Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Esecuzione domiciliare delle pene detentive e messa alla prova - A.C. 3291 Elementi per l'istruttoria legislativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 316 | ||
Data: | 02/04/2010 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
2 aprile 2010 |
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n. 316/0 |
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Esecuzione domiciliare
delle pene detentive
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Numero del progetto di legge |
3291 |
Titolo |
Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del procedimento con messa alla prova |
Iniziativa |
Governo |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
7 |
Date: |
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presentazione o trasmissione alla Camera |
9 marzo 2010 |
assegnazione |
30 marzo 2010 |
Commissione competente |
II Commissione Giustizia |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Affari Costituzionali, V Bilancio, XI Lavoro, XII Affari sociali e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Il disegno di legge si inserisce nel quadro della politica di deflazione carceraria annunciata dal Governo in occasione dell’adozione del cd. Piano carceri (Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010).
A tal fine, l’articolo 1 introduce la possibilità di scontare presso la propria abitazione o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza la pena detentiva non superiore ad un anno, anche residua di pena maggiore.
La decisione sull’esecuzione domiciliare della pena detentiva breve è di competenza del magistrato di sorveglianza; il rinvio al procedimento in materia di liberazione anticipata di cui all’art. 69-bis dell’ordinamento penitenziario, prefigura un iter dell’istanza particolarmente snello.
Il beneficio non è applicabile agli autori dei delitti di particolare allarme sociale di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, ai soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai soggetti sottopostial regime di sorveglianza particolare in carcere, ai sensi dell’art. 14-bis dell’ordinamento penitenziario, e a coloro ai quali sia stata revocata la detenzione domiciliare.
L’articolo 2 inasprisce il regime sanzionatorio per la fattispecie semplice e quelle aggravate di evasione, reato applicabile anche nel caso di allontanamento dall’abitazione o dal luogo presso il quale sia in atto l’esecuzione domiciliare della pena ai sensi del precedente articolo 1.
Gli articoli 3 e 4 novellano rispettivamente il codice penale e il codice di procedura penale, al fine di estendere anche al processo penale ordinario in relazione a reati di criminalità medio-piccola la sospensione del processo con messa alla prova, attualmente prevista nel solo processo penale minorile.
Tratti essenziali del nuovo istituto, delineati dai nuovi articoli 168-bis e ss. c.p. e che lo differenziano da quello previsto nel processo minorile, sono i seguenti: il giudice non ha poteri di impulso autonomi ma può agire soltanto su istanza dell’imputato; si applica soltanto in relazione ai reati punibili con la pena pecuniaria o pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni; l’applicazione dell’istituto è subordinata alla prestazione del lavoro di pubblica utilità (ovvero l’attività non retribuita in favore della collettività presso lo Stato, gli enti territoriali, enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato per un periodo non inferiore a dieci giorni né superiore a due anni).
Il beneficio non può essere concesso più di una volta per reati della stessa indole e, comunque, non più di due volte, nonché ai plurirecidivi che abbiano riportato condanne per delitti della stessa indole rispetto a quello per cui si procede (art. 168-bis c.p.). L’istituto inoltre non può essere nuovamente applicato nel caso di revoca o di esito negativo della prova (art. 464-sexies).
L’applicazione dell’istituto comporta la sospensione del procedimento per un periodo di: 2 anni se si procede per reato punito con pena detentiva sola o congiunta a quella pecuniaria; 1 anno se per il reato è prevista la sola sanzione pecuniaria (art. 464-quater c.p.p.). Durante tale periodo è sospeso anche il corso della prescrizione del reato (art. 168-ter).
I casi di revoca del beneficio sono individuati nel rifiuto della prestazione del lavoro di pubblica utilità, nella grave o reiterata trasgressione degli obblighi relativi alla prestazione del lavoro di pubblica utilità; nella commissione da parte dell’imputato, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede (art. 168-quater c.p.).
Con riferimento all’esito della prova, che il giudice valuta tenendo conto del comportamento dell’imputato, acquisita la relazione conclusiva dei servizi sociali che hanno preso in carico l’imputato:
§ se l’esito è positivo, il reato è estinto (articolo 168-ter c.p. e 464-sexies c.p.p.), ma l’estinzione non travolge le eventuali sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge, che rimangono, quindi, applicabili (nuovo art. 168-ter c.p.).
§ se l’esito è negativo, il giudice adotta una nuova ordinanza con cui revoca la misura e dispone la prosecuzione del procedimento penale (art. 464-sexies c.p.p.).
Per quanto riguarda gli aspetti più prettamente processuali, le ulteriori novelle al c.p.p. disciplinano la formulazione della richiesta di applicazione dell’istituto, che può avvenire sia in fase processuale entro i termini indicati sia, anteriormente, durante le indagini preliminari (art. 464-bis c.p.p.), la fissazione di un termine al P.M. per esprimersi sulla richiesta presentata nel corso delle indagini preliminari (art. 464-ter), l’ordinanza del giudice che decide sulla richiesta e la sua ricorribilità per cassazione (art. 464-quater). L’ordinanza, immediatamente trasmessa ai servizi sociali cui spetta la presa in carico dell’imputato, detta le prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale, alla sua libertà di movimento, alla dimora, al lavoro, al divieto di frequentare specifici locali, nonché inerenti ai rapporti con la persona offesa, e in particolare l’obbligo di adoperarsi per mitigare gli effetti dannosi dell’illecito mediante il risarcimento del danno, le restituzioni o attività riparatorie.
Le ulteriori novelle al codice di procedura penale recate dal comma 4, rispettivamente, recano una norma di coordinamento nell’ipotesi di citazione diretta a giudizio (art. 555 c.p.p.) e il computo del periodo di prova nella determinazione quantitativa della pena, nel caso di revoca della messa alla prova (art. 657-bis).
L’articolo 5 individua gli uffici di servizio sociale competenti per la messa alla prova negli uffici per l’esecuzione penale esterna (cd. UEPE) del Ministero della giustizia.
L’articolo 6 modifica:
§ la disciplina dell’affidamento in prova al servizio sociale di cui all’art. 47 O.P., subordinando l’applicazione dell’istituto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità e introducendo, quale causa ostativa per una seconda concessione dell’affidamento in prova, il fatto di avere usufruito per due volte della sospensione del procedimento con messa alla prova;
§ l’art. 23 del regolamento penitenziario, prevedendo, in capo alla direzione dell’istituto carcerario, l’obbligo, all’ingresso in istituto, di rilevare al detenuto, oltre che le impronte digitali, anche l’impronta fonica nonché altri eventuali dati biometrici.
L’articolo 7 novella l’art. 56, comma 1, della legge n. 689 del 1981 aggiungendo tra gli obblighi connessi alla libertà controllata anche quello di svolgere il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 168-quinquies c.p.
L’articolo 8 integra il contenuto dell’art. 3 del T.U. sul casellario giudiziale (DPR n. 313 del 2002) stabilendo che nel casellario vadano iscritte, per estratto, anche le ordinanze che dispongono la sospensione del procedimento penale con messa alla prova.
L’articolo 9 prevede l’adozione di due distinti decreti del Ministro della giustizia, nel termine di 180 gg. dall’entrata in vigore del provvedimento, rispettivamente per:
§ disciplinare le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità e le funzioni esercitate dal D.A.P. in materia di messa alla prova e lavoro di pubblica utilità;
§ stabilire le modalità di raccolta e conservazione dei dati biometrici rilevati dalle direzioni degli istituti carcerari ai sensi del novellato art. 23 del regolamento penitenziario (art. 6, comma 2, del disegno di legge).
L’art. 10, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.
Il provvedimento è corredato della sola relazione illustrativa.
Le disposizioni intervengono su materia riservata alla legge, prevalentemente novellando fonti di rango primario.
Si segnala, tuttavia, l’articolo 6, comma 2, che novella direttamente con legge una fonte di rango secondario (il regolamento penitenziario di cui al d.P.R. n. 230 del 2000).
Il provvedimento è riconducibile alla materia di competenza esclusiva dello stato di cui all’art. 117, 2° co., lett. l), Cost. (nella parte giurisdizione e norme processuali; ordinamento penale).
L’articolo 6, comma 2, che novella l’art. 23 del regolamento penitenziario, prevede, in capo alla direzione dell’istituto carcerario, l’obbligo, all’ingresso in istituto, di rilevare al detenuto, oltre che le impronte digitali, anche l’impronta fonica nonché altri eventuali dati biometrici.
Nella normativa vigente manca una definizione di “dati biometrici”. Il riferimento ai medesimi è contenuto in alcune disposizioni in materia di documentazione amministrativa (da ultimo, l’articolo 66 del d.lgs. n. 82 del 2005 prevede che la carta d’identità elettronica possa contenere a richiesta dell’interessato, ove si tratti di dati sensibili, i dati biometrici indicati con il decreto di cui al comma 1, con esclusione in ogni caso del DNA).
In materia, si segnala che il Gruppo per la tutela dei dati personali (organo consultivo indipendente dell'UE, istituito a norma dell'articolo 29 della direttiva 95/46/CE) il 1° agosto 2003 ha adottato il documento di lavoro sulla biometria; in tale documento, i dati biometrici vengono definiti dati di carattere speciale in quanto riguardano le caratteristiche comportamentali e fisiologiche di un individuo e tali da consentirne l'identificazione univoca del medesimo. Nell’ambito delle tecniche biometriche, si richiamano tecniche di tipo fisico e fisiologico che misurano le caratteristiche fisiologiche di una persona (che comprendono: la verifica delle impronte digitali, l'analisi dell'immagine delle dita, il riconoscimento dell'iride, l'analisi della retina, il riconoscimento del volto, la geometria della mano, il riconoscimento della forma dell'orecchio, il rilevamento dell'odore del corpo, il riconoscimento vocale, l'analisi della struttura del DNA, l'analisi dei pori della pelle ecc.).
A fronte della genericità della nozione di “dato biometrico”, la disposizione non definisce quali di tali dati devono essere rilevati dall’istituto né le tecniche per l’acquisizione dei medesimi, limitandosi a rinviare ad un D.M. del Ministero della giustizia per la determinazione delle modalità di raccolta e conservazione di tali dati.
In proposito, si richiamano i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238 del 2006, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità del secondo comma dell’art. 224 c.p.p., nella parte in cui consentiva al giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, di disporre misure volte ad incidere sulla libertà personale dell’indagato, dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei casi e modi dalla legge (materia su cui è successivamente intervenuta la legge n. 85 del 2009, sulla quale infra).
La Corte, considerando che il prelievo di sangue coattivo comporta necessariamente una qualche restrizione della libertà personale ha ritenuto operante la garanzia di riserva assoluta di legge di cui all’art. 13, co. 2°, Cost., che implica l’esigenza di tipizzazione dei casi e delle modalità con le quali la libertà personale può essere legittimamente compressa.
L’articolo 9 prevede l’adozione di due distinti decreti del Ministro della giustizia, nel termine di 180 gg. dall’entrata in vigore del provvedimento: il primo, in materia di lavoro di pubblica utilità, deve essere adottato di intesa con la Conferenza unificata; il secondo, in materia di raccolta e conservazione dei dati biometrici, col concerto dei Ministri dell’interno e della difesa, sentito il Garante per la privacy.
Sempre con riferimento alla novella all’articolo 23 del regolamento penitenziario (art. 6, comma 2), posto che la rilevazione di “dati biometrici” potrebbe anche presupporre l’analisi della struttura del DNA, sembra necessario un coordinamento con la legge n. 85 del 2009, di ratifica del Trattato di Prum. Tale legge: identifica diversamente le categorie sottoposte a prelievo di campione biologico ai fini dell’inserimento del profilo del DNA (in particolare l’art. 9 della legge fa riferimento a soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile, per delitto non colposi, per i quali è consentito l’arresto obbligatorio in flagranza ed esclude talune categorie di reati) e prevede specifiche garanzie procedurali per la raccolta di tali campioni, affermando in generale il principio del rispetto della dignità, del decoro e della riservatezza di chi vi è sottoposto.
I due diversi istituti introdotti dal provvedimento dell’esecuzione domiciliare della pena e della sospensione del procedimento con messa alla prova si applicano rispettivamente a soggetti già condannati a pena detentiva e a soggetti imputati o anche solamente indagati (nel caso di richiesta nel corso delle indagini preliminari)
Con riferimento al primo di tali istituti, la relazione illustrativa spiega che, al settembre 2009, circa il 32% dei detenuti scontava pene detentive non superiori a un anno e sottolineava che tale dato è in costante crescita.
Alla medesima data, il numero complessivo di detenuti, secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, era pari a 64.595 (al 13 gennaio 2010, a 65.067), per cui la misura a tale data avrebbe portato ad una riduzione del numero di detenuti di quasi 21.000 unità.
Il nuovo art. 168-bis, che introduce la sospensione del procedimento con messa alla prova, limita all’imputato la facoltà di chiedere l’applicazione dell’istituto; in base al nuovo art. 464-ter c.p., tale facoltà spetta tuttavia anche all’indagato nel corso delle indagini preliminari.
Il nuovo articolo 168-quater c.p. non contempla tra le ipotesi di revoca il caso di violazione delle prescrizioni e degli obblighi imposti con la misura, disposti con l’ordinanza che opera la sospensione del procedimento, ai sensi del nuovo art. 464-quinquies. La relazione illustrativa invece ricollega la revoca del beneficio anche alla trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni imposte.
Con riferimento al nuovo articolo 464-sexies c.p.p., il comma 3 fa riferimento al caso di “revoca ovvero di esito negativo della prova”, al fine di escludere la riproposizione della richiesta di messa alla prova; posto che l’esito negativo della prova costituisce di per sé causa di revoca dell’ordinanza, occorre valutare l’opportunità di esplicitare che i casi di revoca cui si riferisce la disposizione sono quelli contemplati dal nuovo art. 168-quater c.p.
Con riferimento alla novella all’articolo 56, comma 1, della legge n. 689 del 1981 (articolo 7), considerato che lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità presuppone il consenso del condannato (nuovo articolo 168-quinquies c.p.), occorre valutare se introdurre anche in tale disposizione (così come nel testo novellato dell’art. 47 O.P. per l’affidamento in prova ai servizi sociali) il riferimento alla necessità di tale consenso, in mancanza del quale non può essere disposta la libertà controllata.
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