Camera dei deputati Dossier ES0287_0 [data]

Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione con l'Arabia Saudita per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio A.C. 2718 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2718/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 211
Data: 28/09/2009
Descrittori:
ARABIA SAUDITA   DOPPIA IMPOSIZIONE SUI REDDITI
RATIFICA DEI TRATTATI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

28 settembre 2009

 

n. 211/0

Convenzione con l’Arabia Saudita per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio

A.C. 2718

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del disegno di legge di rafitica

2718

Titolo

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno dell'Arabia Saudita per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Riad il 13 gennaio 2007

Iniziativa

Governo

Iter al Senato

Numero di articoli del disegno di legge di ratifica

4

Date:

 

trasmissione alla Camera

24 settembre 2009

assegnazione

28 settembre 2009

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, X, XI

Oneri finanziari

 

 



Contenuto dell’accordo

La problematica della doppia imposizione

La ratio della tipologia di convenzione in esame è quella di evitare una duplicazione di imposizione sugli stessi fenomeni economici-giuridici ".

La legislazione nazionale vigente prevede norme particolari per il trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dei soggetti non residenti: tali disposizioni si applicano solo se non sono state poste regole a livello internazionale, concordate tra Stati sovrani, quali soggetti primi del diritto internazionale.

Queste regole si concretizzano nella stipula di trattati bilaterali o multilaterali fra Stati, che vengono poi recepiti nelle singole legislazioni nazionali con strumenti diversi a seconda dei modelli costituzionali, derogando alle leggi interne e prevalendo su di esse.

Pertanto nel caso di soggetti non residenti si applicano le disposizioni previste nella Convenzione contro le doppie imposizioni qualora essa sia stata stipulata con il paese del soggetto non residente, ratificata dai paesi interessati ed entrata in vigore, oppure le disposizioni previste dalla legislazione nazionale se, rispetto a questa, sono più favorevoli.

Nel caso invece di persone fisiche o giuridiche fiscalmente residenti in Italia, si applica il principio della tassazione del reddito mondiale, ovvero dell'attrazione di tutti i redditi, ovunque prodotti, nella base imponibile ai fini delle imposizione in Italia.

Si ricorda altresì l’introduzione nel nostro Paese di una normativa che,  analogamente a quanto già previsto in altri ordinamenti, ha disciplinato il fenomeno definito comunemente CFC (Controlled Foreign Corporation), mediante l’imputazione al soggetto residente dei redditi prodotti  da  società   controllate   residenti  in  Stati  con regime fiscale privilegiato.

Una preoccupazione di tipo opposto all'esigenza di evitare la doppia imposizione internazionale è quella di evitare anche la mancata imposizione, poiché potrebbe verificarsi un eventuale azzeramento dell'imposizione, a causa di un utilizzo improprio dei regimi convenzionali (c.d. "Treaty shopping").

 

La Convenzione tipo dell'OCSE

A partire dal primo dopoguerra si è andata affermando la necessità di evitare le doppie imposizioni, soprattutto nell'ambito della Società delle Nazioni, che favorì la stipula dei primi importanti Trattati (ad esempio quello Italo-Tedesco del 1925).

Un ulteriore impulso alla stipulazione di tali Convenzioni è stato dato negli anni Cinquanta, specialmente tra gli Stati appartenenti all’area occidentale.

A livello sovranazionale l'OCSE ha redatto, nel 1963, un modello di Convenzione-tipo , che è stato più volte aggiornato, mentre l'ONU - con il Manuale di negoziazione del 1979 - ha inteso favorire i paesi in via di sviluppo ad accedere ad accordi equi con gli Stati economicamente più forti.

L'art. 1 della Convenzione-tipo dell'OCSE delimita il campo di applicazione soggettivo della Convenzione stessa indicando "le persone che sono residenti di uno od entrambi gli Stati contraenti"; si tratta di una norma che rinvia alle nozioni di "persona" e di "residente" indicate nei successivi artt. 3 e 4.

L'art. 2 sancisce l'applicabilità dell'accordo a tutte le imposte sul reddito e sul patrimonio: ogni singola convenzione bilaterale elenca usualmente tutte le varie imposte dei due paesi interessati, e trattasi di una indicazione non solo nominativa bensì tassativa, dato che viene sempre individuato il nome preciso dell'imposta nella lingua d'origine.

Con gli artt. da 3 a 5 vengono date le definizioni generali relative ad una serie di nozioni strumentali all'applicazione sostanziale dell'accordo contro le doppie imposizioni.

In particolare l'art. 3, punto A), chiarisce che il termine "persona" comprende tutte le persone fisiche, le società e qualsiasi altro tipo di associazione di persone, mentre il successivo punto B) definisce le società come qualsiasi persona giuridica od ente considerato persona giuridica ai fini impositivi.

L'art. 4 fornisce i criteri identificativi della residenza fiscale dei soggetti interessati: il principio generale considera residente in uno Stato contraente "...ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio analogo".

L'art. 5 fornisce la definizione della "stabile organizzazione".

Con gli artt. 6-22 viene stabilita la disciplina-guida volta ad evitare le doppie imposizioni sul patrimonio e sui vari tipi di reddito.

Per quanto concerne l'attività d'impresa svolta all'estero, l'art. 7 dispone che qualora l'impresa di uno Stato svolga la sua attività estera senza stabile organizzazione tutti i relativi redditi vengano tassati nello Stato di residenza dell'impresa medesima; in caso contrario, gli utili attribuibili all'impresa vengono sottoposti a tassazione nello Stato in cui è posta la stabile organizzazione.

L'art. 10 disciplina il trattamento dei dividendi societari (con tale termine si indicano non solo i redditi derivanti da azioni, ma anche i redditi percepiti dai titolari di quote sociali fiscalmente assimilabili alle azioni), sui quali è pressoché impossibile eliminare totalmente la doppia imposizione. Il trattamento convenzionale dei dividendi deve essere comunque coordinato con le norme che i singoli Stati possono aver emanato per eliminare o attenuare la doppia imposizione.

Problemi simili al trattamento dei dividendi si pongono relativamente alla tassazione internazionale degli interessi, regolata dall'art. 11 della Convenzione-tipo dell'OCSE.

La regola generale è sempre l'imponibilità nel paese del beneficiario; resta tuttavia la possibilità di una ritenuta nello Stato della fonte che però non dovrebbe eccedere il 10%.

L'art. 12 disciplina il trattamento dei canoni ("royalties" e "redevances"), prevedendo in generale la tassazione nello Stato di residenza del beneficiario. Si tratta peraltro di una norma solitamente derogata dai trattati bilaterali che danno la possibilità allo Stato di residenza dell'erogante di effettuare un prelievo alla fonte.

L'art. 13 contiene disposizioni sulla tassazione degli utili di capitale, mentre l’ art. 15  disciplina il reddito da lavoro dipendente; i successivi artt. da 16 a 19 prendono in considerazione alcune situazioni particolari che, se non appositamente regolate, ricadrebbero nella disciplina del lavoro autonomo o dipendente con pesanti oneri fiscali (ad esempio il trattamento delle pensioni, dei compensi e dei gettoni di presenza ricevuti in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società estera).

Con l'art. 20 si dispone in merito all'esenzione da qualsiasi imposizione nello Stato di soggiorno per le somme ricevute da studenti ed apprendisti per far fronte alle spese di mantenimento, istruzione o formazione professionale.

La norma sostanziale di chiusura della Convenzione-tipo dell'OCSE è contenuta nell'art. 21, che indica l'imponibilità nello Stato di residenza per i redditi diversi da quelli disciplinati nei precedenti artt. 6-20. Anche in questo caso, se i redditi sono connessi ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato la tassazione avverrà in tale Stato.

L’art. 22 riguarda la tassazione del patrimonio, che – qualora prevista nell’ordinamento - di norma è imposta solo nello Stato di residenza del proprietario, salvo il caso di immobili situati nell’altro Stato contraente, ovvero di beni mobili facenti parte di una stabile organizzazione d’impresa nello Stato contraente diverso da quello di residenza.

Al fine di neutralizzare la doppia imposizione economica, ovvero quella che colpisce la stessa fonte di reddito o patrimonio in capo a soggetti diversi, la Convenzione-tipo dell'OCSE suggerisce due metodi: quello dell'esenzione (art. 23-A) e quello del credito d'imposta (art. 23-B).

L'art. 24 prevede la clausola di non discriminazione, secondo la quale i soggetti "nazionali" di uno Stato contraente non possono subire in un altro Stato un trattamento impositivo diverso o più oneroso di quello a cui sono sottoposti i "nazionali" di detto altro Stato che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto.

Con l'art. 25 viene introdotta la c.d. "procedura amichevole", ovvero un meccanismo volto ad evitare un possibile contenzioso con le autorità fiscali dei vari Paesi.

L'art. 26 prevede lo scambio di informazioni tra le competenti Autorità fiscali degli Stati contraenti. Tale collaborazione ha la duplice finalità di consentire la puntuale applicazione delle norme convenzionali e di prevenire e reprimere possibili evasioni fiscali.

Completano la Convenzione-tipo gli articoli 27-31, rispettivamente concernenti la reciproca assistenza delle Parti nell’esazione dei tributi dovuti, la salvaguardia dei privilegi e immunità fiscali a favore delle Ambasciate e dei Consolati, l’ambito di applicazione della Convenzione, le modalità dell’entrata in vigore di essa e la relativa durata.

 

Il contenuto della Convenzione del 2007 tra Italia e Arabia Saudita sulle doppie imposizioni

La Convenzione e l'annesso Protocollo, firmati a Riad il 13 gennaio 2007, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Arabia Saudita, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso.

Si ricorda che i rapporti commerciali italo-sauditi hanno visto ancora nel 2008 un incremento del volume complessivo dell’interscambio, rispetto all’anno precedente, pari al 13,3%, per un totale di 7,54 miliardi di euro a fronte di 6,65 miliardi del 2007. Mentre però la crescita delle nostre esportazioni è stata del 9,3%, le importazioni si sono accresciute del 16,6%, con un ulteriore peggioramento nella bilancia commerciale bilaterale, che è passata da un disavanzo di 595 milioni nel 2007 a una posta negativa, per l’Italia, di 916 milioni nel 2008. Mentre gran parte (85%) delle importazioni italiane dall’Arabia Saudita sono naturalmente costituite da prodotti petroliferi e derivati – senza trascurare un’importante quota di prodotti chimici e fibre, pari nel 2008 a 490 milioni di euro; più articolata è la gamma delle esportazioni italiane verso Riad, ove spiccano anzitutto la meccanica (43,4%), i prodotti in metallo (13,2%) e le apparecchiature elettriche (8,1%).

La Convenzione, costituita da 31 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello dell'OCSE; essa si applica tanto all'imposizione sul reddito quanto a quella sul patrimonio, profilo quest’ultimo presente oggi solo nella legislazione fiscale saudita.

Gli articoli 1 e 2 delimitano il campo d'applicazione della Convenzione: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per l’Arabia Saudita sono l’imposta sul reddito (inclusa quella collegata a investimenti nel settore del gas) e l’imposta religiosa sul reddito e sul patrimonio. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche,  quella sul reddito delle società (IRES),  l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e le imposte sostitutive.

Agli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni: in particolare, è "residente di uno Stato contraente" colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

Gli articoli da 6 a 22 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest’ultimo Stato (art. 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa (art. 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest’ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione.

A norma dell’art. 8, gli utili da esercizio della navigazione marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l’effettiva direzione dell’impresa.

I dividendi societari (art. 10) sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario (ma sono previste eccezioni in casi determinati), così come i redditi derivanti da crediti (art. 11) e i canoni (art. 12): lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un’imposta, rispettivamente non superiore al 5% dell’ammontare lordo per partecipazioni societarie non inferiori al 25%, e non superiore al 10% nelle altre fattispecie. Per i redditi derivanti da crediti e i canoni lo Stato non potrà prelevare, rispettivamente, più del 5 e del 10 per cento dell’ammontare lordo. Tali soglie si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale.

Anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente (art. 14) o da lavoro subordinato (art. 15), il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato: I redditi di cui all'art. 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno.

A norma dell'art. 17, poi, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività.

Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario (art. 18). Tuttavia, al fine di evitare pratiche di elusione delle imposte, il comma 2 prevede che le indennità di fine rapporto siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l’attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia nel frattempo divenuto residente dell’altro Stato contraente.

Con riferimento alle funzioni pubbliche, gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza (art. 19).

L’art. 22 riguarda l’imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza.

L'art. 23 concerne la tassazione del patrimonio che, per i beni immobiliari, avviene nello Stato in cui essi sono localizzati; lo stesso dicasi per i beni mobili facenti parte della stabile organizzazione di un'impresa o della base fissa di un residente di uno Stato contraente, anch'essi imponibili nello Stato ove sono situati. L'opposto si verifica per i beni immobiliari o mobiliari connessi all'esercizio del traffico internazionale aereo o marittimo.

All'art. 24 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia.

Agli articoli da 25 a 29 si prevede lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l'applicazione della Convenzione, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, del segreto industriale, commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento dell'ordine pubblico nei due paesi. E’ altresì prevista la procedura amichevole per la soluzione di qualsiasi controversia sull’applicazione o l’interpretazione della Convenzione. Infine, l’art. 29 contiene una clausola di prevalenza delle rispettive normative interne contro l’elusione o l’evasione fiscale, nei confronti di imprese o transazioni costituite allo scopo di avvalersi proprio di benefici previsti dalla Convenzione in esame.

Gli articoli 30 e 31 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata, inizialmente decennale, è successivamente illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo – ma solo dopo 10 anni dall’entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante comunicazione inoltrata per via diplomatica con preavviso di 12 mesi.

 

Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge – approvato dal Senato il 23 settembre 2009 - consta di quattro articoli, recanti, il primo, l’autorizzazione alla ratifica della Convenzione italo-saudita sulle doppie imposizioni, il secondo l’ordine di esecuzione ed il quarto l’entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

L’articolo tre, comma 1, è dedicato alla copertura finanziaria degli oneri che l’applicazione della Convenzione comporterà, quantificati in 266.000 euro a partire dal 2010: tali somme si rinvengono mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 3 della legge n. 170 del 1997 – tratta della legge di ratifica della Convenzione ONU del 1994 sulla lotta alla desertificazione, il cui art. 3 ha previsto un onere annuo di 726 milioni di lire (pari a 374.947 euro).

Il comma 2 pone in capo al Ministro dell’economia e delle finanze il monitoraggio degli oneri previsti al comma 1, anche ai fini di adottare le procedure, di cui all’art. 11-ter, comma 7 della legge 468/1978, per il caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

Il comma 3 autorizza il medesimo Ministro alle occorrenti variazioni di bilancio, da operare mediante propri decreti.

La relazione tecnica che accompagna l’A.S. 1750 riporta analiticamente le previste perdite di gettito connesse all’applicazione di ciascun articolo della Convenzione, che assommano appunto a 266.000 euro annui.

 

Il disegno di legge in oggetto, come presentato al Senato, è corredato anche da un’Analisi tecnico-normativa (ATN), dalla quale emergono due profili di interesse: in primo luogo, poiché la Convenzione modifica la potestà impositiva statale quale definita dal diritto nazionale, è necessaria l’autorizzazione parlamentare alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost. In secondo luogo la Convenzione non si pone in contrasto con l’ordinamento comunitario, poiché, da un lato, l’inesistenza in essa di una clausola della nazione più favorita preclude l’indebita estensione a soggetti sauditi di privilegi accordati a cittadini di Stati membri della UE; e, dall’altro, l’ispirazione sostanziale della Convenzione al modello dell’OCSE fa sì che essa sia conforme alla generalità delle Convenzioni bilaterali in materia, e dunque anche a quelle stipulate dagli Stati membri della UE.

 



 

 

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