omologa del piano nelle ipotesi di cui all’articolo 8 (comma 1).

Dopo il deposito della proposta di piano, i beni e i crediti sopravvenuti nel patrimonio del debitore non entrano a far parte del patrimonio liquidabile, salvo non costituiscano già oggetto del piano.

Si segnala che l’articolo 10 del decreto-legge, nel testo trasmesso dal Senato, ha un contenuto analogo all’art. 14-ter della legge n. 3 del 2012 (come novellata dal Senato, v. infra). Le differenze riguardano i soggetti cui si applicano le disposizioni: nel caso dell’articolo 10 il consumatore, nel caso dell’art. 14-ter della legge n. 3 il debitore in genere.



Art. 11
(Decreto di apertura della liquidazione)

 

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11
(Decreto di apertura della liquidazione)

 

1. Il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all'articolo 9, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione. Si applica l'articolo 5, comma 4.

 

2. Con il decreto di cui al comma 1 il giudice:

a) ove non sia stato nominato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, nomina un liquidatore, da individuare in un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

b) dispone che non possano, a pena di nullità, essere iniziate o proseguite, per un tempo non superiore a tre anni, azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi o acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore;

c) stabilisce idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto;

d) ordina, ove il patrimonio comprenda beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto a cura del liquidatore presso gli uffici competenti;

e) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore a continuare ad utilizzare parte di essi. Il provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del liquidatore.

 

3. Non hanno effetto, rispetto ai creditori, le trascrizioni o iscrizioni di diritti acquistati verso il debitore, se eseguite dopo che il decreto è stato trascritto.

 

L’articolo 11 prevede l’apertura della liquidazione, che deve essere dichiarata dal giudice con decreto una volta verificata l’assenza di atti in frode al creditore nell’ultimo quinquennio; nello stesso atto il giudice nominerà un liquidatore (con i requisiti richiesti al curatore fallimentare), congelerà per 3 anni ogni azione esecutiva , sequestro conservativo, acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, ordinerà di dare pubblicità alla procedura e di procedere alle trascrizioni riguardanti i beni immobili e mobili registrati, ordinerà la consegna-rilascio di beni che fanno parte del patrimonio da liquidare (salvo, per gravi motivi, che il debitore sia autorizzato ad un utilizzo di parte di essi).

 

Una volta trascritto il decreto, le trascrizioni o iscrizioni di diritti acquistati nei confronti del debitore, non hanno più effetto.

 

Identica disposizione è recata dall’art. 14-quater, introdotto nella legge n. 3 del 2012 dall’art. 11-duodecies approvato al Senato (v. infra).

 



Art. 11-bis
(Inventario ed elenco dei creditori)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-bis
(Inventario ed elenco dei creditori)

 

1. Il liquidatore, verificato l'elenco dei creditori e l'attendibilità della documentazione di cui all'articolo 4, forma l'inventario dei beni da liquidare e comunica ai creditori e ai titolari dei diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del debitore, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata:

a) che possono partecipare alla liquidazione, depositando o spedendo nel luogo da lui indicato, anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione, purché sia possibile fornire la prova della ricezione, una domanda di partecipazione che abbia il contenuto previsto dall'articolo 11-ter;

b) la data entro cui vanno presentate le domande;

c) la data entro cui saranno comunicati al debitore e ai creditori lo stato passivo e ogni altra utile informazione.

 

L’articolo 11-bis stabilisce i compiti del liquidatore in sede di inventario dei beni.

Dopo la verifica dell’elenco dei creditori e dell’attendibilità della documentazione ricevuta (cfr. art. 4), egli forma l'inventario dei beni da liquidare comunicando ai creditori (via fax, raccomandata a/r ovvero p.e.c.) e ai titolari dei diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, sui beni cose in possesso o nella disponibilità del debitore, informandoli inoltre: della possibilità di partecipare alla liquidazione tramite una domanda di partecipazione (il cui contenuto è precisato dal successivo articolo 11-ter); della data ultima di presentazione delle domande e della data entro cui saranno comunicati al debitore e ai creditori lo stato passivo e ogni altra utile informazione.

 

Identica disposizione è recata dall’art. 14-quinquies della legge n. 3 del 2012, introdotto dall’art. 11-duodecies approvato al Senato (v. infra).

 



Art. 11-ter
(Domanda di partecipazione alla liquidazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-ter
(Domanda di partecipazione alla liquidazione)

 

1. La domanda di partecipazione alla liquidazione, di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili è proposta con ricorso che contiene:

a) l'indicazione delle generalità del creditore;

b) la determinazione della somma che si intende far valere nella liquidazione, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;

c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;

d) l'eventuale indicazione di un titolo di prelazione;

e) l'indicazione del numero di telefax, l'indirizzo di posta elettronica o l'elezione di domicilio in un comune del circondario ove ha sede il tribunale competente.

 

2. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi dei diritti fatti valere.

 

L’articolo 11-ter riguarda il contenuto della domanda di partecipazione alla liquidazione, proposta a mezzo ricorso: generalità del creditore; somma che si reclama nella liquidazione o beni di cui si chiede la restituzione o che si rivendica; breve esposizione delle ragioni della domanda; presenza di eventuali titoli di prelazione; coordinate di fax, e-mail o domicilio. Al ricorso deve contenere i documenti che giustifichino i diritti fatti valere.

 

Anche in tal caso, il contenuto appare identico a quello dell’art. 14-sexies della legge n. 3 del 2012, introdotto dall’art. 11-duodecies approvato al Senato (v. infra).



Art. 11-quater
(Formazione del passivo)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-quater
(Formazione del passivo)

 

1. Il liquidatore esamina le domande di cui all'articolo 11-ter e, predisposto un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore, lo comunica agli interessati, assegnando un termine di quindici giorni per le eventuali osservazioni da comunicare con le modalità dell'articolo 11-bis, comma 1, lettera a).

 

2. In assenza di osservazioni, il liquidatore approva lo stato passivo dandone comunicazione alle parti.

 

3. Ove invece siano formulate osservazioni e il liquidatore le ritenga fondate, entro il termine di quindici giorni dalla ricezione dell'ultima osservazione, predispone un nuovo progetto e lo comunica ai sensi del comma 1.

 

4. In presenza di contestazioni non superabili ai sensi del comma 3, il liquidatore rimette gli atti al giudice che lo ha nominato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo. Si applica l'articolo 5, comma 4.

 

 

L’articolo 11-quater stabilisce che, ricevute le domande, il liquidatore redige un progetto di stato passivo ed assegna un termine di 15 giorni agli interessati per le eventuali osservazioni.

Nei successivi 15 giorni, in presenza di osservazioni, il liquidatore predispone il progetto definitivo di stato passivo; in caso contrario lo stato passivo è approvato e comunicato alle parti. Se vengono mosse al liquidatore contestazioni insuperabili, questi trasmette gli atti al giudice che provvede alla definitiva formazione del passivo

 

Il contenuto appare identico a quello dell’art. 14-septies, introdotto dall’art. 11-duodecies approvato al Senato, nella legge n. 3 del 2012.

 



Art. 11-quinquies
(Liquidazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-quinquies
(Liquidazione)

 

1. Il liquidatore, entro trenta giorni dalla formazione dell'inventario, elabora un programma di liquidazione, che comunica al debitore ed ai creditori e porta a conoscenza del giudice.

 

2. Il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione. Fanno parte del patrimonio di liquidazione anche gli accessori, le pertinenze e i frutti prodotti dai beni del debitore. La liquidazione avviene, senza ulteriori autorizzazioni, in conformità al programma, salva la possibilità che il giudice, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi, sospenda con decreto motivato gli atti di esecuzione del programma di liquidazione. Se alla data di apertura della procedura di liquidazione sono pendenti procedure esecutive il liquidatore può subentrarvi.

 

3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme, ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui all'articolo 11 e dichiara la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta.

 

L’articolo 11-quinquies prevede che spetta al liquidatore, entro 30 giorni dalla formazione dell’inventario, elaborare un programma di liquidazione, comunicarlo a debitore, creditori e giudice.

Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni liquidabili e la liquidazione avverrà in conformità al programma e senza ulteriori autorizzazioni (potrà però il giudice, in presenza di gravi motivi, disporne la sospensione con decreto motivato). Spetta al giudice disporre lo svincolo delle somme, ordinare la cancellazione di ogni vincolo sui beni (trascrizione di pignoramenti, diritti d prelazione, ecc.) e la cessazione di ogni pubblicità disposta.

 

Il contenuto appare identico a quello dell’art. 14-octies, introdotto dall’art. 11-duodecies approvato al Senato, nella legge n. 3 del 2012.

 



Art. 11-sexies
(Azioni del liquidatore)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-sexies
(Azioni del liquidatore)

 

1. Il liquidatore esercita ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni componenti il patrimonio di liquidazione e comunque correlata con lo svolgimento dell'attività di amministrazione di cui all'articolo 11-quinquies, comma 2. Il liquidatore può promuovere le azioni volte al recupero dei crediti conferiti in liquidazione.

 

L’articolo 11-sexies prevede le azioni del liquidatore.

Questi eserciterà ogni azione prevista dalla legge volta a rendere disponibili i beni componenti il patrimonio di liquidazione e comunque correlata con lo svolgimento dell'attività di amministrazione dei beni oggetto della liquidazione. Il liquidatore può altresì promuovere le azioni volte al recupero dei crediti conferiti in liquidazione.

 

Il contenuto appare identico a quello dell’art. 14-novies, introdotto dall’art. 11-duodecies approvato al Senato, nella legge n. 3 del 2012.

 



Art. 11-septies
(Beni e crediti sopravvenuti)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-septies
(Beni e crediti sopravvenuti)

 

1. I beni e i crediti sopravvenuti al deposito della domanda di liquidazione di cui all'articolo 9 non costituiscono oggetto della stessa.

Art. 11-octies
(Creditori posteriori)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-octies
(Creditori posteriori)

 

1. I creditori con causa o titolo posteriore al momento dell'esecuzione della pubblicità di cui all'articolo 11, comma 2, lettera c), sono esclusi dalla procedura.

 

 

L’articolo 11-septies esclude dall’ambito della liquidazione i beni e i crediti sopravvenuti al deposito della domanda di liquidazione mentre il successivo articolo 11-octies esclude dalla procedura i creditori con causa o titolo posteriore alla data di esecuzione della pubblicità della domanda di liquidazione e del relativo decreto di apertura disposto dal giudice.

 

Il contenuto appare identico a quello degli artt. 14-decies e 14-undecies introdotti dall’art. 11-duodecies approvato al Senato, nella legge n. 3 del 2012

 



Sezione III
Disposizioni comuni

Art. 11-novies
(Organismi di composizione della crisi)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 10
(Organismi di composizione della crisi)

Articolo 11-novies
(Organismi di composizione della crisi)

1. Gli enti pubblici possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità.

1. Possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore enti pubblici o privati dotati di requisiti di indipendenza, professionalità e adeguatezza patrimoniale determinati con il regolamento di cui al comma 3.

2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

2. Identico.

3. Il Ministro della giustizia determina i requisiti, i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate la formazione dell’elenco e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennità sono ridotte della metà.

3. Il Ministro della giustizia determina i requisiti di cui al comma 1 e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2 con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso regolamento sono disciplinate la formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

4. Gli organismi di mediazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il segretariato sociale costituito ai sensi dell’articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.

Soppresso.

5. Dalla costituzione degli organismi indicati al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e le attività degli stessi devono essere svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

4. Dalla costituzione degli organismi indicati al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le attività degli stessi devono essere svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

6. L’organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8, assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell’accordo, e all’esecuzione dello stesso.

5. L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dalle sezioni I e II del presente capo, assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all'esecuzione dello stesso.

7. Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano ai sensi dell’articolo 4, comma 2, e trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta ai sensi dell’articolo 7, comma 1.

6. Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati e attesta la fattibilità del piano ai sensi dell'articolo 4, comma 2.

8. L’organismo esegue la pubblicità della proposta e dell’accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell’ambito del procedimento previsto dagli articoli 5, 6 e 7.

7. L'organismo esegue le pubblicità ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito dei procedimenti previsti dalle sezioni I e II del presente capo.

 

8. Quando il giudice lo dispone ai sensi degli articoli 7, comma 1, o 11, comma 2, l'organismo svolge le funzioni di liquidatore stabilite con le disposizioni del presente capo. Ove designato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, svolge le funzioni di gestore per la liquidazione.

Articolo 11
(Disposizioni transitorie)

 

1. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura, le tariffe applicabili all’attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. Nel caso di sovraindebitamento del consumatore le stesse indennità sono ridotte della metà.

9. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura, le tariffe applicabili all'attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

 

10. A decorrere dalla data di avvio del sistema pubblico di prevenzione, istituito dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, le verifiche sulla veridicità dei dati e l'attestazione di cui al comma 6, nonché gli accertamenti necessari per la redazione della relazione di cui all'articolo 4, comma 2, sono effettuati per il tramite dell'archivio centrale informatizzato di cui all'articolo 30-ter, comma 2, del citato decreto legislativo.

 

Gli articoli 11-novies, 11-decies e 11-undecies, sono stati introdotti nel corso dell’esame al Senato e compongono la sezione III concernente le disposizioni comuni alle prime due Seziona (la Sezione I sulla proposta del consumatore e la Sezione seconda sulla liquidazione del patrimonio). Nel loro complesso le tre Sezioni compongono il Capo I che interessa le composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore. Gli organismi di composizione della crisi sono altresì disciplinati dall’art. 15 della legge n. 3 del 2012, integralmente sostituito dal testo approvato dal Senato (v. infra).

 

L’art. 11-noviesdisciplina gli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore.

Possono costituire organismi di tal genere enti pubblici o privati dotati di requisiti di indipendenza, professionalità e adeguatezza patrimoniale (comma 1). I compiti e le funzioni possono essere svolti anche da un professionista o da una società di professionisti in possesso dei requisiti per le funzioni di curatore fallimentare ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice delegato.

I soggetti che ricorrono alla procedura dovranno farsi carico delle tariffe per l’attività svolta dai professionisti, stabilite con decreto del Ministro della giustizia in ragione del valore della procedura.

 

Si osserva che potrebbe risultare opportuno coordinare questa disposizione con l’art. 9, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 1 del 2012 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), in corso di conversione. Tale provvedimento, infatti, abroga le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico e demanda al Ministro della giustizia l’adozione di un decreto che stabilisca parametri nel caso di liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale.

 

Gli organismi sono iscritti in un registro presso il Ministero della Giustizia. Con regolamento del Ministro della Giustizia sono determinati i requisiti e sono disciplinate la formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria: alla costituzione degli organismi non devono conseguire nuovi o maggiori oneri a carica della finanza pubblica e le attività degli stessi debbono essere svolte nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

E’ attribuito all’organismo di composizione della crisi il potere di assumere ogni iniziativa funzionale alle predisposizione del piano di ristrutturazione e alla sua esecuzione, di verificare la veridicità dei dati contenuti nella proposta di piano presentata e nei relativi documenti, di attestare la fattibilità del piano.

 

In base all’art. 4, comma 2, del provvedimento trasmesso dal Senato, infatti, la proposta di piano reca una relazione dell’organismo in cui debbono essere indicate le cause dell’indebitamento e del grado di diligenza impiegato dal consumatore nell’assumere le obbligazioni, le ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni, l’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dal creditore, il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore e sulla concreta fattibilità del piano.

 

Spetta all’organismo eseguire le pubblicità ed effettuare le comunicazioni disposte dal giudice e, quando disposto dal giudice, svolgere le funzioni di liquidatore in esecuzione del piano omologato ovvero della procedura alternativa di liquidazione. In qualità di liquidatore svolge anche le funzioni di gestore per la liquidazione.

Per le verifiche sulla veridicità dei dati, l’attestazione della fattibilità del piano e per gli accertamenti necessari per la relazione che deve accompagnare la proposta di piano sarà utilizzato, a decorrere dall’avvio del sistema pubblico di prevenzione, l’archivio centrale informatizzato di cui all’articolo 30-ter, comma 2, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141.

 

Il d.lgs. n. 141 del 2010[2] ha previsto, al Titolo V-bis (artt. da 30-bis a 30-octies),l’istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al furto d’identità.

Il sistema di prevenzione è basato sull'archivio centrale informatizzato, composto da tre strumenti informatici: il primo, denominato interconnessione di rete; il secondo, denominato modulo informatico centralizzato; il terzo, denominato modulo informatico di allerta, che memorizza le informazioni trasmesse dagli aderenti relative alle frodi subite o ai casi che configurano un rischio di frodi nei settori del credito, dei servizi di comunicazione elettronica o interattivi nonché le segnalazioni di specifiche allerta preventive trasmesse dal titolare dell'archivio agli aderenti.

Partecipano al sistema di prevenzione delle frodi le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale previsto, i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, i gestori di sistemi di informazioni creditizie, ogni altra categoria individuata con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze.

Sono assoggettabili a riscontro, con i dati detenuti da organismi pubblici e privati, i dati relativi a persone fisiche che richiedono una dilazione o un differimento di pagamento, un finanziamento o altra analoga facilitazione finanziaria, contenuti nei  documenti di identità e di riconoscimento, comunque denominati o equipollenti, ancorché smarriti o rubati; nelle  partite IVA, codici fiscali e documenti che attestano il reddito; nelle  posizioni contributive previdenziali ed assistenziali.

L'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza e la Polizia di Stato possono accedere, a titolo gratuito, al sistema di prevenzione.

La fissazione di termini, modalità e condizioni per la gestione del sistema di prevenzione sono demandati ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 11 aprile 2011, n. 64.

 



Art. 11-decies
(Esdebitazione)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-decies
(Esdebitazione)

 

1. Il consumatore sovraindebitato è liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni I e II del presente capo e non soddisfatti, a condizione che:

a) abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;

b) non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;

c) non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'articolo 11-undecies;

d) siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

 

2. L'esdebitazione è esclusa:

a) quando il sovraindebitamento del debitore che ha fatto accesso alla procedura di liquidazione di cui alla sezione II è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali;

b) quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura delle procedure di cui alle sezioni I e II del presente capo o nel corso delle stesse, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.

 

3. L'esdebitazione non opera:

a) per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;

b) per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

 

4. Il giudice, con decreto adottato su ricorso del debitore interessato, verificate le condizioni di cui ai commi 1 e 2, dichiara inesigibili nei suoi confronti i crediti non soddisfatti integralmente. I creditori non integralmente soddisfatti possono proporre reclamo ai sensi dell'articolo 739 del codice di procedura civile di fronte al tribunale, del quale non può far parte il giudice che ha emesso il decreto.

 

5. Il provvedimento di esdebitazione è revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori, se risulta che è stato concesso ricorrendo l'ipotesi del comma 2, lettera b). Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

 

 

L’art. 11-decies riguarda l’esdebitazione del consumatore.

 

Si ricorda che l’istituto della esdebitazione è disciplinato dagli articoli da 142 a 145 della legge fallimentare (RD. n. 267 del 1942), in forza dei quali il fallito persona fisica viene ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a determinate condizioni. L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali (art. 142).

 

Il consumatore sovraindebitato è liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori per titolo e causa non soddisfatti, anteriori al decreto con cui sono state aperte le procedure relative al piano ovvero alla liquidazione del patrimonio, purché siano soddisfatte quattro condizioni:

§      abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura;

§      non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;

§      non sia stato condannato che interessano le procedure relative al piano e alla liquidazione del patrimonio (v. oltre art. 11-undecies);

§      siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

 

Sono poi indicate (comma 2) due cause di esclusione dell’esdebitazione:

§      nella procedura di liquidazione del patrimonio, il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al debito colposo e sproporzionato rispetto alle capacità patrimoniali;

§      con riguardo ad entrambe le procedure (piano e liquidazione del patrimonio), il debitore nei cinque anni precedenti o nel corso delle medesime procedure ha compiuto atti in frode, simulazioni o altri atti per favorire alcuni creditori a danno di altri.

 

Sono  quindi indicate (comma 3) le ipotesi in cui non opera l’esdebitazione: debiti da obblighi di mantenimento e alimentari; debiti da risarcimento danni per illecito extracontrattuale oltre che per le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

Dopo avere verificato le condizioni  e la cause di esclusione, il giudice dichiara inesigibili nei confronti del debitore i crediti non soddisfatti integralmente. I creditori non soddisfatti integralmente possono proporre reclamo ai sensi dell’articolo 739 c.p.c. davanti al tribunale, del quale non può fare parte il giudice che ha emesso il decreto.

 

In base all’art. 739 c.p.c., contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio.

Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti.

Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo.

 

Il provvedimento di esdebitazione è revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori, se risulta che è stato concesso nel caso in cui il debitore nei cinque anni precedenti o nel corso delle procedure ha compiuto atti in frode, simulazioni o altri atti per favorire alcuni creditori a danno di altri. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti c.p.c. (disposizioni comuni sui procedimenti in camera di consiglio) , ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

 

 

Il Senato ha introdotto una disposizione analoga nella legge n. 3 del 2012; l’articolo 16 della legge consente infatti l’esdebitazione del debitore (v. infra, art. 11-duodecies, comma 1, lettera p).

 



Art. 11-undecies
(Sanzioni)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

 

Articolo 11-undecies
(Sanzioni)

 

        1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che:

    a) al fine di ottenere l'accesso alle procedure di cui alle sezioni I e II del presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;

b) al fine di ottenere l'accesso alle procedure di cui alle sezioni I e II del presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;               

c) nel corso della procedura, effettua pagamenti non previsti nel piano;

d) dopo il deposito della proposta di piano, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;

e) intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano.  

 

2. Il componente dell'organismo di composizione della crisi che rende false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati, ovvero nella relazione di cui all'articolo 4, comma 2, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

 3. La stessa pena di cui al comma 2 si applica al componente dell'organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.

4. Salvo che al fatto siano applicabili gli articoli 317, 318, 319, 321, 322, 322-ter e 323 del codice penale, il liquidatore nominato dal giudice nelle procedure di cui alle sezioni I e II del presente capo e il gestore per la liquidazione che prendono interesse privato in qualsiasi atto delle medesime procedure, direttamente o per interposta persona o con atti simulati, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

 

 

L’articolo 11-undeciesdisciplina le sanzioni.

 

 

Per il consumatore è prevista, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 1.000 a 50.000 euro nel caso in cui:

-       per accedere alle procedure relative al piano o alla liquidazione del patrimonio, aumenti o diminuisca il passivo oppure sottragga o dissimuli una parte rilevante dell’attivo oppure dolosamente simuli attività inesistenti;

-       per accedere alle medesime procedure, produca documentazione contraffatta o alterata ovvero sottragga, occulti o distrugga, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;

-       effettui pagamenti non previsti nel piano;

-       dopo il deposito della proposta di piano, e per tutta la durata della procedura, aggravi la propria posizione debitoria;

-       intenzionalmente non rispetti i contenuti del piano.

 

Per i componenti dell’organismo di composizione della crisi è prevista la reclusione da uno a tre anni e la multa da 1.000 a 50.000 euro nei seguenti casi:

-       false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero nella relazione che accompagna la proposta di piano;

-       danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del proprio ufficio.

 

Nei confronti del liquidatore nominato dal giudice e del gestore della liquidazione che prendono interesse privato in qualsiasi atto delle procedure, direttamente o per interposta persona o con atti simulati, è prevista (comma 4) la reclusione da uno a tre anni e la multa da 1.000 a 50.000 euro, salvo che siano applicabili gli articoli 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 321 (Pene per il corruttore), 322 (Istigazione alla corruzione), 322-ter (Confisca) e 323 (Abuso d’ufficio) c.p.

 

Si osserva che disposizione identica è contenuta nell’articolo 19 della legge n. 3 del 2012, come sostituito dal Senato (v. infra il commento all’art. 11-duodecies, comma 1, lett. s).

Ai fini dell’individuazione del rapporto tra le fattispecie di reato contenute nel comma 4 dell’art. 11-undecies e le fattispecie di reato contenute nel c.p. cui è fatto rinvio, si osserva, con riferimento alla clausola di salvaguardia in caso di applicabilità dei citati articoli del codice penale, che la pena edittale ex art. 318 c.p. per la corruzione per un atto d’ufficio è da sei mesi a tre anni. Per l’istigazione alla corruzione ex art. 322 c.p.  si applica la stessa pena ridotta di un terzo. Per la corruzione per un atto d’ufficio ex art. 318 c.p., nel caso in cui il pubblico ufficiale riceva la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno. Si osserva altresì che la pena edittale per l’abuso d’ufficio è da sei mesi a tre anni.

Ancora con riguardo all’abuso d’ufficio potrebbe rivelarsi opportuno valutare il rapporto tra la clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 11-undecies, comma 4, del decreto-legge e l’analoga clausola di salvaguardia concernente il fatto che costituisca più grave reato con cui esordisce l’art. 323 c.p.

 



Capo I-bis
Modifiche alla disciplina in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento

Art. 11-duocedies
(Modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, recante disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento)

 

L’articolo 11-duodecies, introdotto nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione al Senato, novella in più punti la recente legge n. 3 del 2012.

Di seguito, con l’aiuto di testi a fronte, si evidenziano le modifiche più rilevanti alla legge n. 3.

 

La lettera a) modifica la denominazione del Capo II per precisare che non si tratta di un solo procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, bensì di “procedimenti”. Con la novella si intende così dar conto anche della nuova sezione della legge – inserita dalla lettera n) – che disciplina la liquidazione del patrimonio del debitore (articoli da 14-bis a 14-undecies).

 

Con la lettera b) si ripartisce il capo II in sezioni, introducendo la sezione I relativa all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (articoli da 6 a 14 della legge n. 3/2012).

 

La lettera c) novella il successivo articolo 6, semplificando la definizione di sovraindebitamento, ricondotto alla definitiva incapacità del debitore di adempiere con regolarità alle proprie obbligazioni.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

 

 

CAPO II
Procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento

CAPO II
Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio

 

Sezione prima
Accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento

Articolo 6
Finalità

1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette nè assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, è consentito al debitore concludere un accordo con i creditori nell'ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dal presente capo.

1. Identico.

2. Ai fini del presente capo, per «sovraindebitamento» si intende una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

2. Ai fini del presente capo, per «sovraindebitamento» si intende una situazione di definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

 

 

La lettera d) modifica l’articolo 7 della legge n. 3 del 2012, relativa ai presupposti di ammissibilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, prevedendo:

§      un riconoscimento espresso dell’obbligo per il debitore di soddisfare appieno i titolari di crediti impignorabili;

 

Ai sensi dell’art. 545 c.p.c., che non ha carattere esaustivo, rinviando a leggi speciali, non possono essere pignorati i crediti alimentari, i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie e funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario di altra indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal giudice. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.

 

§      l’obbligo per il debitore di adempiere integralmente alle sue obbligazioni relative a tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea (es. versamento IVA); il piano potrà al massimo prevedere una dilazione del pagamento;

§      la possibilità di non soddisfare integralmente i creditori privilegiati (prevista invece come regola dalla normativa vigente); il piano dovrà però prevedere che essi ottengano un pagamento non inferiore a quello che potrebbero ottenere dalla liquidazione del patrimonio del debitore;

§      che il patrimonio del debitore possa essere affidato ad un gestore (e non un fiduciario, come attualmente previsto) che dovrà essere individuato in un professionista che ha i requisiti per la nomina a curatore fallimentare;

§      che la proposta di accordo sia ammissibile a patto che il debitore non abbia già usufruito dell’istituto nei 5 anni precedenti (ora sono i 3 anni precedenti) e non abbia subito provvedimenti di revoca, annullamento o risoluzione di accordi di composizione della crisi per cause a lui imputabili;

§      che anche l’imprenditore agricolo possa, nel rispetto dei presupposti generali, accedere alla procedura.

 

L’imprenditore agricolo, ai sensi dell’art. 2135 del codice civile, è «colui che esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento di animali e attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura».

L’imprenditore agricolo non è soggetto a fallimento in quanto questa procedura, come disposto dall’art. 1 della legge fallimentare, è riservata agli imprenditori commerciali. Tale esenzione dal fallimento è stato tuttavia limitata dalla progressiva dilatazione della nozione di imprenditore agricolo a seguito della modifica dell’art. 2135 c.c. (soprattutto ad opera del Dlgs n. 228/2001[3]), che ha finito per eliminare, o comunque, attenuare fortemente, il confine, mai del tutto certo, tra le categorie dell’imprenditore agricolo e quello commerciale. A tale nuova situazione si è adeguata la giurisprudenza (v. da ultimo, Cass. 10/12/2010, n. 24995), che in presenza di specifici parametri ha ritenuto fallibile dell’impresa agricola.

In questo quadro, è intervenuto più recentemente l’art. 23, comma 43, del D.L. n. 98 del 2011[4], prevedendo - in attesa di una revisione complessiva della disciplina dell'imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia – un possibile accesso degli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza alle procedure di cui agli articoli 182-bis e 182-ter della Legge fallimentare. L’imprenditore agricolo, non soggetto al fallimento e al concordato, può quindi utilizzare oggi la procedura di ristrutturazione dei debiti e servirsi della transazione fiscale.

 

Per quanto concerne l’inserimento dell’imprenditore agricolo fra i soggetti che possono accedere a queste procedure, si sottolinea l’opportunità di verificare il rapporto tra queste disposizioni ed il recente art. 23, comma 43, del decreto-legge n. 98 del 2011, che già prevede per questo imprenditore una particolare procedura di ristrutturazione dei debiti.

 

Nella nuova formulazione dell’articolo 7, comma 1, non si fa più riferimento all’obbligo di assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo. La loro posizione è ora definita dall’articolo 12, comma 2, della legge, come modificato dalla lettera i) (v. infra).

 

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Art. 7
Presupposti di ammissibilità

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all'accordo stesso, compreso l'integrale pagamento dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente, salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 4. Il piano prevede le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti, le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni.[segue]






































[continua, comma 1] Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può propone ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichile eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposti sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

2. La proposta è ammissibile quando il debitore:

2. Identico:

a) non è assoggettabile alle procedure previste dall'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni;

a) non è assoggettabile alle vigenti procedure concorsuali;

b) non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi.

b) non ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente: capo;

 

b-bis) non ha subito in precedenza provvedimenti di revoca, annullamento o risoluzione, per cause a lui imputabili, di accordi di composizione della crisi omologati;

 

2-bis. Ferma l'applicazione del comma 2, lettere b) e b-bis), l'imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può accedere alla procedura di cui alla presente sezione.

 

 

La lettera e) novella l’articolo 8, relativo al contenuto dell’accordo, eliminando ogni riferimento ai creditori estranei, per i quali la norma vigente consente una moratoria dal pagamento sino ad un anno, salvo il loro diritto all’integrale soddisfazione del credito (affermato dall’articolo 7, comma 1).

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 8
Contenuto dell’accordo

1.  La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei redditi futuri.

1.  La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.

2.  Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo.

2.  Nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo.

3.  Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

3. Identico.

4. Il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:

a) il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine;

b) l'esecuzione del piano sia affidata ad un liquidatore nominato dal giudice su proposta dell'organismo di composizione della crisi;

c) la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili.

Abrogato

 

 

La lettera f) modifica l’articolo 9 della legge n. 3 del 2012 disponendo in particolare che il debitore debba depositare, in alternativa alle scritture contabili degli ultimi tre esercizi, gli estratti conto bancari degli ultimi tre anni.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 14, comma 10, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011) ha disposto che “i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi che effettuano operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili possono sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta delle scritture contabili”.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 9
Deposito della proposta di accordo

1. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore.

1. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore.

2. Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.

2. Identico.

3. Il debitore che svolge attività d'impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, unitamente a dichiarazione che ne attesta la conformità all'originale.

3. Il debitore che svolge attività d'impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, ovvero, in sostituzione delle scritture contabili e per periodi corrispondenti, gli estratti conto bancari tenuti ai sensi dell'articolo 14, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183, unitamente a dichiarazione che ne attesta la conformità all'originale.

 

 

La lettera g) interviene sull’articolo 10 della legge, relativo al procedimento, prevedendo:

§      che il giudice possa concedere al debitore 15 giorni per apportare eventuali correzioni al piano e produrre nuovi documenti;

§      la trascrizione di ogni atto relativo alla cessione o all’affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati. Dovrà provvedervi l’organismo di composizione della crisi;

§      che fino all’omologazione dell’accordo non possano essere compiuti atti di gestione eccedenti l’ordinaria amministrazione, pena la nullità.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 10
Procedimento

1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7 e 9, fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l'avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3 del presente articolo.

1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9, fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l'avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3 del presente articolo. Il giudice può concedere al debitore un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportate integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, alla pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese.

2.  Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, alla pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese. Qualora il piano preveda la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto di cui al comma 1 deve essere trascritto, a cura dell'organismo di composizione della crisi di cui all'articolo 15, presso gli uffici competenti.

3. All'udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

3. Identico.

 

3-bis. A decorrere dalla data del provvedimento di cui al comma 3 e sino alla data di omologazione dell'accordo gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione compiuti senza l'autorizzazione del giudice sono nulli.

4.  Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

4. Identico.

5.  Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo.

5. Identico.

6.  Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

6. Identico.

 

 

La lettera h) novella l’articolo 11 della legge n. 3/2012, che disciplina il raggiungimento dell’accordo. In particolare, si segnalano le seguenti novità:

§      i creditori devono far conoscere il consenso alla proposta eventualmente modificata del piano 30 giorni prima che scada il termine (di 120 giorni) fissato dal giudice ai sensi dell’art. 10, comma 3 (è il termine entro il quale non possono essere iniziate o proseguite azioni sul patrimonio del debitore). Laddove non lo facciano, si considera che abbiano prestato consenso alla proposta originaria;

§      per il raggiungimento dell’accordo è sufficiente il consenso del 60% dei crediti (attualmente la legge richiede il 70%);

§      se la proposta prevede l’integrale soddisfazione dei creditori privilegiati, questi non sono computati nella maggioranza richiesta. Solo se rinunciano anche in parte alla prelazione hanno diritto di esprimersi sulla proposta.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 11
Raggiungimento dell'accordo

1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata.

1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata almeno 30 giorni prima della scadenza del termine assegnato dal giudice con il decreto di cui all'articolo 10, comma 3; in mancanza, si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta negli esatti termini in cui è stata loro comunicata.

2.  Ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 12, è necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 70 per cento dei crediti.

2.  Ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 12, è necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60 per cento dei crediti. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta preveda l'integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto ad esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.

3.  L'accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.

3. Identico.

4.  L'accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.

4. Identico.

5.  L'accordo è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

5.  L'accordo è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Il giudice provvede d'ufficio con decreto reclamabile, ai sensi dell'articolo 739 del codice di procedura civile, innanzi al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che lo ha pronunciato.

 

La lettera i) modifica l’articolo 12 sull’omologazione dell’accordo, prevedendo:

§      che il giudice debba verificare l’idoneità del piano a soddisfare integralmente i crediti impignorabili e quelli relativi a pagamenti di imposte di origine europea (non si fa più riferimento ai creditori estranei);

§      che il giudice possa omologare l’accordo se ritiene che i creditori estranei o che avanzano contestazioni del piano possano ottenere dall’esecuzione dell’accordo una soddisfazione non inferiore a quella che riceverebbero dall’opzione alternativa, della liquidazione del patrimonio del debitore disciplinata dalla sezione II (v. infra);

§      che per 3 anni dall’omologazione dell’accordo (in luogo dall’anno, previsto dalla normativa vigente) non possano, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore;

§      che i creditori con causa o titolo posteriore all’eseguita pubblicità del piano non possano comunque procedere esecutivamente sui beni ed i crediti ricompresi nel piano stesso.

§      che la sospensione di ogni azione esecutiva – prevista per la durata di 3 anni dall’omologazione – venga meno in caso di risoluzione dell’accordo o di incapacità del debitore di fare fronte alle pretese dei creditori impignorabili ed ai debiti contratti con l’Unione europea. Sarà il tribunale in composizione monocratica a dover accertare il mancato pagamento dei crediti, pronunciandosi in camera di consiglio. Il reclamo si potrà presentare al tribunale in composizione collegiale (del collegio non potrà far parte il giudice che ha adottato il provvedimento);

§      che laddove il debitore fallisca, non sia comunque esperibile azione revocatoria nei confronti degli atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo.

 

L’azione revocatoria, di cui all’art. 67 della legge fallimentare, è uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione dei suoi creditori, facendovi rientrare quanto ne era uscito nel periodo antecedente al fallimento (il cosiddetto periodo sospetto, recentemente dimezzato dalla riforma delle procedure concorsuali): essa consente, infatti, di colpire gli atti del debitore insolvente che hanno inciso sul suo patrimonio in violazione del principio della par condicio creditorum.

Attraverso la revocatoria il curatore può rendere inefficaci gli atti di disposizione, i pagamenti e le garanzie poste in essere dal fallito nell'anno o nei sei mesi antecedenti al fallimento, conseguentemente imponendo ai terzi che hanno ottenuto beni o denaro di restituire quanto ricevuto, o, se hanno ottenuto garanzie, retrocedendoli dal rango privilegiato a quello chirografario. Affinché, tuttavia, la revocatoria possa essere accolta, è necessario che il terzo al momento dell'atto fosse a conoscenza dell'insolvenza della sua controparte.

La revocatoria deve essere esercitata a pena di decadenza entro tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dalla data dell'atto.

Non tutti gli atti compiuti da soggetti insolventi, tuttavia, possono venire colpiti dalla revocatoria, perché la legge prevede un ampio numero di esenzioni: tra di esse la vendita a giusto prezzo di immobili destinati ad abitazione principale dell'acquirente o di suoi stretti parenti od affini, i pagamenti effettuati nell'esercizio normale dell'impresa, i pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti.

 

La novella al comma 5 dell’articolo 12 della legge n. 3 del 2012 non precisa quali siano le situazioni che possono condurre al fallimento il debitore che ha attivato la composizione della crisi da sovraindebitamento, posto che uno dei presupposti per accedere a questo istituto è che si tratti di “situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali” (art. 7, comma 2, lett. a).

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 12
Omologazione dell'accordo

1. Se l'accordo è raggiunto, l'organismo di composizione della crisi trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 11, comma 2, allegando il testo dell'accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare le eventuali contestazioni. Decorso tale ultimo termine, l'organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un'attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.

1. Identico.

2. Verificato il raggiungimento dell'accordo con la percentuale di cui all'articolo 11, comma 2, verificata l'idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l'accordo e ne dispone l'immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all'articolo 10, comma 2.Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

2. Il giudice omologa l'accordo e ne dispone l'immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all'articolo 10, comma 2, quando, risolta ogni altra contestazione, abbia verificato il raggiungimento dell'accordo con la percentuale di cui all'articolo Il, comma 2 e l'idoneità del piano ad assicurare il pagamento integrale dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di cui all'articolo 7, comma 1, terzo periodo. Quando uno dei creditori che non abbia aderito o che risulti escluso o qualunque altro interessato contesta la: convenienza dell'accordo, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione dell'accordo in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione II. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore ad un anno, l'accordo produce gli effetti di cui all'articolo 10, comma 3.

3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore a tre anni, l'accordo produce gli effetti di cui all'articolo 10, comma 3. I creditori con causa o titolo posteriore al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 10, comma 2, non possono procedere esecutivamente sui beni ed i crediti oggetto del piano.

4.  Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. L'accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei è chiesto al giudice con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di cui all'articolo 7, comma 1, terzo periodo. L'accertamento del mancato pagamento di tali crediti è chiesto al tribunale con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il tribunale provvede in composizione monocratica ed il reclamo, anche avverso il provvedimento di rigetto, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

5.  La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo.

5.  La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo. Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell'accordo omologato non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

 

Le lettera l) interviene sull’articolo 13 della legge, relativo all’esecuzione dell’accordo per aggiungere agli atti che deve compiere il giudice, l’ordine di cancellazione delle trascrizioni riguardanti i beni immobili e mobili registrati previste dall’art. 10, comma 2 (si tratta dei beni di cui il piano prevede la cessione o l’affidamento a terzi). La disposizione inoltre chiarisce che il giudice può, comunque, con decreto motivato, sospendere gli atti di esecuzione dell'accordo qualora ricorrano gravi e giustificati motivi.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 13
Esecuzione dell'accordo

1.  Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall'accordo, il giudice, su proposta dell'organismo di composizione della crisi, nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate. Si applica l'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

1. Identico.

2.  L'organismo di composizione della crisi risolve le eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione dell'accordo e vigila sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura.

2. Identico.

3.  Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.

3.  Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo; ivi compresa la trascrizione del decreto di cui all'articolo 10, comma 2 e la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta. In ogni caso il giudice può, con decreto motivato, sospendere gli atti di esecuzione dell'accordo qualora ricorrano gravi e giustificati motivi.

4.  I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo e del piano sono nulli.

4. Identico.

 

La lettera m) interviene sull’articolo 14 della legge per specificare che il tribunale chiamato a pronunciarsi sull’accordo in camera di consiglio ha una composizione monocratica.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 14
Impugnazione e risoluzione dell'accordo

1. L'accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento.

1. Identico.

2. Se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.

2.  Se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso.

3.  Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dall'accordo.

3. Identico.

4.  L'annullamento e la risoluzione dell'accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

4. Identico.

5.  Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

5.  Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il tribunale provvede in composizione monocratica.

 

La lettera n) inserisce nella legge n. 3 del 2012, capo II, la sezione II (articoli da 14-bis a 14-undecies) relativa alla liquidazione del patrimonio.

 

In estrema sintesi, gli articoli introdotti dal Senato prevedono:

§      che il debitore che ha i requisiti per l’accesso alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento possa, in alternativa alla procedura di cui alla sezione I, chiedere la liquidazione dei propri beni e dei propri crediti fondati su prova scritta. Competente è il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore. L’articolo 14-bis chiarisce i contenuti della domanda ed i documenti da allegare, tra i quali spicca una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi che consenta di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore;

§      che la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento possa essere convertita in quella di liquidazione del patrimonio in presenza di una ipotesi di revoca, annullamento o risoluzione dell’accordo omologato (articolo 14-ter);

§      che l’apertura della liquidazione deve essere dichiarata dal giudice con decreto; nello stesso atto egli nominerà un liquidatore (con i requisiti richiesti al curatore fallimentare), congelerà per 3 anni ogni azione esecutiva ai sensi dell’art. 10, comma 3 (v. sopra), ordinerà di dare pubblicità alla procedura e di procedere alle trascrizioni riguardanti i beni immobili e mobili registrati (articolo 14-quater);

§      che spetta al liquidatore procedere all’inventario dei beni e comunicare con tutti i creditori al fine di redigere lo stato passivo (articolo 14-quinquies);

§      che ogni domanda di partecipazione alla liquidazione, di restituzione o rivendicazione di beni debba essere presentata con ricorso, con allegata documentazione (articolo 14-sexies);

§      che, ricevute le domande il liquidatore redige un progetto di stato passivo ed assegna un termine di 15 giorni agli interessati per le eventuali osservazioni. Nei successivi 15 giorni il liquidatore predispone il progetto definitivo di stato passivo. Se vengono mosse al liquidatore contestazioni insuperabili, questi trasmette gli atti al giudice che provvede alla definitiva formazione del passivo (articolo 14-septies);

§      che spetta al liquidatore, entro 30 giorni dalla formazione dell’inventario, elaborare un programma di liquidazione, comunicarlo a debitore, creditori e giudice. La liquidazione avverrà in conformità al programma e senza ulteriori autorizzazioni (potrà però il giudice, in presenza di gravi motivi, disporne la sospensione) (articolo 14-octies). Il liquidatore è amministratore del patrimonio da liquidare e può promuovere azioni volte al recupero dei crediti conferiti in liquidazione (articolo 14-novies);

§      che i beni ed i crediti sopravvenuti al deposito della domanda di liquidazione non costituiscono oggetto della stessa (articolo 14-decies) mentre i creditori con causa posteriore al momento nel quale si è data pubblicità alla procedura di liquidazione non possono parteciparvi (articolo 14-undecies).

 

La lettera o) torna a novellare la legge n. 3 del 2012, premettendo all’articolo 15 la Sezione III (articoli da 15 a 20), denominata “Disposizioni comuni”.

 

La lettera p) sostituisce integralmente gli articoli 15 e 16 della legge n. 3/2012.

Per quanto riguarda gli organismi di composizione della crisi, il Senato ha deciso di inserire in un unico articolo, il 15, tanto gli attuali contenuti dell’articolo 15 della legge, quanto quelli dell’articolo 17 – relativo ai compiti degli organismi – e in parte dell’articolo 20. Queste ultime disposizioni vengono infatti contestualmente abrogate dalle lettere q) e t).

 

Si evidenzia che il Senato ha disciplinato in modo sostanzialmente identico gli organismi di composizione delle crisi del consumatore all’art. 11-novies del decreto-legge.

 

Le modifiche approvate al Senato possono essere così sintetizzate:

§      si prevedono anche organismi privati e conseguentemente si elimina il comma 4 che nella norma vigente tratta degli organismi presso le Camere di commercio e di altri organismi costituiti da ordini professionali;

§      si aggiunge il requisito dell’adeguatezza patrimoniale;

§      si precisa che l’organismo, ai fini della verifica della veridicità dei dati contenuti nella proposta, potrà usufruire dell'archivio centrale informatizzato di cui all’art. 30-ter del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 (comma 10). In merito si veda sopra il commento all’art. 11-novies, comma 10);

§      si stabilisce che l’organismo potrà svolgere le funzioni di liquidatore (comma 8);

§      si precisa che i compiti degli organismi di composizione possono essere svolti anche da società tra professionisti in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

 

Sezione III
Disposizioni comuni

Articolo 15
Organismi di composizione della crisi

1. Gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità deputati, su istanza della parte interessata, alla composizione delle crisi da sovraindebitamento.

1. Possono costituire organismi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento enti pubblici o privati dotati di requisiti di indipendenza, professionalità e adeguatezza patrimoniale determinati con il regolamento di cui al comma 3.

2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

2. Identico.

3. Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono disciplinate, altresì, la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

3. Il Ministro della giustizia determina i requisiti di cui al comma 1 e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Con lo stesso decreto sono disciplinate la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

4.  Gli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, il segretariato sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2.

Soppressa

5.  Dalla costituzione degli organismi di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e ai componenti degli stessi non spetta alcun compenso o rimborso spese o indennità a qualsiasi titolo corrisposti.

6.  Le attività degli organismi di cui al comma 1 devono essere svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4. Dalla costituzione degli organismi indicati al comma l non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e le attività degli stessi devono essere svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Articolo 17
Compiti dell’organismo di composizione della crisi

 

1.  L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 11, 12 e 13, assume ogni opportuna iniziativa, funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell'accordo e alla buona riuscita dello stesso, finalizzata al superamento della crisi da sovraindebitamento, e collabora con il debitore e con i creditori anche attraverso la modifica del piano oggetto della proposta di accordo.

5. L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dalle sezioni prima e seconda del presente capo, assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all'esecuzione dello stesso.

2.  Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano ai sensi dell'articolo 9, comma 2, e trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta ai sensi dell'articolo 12, comma 1.

6. Lo stesso organismo verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilità del piano ai sensi dell'articolo 9 comma 2.

3.  L'organismo esegue la pubblicità della proposta e dell'accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito del procedimento previsto dal presente capo.

7. L'organismo esegue le pubblicità ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito dei procedimenti previsti dalle sezioni prima e seconda del presente capo.

 

8. Quando il giudice lo dispone ai sensi degli articoli 13, comma 1 o 14-quater, comma 2, l'organismo svolge le funzioni di liquidatore stabilite con le disposizioni del presente capo. Ove designato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, svolge le funzioni di gestore per la liquidazione.

Articolo 20
Disposizioni transitorie e finali

 

2.  I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere anche svolti da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione del valore della procedura e delle finalità sociali della medesima, le tariffe applicabili all'attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

9. I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite, in considerazione nel valore della procedura, i criteri di determinazione delle indennità applicabili all'attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

 

10. A decorrere dalla data di avvio del sistema pubblico di prevenzione, istituito dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, le verifiche sulla veridicità dei dati e l'attestazione di cui al comma 6, nonché gli accertamenti necessari per la redazione della relazione di cui all'articolo 14-bis, comma 3, sono effettuati per il tramite dell'archivio centrale informatizzato di cui all'articolo 30-ter, comma 2, del citato decreto legislativo.

 

 

L’articolo 16 viene interamente riscritto, dedicandolo alla disciplina dell’esdebitazione. Tale disciplina è identica a quella recata dall’articolo 11-decies del decreto-legge (al cui commento si rinvia), salvo il diverso ambito soggettivo che, in tale decreto è circoscritto al solo consumatore.

 

Attualmente l’articolo 16 si limita a prevedere che gli organismi di composizione delle crisi debbano depositare al Ministero il proprio regolamento di procedura.

 

 

La lettera r) novella l’articolo 18 della legge n. 3, relativo all’accesso alle banche dati. La disposizione:

§      restringe l’accesso alle banche dati sia subordinandolo ai dati strettamente necessari alla procedura di composizione della crisi, sia escludendo il generico riferimento alle banche dati pubbliche;

§      demanda ad un decreto del ministro della giustizia, sentito il Garante per la privacy, il compito di stabilire le modalità ed i livelli di accesso ai dati, nonché le modalità della loro conservazione.

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 18
Accesso alle banche dati pubbliche

Articolo 18
Accesso a banche dati ai fini della composizione delle crisi da sovraindebitamento

1.  Per lo svolgimento dei compiti e delle attività previsti dal presente capo, il giudice e, previa autorizzazione di quest'ultimo, gli organismi di cui all'articolo 15 possono accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, di cui alla deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali 16 novembre 2004, n. 8, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2004.

1.  Per lo svolgimento dei compiti e delle attività previsti dal presente capo, il giudice e, previa autorizzazione di quest'ultimo, gli organismi di cui all'articolo 15 possono accedere ai dati strettamente necessari ai fini della composizione della crisi, contenuti nell’anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie e nelle centrali rischi, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, di cui alla deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali 16 novembre 2004, n. 8, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2004.

2.  I dati personali acquisiti per le finalità di cui al comma 1 possono essere trattati e conservati per i soli fini e tempi della procedura e devono essere distrutti contestualmente alla sua conclusione o cessazione. Dell'avvenuta distruzione è data comunicazione al titolare dei suddetti dati, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento o tramite posta elettronica certificata, non oltre quindici giorni dalla distruzione medesima.

2. Identico.

 

2-bis. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità e i livelli di accesso selettivo ai dati di cui al comma l del presente articolo, nonché adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per il trattamento e la conservazione dei dati stessi, ai sensi del comma 2.

 

Infine, la lettera s) novella la disciplina sanzionatoria, contenuta nell’articolo 19 della legge n. 3. Come si evince dal testo a fronte le modifiche sono motivate dalle esigenze di coordinamento della disposizione con le novelle apportate ad altre parti della legge. L’unica disposizione assolutamente innovativa riguarda il comma 4, nel quale è prevista un’autonoma fattispecie penale a carico del liquidatore e del gestore per la liquidazione che prendano interesse privato in qualsiasi parte delle procedure. La pena – che si applica laddove non ricorrano i delitti previsti dal codice penale contro la pubblica amministrazione – è della reclusione da uno a 3 anni e della multa da 1.000 a 50.000 euro.

La disposizione è identica a quella prevista dall’art. 11-undecies, comma 4, del decreto legge (al cui commento si rinvia) con riguardo alla crisi da sovraindebitamento del consumatore.

 

 

Legge n. 3 del 2012

A.C. 4933

Articolo 19
Sanzioni

1.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che:

1. Identico:

a)  al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;

a) al fine di ottenere l'accesso alle procedure di compensazione della crisi di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;

b) al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;

b) al fine di ottenere l'accesso alle procedure di composizione della crisi di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;

c) nel corso della procedura, effettua pagamenti non previsti nel piano oggetto dell'accordo, fatto salvo il regolare pagamento dei creditori estranei;

c) nel corso della procedura di cui alla sezione prima del presente capo, effettua pagamenti non previsti nel piano;

d)  dopo il deposito della proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;

d) dopo il deposito della proposta di accordo, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;

e) intenzionalmente non rispetta i contenuti dell'accordo.

e) intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano.

2.  Il componente dell'organismo di composizione della crisi che rende false attestazioni in ordine all'esito della votazione dei creditori sulla proposta di accordo formulata dal debitore ovvero in ordine alla veridicità dei dati contenuti in tale proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

2. Il componente dell'organismo di composizione della crisi che rende false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati, ovvero nella relazione di cui all'articolo14-bis, comma 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

3.  La stessa pena di cui al comma 2 si applica al componente dell'organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.

3. Identico.

 

4. Salvo che al fatto non siano applicabili gli articoli 317, 318, 319, 321, 322, 322-ter e 323 del codice penale, il liquidatore nominato dal giudice nelle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo e il gestore per la liquidazione che prendono interesse privato in qualsiasi atto delle medesime procedure, direttamente o per interposta persona o con atti simulati, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 11-duodecies dispone in ordine all’entrata in vigore delle modifiche apportate alla legge n. 3 del 2012.

 

Si ricorda che la legge n. 3 del 2012 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 gennaio 2012 ed entra in vigore (art. 21) il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione. La disposizione in commento fissa l’entrata in vigore delle novelle al 29 febbraio 2012.

 



Capo II
Disposizioni per l’efficienza della giustizia civile

Art. 12
(Modifiche alla disciplina della mediazione)

Soppresso

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Capo II

Disposizioni per l’efficienza della giustizia civile

 

Articolo 12
(Modifiche alla disciplina della mediazione)

SOPPRESSO

1. Al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all’articolo 5, dopo il comma 6, è aggiunto, in fine, il seguente:

 

«6-bis. Il capo dell’ufficio giudiziario vigila sull’applicazione di quanto previsto dal comma 1 e adotta, anche nell’ambito dell’attività di pianificazione prevista dall’articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice ai sensi del comma 2, e ne riferisce, con frequenza annuale, al Consiglio superiore della magistratura ed al Ministero della giustizia.»;

 

b) all’articolo 8, comma 5, al secondo periodo sono anteposte le seguenti parole: «Con ordinanza non impugnabile pronunciata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva di cui all’articolo 5, comma 1,».

 

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso l'articolo 12 del decreto-legge. Composto da un unico comma, la norma introduce modifiche al D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28[5], in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

 

La lettera a) dell’art. 12 aggiunge un nuovo comma 6-bis nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 che prevede che i capi degli uffici giudiziari vigilino sull'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 5, che  configura l’esperimento del procedimento di mediazione[6] come condizione di procedibilità della domanda giudiziale in relazione ad alcune materie[7]. Il capo dell'ufficio giudiziario è inoltre chiamato ad adottare "ogni iniziativa necessaria" a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice (invito previsto dal comma 2 del medesimo articolo 5 del decreto legislativo n. 28) anche nell'ambito degli strumenti di pianificazioni introdotti dall'articolo 37, comma 1[8], del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98[9]. Sulle attività disciplinate dalla presente lettera il capo dell'ufficio giudiziario riferisce annualmente al Consiglio superiore della magistratura e al Ministero della giustizia.

La lettera b) modifica invece l'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2010, in base al quale il giudice deve condannare la parte costituita che non ha partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

Con la modifica introdotta dalla lett. b) si prevede che la sanzione deve essere applicata dal giudice con apposita ordinanza non impugnabile pronunziata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti ovvero all'udienza successiva di cui al comma 1 dell'articolo 5.

La disposizione novellata dalla lettera b) era già stata oggetto di modifica da parte dell'articolo 2, comma 35-sexies, del decreto-legge n. 138 del 2011[10]. La formulazione originaria del comma 5 prevedeva solamente che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice potesse desumere argomenti di prova ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura civile. Quest'ultima disposizione stabilisce che il giudice debba valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, potendo desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno in sede di interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinato e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.

 

Come si evince dal dibattito al Senato, le motivazioni della soppressione dell’articolo 12 – su cui si è registrato l’accordo del Governo - deriva dall’opportunità di una più meditata riflessione sull’istituto della mediaconciliazione, anche in relazione all’atteso pronunciamento della Corte costituzionale.

 

Si ricorda, infatti, che il Tar Lazio, Sezione Prima, con l’ordinanza n. 3202 depositata il 12 aprile 2011 ha accolto i rilievi formulati nel ricorso introduttivo proposto dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura (OUA), avverso il decreto legislativo 28 del 2010 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), sospendendo il giudizio introdotto dal ricorso della stessa OUA e rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.

Il decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 obbliga chi intenda iniziare una causa civile su determinate materie a rivolgersi, prima di andare in giudizio, ad un organismo di conciliazione.

La legge, entrata in vigore il 21 marzo 2011 - tranne che per le conciliazioni in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (incidenti stradali), per le quali l'obbligatorietà scatterà nel marzo 2012 - intende deflazionare il contenzioso civile attraverso la conciliazione, gestita da appositi organismi abilitati la cui disciplina è dettata dal decreto ministeriale n. 180 del 2010.

In particolare, il TAR ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 del D.Lgs n. 28/2010 in materia di condizione di procedibilità dell’azione (preventivo tentativo di conciliazione); analoga rilevanza e non manifesta infondatezza ha riguardato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, dello stesso D.Lgs. laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.

 



Art. 13
(Modifiche al codice di procedura civile)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 13
(Modifiche al codice di procedura civile)

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

a) all’articolo 82, primo comma, le parole: «euro 516,46» sono sostituite dalle seguenti: «euro mille»;

a) all’articolo 82, primo comma, le parole: «euro 516,46» sono sostituite dalle seguenti: «euro millecento»;

b) all’articolo 91, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

b) identica.

«Nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.».

 

 

b-bis). All"articolo 769, del codice di procedura civile, dopo il terzo comma, è aggiunto il seguente:

"Quando non sono stati apposti i sigilli, l'inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l'iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte".

 

L’articolo 13, comma 1, interviene sulle disposizioni del codice di procedura civile relative alle cause dinanzi al giudice di pace in cui le parti possono stare in giudizio personalmente.

 

In particolare, la lettera a) interviene sull’articolo 82 c.p.c. per elevare da 516,16 a 1.100 euro il valore soglia delle cause in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace[11].

Il testo iniziale dell’articolo 13 recava un aumento a 1.000 euro; l’ulteriore elevazione a 1.100 è frutto di un emendamento approvato dal Senato.

In riferimento a tali cause, la lettera b), modificando all'articolo 91 c.p.c., stabilisce che spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.

Tale modifica - secondo quanto evidenziato nella relazione al disegno di legge di conversione - è finalizzata ad impedire un danno alla parte soccombente derivante dalla libera scelta della parte vittoriosa di avvalersi di un difensore anche quando ciò non sia prescritto dalla legge. La predetta relazione rileva altresì che «l’intervento appare in linea con quanto previsto in sede di Unione europea, ove il regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007 (cosiddetto small claims) stabilisce – nelle controversie transfrontaliere – che le parti possono agire senza l’assistenza di un difensore quando la causa ha un valore fino a 2.000 euro».

 

La modifica è stata oggetto al Senato di ampia discussione tra le forze politiche per una possibile compressione del diritto di difesa.

Sostanzialmente, si è opinato che a causa dell’esiguità del valore della domanda il giudice potrebbe condannare il soccombente alla refusione delle spese legali sostenute dalla parte vincitrice per un importo insufficiente a risarcire completamente dette spese. Sicché la parte vincitrice, da un lato, non potrebbe dolersi, in sede di impugnazione, dell'incongruità della somma liquidata dal giudice, avendo il magistrato operato in applicazione di una norma di legge e, dall'altro, dovrebbe corrispondere direttamente al proprio avvocato la residua parte delle competenze legali..

 

Il Senato ha, poi, introdotto un nuovo comma (1-bis) all’articolo 13 che - in materia di apertura delle successioni - novella l’art. 769 del codice di rito civile relativo all’inventario.

 

Il vigente art. 769 c.p.c. prevede che l’istanza di inventario può essere chiesta al tribunale dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli (l'esecutore testamentario; le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi sono assenti dal luogo; i creditori) ed è eseguito dal cancelliere del tribunale  o da un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal tribunale (comma 1). L'istanza si propone con ricorso nel quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale (comma 2). Il tribunale provvede con decreto

 

Il nuovo comma 1-bis aggiunge all’art. 769 c.p.c un ulteriore comma dopo il terzo con cui si stabilisce che l’istanza di inventario del defunto nel caso in cui non siano stati apposti i sigilli può essere avanzata, dalla parte che ne assume l'iniziativa, direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte.

 



Art. 14
(Modifica alla legge 12 novembre 2011, n. 183)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 14
(Modifiche all’articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183)

Articolo 14
(Modifica alla legge 12 novembre 2011, n. 183)

1. All’articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183 sono apportate le seguenti modificazioni:

1. L’articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183, è abrogato

a) al comma 1 le parole: «da oltre due anni» sono sostituite dalle seguenti: «da oltre tre anni» e le parole: «la cancelleria avvisa le parti costituite dell’onere di presentare istanza di trattazione del procedimento, con l’avvertimento delle conseguenze di cui al comma 2.» sono sostituite dalle seguenti: «le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti e autenticata dal difensore, dichiara la persistenza dell’interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.»;

 

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

«2. Il periodo di sei mesi di cui al comma 1 non si computa ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89»;

 

c) al comma 3, le parole: «Nei casi di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «Nei casi di cui al comma 1».

 

 

L'articolo 14 del provvedimento, sostituito dal Senato, abroga l’articolo 26 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011).

 

Tale ultima disposizione ha previsto misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile della Cassazione e delle Corti di appello. A tal fine ha introdotto la c.d. istanza di trattazione nei procedimenti civili pendenti dinanzi alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso pronunce pubblicate prima dell’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69[12] - per le quali non trovano applicazione le disposizioni introdotte dall'articolo 47[13] della citata legge n. 69 - e in quelli pendenti davanti alle corti d’appello da oltre due anni prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità.

In base all’art. 26 previgente, le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti ne chiede la trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla ricezione dell’avviso che la cancelleria avrebbe dovuto inviare a tal fine alle parti costituite, con l’avvertimento delle conseguenze di legge.

In tal caso il presidente dichiara l’estinzione del processo con decreto.

 

Le modifiche introdotte dall’art. 14 del decreto-legge all’art. 26 della legge 183/2011 –norma quest’ultima, come detto, abrogata in sede di conversione al Senato - sono qui di seguito sintetizzate.

La lettera a), modificando il comma 1 dell'articolo 26, prevede che la disciplina dell'istanza di trattazione trovi applicazione nei procedimenti pendenti da oltre tre anni (in luogo dei due anni previsti dal testo originario) prima della data in vigore della legge di stabilità 2012 (1° gennaio 2012).

La stessa lettera a) elimina dal comma 1 dell'articolo 26 l'obbligo di invio alle parti costituite, da parte della cancelleria, dell'avviso relativo all'onere di presentare istanza di trattazione. Le impugnazioni in questione si intenderanno quindi decadute se nessuna delle parti dichiarerà, con apposita istanza da inviare perentoriamente entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di stabilità 2012, la persistenza all'interesse alla loro trattazione. L'istanza dovrà essere sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti, prevista dall'articolo 83 del codice di procedura civile, e autenticata dal difensore.

 

Sul punto la relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione ricorda che la tematica delle cosiddette istanze di trattazione è stata affrontata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 111 del 1998, secondo cui sarebbe irragionevole prevedere l’estinzione del processo quale conseguenza del mancato impulso processuale delle parti, senza prevedere che il termine per l’adempimento decorra da un avviso o comunicazione alle parti medesime. Nel caso richiamato la Corte avrebbe peraltro fondato la propria decisione sullo specifico contesto del sistema processuale tributario, caratterizzato – come evidenziato dalla Corte – da semplicità processuale (non essendo necessaria l’assistenza tecnica di un difensore) e dall’impulso d’ufficio nella trattazione del ricorso (che può essere deciso anche indipendentemente dalla comparizione delle parti). Al contrario, nel processo civile vige l’obbligo di difesa tecnica (senza possibilità di deroga nei giudizi davanti alle corti di appello e alla Corte di cassazione: articolo 82 del codice di procedura civile) e non vi è il principio dell’impulso d’ufficio (in particolare, in grado di appello, in mancanza di impulso di parte il processo si estingue o l’appello è dichiarato improcedibile: si vedano gli articoli 181, 309 e 348 del codice di procedura civile). La relazione prosegue rilevando quindi che, nel processo civile davanti alla corte di appello e in quello davanti alla Corte di cassazione, la previsione dell’estinzione del processo quale conseguenza del mancato impulso processuale ad opera della parte (nel caso di specie: l’omessa presentazione dell’istanza di trattazione della causa), ricalca i principi generali del rito, mentre la mancata previsione di un avviso alle stesse non potrebbe essere valutata negli stessi termini di cui alla citata sentenza n. 111 del 1998, trattandosi di una fattispecie completamente diversa da quella che ha dato luogo alla predetta pronuncia di incostituzionalità nella quale sarebbe conforme a ragionevolezza la scelta di far decorrere il termine per la presentazione dell’istanza direttamente dalla data di entrata in vigore della legge, senza richiedere alcun avviso da parte della cancelleria.

 

La lettera b) sostituisce poi il comma 2 dell'articolo 26. Richiamando l'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89[14], il nuovo comma 2 dell'articolo 26 prevede che il periodo di sei mesi di cui al precedente comma 1 non sia computato ai fini della ragionevole durata del processo.

 

La lettera c) introduce infine una modifica di coordinamento formale al comma 3 dell'articolo 26 che rimane invariato nella sostanza.



Art. 15
(Proroga dei magistrati onorari)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 15
(Proroga dei magistrati onorari)

1. Al comma 1 dell’articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, le parole: «non oltre il 31 dicembre 2011» sono sostituite dalle seguenti: «non oltre il 31 dicembre 2012».

1. Identico.

2. I giudici onorari e i vice procuratori onorari il cui mandato scade il 31 dicembre 2011 e per i quali non è consentita un’ulteriore conferma secondo quanto previsto dall’articolo 42-quinquies, primo comma, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonché i giudici di pace il cui mandato scade entro il 31 dicembre 2012 e per i quali non è consentita un’ulteriore conferma secondo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, sono ulteriormente prorogati nell’esercizio delle rispettive funzioni a fare data dal 1º gennaio 2012, fino alla riforma organica della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012.

2. Identico.

 

 

L'articolo 15 – non modificato nel corso dell’esame in Senato - dispone la proroga al 31 dicembre 2012 dei termini di talune disposizioni in materia di magistratura onoraria.

 

In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 245, comma 1, del decreto legislativo sul giudice unico (n. 51/1998[15]) – che a sua volta ha novellato l’ordinamento giudiziario[16] - prorogando l'applicabilità delle disposizioni che consentono ai magistrati onorari di essere addetti al tribunale ordinario (GOT) e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario (VPO).

Sulla base del testo novellato tale disciplina potrà continuare ad applicarsi fino all’attuazione del complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.

 

Il termine originario del 2 giugno 2004, fissato dall’articolo 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 e prorogato da vari provvedimenti d’urgenza, era stato da ultimo differito al 31 dicembre 2011 dall'articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge n. 225 del 2010.

 

Il comma 2 interviene più specificamente sui giudici onorari il cui mandato era in scadenza al 31 dicembre scorso o avrebbe dovuto scadere entro il 31 dicembre 2012. In entrambi i casi la proroga nelle funzioni opera fino a tutto il 31 dicembre 2012. Analiticamente, la disposizione:

§      proroga al 31 dicembre 2012 i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari il cui termine era in scadenza al 31 dicembre 2011 (e che non erano  ulteriormente confermabili dell’ordinamento giudiziario);

§      proroga a tutto il 31 dicembre 2012 i giudici di pace il cui mandato sarebbe scaduto entro il 31 dicembre 2012 (e per i quali non era consentita un’ulteriore conferma ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 374 del 1991[17]).

 

I termini in questione erano stati già prorogati dall'articolo 1, comma 2-quater, del citato decreto legge n. 225 del 2010.

 

Anche in questo caso la proroga opera a far data dal 1° gennaio 2012 fino alla riforma organica della magistratura onoraria e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.

In merito si ricorda che – in attesa di un disegno di legge di riforma della magistratura onoraria, che il Governo ha più volte annunciato ma mai presentato – il Senato ha avviato l’esame di alcune proposte di iniziativa parlamentare (AAS. 127, 897, 2080, 2359), nell’ambito delle quali ha svolto audizioni informali.

Si ricorda, peraltro, che il Consiglio dei ministri del 16 dicembre 2011 ha approvato in via preliminare lo schema di decreto-legislativo di revisione degli uffici del giudice di pace, in attuazione della delega contenuta nell’articolo 1, commi 2-5, della legge n. 148 del 2011. Lo schema prevede la riduzione del numero degli uffici del giudice di pace, pur disciplinando la facoltà degli enti locali di mantenere – ricorrendo a proprie risorse – l’ufficio giudiziario nel loro territorio.

 



Art. 16
(Modifiche alla disciplina delle società di capitali)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 16
(Modifiche alla disciplina delle società di capitali)

1. All’articolo 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

a) al comma 9, primo periodo, le parole: «collegio sindacale» sono sostituite dalla seguente: «sindaco»;

a) soppressa;

b) dopo il comma 13, è inserito il seguente:

b) identica.

«13-bis. Nelle società a responsabilità limitata, i collegi sindacali nominati entro il 31 dicembre 2011 rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato deliberata dall’assemblea che li ha nominati.».

 

2. All’articolo 6, comma 4-bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: «nelle società di capitali» sono inserite le seguenti: «il sindaco,».

2. Soppresso.

 

 

L'articolo 16 è stato oggetto di modifiche da parte del Senato.

Il comma 1 novella l'articolo 14 della legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183), adeguandolo a talune disposizioni introdotte dalla medesima legge di stabilità (in particolare, l’introduzione del cd. “sindaco unico”) ed introducendo una disposizione di carattere transitorio.

 

Si ricorda che il comma 13 del citato articolo 14 della legge di stabilità 2012 ha sostituito integralmente l'articolo 2477 del codice civile, dedicato al collegio sindacale e alla revisione legale dei conti. Con tale modifica è stato stabilito che, nelle società a responsabilità limitata, l’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un revisore o di un sindaco unico (anziché di un collegio sindacale come previsto nel testo precedente alla modifica).

 

Conseguentemente, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 16 – ora oggetto di una modifica soppressiva del Senato - sostituisce anche nel comma 9 del medesimo articolo 14 della stessa legge di stabilità il termine "sindaco" in luogo di "collegio sindacale". Tale comma prevede così che, a partire dal 1° gennaio 2012, le società a responsabilità limitata che non abbiano nominato il sindaco possono redigere il bilancio secondo uno schema semplificato, la cui struttura, unitamente alle modalità di attuazione di tale disposizione, verrà fissata con DM economia e finanze da emanarsi entro 90 giorni dal 1° gennaio 2012, data di entrata in vigore della legge di stabilità.

 

La successiva lettera b) introduce un nuovo comma 13-bis all'articolo 14 della legge 183/2011 che prevede la permanenza in carica dei collegi sindacali delle società a responsabilità limitata, nominati entro il 31 dicembre 2011, fino alla loro naturale scadenza deliberata dall'assemblea che li ha nominati. Sulla base delle modifiche introdotte dal Senato, a tale organo – anziché al sindaco -spetterà di redigere il bilancio  semplificato delle S.R.L..

Per le medesime esigenze di coordinamento, il comma 2 dell'art. 16 inserisce la parola "sindaco" all'articolo 6, comma 4-bis, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231[18].

 

Tale comma 4-bis è stato inserito dall'articolo 14, comma 12, della legge di stabilità 2012 al fine di prevedere che, nelle società di capitali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione - nonché "il sindaco" dopo l'ulteriore novella introdotta dal comma 2 in commento - possano svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui alla lettera b) del comma 1 del predetto articolo 6, ossia il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione, nonché di curare il loro aggiornamento.

 

Dalla soppressione della sopracitata lettera a) è derivata, per analoghi motivi di coordinamento, la soppressione in sede di conversione al Senato anche del comma 2 dell’art. 16.

 



Art. 17
(Entrata in vigore)

 

Decreto-legge n. 212 del 2011

A.C. 4933

Articolo 17
(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

L'articolo 17 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge, stabilendone la vigenza a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


 




[1]    L’articolo 28 della legge fallimentare stabilisce che possono essere chiamati svolgere le funzioni di curatore:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a).

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell'impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

[2]    Recante “Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”.

[3]    Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57.

[4]    Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito dalla legge n. 111 del 2011.

[5]    Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

[6]    Il riferimento è al procedimento di conciliazione disciplinato dallo stesso decreto legislativo n. 28 del 2010, nonché ai procedimenti di conciliazione disciplinati da altre norme, in particolare: il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 (recante "Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori"), ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, relativo alle controversie con la clientela da parte di banche e istituti di credito.

[7]    Le materie individuate dal comma 1 qui richiamato sono le seguenti: "condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari". Le disposizioni in materia di mediazione obbligatoria sono entrate in vigore il 20 marzo 2011. Fanno eccezione le controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, che entreranno in vigore il 20 marzo 2012 (combinato disposto dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 28 del 2010 e dell'articolo l'art. 2, comma 16-decies, del decreto legge n. 225 del 2010 - "milleproroghe" -, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011).

[8]    L'articolo 37, comma 1, del decreto legge n. 98 del 2011 prevede che i capi degli uffici giudiziari, sentiti i presidenti dei locali consigli dell’ordine degli avvocati, entro il 31 gennaio di ogni anno e dunque all’avvio dell’anno giudiziario, provvedano alla redazione di un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti. Con il programma il capo dell’ufficio giudiziario determina: a) gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso; b) gli obiettivi di rendimento dell’ufficio, tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno, l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonché della natura e del valore della stessa.

[9]    Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

[10]   Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.

[11]   La soglia di 516,16 euro (un milione di lire) è stata fissata dall'articolo 20 della legge istitutiva del giudice di pace (legge 21 novembre 1991, n. 374), il quale ha interamente sostituito l'articolo 82 del codice con efficacia dal 1° maggio 1995.

[12]   Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[13]   Il richiamato articolo 47 ha apportato una serie di modifiche alla disciplina del giudizio davanti alla Corte di cassazione aventi finalità deflattive del medesimo.

[14]   Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 del codice di procedura civile.

[15]   Decreto legislativo n. 51 del 1998, Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado.

[16]   Regio decreto n. 12 del 1941, Ordinamento giudiziario. Si rammenta in particolare che il decreto legislativo n. 51 del 1998 ha tra l'altro introdotto nell’ordinamento giudiziario i giudici onorari di tribunale (GOT) e i vice procuratori onorari (VPO) quali magistrati onorari addetti, rispettivamente, al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario, in relazione a specifiche materie (si vedano gli articoli 42-bis e seguenti, e gli articoli 71 e seguenti del regio decreto n. 12 del 1941).

La nomina a GOT, come a VPO, avviene con decreto del Ministro della giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio (articolo 42-ter, del citato regio decreto n. 12). I predetti magistrati onorari durano in carica 3 anni e possono essere confermati per una sola volta (articolo 42-quinquies e articolo 71, secondo comma, del citato regio decreto n. 12).

[17]   Legge 21 novembre 1991 n. 374, recante Istituzione del giudice di pace. L'articolo 7, comma 1, prevede che il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica 4 anni e può essere confermato per un secondo e terzo mandato di pari durata. I giudici di pace confermati per un ulteriore periodo di 2 anni in applicazione dell'articolo 20 della legge 13 febbraio 2001, n. 48, al termine del biennio possono essere confermati per un ulteriore mandato di 4 anni. Ulteriore nomina non è consentita se non decorsi 4 anni dalla cessazione del precedente incarico. Resta ferma la cessazione dall'esercizio delle funzioni al compimento del settantacinquesimo anno di età.

[18]   Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

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