Camera dei deputati Dossier NOTST107 [data]

Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Autorizzazione all'affondamento sperimentale di una nave radiata dai ruoli del naviglio militare A.C. 3626 e A.C. 3943 - Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea
Riferimenti:
AC N. 3943/XVI   AC N. 3626/XVI
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 107
Data: 08/11/2011
Descrittori:
NAVI MILITARI     
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 

8 novembre 2011

 

n. 107

Autorizzazione all’affondamento sperimentale di una nave radiata dai ruoli del naviglio militare

A.C. 3626 e A.C. 3943

Elementi di valutazione per la compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea

 

Numero dell’atto

C. 3626 e C. 3943

Titolo

Autorizzazione all’affondamento sperimentale di una nave radiata dai ruoli del naviglio militare

Iniziativa

Parlamentare

Iter:

 

sede

Referente

esame al Senato

No

Commissione competente

IV Difesa

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, V Bilancio, VII Cultura, VIII Ambiente, IX Trasporti e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 



Contenuto

La IV Commissione (Difesa) ha iniziato l’esame in sede referente dell’A.C. 3626 in data 1° dicembre 2010; nel corso dell’iter parlamentare al provvedimento è stato abbinato l’A.C. 3943.

Nella seduta del 25 ottobre 2011 la Commissione ha adottato come testo base il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto con un nuovo titolo e successivamente, il 26 ottobre, ha provveduto a trasmettere alle Commissioni competenti per il parere il testo unificato, come risultante dagli emendamenti approvati.

L’articolo 1, comma 1, specifica le finalità del provvedimento, che intende autorizzare un piano di affondamento, a titolo sperimentale, di una nave radiata dai ruoli del naviglio militare, con l'obiettivo di costituire zone di ripopolamento ittico, di incrementare il patrimonio culturale sommerso e di incentivare il turismo subacqueo (articolo 1, comma 1).

Il successivo comma 2 specifica che l’affondamento sarà eseguito dalla Marina militare, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e con la regione Liguria, territorialmente competente, previa bonifica della nave, alla quale verranno asportati tutti gli elementi potenzialmente inquinanti e i materiali ritenuti pericolosi. La nave sarà scelta tra quelle che risulteranno essere nel porto di La Spezia alla data di entrata in vigore del progetto di legge in esame.

Il comma 2-bis precisa che la copertura dell’onere finanziario per l’operazione di affondamento sarà a valere sulle risorse dei Fondi Europei per la pesca e per lo Sviluppo regionale, previa autorizzazione della Commissione europea.

Si ricorda che il Fondo europeo per la pesca (FEP) è lo strumento di programmazione della pesca nell'ambito delle prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2007-2013. Con il regolamento (CE) n. 1198/2006 ne sono stati definiti gli obiettivi, gli assi prioritari, le competenze e il quadro finanziario.

Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) finanzia la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi generatori di occupazione. Il Regolamento (CE) n. 1080/2006 ne stabilisce i compiti e la portata dell'intervento, il cui campo d'applicazione rientra nel contesto degli obiettivi “Convergenza”, “Competitività regionale e occupazione” e “Cooperazione territoriale europea”.

Il comma 3 precisa che il perfezionamento della bonifica deve essere certificato dalle competenti autorità del Ministero dell'ambiente.

Con apposito decreto interministeriale si provvederà ad individuare la nave che dovrà essere affondata; scegliere il sito per l’inabissamento nel rispetto delle procedure e secondo i princìpi stabiliti dalla legge 241 del 1990; specificare le modalità tecniche delle operazioni di bonifica ed individuare i soggetti competenti (comma 4).

Le disposizioni dell’articolo 2 riguardano la necessità di monitorare gli effetti dell’inabissamento della nave sull’ecosistema marino. A tal fine è prevista la stipula di apposite convenzioni del Ministero dell’ambiente con università ed istituti di ricerca.

In relazione al provvedimento in esame si segnala che, sia al fine di promuovere il turismo subacqueo, sia al fine di favorire la creazione di vere e proprie oasi biologiche ed il ripopolamento ittico, si è sviluppata negli ultimi anni, in diversi Paesi, la pratica dello scuttling, l’affondamento intenzionale di relitti, opportunamente preparati e bonificati.

Lo scuttling genera il ripopolamento ittico e realizza barriere antistrascico che consentono di ricostruire le risorse biologiche costiere degradate da un intenso sfruttamento di pesca. Il relitto crea una barriera artificiale sommersa che ha la capacità di richiamare grandi quantità di pesci ed altri organismi marini, soprattutto offrendo appiglio alle forme sessili (quali spugne, gorgonie, ecc.) e di proporre nuovi e suggestivi scenari per la subacquea ricreativa.

Tutte le strutture poste in mare possono fungere da barriere artificiali, ma si sta sviluppando, in particolare, lo scuttling delle navi da guerra, previa operazione di bonifica e nel rispetto delle condizioni di massima sicurezza ambientale. Tra i Paesi che hanno già realizzato simili operazioni si segnalano gli Stati Uniti e l’Australia.

Relativamente all’immersione in mare di navi, si ricorda che l’allegato 1 al Protocollo del 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento dei mari causato dall'immersione di rifiuti, fatto a Londra il 7 novembre 1996 (cui l’Italia ha aderito con la legge 13 febbraio 2006, n. 87) include, tra i rifiuti di cui si può prevedere l'immersione (fermi restando gli obiettivi di tutela dell’ambiente marino e di riduzione degli inquinamenti previsti dal medesimo Protocollo), le “navi e piattaforme o altre strutture artificiali in mare”.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Immersione in mare di rifiuti militari

La definizione di rifiuto proposta nel diritto comunitario, cioè qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi (art. 3 della direttiva 2008/98/CE), “si applica anche alle navi destinate alla demolizione”, come specificato nel Libro verde della Commissione “Per una migliore demolizione delle navi” (COM [2007] 269 def..

La Commissione ha inoltre specificato, nella Strategia dell’Unione europea per una migliore demolizione delle navi (COM[2008]767 def.,che “quasi tutte le navi contengono quantitativi significativi di materiali pericolosi come oli, morchie, amianto, lana di vetro, PCB, TBT, metalli pesanti nelle vernici, ecc., e pertanto quelle destinate alla rottamazione devono essere considerate come rifiuti pericolosi”.

Si ricorda, inoltre, che la voce GC 030, prevista dall’allegato III al Regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, riguarda “Navi ed altre strutture galleggianti destinate alla demolizione, adeguatamente vuotate di qualsiasi carico e di altri materiali serviti al loro funzionamento che possono essere classificati come sostanze o rifiuti pericolosi”.

La definizione di rifiuto recata dall’art. 183, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) è stata di recente oggetto di revisione da parte del decreto legislativo 205 del 2010, di recepimento della nuova direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE.

Secondo la nuova definizione, per rifiuto si intende - in linea con quanto previsto dall’art. 3 della citata direttiva – “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

L’art. 184, comma 5-bis, del D.Lgs. 152/2006, assoggetta alla normativa sui rifiuti recata dalla parte quarta dello stesso codice anche i sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali. Nel campo di applicazione del comma 5-bis dell’art. 184 rientrano anche le “navi e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare

La gestione dei materiali, dei rifiuti e la bonifica dei siti dovrà avvenire con procedure speciali previste da apposito decreto interministeriale, emanato dal Ministro della difesa di concerto con quelli dell'ambiente e della salute.

In attuazione delle disposizioni citate, il Ministero della difesa ha provveduto, con D.M. 22 ottobre 2009, a dettare le procedure per la gestione dei materiali e dei rifiuti, e la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale.

L’art. 1, comma 2, del citato decreto ministeriale dispone che si definiscono rifiuti “le sostanze o gli oggetti di cui l'Amministrazione della difesa si disfi, abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi previa adozione di decreto dirigenziale di dichiarazione di rifiuto”. Una volta dichiarati tali, i rifiuti derivanti da equipaggiamenti speciali, armi, sistemi d'arma, munizioni e materiali di armamento, unità navali, aeromobili, mezzi armati di trasporto ovvero sistemi di guerra elettronica, sono smaltiti dal detentore mediante versamento presso strutture apposite secondo le procedure individuate dai competenti organi delle Forze armate, fatte salve le norme per prevenire il rilascio nell'ambiente di sostanze inquinanti o nocive per la salute umana (art. 2 del D.M. 22 ottobre 2009).

Al riguardo, si segnala che l’obbligo di bonifica derivante dalla legislazione dell’Unione europea appare assolto dal provvedimento attraverso la previsione di un decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell’ambiente che disciplini, tra le altre cose, le modalità tecniche di effettuazione delle attività di bonifica e l’individuazione dei soggetti competenti a dar corso alle attività di bonifica. Si potrebbe però valutare l’opportunità di un richiamo diretto alle procedure previste dal D.M. 22 ottobre 2009, di attuazione dell’articolo 184, comma 5-bis, del codice ambientale.

Utilizzo dei Fondi FEP e FESR (articolo 1, comma 2-bis)

Per quanto concerne la copertura degli oneri derivanti dalle operazioni di bonifica ed affondamento della nave, il comma 2-bis dell’articolo 1 prevede l’utilizzo del Fondo europeo per la pesca (FEP) e del Fondo europeo per lo Sviluppo regionale (FESR).

Al riguardo si rileva che il Regolamento (CE) n. 1198/2006 stabilisce che il Fondo europeo per la pesca (FEP) debba contribuire alla realizzazione degli obiettivi della politica comune della pesca (PCP), ossia garantire la conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine. A tal fine, il Fondo può accordare un sostegno finanziario inteso a: garantire la stabilità delle attività di pesca e lo sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche; ridurre la pressione sugli stock equilibrando le capacità della flotta comunitaria rispetto alle risorse disponibili; promuovere lo sviluppo sostenibile della pesca nelle acque interne; potenziare lo sviluppo di imprese economicamente redditizie nel settore ittico e la competitività delle strutture destinate a garantire lo sfruttamento delle risorse; favorire la tutela dell’ambiente e la conservazione delle risorse marine; incentivare lo sviluppo sostenibile e migliorare le condizioni di vita nelle zone in cui vengono praticate attività nel settore della pesca; promuovere la parità di genere tra gli addetti del settore della pesca.

Per essere ammessi a beneficiare di un aiuto a titolo del FEP, gli Stati membri devono presentare alla Commissione un piano strategico, che indica gli obiettivi e le priorità nazionali per l'attuazione della PCP, e un programma operativo volto ad attuare le politiche e le priorità per le quali è previsto un cofinanziamento del FEP.

La Commissione approva detti programmi mediante decisione, dopo averne verificato la conformità agli obiettivi del FEP.

Per quanto riguarda il campo d'applicazione dell'intervento del Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR), come stabilito nel Regolamento (CE) n. 1080/2006, esso rientra nel contesto degli obiettivi “Convergenza”, “Competitività regionale e occupazione” e “Cooperazione territoriale europea”, come definiti dalle disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013.

L'obiettivo del FESR è quello di contribuire al potenziamento della coesione economica e sociale, riducendo le disparità regionali. Tale contributo avviene attraverso un sostegno allo sviluppo e attraverso l'organizzazione strutturale delle economie regionali, anche per quanto riguarda la riconversione delle regioni industriali in declino.

La programmazione 2007-2013 si pone come priorità quella di promuovere la conoscenza e l'innovazione, migliorare la competitività e rendere l'Europa un territorio su cui poter investire, e infine migliorare l'istruzione e la formazione del capitale umano per l'inserimento nel mercato del lavoro. I fondi FESR sono destinati, in particolare, ad investimenti che contribuiscono a creare posti di lavoro durevoli, investimenti nelle infrastrutture, al sostegno allo sviluppo regionale e locale, compresa l'assistenza e i servizi alle imprese, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).

Il processo di programmazione coinvolge la Commissione europea, le autorità nazionali e regionali, e si fonda sulla realizzazione di programmi pluriennali (di iniziativa nazionale o di iniziativa comunitaria), definiti sulla base dell'individuazione delle priorità, secondo le disposizioni generali sulla politica di coesione comunitaria stabiliti dal Regolamento (CE) 1083/2006.

Al riguardo, andrebbe valutata la riconducibilità della disposizione di cui al comma 2-bis dell’articolo 1, che pone la copertura delle spese del provvedimento a carico dei programmi operativi regionali relativi all’utilizzo del Fondo europeo per la pesca e del Fondo europeo per lo sviluppo regionale, previa autorizzazione, se necessario, della Commissione europea, con la regolamentazione della programmazione dell’utilizzo dei fondi sopra richiamata. In particolare, si ricorda che, con riferimento al Fondo europeo di sviluppo regionale, l’articolo 33 del Regolamento (CE) n. 1083/2006 disciplina la revisione dei programmi operativi su iniziativa dello Stato membro o della Commissione in presenza di cambiamenti socioeconomici significativi, al fine di tenere conto in misura maggiore o differente di mutamenti di rilievo nelle politiche comunitarie, nazionali o regionali o a seguito di difficoltà in fase di attuazione. L’articolo 75 del medesimo regolamento prevede che gli impegni di bilancio comunitari per i programmi operativi (di seguito “impegni di bilancio”) sono effettuati annualmente per ciascun Fondo e obiettivo. Qualora non sia stato effettuato alcun pagamento, lo Stato membro può chiedere, entro e non oltre il 30 settembre dell’anno “n”, di trasferire, a determinate condizioni, ad altri programmi operativi gli impegni corrispondenti

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Con la decisione 2010/631/UE del 13 settembre 2010 il Consiglio ha ratificato per conto dell’Unione europea il Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere (Integrated Coastal Zone Management - ICZM) nell’ambito della Convenzione per la protezione dell'ambiente marino e del litorale del Mediterraneo (c.d. "Convenzione di Barcellona").

Tale protocollo impegna le parti contraenti ad agevolare lo sviluppo sostenibile delle zone costiere attraverso una pianificazione razionale delle attività e promuovendo la coerenza tra le iniziative delle istituzioni pubbliche e dei privati che hanno effetti sull’utilizzo delle zone costiere.

La direttiva quadro sulla strategia per lambiente marino 2008/56/CE prevede che ciascuno Stato membro elabori una strategia nazionale per l’ambiente marino e definisca una serie di traguardi ambientali volti a ridurre pressioni e impatti esercitati, ad esempio, da sostanze pericolose rilasciate da navi quali composti sintetici, sostanze e composti non sintetici (ad esempio, metalli pesanti, idrocarburi) o radionuclidi.

Il 29 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2010)494) relativa a un finanziamento di 50 milioni di euro inteso ad estendere anche al triennio 2011-2013 il sostegno finanziario alla politica marittima integrata dell’UE, istituita nel 2007.

In tale contesto, tra l’altro, la Commissione propone di favorire lo sviluppo coordinato di metodi basati su un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane nonché lo sviluppo di una rete europea di osservazione e di una banca completa di dati e conoscenze sull'ambiente marino, di elevata qualità e accessibile al pubblico.

Il Parlamento europeo potrebbe esaminare la proposta in plenaria nella seduta del 17 novembre 2011.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Affari Comunitari

( 066760-9409*st_affari_comunitari@camera.it

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File: NOTST107.doc

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