Camera dei deputati Dossier GI0308 SERVIZIO STUDI

Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Remissione tacita della querela - A.C. 1640 (Schede di lettura e riferimenti normativi)
Riferimenti:
AC N. 1640/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 261
Data: 15/12/2009
Descrittori:
QUERELA     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Remissione tacita della querela

A.C. 1640

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

 

n. 261

 

 

 

15 dicembre 2009

 



Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

* st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: GI0308.doc

 



INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo: la remissione tacita della querela  3

Contenuto della proposta di legge  7

Normativa di riferimento

§      Codice Penale (artt. 120-131 e 152-156)13

§      Codice di Procedura Penale (artt. 336-340, 409, 419, 420-bis, 429, 456, 464 e 552)18

§      D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468 (artt, 20, 21 e 28)28

Giurisprudenza

Corte di Cassazione

§      Corte di Cassazione, Sez. V penale, Sent. n. 31963 del 25 giugno 2001  37

§      Corte di Cassazione, Sez. V penale, Sent. n. 43704 del 5 novembre 2002  39

§      Corte di Cassazione, Sez. IV penale, Sent. n. 5815 del 1° dicembre 2004  43

§      Corte di Cassazione, Sez. V penale, Sent. n. 5671 del 6 dicembre 2004  46

§      Corte di Cassazione, Sez. V penale, Sent. n. 14063 del 19 marzo 2008  48

§      Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, Sent. n. 46088 del 15 dicembre 2008  52

 





 

Quadro normativo: la remissione tacita della querela

La querela è una dichiarazione con la quale la persona offesa manifesta la volontà che si proceda penalmente contro l’autore di un reato non perseguibile d’ufficio (art. 120 del codice penale e art. 336 del codice di procedura penale).

 

Come è noto, nel nostro ordinamento penale i reati, per principio generale, sono perseguibili d'ufficio, nel senso che l'accertamento della fondatezza della cd. pretesa punitiva dello Stato è sottratto alla disponibilità dei privati. In via derogatoria rispetto a tale principio, con l'istituto della querela si subordina alla volontà del privato la perseguibilità penale di alcune tipologie di delitti variamente caratterizzate: con la querela il privato invita il pubblico ministero a verificare se, acquisita una determinata notitia criminis, esistano o meno le condizioni per esercitare l’azione penale. Si tratta dunque di un atto di impulso processuale con il quale l’offeso rimuove un ostacolo all'esercizio dell'azione penale.

 

La querela deve essere presentata al pubblico ministero, al giudice o all'ufficiale di polizia giudiziaria, per iscritto oppure oralmente, dalla parte offesa o da un suo rappresentante (art. 337 c.p.p.) entro 3 mesi (salvo che la legge disponga diversamente) dal giorno in cui la persona offesa ha acquisito notizia del fatto che costituisce reato (art. 124 c.p.).

Il titolare del diritto di presentare la querela ha la possibilità di:

§         rinunciare, in modo espresso o tacito, all’esercizio del diritto (art. 124 c.p.). La rinuncia si estende di diritto a tutti i concorrenti nel reato: infatti, la volontà del soggetto passivo si riferisce al fatto reato indipendentemente dai suoi autori.

 

La rinuncia espressa è disciplinata dall'art. 339 c.p.p.: se rilasciata in forma scritta, la dichiarazione di rinuncia va fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale con dichiarazione sottoscritta rilasciata all'autore vero o presunto del reato o a un suo rappresentante. Per quanto concerne la forma orale, la dichiarazione di rinuncia deve essere rilasciata ad un ufficiale di polizia giudiziaria o a un notaio, i quali, accertata l'identità del rinunciante, redigono verbale che deve essere sottoscritto dal dichiarante a pena di inefficacia; la rinuncia sottoposta a termine o a condizione è priva di efficacia.

Si ha rinuncia tacita, invece, quando chi ha facoltà di proporre querela pone in essere fatti incompatibili con la volontà di querelare. In altri termini, nella rinuncia tacita, l'estinzione del diritto di querela avviene per fatti concludenti.

Un'ipotesi speciale di rinuncia tacita è contenuta nell'art. 28, comma 3, del D.Lgs. n. 274 del 2000, in tema di competenza penale del giudice di pace: la norma prevede che, nei giudizi instaurati con ricorso immediato al giudice di pace, la mancata comparizione in udienza delle persone offese, alle quali sia stato correttamente notificato il decreto di convocazione, equivale a rinuncia del diritto di querela.

 

§         ritirare (rimettere) la querela già presentata (art. 152 c.p.; art. 340 c.p.p.), determinando l'interruzione dell'ulteriore corso del processo.

 

Attraverso la remissione, dunque, il querelante revoca la querela precedentemente proposta, facendo così venir meno quella condizione che aveva consentito l'esercizio dell'azione penale. La remissione si distingue dalla rinuncia per tre aspetti:

-         interviene solo dopo l’esercizio del diritto di presentare querela, mentre la rinuncia è preventiva;

-         richiede l'accettazione da parte del querelato mentre la rinuncia ha natura di atto unilaterale e recettizio;

-         non è sempre possibile, essendo stabilita per legge l'irrevocabilità della querela proposta per determinate tipologie di reati (es. violenza sessuale e atti sessuali con minorenne).

 

La remissione della querela può essere processuale (si tratta, in base all’art. 340 c.p.p., di una dichiarazione resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale al giudice procedente o a un ufficiale di polizia giudiziaria, il quale provvederà a trasmetterla alla predetta autorità) o extraprocessuale.

In quest’ultimo caso si distingue inoltre la remissione espressa (resa al querelato o a un pubblico ufficiale) dalla tacita.

In particolare, in base all’art. 152, secondo comma, la remissione tacita si concretizza quando «il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela».

In merito la Corte di cassazione ha sempre richiesto che la volontà del querelante di non persistere nella querela emerga da fatti univoci, non suscettibili di diversa interpretazione (Cass, sez. V, sent. n. 7936 del 6 ottobre 1983[1]).

 

Giurisprudenza

 

La Corte ha generalmente escluso che la volontà remissoria possa essere ricavata da atti di natura meramente omissiva[2]; la giurisprudenza ha tuttavia interpretato in modo talvolta difforme la mancata comparizione del querelante in dibattimento.

In particolare, mentre la giurisprudenza dominante ha sostenuto in generale l’irrilevanza della mancata comparizione in dibattimento al fine della remissione tacita di querela (cfr. Sez. VI, sent. n. 2915 del 12 aprile 1986; Sez. II, sent. n. 3390 del 6 maggio 1986; Sez. V, sent. n. 9688 del 29 ottobre 1997; Sez. V, sent. n. 1452 del 6 febbraio 1998; Sez. V, sent. n. 5191 del 13 gennaio 2000; Sez. IV, sent. n. 5815 del 1 dicembre 2004; Sez. V, sent. n. 46808 del 19 ottobre 2005), le stesse sezioni della Corte di cassazione si sono poi divise sul significato da attribuire a tale assenza, laddove fosse stata preceduta da un esplicito avvertimento del giudice che l'omessa comparizione della parte offesa avrebbe integrato una remissione tacita.

Se, in generale, tale conseguenza era sempre stata esclusa (cfr. Sez. V, sent. n. 8372 del 19 luglio 2000[3] e Sez. V, sent. n. 6771 del 12 dicembre 2005), la recente Sez. V, sent. n. 14063 del 19 marzo 2008 ha sostenuto che «La mancata comparizione del querelante - previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale successiva assenza sarà interpretata come remissione tacita della querela - integra gli estremi della remissione tacita, sempre che egli abbia personalmente ricevuto detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta»[4].

Il contrasto giurisprudenziale è stato risolto da un intervento delle Sezioni Unite (sentenza 15 dicembre 2008, n. 46088). Il Supremo Collegio, accogliendo l'orientamento dominante, ha escluso la configurabilità della remissione, precisando, da un lato, come tale conseguenza non sia contemplata in alcuna norma dell'ordinamento (eccetto il caso dell'art. 21, D.Lgs. n. 274 del 2000), dall'altro, rilevando come l'art. 152, secondo comma, richiede che la remissione tacita sia extraprocessuale e avvenga mediante "fatti", ovvero comportamenti che assumono rilevanza nel mondo esterno; la mancata comparizione del querelante, invece, è un accadimento che si situa tutto e solo nel processo e che, pertanto, non può essere interpretato come volontà tacita di rimettere la querela.

La mancata comparizione in udienza della parte offesa, alla quale sia stato regolarmente notificato il decreto di convocazione delle parti, equivale invece a remissione tacita della querela nel procedimento penale dinnanzi al Giudice di Pace, secondo quanto previsto dall'art. 28, comma 3, del D.Lgs. n. 274 del 2000.

 

Quanto all'accertamento delle circostanze di fatto e degli elementi da cui deve desumersi una volontà tacita di remissione della querela, la giurisprudenza è costante nel ritenere che l'apprezzamento delle stesse è rimesso alla competenza esclusiva del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione quando del relativo convincimento sia dato adeguato conto in motivazione.

Ai sensi dell'art. 152, terzo comma, c.p., infine, la remissione della querela può essere effettuata in qualsiasi momento, fino a quando non è intervenuta una sentenza di condanna definitiva.

Per quanto riguarda le spese processuali, queste gravano interamente sul querelato, salvo che nell'atto di remissione non venga diversamente disposto.



 

Contenuto della proposta di legge

La proposta di legge AC 1640 (On. Contento) interviene sull’istituto della remissione della querela per specificare le ipotesi di remissione tacita.

In particolare, la proposta prevede che la remissione operi anche nel caso in cui il querelante non compaia in udienza, nonostante l’avviso che tale condotta comporta una rinuncia alla pretesa punitiva, con conseguente dichiarazione di estinzione del reato.

A tal fine, la proposta di legge novella l’articolo 152 del codice penale e alcuni articoli del codice di procedura penale e del d.lgs. n. 274 del 2000 (in tema di procedimento penale di competenza del giudice di pace), così da disporre che l’avvertimento al querelante in ordine alle conseguenze della mancata comparizione in udienza sia inserito in tutti gli atti che dispongono il giudizio (dall’udienza preliminare, al decreto di citazione a giudizio).

 

Analiticamente, l’articolo 1 sostituisce il secondo comma dell’art. 152 c.p. specificando che la remissione tacita ricorre non solo quando «il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela» (come attualmente disposto), ma anche quando «il querelante, pur ritualmente notificato, non è comparso all’udienza senza addurre giustificato motivo».

Attraverso la sostituzione integrale del secondo comma dell’art. 152 c.p., viene inoltre meno la distinzione tra remissione della querela processuale ed extraprocessuale e tra remissione espressa e tacita.

 

L’articolo 2 interviene sull’art. 337 c.p.p., in tema di formalità della querela.

 

In base all’art. 337 c.p.p. la querela è proposta oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale al PM, a un ufficiale di polizia giudiziaria ovvero a un agente consolare all'estero. Se la sottoscrizione è autenticata, può anche essere spedita (comma 1). Se la querela è orale, viene redatto un verbale che dovrà essere sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale (comma 2); se la querela è proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, deve contenere la indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza (comma 3).

In base al comma 4, l'autorità che riceve la querela deve:

-         attestare data e luogo di presentazione;

-         identificare il querelante;

-         trasmettere gli atti all'ufficio del PM.

 

La proposta di legge integra l’attuale contenuto del comma 4 imponendo a colui che riceve la querela di avvertire il querelante che nelle fasi successive la mancata comparizione all’udienza, senza giustificato motivo, sarà interpretata come remissione tacita della querela e comporterà dunque l’estinzione del reato.

 

L’articolo 3 novella l’art. 419 c.p.p., in tema di atti introduttivi dell’udienza preliminare.

 

L’art. 419 c.p.p. stabilisce che il giudice, a pena di nullità, debba notificare all’imputato e alla persona offesa l’avviso indicante giorno, ora e luogo dell’udienza preliminare, unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio. L’imputato viene contestualmente avvertito che in caso di mancata comparizione sarà giudicato in contumacia (comma 1 e comma 7). L’avviso è inoltre comunicato al PM e notificato al difensore, che viene altresì avvertito della facoltà di prendere visione degli atti e di produrre memorie e documenti (comma 2); l’avviso contiene anche l’invito ad entrambi a trasmettere la documentazione relativa a indagini (della pubblica accusa o difensive) svolte dopo la richiesta di rinvio a giudizio (comma 3). Tutti gli avvisi, pena la nullità, devono essere comunicati almeno 10 giorni prima della data fissata per l’udienza ed entro il medesimo termine deve essere notificata la citazione al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (comma 4 e comma 7).

In base ai commi 5 e 6 l’imputato può rinunciare all’udienza preliminare e chiedere il giudizio immediato; il giudice emetterà il relativo decreto.

 

In particolare, intervenendo sul comma 1, la proposta prevede che in caso di reato perseguibile a querela il giudice debba altresì avvertire il querelante che la mancata comparizione all’udienza – in assenza di giustificato motivo – comporterà la remissione tacita della querela e la conseguente dichiarazione di estinzione del reato.

 

L’articolo 4 interviene sull’art. 420-bis c.p.p., relativo all’ipotesi di rinnovazione dell’avviso dell’udienza preliminare.

 

L’art. 420-bis, introdotto nel codice di rito dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479[5], prescrive al giudice di disporre, anche d’ufficio, la rinnovazione dell’avviso previsto dall’art. 419, comma 1 (v. sopra), quando è provato o gli appare probabile che l'imputato incolpevolmente non ne abbia avuto effettiva conoscenza (comma 1). La valutazione spetta al giudice e non forma oggetto né di discussione né di successiva impugnazione (comma 2).

 

Con l’inserimento di un ulteriore comma (2-bis), la proposta di legge prevede la rinnovazione dell’avviso al querelante quando, nei reati procedibili a querela, il giudice ritenga che la sua mancata comparizione sia dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza dell’avviso inviato a norma dell’art. 419, comma 1.

 

L’articolo 5 modifica il contenuto del decreto che dispone il giudizio previsto dall’art. 429 c.p.p.

 

Attualmente, in base all’art. 429, comma 1, il decreto che dispone il giudizio contiene:

a) le generalità dell'imputato e delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;

b) l'indicazione della persona offesa dal reato;

c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;

e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio;

f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.

 

Inserendo la lettera f-bis, la disposizione prevede che se il reato è perseguibile a querela il decreto che dispone il giudizio deve altresì contenere l’avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione tacita della querela.

 

L’articolo 6 della proposta di legge interviene sulla citazione diretta a giudizio disciplinata dall’art. 552 c.p.p.

 

Per i reati attribuiti alla cognizione del Tribunale monocratico, quando non è prevista l’udienza preliminare, il PM, con la citazione diretta, fa saltare il processo dalle indagini immediatamente al giudizio; il giudizio monocratico è, per sua natura, un giudizio immediato che si apre con il decreto disciplinato dall’art. 552, il cui contenuto (comma 1) è sostanzialmente analogo a quello del decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 c.p.p. (in più si segnala l’avviso all’imputato della facoltà di nominare un difensore di fiducia e l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima dell’apertura del dibattimento può presentare le richieste di giudizio abbreviato e di patteggiamento o la domanda di oblazione). Il comma 2 individua i contenuti del decreto la cui carenza comporta nullità.

 

Anche in riferimento a questo rito, la proposta in commento prevede, se il reato è procedibile a querela:

-         che il decreto debba contenere l’avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione tacita della querela (lettera b-bis);

-         che l’assenza di questo avvertimento comporta la nullità del decreto (ulteriore periodo del comma 2).

 

 

Infine, l’articolo 7 della proposta di legge novella l’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, relativo alla citazione a giudizio nel procedimento penale davanti al giudice di pace.

 

Anche in questo rito, il PM cita l'imputato davanti al giudice di pace attraverso un atto che contiene (comma 2):

a) le generalità dell'imputato;

b) l'indicazione della persona offesa;

c) l'imputazione e l'indicazione dei mezzi di prova di cui si chiede l'ammissione;

d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;

f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del PM e che le parti e loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

Il comma 6 individua gli elementi della citazione la cui carenza comporta nullità.

 

Analogamente agli interventi precedenti, anche in relazione a questo rito la proposta di legge prevede, se il reato è procedibile a querela:

-         che la citazione debba contenere l’avvertimento al querelante che in caso di mancata comparizione in dibattimento, senza giustificato motivo, il reato sarà dichiarato estinto per remissione tacita della querela (nuova lettera f-bis);

-         che l’assenza di questo avvertimento comporta la nullità della citazione (novella al comma 6).

 

 






[1]    «I fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela debbono essere non equivoci ma obiettivi e concludenti, cioè tali da dimostrare con chiarezza l'incompatibilità di essi con la volontà manifestata».

[2]    In una pronuncia del 1977 (Sez. I, sentenza 12 ottobre 1977) la Corte ha affermato che «l'effetto di remissione tacita della querela è attribuito al comportamento extraprocessuale dell'offeso, che non sia puramente omissivo e sia tale da apparire sostanzialmente ed inequivocabilmente incompatibile con la volontà di persistere nella querela». Cfr., anche Sez. VI, sent. n. 82 del 9 gennaio 1989.

[3]    «La remissione tacita della querela ha natura extra-processuale e deve risultare da un comportamento del tutto incompatibile con il persistere dell'intenzione del querelante di ottenere la punizione del querelato. Ne consegue che l'omessa comparizione del querelante all'udienza non integra gli estremi della remissione tacita anche se essa sia successiva all'avviso del Pretore, notificato alle parti, per renderle edotte che la mancata comparizione del querelante all'udienza successiva avrebbe comportato la remissione della querela». In senso conforme cfr. anche Sez. V, sent. 5 novembre 2002, n. 43704.

[4]    L’affermazione non era peraltro del tutto innovativa in quanto già la Sez. V, con la sentenze n. 31963 del 25 giugno 2001 aveva sostenuto che «L'omessa comparizione in udienza del querelante costituisce remissione tacita di querela nella ipotesi in cui essa sia stata preceduta dall'avvertimento, formulato dal giudice, che la sua assenza alla udienza successiva sarebbe stata interpretata in tal modo».

[5]    Recante “Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense”.

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