Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Accordo con la Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali - A.C. 2363 - Elementi per l'istruttoria legislativa | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 156 | ||||
Data: | 24/04/2009 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
23 aprile 2009 |
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n. 156/0 |
Accordo con la Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscaliA.C. 2363Elementi per l’istruttoria legislativa |
Numero del progetto di legge |
2363 |
Titolo |
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 29 ottobre 1999 e Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria il 28 febbraio 2003, il 7 marzo 2003 ed il 10 marzo 2003 |
Iniziativa |
Governativa |
Iter al Senato |
Sì |
Numero di articoli |
3 |
Date: |
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trasmissione alla Camera |
2 aprile 2009 |
assegnazione |
8 aprile 2009 |
Commissione competente |
III (Affari esteri) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, X e XI |
La problematica della doppia imposizione
La ratio di questa tipologia di accordi internazionali è quella di evitare una duplicazione di imposizione sugli stessi fenomeni economici e giuridici che, se non limitata, arrecherebbe un notevole aggravio a chi opera su un piano "transnazionale.
Il quadro legislativo nazionale vigente prevede norme particolari per il trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dei soggetti non residenti: tali disposizioni si applicano solo se non sono state poste regole a livello internazionale, concordate tra Stati sovrani, quali soggetti primi del diritto internazionale.
Queste regole si concretizzano nella stipula di trattati bilaterali o multilaterali fra Stati, che vengono poi recepiti nelle singole legislazioni nazionali con strumenti diversi a seconda dei modelli costituzionali, derogando alle leggi interne e prevalendo su di esse.
Pertanto nel caso di soggetti non residenti si applicano le disposizioni previste nella convenzione contro le
doppie imposizioni qualora essa sia stata stipulata con il paese del soggetto
non residente, ratificata dai paesi interessati ed entrata in vigore, oppure le
disposizioni previste dalla legislazione nazionale se, rispetto a questa, sono
più favorevoli.
Può anche accadere che l'accordo bilaterale o multilaterale prenda in considerazione solo alcuni dei redditi del non residente: in questo caso si avrà un regime integrato fra la legge nazionale e la convenzione internazionale.
Nel caso invece di persone fisiche o giuridiche fiscalmente residenti in Italia, si applica il principio della tassazione del reddito mondiale, ovvero dell'attrazione di tutti i redditi, ovunque prodotti, nella base imponibile ai fini delle imposizione in Italia.
Si
ricorda altresì l’introduzione di una normativa, nel nostro Paese -
analogamente a quanto già previsto in altri ordinamenti - diretta a disciplinare
il fenomeno definito comunemente CFC (Controlled
Foreign
Corporation), mediante l’imputazione al soggetto residente dei redditi prodotti da società controllate residenti in Stati con regime fiscale privilegiato.
Una preoccupazione di tipo opposto all'esigenza di evitare la doppia imposizione internazionale è quella di evitare anche la mancata imposizione, poiché potrebbe verificarsi un eventuale azzeramento dell'imposizione, a causa di un utilizzo improprio dei regimi convenzionali (il c.d. Treaty shopping).
La Convenzione tipo dell'OCSE
A partire dal primo dopoguerra si è andata affermando la necessità di evitare le doppie imposizioni, soprattutto nell'ambito della Società delle Nazioni, che favorì la stipula dei primi importanti trattati (ad esempio quello italo-tedesco del 1925).
Un ulteriore impulso alla stipulazione di tali convenzioni è stato dato negli anni Cinquanta, specialmente tra gli Stati appartenenti all’area occidentale.
A livello sovranazionale l'OCSE ha redatto, nel 1963, un modello di convenzione-tipo, che è stato più volte aggiornato[1], mentre le Nazioni Unite - con il Manuale di negoziazione del 1979 - ha inteso favorire i paesi in via di sviluppo ad accedere ad accordi equi con gli Stati economicamente più forti.
L'art. 1 della Convenzione-tipo dell'OCSE delimita il campo di applicazione soggettivo della Convenzione stessa indicando "le persone che sono residenti di uno od entrambi gli Stati contraenti"; si tratta di una norma che rinvia alle nozioni di "persona" e di "residente" indicate nei successivi artt. 3 e 4.
L'art. 2 sancisce l'applicabilità dell'accordo a tutte le imposte sul reddito e sul patrimonio: in particolare chiarisce che "sono considerate imposte sul reddito e sul capitale, tutte le imposte prelevate sul reddito complessivo o sul capitale complessivo, su elementi del reddito o del capitale comprese le imposte sugli utili derivanti dall'alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sull'ammontare dei salari corrisposti dalle imprese nonché le imposte sulle plusvalenze di capitale".
Con gli artt. da 3 a 5 vengono date le definizioni generali relative ad una serie di nozioni strumentali all'applicazione sostanziale dell'accordo contro le doppie imposizioni.
In particolare l'art. 3, punto A), chiarisce che il termine "persona" comprende tutte le persone fisiche, le società e qualsiasi altro tipo di associazione di persone, mentre il successivo punto B) definisce le società come qualsiasi persona giuridica od ente considerato persona giuridica ai fini impositivi.
L'art. 4 fornisce i criteri identificativi della residenza fiscale dei soggetti interessati: il principio generale considera residente in uno Stato contraente "...ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio analogo".
L'art. 5 fornisce la definizione della "stabile organizzazione".
Con gli artt. 6-22 viene stabilita la disciplina-guida volta ad evitare le doppie imposizioni sul patrimonio e sui vari tipi di reddito.
Per quanto concerne l'attività d'impresa svolta all'estero, l'art. 7 dispone che qualora l'impresa di uno Stato svolga la sua attività estera senza stabile organizzazione tutti i relativi redditi vengano tassati nello Stato di residenza dell'impresa medesima; in caso contrario, gli utili attribuibili all'impresa vengono sottoposti a tassazione nello Stato in cui è posta la stabile organizzazione.
L'art. 10 disciplina il trattamento dei dividendi societari (con tale termine si indicano non solo i redditi derivanti da azioni, ma anche i redditi percepiti dai titolari di quote sociali fiscalmente assimilabili alle azioni), sui quali è pressoché impossibile eliminare totalmente la doppia imposizione. Il modello OCSE, prendendo atto di tale situazione, conferma l'imponibilità dei dividendi nello Stato del percipiente ponendo altresì dei limiti alla tassazione nello Stato della società erogante. In particolare la ritenuta non dovrebbe superare il 5% se il beneficiario effettivo è una società di capitali che possiede direttamente almeno il 25% della società erogante; in tutti gli altri casi il limite è del 15%. Tali criteri sono comunque ampiamente derogabili in sede di Convenzioni bilaterali.
Il trattamento convenzionale dei dividendi deve essere comunque coordinato con le norme che i singoli Stati possono aver emanato per eliminare o attenuare la doppia imposizione.
Problemi simili al trattamento dei dividendi si pongono relativamente alla tassazione internazionale degli interessi, regolata dall'art. 11 della Convenzione-tipo dell'OCSE.
La regola generale è sempre l'imponibilità nel paese del beneficiario; resta tuttavia la possibilità di una ritenuta nello Stato della fonte che però non dovrebbe eccedere il 10%.
L'art. 12 disciplina il trattamento dei canoni (royalties e redevances), prevedendo in generale la tassazione nello Stato di residenza del beneficiario. Si tratta peraltro di una norma solitamente derogata dai trattati bilaterali che danno la possibilità allo Stato di residenza dell'erogante di effettuare un prelievo alla fonte.
L'art. 13 contiene disposizioni sulla tassazione degli utili di capitale, mentre l’ art. 15 disciplina il reddito da lavoro dipendente; i successivi artt. da 16 a 19 prendono in considerazione alcune situazioni particolari che, se non appositamente regolate, ricadrebbero nella disciplina del lavoro autonomo o dipendente con pesanti oneri fiscali (ad esempio i redditi derivanti da attività professionali dello spettacolo, il trattamento delle pensioni, dei compensi e dei gettoni di presenza ricevuti in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società estera).
Con
l'art. 20 si dispone in merito all'esenzione da qualsiasi imposizione nello
Stato di soggiorno per le somme ricevute da studenti ed apprendisti per far
fronte alle spese di mantenimento, istruzione o formazione
professionale.
La norma sostanziale di chiusura della Convenzione-tipo dell'OCSE è contenuta nell'art. 21, che indica l'imponibilità nello Stato di residenza per i redditi diversi da quelli disciplinati nei precedenti artt. 6-20. Anche in questo caso, se i redditi sono connessi ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato la tassazione avverrà in tale Stato.
L’art. 22 riguarda la tassazione del patrimonio, che – qualora prevista nell’ordinamento - di norma è imposta solo nello Stato di residenza del proprietario, salvo il caso di immobili situati nell’altro Stato contraente, ovvero di beni mobili facenti parte di una stabile organizzazione d’impresa nello Stato contraente diverso da quello di residenza.
Al fine di neutralizzare la doppia imposizione economica, ovvero quella che colpisce la stessa fonte di reddito o patrimonio in capo a soggetti diversi, la Convenzione-tipo dell'OCSE suggerisce due metodi: quello dell'esenzione (art. 23-A) e quello del credito d'imposta (art. 23-B).
L'art. 24 prevede la clausola di non discriminazione, secondo la quale i soggetti "nazionali" di uno Stato contraente non possono subire in un altro Stato un trattamento impositivo diverso o più oneroso di quello a cui sono sottoposti i "nazionali" di detto altro Stato che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto.
Per soggetti "nazionali" si intendono: a) le persone fisiche in possesso della nazionalità di uno Stato contraente; b) le persone giuridiche, partnerships (ovvero le società di persone e le società ad esse assimilate), le associazioni costituite ai sensi della legislazione vigente di uno Stato contraente;
La disposizione si estende agli apolidi, alle stabili organizzazioni, alle imprese direttamente o indirettamente controllate.
Con l'art. 25 viene introdotta la c.d. "procedura amichevole", ovvero un meccanismo volto ad evitare un possibile contenzioso con le autorità fiscali dei vari Paesi.
L'art. 26 prevede lo scambio di informazioni tra le competenti Autorità fiscali degli Stati contraenti. Tale collaborazione ha la duplice finalità di consentire la puntuale applicazione delle norme convenzionali e di prevenire e reprimere possibili evasioni fiscali. Vengono ovviamente garantiti la riservatezza sui dati e le notizie apprese o fornite, il rispetto delle leggi e della prassi amministrativa dei singoli Stati, nonché la tutela dei segreti commerciali, industriali, professionali e di qualsiasi altra informazione contraria all'ordine pubblico.
Completano la Convenzione-tipo gli articoli 27-31, rispettivamente concernenti la reciproca assistenza delle Parti nell’esazione dei tributi dovuti, la salvaguardia dei privilegi e immunità fiscali a favore delle Ambasciate e dei Consolati, l’ambito di applicazione territoriale della Convenzione, le modalità dell’entrata in vigore di essa e la relativa durata.
Il contenuto dell’Accordo del 1999 tra Italia e Croazia sulle doppie imposizioni
L’Accordo e l'annesso Protocollo, firmati a Roma il 29 ottobre 1999, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Croazia, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso.
L’Accordo, costituito da 30 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello dell'OCSE; esso si applica esclusivamente all'imposizione sul reddito. L’Accordo è completato da uno Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria nel febbraio-marzo 2003.
Gli articoli 1 e 2 delimitano il campo d'applicazione dell’Accordo: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per la Croazia sono l’imposta sugli utili, l’imposta sul reddito e l’imposta locale sul reddito. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche, quella sul reddito delle persone giuridiche (attualmente IRES, imposta sui redditi delle società) e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). E’ peraltro prevista l’applicazione dell’Accordo in esame anche a future imposte di natura analoga a quelle sopra contemplate, che dovessero aggiungersi o sostituire le medesime.
Agli articoli da 3 a 5 recano le definizioni dei termini impiegati nel testo normativo stesso: è "residente di uno Stato contraente" colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, che fornisce servizi o relative attrezzature da utilizzare stabilmente nello Stato contraente.
Gli articoli da 6 a 22 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest’ultimo Stato (art. 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa (art. 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest’ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione.
A norma dell’art. 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l’effettiva direzione dell’impresa.
I dividendi societari (art. 10) sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario (ma sono previste eccezioni in casi determinati), così come gli interessi (art. 11) e le royalties (art. 12): lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un’imposta non superiore al 15 per cento dell’ammontare lordo.
Tali
soglie – che nel caso degli interessi non possono
invece oltrepassare il 10 per cento, e nel caso delle royalties il 5 per cento - si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale.
Anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente (art. 14) o da lavoro subordinato (art. 15), il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato i redditi di cui all'art. 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una "base fissa", e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'art. 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno.
A norma dell'art. 17, poi, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività.
Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario (art. 18). Si prevede altresì, per contrastare l’elusione delle imposte, che le indennità di fine rapporto o analoghe remunerazioni siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l’attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia, o sia nel frattempo divenuto, residente dell’altro Stato contraente.
Gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza (art. 19).
L’articolo 22 riguarda l’imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell'altro Stato contraente.
All'articolo 23 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia.
Agli
articoli da 24 a 28 viene anzitutto stabilito il principio di non
discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente,
che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella
cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Si prevede lo
scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare
l'applicazione dell'accordo, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni
interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, del
segreto industriale,
commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento
dell'ordine pubblico nei due paesi.
L’articolo 28 definisce le procedure di rimborso delle imposte riscosse mediante ritenuta alla fonte in uno Stato contraente.
Gli articoli 29 e 30 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti dell’Accordo, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo – ma solo dopo cinque anni dall’entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante preavviso inoltrato per via diplomatica almeno sei mesi prima della fine dell'anno solare.
Il disegno di legge consta di tre articoli, recanti, il primo, l’autorizzazione alla ratifica dell’Accordo italo-croato sulle doppie imposizioni, il secondo l’ordine di esecuzione ed il terzo l’entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Diversamente da alcuni analoghi casi recenti, l’autorizzazione alla ratifica dell’Accordo italo-croato sulle doppie imposizioni non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, giacché si presume - in base alla relazione tecnica che accompagna il disegno di legge (di autorizzazione alla ratifica (AS 1318) - che le disposizioni di essa determinino effetti trascurabili sulla finanza pubblica italiana. Di conseguenza, il disegno di legge non reca alcuna norma di copertura finanziaria.
Il disegno di legge in oggetto, come presentato al Senato, è corredato anche da un’analisi tecnico-normativa (ATN), dalla quale emergono due profili di interesse: in primo luogo, poiché l’Accordo modifica la potestà impositiva statale quale definita dal diritto nazionale, è necessaria l’autorizzazione parlamentare alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost. In secondo luogo l’Accordo non si pone in contrasto con l’ordinamento comunitario, poiché, da un lato, l’inesistenza in essa di una clausola della nazione più favorita preclude l’indebita estensione a soggetti croati di privilegi accordati a cittadini di Stati membri della UE; e, dall’altro, l’ispirazione sostanziale dell’Accordo al modello dell’OCSE fa sì che essa sia conforme alla generalità delle Convenzioni bilaterali in materia, e dunque anche a quelle stipulate dagli Stati membri della UE.
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri |
( 066760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it |
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sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli
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File: es0198_0.doc