Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||
Titolo: | Cognome dei coniugi e dei figli - AA.C. 36, 960, 1053, 1699, 1703 - Schede di lettura e riferimenti normativi | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 170 | ||||||
Data: | 20/05/2009 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Cognome dei coniugi e dei figli AA.C. 36, 960, 1053, 1699, 1703 |
Schede di lettura e riferimenti normativi |
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n. 170 |
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20 maggio 2009 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia
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File: GI0204.doc |
INDICE
§ Tutela del nome e del cognome in generale
§ Le proposte di legge presentate nelle passate legislature
Contenuto delle proposte di legge
§ Il cognome del figlio legittimo
§ Il cognome del figlio naturale
§ Il cognome del figlio legittimato
§ Ulteriori novelle al D.P.R. n. 396 del 2000
§ Disposizioni transitorie e finali
Riferimenti normativi
§ Cost. 27 dicembre 1947. (artt. 2, 22, 29, 30)
§ Codice Civile. (artt. 6, 7, 8, 9, 143-bis, 156-bis, 237, 262, 280 e 299)
§ L. 1° dicembre 1970, n. 898. Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio. (art. 5)
§ L. 4 maggio 1983, n. 184. Diritto del minore ad una famiglia. (artt. 25 e 27)
§ L. 14 marzo 1985, n. 132. Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979.
§ L. 27 ottobre 1988, n. 470. Anagrafe e censimento degli italiani all'estero.
§ D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396. Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127. (artt. 33, 34 e 64)
Giurisprudenza
Corte Costituzionale
§ Ordinanza n. 586/1988
§ Sentenza n. 61/2006
§ Sentenza n. 297/2006
Documentazione
Corte di Cassazione
§ Cassazione Civile, Ordinanza n. 13298 del 17 luglio 2004
Consiglio d’Europa
§ Risoluzione n. 37 del 27 settembre 1978 on equality of spouses in civil law (in lingua inglese)
§ Recommendation 1271 (1995) on discrimination between men and women in the choice of a surname and in the passing on of parents' surnames to children (in lingua inglese)
§ Recommendation 1362 (1998) Discrimination between women and men in the choice of a surname and the passing on of parents’ surnames to children (in lingua inglese)
Il diritto al nome trova riconoscimento a livello costituzionale nell'art. 22 Cost., secondo cui "nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza e del nome", da leggersi in combinazione con l'art. 2 Cost., che riconosce e garantisce in via generale i diritti inviolabili dell'uomo, tra i quali è pacificamente annoverato il diritto all'identità personale. Il nome, secondo la Corte costituzionale, “assume la caratteristica del segno distintivo ed identificativo della persona nella sua vita di relazione (...) accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno identificativo della discendenza familiare”[1].
L'art. 6 del codice civile specifica che ogni persona ha diritto al nome – definito come l'insieme di prenome e cognome - che le è per legge attribuito e che non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità indicati dalla legge.
Ai sensi dell'art. 7 c.c., la persona alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento del danno. L'art. 8 c.c. stabilisce poi che le azioni previste dall'art. 7 c.c. possono essere promosse anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne di essere protette. Le medesime azioni possono infine essere esperite a tutela dello pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquisito l'importanza del nome (art. 9 c.c.).
Le disposizioni normative che, ai sensi dell'art. 6 c.c., disciplinano l'attribuzione del cognome (in via diretta o come conseguenza dell'attribuzione di un particolare status familiae) sono contenute nel codice civile, in alcune leggi speciali e nel D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396[2].
Ai sensi dell’art. 143-bis c.c. (introdotto dalla riforma del diritto di famiglia del 1975), la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
A tal proposito, la Corte di cassazione (sent. 17 luglio 2004, n. 13298) ha recentemente osservato che: "la normativa codicistica vigente prima della riforma del diritto di famiglia, nel regolare soltanto, nell'ambito della famiglia legittima, il cognome della moglie, disponeva all'art. 144 c.c., in piena coerenza con il riconoscimento al marito - nella stessa norma sancito - della qualità di capo della famiglia, che la moglie ne assumesse il cognome, così chiaramente ponendo il cognome dell'uomo quale elemento identificativo del nucleo familiare. La legge di riforma n. 151 del 1975 ha sostituito tale disposizione con l'art. 143-bis c.c., ai sensi del quale la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito. Nonostante l'apparente incisività della nuova formulazione, essa deve considerarsi di modesto spessore (...) tenuto conto da un lato che anche nel vigore della precedente normativa la giurisprudenza di questa Suprema Corte aveva ravvisato il diritto della moglie a conservare il proprio cognome, aggiungendo ad esso quello del marito (...), considerato d'altro lato che anche la disposizione novellata evidenzia, sia pure in termini attenuati rispetto al passato, l'opzione del legislatore verso il cognome del marito come identificativo della nuova famiglia costituita, in quanto unico cognome comune, così rimarcando una posizione di evidente disparità tra i coniugi"5.
L’art. 156-bis c.c. stabilisce che il giudice può vietare alla moglie l’uso del cognome del marito, quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall’uso possa derivarle grave pregiudizio.
Ai sensi dell’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), una volta pronunciato con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Tuttavia il tribunale, con la sentenza suddetta, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela. Tale decisione può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti.
L’art. 262 c.c. prevede che il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre. Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.
La Corte costituzionale, con sentenza 18-23 luglio 1996, n. 297, in relazione ad un ricorso diretto ad ottenere l'accertamento del diritto di un figlio naturale di anteporre al cognome, derivatogli dall'(unico) riconoscimento della madre naturale intervenuto oltre quaranta anni dopo il parto, il precedente cognome attribuito dall'ufficiale di stato civile, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale.
Con sentenza n. 12641 del 26 maggio 2006, la Corte di cassazione ha chiarito che, in caso di riconoscimento del figlio da parte del padre - successivamente a quello già compiuto dalla madre, della quale il figlio ha assunto il cognome - l'acquisto del cognome paterno non è automatico, e anzi deve escludersi ove nel frattempo il figlio abbia acquistato una sua precisa individualità col cognome materno e come tale sia conosciuto.
Ai sensi dell'art. 280 c.c., la legittimazione, che può avvenire o per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice, attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.
L’attribuzione del cognome al figlio legittimato è disciplinata dall’art. 33 del citato D.P.R. 396/2000, secondo cui il figlio legittimato ha il cognome del padre, ma egli, se maggiore di età alla data della legittimazione, può scegliere, entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza, di mantenere il cognome portato precedentemente, se diverso, ovvero di aggiungere o di anteporre ad esso, a sua scelta, quello del genitore che lo ha legittimato. Uguale facoltà di scelta è concessa al figlio maggiorenne che subisce il cambiamento o la modifica del proprio cognome a seguito della variazione di quello del genitore da cui il cognome deriva, nonché al figlio naturale di ignoti riconosciuto, dopo il raggiungimento della maggiore età, da uno dei genitori o contemporaneamente da entrambi. Le dichiarazioni precedenti sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune di nascita dal figlio personalmente o con comunicazione scritta. Esse vengono annotate nell'atto di nascita del figlio medesimo.
Si richiama anche Cass. 6098/2001, secondo la quale se il minore figlio naturale riconosciuto prima dalla madre (della quale ha assunto il cognome) e poi dal padre (del quale ha assunto il cognome) viene legittimato per provvedimento del giudice, l’attribuzione del cognome paterno non avviene in via automatica; in tale fattispecie, si applica per analogia il sopra richiamato art. 262, sicché il giudice, nel decidere sulla richiesta del padre di attribuzione al figlio del proprio cognome, dovrà valutare esclusivamente l’interesse del minore, avuto riguardo al diritto dello stesso all’identità personale fino a quel momento goduta nell’ambiente in cui è vissuto, nonché ad ogni altro elemento di valutazione presente e rilevante nella fattispecie.
Non esiste nell'ordinamento italiano una specifica disposizione diretta ad attribuire ai figli legittimi il cognome paterno. Ciononostante, al figlio legittimo viene automaticamente attribuito il cognome del padre ed è costantemente negata ai genitori la possibilità di optare per il cognome materno o il doppio cognome.
Il fondamento giuridico di tale circostanza è individuato da una parte della dottrina e della giurisprudenza nella lettura sistematica delle disposizioni in tema di filiazione legittima e naturale. Secondo una tesi minoritaria, invece, opererebbe nel campo una fonte consuetudinaria[3].
Di tale questione è stata investita già nel corso degli anni '80 la Corte costituzionale, la quale ha dichiarato in due occasioni, con le ordinanze n. 176 e 586 del 1988, manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale (nella prima pronuncia) degli artt. 71, 72 e 73 del r.d. n. 1238 del 1939 (successivamente abrogato ad opera del D.P.R. 396/2000), nonché (nella seconda pronuncia) dell’art. 73 del suddetto r.d. 1238/1939 e degli artt. 6, 143-bis, 236, 237, comma 2, e 262, comma 2, c.c., nella parte in cui non prevedono la facoltà dei genitori di determinare il cognome del proprio figlio legittimo mediante l’imposizione di entrambi i loro cognomi, né il diritto di quest'ultimo di assumere anche il cognome materno. In tali pronunce la Corte Costituzionale ha rilevato che l’interesse alla conservazione dell’unità familiare tutelato dall’art. 29, secondo comma, Cost. sarebbe gravemente pregiudicato se il cognome dei figli nati dal matrimonio non fosse prestabilito fin dal momento dell’atto costitutivo della famiglia, così da essere non già imposto dai genitori ai figli, ma esteso ope legis; allo stesso tempo la Corte ha riconosciuto come del tutto compatibile con il quadro costituzionale, ed anzi maggiormente aderente all’evoluzione della coscienza sociale, una sostituzione della regola vigente con un criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi ed idoneo a conciliare i due principi sanciti dall’art. 29 Cost., ritenendo tuttavia tale innovazione normativa, anche per la pluralità delle soluzioni adottabili, di esclusiva competenza del legislatore.
In considerazione del lungo periodo trascorso dalle suddette pronunce della Corte costituzionale, del maturarsi di una diversa sensibilità nella collettività e di diversi valori di riferimento, connessi alle profonde trasformazioni sociali frattanto intervenute, nonché degli impegni imposti da convenzioni internazionali e delle sollecitazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie, la Corte di cassazione, con l’ordinanza 13298/2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 143-bis, 236, 237, comma 2, 262, 299, comma 3, c.c., nonché 33 e 34 del D.P.R. 396/2000, nella parte in cui prevedono che il figlio legittimo acquisti automaticamente il cognome del padre, anche quando vi sia in proposito una diversa volontà dei coniugi, legittimamente manifestata, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 29, comma 2, Cost.. Pare opportuno riportare ampiamente quanto argomentato dalla Suprema Corte: "se l’assunzione di quello paterno si configurava nella vigenza delle disposizioni codicistiche tanto aderente al modello tradizionale di famiglia incentrato sull'autorità del marito/padre, da far apparire superflua una specifica
In mancanza di una disposizione espressa, la Cassazione ritiene che, attualmente, la norma relativa all’assunzione del cognome paterno da parte del figlio legittimo sia desumibile dal sistema, in quanto presupposta da una serie di disposizioni regolatrici di fattispecie diverse (tra le quali, l’art. 237 c.c., relativo agli elementi costitutivi del possesso di stato; l’art. 262 c.c., in materia di riconoscimento del figlio naturale; l’art. 299 c.c. in tema di adozione di maggiorenni; il sopra richiamato art. 33 del D.P.R. 396/2000, relativo al cognome del figlio legittimato). La Corte aggiunge che “da tali più eterogenee previsioni si desume l’immanenza di una norma (…) che certamente si configura come traduzione in regola dello Stato di un'usanza consolidata nel tempo, [sulla base della quale] il cognome del figlio legittimo non si trasmette dal padre al figlio, ma si estende ipso iure da quello a questo”; secondo la Corte, “la tutela costituzionale offerta dall’art. 2 Cost. ai diritti inviolabili dell’uomo «nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», nella loro funzione essenziale di luoghi di promozione della personalità dei singoli componenti, esige che il diritto in discorso sia garantito, nell’ambito di quella formazione sociale primaria che è la famiglia (così Corte Cost. 2002 n. 484; 1988 n. 183), nella duplice direzione del diritto della madre di trasmettere il proprio cognome al figlio e di quello del figlio di acquisire segni di identificazione rispetto ad entrambi i genitori e di testimoniare la continuità della sua storia familiare anche con riferimento alla linea materna. Il dubbio di contrasto della norma in esame con l’art. 3 Cost. si fonda sull’evidente rilievo che l’attribuzione automatica ed indefettibile ai figli del cognome del marito si risolve in una discriminazione ed in una violazione del principio fondamentale di eguaglianza e di pari dignità, che nella legge di riforma del diritto di famiglia trova espressione e sostanza sia con riferimento ai rapporti tra i coniugi, che ai sensi dell'art. 143 c.c.. acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, sia con riguardo alla relazione con i figli, nei confronti dei quali l’art. 147 c.c, impone ai coniugi obblighi di identico contenuto. E’ d'altro canto evidente che un sistema normativo nel quale sia consentita l’attribuzione al figlio (anche) del cognome della madre vale a realizzare il principio di eguaglianza non solo dei coniugi tra loro, ma anche rispetto alla prole, esprimendosi l’unità della famiglia, quale comunità di eguali, non solo nella sua dimensione orizzontale, ma anche nel rapporto che lega genitori e figli. Altrettanto forte è il sospetto di contrasto con l’art. 29, comma 2, Cost., atteso che il principio di eguaglianza sul quale il matrimonio è ordinato costituisce esplicazione del principio fondamentale posto dall'art. 3 della Costituzione. Peraltro il necessario bilanciamento tra l’esigenza di tutela dell'unità familiare, cui è riconosciuta copertura costituzionale, e la piena realizzazione del principio di eguaglianza non appare correttamente perseguibile attraverso una disposizione così marcatamente discriminatoria, tenuto anche conto che - come la Corte Costituzionale ha avuto occasione di affermare già nella remota sentenza n. 133 del 1970, con riferimento ai rapporti patrimoniali tra i coniugi - è proprio la diseguaglianza a mettere in pericolo l’unità familiare, che al contrario si rafforza nella misura in cui i rapporti tra i coniugi siano governati dalla solidarietà e dalla parità”[4].
La Corte costituzionale, con sentenza 6 febbraio 2006, n. 61, ha dichiarato l'inammissibilità di tale questione di legittimità costituzionale. Il giudice delle leggi ha sottolineato che l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento, con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna e con i vincoli e gli stimoli provenienti dalle fonti di diritto internazionale. Tuttavia, la Corte ha concluso che l’intervento che si invocava con la ordinanza di rimessione richiedeva una operazione manipolativa esorbitante dai propri poteri, posto che lasciava aperta tutta una serie di opzioni, che vanno da quella di rimettere la scelta del cognome esclusivamente alla volontà dei coniugi – con la conseguente necessità di stabilire i criteri cui l’ufficiale dello stato civile dovrebbe attenersi in caso di mancato accordo – ovvero di consentire ai coniugi che abbiano raggiunto un accordo di derogare ad una regola pur sempre valida, a quella di richiedere che la scelta dei coniugi debba avvenire una sola volta, con effetto per tutti i figli, ovvero debba essere espressa all’atto della nascita di ciascuno di essi.
Ai sensi dell’art. 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. La Corte costituzionale (ordinanza n. 586 dell'11-19 maggio 1988) ha chiarito che "analogamente ai figli legittimi, l'adottato assume il cognome determinato dalla legge come segno distintivo dei membri della famiglia legittima costituita dai genitori adottivi col matrimonio, cioè, secondo l'ordinamento vigente, il cognome del marito".
Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'art. 25, comma 5, della medesima legge (secondo cui, se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta), l'adottato assume il cognome della famiglia di lei.
Per quanto riguarda invece l'adozione di persone maggiori di età, ai sensi dell’art. 299 c.c. l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. In particolare, se l'adozione è compiuta da coniugi l'adottato assume il cognome del marito. Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei. La Corte costituzionale, con sentenza 7-11 maggio 2001, n. 120, ha affermato che la precedenza del cognome dell’adottante non appare irrazionale, così come non può costituire violazione del diritto all’identità personale il fatto che il cognome adottivo preceda o segua quello originario. La lesione di tale identità è ravvisabile nella soppressione del segno distintivo, non certo nella sua collocazione dopo il cognome dell’adottante.
Il primo periodo del secondo comma dell'art. 299 c.c. stabilisce tuttavia che l'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. La ratio di tale previsione risiede nella volontà di far scomparire il cognome imposto dall'ufficiale di stato civile, ritenuto rivelatore di origine illegittima e dunque generatore di stigma sociale. La Corte costituzionale, con la suddetta sentenza 120/2001, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli.
Secondo la Corte tale scelta “risulta in contrasto con l’invocato art. 2 della Costituzione, dovendosi ormai ritenere principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui il diritto al nome – inteso come primo e più immediato segno distintivo che caratterizza l’identità personale – costituisce uno dei diritti inviolabili protetti dalla menzionata norma” ed è, inoltre, “priva di razionale giustificazione, sicché risulta violato l’art. 3 della Costituzione", alla luce della riforma dell’adozione di cui alla menzionata legge n. 184 del 1983., con la quale si é compiuta una netta distinzione fra l’adozione di minori e quella di maggiorenni, regolata dal codice civile, posto che “se la ratio della prima é, almeno in linea di massima, quella di fornire al minore una famiglia che sia idonea a consentire nel modo migliore il suo sviluppo (..) l’obiettivo della seconda evidentemente non é il medesimo, poiché tale adozione (art. 300 cod. civ.) non crea alcun vincolo di parentela tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, tanto che il primo conserva tutti i propri precedenti rapporti, specie quelli con la famiglia di origine”.
Si richiama, in primo luogo, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata dall’Italia con legge 14 marzo 1985 n. 132). L’articolo 16 della Convenzione impegnato gli Stati aderenti a prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari, ed in particolare ad assicurare, in condizioni di parità con gli uomini, gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome (lett. g)[5].
Si segnala, inoltre, che, con le raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 (e ancor prima con la risoluzione 37/1978), il Consiglio d'Europa ha affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie tra donne e uomini riguardo alla scelta del nome di famiglia non è compatibile con il principio di eguaglianza sostenuto dal Consiglio stesso, ha raccomandato agli Stati inadempienti di realizzare la piena eguaglianza tra madre e padre nell’attribuzione del cognome dei loro figli, di assicurare la piena eguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partners, di eliminare ogni discriminazione nel sistema legale per il conferimento del cognome tra figli nati nel e fuori del matrimonio.
Nella giurisprudenza comunitaria, si richiama Corte giust. 2 ottobre 2003 (caso C-148/02, Carlos Garcia Avello c. Belgio), che ha affermato che costituisce discriminazione in base alla nazionalità (e dunque violazione degli artt. 12 e 17 del Trattato) il rifiuto da parte dell'autorità amministrativa di uno Stato membro di consentire che un minore avente doppia nazionalità possa essere registrato allo stato civile col cognome cui avrebbe diritto secondo le leggi applicabili nell'altro Stato membro[6].
In applicazione di tale sentenza, il Tribunale di Bologna, con decreto del 9 giugno 2004, ha affermato che "la doppia cittadinanza del minore legittima i suoi genitori a pretendere che vengano riconosciuti nell'ordinamento italiano il diritto e la tradizione spagnoli per cui il cognome dei figli si determina attribuendo congiuntamente il primo cognome paterno e materno: solo così sono garantiti al minore il diritto ad avere riconosciuta nell'ambito dell'Unione una sola identità personale e familiare e ad esercitare tutti i diritti fondamentali attribuiti da ciascuna delle normative nazionali, spagnola ed italiana, cui egli è legato da vincoli di pari grado e intensità".
Anche alcune recenti pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo vanno nella direzione della eliminazione di ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome (16 febbraio 2005, affaire Unal Tekeli c. Turquie; 24 ottobre 1994, affaire Stjerna c. Finlande; 24 gennaio 1994, affaire Burghartz c. Suisse).
Nella scorsa legislatura, la Commissione giustizia del Senato aveva esaminato in sede referente tre proposte di legge d’iniziativa parlamentare che intervenivano, con modifiche al codice civile, in materia di cognome dei coniugi e dei figli (AS 19, 26 e 580). Il testo risultante dall’esame in Commissione è ripreso da una delle proposte di legge in esame (l’ AC n. 36 a prima firma Brugger).
Nella seduta del 30 maggio 2007, in considerazione delle esigenze di approfondimento emerse nel corso del dibattito e al fine di trovare una soluzione condivisa, l’Assemblea del Senato aveva deliberato il rinvio in Commissione del provvedimento.
Anche nella XIV legislatura erano state presentate in materia diverse proposte di legge sia alla Camera, sia al Senato
Le proposte di legge AC 36 (all’art. 1, co. 1), AC 1053 (all’art. 1) e AC 1699 (all’art. 1, co. 1), con norme identiche, sostituiscono l’articolo 143-bis c.c. al fine di prevedere che ciascun coniuge conservi il proprio cognome.
In conseguenza di tale disposizione, gli AC 36 (Brugger) e 1699 (Garavini) provvedono all’abrogazione:
§ dell’articolo 156-bis del codice civile relativo al divieto che il giudice può imporre alla moglie dell'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e all’autorizzazione alla moglie a non usare il cognome del marito, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio (art. 1, co. 2, degli AA.CC. 36 e 1699);
§ dei commi 2, 3 e 4 dell’articolo 5 della legge n. 898 del 1970, che prevedono, nel caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio: che la donna perda il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio; che il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare (con decisione modificabile con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti) la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela (art. 1, co. 3, degli AA.CC. 36 e 1699).
Tutte le proposte di legge, con l’eccezione dell’AC 1703 (Mussolini) recano disposizioni relative al cognome del figlio legittimo.
Con riferimento alla collocazione sistematica, gli AA.C. 36 (Brugger), 1053 (Santelli) e 1699 (Garavini), introducono un nuovo articolo 143-bis.1 dopo l’articolo 143-bis (relativo al cognome dei coniugi), nell’ambito delle disposizioni relative ai diritti e ai doveri che nascono dal matrimonio; l’AC 960 (Colucci) introduce l’articolo 235-bis nell’ambito delle disposizioni del codice relative allo stato di figlio legittimo.
L’AC 1699 (Garavini), all’articolo 2, demanda alla volontà dei genitori la possibilità di attribuire, oltre al cognome di entrambi i genitori nell’ordine concordato, il solo cognome del padre o il solo cognome della madre. Quale criterio suppletivo, per il caso di mancato accordo tra i genitori, la disposizione prevede l’attribuzione dei cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
Le altre tre proposte di legge prevedono, invece, l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori secondo i seguenti criteri:
AC 36 (Brugger) (art. 2) |
AC 960 (Colucci) (art. 1) |
AC 1053 (Santelli) (Art. 2) |
Attribuzione, nell'ordine, del cognome del padre e di quello della madre
(Se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, si considera soltanto il primo).
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Attribuzione del cognome di entrambi i genitori, nell'ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi.
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Attribuzione del cognome di entrambi i genitori (senza specificazione dell’ordine) |
Possibilità per i coniugi di stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa all'ufficiale dello stato civile all'atto del matrimonio o, in mancanza, all'atto della registrazione della nascita del primo figlio |
In caso di mancato accordo, attribuzione al figlio di entrambi i cognomi, con precedenza del cognome paterno su quello materno. |
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Tutte le proposte di legge prevedono l’attribuzione ai figli successivi al primo dei medesimi genitori del cognome attribuito al primo. L’AC 36 (Brugger) specifica che tale disposizione si applica anche ai figli nati prima del matrimonio ma riconosciuti contemporaneamente da entrambi i genitori.
Le proposte di legge regolano la questione della trasmissione successiva del cognome da parte del soggetto cui è attribuito il doppio cognome nei termini seguenti:
AC 36 (Brugger) art. 2 AC 960(Colucci) art. 1 |
AC 1053 (Santelli) art. 2 AC 1699 (Garavini) art. 2 |
Trasmissione del solo primo cognome |
Trasmissione di uno dei due cognomi, a sua scelta |
Soltanto le proposte di legge AA.C. 36 (Brugger) e 960 (Colucci) intervengono sulla disciplina dei fatti costitutivi del possesso di stato, di cui all’art. 237 c.c.
Si ricorda che la filiazione legittima si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile (art. 236, primo comma); in mancanza, lo status di figlio legittimo può essere provato con il possesso continuo di stato, il quale deve risultare da una serie di fatti che, nel loro complesso, valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. Tali fatti sono indicati dall’art. 237 c.c. nei seguenti: che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere (cd. nomen); che il padre l'abbia trattata come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa (cd. tractatus); che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali (cd. fama); che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.
Le due proposte di legge (rispettivamente agli articoli 5 e 2) intervengono sui primi due fatti indicati (sul cd. nomen e sul cd. tractatus), che nella loro attuale formulazione fanno riferimento al solo cognome del padre e al fatto che il padre abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa.
Con riferimento al cd. nomen, l’AC 36 contiene il riferimento al cognome del padre, della madre o di entrambi; l’AC 960, più genericamente, al cognome del genitore; con riferimento al tractatusentrambe le proposte di legge fanno riferimento, anziché al padre, ai genitori.
Tutte le proposte di legge novellano l’articolo 262 c.c.
In primo luogo, intervengono sul caso di riconoscimento contemporaneo del figlio naturale da parte di entrambi i genitori, da cui deriva, in base al testo vigente, l’attribuzione del cognome del padre.
In tale ipotesi, invece:
§ gli AA.CC. 36 (Brugger, art. 4, co. 1), 960 (Colucci, art. 3), 1053 (Santelli, art. 3), 1699 (Garavini, art. 4) rinviano alle modalità di attribuzione del cognome sopra illustrate previste per il figlio legittimo.
L’AC 36 conferma esplicitamente quanto previsto per il figlio legittimo, anche sotto il profilo della possibilità per i genitori di stabilire un ordine diverso con dichiarazione resa all’ufficiale di stato civile all’atto della registrazione della nascita.
§ l’AC 1703 (Mussolini, art. 1) prevede l’attribuzione del cognome della madre.
Nel caso di riconoscimento da parte di uno solo dei genitori, il figlio naturale assume il cognome di questi.
Le proposte di legge regolano poi il caso di accertamento o riconoscimento della filiazione successivamente al riconoscimento da parte dell’altro genitore, nei termini seguenti:
AC 36 (Brugger) |
Il cognome del secondo genitore si aggiunge al cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide sentito il minore. Nel caso di maggiore età, è comunque necessario il consenso espresso dell'interessato. |
AC 960 (Colucci) |
Il secondo cognome può essere aggiunto, con il consenso di entrambi i genitori, a quello del genitore che per primo ha riconosciuto il figlio naturale, con le modalità previste dall'articolo 235-bis per il cognome del figlio legittimo. In caso di disaccordo tra gli stessi, il cognome del genitore che ha riconosciuto per ultimo segue quello preesistente. |
AC 1053 (Santelli) |
Il cognome del secondo genitore si aggiunge al cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento |
AC 1699 (Garavini) |
Il cognome del secondo genitore si aggiunge al cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, con il consenso del genitore che ha effettuato il primo riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
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L’AC 1703 (Mussolini),all’articolo 1, disciplina la sola ipotesi di successivo accertamento o riconoscimento della filiazione nei confronti del padre, prevedendo che il figlio possa soltanto aggiungere il cognome del padre a quello della madre (e non anche, come nel testo attuale, sostituire il cognome della madre).
La medesima proposta di legge detta anche:
§ una norma di carattere generale che attribuisce al figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, la possibilità può ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale;
§ un’ulteriore disposizione che, nel caso di minore età del figlio, demanda al giudice la decisione circa l’assunzione del cognome paterno.
Sul punto, occorre chiarire l’ambito di applicazione di tale ultima disposizione, in particolare esplicitando se essa si riferisce all’ipotesi di cui al nuovo terzo comma dell’art. 262 (accertamento o riconoscimento della filiazione nei confronti del padre) o alla fattispecie più generale di cui al quarto comma.
Gli AA.C. 36 (Brugger) e 1699 (Garavini) precisano che ai figli naturali naturali successivi viene attribuito il cognome del primo figlio.
Andrebbe valutata la formulazione del nuovo quinto comma dell’articolo 262, introdotto dall’AC 1699, posto che il medesimo, nel rinviare a quanto previsto per i figli legittimi, non fa alcun riferimento al riconoscimento dei medesimi.
La medesima pdl 1699 (Garavini), infine, detta una regola analoga a quella introdotta per i figli legittimi, precisando che nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha un doppio cognome, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta.
Tutte le proposte di legge, con l’eccezione dell’AC 1703 (Mussolini), novellano l’articolo 299 c.c., in materia di adozione di persone maggiori di età, confermando la regola codicistica secondo la quale l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.
Gli AA.C. 36 (Brugger-art. 6, comma 1) e 1699 (Garavini-art. 5, comma 1) precisano che, nel caso di doppio cognome dell’adottato, il medesimo indica quale cognome intende mantenere.
Le sopra richiamate proposte di legge non disciplinano il caso inverso di doppio cognome dell’adottante.
Le medesime proposte di legge non riproducono inoltre l’attuale previsione dell’art. 299, secondo comma, c.c. relativo al cognome dell’adottato che sia figlio naturale non riconosciuto o del figlio naturale riconosciuto e successivamente adottato, peraltro dichiarata costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli (cfr. supra).
Nel caso di adozione compiuta da coniugi, rispetto alla regola vigente secondo la quale l’adottato assume il cognome del marito, si prevede:
AC 36 (Brugger) (art. 6, co. 1) |
AC 960 (Colucci) (art. 4) |
AC 1053 (Santelli) (Art. 4) |
AC 1699 (Garavini) (Art. 5, co.1) |
Attribuzione, nell'ordine, del cognome del padre e di quello della madre adottivi, limitatamente al primo cognome, con possibilità di stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa nella domanda di adozione ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma.
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Attribuzione del cognome di entrambi i genitori ai sensi dell’articolo 235-bis (ordine determinato di comune accordo e, in mancanza di accordo, attribuzione di entrambi i cognomi, con precedenza del cognome paterno su quello materno)
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Attribuzione del cognome di entrambi i genitori ai sensi dell’art. 143-bis.1 (che non specifica l’ordine) |
Possibilità per i coniugi di decidere concordemente se attribuire il cognome di entrambi i genitori nell’ordine concordato, il solo cognome del padre o il solo cognome della madre. In caso di mancato accordo si segue l’ordine alfabetico. |
In relazione alle nuove regole dettate per il caso di adozione da parte dei coniugi, gli AA.C 36 e 1699 non riproducono la disposizione secondo la quale se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.
L’art. 6, co. 2, dell’AC 36 (Brugger) e l’art. 5, co. 2, dell’AC 1699 (Garavini) intervengono anche in materia di adozione di minori. Tali disposizioni novellano l’art. 27 della legge n. 1834 del 1983, che nel suo testo attuale prevede la trasmissione da parte dell’adottato del cognome degli adottanti, prevedendo un rinvio alle disposizioni relative all’attribuzione del cognome al figlio legittimo.
Si segnala che, nel sostituire integralmente il citato art. 27, l’AC 1699 non riproduce le disposizioni relative al caso di adozione disposta nei confronti della moglie separata e, soprattutto, la disposizione generale contenuta nell’attuale quarto comma relativo alla cessazione dei rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine.
Con riferimento a tale ultima disposizione, la giurisprudenza ha chiarito che essa non si ispira ad intenti sanzionatori nei confronti della famiglia di origine, che si è dimostrata incapace di provvedere al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, bensì unicamente all’esigenza di evitare ogni turbamento al minore (Cass. 12169/1995).
Soltanto la pdl 36 (Brugger), all’articolo 7, comma 1, novella l’articolo 33 del sopra richiamato D.P.R. n. 396 del 2000, in materia di cognome dei figli legittimati.
All’attuale disposizione relativa all’assunzione del cognome paterno, la proposta di legge sostituisce il rinvio alle regole di attribuzione del cognome previste per il figlio legittimo; essa inoltre conferma la possibilità di scelta da parte del figlio maggiorenne alla data di legittimazione se mantenere il proprio cognome o aggiungere o anteporre il cognome del legittimante (precisando tuttavia che deve trattarsi del primo cognome) (nuovo art. 33, comma 1).
Il comma 2 riproduce sostanzialmente il testo vigente (relativo al caso di variazione del cognome del genitore da cui il cognome deriva, nonché all’ipotesi di cognome del figlio di ignoti riconosciuto dopo il raggiungimento della maggiore età).
Il nuovo testo dell’art. 33, al comma 3, inoltre attribuisce la facoltà, al figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno sulla base della normativa vigente al momento della nascita e che non ha fatto ricorso alle procedure di modifica del cognome di cui al Titolo X, di aggiungere al proprio il cognome materno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile.
Tale disposizione sembrerebbe avere portata generale e non limitata al figlio legittimato.
Il successivo comma 4 estende anche ai genitori la facoltà di rendere le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2.
La pdl n. 36 novella le seguenti ulteriori disposizioni del D.P.R. n. 396:
§ l’articolo 34, comma 1, in materia di limiti all’attribuzione del nome, estendendo il divieto di imporre al figlio lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, anche al nome della madre vivente e precisando che tali divieti operano quando ne deriva l’omonimia con il congiunto (art. 7, comma 2);
§ l’articolo 64, comma 2, relativo al contenuto dell’atto di matrimonio prevedendo l’inserimento nel medesimo della scelta nel caso di accordo sul cognome da attribuire al primo figlio ai sensi del nuovo articolo 143-bis.1, secondo comma, c.c.
Le pdl 1699 (Garavini) e 1703 (Mussolini) non recano disposizioni transitorie o finali.
Per quanto riguarda le altre proposte di legge, si prevede:
AC 36 (Brugger) (art. 8) |
AC 960 (Colucci) (art. 5) AC 1053 (Santelli) (art. 5)
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In via generale: applicazione delle disposizioni relative all'attribuzione del cognome ai figli a tutti i nati dopo la data della loro entrata in vigore che non hanno fratelli viventi nati dagli stessi genitori.
§ Nel caso di minori nati prima della data di entrata in vigore della legge, nonché di minori nati successivamente che hanno fratelli viventi nati dagli stessi genitori, possibilità di aggiungere il cognome dell'altro genitore(con dichiarazione resa, di persona o con comunicazione scritta recante sottoscrizione, congiuntamente dagli esercenti la potestà dei genitori, ovvero dall'unico esercente in via esclusiva, e rivolta all'ufficiale dello stato civile, il quale procede all'annotazione dell'aggiunta del cognome dell'altro genitore nell'atto di nascita del minore).
§ Nel caso di figli maggiorenni, si richiama la novella apportata dall’art. 7, co. 1, all’articolo 33 del D.P.R. n. 396 del 2000, relativo alla facoltà attribuita al medesimo figlio al quale è stato attribuito il solo cognome paterno sulla base della normativa vigente al momento della nascita e che non ha fatto ricorso alle procedure di modifica del cognome di cui al Titolo X, di aggiungere al proprio il cognome materno (con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile). |
A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, i figli, al compimento del diciottesimo anno di età, nonché a tutti i cittadini italiani maggiorenni, facoltà di scelta se aggiungere al proprio cognome quello della madre o di mantenere il solo cognome paterno.
L’AC 960 precisa che rimane fermo quanto stabilito dal nuovo art. 235-bis, terzo comma, c.c. (relativo alla trasmissione del solo primo cognome). |
Si segnala, inoltre, che l’articolo 11 dell’AC 36 (Brugger) prevede, inoltre, l’entrata in vigore della legge centottanta giorni dopo la sua pubblicazione in G.U.
In base all’articolo 6 dell’AC 1699, il provvedimento trova applicazione anche rispetto ai figli degli italiani residenti all'estero che devono essere iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470.
Come rilevato dalla relazione illustrativa dell’A.C. 1699, nel nostro paese “fino a qualche mese addietro ha trovato applicazione una circolare del Ministero dell'interno che obbligava ad iscrivere all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) i minori figli di doppi cittadini con il cognome paterno”. La circolare del Ministero dell’interno n. 397 del 2008[7], si riferisce all’applicabilità dell’art. 98, secondo comma del D.P.R. 396/2000. Tale disposizione prevede che l’ufficiale dello stato civile, al momento di ricevere l’atto di nascita di un cittadino nato all’estero, al quale sia imposto un cognome diverso da quello spettante ai sensi della normativa italiana, provvede d’ufficio alla correzione dell’atto di nascita secondo la normativa vigente, ovvero attribuendo il cognome paterno. La circolare sottolinea che tali prassi amministrativa è da applicarsi ex ufficio, senza il consenso dell’interessato, ai casi di soggetti in possesso della sola cittadinanza italiana, ma nati all’estero. Molto più delicato appare invece il caso di soggetti in possesso di doppia cittadinanza, poiché la circolare sottolinea come si ritenga che “nel caso di minore in possesso di doppia cittadinanza, italiana e di altro paese facente parte dell’Unione europea,si ritiene che la modifica, senza il consenso dell’interessato, si ponga in contrasto con la normativa europea[8].
Si richiama al proposito una recente sentenza della Corte di Giustizia[9], in cui la Curia ha stabilito che l’art. 18 CE osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale che collega la determinazione del cognome esclusivamente alla cittadinanza, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita. Il caso esaminato si riferiva a un bambino nato in Danimarca da genitori tedeschi, registrato all'anagrafe danese con il cognome di entrambi, ma che il comune tedesco di origine si era rifiutato di trascrivere perché in contrasto con il diritto interno che non permette l’attribuzione di cognomi composti per motivi di ordine pratico.
I giudici del Lussemburgo però hanno sottolineato che il fatto di essere obbligati a portare, nello Stato membro di cui si è cittadini, un cognome differente da quello già attribuito e registrato nello Stato membro di nascita e di residenza è idoneo ad ostacolare l’esercizio del diritto a circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, sancito dall’art. 18 CE.
Le pdl 36 (Brugger, art. 3, co. 1) e 1699 (Garavini, art. 3, co. 1) contengono una disposizione di portata generale (art. 3), volta a sostituire, nella normativa vigente, le espressioni: «figlio legittimo» e «figlio naturale», con le seguenti: «figlio nato nel matrimonio» e «figlio nato fuori del matrimonio». Il comma 2 della sopra richiamata disposizione della pdl Brugger, inoltre, esplicita che i figli nati nel matrimonio, nati fuori del matrimonio, riconosciuti e adottati sono titolari degli stessi diritti e dei medesimi doveri.
In base all’articolo 30, terzo comma Cost., la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica ed economica, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La pdl 36 (Brugger), all’articolo 9, contiene una delega al Governo finalizzata all’adozione di una disciplina organica in materia di cognomi, che provveda all'integrazione delle disposizioni da essa introdotte con le norme dell'ordinamento civile, e in particolare al coordinamento con il D.P.R. n. 396 del 2000 con ogni altra disposizione normativa vigente in materia.
I principi e criteri direttivi vengono fissati nei seguenti:
a) osservanza dei vincoli derivanti da trattati internazionali, con particolare riguardo a quelli che impegnano a eliminare ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome familiare;
b) introduzione di norme finalizzate a realizzare il principio di eguaglianza anche rispetto alla filiazione;
c) osservanza, in particolare, dei vincoli derivanti dalla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (su cui cfr. Quadro normativo);
d) osservanza, in particolare, degli ulteriori vincoli derivanti dalla risoluzione n. 37 del 27 settembre 1978 del Consiglio d'Europa e dalle raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 del medesimo Consiglio d'Europa (su cui cfr. Quadro normativo).
Con riferimento al procedimento, si prevede:
§ la proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno
§ la trasmissione degli schemi dei decreti legislativi alle Commissioni parlamentari competenti per il parere (entro trenta giorni dalla data di trasmissione).
§ nel caso di mancato adeguamento alle condizioni eventualmente formulate, ritrasmissione alle Camere (entro trenta giorni dall’espressione dei pareri) degli schemi dei decreti legislativi. Le Commissioni si pronunciano, per il parere definitivo nei successivi trenta giorni.
§ decorsi i termini senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
L’articolo 10 contiene inoltre, la clausola di invarianza finanziaria, riferita non solo all'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, ma anche ai decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 9.
Normativa vigente |
AC.
36 |
AC.
960 |
AC.
1053 |
AC
1699 |
AC
1703 |
Codice civile |
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[art. 1, co. 1] |
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[art. 1] |
[art. 1, co. 1] |
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Art. 143-bis |
Art. 143-bis |
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Art. 143-bis |
Art. 143-bis |
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Cognome della moglie |
Cognome dei coniugi |
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Cognome dei coniugi |
Cognome dei coniugi |
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La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze. |
Ciascun coniuge conserva il proprio cognome. |
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Ciascun coniuge conserva il proprio cognome. |
Ciascun coniuge conserva il proprio cognome. |
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[art. 2, co. 1] |
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[art. 2] |
[art. 2] |
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Art. 143-bis.1 |
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Art. 143-bis.1 |
Art. 143-bis.1 |
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Cognome dei figli di genitori coniugati |
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Cognome del figlio |
Cognome del figlio di genitori coniugati |
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Ai figli di genitori coniugati è attribuito, nell'ordine, il cognome del padre e quello della madre. Se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, se ne considera soltanto il primo. |
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Al momento della registrazione del figlio allo stato civile, l'ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio il cognome di entrambi i genitori. L'ufficiale dello stato civile attribuisce d'ufficio ai figli successivi al primo, generati dai medesimi genitori, lo stesso cognome attribuito al primo. |
I genitori coniugati, all'atto della registrazione del figlio allo stato civile, possono attribuire, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato. |
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In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico. |
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I coniugi possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa all'ufficiale dello stato civile all'atto del matrimonio o, in mancanza, all'atto della registrazione della nascita del primo figlio. |
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Ai figli successivamente generati dai medesimi genitori è attribuito lo stesso cognome del primo figlio, anche se nato prima del matrimonio ma riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori. |
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I figli degli stessi genitori coniugati, registrati successivamente, portano lo stesso cognome del primo figlio registrato. |
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Il cittadino cui è attribuito il cognome di entrambi i genitori, ai sensi del presente articolo o dell'articolo 299, può trasmettere al proprio figlio soltanto uno di essi, a sua scelta. |
Il figlio che ha avuto il cognome di entrambi i genitori, può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta». |
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[art. 1, co. 2] |
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[art. 1, co. 2] |
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Art. 156-bis |
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Cognome della moglie |
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Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio.
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Abrogato. |
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Abrogato. |
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[art. 1] |
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Sezione II |
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Art. 235-bis |
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Cognome del figlio legittimo |
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Al momento della dichiarazione di nascita, l'ufficiale dello stato civile, sentiti i genitori, attribuisce al figlio il cognome di entrambi i genitori, nell'ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi. In caso di mancato accordo tra i genitori, l'ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio entrambi i cognomi dei genitori, con precedenza del cognome paterno su quello materno. |
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L'ufficiale dello stato civile attribuisce d'ufficio ai figli successivi al primo, generati dai medesimi genitori, lo stesso cognome attribuito al primo. |
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Il figlio cui sia attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmettere al proprio figlio soltanto il primo. |
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[art. 5] |
[art. 2] |
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Art. 237 |
Art. 237 |
Art. 237 |
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Fatti
costitutivi del |
Fatti costitutivi del possesso di stato |
Fatti costitutivi del possesso di stato |
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Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. |
Identico. |
Identico. |
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In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti: |
Identico: |
Identico: |
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che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere; |
1) che la persona abbia sempre portato il cognome del padre ovvero della madre ovvero di entrambi i genitori che essa pretende di avere; |
1) che la persona abbia sempre portato il cognome del genitore che essa pretende di avere; |
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che il padre l'abbia trattata come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa; |
2) che il genitore o i genitori che la persona pretende di avere l'abbiano trattata come figlio e abbiano provveduto in questa qualità al suo mantenimento, alla sua educazione e al suo collocamento; |
2) che il genitore l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa; |
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che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali; |
3) che la persona sia stata costantemente considerata come figlio nei rapporti sociali; |
3) identico; |
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che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia. |
4) che la persona sia stata riconosciuta quale figlio dalla famiglia. |
4) identico. |
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[art. 4, co. 1] |
[art. 3] |
[art. 3] |
[art. 4] |
[art. 1] |
Art. 262 |
Art. 262 |
Art. 262 |
Art. 262 |
Art. 262 |
Art. 262 |
Cognome del figlio |
Cognome del figlio nato fuori del matrimonio |
Cognome del figlio naturale |
Cognome del figlio |
Cognome del figlio nato fuori dal matrimonio |
Cognome del figlio |
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre. |
Al figlio nato fuori del matrimonio, riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori, è attribuito il cognome a norma dell'articolo 143-bis.1, primo comma; i genitori possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile all'atto della registrazione della nascita. |
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio naturale assume il cognome di entrambi i genitori ai sensi dell'articolo 235-bis. |
Nel caso di riconoscimento contemporaneo del figlio naturale da parte di entrambi i genitori si applica la disciplina prevista dall'articolo 143-bis.1. |
Le disposizioni dell'articolo 143-bis.1 si applicano anche al figlio nato fuori dal matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori. |
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome della madre. |
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Il figlio riconosciuto da un solo genitore assume il cognome di questi. |
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Nel caso di riconoscimento da parte di un solo genitore, il figlio naturale assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto. [segue] |
Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome. |
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Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. |
Se la filiazione nei confronti di uno dei genitori è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte dell'altro genitore, il primo cognome del genitore che ha effettuato il riconoscimento successivo, ovvero nei confronti del quale è stata accertata successivamente la filiazione, si aggiunge al primo cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide sentito il minore. Nel caso di maggiore età, è comunque necessario il consenso espresso dell'interessato. |
Se la filiazione nei confronti di uno dei genitori è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte dell'altro genitore, il cognome del genitore che ha effettuato il riconoscimento successivo, ovvero nei confronti del quale è stata accertata successivamente la filiazione, può essere aggiunto, con il consenso di entrambi i genitori, a quello del genitore che per primo ha riconosciuto il figlio naturale, con le modalità previste dall'articolo 235-bis. In caso di disaccordo tra gli stessi, il cognome del genitore che ha riconosciuto per ultimo segue quello preesistente. |
[continua] Qualora l'altro genitore riconosca successivamente il figlio, ovvero qualora la filiazione sia accertata in momento successivo al primo riconoscimento, il cognome del genitore che ha effettuato il riconoscimento successivo, ovvero nei confronti del quale è stata accertata successivamente la filiazione, si aggiunge a quello del genitore che per primo ha riconosciuto il figlio. |
Quando il riconoscimento o l'attestazione della filiazione da parte del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questi si aggiunge a quello del primo genitore. A tale fine è necessario il consenso del genitore che ha effettuato il primo riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
Nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha un doppio cognome, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta. |
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo a quello della madre. |
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In ogni caso, il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, può ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale. |
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Ai figli successivi, riconosciuti dai medesimi genitori, è attribuito lo stesso cognome del primo figlio. |
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In caso di più figli nati fuori dal matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-bis.1, terzo comma. |
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Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre. |
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Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre. |
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[art. 6, co. 1] |
[art. 4] |
[art. 4] |
[art. 5, co. 1] |
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Art. 299 |
Art. 299 |
Art. 299 |
Art. 299 |
Art. 299 |
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Cognome dell’adottato |
Cognome dell’adottato |
Cognome dell’adottato |
Cognome dell’adottato |
Cognome dell’adottato |
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L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. |
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Se l'adottato ha due cognomi a norma dell'articolo 143-bis.1 o dell'articolo 262, indica quale dei due intende conservare. |
Identico. |
Identico. |
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-bis.1 e dell'articolo 262, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere. |
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L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante. |
Soppresso |
Identico. |
Identico. |
Soppresso |
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Se l'adozione è compiuta da coniugi l'adottato assume il cognome del marito. |
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume, nell'ordine, il cognome del padre e quello della madre adottivi, limitatamente al primo cognome di ciascuno. Gli adottanti possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa nella domanda di adozione ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma. |
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome di entrambi i genitori ai sensi dell'articolo 235-bis. |
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome di entrambi i genitori ai sensi dell'articolo 143-bis.1. |
Se l'adozione avviene da parte di coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-bis.1. In caso di mancato accordo, si segue l'ordine alfabetico. |
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Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei. |
Soppresso |
Identico. |
Identico. |
Soppresso |
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L. 1 dicembre 1970, n. 898 |
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[art. 1, co. 3] |
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[art. 1, co. 3] |
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Art. 5 |
Art. 5 |
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Art. 5 |
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1. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all'art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza. |
Identico. |
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Identico. |
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2. La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. |
Abrogato |
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Abrogato |
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3. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela. |
Abrogato |
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Abrogato |
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4. La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti. |
Abrogato |
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Abrogato |
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5. La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell'art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci. |
Identico. |
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Identico. |
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6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. |
Identico. |
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Identico. |
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7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione. |
Identico. |
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Identico. |
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8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico. |
Identico. |
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Identico. |
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9. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria. |
Identico. |
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Identico. |
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10. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze. |
Identico. |
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Identico. |
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11. Il coniuge, al quale non spetti l'assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell'ente mutualistico da cui sia assistito l'altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze. |
Identico. |
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Identico. |
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L. 4 maggio 1983, n. 184 |
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[art. 6, co. 2] |
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[art. 5, co. 2] |
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Art. 27 |
Art. 27 |
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Art. 27 |
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Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. |
1. Per effetto dell'adozione l'adottato acquista, nei confronti degli adottanti, lo stato di figlio nato nel matrimonio. |
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1. L'adottato acquista, nei confronti degli adottanti, la condizione di figlio nato nel matrimonio. |
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2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 143-bis.1 del codice civile. |
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2. All'adottato si applicano le disposizioni dell'articolo 143-bis.1 del codice civile». |
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Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il cognome della famiglia di lei. |
3. Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il solo cognome della medesima. |
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Soppresso. |
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Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali. |
4. Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, fatti salvi i divieti matrimoniali. |
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Soppresso. |
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D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 |
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[art. 7, co. 1] |
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Art. 33 |
Art. 33 |
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Disposizioni sul cognome |
Disposizioni sul cognome |
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1. Il figlio legittimato ha il cognome del padre, ma egli, se maggiore di età alla data della legittimazione, può scegliere, entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza, di mantenere il cognome portato precedentemente, se diverso, ovvero di aggiungere o di anteporre ad esso, a sua scelta, quello del genitore che lo ha legittimato. |
1. Il figlio legittimato assume il cognome secondo quanto dispone l'articolo 143-bis.1 del codice civile. Tuttavia il figlio che è maggiorenne alla data della legittimazione può scegliere, entro un anno dal giorno in cui ne viene a conoscenza, di mantenere il cognome portato precedentemente ovvero di aggiungere o di anteporre ad esso, a sua scelta, il primo cognome di uno dei legittimanti. |
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2. Uguale facoltà di scelta è concessa al figlio maggiorenne che subisce il cambiamento o la modifica del proprio cognome a seguito della variazione di quello del genitore da cui il cognome deriva, nonché al figlio naturale di ignoti riconosciuto, dopo il raggiungimento della maggiore età, da uno dei genitori o contemporaneamente da entrambi. |
2. Uguale facoltà di scelta ai sensi del comma 1 è riconosciuta al figlio maggiorenne che subisce il cambiamento o la modifica del proprio cognome a seguito della variazione di quello del genitore da cui il cognome deriva, nonché al figlio di ignoti riconosciuto, dopo il raggiungimento della maggiore età, da uno dei genitori o contemporaneamente da entrambi. |
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3. Il figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno sulla base della normativa vigente al momento della nascita e che non ha fatto ricorso alle procedure di cui al titolo X, può aggiungere al proprio il cognome materno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita. |
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3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune di nascita dal figlio personalmente o con comunicazione scritta. Esse vengono annotate nell'atto di nascita del figlio medesimo. |
4. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune di nascita dai genitori o dal figlio, personalmente o con comunicazione scritta. Esse vengono annotate nell'atto di nascita del figlio. |
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[art. 7, co. 2] |
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Art. 34 |
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Limiti all'attribuzione del nome |
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1. È vietato imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi. |
1. È vietato imporre al figlio lo stesso nome del padre o della madre viventi, di un fratello o di una sorella viventi se ne deriva l'omonimia con il congiunto, nonché un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi |
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2. I nomi stranieri che sono imposti ai bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell'alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell'alfabeto della lingua di origine del nome. |
2. Identico. |
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3. Ai figli di cui non sono conosciuti i genitori non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l'origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l'atto di nascita è formato. |
3. Identico. |
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4. Se il dichiarante intende dare al bambino un nome in violazione del divieto stabilito nel comma 1 o in violazione delle indicazioni del comma 2, l'ufficiale dello stato civile lo avverte del divieto, e, se il dichiarante persiste nella sua determinazione, riceve la dichiarazione, forma l'atto di nascita e, informandone il dichiarante, ne dà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promovimento del giudizio di rettificazione. |
4. Identico. |
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[art. 2, co. 2] |
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Art. 64 |
Art. 64 |
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Contenuto dell'atto di matrimonio |
Contenuto dell'atto di matrimonio |
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1. L'atto di matrimonio deve specificamente indicare: a) il nome e il cognome, il luogo è la data di nascita, la cittadinanza e la residenza degli sposi; il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita e la residenza dei testimoni; b) la data della eseguita pubblicazione o il decreto di autorizzazione alla omissione, salvo il caso di cui all'articolo 101 del codice civile; c) il decreto di autorizzazione quando ricorra alcuno degli impedimenti di legge, salvo il caso di cui all'articolo 101 del codice civile; d) la menzione dell'avvenuta lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile; e) la dichiarazione degli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e in moglie; f) il luogo della celebrazione del matrimonio nei casi previsti dagli articoli 101 e 110 del codice civile, ed il motivo del trasferimento dell'ufficiale dello stato civile in detto luogo; g) la dichiarazione fatta dall'ufficiale dello stato civile che gli sposi sono uniti in matrimonio. |
1. Identico. |
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2. Quando contemporaneamente alla celebrazione del matrimonio gli sposi dichiarano di riconoscere figli naturali, la dichiarazione è inserita nell'atto stesso di matrimonio. Ugualmente si provvede nel caso di scelta del regime di separazione dei beni o di scelta della legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali ai sensi dell'articolo 30, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218. |
2. Quando contemporaneamente alla celebrazione del matrimonio gli sposi dichiarano di riconoscere figli naturali, la dichiarazione è inserita nell'atto stesso di matrimonio. Ugualmente si provvede nel caso di scelta del regime di separazione dei beni o di scelta della legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali ai sensi dell'articolo 30, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218, nonché nel caso di accordo sul cognome da attribuire al primo figlio ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma, del codice civile. |
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[2] Recante il "Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127".
[3] I termini del dibattito sono esposti in Cass. 13298/2004.
[4] Anche il Consiglio di Stato ha recentemente avuto modo di sottolineare che "il principio di tendenziale stabilità del cognome, presente nel nostro ordinamento, non implica l'assoluta assenza di deroghe alla regola della riconoscibilità dell'individuo attraverso il solo cognome paterno (regola, peraltro, costituente una mera scelta legislativa contingente e modificabile, come dimostrano le innumerevoli iniziative parlamentari presentate in tal senso, mutuate da esperienze di paesi diversi, europei e non)" (15 gennaio-27 aprile 2004, n. 2572).
[5]Al proposito è stato notato in dottrina (E. BOGHETICH, Cognome materno ai figli legittimi: a decidere sarà la Corte costituzionale, in Diritto e giustizia, 2004, 32, 24) che: "la Convenzione (resa efficace, nel nostro ordinamento, attraverso una legge, ordinaria, di ratifica, fonte di cognizione sott’ordinata alla Corte costituzionale) va contemperata con il principio, anch'esso di rilievo costituzionale, al pari del principio di uguaglianza, dell'unità familiare. Inoltre, l'articolo 16 della Convenzione pare assicurare parità di diritti «tra coniugi», ossia nell'ambito del rapporto orizzontale (e, in questo senso, trova piena applicazione nell'art. 143-bis del codice civile, secondo il quale la moglie «aggiunge» semplicemente il cognome del marito al proprio), senza investire il rapporto tra genitori e figli".
[6] Nel caso di specie, i minori in questione - aventi nazionalità belga e spagnola - erano stati registrati dall'ufficiale di stato civile belga con il doppio cognome del padre, in ottemperanza alla legge belga che attribuisce ai figli lo stesso cognome del padre, invece che col primo cognome del padre seguito dal cognome della madre, come previsto dalle leggi e dalle consuetudini spagnole. Conseguentemente, detti minori risultavano chiamarsi Garcia Avello in Belgio e Garcia Weber in Spagna, con conseguenti problemi di carattere pratico, oltre che personale.
[7] Ministero dell’interno, Dipartimento per gli Affari interni e terrritoriali
[8] Corte di Giustizia Ue del 2 ottobre 2003, causa C-148/02 relativa ad un soggetto in possesso della doppia cittadinanza spagnola e belga. In questa sentenza, la Corte di Giustizia Ue, pur avendo ribadito che le norme che disciplinano il cognome rientrano nella competenza degli stati membri, ha altresì statuito che l’ordinamento interno deve consentire all’interessato la possibilità di richiedere alle autorità amministrative competenti un provvedimento che consenta di conservare il cognome acquisito alla nascita.
[9] Corte di Giustizia Ue, sez. grande, sentenza 14 ottobre 2008 n. C-353/06.