Camera dei deputati Dossier MLC16022 SERVIZIO BIBLIOTECA

Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: ASPETTI DELL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO, ESERCIZIO DELL'AZIONE PENALE E RESPONSABILITA' DEI MAGISTRATI IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO E SPAGNA (A.C. 4275)
Riferimenti:
AC N. 4275/XVI     
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 22
Data: 16/05/2011
Descrittori:
AZIONE PENALE   DIRITTO COMPARATO
FRANCIA   GERMANIA
GRAN BRETAGNA   MAGISTRATURA
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO   SPAGNA

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 
LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

ASPETTI DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO,

ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE E

RESPONSABILITA’ DEI MAGISTRATI

IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO E SPAGNA

(A.C. 4275)

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 22 - Maggio 2011



 

 

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File:MLC16022



Indice

 

Schede di sintesi. 1

francia.. 3

Competenze del Ministro della Giustizia. 3

Esercizio dell’azione penale. 9

Separazione delle carriere e funzioni del CSM... 13

Rapporto con la polizia giudiziaria. 18

Responsabilità disciplinare dei magistrati19

Responsabilità civile dei magistrati26

germania.. 31

Competenze del Ministro della Giustizia. 31

Esercizio dell’azione penale. 31

Status giuridico e organizzazione del Pubblico ministero. 31

Organizzazione delle procure. 33

Principi dell’azione penale. 35

Separazione delle carriere e organismi di autogoverno. 37

Accesso alle professioni giuridiche. 37

Reclutamento e funzioni dei magistrati38

Progressione di carriera. 41

Organismi di autogoverno. 42

Rapporto con la polizia giudiziaria. 43

Responsabilità disciplinare dei magistrati44

Esercizio della funzione di vigilanza (Dienstaufsicht). 45

Doveri e violazione di atti d’ufficio (Dienstvergehen). 46

Procedimento disciplinare. 48

Sanzioni49

La sezione speciale della Corte di Cassazione federale competente per gli affari interni della magistratura ordinaria (Dienstgericht des Bundes). 50

Responsabilità civile dei magistrati51

regno unito.. 55

Competenze del Ministro della Giustizia. 55

Esercizio dell’azione penale: il CPS e le autorità di polizia. 57

Carriere delle magistratura e organismi di autogoverno. 62

Responsabilità disciplinare dei magistrati65

Responsabilità civile dei magistrati70

spagna.. 73

Competenze del Ministro della Giustizia. 73

Esercizio dell’azione penale. 73

Azione popolare, accusa particolare e accusa privata. 74

Separazione delle carriere e funzioni del CGPJ. 76

Reclutamento e funzioni dei magistrati76

Progressione di carriera dei magistrati78

Il Pubblico ministero. 79

Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario. 83

Rapporto con la polizia giudiziaria. 85

Responsabilità disciplinare dei magistrati86

Classificazione degli illeciti disciplinari86

Procedimento disciplinare. 91

Sanzioni92

Responsabilità civile dei magistrati93

 



Schede di sintesi

 

 

 

 

 

 

 

 



Competenze del Ministro della Giustizia

Il Ministro della Giustizia, o Guardasigilli, è l’organo del Governo incaricato di assicurare il buon funzionamento del sistema giudiziario in Francia.

Tra le competenze del Ministro rientrano:

·          la gestione delle giurisdizioni (le giurisdizioni dell’ordine giudiziario – civili e penali);

·          la conduzione della politica in materia di azione penale, stabilita dal Governo;

·          la nomina dei pubblici ufficiali ministeriali: notai, procuratori legali, “huissiers de justice” (pubblici ufficiali aventi il compito di redigere atti giudiziari o extra giudiziari, di notificare le citazioni nonché le sentenze emesse al termine del procedimento);

·          la presentazione in Parlamento di progetti di legge in materia di organizzazione della giustizia, diritto penale, diritto civile, diritto di famiglia, etc.;

·          la gestione dell’amministrazione penitenziaria;

·          la gestione della protezione giudiziaria dei minori.

Al fine di permettere al Ministro lo svolgimento di queste funzioni, il Ministero di Giustizia, oggi denominato Ministère de la Justice et des Libertés, è articolato in cinque direzioni: 1) la Direzione dei servizi giudiziari (DSJ), incaricata dell’organizzazione e del funzionamento delle giurisdizioni dell’ ordine giudiziario; 2) la Direzione degli affari civili e del sigillo (DACS), incaricata della giustizia civile e commerciale; 3) la Direzione degli affari penali e di grazia (DAGC), incaricata della giustizia penale; 4) la Direzione dell’amministrazione penitenziaria (DAP), incaricata dell’esecuzione delle pene e del reinserimento delle persone detenute in istituti penitenziari; 5) la Direzione della protezione giudiziaria dei giovani (DPJJ), incaricata della giustizia relativa ai minori[1].

Con riferimento specifico alla competenza del Guardasigilli in tema di azione penale, l’art. 30 del Codice di procedura penale (nel seguito Cpp) stabilisce che:

“Il Ministro della giustizia conduce la politica in materia di azione penale determinata dal Governo e garantisce la coerenza della sua applicazione sul territorio della Repubblica.

“A tal fine, indirizza ai magistrati del pubblico ministero istruzioni generali in materia di azione penale.

“Egli può denunciare al procuratore generale i reati di cui ha conoscenza e intimargli, con istruzioni scritte e inserite nel fascicolo del procedimento, di avviare o di far avviare l’azione penale o di presentare alla giurisdizione competente le requisitorie scritte che il Ministro giudicherà opportune”[2].

I procuratori generali, insieme ai procuratori della Repubblica e ai loro sostituti, compongono il “Pubblico ministero”, definito anche parquet nel gergo giudiziario[3].

I magistrati del pubblico ministero (magistrats du parquet) operano nelle diverse istanze della giurisdizione penale: i procureurs de la République operano presso i Tribunali penali (Tribunaux correctionnels), mentre i procureurs généraux operano presso le Corti d’appello e la Corte di Cassazione.

Al vertice del sistema si pone il Ministro della Giustizia che ha piena autorità sul procuratore generale presso la Corte di Cassazione, sui procuratori generali delle Corti d’appello e sui procuratori della Repubblica.

Tale subordinazione gerarchica dei pubblici ministeri al Guardasigilli, oltre che ai loro capi gerarchici, è inoltre esplicitata nell’Ordonnance n. 58-1270 du 22 novembre 1958 portant loi organique relative au statut de la magistrature. L’ordinanza, più volte modificata nel corso degli anni, è stata da ultimo soggetta ad interventi di revisione con la Loi organique n. 2007-287 relative au recrutement, à la formation et à la responsabilité des magistrats e con la Loi organique n. 2010-830 du 22 juillet 2010 relative à l'application de l'article 65 de la Constitution.

L’art. 5 dell’ordinanza dispone espressamente che “i magistrati del parquet sono posti sotto la direzione e il controllo dei loro capi gerarchici e sotto l’autorità del Guardasigilli, ministro della giustizia. In udienza, la loro parola è libera”.

La subordinazione dei pubblici ministeri al Ministro della giustizia comporta l’attribuzione al Governo di poteri di direzione, sorveglianza e controllo, anche disciplinare, sui membri degli uffici subordinati e incide sulle funzioni di accusa che il pubblico ministero esercita nell’ambito giurisdizionale[4].

Come si vedrà più approfonditamente nel paragrafo successivo, nel sistema francese il singolo pubblico ministero può decidere se avviare o meno un’azione penale, ma le sue valutazioni possono essere guidate o corrette dal superiore gerarchico, attraverso direttive di natura generale o indicazioni sul singolo caso. Le direttive possono essere emanate dal procuratore generale o dal Ministro della Giustizia. Il Ministro può inoltre orientare l’esercizio dell’azione penale attraverso l’emanazione di circolari inerenti determinati settori o reati (a titolo di esempio, Circolare n. 2007-2/G4 del 26 gennaio 2007 recante gli orientamenti della politica penale in materia di lotta al fumo).

Entrando nel dettaglio, in base all’art. 35 Cpp, “il procuratore generale anima e coordina l’azione dei procuratori della Repubblica, sia nella prevenzione e repressione dei reati, sia nella conduzione della politica in materia di azione penale da parte delle procure del suo distretto”. Inoltre, in base all’art. 36 Cpp, “il procuratore generale può intimare ai procuratori della Repubblica, con istruzioni scritte e inserite nel fascicolo del procedimento, di avviare o far avviare l’azione penale ovvero presentare alla giurisdizione competente le requisitorie scritte che il procuratore generale giudica opportune”.

Da questa subordinazione gerarchica risulta inoltre che i magistrati del pubblico ministero, tenuti all’obbedienza verso i loro superiori, sono amovibili e revocabili. In quanto parte principale e necessaria al processo penale, il pubblico ministero non può comunque essere ricusato (art. 669 Cpp).

Il principio della subordinazione gerarchica dei pubblici ministeri è sottoposto tuttavia ad alcuni limiti:

a) in primo luogo, i procuratori generali e i procuratori della Repubblica sono dotati di un potere proprio (art. 41 Cpp). In sostanza “il procuratore generale non può mai avocare a sé le funzioni di un procuratore della Repubblica recalcitrante, né sostituirsi a questo, a ciò contrapponendosi il potere proprio del funzionario di rango inferiore. Per le stesse ragioni il Ministro della giustizia non può avocare a sé, in caso di passività o disubbidienza, le funzioni del procuratore generale, né sostituirsi a questo, tanto più quando si consideri che il Ministro della giustizia non essendo organo del pubblico ministero, non sarebbe in condizione di adempiere le funzioni dell’ufficio. Il capo della procura è il signore incontestabile dell’ufficio, nessuno può agire al suo posto”.[5] In pratica nell’esercizio del “potere proprio”, il procuratore della Repubblica, capo di una procura, gode di due specifiche facoltà: il “potere di impulso” e il “potere di resistenza”.

In base al primo, il procuratore esercita: 1) un potere di iniziativa dell’azione penale e di tutti gli atti che possono essere compiuti all’interno della procura, potere che appartiene non solo al capo della procura, ma ad ogni membro dell’ufficio del pubblico ministero della procura (artt. 1 e 41 Cpp); 2) un potere di impulso per definire l’indirizzo del proprio ufficio, potere quest’ultimo riconosciuto solo al capo della procura.

In virtù del “potere di resistenza” – che compete solo al capo della procura -, il funzionario capo di una procura può non dare seguito ad un ordine che gli è stato impartito dai capi gerarchici. In base a questo potere, dunque, i procuratori capo possono avviare un’azione penale contro l’ordine, o senza l’ordine, dei loro superiori e l’azione avviata è comunque regolare e valida; o, viceversa, possono astenersi dall’agire penalmente, nonostante abbiano ricevuto l’ordine di farlo dai propri superiori e questi stessi non possono sostituirsi ai procuratori capo recalcitranti e agire in loro vece. In sostanza, il potere di avocazione non è ammesso in tali casi nel sistema francese[6].

A titolo di esempio, può quindi verificarsi il caso che il procuratore generale capo o il procuratore della Repubblica capo tardino ad eseguire gli ordini ricevuti dai superiori gerarchici e, di conseguenza, possono determinarsi validamente i presupposti della prescrizione o della decadenza dell’azione penale.

In questi casi può configurarsi una responsabilità disciplinare in capo al magistrato recalcitrante. Ma le eventuali sanzioni disciplinari adottate non interferiscono con lo sviluppo della procedura. Inoltre, il procuratore generale, valendosi dell’art. 37 Cpp - che gli attribuisce poteri direttivi su tutti i magistrati del pubblico ministero della sua giurisdizione -, può indirizzare ordini direttamente ad ognuno dei sostituti del procuratore della Repubblica recalcitrante. Ma il sostituto interpellato deve essere disposto ad eseguire l’ordine. Se questi rifiuta, il procuratore generale può rivolgersi ad altri sostituti che compongono l’organico della procura, ma non può sostituirsi ad essi.

b) in secondo luogo, un altro limite posto al vincolo gerarchico del pubblico ministero è costituito dal potere che gli è riconosciuto di esprimere in piena libertà, durante il dibattimento, le osservazioni orali che ritiene opportune.

Ai sensi dell’ art. 33 Cpp, “il pubblico ministero è tenuto ad effettuare le requisitorie scritte conformi alle istruzioni che gli sono impartite ai sensi degli artt. 36, 37 e 44. Sviluppa liberamente le osservazioni orali che ritiene adeguate al bene della giustizia”. In base a tale articolo, in sostanza, i magistrati del pubblico ministero devono conformarsi, nelle loro conclusioni scritte, agli ordini ricevuti dai capi gerarchici, ma possono esporre, in udienza pubblica, la loro opinione personale e formulare delle richieste orali diverse o contrarie alle loro conclusioni scritte[7]. In dottrina è stato notato che con tale articolo trova applicazione il principio “la plume est serve, mais la parole est libre”, secondo il quale l’obbedienza gerarchica vale solo per gli atti scritti del procedimento, mentre è libera l’esposizione orale dell’accusa in dibattimento da parte del pubblico ministero. Principio ricavabile anche dall’art. 5 dell’ordinanza n. 58-1270, in cui è specificato che “all’udienza la loro [dei pubblici ministeri] parola è libera”.

Una parte della dottrina osserva tuttavia che “razionalmente considerato, il principio di libertà ha scarso rilievo, poiché non può eludere i limiti derivanti dalla gerarchia: nella prassi francese trova comunque grandissimo riconoscimento, cosicché la sua area di concreta operatività è molto più ampia del suo significato teorico”[8].

Esercizio dell’azione penale

In Francia l’esercizio dell’azione penale (action publique), come si è già evidenziato, spetta al pubblico ministero(magistrat du parquet), l’istruttoria del processo al giudice istruttore e il giudizio ad un collegio giudicante o ad un giudice monocratico[9].

In particolare, viene prevista una distinzione fra il procedere penalmente e la successiva istruzione. Al pubblico ministero è riconosciuta la prima funzione, mentre al giudice istruttore è attribuita la seconda. Il procuratore della Repubblica avvia l’azione penale investendo il giudice istruttore con una requisitoria introduttiva (réquisitoire à fin d’informer). Relativamente ai reati per i quali l’istruzione non è obbligatoria, sono anche possibili la citazione diretta e procedure semplificate, come l’avvertimento seguito da comparizione volontaria, la convocazione mediante processo verbale e la comparizione immediata dinanzi al Tribunale penale (Tribunal correctionnel).

Nello specifico, l’art. 1 del Codice di procedura penaledispone che: “L’azione penale per l’applicazione delle pene è avviata ed esercitata dai magistrati o dai funzionari cui è affidata dalla legge”. Tuttavia, prosegue l’art. 1, “tale azione può essere avviata anche dalla parte lesa, alle condizioni determinate dal presente codice”.

Il pubblico ministero, decidendo se avviare l’azione penale, ne valuta i presupposti legali e l’opportunità dell’esercizio (artt. 31 e 40 Cpp). Solo in casi eccezionali stabiliti dalla legge tale potere spetta a soggetti diversi (ad es. la pubblica amministrazione per reati che hanno un contenuto fiscale).

Entrando nei dettagli, l’art. 40-1 Cpp recita:

“Qualora giudichi che i fatti portati a sua conoscenza (…) costituiscono un reato commesso da una persona di cui siano certi l’identità e il domicilio (…), il procuratore della Repubblica territorialmente competente decide se è opportuno:

1. avviare l’azione penale;

2. applicare un procedimento alternativo all’azione penale ai sensi degli artt. 41-1 e 41-2;

3. o archiviare il procedimento quando ciò sia giustificato dalle circostanze particolari legate alla commissione dei fatti”.

Tale archiviazione prende il nome di classement sans suite.

In Francia vige quindi il principio della facoltatività dell’azione penale (opportunité des poursuites), in opposizione al principio della sua obbligatorietà (légalité des poursuites).

La facoltà di archiviare è completata da due altri articoli del Codice di procedura penale:

- L’art. 40-2, con cui è disposto innanzitutto che il procuratore della Repubblica informi i querelanti, le vittime, se identificate, e l’autorità denunciante della sua decisione di avviare l’azione penale o di applicare un procedimento alternativo (comma 1). L’articolo stabilisce inoltre che “se decide di archiviare il procedimento, il procuratore della Repubblica informa [i querelanti, le vittime, se identificate, e l’autorità denunciante] della sua decisione, indicando le ragioni giuridiche o di opportunità che la giustificano” (comma 2).

- L’art. 40-3, in base al quale “chiunque abbia denunciato fatti al procuratore della Repubblica può presentare ricorso presso il procuratore generale avverso la decisione di archiviazione (…). Il procuratore generale può, ai sensi dell’art. 36, intimare al procuratore della Repubblica di avviare l’azione penale. Se giudica il ricorso infondato, ne informa l’interessato”.

Pertanto, “l’archiviazione è provvedimento di natura amministrativa, emesso solo dal pubblico ministero e sottratto ad ogni controllo giurisdizionale, contro il quale può proporsi solo il ricorso gerarchico al procuratore generale”[10]. L’archiviazione ha natura provvisoria: l’azione penale può essere avviata fino al termine del periodo di prescrizione se, ad esempio, emergono elementi nuovi rispetto a quelli giustificativi della decisione.

Inoltre, l’azione penale può essere indirettamente avviata dalla persona lesa, se il pubblico ministero non ha ancora deciso o dopo aver adottato la decisione di archiviazione, ma solo attraverso lo strumento della querela con costituzione di parte civile (art. 85 Cpp). In tale querela, indirizzata al giudice istruttore, la persona lesa si costituisce parte civile e chiede il risarcimento dei danni. Il giudice istruttore la trasmette al procuratore della Repubblica. Questi formula, in linea di massima, un réquisitoire à fin d’informer (requisitoria introduttiva di istanza) allo stesso giudice istruttore.

Infatti, secondo l’art. 86 Cpp, “il procuratore della Repubblica può trasmettere al giudice istruttore una requisitoria di non istruire solo se, per cause riguardanti la stessa azione penale, i fatti non possono legalmente comportare il suo avvio o se, pur dimostrati i fatti, essi non costituiscono una fattispecie penale. Il procuratore della Repubblica può formulare una requisitoria di non luogo anche se è accertato in maniera manifesta, eventualmente a seguito delle indagini compiute dopo il deposito della querela, che i fatti denunciati dalla parte civile non sono stati commessi. Se il giudice istruttore ignora tale requisitoria, ha l’obbligo di statuire con ordinanza motivata.”

Per quanto riguarda i provvedimenti alternativi all’azione penale, detti anche “terza via”, essi sono di sei diversi tipi (art. 41-1 Cpp) e vengono disposti dal procuratore della Repubblica prima della sua decisione sull’azione penale, attraverso lo strumento dell’archiviazione condizionata (classement sans suite sous condition). A titolo di esempio: il richiamo agli obblighi di legge rivolto all’autore dei fatti; la richiesta per lo stesso di seguire uno stage o corso di formazione in una struttura sanitaria, sociale o professionale; l’invito a mettersi in regola o a riparare il danno, la mediazione fra l’autore e la vittima (la cosiddetta médiation pénale), etc. In caso di mancata esecuzione del provvedimento alternativo da parte dell’autore dei fatti, il procuratore della Repubblica propone una composizione penale (composition pénale) oppure avvia l’azione penale.

La composizione penale (art. 41-2 Cpp) è un istituto che permette al pubblico ministero, sempre che l’azione penale non sia stata ancora avviata, di proporre ad una persona fisica maggiorenne, che riconosca di aver commesso un reato grave della fattispecie “delitto” (punito con ammenda o con detenzione non superiore a 5 anni), di eseguire uno o più fra 17 diversi tipi di provvedimenti sanzionatori (a titolo di esempio: consegna dell’autovettura o della patente per un determinato periodo; svolgimento a favore della collettività di un lavoro non retribuito; partecipazione a stage di formazione presso istituti sanitari, professionali o sociali; divieto di lasciare il territorio nazionale e consegna del passaporto all’autorità competente; nel caso specifico di illeciti commessi all’interno di un nucleo familiare, non comparizione per un determinato periodo nel luogo dove è stato commesso il reato, etc.). Se la vittima è stata identificata, il procuratore della Repubblica deve anche proporre all’autore dei reati di riparare il danno entro un termine massimo di sei mesi. Il procedimento di composizione penale è applicabile anche ai reati del rango “contravvenzioni” (art. 41-3 Cpp), seppur a condizioni meno gravose di quelle previste per i “delitti”, mentre è inapplicabile ai delitti gravi qualificati come “crimini”.

Infine, se la persona non accetta la composizione penale o non la esegue integralmente, il procuratore avvia l’azione penale.

 

 

Separazione delle carriere e funzioni del CSM

La normativa relativa al reclutamento, alla progressione di carriera e alle funzioni dei magistrati è contenuta nell’Ordonnance n. 58-1270 du 22 novembre 1958 portant loi organique relative au statut de la magistrature (anche denominata statut de la magistrature). L’articolo 1 dell’ordinanza del 1958 stabilisce che il corpo giudiziario è unico e comprende sia i magistrati di siège (magistratura giudicante), sia quelli di parquet (magistratura requirente) con l’espressa previsione che “tout magistrat a vocation à etre nommé, au cours de sa carrière, à des fonctions du siège et du parquet”.

Le modalità di formazione e reclutamento sono identiche per i due rami della magistratura e sono anche frequenti i passaggi di ruolo nel corso della carriera, ma comportano in ogni caso un mutamento di status in quanto le garanzie riconosciute alla funzione giudicante sono diverse da quelle riconosciute alla funzione requirente. Soltanto i magistrati giudicanti godono della garanzia della inamovibilità (art. 64 Cost.) e non possono essere trasferiti senza il loro consenso, neanche in caso di avanzamento di carriera (ordinanza n. 58-1270, art. 4). Diversamente, i pubblici ministeri dipendono dal Ministro della Giustizia rispetto al quale, come si è già rilevato, sono gerarchicamente subordinati (ordinanza n. 58-1270, art. 5) e costituiscono gli agenti del potere esecutivo presso le giurisdizioni. Il Ministro della Giustizia decide discrezionalmente il trasferimento dei magistrati du parquet, di norma quando il magistrato sia rimasto a lungo nella stessa sede.

Il sistema di reclutamento della magistratura francese si caratterizza per la presenza di due distinte modalità di accesso: per concorso o per integrazione diretta. La prima, che può definirsi ordinaria, prevede il superamento di un concorso pubblico, per titoli ed esami, che consente di accedere alla Ecole nationale de la magistrature (ENM). In luogo di un unico concorso pubblico, sono previste tre tipologie di concorso differenti, superate le quali i candidati entrano nella Scuola con il titolo di “uditori di giustizia”. Un primo tipo di concorso, il Concours étudiant, costituisce la modalità di reclutamento più comune (circa i due terzi dei magistrati), aperto a tutti coloro che abbiano conseguito la laurea in diritto di secondo livello (maîtrise en droit) o un diploma di livello post-laurea (master 1 o master 2), ma anche a laureati in materie non giuridiche, per la maggior parte provenienti da istituti di studi politici, purché godano di determinati requisiti. Un secondo tipo di concorso è riservato ai funzionari della pubblica amministrazione. Un terzo tipo è riservato a professionisti con competenze in campo giuridico che abbiano un’esperienza di 8 anni di attività privata. L’accesso alla Scuola della magistratura è possibile anche con un reclutamento per titoli, riservato a professionisti che abbiano determinati requisiti: una laurea specialistica in diritto (maîtrise en droit); un’esperienza lavorativa di 4 anni in campo giuridico, economico o sociale; un’età compresa tra i 27 e i 40 anni[11].

Il periodo di formazione iniziale presso la Scuola della magistratura, che ha sede a Bordeaux, dura complessivamente circa 31 mesi ed è articolato in corsi teorici e pratici, in periodi di stages di specializzazione. Nel periodo di formazione presso la Scuola della magistratura gli allievi devono sostenere alcune prove, in base alle quali, al termine del corso, sono inseriti in una graduatoria. Successivamente, ottengono la nomina a magistrato di secondo grado con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Guardasigilli (ordinanza n. 58-1270, art. 26).

La seconda modalità di reclutamento, cosiddetta “laterale” – che è eccezionale - permette di integrare direttamente nel corpo giudiziario alcuni soggetti, tra cui avvocati, cancellieri capo e funzionari del Ministero della giustizia con un’anzianità di almeno sette anni.

La gerarchia della magistratura francese si compone di due gradi. Il secondo grado, il più basso, corrisponde ad incarichi di inizio della carriera, mentre si accede al primo grado solo dopo un certo numero di anni. In cima alla gerarchia esiste poi una categoria superiore in cui sono inquadrati i magistrati collocati “fuori gerarchia” (magistrats hors hiérarchie) che ricopronole cariche più elevate della magistratura (ad es. magistrato della Corte di Cassazione, Primo Presidente e Procuratore Generale di Corte d’Appello).

Il passaggio dal secondo al primo grado avviene all’interno di un complessivo régime d’avancement. Per entrambi i rami della magistratura (ordinanza n. 58-1270, artt. 27 e ss.) l’avancement avviene per anzianità e tramite iscrizione ad una lista di avanzamento (tableau d’avancement). La formazione della lista di avanzamento, elaborata annualmente, spetta alla Commission d’avancement, che è unica per i magistrati del siège e del parquet (ordinanza n. 58-1270, artt. 34 e 36). La Commission valuta le note attribuite ai magistrati dai loro superiori gerarchici, attraverso una procedura che permette ai singoli magistrati di discutere ed eventualmente criticare la valutazione che li riguarda. La trasparenza della lista è assicurata con la sua affissione presso gli uffici giudiziari.

Le promozioni dal secondo al primo grado sono formalizzate con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Guardasigilli, previo parere del Conseil supérieur de la magistrature, vincolante per i magistrati di siège, non vincolante per quelli di parquet.

Al fine di evitare che un magistrato possa “appropriarsi” di una funzione (nel rispetto dei principi di indipendenza ed imparzialità) lo Statut de la magistrature ha fissato alcune limitazioni. La durata dell’esercizio di alcune funzioni nella stessa giurisdizione è soggetta a limiti temporali: esiste, ad esempio, il limite di sette anni per le funzioni di Presidente e di Procuratore della Repubblica di un Tribunale di prima istanza (art. 38-2, ordinanza n. 58-1270).

 

Il Conseil supérieur de la magistrature (CSM), che costituisce l’organo di autogoverno della magistratura, si compone di due formazione distinte: una competente nei confronti dei magistrati del siège(magistrati giudicanti), l’altra nei confronti dei magistrati del parquet(procuratori).

La composizione e le competenze del CSM sono disciplinate dall’art. 65 della Costituzione, di recente completamente riscritto dalla legge costituzionale n. 2008-724 del 23 luglio 2008, di modernizzazione delle istituzioni della V Repubblica.

Con la riforma del 2008, accanto alle due formazioni del CSM, l’una competente per i magistrati del siège e l’altra per i magistrati del parquet,è stata in particolare data rilevanza costituzionale ad una sua terza composizione: la formazione plenaria.

Con la riforma è stata inoltre abrogata la norma che attribuiva al Capo dello Stato la presidenza dell’organo e al Ministro della giustizia la vice-presidenza. In base al nuovo art. 65 Cost., il Primo Presidente della Corte di Cassazione presiede la sezione del CSM competente per il siège, mentre la sezione competente per il parquet è presieduta dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

La riforma è intervenuta in particolare sulla composizione del CSM, di cui fanno oggi parte 15 membri per ognuna delle due formazioni. Il nuovo art. 65 Cost. dispone, infatti, che il Presidente della Repubblica e i presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato nominino ciascuno due membri del CSM, operando la scelta tra personalità non appartenenti né al Parlamento né all'ordine giudiziario (in totale 6 personalità). Del CSM fanno parte anche un consigliere di Stato designato dal Consiglio di Stato e un avvocato. Infine la magistratura viene rappresentata in seno ad ogni composizione specifica del CSM da 7 magistrati, compresi i presidenti delle due formazioni. Per la sezione dei magistrati giudicanti 5 appartengono al siège e uno al parquet, per la sezione dei procuratori 5 sono del parquet e uno del siège.

Alla formazione competente per i magistrati giudicanti del CSM, spettano le proposte di nomina, alla Corte di Cassazione, alle cariche di Primo Presidente della corte d'appello e di Presidente di Tribunal de grande instance (tribunale civile). Per la nomina degli altri magistrati del siège, proposte dal Guardasigilli, è richiesto un suo parere vincolante. In merito alle nomine dei magistrati del parquet, la formazione competente emette un parere non vincolante per il Ministro della giustizia, che ha libera scelta per la designazione.

Alle riunioni plenarie del CSM partecipano, oltre ai membri non appartenenti alla magistratura, tre dei cinque membri del siège e tre dei cinque del parquet e sono presiedute dal Primo Presidente della Corte di Cassazione. Le riunioni plenarie sono convocate, in primo luogo, per emettere i pareri sollecitati dal Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 64 Cost. ed inoltre per pronunciarsi sulle questioni relative alla deontologia dei magistrati e sulle questioni relative al funzionamento della giustizia su richiesta del Guardasigilli. Quest’ultimo può partecipare alle sedute plenarie ed a quelle delle singole formazioni, ad esclusione di quelle dedicate a questioni disciplinari.

Il nuovo art. 65 Cost. prevede, inoltre, la possibilità di ricorso al CSM, offerta alle parti di un processo che ritengano lesi i propri diritti a causa di un malfunzionamento della giustizia. L’art. 65 Cost. rimanda poi ad una legge organica per la definizione dei filtri appropriati e delle regole procedurali.

La legge organica in questione è la la Loi organique n° 2010-830 du 22 juillet 2010 relative à l'application de l'article 65 de la Constitution..

La legge organica n. 2010-830 è suddivisa in tre capitoli. Il capitolo I (artt. 1-17) è relativo alle disposizioni che modificano la Loi organique n.94-100 du 5 février 1994 sur le Conseil supérieur de la Magistrature. In particolare, l’art. 1 della legge del 2010 introduce il nuovo art. 4-1, relativo ai componenti della formazione plenaria del CSM. È inoltre modificato l’art. 5 della loi organique del 1994, il quale dispone che il CSM possa essere riunito in tre formazioni differenti, in luogo delle precedenti due, previste prima della riforma del 2008 (art. 2 della legge n. 2010-830). È introdotto il nuovo art. 5-1 della loi organique del 1994, che stabilisce il modo di designazione dell’avvocato membro del CSM (art. 3 della legge n. 2010-830). È poi modificato l’art. 13 della loi organique del 1994, prevedendo che ciascuna delle formazioni del CSM si riunisce su convocazione del suo presidente (art. 10 della legge n. 2010-830). È inoltre variato l’art. 18 della loi organique del 1994, con cui sono definite le modalità di esame delle querele delle parti in giudizio nei confronti di magistrati, presentate al CSM (art. 14 della legge n. 2010-830). Il capitolo II (artt. 18-36) reca modifiche all’Ordonnance n. 58-1270 du 22 décembre 1958 portant loi organique relative au statut de la magistrature, per la parte dedicata al regime disciplinare dei magistrati. Il capitolo III (artt. 37-38) presenta disposizioni finali.

 

Rapporto con la polizia giudiziaria

I servizi di polizia giudiziaria (police judiciaire) (artt. 12 e ss. Cpp) sono a disposizione del Pubblico Ministero per le indagini investigative relative ad eventuali reati, al fine di consentire al Pubblico Ministero di decidere o meno l’avvio dell’azione penale.

L’attività della polizia giudiziaria, prevista in ogni circoscrizione di Corte d’appello, è posta sotto la sorveglianza del Procuratore generale e sotto il controllo della Chambre de l'instruction (artt. 224 e ss. Cpp).

I servizi di polizia giudiziaria sono esercitati, sotto la direzione del Procuratore della Repubblica, dagli ufficiali e dagli agenti designati a tal fine (art. 12 Cpp).

In particolare gli ufficiali di polizia giudiziaria devono essere assegnati ad un incarico che comporti lo svolgimento di compiti di polizia giudiziaria, previa apposita abilitazione (habilitation) concessa dal Procuratore generale della circoscrizione nella quale esercitano le loro mansioni.

Gli ufficiali di polizia giudiziaria sono tenuti ad informare il Procuratore della Repubblica, senza indugio alcuno, di ogni reato di cui siano a conoscenza.

La polizia giudiziaria, distinta dalla polizia amministrativa, è incaricata di constatare le infrazioni al diritto penale, di raccoglierne le prove e di cercarne gli autori, secondo una serie di distinzioni previste dal Codice (art. 14 Cpp).

La polizia giudiziaria[12] comprende gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria ai quali si aggiungono i funzionari e gli agenti di amministrazioni e servizi pubblici (ad es. agenti delle dogane o del fisco) ai quali siano attribuiti dalla legge determinate funzioni di polizia giudiziaria (art.15 Cpp).

La polizia giudiziaria può intervenire sulla base di un’informazione o di un’inchiesta di polizia, che si distingue tra l’“inchiesta in flagranza di reato” e l’“inchiesta preliminare”.

 

Responsabilità disciplinare dei magistrati

Le disposizioni relative al regime disciplinare dei magistrati francesi sono contenute nell’Ordonnance n. 58-1270 du 22 novembre 1958 portant loi organique relative au statut de la magistrature[13].

Gli obblighi deontologici di un magistrato sono tuttavia enunciati non solo nello statut de la magistrature, ma anche in determinate disposizioni contenute in alcuni Codici, in parte deducibili dalla giurisprudenza disciplinare del CSM.

Lo statut de la magistrature pone innanzitutto una definizione di illecito disciplinare (faute disciplinaire) con riferimento al mancato rispetto da parte dei magistrati di alcuni doveri: “tout manquement par un magistrat aux devoirs de son état, à l’honneur, à la délicatesse ou à la dignité constitue une faute disciplinaire” (ordinanzan. 58-1270, art. 43).

Nell’ordinanza in oggetto, tuttavia, sono definiti altri obblighi deontologici dei magistrati, la cui non osservanza costituisce un illecito disciplinare. È stabilito in primo luogo l’obbligo per i magistrati di “un giuramento” che essi sono chiamati a pronunciare in occasione della prima nomina. Il magistrato giura de bien et fidèlement remplir [ses] fonctions, de garder religieusement le secret des délibérations et de [se] conduire en tout comme un digne et loyal magistrat(ordinanzan. 58-1270, art. 6).

Il magistrato è inoltre sottoposto ad un regime di incompatibilità per il quale, ad esempio, gli è impedito: l’esercizio di ogni funzione pubblica e di ogni altra attività professionale o retribuita, salvo eccezioni; l’esercizio di un mandato pubblico elettivo; la nomina a magistrato in un tribunale nel quale abbia esercitato da meno di cinque anni la professione di avvocato, procuratore legale, ecc. (ordinanza n. 58-1270, artt. 8, 9, 9-1, 32).

Lo statut de la magistrature dispone anche che ogni membro del corpo giudiziario non possa formulare deliberazioni politiche, non possa manifestare ostilità al principio o alla forma di governo della Repubblica, né compiere alcuna dimostrazione di natura politica. Al magistrato è inoltre impedita ogni azione volta ad arrestare od ostacolare il funzionamento delle giurisdizioni (ordinanza n. 58-1270, art. 10). È inoltre stabilito un dovere di riservatezza per i magistrati onorari (ordinanza n. 58-1270, art. 79). Alcune disposizioni del Code de l’organisation judiciaire (artt. L 111-5-L111-6) e del Code de procédure civile (art. 341) impongono infine al giudice un dovere di imparzialità.

A partire dal 1980, il CSM, riscontrata la mancanza di una presentazione chiara ed ordinata, all’interno dello statut de la magistrature, dei diversi doveri deontologici dei magistrati, ha costruito la propria giurisprudenza disciplinare in un’ottica pedagogica, volta a sensibilizzare i magistrati riguardo ai principi statutari che sono chiamati ad osservare[14]. Tra i principi deontologici richiamati con maggior vigore si segnalano: i doveri di imparzialità e di indipendenza; il dovere di riservatezza; il dovere di legalità; le esigenze di delicatezza, di dignità e di onore; il dovere di lealtà e di probità.

Nel 2005 il CSM aveva elaborato una “Recueil des décisions disciplinaires du Conseil supérieur de la magistrature de 1959 à 2005, allo scopo di permettere alle parti in giudizio di conoscere le condizioni poste dal CSM per un esercizio imparziale della giustizia, ma anche di chiarire ai magistrati i loro doveri fondamentali. In seguito alla riforma costituzionale del 2008, che ha aperto alle parti in giudizio la possibilità di adire il CSM se riscontrino una lesione dei loro diritti durante un procedimento, è stato stabilito di aggiornare tale Raccolta, con le nuove pronunce del CSM in materia. La nuova Recueil des décisions et avis disciplinairesè divenuta quindi una base dati costantemente aggiornata e dotata di un motore di ricerca. Per ogni decisione e parere è elaborata una breve sintesi per facilitare il lettore nella comprensione delle circostanze in cui è maturata la decisione di erogare una sanzione disciplinare. Con la legge organica n. 2007-287, il Legislatore ha inoltre conferito al CSM l’incarico di “elaborare e rendere pubblica una raccolta degli obblighi deontologici dei magistrati”. Il CSM, dopo aver coinvolto in merito l’Institut des hautes études sur la justice (IHEJ) e singoli magistrati, ha pubblicato nel 2010 la Recueil des obligations déontologiques des magistrats. La Raccolta ha il solo valore di “guida” di comportamento per i magistrati, non costituendo un codice di disciplina, poiché solo la non osservanza di obblighi statutari può determinare l’erogazione di sanzioni disciplinari a loro carico.

 

Gli organi coinvolti nell’esercizio del potere disciplinare sono il CSM e il Ministro della Giustizia. È previsto un regime disciplinare differenziato per i magistrats du siège, la cui inamovibilità è garantita dall’art. 64 Cost., e i magistrats du parquet, legati da un vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti del Ministro della Giustizia.

a) I magistrats du siège

Il potere disciplinare nei confronti di tali giudici è esercitato dal Consiglio Superiore della Magistratura, riunito sotto la presidenza del Primo Presidente della Corte di Cassazione nella formazione competente per i magistrats du siège. Il Conseil de discipline del CSM costituisce una vera e propria giurisdizione.

Nell’esercizio del potere disciplinare, il CSM può interdire al magistrato incriminato, anche prima che gli sia notificato il procedimento a suo carico, l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva. La decisione di interdizione temporanea non può essere resa pubblica e non comporta privazione del diritto al trattamento economico (art. 51, ordinanza n. 58-1270).

Il CSM non possiede però l’iniziativa dell’azione disciplinare che appartiene al Guardasigilli, così come, dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2001 (Loi organique n. 2001-539 du 25 juin 2001), ai Primi Presidenti di Corte d’appello o ai Presidenti di Tribunale superiore d’appello (art. 50-1 e 50-2, ordinanzan. 58-1270).[15]

Il Ministro della Giustizia, nel denunciare l’illecito, motiva anche i provvedimenti disciplinari e trasmette il fascicolo personale del magistrato sotto inchiesta. Qualora ne ravvisi l’urgenza e previo parere dei capi gerarchici, il Guardasigilli può inoltre proporre al CSM di interdire al magistrato sotto inchiesta l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva sulle sanzioni disciplinari. Tale richiesta può essere anche formulata dai Primi Presidenti di Corte d’appello o dai Presidenti di Tribunale superiore d’appello (art. 50, ordinanza n. 58-1270).

In dottrina sono state sollevate alcune critiche riguardanti il potere di iniziativa disciplinare del Ministro. È stato rilevato infatti che, attribuendo tale facoltà al Guardasigilli, si consente al rappresentante del potere esecutivo di decidere in prima persona se procedere o meno nei confronti di un membro della magistratura giudicante[16].

Dopo che, con la riforma costituzionale del 2008, è stata stabilita la possibilità di ricorso al CSM per le parti di un processo che ritengano lesi i propri diritti per un malfunzionamento della giustizia, sono state poi introdotte nell’ordonnance n. 58-1270 le norme relative alle modalità di presentazione di querele nei confronti dei magistrats du siège da parte dei cittadini, nonché le modalità di esame delle stesse (nuovo art. 50-3, ordinanza n. 58-1270, creato dalla legge organica n. 2010- 830).

In particolare, è stabilito che adire il CSM non significa chiedere la ricusazione di un magistrato. Inoltre è disposto che le denunce nei confronti dei magistrati giudicanti sono esaminate da una “commissione di ammissione delle richieste”, il cui presidente può rigettare le querele manifestamente infondate o irricevibili. Se la commissione stabilisce che i fatti denunciati sono suscettibili di sanzione disciplinare, rinvia l’esame della denuncia al Conseil de discipline del CSM. Nel caso in cui la querela sia respinta, contro tale decisione di rigetto non è ammesso ricorso.

b) I magistrats du parquet

Il potere disciplinare nei confronti dei pubblici ministeri appartiene al Ministro della Giustizia che delibera su parere della formazione del CSM competente per il parquet, presieduta dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (art. 59; 63; 65, ordinanza n. 58-1270).

L’iniziativa disciplinare, dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2001 (Loi organique n. 2001-539 du 25 juin 2001), spetta, oltre che al Ministro, anche ai Procuratori Generali presso le Corti d’appello e ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali superiori d’appello (art. 63, ordinanza n. 58-1270)[17]. Qualora ne ravvisi l’urgenza e avendo previamente consultato i capi gerarchici e acquisito il parere della sezione del CSM competente per i magistrats du parquet, il Guardasigilli può interdire al magistrato sotto inchiesta l’esercizio delle sue funzioni fino alla decisione definitiva sulle sanzioni disciplinari. Negli stessi casi di urgenza può essere richiesto dai Procuratori Generali presso le Corti d’appello e dai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali superiori d’appello alla sezione del CSM competente per la magistratura requirente di formulare un parere sulla decisione di interdizione assunta dal Ministro della giustizia(art. 58 -1, ordinanzan. 58-1270)[18].

Diversamente dal Conseil de discipline del CSM competente per i magistrats du siège, che costituisce una giurisdizione, il CSM riunito nella formazione competente per i magistrats du parquet rappresenta un organo a carattere consultivo, incaricato di dare un parere motivato al Ministro della Giustizia, indicando la sanzione che giudica più appropriata. È poi competenza esclusiva del Ministro pronunciare la sentenza. In questo, il Ministro non è vincolato al parere del CSM, potendo infatti applicare una sanzione anche più grave di quella propostagli da tale organo (artt. 65 e 66, ordinanzan. 58-1270).

Come per i magistrats du siège, anche per i magistrats du parquet la riforma costituzionale del 2008 ha aperto la possibilità di una loro possibile querela da parte di cittadini (parti in giudizio) che si ritengano lesi nei propri diritti durante lo svolgimento di un processo. L’ordonnance n. 58-1270 stabilisce, infatti, che ogni parte in giudizio che valuti, nel corso di un procedimento, il comportamento di un magistrato requirente tale da meritare una sanzione disciplinare, può inviare una denuncia al CSM, che sarà poi esaminata dalla “commissione di ammissione delle richieste” di tale organo, composta da membri della formazione competente per la magistratura requirente. Il presidente della commissione può dichiarare la denuncia infondata o irricevibile. Se la commissione giudica i fatti denunciati suscettibili di ricevere una sanzione disciplinare, rimanda l’esame della denuncia alla formazione del CSM competente per la disciplina dei procuratori. Nel caso in cui la denuncia sia respinta, contro tale decisione non è ammesso ricorso (art. 63, ordinanza n. 58-1270, modificato dalla legge organica n. 2010- 830).

L’art. 45 dell’ordonnance n. 58-1270 prevede nove tipologie di sanzioni disciplinari, di portata crescente, che vanno dal “rimprovero con iscrizione nel dossier” alla “revoca con o senza sospensione dei diritti alla pensione”. Le sanzioni disciplinari applicabili ai magistrati sono, nello specifico: 1) il rimprovero con iscrizione nel dossier; 2) lo spostamento d’ufficio; 3) la revoca di alcune funzioni; 3 bis) il divieto di essere nominato o designato nelle funzioni di giudice unico per una durata massima di cinque anni; 4) l’abbassamento di livello; 4 bis) l’esclusione temporanea dalle funzioni per una durata massima di un anno, con privazione totale o parziale del trattamento economico; 5) la retrocessione di grado; 6) il collocamento in quiescenza d’ufficio o l’autorizzazione a cessare le proprie funzioni quando il magistrato non ha il diritto ad un trattamento di quiescenza; 7) la revoca, con o senza sospensione, dei diritti alla pensione.

L’art. 46 dell’ordinanzastabilisce inoltre “la regola della non cumulabilità delle sanzioni”, ma dispone anche che ad alcune delle sanzioni elencate nell’art. 45 possa essere associata una pena complementare. È infatti stabilito che le sanzioni elencate ai punti 3, 3 bis, 4, 4 bis e 5 dell’art. 45 possano essere integrate con la sanzione dello “spostamento d’ufficio”. Inoltre l’art. 46 stabilisce che ad un magistrato cui è imposto il collocamento in quiescenza d’ufficio, è anche impedito di valersi del titolo di magistrato onorario.

Sono inoltre previste sanzioni disciplinari per magistrati che abbiano determinato un malfunzionamento del servizio pubblico di giustizia, qualora lo Stato ne sia ritenuto responsabile civilmente in base ad una decisione definitiva di una giurisdizione nazionale o internazionale (art. 48-1, ordinanzan. 58-1270).

Oltre alle sanzioni disciplinari, nello statut de la magistrature è previsto l’ammonimentoavertissement - (art. 44, ordinanza n.58-1270). In particolare, dopo tre anni dall’iscrizione dell’avertissement nel dossier di un magistrato, è possibile la sua cancellazione, se nessun nuovo ammonimento o sanzione disciplinare siano intervenuti.

 

Responsabilità civile dei magistrati

In Francia la peculiarità della funzione giurisdizionale ha da sempre imposto una particolare cautela nella previsione della responsabilità di coloro che la esercitano. Progressivamente i magistrati dell’ordine giudiziario sono stati percepiti come professionisti tenuti alla buona realizzazione dei loro compiti nell’esercizio dei loro poteri giurisdizionali e, pertanto, non esenti dall’applicazione di un principio generale di responsabilità civile, temperato tuttavia dalla necessità di preservarli dal moltiplicarsi di azioni legali di risarcimento da parte di ricorrenti semplicemente insoddisfatti del contenuto delle decisioni giudiziarie prese nei loro confronti[19].

Per tali ragioni è lo Stato a rispondere, in via prioritaria, degli eventuali danni (e interessi) determinati dall’amministrazione della giustizia nei confronti di coloro che sono ad essa sottoposti.

Sono previsti i seguenti tre regimi di responsabilità civile dei magistrati (Code de l’organisation judiciaire, artt. L 141-1 e ss.):

·          il primo riguarda la responsabilità per funzionamento difettoso del servizio giudiziario (fonctionnement défectueux du service de la justice), il cui campo di applicazione risulta peraltro limitato alle due ipotesi della colpa grave[20](faute lourde) e del diniego di giustizia (déni de justice) (art. L 141-1)[21];

·          il secondo concerne la responsabilità per colpa personale (faute personnelle) dei magistrati ordinari (i magistrati del Corpo giudiziario) ed è soggetto alla disciplina contenuta nello statut de la magistrature (art. L 141-2);

·          il terzo è relativo alla responsabilità per colpa personale degli altri giudici (ad es., i giudici amministrativi o quelli appartenenti a giurisdizioni speciali) ed è appositamente regolato da leggi speciali o, in loro assenza, segue il procedimento della cosiddetta prise à partie (art. L141-3)[22].

In tutti e tre i casi la responsabilità civile viene fatta valere contro lo Stato e non è ammessa l’azione diretta contro i magistrati: è lo Stato, pertanto, a garantire le vittime anche dei danni causati dalle colpe personali dei magistrati, fatta salva la facoltà dello Stato di rivalersi su questi ultimi.

Per ciò che riguarda, in particolare, il primo regime, il funzionamento difettoso della giustizia si riferisce all’insieme di attività in cui si esplica il servizio della giustizia: sentenze, provvedimenti e atti giurisdizionali, ma anche tutti gli atti giuridici o materiali connessi all’esercizio del servizio, nonché gli atti delle autorità amministrative che collaborano al servizio della giustizia. La responsabilità diretta dello Stato nei confronti delle vittime deriva dalla nozione di colpa del servizio (faute de service) riconosciuta a carico dello Stato, indipendentemente dall’accertamento di una responsabilità personale dell’autore materiale del danno[23]. Tuttavia, come richiamato in precedenza, i casi di malfunzionamento del servizio giudiziario sono circoscritti ai due casi, rispettivamente, di colpa grave (ad esempio, la divulgazione alla stampa di atti giudiziari o la sparizione, in determinate circostanze, di dossier istruttori) e di diniego di giustizia (ad esempio, la fissazione eccessivamente tardiva di un’udienza o una sentenza che dopo lungo tempo ancora non viene pronunciata).

Il secondo regime si basa sul concetto di “colpa personale” del giudice, che tuttavia, secondo il dettato dell’art. 11-1 dello statut de la magistrature, va intesa come comportamento lesivo del magistrato, ma sempre collegato al servizio pubblico della giustizia (faute personnelle se rattachant au service public de la justice) o non distaccabile da quel servizio o, per lo meno, non privo di collegamenti con il servizio pubblico della giustizia[24]. In questo caso lo Stato – come già ricordato – può rivalersi con un’azione riconvenzionale nei confronti del giudice personalmente responsabile del danno[25].

Anche il terzo regime di responsabilità civile si fonda sulla colpa personale del giudice, ma, a differenza del precedente, si applica ai magistrati non appartenenti al Corpo giudiziario (come i giudici amministrativi o i giudici speciali) e, invece di essere regolato dallo statut de la magistrature, segue la procedura della “prise à partie”. Tale procedura, regolata in dettaglio dagli artt. 366-1 e ss. del Code de procedure civile, è ammessa nei seguenti casi: dolo, frode, concussione, colpa grave e diniego di giustizia. Ma, sebbene qui la responsabilità civile riguardi il comportamento personale del giudice (rientrante nelle fattispecie appena menzionate) e non un suo comportamento legato al servizio pubblico della giustizia, è sempre lo Stato a rispondere civilmente delle condanne al risarcimento dei danni e interessi che possono essere pronunciate contro i magistrati. La causa è di competenza della Corte d’Appello della circoscrizione nella quale il giudice interessato tiene le sue udienze. La prise à partie per essere procedibile deve essere autorizzata preventivamente dal Primo Presidente della Corte d’appello, che decide dopo aver acquisito il parere del Procuratore generale presso la Corte, ossia del Pubblico Ministero. Il rifiuto del Primo Presidente può essere impugnato davanti ad una Chambre civile della Corte di Cassazione.

 

 

 

 



Competenze del Ministro della Giustizia

Secondo la Legge fondamentale tedesca, la competenza legislativa e amministrativa in tema di giustizia e sicurezza nazionale è in capo ai singoli Länder (art. 30). Alla Federazione sono riservate le competenze esclusive riguardanti la lotta al terrorismo internazionale, la cooperazione e il coordinamento di forze di polizia tra Land e Stati nazionali (art. 73).

Per questo, il Ministero della Giustizia federale, oltre a gestire il Bundeskriminalamt (l’ufficio federale che coordina e monitora le forze di polizia dei singoli Länder e funge da interfaccia con le strutture internazionali), ha la competenza esclusivamente riguardo alle strutture di livello federale: tre dei 5 tribunali supremi (Corte di Giustizia federale, Tribunale amministrativo federale, Corte dei conti federale), il procuratore generale presso la Corte di giustizia federale, il tribunale sui brevetti e il Bundesamt für Justiz (BfJ), un ufficio federale che svolge compiti specifici in tema di questioni legali internazionali.

La funzione principale del Ministero federale è quella legislativa: presenta al Parlamento progetti di legge, propone modifiche alle norme vigenti e revisiona i progetti degli altri ministeri, per le aree di propria competenza, al fine di rendere omogeneo il drafting legislativo.

 

Esercizio dell’azione penale

Status giuridico e organizzazione del Pubblico ministero

Il pubblico ministero inteso quale ufficio pubblico, organizzato stabilmente presso le corti di giustizia ed avente quale compito principale l’esercizio dell’azione penale, è un istituto che è stato introdotto in Germania nel XIX secolo sul modello francese.

I funzionari del pubblico ministero sono pubblici impiegati (Beamten) per i quali è previsto il possesso dei medesimi requisiti culturali e professionali di tutte le professioni legali (giudici, avvocati, notai). Il percorso di formazione è, infatti, unico ed è volto a fornire l'adeguata preparazione tecnica a giuristi destinati ad operare nei diversi ambiti dell'ordinamento. Ma lo status giuridico e le carriere dei magistrati requirenti sono separati rispetto alla magistratura giudicante.

In ragione dell'ordinamento federale dello Stato, l'amministrazione della giustizia compete, di norma, ai Länder. Pertanto, mentre il Procuratore generale ed i magistrati della Procura presso la Corte federale di Cassazione sono considerati “funzionari federali”, i magistrati di tutte le altre procure, regolate da leggi approvate dai Länder stessi, sono “funzionari dei Länder”.

Lo status e l’organizzazione del pubblico ministero (Staatsanwaltschaft) sono disciplinati dagli articoli 141-152 della legge federale sull’ordinamento giudiziario (Gerichtsverfassungsgesetz - GVG) del 12 settembre 1950. Le sue funzioni, invece, sono specificate dalle norme del Codice di procedura penale (Strafprozeßordnung – StPO).

Ai sensi dell’articolo 150 della GVG, il pubblico ministero, nell’espletamento delle sue funzioni d’ufficio, è un organo autonomo rispetto alla magistratura giudicante. Il pubblico ministero, infatti, non è considerato parte nel processo penale e la sua funzione è di cercare gli elementi di prova sia a carico sia a discarico dell’indagato (art. 160, comma 2, StPO). Egli, dunque, è tenuto a un rigoroso rispetto dell’imparzialità (art. 296, comma 2, StPO).

La legge federale sull’ordinamento giudiziario prevede la costituzione di un pubblico ministero presso ogni ufficio giudiziario (articolo 141 GVG). La funzione del pubblico ministero è esercitata: presso la Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof) dal procuratore generale federale (Generalbundesanwalt) e da uno o più procuratori federali; presso le Corti di appello e i tribunali da uno o più pubblici ministeri; presso le preture (Amtsgerichten) da uno o più pubblici ministeri o procuratori (art. 142, comma 1, GVG). La competenza territoriale del pubblico ministero corrisponde alla competenza territoriale del tribunale (art. 143, comma 1, GVG).

La collocazione istituzionale del pubblico ministero (Staatsanwalt) nell'ordinamento tedesco è stata oggetto di particolare riflessione dottrinale e giurisprudenziale. La dottrina e la giurisprudenza prevalenti tendono a definire tale figura come "un organo sui generis di amministrazione della giustizia" (Organ der Rechtspflege sui generis), non riconducibile a quanto la Legge fondamentale (Grundgesetz – GG) enuncia in tema di giurisdizione e la cui attività si svolge in un ambito operativo distinto da quello della magistratura giudicante, secondo un'organizzazione gerarchico-amministrativa a struttura piramidale.

Un orientamento minoritario vede, invece, nel pubblico ministero un organo dell’ordinamento giudiziario e lo inquadra nel potere giudiziario di cui al Titolo IX della Legge fondamentale, attribuendo ad esso i requisiti e le garanzie costituzionalmente previsti riguardo agli organi giurisdizionali.

Organizzazione delle procure

La procura generale presso la Corte federale di Cassazione (Bundesanwaltschaft) collabora all’espletamento della funzione istituzionale della Corte medesima, concorrendo a garantire la corretta e uniforme interpretazione della legge e del diritto, ma di regola non esercita l’azione penale, né si pone in un rapporto di sovraordinazione gerarchica rispetto alle procure regionali, anche se può assumere il coordinamento di indagini che travalichino la loro giurisdizione territoriale. Ha una competenza esclusiva in materia di reati contro la sicurezza dello Stato e in materia di terrorismo.

Il pubblico ministero è ufficio monocratico organizzato secondo uno schema burocratico e gerarchico. In ciascuna procura la titolarità delle funzioni compete al Procuratore Capo che, di volta in volta, ne delega l'esercizio ai propri sostituti ma che, in ogni fase dell’inchiesta, ha il potere di devoluzione, ossia di avocazione delle indagini e di sostituzione del procuratore incaricato (articolo 145 GVG). Dunque i funzionari addetti all’ufficio del pubblico ministero non operano per poteri propri, ma sempre e solo quali rappresentanti del Procuratore capo. In tal modo essi sono legittimati a tutte le funzioni dell’ufficio senza dover dimostrare la sussistenza dell’incarico (articolo 144 GVG). Inoltre, l'articolo 146 GVG prevede espressamente per i magistrati delle procure l’obbligo di conformarsi alle istruzioni d’ufficio impartite dai superiori. La forma gerarchica e monocratica caratterizza l’ufficio del pubblico ministero non solo nella sua organizzazione interna, ma anche nella sua organizzazione esterna, vale a dire con riferimento al legame che intercorre tra gli uffici della pubblica accusa. Mentre la gerarchia interna vincola i singoli funzionari al capo ufficio, nella gerarchia esterna il diritto di vigilanza e direzione gerarchica è esercitato dal Ministro federale della Giustizia sul Procuratore generale di Cassazione presso la Suprema Corte federale, nonché su tutti i procuratori federali; dal Ministro della Giustizia di ciascun Land sugli organi di vertice delle procure presso le Corti d’appello; infine, dal Procuratore generale presso la Corte d’appello su tutte le procure della circoscrizione (art. 147 GVG).

L’articolo 147 GVG delinea dunque la struttura gerarchica dello Staatsanwaltschaft tedesco, distinguendo anche la gerarchia federale da quella regionale (cioè dei Länder) e disegnando così la cd. doppia “Weisungspyramide”, cioè la parallela esistenza di due distinte “piramidi di direttive” completamente separate e indipendenti l’una dall’altra.

Spetta al Ministro della Giustizia dei singoli Länder la responsabilità di definire le linee guida delle politiche penali, di formulare direttive a carattere generale e di impartire istruzioni agli uffici requirenti. Sempre al Ministro competono quasi tutti i provvedimenti che riguardano lo status dei pubblici ministeri relativi al reclutamento, alla progressione di carriera e all’iniziativa disciplinare.

Principi dell’azione penale

La Legge fondamentale (Grundgesetz – GG) non prevede espressamente il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale (Verfolgungs-und Anklagezwang) che viene tuttavia desunto dal principio di uguaglianza assoluta dei cittadini dinanzi alla legge di cui all'articolo 3 della Legge fondamentale stessa[26] e formalmente disposto dall'articolo 152 del Codice di procedura penale che, al comma 1, introduce l’Offizialprinzip in base al quale lo Stato gode in via di principio del monopolio dell’accusa e, al secondo comma, stabilisce che “il pubblico ministero deve, salvo nei casi in cui la legge dispone altrimenti, esercitare l’azione penale per tutti i reati suscettibili di essere perseguiti, in quanto i fatti siano sufficientemente accertati”. Dunque, il diritto tedesco prescrive al pubblico Ministero di agire d’ufficio non appena si ravvisi l’esistenza di un reato.

Tuttavia tale regola riguarda solo i crimini e i delitti di una particolare gravità. Alla valutazione circa l'esercizio dell'azione penale concorre infatti il cd. principio di opportunità (Opportunitätsprinzip), così come formalmente richiamato dagli articoli 153 e seguenti del Codice di procedura penale.

I casi in cui, nonostante la sussistenza del sospetto di reato, il pubblico ministero può astenersi dal procedere penalmente, sono riconducibili a quattro gruppi di ipotesi:

·          lievità del reato e mancanza di interesse pubblico all’azione penale (artt. 153, 153c comma 1, numeri 1-3, 154 e 154a StPO);

·          possibilità di soddisfare in altro modo l’interesse alla esecuzione della pena (art. 153a comma 1, numeri 1-6 StPO), ad esempio prescrivendo l’obbligo per l’autore del reato di risarcire i danni alla vittima;

·          sussistenza di motivi di sicurezza generale dello Stato o di rilevanti interessi statali o qualora il reato sia finalizzato a scongiurarne un altro di più grave entità (art. 153e comma 1, 154c, 154d, 154e StPO);

·          esercizio dell’azione penale privata sussidiaria da parte della persona vittima del reato: in tal caso il pubblico ministero può esercitare l’azione penale solo in presenza di un interesse pubblico a procedere penalmente (artt. 376, 377 StPO).

Ai sensi dell’articolo 153 del Codice di procedura penale, in particolare, qualora un reato venga ritenuto di lieve entità e non vi sia interesse pubblico all’azione penale, il pubblico ministero può chiedere l’archiviazione del caso al giudice competente o archiviare autonomamente di propria iniziativa quando ritenga che il fatto non sussista o non costituisca reato; in tali casi, vi è comunque l'obbligo di accertare con precisione la sussistenza dei presupposti di legge. Al riguardo specifiche direttive in materia di archiviazione sono state emanate tramite circolari amministrative dai Ministeri della giustizia dei vari Länder, al fine di ridurre le possibili disparità conseguenti all’utilizzo di questa flessibilità nell'esercizio dell’azione penale. Laddove l'azione penale non venga esercitata o il caso archiviato, la vittima del reato può comunque esperire un ricorso gerarchico al Capo della Procura e, in caso di esito negativo, rivolgersi alla Corte d’appello, la quale ha il potere di ordinare l’esercizio dell’azione penale e l’apertura di un processo.

La desistenza dal processo penale nei confronti dei reati non particolarmente gravi (artt. 153 e 153a StPO) può avvenire in diverse fasi, sia prima sia dopo l’esercizio dell’azione penale, e assume diverse configurazioni a seconda del reato contestato. In linea generale, se l’azione penale non è stata ancora esercitata, l’iniziativa spetta al pubblico ministero, mentre se l’azione penale è stata esercitata l’iniziativa spetta al giudice.

 

Separazione delle carriere e organismi di autogoverno

Accesso alle professioni giuridiche

La legge federale sull’ordinamento giudiziario (Deutsches Richtergesetz - DRiG), dell’8 settembre 1961, delinea un unico percorso formativo, comune a tutte le professioni legali, che si articola in diverse fasi. L’accesso alle professioni giuridiche è subordinato al conseguimento di un primo e di un secondo esame di Stato, al termine, rispettivamente, di un corso di studi giuridici a livello universitario della durata di quattro anni e di un periodo di pratica, della durata di due anni, assimilato ad un servizio di pubblico impiego a carico del bilancio pubblico.

La legge federale detta i principi generali e lascia ogni Land libero di definire il contenuto della formazione giuridica, così che questa differisce da un Land all'altro.

Dopo l'approvazione della legge federale dell’11 luglio 2002, recante la riforma della formazione dei giuristi (Gesetz zur Reform der Juristenausbildung) ed in vigore dal 1° luglio 2003, i Länder hanno modificato le proprie leggi relative a tale tipo di formazione (Juristenausbildungsgesetze) in precedenza essenzialmente incentrata sulla preparazione alla funzione di giudice. Poiché, tuttavia, circa il 90% degli studenti di diritto sceglie poi di esercitare la professione di avvocato, la formazione è stata ridisegnata nel senso di conferire maggiore importanza alla preparazione all'esercizio di tale professione e alla relativa specializzazione.

Al termine della prima fase, il laureato in legge non può ancora esercitare alcuna professione giuridica. Il superamento del primo esame (ersten juristichen Prüfung), infatti, dà diritto al titolo di "referendario" (Referendar) e permette l'accesso alla seconda fase della formazione (Vorbereitungsdienst) più comunemente nota come Referendariat: un periodo di praticantato che dura due anni, durante i quali gli studenti, remunerati dal Land, seguono corsi teorici e tirocini pratici, alcuni dei quali obbligatori e altri facoltativi. La formazione può svolgersi presso una giurisdizione civile o penale, presso una procura della Repubblica, una amministrazione pubblica o uno studio legale (articolo 5b DRiG). Il Referendariat termina con un secondo esame (zweites juristichen Staatsprüfung), c.d. “assessorato”, che conferisce allo studente il titolo di “giurista plenario”. A questo punto è possibile effettuare la scelta di una delle professioni legali. In media, il 10% di quanti superano l’esame di assessorato sceglie la magistratura. Gli esami di Stato possono essere ripetuti una sola volta.

Reclutamento e funzioni dei magistrati

Una volta superato il secondo esame, il giurista che intenda svolgere l’attività di magistrato requirente o giudicante deve presentare domanda di assunzione al Ministero della Giustizia del Land nel quale intende esercitare. La scelta tra i giuristi cui affidare l’ufficio di giudice e il procedimento di nomina sono regolati in maniera differente da Land a Land. In alcuni Land la nomina è effettuata da una commissione: come stabilisce, infatti, l’articolo 98, comma 4, della Legge fondamentale (Grundgesetz – GG), i Länder possono stabilire che il Ministro della giustizia del Land decida in merito all’assunzione dei giudici nei Länder insieme ad una commissione appositamente formata (Richterwahlausschuß – Commissione per la scelta dei giudici). La composizione di tale commissione differisce da Land a Land e spesso ne fanno parte parlamentari, rappresentanti dei magistrati e anche dell’ordine degli avvocati.

In altri Länder il ministro acquisisce il parere non vincolante del Presidialrät, organo di rappresentanza dei giudici con compiti consultivi in materia di reclutamento (articolo 49 DRiG), mentre, in altri ancora, la scelta è affidata esclusivamente al potere discrezionale del Ministro della Giustizia. Un criterio determinante in tutti i Länder è il voto ottenuto al secondo esame di Stato e la valutazione delle note di qualifica ottenute durante il Referendariat

Requisiti indispensabili, stabiliti dall’articolo 9 della DRiG,sono: la cittadinanza tedesca; la garanzia di tutelare l’ordine liberale e democratico stabilito dalla Legge fondamentale; l’attitudine alla funzione di magistrato (conferita dal conseguimento del secondo esame di Stato) nonché la necessaria competenza sociale (Soziale Kompetenz). Quest’ultimo requisito, inserito dalla legge di modifica del 2002, è volto a dimostrare maturità ed esperienza di vita da parte del magistrato.

Una volta assunti, i giudici acquistano, per un periodo che va dai tre ai cinque anni, il titolo di “giudici in prova” (Richter auf Probe) durante il quale vengono sottoposti a valutazioni e in alcuni Länder vengono affiancati da un tutor. Durante questo periodo di prova il giudice non è inamovibile (articolo 13 DRiG) e può essere destinato a funzioni diverse senza il suo consenso, ciò al fine di sensibilizzare i giovani magistrati alla polivalenza delle funzioni. A tale scopo, durante il periodo di prova, ai giovani magistrati vengono affidati alternativamente compiti giudicanti e requirenti. Al termine del periodo di prova, qualora abbiano ottenuto valutazioni positive e una volta acquisito il parere del Presidialrät, vengono nominati magistrati a vita (Richter auf Lebenszeit) dai Ministri della giustizia dei Länder.

A livello federale, le nomine iniziali dei giudici delle Corti supreme[27] sono decise dal Ministro federale competente congiuntamente ad un’apposita commissione di selezione, composta pariteticamente dai competenti Ministri dei Länder e da un analogo numero di membri eletti dalla Camera bassa del Parlamento federale (Bundestag).

La prima nomina dei giudici avviene presso le giurisdizioni di primo grado dei rispettivi Länder di appartenenza. È successivamente ammesso, su richiesta, il passaggio ad altra giurisdizione nello stesso Land o di un Land diverso, laddove si sia verificata la disponibilità di posti. È inoltre ammesso il distacco presso i Ministeri della giustizia, a livello sia federale che regionale, o per l’esercizio di funzioni amministrative presso le Supreme Corti federali o presso il Tribunale costituzionale. La progressione economica è indipendente dalla progressione di carriera.

L’ordinamento consente inoltre l’accesso alla magistratura anche a dipendenti pubblici che, oltre al titolo di studio richiesto, abbiano maturato una particolare esperienza amministrativa nei settori in cui aspirano all’esercizio di funzioni giudicanti. Vengono nominati per un periodo di due anni come “giudici incaricati” (Richter kraft Auftrags) al termine dei quali possono essere nominati giudici a vita o decadere dall’incarico e tornare ad esercitare le funzioni svolte in precedenza. Durante il periodo in cui sono incaricati come giudici, infatti, continuano a mantenere la loro posizione e retribuzione di dipendente pubblico (artt. 13-16 DRiG). Possono inoltre essere nominati giudici anche professori universitari di materie giuridiche ai quali è consentito mantenere il loro incarico accademico e contemporaneamente dedicare all’attività giudicante fino ad un terzo della loro attività professionale(art. 7 DRiG). In genere, tuttavia, tali nomine riguardano le giurisdizioni superiori.

Giudice e pubblico ministero rivestono in Germania funzioni distinte e godono di un diverso status, essendo il rappresentante della pubblica accusa un funzionario dipendente dall’esecutivo.

Per i pubblici ministeri, che non godono dello statuto ordinamentale dei giudici e sono sottoposti alle direttive del procuratore generale e del Ministro della giustizia, la selezione è più semplice che per i magistrati giudicanti e solitamente vengono assunti con gli stessi concorsi e regole degli altri funzionari statali.

Molte sono, tuttavia, le commistioni tra le due posizioni a iniziare dalla formazione che è comune, come pure omogenei sono il trattamento economico e il sistema di promozione. Una volta scelta la funzione, tuttavia, le carriere requirenti e giudicanti sono in linea di principio separate anche se relativamente frequenti sono i passaggi dall’una all’altra carriera, specie per le posizioni più elevate.

Progressione di carriera

Le diverse disponibilità di posti sono periodicamente rese pubbliche e ciascun giudice può presentare domanda, a condizione che abbia la necessaria anzianità di servizio.

In alcuni Länder la decisione è rimessa ad un’apposita commissione di selezione e successivamente ratificata dal Ministro della Giustizia del Land; in altri, è direttamente il Ministro a decidere. In entrambi i casi, un parere sull’idoneità del candidato viene previamente espresso dal Präsidialrat. Tale giudizio di idoneità è formulato con riguardo alla pregressa esperienza professionale del candidato ed alle risultanze della valutazione sull’operato di ciascun giudice di carriera espressa ogni quattro anni, fino al compimento del quarantanovesimo anno di età, dai presidenti delle Corti presso cui sono assegnati.

 

Organismi di autogoverno

In generale, in Germania, le decisioni relative alle nomine, alle promozioni dei giudici e al controllo del loro operato sono attribuite ad autorità politiche. Sulla nomina dei giudici facenti parte dei Tribunali federali decide il Ministro federale competente per materia, in accordo con una Commissione per la scelta dei giudici (Richterwahlausschuß), composta dai ministri dei Länder competenti per la materia stessa e un numero pari di membri eletti dal Bundestag (art. 95, comma 2 GG).

Pur in assenza di un organo analogo ai CSM italiano o francese, nell’ambito dell’ordinamento giudiziario tedesco operano due organismi interni della magistratura, disciplinati – sia per la composizione che per i compiti ad essi attribuiti - dagli artt. 49-60 della Legge sull’ordinamento giudiziario (DRiG): il già menzionato Präsidialrat e il Richterrat.

Il Präsidialrat partecipa alla nomina o alla scelta di un giudice, oltre che ai trasferimenti di sede o di ramo giudiziario, esprimendosi attraverso pareri scritti e motivati. E’ costituito all’interno di ciascun tribunale federale ed è composto dal Presidente del Tribunale, dal vicepresidente, da un membro eletto nell’ambito dell’Ufficio di presidenza (due nel caso del Bundesgerichtshof) e da altri due membri (tre nel caso del Bundesgerichtshof). I componenti del Präsidialrat restano in carica per quattro anni.

Il Richterrat è l’organo che si pronuncia su questioni generali e sindacali. E’ composto da 5 giudici eletti dal Bundesgerichtshof (Corte suprema federale), 5 dal Bundespatentgericht (Tribunale federale dei brevetti e marchi), 3 dal Bundesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo federale), 3 dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), 3 dal Bundesarbeitsgericht (Tribunale federale del lavoro) e 3 dal Bundessozialgericht (Tribunale federale sociale). I suoi membri restano in carica quattro anni al pari di quelli del Präsidialrat.

Rapporto con la polizia giudiziaria

Secondo le norme di procedura penale, la Polizia interviene soltanto in via sussidiaria nel perseguimento dei reati; è l’Ufficio del Procuratore generale ad avere la competenza nell’azione penale ed è sulla base di un suo ordine che la Polizia esegue i propri compiti sussidiari. Nella pratica, la regola è che il Procuratore si avvale della propria competenza solo nelle ipotesi di crimini gravi o efferati, violenze sessuali, criminalità organizzata e terrorismo. A parte questi casi, è la Polizia che conduce l’inchiesta e successivamente ne trasmette l’atto all’Ufficio del Procuratore che non ne è però vincolato.

L’istruzione di un’azione intacca sempre le libertà fondamentali della persona che ne è oggetto ed è dunque autorizzata solo se un certo numero di condizioni legali sono rispettate. Gli organi di perseguimento dell’azione penale – Polizia, ufficio del Procuratore – sono autorizzati a condurre le proprie indagini ed inchieste dal momento in cui esiste un sospetto che una persona abbia commesso un reato. Per avviare l’azione è sufficiente che esista un primo sospetto, costituito dal solo fatto che esistano informazioni ed indicazioni concrete che rendono probabile la commissione di un reato. In tutte le ipotesi in cui l’azione penale costituisce una grave offesa o una restrizione della libertà, essa non può cominciare senza previa decisione del giudice. Non è neppure possibile che la decisione dell’autorità giudiziaria intervenga dopo la misura restrittiva della libertà: nell’ipotesi di pericolo imminente, si parla di potere di decisione sussidiario della Polizia o dell’Ufficio del Procuratore.

Gli organi dell’azione penale sono autorizzati a prendere le seguenti misure restrittive:

·          interrogatorio dell’indagato (anche in forma scritta per i reati minori). L’indagato deve ottemperare all’obbligo di comparire davanti al giudice, mentre non è obbligato a seguire la citazione davanti alla polizia;

·          controllo d’identità;

·          sorveglianza a vista;

·          arresto in flagranza di reato;

·          sequestro dei corpi di reato e degli elementi di prova;

·          raccolta e controllo delle telecomunicazioni internazionali nel caso di criminalità grave e violenta.

Per quanto riguarda il diritto penale, l’Ufficio del Procuratore, oltre ad avere la responsabilità dell’azione penale, è l’organo responsabile dell’esecuzione della pena.

Per quanto riguarda l’organizzazione delle strutture di polizia, il principio fondamentale, sancito dall’art. 30 della GG, è la competenza dei Länder, con le tre eccezioni rappresentate dalla polizia di frontiera, dall’Ufficio federale del crimine (BKA), che svolge funzioni di raccolta di dati sulla sicurezza e di interfaccia unica dell’Interpol, e dalla polizia nelle sedi parlamentari. In particolare, in sette Länder la Polizia è separata dall’Amministrazione dell’ordine e della sicurezza, mentre negli altri casi le funzioni sono svolte da un unico organismo con competenze più ampie.

 

Responsabilità disciplinare dei magistrati

Le norme relative alla responsabilità disciplinare dei magistrati tedeschi (giudici e pubblici ministeri) sono contenute nella Legge tedesca sulla magistratura (Deutsches Richtergesetz - DRiG)[28] dell’8 settembre 1961 che, all’articolo 63, comma 1, rinvia, per la procedura, alla Legge federale sui procedimenti disciplinari nei confronti del pubblici funzionari (Bundesdisziplinargesetz - BDG)[29] del 9 luglio 2001. Pertanto, pur non essendo i magistrati funzionari pubblici a tutti gli effetti, sono soggetti, in materia di procedura disciplinare, alla stessa normativa prevista per i pubblici funzionari.

La Legge tedesca sulla magistratura (DRiG) contiene le norme relative all’indipendenza dei magistrati, ai doveri cui sono sottoposti in funzione della carica che ricoprono e alle competenze del Dienstgericht federale, ovvero del Tribunale per gli affari disciplinari presso la Corte di Cassazione.

A livello regionale le procedure disciplinari sono regolamentate dai singoli Länder.

Esercizio della funzione di vigilanza (Dienstaufsicht)

L’apparato giuridico tedesco si fonda su un sistema di autodisciplina, nel senso che sono i tribunali stessi ad occuparsi della responsabilità disciplinare dei giudici. La struttura piramidale della magistratura tedesca pone in risalto il ruolo dei superiori gerarchici cui spettano, principalmente, due funzioni: la valutazione di merito sul rendimento e le capacità professionali dei singoli giudici (da cui, in gran parte, dipendono le promozioni) e la sorveglianza sull’attività svolta. Il DRiG pone in stretta relazione il controllo sull’attività svolta (Dienstaufsicht) dai giudici con la responsabilità disciplinare.

Nell’ambito dell’attività di vigilanza si distingue la funzione di osservazione (Beobachtungsfunktion) da quella di rettifica/correzione (Berichtigungsfunktion); le due funzioni procedono in parallelo e in maniera complementare.

L’organo deputato al controllo (fondamentalmente, il presidente del tribunale) ha il compito di osservare il comportamento (inteso in senso lato) del magistrato e giudicare se questi agisce in conformità ai propri doveri.

L’attività di sorveglianza non deve, in ogni caso, pregiudicare l’indipendenza del giudice (articolo 26, comma 1, DRiG) né influire sulla sua attività giurisdizionale. La vigilanza sul servizio comprende anche la facoltà di censurare una modalità irregolare di eseguire una funzione o di esortare chi svolge le proprie mansioni d’ufficio a farlo in maniera regolare e puntuale (articolo 26, comma 2, DRiG).

Nell’ambito dell’attività di sorveglianza è possibile, attraverso una procedura interna non formale, comminare le sanzioni disciplinari più lievi, quali la contestazione, l’ammonizione, l’avvertimento, il biasimo. Quelle più gravi, invece, ricadono nella competenza del Tribunale federale per gli affari disciplinari istituto presso la Corte di Cassazione.

Qualora un giudice ritenga che un provvedimento adottato nei suoi confronti pregiudichi la sua indipendenza, può chiedere che il tribunale decida in merito alla questione (articolo 26, comma 3, DRiG).

Doveri e violazione di atti d’ufficio (Dienstvergehen)

Oltre ai doveri generali previsti per tutti i pubblici funzionari, i magistrati tedeschi sono sottoposti ad una serie di doveri specifici (besondere Pflichten) strettamente connessi alla loro funzione.

L’articolo 38, comma 1, della Legge federale sulla magistratura, impone che il magistrato presti giuramento in pubblica udienza impegnandosi ad esercitare le funzioni di giudice conformemente alla Costituzione della Repubblica federale tedesca e alla legge, secondo scienza e coscienza, senza riguardo allo stato sociale della persona, e di mettersi al servizio della verità e della giustizia (Richtereid - articolo 38, comma 1, DRiG).

I fondamentali doveri di moderazione e di riservatezza nello svolgimento della propria attività politica, previsti per i pubblici funzionari (articolo 60,Bundesbeamtengesetz - BBG – Legge sui pubblici funzionari federali del 14 luglio 1953)[30] diviengono particolarmente stringenti per i magistrati in ragione della loro funzione. La legge statuisce, infatti, il principio secondo cui il magistrato deve, nello svolgimento del proprio ufficio, ma anche al di fuori di esso - in particolare nell’esercizio dei propri diritti politici - comportarsi in modo tale che l’affidamento nella sua indipendenza non venga mai messo in dubbio (articolo 39, DRiG). Dunque, comportamenti gravi, anche in ambito privato, possono determinare l’avvio di un procedimento disciplinare.

La legge prevede, inoltre, una serie di limitazioni per i magistrati che svolgano, contemporaneamente, attività di giudici arbitrali o conciliatori o attività di docente di diritto o scienze politiche. In particolare, viene stabilito che un giudice possa essere autorizzato ad assumere un incarico come arbitro solo quando le parti del contratto arbitrale lo incarichino congiuntamente oppure quando egli sia nominato da un soggetto imparziale. Dunque il giudice deve, in ogni caso, essere autorizzato allo svolgimento della funzione arbitrale e l’autorizzazione deve essere negata qualora sia nominato da una parte sola (articolo 40, DRiG).

Viene poi espressamente vietata l’attività remunerata di perito o consulente legale al di fuori dell’attività di servizio (articolo 41, comma 1, DRiG), mentre tale attività è consentita, previa autorizzazione del superiore gerarchico, ai magistrati che svolgano anche attività di docente di diritto o di scienze politiche. L’autorizzazione può essere concessa in via generale o per singole consulenze a condizione che non vengano compromesse le attività di servizio (articolo 41, comma 2, DRiG).

I magistrati sono obbligati ad accettare incarichi secondari soltanto nell’ambito dell’amministrazione della giustizia (articolo 42, DRiG).

Infine, il generale dovere di riservatezza previsto per tutti i pubblici funzionari (Amtsverschwiegenheitspflicht – articol0 67, BBG) si estende, per i magistrati, anche al termine del rapporto di servizio (Beratungsgeheimnis, articolo 43, DRiG), nel senso che il giudice deve tacere su tutto quanto accaduto in sede di discussione e di votazione anche una volta cessata la propria attività di magistrato.

Tra i doveri previsti, più in generale, per i funzionari pubblici la legge annovera: il dovere di agire per il bene della comunità e il dovere di imparzialità (articolo 60, BBG); il dovere di mantenere un comportamento rispettoso e affidabile e di svolgere il proprio lavoro con piena dedizione (articolo 61, BBG); il dovere di prestare consulenza, sostegno e obbedienza ai propri superiori e di rispettare la gerarchia (articolo 62, BBG). È inoltre sancito il divieto di accettare doni o compensi in ragione del proprio ufficio (articolo 71, BBG).

L’infrazione consapevole di uno di questi doveri con un’azione o un’omissione costituisce violazione di atti d’ufficio (Dienstvergehen) anche se commessa al di fuori dell’attività di servizio, qualora pregiudichi in modo significativo la rispettabilità e l’affidabilità della struttura gerarchica cui il pubblico funzionario appartiene (articolo 77, BBG).

Per espressa previsione di legge, sono sanzionabili sia le infrazioni compiute con premeditazione sia quelle dovute a negligenza (articolo 75, comma 1, BBG).

Procedimento disciplinare

Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del Bundesdisziplinargesetz, qualora emergano sufficienti elementi che giustifichino il sospetto di una violazione di atti d’ufficio, il superiore gerarchico ha il dovere di avviare un procedimento disciplinare (Disziplinarverfahren).

La legge prevede, altresì, per il magistrato la possibilità di avviare, egli stesso, una procedura disciplinare nel caso in cui intenda dissipare un sospetto nei propri confronti (articolo 18, comma 1, BDG).

Qualora il superiore gerarchico avvii un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato, questi deve esserne immediatamente informato. Il giudice interessato può depositare, entro un termine definito, le proprie dichiarazioni in forma scritta o anche orale. Il magistrato può anche decidere di non intervenire o di farsi rappresentare da un procuratore legale o da un delegato (articolo 20, comma 1, BDG).

Il superiore gerarchico che abbia avviato un’azione disciplinare deve effettuare i dovuti accertamenti volti a verificare le circostanze a carico e a discarico dell’interessato al fine di valutare l’entità dell’infrazione e il relativo provvedimento disciplinare (articolo 21, BDG).

Qualora al procedimento disciplinare si accompagni l’accertamento di una responsabilità penale, il procedimento disciplinare si intende sospeso (articolo 22, BDG) al fine di evitare che vengano pronunciate due decisioni tra loro incongruenti e di tutelare il magistrato dal dover intervenire contemporaneamente, come imputato, in due diverse sedi. Quando il procedimento penale è concluso può essere riavviato quello disciplinare.

Al termine delle indagini, dopo le dovute valutazioni, qualora non sia stata dimostrata la sussistenza dell’infrazione, il superiore gerarchico archivia la procedura (articolo 32, BDG).

Nel caso in cui sia dimostrata una infrazione di lieve entità il superiore gerarchico può emettere un provvedimento disciplinare (Disziplinarverfügung - articolo 33, BDG) al termine di un procedimento non formale (behördliches Verfahren) avviato dal superiore gerarchico stesso. Con tale tipo di procedura, più agile, possono essere comminate soltanto sanzioni lievi.

Per un’infrazione di più grave entità, il superiore gerarchico può rivolgersi al Dienstgericht ed avviare, con la presentazione di una formale denuncia (Disziplinarklage – articolo 34, BDG), un’azione disciplinare nell’ambito di un procedimento giudiziale (gerichtliches Verfahren).

Sanzioni

Ai magistrati possono essere comminati diversi tipi di sanzioni: la sospensione temporanea dal servizio (vorläufige Dienstenthebung), la decurtazione dello stipendio (Einbehaltung von Bezügen) e l’ammonimento o richiamo (Verweis) (articoli 63 e 64, DRiG).

Mentre il richiamo può essere disposto dal superiore gerarchico con un semplice provvedimento disciplinare (Disziplinarverfügung), per il quale è, comunque, necessario il consenso del giudice interessato, le altre misure, più gravi, devono essere decise a seguito di una procedura formale avviata su istanza del superiore gerarchico, con decreto (Beschluss) del Dienstgericht. Il decreto deve essere notificato sia al superiore gerarchico che ha avviato la procedura sia al magistrato interessato. Anche la revoca di queste decisioni è rimessa al Dienstgericht (articolo 63, DRiG).

Con riguardo ai magistrati delle giurisdizioni superiori, mediante la procedura semplificata del Disziplinarverfügung possono essere decisi soltanto il richiamo, la sanzione pecuniaria o l’allontanamento dal servizio (articolo 64, comma 2, DRiG).

Le decisioni disciplinari, di norma, sono pubbliche.

La sezione speciale della Corte di Cassazione federale competente per gli affari interni della magistratura ordinaria (Dienstgericht des Bundes)

In Germania, l’indipendenza del giudice è garantita dalla Legge fondamentale (Grundgesetz – GG)[31] che, agli articoli 20, comma 3, e 97, comma 1, assoggetta il magistrato solo alla legge. L’indipendenza del giudice è sancita, altresì, nella Legge federale sulla magistratura che, all’articolo 25, stabilisce che “il giudice è indipendente ed è sottoposto solo alla legge”.

L’indipendenza della magistratura è assicurata anche con l’istituzione del Tribunale disciplinare dei magistrati (Dienstgericht); si tratta di una sezione speciale della Corte di Cassazione federale (Bundesgerichtshof) competente per gli affari interni della magistratura ordinaria, per le procedure disciplinari nei confronti dei magistrati e per l’esame dei ricorsi relativi al ruolo, ai trasferimenti o alla destituzione dei giudici (articoli da 61 a 68, DRiG).

Il Dienstgericht è composto dal presidente, da due giudici permanenti e da due non permanenti, appartenenti allo stesso ordine di giurisdizione del magistrato sottoposto a giudizio. Il presidente e i due componenti permanenti sono membri della Corte federale suprema e restano in carica cinque anni (articolo 61, comma 2, DRiG).

Il Dienstgericht, pur non essendo assimilabile al nostro Consiglio Superiore della Magistratura, svolge alcune delle funzioni tipiche di quest’organo.

Ai sensi dell’articolo 62 della Legge federale sulla magistratura, il Dienstgericht decide definitivamente:

·           sulle questioni disciplinari, anche dei magistrati in quiescenza;

·           sui trasferimenti attuati nell’interesse dell’amministrazione della giustizia;

·           sulla nullità o il ritiro di un atto di nomina;

·           sul congedo o il pensionamento per incapacità di servizio;

·           sull’impugnazione di un provvedimento di congedo, di nullità o di ritiro di un atto di nomina nei confronti di un giudice e sul ricorso contro una misura adottata nell’ambito dell’attività di sorveglianza sul servizio (come stabilito nell’articolo 26, comma 3, DRiG).

Altri Dienstgerichte sono istituiti presso i Länder e i loro giudizi sono impugnabili davanti al Dienstgericht federale (articolo 62, comma 2, DRiG), secondo un sistema composto da una pluralità di organi disciplinari in ragione della forma federale dello Stato

 

Responsabilità civile dei magistrati

La Legge fondamentale tedesca (Grundgesetz - GG), all’articolo 34, sancisce la responsabilità dello Stato (Federazione o Land) in caso di violazione dei doveri della funzione da parte di un giudice. La responsabilità risarcitoria è, dunque, indiretta, nel senso che il preteso danneggiato non può direttamente chiamare in causa il giudice di cui si vuole far valere la responsabilità. La fattispecie della responsabilità è quella prevista dall’articolo 839 del Codice civile (Burgerliches Gesetzbuch – BGB)[32], rispetto alla quale opera il criterio di imputazione (allo Stato) stabilito dall’articolo 34 GG[33].

L’articolo 839, comma 1, del Codice civile tedesco, stabilisce la responsabilità del funzionario pubblico (Beamter - categoria nella quale sono ricompresi i giudici) che violi dolosamente o colposamente i doveri d’ufficio di cui è titolare; tale responsabilità comporta il risarcimento del danno subito da terzi.

Al comma 2, la stessa disposizione prevede la responsabilità del funzionario che violi i propri doveri nell’emanazione di provvedimenti (Urteil) nel quadro di una vertenza, e la conseguente responsabilità, se la violazione commessa costituisce reato.

Quindi, l’obbligo di risarcimento da parte del giudice sorge quando, nel corso di un procedimento giurisdizionale, egli abbia cagionato un danno attraverso la violazione dell’articolo 839, comma 2. Non rientrano in queste ipotesi il rifiuto o il ritardo di esercitare le proprie funzioni, rispetti ai quali opera l’immunità giudiziaria (Richterprivilege) posta a fondamento dell’indipendenza della magistratura. Tale indipendenza richiede, infatti, che nell’interesse dell’imparzialità del giudice, egli non debba temere azioni o ritorsioni per le decisioni assunte; la garanzia di indipendenza della magistratura, inoltre, è stabilita nell’interesse della certezza del diritto, che verrebbe incrinata se la pretesa inesattezza di una decisione giudiziaria fosse oggetto non soltanto della revisione da parte di un altro giudice secondo le comune norme procedurali, ma anche di azioni giudiziarie per atto illecito.

Sotto il profilo soggettivo, le disposizioni in materia di responsabilità e le relative esimenti si applicano tanto ai giudici di ruolo che a quelli onorari (figure contemplate dall’ordinamento giudiziario tedesco a livello di Länder).

Sotto il profilo oggettivo, la nozione di Urteil di cui all’articolo 839, comma 2, BGB, comprende una gamma di provvedimenti giurisdizionali adottati non soltanto ad esito e a chiusura di un procedimento (sentenza), ma anche durante il suo svolgimento. In base all’interpretazione giurisprudenziale, rientrano nella nozione atti processuali aventi carattere tendenzialmente definitivo, quali la decisione di condanna alle spese oppure le decisioni che sottopongono a tutela o a curatela le persone. Ne sono, invece, esclusi gli atti processuali a carattere tendenzialmente provvisorio, quali, ad esempio, le ordinanze relative all’ammissione di prove, le decisioni sul valore della lite, e, in ambito penale, il mandato di arresto, gli ordini di perquisizione, le ordinanze di sospensione della patente di guida.

 



Competenze del Ministro della Giustizia

La riforma avviata nel Regno Unito con l’approvazione del Constitutional Reform Act 2005 aveva, per obiettivo finale, l’introduzione di istituti conformi al principio della divisione tra i poteri dello Stato, con particolare riguardo alla revisione della figura tradizionale del Lord Chancellor (ad un tempo Ministro del Cabinet, vertice dell’ordinamento giudiziario e Speaker della Camera Alta) e alla separazione della funzione legislativa da quella di alta giurisdizione, quest’ultima da assegnare ad una Corte Suprema e non più alla Camera dei Lord. Tra le ricadute di ordine costituzionale di tali innovazioni - tanto più rilevanti per una tradizione giuridica come quella britannica – va posta in risalto l’istituzione del Ministry of Justice, le cui attribuzioni, conferite in una fase transitoria ad una precedente struttura dipartimentale creata nel 2003 (il Department for Constitutional Affairs ora soppresso), si correlano principalmente alla riforma dell’ordinamento giudiziario e alla tutela dei diritti fondamentali.

L’istituzione della nuova figura ministeriale è quindi da ricondurre ad innovazioni costituzionali, i cui aspetti salienti si individuano, per un verso, nell’istituzione di un organo “di chiusura” del sistema giudiziario – la Supreme Court of the United Kingdom -, che ha assunto, a partire dal 2009, le funzioni giurisdizionali precedentemente esercitate dalla Camera Alta (attraverso l’Appellate Committee della House of Lords) e le analoghe competenze in materia di contenzioso tra Stato e regioni prima rimesse al Judicial Committee del Privy Council; per altro verso, nella separazione della funzione legislativa da quella di alta giurisdizione, che oltre all’istituzione della predetta Corte, composta dai Law Lords usciti dalla Camera dei Lord, ha comportato che mutassero il ruolo e le funzioni del Lord Chancellor[34]. Sostituito alla guida della Camera Alta da un Lord Speaker, autonomamente prescelto dall’Assemblea così come avviene ai Comuni, il Lord Chancellor ha mantenuto la titolarità di membro del Cabinet (ruolo attualmente ricoperto dallo stesso Secretary of State for Justice), assumendo la responsabilità dell’organizzazione degli uffici giudiziari e dell’efficiente amministrazione della giustizia in Inghilterra e in Galles. Per effetto della riforma, tuttavia, la figura di vertice dell’ordinamento giudiziario è ora rappresentata dal Lord Chief Justice, mentre il potere di nomina degli uffici (judicial appointments), di cui il Lord Chancellor deteneva la prerogativa, spetta ora ad un organismo collegiale (Judicial Appointment Commission), responsabile per il suo operato dinanzi al Parlamento.

Questo, in sintesi, il più ampio quadro costituzionale da cui è derivata l’istituzione, il 9 maggio 2007, del Ministry of Justice. Il Dipartimento, che attualmente figura tra i Dipartimenti governativi con maggiore organico e dotazione finanziaria (rispettivamente, 95.000 dipendenti e un budget annuale di circa 9,2 miliardi di sterline[35]), oltre a svolgere compiti generali di indirizzo nelle materie rilevanti sul piano costituzionale e per la tutela dei diritti fondamentali, provvede all’amministrazione giudiziaria in senso lato, in relazione all’operatività delle 650 corti e tribunali esistenti nel Paese e dei 139 istituti penitenziari in Inghiltererra e in Galles. Volendo perciò enumerare, in modo esemplificativo, gli ambiti della competenza dipartimentale, vanno indicati in particolare la disciplina del processo civile e penale, la prevenzione dei reati e il reinserimento dei condannati, il diritto di famiglia e la tutela dei minori, l’accesso alla giustizia, l’ordinamento penitenziario, la protezione delle vittime dei reati e dei testimoni, il reclutamento della magistratura onoraria, l’ordinamento della medicina legale e della polizia cimiteriale.

Esercizio dell’azione penale: il CPS e le autorità di polizia

Il sistema processuale penale del Regno Unito ha basi tradizionali sulle quali si sono innestati, nel corso degli ultimi venticinque anni, numerosi interventi legislativi. Nel 1985, in particolare, con il Prosecution of Offences Act è stato istituito il Crown Prosecution Service (CPS), organo preposto, in modo imparziale e indipendente, al vaglio delle iniziative assunte in campo penale dalla polizia[36]. D’altra parte, la disciplina dei poteri conferiti in materia alla polizia è venuta progressivamente definendosi, a partire dal Police and Criminal Evidence Act 1984 fino alle modifiche introdotte dal Police Reform Act 2002, secondo un disegno legislativo che ha inteso perseguire sia il rafforzamento delle garanzie della persona sottoposta a indagini, sia una maggiore incisività dell'azione repressiva diretta a taluni reati, specialmente di natura sessuale oppure consistenti nei c.d. "comportamenti antisociali"(anti-social behaviours).

La titolarità dell'esercizio dell'azione penale, nell'ordinamento inglese, è dunque condivisa fra la polizia ed il CPS. La prima, soggetta alle direttive del Ministero dell'Interno (Home Office) benché dotata di uno statuto di autonomia, esercita le funzioni tra loro connesse di ricerca degli elementi di prova e di esercizio dell'azione penale, che possono condurre all'archiviazione o all'incriminazione, secondo una valutazione di opportunità compiuta dagli stessi organi di polizia. L'incriminazione può aver luogo mediante notificazione degli addebiti all'accusato in stato di fermo o lasciato in libertà in attesa del giudizio; nel secondo caso il giudice, informato dalla polizia della commissione del reato e qualora l'accusa sia ritenuta fondata, spicca un mandato di comparizione (summons).

Al CPS competono l'esame delle iniziative della polizia al fine di continuare od interrompere i procedimenti da questa avviati e l'esercizio, in forma autonoma, della stessa iniziativa penale dinanzi alle magistrates' courts e alle giurisdizioni superiori. L'organo ha altresì il potere di darsi carico o di bloccare i procedimenti penali intentati da privati o da altri organi abilitati ad agire penalmente, come l'Amministrazione delle Dogane (Customs and Excise)[37]. Accanto alle funzioni che in altri ordinamenti europei continentali sono proprie del pubblico ministero, il CPS svolge inoltre, secondo la legge istitutiva, compiti più generali, concernenti l'assistenza prestata agli organi di polizia in relazione a casi da perseguire, l'istruzione dei processi, il rispetto delle garanzie dell'imputato, l'efficienza del sistema della giustizia penale, nonché la consulenza giuridica ai singoli Crown Prosecutors, la cui articolazione territoriale è stata modificata nel 1999 in modo da rispecchiare quella dei distretti di polizia (police boundaries).

Al vertice del CPS siede un Direttore (Director of Public Prosecution), nominato dall'Attorney General (figura caratteristica dell’ordinamento giudiziario britannico[38]) e posto sotto la sua autorità. Requisito per accedere alla carica, come dispone il Court and Legal Services Act 1990,è l'aver esercitato il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (High Court) per almeno un decennio; il Prosecution of Offences Act 1985 fa obbligo al Director di rimettere un rapporto annuale all'Attorney General sull'attività svolta.

Nei procedimenti relativi a fattispecie di particolare gravità o complessità (ad esempio quelli relativi alla sicurezza dello Stato), l'esercizio dell'azione penale compete direttamente all'Attorney General,mentre alcuni reati, quali quelli connessi al terrorismo, non possono essere perseguiti senza il suo previo consenso.

I singoli Crown Prosecutors distrettuali, operanti nelle aree in cui è a questo fine suddiviso il territorio nazionale[39], esercitano le loro prerogative in nome del Direttore del CPS secondo linee direttive fissate in un apposito Codice di condotta (The Code for Crown Prosecutors), emanato in base all'art. 10 del Prosecution of Offences Act 1985[40].

In particolare, il Codice enuncia (§ 2) i principi generali di correttezza, indipendenza ed obiettività che informano l'attività di tali figure, qualificandole come "pubbliche autorità" ai fini dell'applicazione della legge che ha trasposto nell'ordinamento britannico la Convenzione europea sui diritti dell'uomo (Human Rights Act 1998).

L'avvio dell'azione penale, trattato nel quarto paragrafo del Codice, è subordinato al previo esperimento di due verifiche preliminari (designate complessivamente come Full Code Tests) concernenti, rispettivamente, il quadro probatorio e la sussistenza del pubblico interesse all'esercizio dell'azione da parte dell’autorità procedente.

Quanto alle prove, si richiede che il Crown Prosecutor ritenga realistica la prospettiva di condanna dell’imputato nei cui riguardi si intende avviare il procedimento; in altri termini, deve ritenersi sussistente la possibilità che, in base alle risultanze oggettive, il giudice si convinca della colpevolezza del reo e si pronunci quindi nel senso della sua condanna anziché del proscioglimento. A tale proposito, e in modo puntuale, il Codice indica al prosecutor le questioni preliminari che egli deve porsi, quali l’affidabilità delle prove raccolte e la loro utilizzabilità in giudizio; lo invita a ponderare le allegazioni della difesa e a considerarne la effettiva credibilità, una volta che siano prodotte in giudizio, rispetto agli elementi presentati dall’accusa; gli prescrive altresì di verificare la credibilità dei testimoni o l'attendibilità di una confessione, avendo riguardo ad elementi oggettivi quali l'età, lo sviluppo delle facoltà intellettive o il livello di discernimento.

Superata la prima serie di verifiche inerenti alla tenuta del quadro probatorio (“evidential stage”), l’autorità procedente deve valutare la effettiva sussistenza del pubblico interesse all'azione (“public interest stage”); con riferimento al secondo fondamentale requisito[41], il Codice enuclea, a titolo indicativo, alcune circostanze connotate da tipicità (§ 4.10 e ss.) Il prosecutor può ad esempio considerare, tra gli elementi favorevoli all'esercizio dell'azione, l'utilizzazione di armi o il ricorso o la minaccia di violenza nel perpetrare il reato; il compimento del reato contro una persona investita della pubblica autorità o incaricata di un pubblico servizio; la prova della premeditazione; il movente discriminatorio (per i reati ispirati da odio razziale, etnico, politico, religioso, di genere); la posizione soggettiva dell'imputato (trattandosi, ad esempio, di persona investita di compiti di pubblico servizio o in posizione tale da godere della fede pubblica) e quella della vittima (in posizione di particolare vulnerabilità); la recidiva del reo; il concorso di persone nel reato. L’opinione delle vittime e delle loro famiglie, infine, può costituire un elemento da prendere in considerazione da parte dell’autorità procedente.

Per contro, oltre alle valutazioni concernenti l’applicabilità delle misure alternative previste dalla legislazione penale per talune categorie di reati[42], possono indurre a non procedere nell’azione, secondo il Codice (§ 4.17 ss.), elementi quali l'avvenuta emanazione di una sentenza a carico dell'imputato, in conseguenza della quale un'ulteriore condanna non comporterebbe sanzioni aggiuntive, a meno che sussista la particolare gravità del nuovo reato; la distanza temporale fra il reato commesso e il processo, purché non si tratti di reato grave, e a condizione che il tempo sia trascorso a causa dell'imputato, o che il reato sia stato accertato solo recentemente (con nuove tecniche investigative) oppure, per la sua complessità, abbia richiesto indagini complesse; l'età avanzata dell'imputato o la sua condizione psicofisica al momento della commissione del reato, a meno che, ancora una volta, il reato sia grave o vi sia la concreta possibilità della sua reiterazione. Ulteriori motivi ostativi all’avvio dell’azione penale possono essere ravvisati dal prosecutor nella divulgazione, che il procedimento determinerebbe, di notizie con ripercussioni pregiudizievoli per le relazioni internazionali o la sicurezza nazionale.

Analoghe indicazioni vengono fornite circa la formulazione dei capi d'imputazione (§ 6) e il ruolo del prosecutor nel sottoporre, in contraddittorio, elementi utili per la decisione giudiziale (§ 11, relativamente alla sussistenza di aggravanti o di esimenti, alla considerazione dell’impatto sociale del reato, alla posizione eventualmente espressa dalle vittime, all’individuazione di misure accessorie) [43].

Il principio della necessaria fondatezza delle determinazioni assunte dal CPS in relazione al mancato esercizio dell'azione penale comporta, quale suo corollario, che decisioni precedentemente adottate, ricorrendo nuovi elementi di valutazione, possano essere oggetto di revisione. Al riguardo, il Codice (§ 12) prevede che, in presenza di individuate condizioni, possa essere decisa la riapertura di un caso per il quale l'azione non è stata esercitata o non si è conclusa per la sopravvenuta archiviazione. Il Codice fa riferimento ai casi, per quanto rari, in cui la revisione di una precedente decisione ne accerti l’erroneità; all’ipotesi in cui lo svolgimento dell'azione sia stato sospeso in attesa della raccolta di ulteriori prove entro un tempo stabilito (nel qual caso l'imputato deve essere avvisato che l'esercizio dell'azione nei suoi confronti potrà essere nuovamente considerato); oppure ai casi in cui l'azione sia stata interrotta per mancanza di prove significative e poi riassunta a fronte di un quadro probatorio successivamente modificatosi.

 

Carriere delle magistratura e organismi di autogoverno

Da quanto sopra riassunto risulta la peculiarità del sistema giudiziario del Regno Unito, i cui caratteri non ne consentono la piana assimilabilità ai modelli continentali.

L’esercizio dell’azione penale è affidato, come si è detto, ad un organo in posizione autonoma rispetto all’Esecutivo e separato dalla magistratura giudicante (il CPS). I ruoli e le modalità di reclutamento di quest’ultima, d’altra parte, hanno notevolmente risentito delle recenti riforme costituzionali, orientate a garantirne e a rafforzarne l’indipendenza.

Le modalità di accesso alla carriera giudiziaria e i criteri di nomina dei relativi uffici, in primo luogo, sono state tratte fuori dalla sfera di competenza dell’Esecutivo[44] ed affidate alle decisioni di un organismo indipendente, preposto alle nomine giudiziarie su basi di merito e di qualificazione professionale.

Questa tendenziale “neutralizzazione” del potere di nomina fa perno sulla Judicial Appointments Commission - di cui la legge di riforma costituzionale del 2005 disciplina le funzioni e la composizione - formata da un presidente “laico” e da quattordici membri, i quali, nominati dalla Sovrana su proposta del Lord Chancellor, durano in carica un quinquennio[45].

La Commissione è tenuta ad effettuare la selezione dei candidati (per gli uffici giudiziari dell’Inghilterra e del Galles; analoghi organismi operano in Scozia e nell’Irlanda del Nord) attraverso valutazioni comparative improntate ad equità e trasparenza e finalizzate a salvaguardare l’indipendenza del sistema giudiziario. La formulazione dei criteri di nomina, come stabiliti nella legge del 2005, fa riferimento al merito e ai requisiti soggettivi dei candidati (“good character”), e persegue la judicial diversityall’interno dell’ordinamento giudiziario ovvero ilsuo caratterepluralistico (rispetto all’estrazione sociale, al sesso, all’origine etnica delle persone selezionate), garantito attraverso procedure la cui concreta definizione è rimessa dalla legge al Lord Chancellor. La disciplina dei requisiti di accesso, d’altra parte, è stata innovata dal legislatore nel 2007 (con il Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007), che, con l’obiettivo di promuovere la predetta judicial diversity, ha superato il rigido requisito della previa abilitazione forense dei candidati (che sostanzialmente limitava ai solicitors e ai barristers l’accesso ai ruoli giudiziari), consentendo la candidatura a determinate cariche giudiziarie anche da parte di soggetti in possesso di qualifiche giuridiche diverse con una specifica esperienza maturata in un congruo arco di tempo [46].

Le innovazioni introdotte dal Constitutional Reform Act 2005 hanno riguardato anche l’istituzione nel 2006 di un organo, il Judicial Office, il cui ruolo si esplica nell’assistenza prestata al Lord Chief Justice (figura apicale dell’ordinamento giudiziario e rappresentativa di esso dinanzia al Parlamento e al Governo) affinché sia assicurato lo svolgimento indipendente, tempestivo ed efficiente della giustizia in Inghilterra e in Galles. A tal fine l’Ufficio provvede alla formazione dei magistrati (attraverso il Judicial College), cura l’allocazione delle risorse di organico presso le sedi giudiziarie, interviene sul carico di lavoro e pubblica linee-guida per l’esercizio delle funzioni giurisidizionali.

 

Responsabilità disciplinare dei magistrati

La disciplina degli obblighi di comportamento derivanti dalla titolarità di uffici giudiziari, tradizionalmente rimessa a norme di natura deontologica per quanto riguarda il contenuto di tali obblighi, ha conosciuto una recente evoluzione con la riforma dell’ordinamento giudiziario introdotta dal già richiamato Constitutional Reform Act 2005. Nel quadro di una generale revisione del sistema giudiziario, la legge (in particolare agli artt. 115, 120 e 121) ha infatti modificato le attribuzioni degli organi competenti all’azione disciplinare.

Le disposizioni del 2005 (a cui si sono aggiunte in seguito le norme di attuazione costituite dalle Judicial Discipline (Prescribed Procedures) Regulations (Statutory Instrument n. 676/2006, 10 marzo 2006)[47] hanno conferito al Lord Chancellor e al Lord Chief Justice le competenze, da questi esercitate in concerto tra loro, relative all’esame, a seguito di reclamo (complaint), del comportamento personale dei giudici e alle conseguenti decisioni. La carica di Lord Chancellor, nell’attuale sistema, è attribuita al Ministro della Giustizia (Secretary of State for Justice); il Lord Chief Justice è massima autorità giurisdizionale e ad un tempo, attraverso il Judicial Executive Board da lui presieduto, capo degli uffici giudiziari. Nell’assolvimento della loro congiunta potestà disciplinare tali organi sono coadiuvati da un apposito Ufficio istituito nel 2006, l’Office for Office for Judicial Complaints (OJC), di cui il Ministero della Giustizia, il Dipartimento per gli Affari Costituzionali e la Direzione degli uffici giudiziari dell’Inghilterra e del Galles hanno disciplinato il ruolo e l’organizzazione attraverso un protocollo d’intesa.[48] Nel protocollo si stabilisce, in particolare, che l’Ufficio, afferente al Ministero della Giustizia e formato da pubblici funzionari sotto la direzione di un Senior Civil Servant preposto con mandato triennale, svolge i suoi compiti secondo le direttive del Lord Chancellor e del Lord Chief Justice. Tali direttive sono aggiornate ed emanate ogni anno dai due organi, mentre l’attività dell’OJC è oggetto di una relazione annuale al Parlamento, in cui si rende conto alle Camere dei reclami pervenuti e dei procedimenti disciplinari esperiti, oltre che del funzionamento e del bilancio finanziario dell’Ufficio.

Una separata competenza, con riflessi procedurali, è prevista in relazione ai reclami riferiti ai Magistrates (noti anche come Justices of the Peace) e ai membri dei Tribunals, in ragione della natura onoraria delle relative cariche (lay magistrates). In tal caso i reclami devono essere rivolti in prima istanza, a seconda dei casi, all’organismo distrettuale competente (Advisory Committee) o al Presidente dello stesso Tribunal.[49]

Le decisioni adottate con riguardo all’avvio di azioni disciplinari, quale che sia l’organo deliberante, in presenza di determinate condizioni sono soggette al riesame di un organo dotato di più generali competenze concernenti il reclutamento, lo status e la carriera dei giudici: il Judicial Appointments and Conduct Ombudsman[50].

Le condotte personali suscettibili di valutazione e di censura disciplinare esulano, ovviamente, dal merito delle decisioni giudiziali (per le quali sono attivabili gli ordinari mezzi di impugnazione) e non costituiscono un numero chiuso di fattispecie. I comportamenti rilevanti, sotto questo profilo, sono quelli compresi nella categoria generale della “maladministration”, nella quale rientrano, a titolo di esempio, il ritardo inescusabile nell’adempimento dei propri doveri oppure il contegno discriminatorio o razzista che un giudice abbia posto in essere nell’esercizio delle sue funzioni.[51] Benché manchino, nella legislazione britannica, esplicite disposizioni circa i comportamenti preclusi ai titolari di cariche giudiziarie o dai quali essi devono comunque astenersi per motivi di onorabilità (ad esempio, con riferimento ad incarichi remunerati o a proventi estranei alla carica), un sicuro parametro di valutazione “in positivo” dei comportamenti dei giudici è tuttavia costituito dalle previsioni deontologiche che essi sono chiamati ad osservare, raccolte (e costantemente aggiornate) in un apposito codice di condotta.[52]

Per quanto concerne lo svolgimento del procedimento disciplinare, esso prende avvio dal reclamo che l’interessato deve presentare entro 12 mesi dal fatto contestato; qualora il reclamante sia parte in un procedimento giurisdizionale affidato al giudice al quale è riferito il reclamo, esso non può essere preso in considerazione dall’OJC finché il procedimento non si sia concluso. L’OJC può dichiarare l’inammissibilità del reclamo (totale o parziale) qualora non ricorrano i presupposti stabiliti dalla legge[53]; in caso di accoglimento, il Lord Chancellor e il Lord Chief Justice possono decidere l’avvio di un’azione disciplinare, destinata a concludersi, di norma, nei tre mesi successivi, fatte salve le particolari esigenze dell’istruttoria (judicial investigation) che ne deriva. Per l’esame del reclamo pervenuto l’OJC provvede a designare un giudice di livello non inferiore a quello a cui sono stati mossi gli addebiti (nominated judge), il quale propone agli organi titolari della congiunta potestà disciplinare il rigetto del ricorso oppure il suo accoglimento, seguito, a seconda dei casi, da un’attività istruttoria (judicial investigation) o dall’immediato avvio di un’azione disciplinare.

La decisione adottata dall’OJC circa l’avvio dell’azione disciplinare può essere oggetto a sua volta di riesame da parte del Judicial Appointments and Conduct Ombudsman, su istanza dell’interessato (sia esso il privato cittadino ricorrente o il giudice a cui il procedimento si riferisce) oppure su impulso del Lord Chancellor o del Lord Chief Justice[54]. Lo scrutinio dell’Ombudsman, limitato agli aspetti procedurali, può concludersi con la raccomandazione affinché al soggetto leso sia riconosciuto un indennizzo (redress) o con la delibera di annullamento e rinvio a nuovo esame (per intero o per una sua parte) della decisione originaria[55].

Un particolare aspetto procedurale concerne la possibilità di deferire il caso ad un collegio di riesame (denominato Review Body), qualora il Ministro della Giustizia o il Lord Chief Justice (od entrambi) ritengano insoddisfacente l’esito di un’indagine disciplinare, oppure a seguito di rinvio da parte dell’Ombudsman od anche su istanza del giudice interessato al procedimento. In tale ipotesi, il collegio (formato da due giudici e da due membri laici designati dal Ministro della Giustizia e dal Lord Chief Justice) considera il merito degli addebiti e non soltanto la regolarità del procedimento, potendo acquisire ulteriori mezzi di prova dal giudice, il cui operato o comportamento è all’esame, nonché da terzi interessati.

Nell’esercizio congiunto della loro potestà disciplinare, il Lord Chancellor e il Lord Chief Justice possono comminare sanzioni che, a seconda della gravità degli illeciti, possono consistere nel richiamo (advice), nella censura (warn) o nella rimozione (removal) del giudice di cui sia stata accertata la responsabilità per judicial misconduct.

Rispecchiando un tratto peculiare dell’ordinamento britannico, che si avvale ampiamente di fonti giuridiche informali, la disciplina delle modalità di applicazione di alcune misure sanzionatorie ha fonte non in un atto legislativo, ma nell’accordo (meglio noto come Concordat) stipulato nel 2004 tra il Lord Chancellor e il Lord Chief Justice nel quadro dell’annunciata riforma costituzionale (approvata poi nel 2005) e della revisione delle prerogative di tali organi.

Nella parte di questo documento dedicata alla responsabilità disciplinare dei giudici (Judicial Complaints and Discipline, artt. 73-113) è previsto, in particolare, che la rimozione dei giudici dalla loro carica possa essere disposta dal Ministro della Giustizia con l’assenso del Lord Chief Justice, fatta eccezione per i giudici della High Court, i quali possono essere rimossi solo dalla Sovrana a seguito di una mozione di entrambe le Camere del Parlamento.

Vi si dispone, inoltre, che in pendenza di un’indagine che lo riguardi, un giudice possa essere sospeso dalle funzioni solo per determinazione del Ministro e del Lord Chief Justice, e che le sanzioni consistenti nel richiamo e nella censura possano essere comminate solo dal Lord Chief Justice con l’assenso del Ministro.

Con riferimento ai Magistrates e ai membri dei Tribunals, ai quali si applicano - come già detto - norme distinte, è fatta riserva al Lord Chief Justice e al Ministro, in accordo tra loro, di delegare ad altri (al giudice titolare dell’indagine disciplinare o al Presidente del Tribunal interessato) le funzioni relative alla sospensione, al richiamo o alla censura. Sotto il profilo delle distinte sfere di competenza del Governo e degli organi di vertice del sistema giudiziario, infine, rileva la previsione che abilita il Ministro della Giustizia a richiedere l’avvio di un’indagine disciplinare relativa a specifici casi, e però gli preclude, nel contempo, di provvedere direttamente ad irrogare le sanzioni o di impartire al riguardo istruzioni o direttive al Lord Chief Justice.

 

Responsabilità civile dei magistrati

Sui magistrati grava una generale responsabilità per il loro operato, la quale si modula secondo i principi della loro accountability, sia “interna” (ossia verso i poteri pubblici e lo stesso ordine di cui sono membri), sia “esterna”, con riguardo allo scrutinio pubblico al quale sono sottoposti i loro atti[56]. Ciò non comporta, tuttavia, l’indifferenziata applicazione nei loro riguardi delle norme comuni in materia di responsabilità per fatto illecito.

Il principio dell’esonero dalla responsabilità civile del magistrato per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, radicato nel common law, è tradizionalmente inteso quale presidio dell’indipendenza della magistratura nel suo complesso (precedente giurisprudenziale rilevante, a questo riguardo, è Sirros v Moore [1975] QB 118, in cui la corte giudicante precisò l’ambito della judicial immunity che tutela il giudice rispetto alla “liability in a civil action for damages in respect of acts done in his judicial capacity”).

Il principio suddetto (codificato anche dal legislatore con riferimento ai magistrates, giudici onorari disciplinati dal Justice of Peace Act 1997, ss. 51, 52) ha subìto temperamenti a seguito dell’incorporazione nel diritto interno della CEDU con lo Human Rights Act 1988, che in attuazione dell’art. 5(5) della Convenzione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione.

 

 



Competenze del Ministro della Giustizia

Il Ministro della Giustizia (Ministro de Justicia) esercita le funzioni di pianificazione, iniziativa e direzione di tutti i servizi del Ministero della Giustizia[57]. Egli è il tramite di comunicazione del Governo con il Tribunale Costituzionale, con il Consiglio Generale del Potere Giudiziario e con gli uffici del Pubblico Ministero, oltre che con gli organi di governo delle Comunità autonome nelle materie di sua competenza. Il Ministro della giustizia mantiene altresì le relazioni con l’Agenzia spagnola di protezione dei dati e con i Consigli generali dei collegi di avvocati e di procuratori dei Tribunali. Egli svolge inoltre, tra le altre, le funzioni di Notaio maggiore del Regno (Notario Mayor del Reino), di Presidente della Commissione generale di codificazione[58] e di Presidente del Consiglio dell’organismo autonomo Centro de Estudios Jurídicos de la Administración de Justicia.

 

Esercizio dell’azione penale

Nell’ordinamento costituzionale spagnolo il “diritto all’azione penale” (derecho de acción penal) è configurato come un diritto fondamentale, connesso al diritto alla “tutela giudiziaria effettiva”, enunciato all’articolo 24, comma 1, della Costituzione:

“Tutte le persone hanno il diritto di ottenere tutela effettiva dai giudici e dai tribunali nell’esercizio dei loro diritti e interessi legittimi senza che, in nessun caso, si verifichi la mancanza di difesa”.

Tale configurazione giuridica ha importanti conseguenze, dato che la violazione dei diritti fondamentali enunciati agli articoli compresi tra 14 e 29 della Costituzione, determina la possibilità del “ricorso di tutela” (recurso de amparo) davanti al Tribunale Costituzionale[59].

Il codice di procedura penale spagnolo (Ley de enjuiciamiento criminal), dopo aver enunciato il principio generale che “da ogni reato (delito) o illecito (falta) deriva l’azione penale per la punizione del colpevole” (art. 100), indica quali sono i soggetti titolari dell’iniziativa di azione penale. In particolare, l’articolo 101 del codice proclama che:

“L’azione penale è pubblica. Tutti i cittadini spagnoli possono esercitarla in base a quanto previsto dalla legge”.

L’ordinamento spagnolo quindi non assegna il “monopolio dell’azione penale” a un organo specifico. In aggiunta al Pubblico Ministero (Ministerio Fiscal), ogni persona fisica (e talvolta anche le persone giuridiche) è legittimata all’avvio dell’azione penale, tenendo presenti le esclusioni indicate dalla legge[60].

 

Azione popolare, accusa particolare e accusa privata

Nel sistema spagnolo, oltre alla pubblica accusa, esistono altri tre soggetti ai quali può competere l’iniziativa dell’azione penale.

Nei procedimenti relativi a reati o illeciti perseguibili d’ufficio, i cosiddetti “reati pubblici” (delitos públicos), qualunque cittadino spagnolo può partecipare attivamente, assieme al pubblico ministero, esercitando l’azione penale e intervenendo in tutte le fasi, comprese ricerche ed indagini proprie, fino al momento in cui si apre il dibattimento. Tale diritto si esercita indipendentemente dal fatto che il cittadino sia direttamente interessato o coinvolto nei fatti perseguiti, costituendosi come diritto di “azione popolare”, enunciato all’articolo 101 del codice di procedura penale e garantito dalla Costituzione[61]. Lo status di “attore popolare” (actor popular) si acquisisce mediante la presentazione di una querela (querella) e consente di partecipare anche alla fase processuale, ma con l’obbligo di assistenza e di rappresentanza legale. È sempre possibile, in qualunque momento, il ritiro della querela, ma resta la responsabilità del soggetto per tutti gli atti compiuti in qualità di “attore popolare” (art. 274 c.p.p.); essendo comunque in presenza di “reati pubblici”, perseguibili d’ufficio, il procedimento continua nelle sedi previste (art. 106 c.p.p.).

Nel caso in cui una persona, fisica o giuridica, si ritenga vittima di un reato e si costituisca in giudizio come parte attiva, mediante presentazione di apposita querela di parte, si è in presenza della cosiddetta “accusa particolare” (acusa particular), diversa dall’azione popolare proprio in virtù del coinvolgimento diretto del soggetto. L’esercizio dell’azione penale, in questo caso, non spetta soltanto ai cittadini, ma alle persone tout court, sicché anche gli stranieri, in presenza di reati commessi nei confronti delle loro persone o dei loro beni, possono diventare “accusatori particolari”. Ad ulteriore tutela della vittima, l’articolo 109 del codice di procedura penale impone alle autorità, al momento di ricevere la querela, di informare la parte lesa del suo diritto di partecipare al processo e di chiedere la riparazione o il risarcimento del danno subito. Anche in tal caso è possibile il ritiro della querela di parte e, laddove si sia in presenza dei cosiddetti “reati semipubblici” (delitos semipúblicos), indicati nel codice penale, la rinuncia all’azione determina l’estinzione della responsabilità penale (art. 106 c.p.p.).

Un’ultima fattispecie riguarda quei reati o illeciti perseguibili soltanto ed esclusivamente a seguito della presentazione di un’istanza di parte, cioè i cosiddetti “reati privati” (delitos privados), per i quali è escluso l’intervento del pubblico ministero. Si configura qui la tipologia della “accusa privata”, prevista, in genere, per i reati di calunnia o ingiuria. In tali casi va sempre tentata la conciliazione tra le parti (art. 278 c.p.p.) e, per l’avvio di un dibattimento, è necessaria l’autorizzazione previa (licencia) del giudice o tribunale investito del processo (art. 279 c.p.p.). Anche, e soprattutto, in tali circostanze non solo è sempre possibile il ritiro della querela privata e il “perdono dell’offeso” (perdón del ofendido), ma è richiesta una partecipazione attiva del querelante nel processo, con presentazione di ulteriori istanze a procedere, al termine delle diverse fasi del procedimento, mancando le quali il giudice può dichiarare “l’abbandono tacito” dell’accusa privata (art. 275 c.p.p.).

 

Separazione delle carriere e funzioni del CGPJ

Reclutamento e funzioni dei magistrati

La carriera in magistratura (carrera judicial), distinta dalla carriera nel pubblico ministero (carrera fiscal), è disciplinata all’interno della Legge organica 6/1985 sul Potere Giudiziario (LOPG)[62].

L’art. 299 LOPG distingue tre livelli all’interno della magistratura: magistrato del Tribunale Supremo (magistrado del Tribunal Supremo); magistrato (magistrado), facente parte di altre corti e tribunali od operante almeno a livello provinciale; giudice (juez), operante fino al livello distrettuale.

In base all’art. 301 LOPG, l’ingresso in magistratura “basato sui principi del merito e della capacità per l’esercizio della funzione giurisdizionale”, avviene mediante il superamento di un concorso pubblico[63] (oposición libre), da bandire almeno ogni due anni, che consente l’accesso a un successivo corso teorico-pratico di selezione, realizzato presso la “Scuola Giudiziaria” (Escuela Judicial) dipendente dal Consiglio Generale del Potere Giudiziario. Per l’accesso al concorso è obbligatorio il possesso dei seguenti requisiti: la cittadinanza spagnola; la maggiore età; la laurea in legge; il non incorrere in alcuna delle cause di esclusione (art. 302 LOPG)[64]. La legge disciplina in dettaglio le modalità di composizione della commissione di esame, nominata a sua volta da un’apposita Commissione di selezione (Comisión de Selección).

Coloro che superano il corso presso la Scuola Giudiziaria - articolato in una prima fase teorica di studio multidisciplinare, seguita da una seconda fase di praticantato presso gli organi della magistratura di ogni ordine e grado - sono sottoposti alla nomina del Consiglio Generale del Potere Giudiziario e acquisiscono la qualifica di “giudice” (juez), formando una graduatoria finale con la quale è redatto il “ruolo” dei giudici (escalafón).

Laddove il numero dei vincitori finali fosse superiore a quello dei posti vacanti, in aggiunta ai “giudici titolari” (jueces titulares) sono nominati dei “giudici aggiunti” (jueces adjuntos), pronti a coprire eventuali posti che si rendessero disponibili. Coloro che invece non superano il corso di selezione possono ripeterlo l’anno successivo, ma nel caso in cui fossero nuovamente respinti sono definitivamente esclusi dall’accesso alla carriera in magistratura.

Progressione di carriera dei magistrati

Per il passaggio di categoria da giudice a magistrato, l’art. 311 LOPG prevede che la metà dei posti vacanti siano coperti con nomina diretta (ascenso) dei giudici che si trovano ai posti più alti del ruolo. Un altro quarto dei magistrati è reclutato tra i giudici che superano degli esami interni (pruebas selectivas), concernenti le materie civile, penale, amministrativa e del lavoro (social)[65]; tali esami sono sostenuti davanti ad un’apposita commissione nominata dal Consiglio Generale del Potere Giudiziario, composta da magistrati, avvocati e docenti universitari. Un ultimo quarto di magistrati è scelto mediante una selezione (concurso) per titoli, tra giuristi di fama riconosciuta, con almeno dieci anni di esercizio professionale, che riescano a superare un apposito corso di formazione presso la Scuola Giudiziaria.

Nell’ambito di ciascun livello gli avanzamenti interni dei giudici e dei magistrati avvengono poi in base a selezioni interne (concursos), basate sulla valutazione di due criteri: la competenza specialistica per funzione, in base all’esperienza maturata nell’organo giudicante immediatamente inferiore di grado, e la posizione nel ruolo.

Il passaggio ultimo di categoria, con l’accesso alla qualifica di “magistrato del Tribunale Supremo”, è definito agli artt. 343-345 LOPG. In particolare i quattro quinti dei posti disponibili è coperto da magistrati, con almeno dieci anni di esercizio nella categoria di “magistrato” e quindici nella carrera judicial complessivamente. La metà di loro va selezionata nell’ambito dei magistrati che avevano già sostenuto e superato gli esami interni nelle materie specialistiche; in questo caso sono sufficienti cinque anni di anzianità specifica, ma sempre quindici come carriera complessiva. Un ultimo quinto dei magistrati del Tribunale Supremo è scelto dal Consiglio Generale del Potere Giudiziario tra avvocati e giuristi di fama riconosciuta, con almeno quindici anni di attività professionale, preferibilmente relativi alla branca del diritto corrispondente alla sezione del Tribunale in cui si siano resi vacanti dei posti[66].

Il Pubblico ministero

In base all’articolo 124, comma 1, della Costituzione, riprodotto all’articolo 541 della Legge organica sul Potere Giudiziario (Ley Orgánica 6/1985):

“Il Pubblico Ministero (Ministerio Fiscal), senza pregiudizio per le funzioni conferite ad altri organi, ha per missione di promuovere l’azione della giustizia a difesa della legalità, dei diritti dei cittadini e dell’interesse pubblico tutelato dalla legge, d’ufficio o su istanza degli interessati, così come di vigilare per l’indipendenza dei Tribunali e ottenere di fronte a questi la soddisfazione dell’interesse sociale”.

Il diritto all’azione penale si configura quindi, per il pubblico ministero, come un “diritto-dovere” che impegna i componenti dell’organo a sollecitare l’apertura di un procedimento innanzi al Giudice per le indagini preliminari (Juez de Instrucción), laddove si ravvisi la commissione di un reato pubblico.

Il pubblico ministero, secondo l’articolo 2, comma 1, della Legge sullo statuto organico del pubblico ministero (Ley 50/1981), è “inserito con autonomia funzionale nel Potere Giudiziario ed esercita la sua missione per mezzo di organi propri”. Nonostante tale definizione, la dottrina giuridica prevalente ha sottolineato che tale organo dello Stato non può considerarsi appartenente al potere giudiziario, sia perché non esercita la sua attività con garanzia di esclusività, come gli altri organi giurisdizionali, sia perché non gli appartengono i tratti fondamentali dell’indipendenza e dell’inamovibilità, che la Costituzione riconosce ai giudici e ai magistrati[67].

In base alla legge 50/1981, il pubblico ministero, sebbene sia “unico per tutto lo Stato” (art. 22.1), è composto da diversi organi (art. 12), a partire dal Procuratore Generale dello Stato (Fiscal General del Estado) e da tutte le altre procure (fiscalías) innanzi agli altri organi giurisdizionali come la Corte di Cassazione (Tribunal Supremo), la Corte Costituzionale (Tribunal Constitucional), la Corte Nazionale (Audiencia Nacional), la Corte dei Conti (Tribunal de Cuentas), nonché le Procure Speciali (Fiscalías Especiales)[68]. A tali organi si aggiungono due organismi collegiali, il Consejo Fiscal e la Junta de Fiscales de Sala, con diversi compiti di consulenza ed assistenza nei confronti degli altri componenti del Ministerio Fiscal.

Alla carriera di pubblico ministero, distinta dalla carriera in magistratura ma equiparata ad essa per condizione e retribuzione, si accede mediante concorso pubblico (art. 42 legge 50/1981). I requisiti di partecipazione sono i medesimi richiesti per l’accesso alla magistratura: cittadinanza spagnola, maggiore età e laurea in legge. Alla carrera fiscal appartengono tutti i membri degli uffici che compongono i diversi organi del ministerio fiscal, ad eccezione del Procuratore Generale dello Stato.

Il governo, la direzione, il controllo e la rappresentanza del pubblico ministero, nel suo complesso, spetta al Procuratore Generale dello Stato (art. 22), nominato dal Re su proposta del Governo e sentito il parere del Consiglio Generale del Potere Giudiziario, scelto tra giuristi spagnoli di riconosciuto prestigio, con più di quindici anni di esercizio effettivo della professione (art. 29). Il candidato scelto dal Governo deve comparire, prima della nomina, innanzi alla commissione competente del Congresso dei Deputati, affinché siano valutati i suoi meriti e la sua idoneità all’incarico.

In base all’articolo 2, comma 1, della legge 50/1981, il Ministerio Fiscal agisce “in conformità ai principi di unità di attività e dipendenza gerarchica e con soggezione, in ogni caso, a quelli di legalità e imparzialità”. L’articolo 6 della legge 50/1981 precisa che il “principio di legalità” impone al pubblico ministero di agire “nel rispetto della Costituzione, delle leggi e delle altre norme che formano l’ordinamento giuridico vigente”. Poiché l’articolo 100 del codice di procedura penale prevede che ad ogni reato, o illecito, consegua l’azione penale, e l’articolo 105 del medesimo codice obbliga gli uffici del pubblico ministero “ad esercitare, secondo le disposizioni di legge, tutte le azioni penali che considerino ammissibili, vi sia o meno un’accusa di parte nei procedimenti, ad eccezione di quelle che il codice penale riserva esclusivamente alla querela di parte”, ne consegue, come evidenziato dalla dottrina prevalente, che in Spagna vige il principio della obbligatorietà dell’azione penale[69]. Il “principio di imparzialità” (art. 7 legge 50/1981) impegna il pubblico ministero ad operare “con piena obiettività e indipendenza[70] nella difesa degli interessi che gli siano affidati”. Tale principio di imparzialità obbliga quindi il pubblico ministero a difendere l’interesse pubblico, sia in sede di avvio dell’azione penale, sia in sede processuale, valutando tutte le circostanze, anche laddove risultino favorevoli all’imputato e fino a promuovere il ritiro dell’accusa[71].

Per quanto riguarda, infine, le attività connesse ad eventuali indagini, l’articolo 5 della legge 50/1981 e l’articolo 773 del codice di procedura penale consentono al pubblico ministero, sia qualora dia avvio all’azione penale d’ufficio, sia nel caso in cui abbia ricevuto un’apposita denuncia, di effettuare direttamente, o di richiedere alla polizia giudiziaria, delle ricerche o indagini (diligencias) volte all’accertamento della verità dei fatti e della responsabilità delle persone coinvolte. Al termine delle suddette indagini il pubblico ministero decide per l’archiviazione del caso[72] o per la sua remissione innanzi al Giudice per le indagini preliminari, per la fase successiva del procedimento; a partire da questo momento il pubblico ministero è tenuto a cessare ogni attività investigativa.

La legge 14/2003 ha modificato la legge 50/1981 sullo statuto organico del pubblico ministero, introducendo due aspetti profondamente innovativi: la temporaneità nell’esercizio della carica di titolare dell’organo (jefatura) e l’introduzione di criteri di merito, specializzazione e formazione, per l’esercizio di determinate responsabilità. La temporaneità della “jefatura”, e quindi la fine del suo carattere praticamente vitalizio, è legata alla necessità di un pubblico ministero sempre più moderno e specializzato ed è connessa alla creazione dei “sostituti del pubblico ministero” (delegados de jefatura). A tale elemento è riconducibile anche il secondo aspetto (maggiore attenzione a criteri di merito), ottenuto mediante l’accresciuto ruolo del Consejo Fiscal in sede di espressione del parere relativo alle nuove nomine.

Con la legge 24/2007 sono state apportate ulteriori modifiche alla legge 50/1981, prevedendo: l’accentuazione degli elementi di temporaneità e mobilità nello svolgimento degli incarichi; la consacrazione legale del sistema di delega delle funzioni, sia da parte della Procura generale a favore di coloro che agiscono all’interno delle sezioni degli organi giurisdizionali, sia da parte dei capi degli organi del pubblico ministero (Fiscales Jefes) nei confronti dei loro sostituti (Tenientes Fiscales); il rafforzamento dell’autonomia e dell’imparzialità del Procuratore Generale dello Stato mediante la modifica della procedura di nomina, che prevede ora la previa comparsa del candidato innanzi ad una commissione parlamentare del Congresso dei Deputati; la riorganizzazione territoriale del pubblico ministero attraverso il suo adeguamento allo Stato delle autonomie, con la creazione di nuovi organi di rappresentanza istituzionale sia a livello regionale (Fiscalías de las Comunidades Autónomas), sia a livello provinciale (Fiscalías Provinciales).

Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario

Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario (Consejo General del Poder Judicial) è un organo analogo al Consiglio superiore della Magistratura italiano. I commi 2 e 3 dell’articolo 122 della Costituzione spagnola recitano:

“2. Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario è l’organo di governo dello stesso. La legge organica stabilirà il suo statuto, il regime di incompatibilità dei suoi membri e le sue funzioni, in particolare in materia di nomine, promozioni, controlli e regime disciplinare.

3. Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario sarà composto dal Presidente del Tribunale Supremo, che lo presiederà, e da venti membri nominati dal Re per un periodo di cinque anni. Di questi: dodici tra Giudici e Magistrati di tutte le categorie giudiziarie, nei termini che la legge organica stabilisce; quattro su proposta del Congresso dei Deputati e quattro su proposta del Senato, eletti in ambo i casi a maggioranza dei tre quinti dei suoi membri, tra avvocati e altri giuristi, tutti questi di riconosciuta competenza e con più di quindici anni di pratica nella loro professione”.

La sua disciplina è poi contenuta nella Legge organica 6/1985, in particolare nel titolo II del libro II (artt. 107-148)[73].

Il Consiglio Generale del Potere Giudiziario è un organo di governo autonomo del potere giudiziario, con competenza su tutto il territorio nazionale. Il suo compito principale è di assicurare la garanzia dell’indipendenza dei giudici e dei magistrati nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nei confronti di tutti, inclusi gli organi giudiziari e di governo del potere giudiziario. Il Consiglio è un organo costituzionale che ha una posizione istituzionale di parità con gli altri organi costituzionali (Governo, Congresso dei Deputati, Senato e Tribunale Costituzionale), possiede le medesime garanzie di superiorità e di indipendenza caratteristiche di questi organi ed è legittimato a promuovere conflitti di attribuzione dinanzi al Tribunale Costituzionale nei confronti degli altri organi costituzionali in difesa delle proprie competenze. Esso, pur essendo organo di governo del potere giudiziario, non è tuttavia un organo giurisdizionale, non partecipando alla funzione giudiziaria, costituzionalmente riservata ai giudici e ai tribunali.

Tra i compiti del Consiglio Generale del Potere Giudiziario (art. 107), sono da segnalare:

·          proposta a maggioranza dei tre quinti per la nomina del Presidente del Tribunale Supremo e del Consiglio Generale del Potere Giudiziario;

·          proposta a maggioranza dei tre quinti per la nomina dei membri del Tribunale Costituzionale;

·          ispezione di giudici e tribunali;

·          selezione, formazione e perfezionamento, nomina e promozioni, situazioni amministrative e regime disciplinare di giudici e magistrati;

·          nomina di giudici mediante provvedimento e proposta di nomina dei giudici del Tribunale Supremo, dei Presidenti e dei giudici dei tribunali superiori.

Il Consiglio provvede anche alla stesura di relazioni su disegni di legge e bozze di altre disposizioni legislative dello Stato o delle Comunità autonome concernenti questioni che, totalmente o parzialmente, riguardino, tra l’altro, la competenza giudiziaria, lo statuto di giudici e magistrati, norme processuali, leggi penali e norme relative al regime penitenziario (art. 108). Esso presenta al Parlamento una relazione annuale sullo stato, sull’operatività e sulle attività del Consiglio e dei giudici e tribunali, includendo una valutazione del personale, delle strutture e delle risorse necessarie ai fini di una corretta esecuzione delle funzioni del potere giudiziario, con un capitolo sull’impatto di genere in ambito giudiziario (art. 109).

 

Rapporto con la polizia giudiziaria

L’art. 126 della Costituzione prevede che:

“La polizia giudiziaria (policía judicial)[74] è a disposizione dei giudici dei Tribunali e del Pubblico Ministero, con funzioni di accertamento dei reati e di scoperta e fermo del reo, secondo le modalità che la legge stabilisce”.

Il titolo III del libro II del codice di procedura penale è dedicato alla polizia giudiziaria. L’art. 282 pone tale polizia a disposizione dell’autorità giudiziaria. L’art. 283 precisa che la polizia giudiziaria è ausiliaria dei giudici e dei tribunali competenti in materia penale e del pubblico ministero, essendo obbligata a eseguire le istruzioni ricevute da queste autorità ai fini di investigazione dei delitti e perseguimento dei delinquenti.

L’articolo 5 della legge 50/1981 e l’articolo 773 del codice di procedura penale consentono, tra l’altro, al pubblico ministero di richiedere alla polizia giudiziaria ricerche o indagini volte all’accertamento della verità dei fatti e della responsabilità delle persone coinvolte.

La disciplina di dettaglio della polizia giudiziaria è contenuta nel Real Decreto 769/1987. Ai sensi dell’art. 10, nell’esercizio dell’attività volta al perseguimento di delitti, le unità organiche della polizia giudiziaria e i funzionari ad esse preposti dipendono funzionalmente da giudici, tribunali o membri del pubblico ministero.

 

Responsabilità disciplinare dei magistrati

La normativa in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati è contenuta nella Ley Orgánica 6/1985 del Poder Judicial (LOPJ), agli articoli 414-427, in un’apposita sezione, distinta da quelle riguardanti la responsabilità penale e civile. L’art. 415 precisa che l’avvio di un procedimento penale non impedisce l’inizio di un procedimento disciplinare sui medesimi fatti, specificando però che non potranno essere prese decisioni in tale ambito finché non sia stata emanata una sentenza o un atto di proscioglimento nella causa penale. La legge precisa anche che le dichiarazioni sui fatti, contenute nelle decisioni in ambito penale, vincolano le valutazioni nel procedimento disciplinare e che si possono adottare misure penali e disciplinari sui medesimi fatti, purché non vi sia identità nel fondamento giuridico e nel bene giuridico protetto.

Classificazione degli illeciti disciplinari

La legge distingue i possibili illeciti (faltas)[75], commessi da giudici e magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, in tre categorie: molto gravi, gravi e lievi (art. 416 LOPJ). Gli articoli 417-419 LOPJ contengono tre liste con l’elencazione dettagliata di tutte le diverse fattispecie di illeciti, riferiti ad ognuna delle tre categorie menzionate.

In particolare, ai sensi dell’art. 417, sono qualificati molto gravi i seguenti illeciti:

·          inadempienza cosciente al dovere di fedeltà alla Costituzione;

·          iscrizione a partiti politici o sindacati, o svolgimento di incarichi al loro servizio;

·          contrasti gravi, con provocazione, nei confronti delle autorità della circoscrizione nella quale opera il giudice o magistrato, per motivi estranei all’esercizio della funzione giurisdizionale;

·          intromissione, mediante ordini o pressioni di qualunque tipo, nell’esercizio delle funzioni di un altro giudice o magistrato;

·          azioni od omissioni che abbiano dato luogo a una sentenza definitiva di condanna per responsabilità civile, per dolo o colpa, nell’esercizio delle proprie funzioni;

·          esercizio di qualunque attività incompatibile con l’incarico di giudice o magistrato;

·          favorire la propria nomina presso preture o tribunali, o il mantenere incarichi già assunti, quando ci si trovi in situazioni di incompatibilità o di divieto previste dalla legge;

·          inosservanza volontaria del dovere di astensione per interessi personali;

·          negligenza o ritardo ingiustificato e ripetuto nell’avvio, proseguimento o conclusione di processi e cause o nell’esercizio di qualunque funzione giudicante;

·          abbandono di servizio o l’assenza ingiustificata e continuata, per sette giorni o più, dalla propria sede di destinazione;

·          dichiarazione di falso in richieste di permessi, autorizzazioni, dichiarazioni di compatibilità, diarie ed altri compensi economici;

·          rivelazione di fatti e di dati conosciuti nell’esercizio delle proprie funzioni o in occasione di queste, quando ciò causi pregiudizio allo svolgimento di un processo o a qualunque persona;

·          abuso della condizione di giudice al fine di ottenere trattamenti favorevoli e ingiustificati da autorità, funzionari o professionisti;

·          ignoranza non scusabile nel compimento dei doveri giudiziari;

·          assoluta e manifesta mancanza di motivazioni nelle risoluzioni giudiziarie emesse;

·          commissione di un terzo illecito grave, dopo essere stato sanzionato per altri due illeciti gravi, in via definitiva, per i quali non si sia proceduto a cancellazione successiva.

AI sensi dell’art. 418 sono qualificati come gravi i seguenti illeciti:

·          mancanza di rispetto ai superiori in ordine gerarchico, in loro presenza o in scritti a loro diretti o pubblicati;

·          intervenire, mediante raccomandazioni, nell’esercizio delle funzioni di un altro giudice o magistrato;

·          indirizzare a poteri, autorità, funzionari od organi pubblici, congratulazioni o biasimi per i loro atti, invocando o servendosi della propria condizione di giudice;

·          correggere l’applicazione o l’interpretazione dell’ordinamento giuridico fatta da un collega di grado inferiore, quando sia fatto agendo al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni;

·          eccesso o abuso di autorità, o grave mancanza di considerazione nei confronti di cittadini, istituzioni, segretari giudiziari, medici forensi o resto del personale dell’amministrazione della giustizia, dei membri del pubblico ministero, di avvocati e procuratori, di consulenti giuridici in materia giuslavoristica o di funzionari della polizia giudiziaria;

·          utilizzazione, nelle risoluzioni giudiziarie, di espressioni non necessarie, inopportune o manifestamente offensive o irrispettose, con riferimento all’argomentazione giuridica;

·          mancato avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di segretari giudiziari o di personale ausiliario subordinato, quando si sia a conoscenza di gravi mancanze di questi ultimi ai loro doveri;

·          rivelazione di fatti e dati conosciuti nell’esercizio delle proprie funzioni o in occasione di queste, quando ciò non costituisca illecito molto grave ai sensi dell’art. 417 LOPJ;

·          abbandono di servizio o assenza ingiustificata e continuata, per più di tre giorni naturali e fino a sette, dalla propria sede di destinazione;

·          ingiustificata e ripetuta inosservanza degli orari delle udienze pubbliche e ingiustificata mancanza di assistenza nei relativi atti processuali, quando ciò non costituisca illecito molto grave;

·          ritardo ingiustificato nell’avvio e nel proseguimento di processi e cause, quando ciò non costituisca illecito molto grave;

·          inosservanza o disattenzione reiterata nei confronti di legittime richieste degli organi giudiziari superiori;

·          inosservanza dell’obbligo di elaborare rapporti o relazioni su affari pendenti, in caso di trasferimento ad altro incarico;

·          esercizio di qualunque attività, tra quelle considerate compatibili dalla legge, senza però aver ottenuto le autorizzazioni necessarie o avendole ottenuto allegando falsa documentazione;

·          mantenimento dell’astensione da un procedimento per interessi personali, quando tale astensione sia stata ritenuta ingiustificata dagli organi competenti;

·          adottare decisioni che, con manifesto abuso, generano fittizi aumenti del volume di lavoro, in relazione agli indici di misurazione prestabiliti;

·          ostacolare le attività di ispezione;

·          commissione di un terzo illecito lieve, dopo essere stato sanzionato per altri due illeciti lievi, in via definitiva, per i quali non si sia proceduto a cancellazione successiva.

L’art. 419, infine, elenca cinque tipi di illeciti lievi:

·          mancanza di rispetto ai superiori in ordine gerarchico, quando non vi siano le circostanze per qualificare tale condotta come illecito grave;

·          disattenzione o mancanza di considerazione nei confronti di pari grado o inferiori nell’ordine gerarchico, dei cittadini, dei membri del pubblico ministero, dei medici legali, di avvocati e procuratori, di consulenti giuridici in materia giuslavoristica, di segretari e di altro personale degli uffici giudiziari o di funzionari di polizia giudiziaria;

·          inosservanza ingiustificata o immotivata dei tempi legalmente previsti per dettare le proprie decisioni;

·          assenza ingiustificata e continuata, per più di un giorno naturale e fino a tre, dalla propria sede di destinazione;

·          mancata attenzione alle richieste fatte dagli organi direttivi competenti, nell’esercizio legittimo delle loro funzioni.

Procedimento disciplinare

In base all’articolo 423 LOPJ, il procedimento disciplinare è avviato d’ufficio, su iniziativa dell’organismo di governo (Sala de Gobierno) o del Presidente dell’organo giurisdizionale al quale appartiene il magistrato oppure, secondo i casi, su impulso della Commissione disciplinare[76] o del plenum del Consiglio Generale del Potere Giudiziario, ovvero su istanza del pubblico ministero.

Ogni denuncia ricevuta sul funzionamento dell’amministrazione della giustizia in generale, e sull’attività di giudici e magistrati in particolare, deve essere oggetto, entro un mese, di una relazione del Capo del Servizio ispettivo del Consiglio Generale del Potere Giudiziario, nella quale si può proporre l’archiviazione o il prolungamento del termine per un ulteriore approfondimento oppure l’avvio immediato del procedimento disciplinare. La decisione finale spetta, secondo i casi, all’organismo di governo dell’organo giurisdizionale competente o alla Commissione disciplinare del CGPJ, che, in caso di inizio del procedimento, nomineranno un giudice con compiti istruttori (instructor delegado), il quale deve rivestire una carica di livello almeno uguale a quella del giudice sottoposto a procedimento. La Commissione può anche deliberare entro cinque giorni, ascoltati il magistrato oggetto del procedimento e il pubblico ministero, la sospensione cautelativa provvisoria del magistrato per un periodo massimo di sei mesi, laddove vi siano indizi ragionevoli della commissione di un illecito molto grave (art. 424).

Ai sensi dell’articolo 425 LOPJ, il giudice istruttore nominato presenterà tutte le prove e gli elementi necessari per l’accertamento dei fatti e delle responsabilità suscettibili di sanzione, con possibilità di intervento nel procedimento sia da parte del pubblico ministero sia da parte del magistrato interessato; quest’ultimo può avvalersi di un suo avvocato, a partire dell’avvio del procedimento. La legge disciplina poi in dettaglio le fasi del procedimento disciplinare, che non può avere una durata superiore a sei mesi, nonché le modalità per la presentazione dei ricorsi contro le risoluzioni adottate dagli organi competenti.

Sanzioni

L’art. 420 LOPJ prevede cinque possibili sanzioni da applicare al termine del procedimento disciplinare, in ordine crescente di gravità:

·          avvertimento (illeciti lievi)[77];

·          multa fino a 300 euro (illeciti lievi) o fino a 6.000 euro (illeciti gravi);

·          trasferimento a una pretura o tribunale distante almeno 100 chilometri dalla sede di destinazione (illeciti molto gravi);

·          sospensione dalla carica fino a 3 anni (illeciti molto gravi);

·          destituzione dalla magistratura (illeciti molto gravi).

L’art. 421 indica, infine, gli organi competenti per l’imposizione delle sanzioni:

·          avvertimento (Presidenti del Tribunale Supremo, della Corte Nazionale o dei Tribunali Superiori di Giustizia regionali, con riguardo a giudici e magistrati da loro dipendenti);

·          multa fino a 300 euro (organismi di governo del Tribunale Supremo, della Corte Nazionale o dei Tribunali Superiori di Giustizia regionali, con riguardo a giudici e magistrati da loro dipendenti);

·          multa fino a 6.000 euro (Commissione disciplinare del Consiglio Generale del Potere Giudiziario);

·          trasferimento, sospensione e destituzione dalla magistratura (Plenum del Consiglio Generale del Potere Giudiziario).

 

Responsabilità civile dei magistrati

La normativa in materia di responsabilità civile dei giudici e dei magistrati è contenuta in alcuni articoli della Ley Orgánica 6/1985 del Poder Judicial (LOPJ).

L’art. 16 della LOPJ stabilisce che i giudici e i magistrati rispondono penalmente e civilmente nei casi e nella forma prevista dalle leggi.

Vi è anche, agli articoli 411-413, un apposito capitolo sulla responsabilità civile. I giudici e i magistrati rispondono civilmente per i danni e i pregiudizi causati quando, nello svolgimento delle loro funzioni, incorrano in dolo o colpa (art. 411). La responsabilità civile può esigersi su istanza della parte lesa o dei suoi aventi causa, nel relativo giudizio (art. 412). La domanda di responsabilità civile non può essere presentata fino a quando non sia stata emessa la decisione che conclude il processo in cui si presuma sia stato prodotto il danno; in nessun caso la sentenza del giudizio di responsabilità civile può modificare la decisione emessa alla fine di tale processo (art. 413).

Accanto a questa responsabilità di tipo personale del magistrato o giudice, esiste anche una responsabilità patrimoniale dello Stato per gli errori giudiziari, per il funzionamento anomalo dell’amministrazione della giustizia e per l’ingiusta carcerazione preventiva. L’art. 121 della Costituzione prevede che:

“I danni causati per errori giudiziari, così come quelli che siano conseguenza del malfunzionamento dell’Amministrazione della Giustizia, daranno diritto a un indennizzo a carico dello Stato, conformemente alla legge”.

La LOPJ ha dato attuazione al precetto costituzionale, aggiungendovi la previsione dell’ingiusta carcerazione preventiva. Il titolo V del libro III della LOPJ è dedicato alla “responsabilità patrimoniale dello Stato per il funzionamento dell’Amministrazione della Giustizia” (artt. 292-297).

L’art. 292 della LOPJ prevede che, per i danni causati per errore giudiziario o come conseguenza del funzionamento anomalo della giustizia, spetti ai danneggiati un indennizzo a carico dello Stato. Il danno arrecato deve essere effettivo, valutabile economicamente e individualizzato in relazione a una persona o gruppo di persone.

L’art. 293 della LOPJ stabilisce che l’indennizzo per errore deve essere preceduto da una decisione giudiziaria che espressamente lo riconosca. Sia nel caso di errore giudiziario, sia di funzionamento anomalo dell’amministrazione della giustizia, l’interessato deve presentare la propria richiesta direttamente al Ministero della giustizia.

L’art. 296 prevede che lo Stato risponda dei danni prodotti da giudici e magistrati per dolo o colpa grave. In tal caso lo Stato può ripetere quanto pagato a titolo di indennizzo al danneggiato mediante un’azione di rivalsa nei confronti del giudice che ha causato il danno.

 




[1] Per informazioni sull’organizzazione del Ministero della giustizia, cfr. la scheda informativa La Justice en France (2008) pubblicata sul sito del Ministero della Giustizia.

[2] L’art. 30 Cpp è stato introdotto con la Legge n. 2004-204 del 9 marzo 2004, recante adattamento della giustizia all’evoluzione della criminalità (si tratta della cosiddetta “Legge Perben II”, dal nome del Guardasigilli di allora), che ha comportato il rafforzamento della subordinazione gerarchica del pubblico ministero al Guardasigilli.

[3] Il pubblico ministero difende gli interessi della società, l’ordine pubblico e l’applicazione delle leggi (Code de procédure pénale, art. 31) in tre campi: l’azione penale davanti alle giurisdizioni penali; l’intervento davanti alle giurisdizioni civili; l’intervento presso alcune sedi amministrative.

[4] FANULI Giuseppe Luigi, Il pubblico ministero nel processo penale francese, in “Archivio della nuova procedura penale”, 2006, n. 5, p. 462.

[5] FANULI Giuseppe Luigi, Il pubblico ministero, cit., p. 464.

[6] FANULI Giuseppe Luigi, Il pubblico ministero, cit., p. 465.

[7] BOULOC Bernard, Procédure pénale, Paris, Dalloz, 2010, [22° ed.], p. 146.

[8] FANULI Giuseppe Luigi, Il pubblico ministero, cit., p. 466.

[9] Nel sistema penale francese i reati, a seconda della loro gravità, si distinguono in: contraventions suddivise in cinque classi (giudicate dal Juge de proximité o dal Tribunale de police); délits (giudicati dal Tribunal correctionnel) e crimes (giudicati dalla Cour d’assise). L’istruzione è obbligatoria per i crimes, facoltativa per i délits (quando il caso è complesso), eccezionale per le contraventions.

[10] FANULI, Giuseppe Luigi, Il pubblico ministero, cit., p. 466.

[11] Per un approfondimento sul reclutamento per concorso e per selezione per titoli dei candidati entrati nell’ENM nel 2010, si veda il dossier Profil de la promotion 2011 des auditeurs de justice, issus des trois concours d’acces et du recrutement sur titres, pubblicato sul sito della Scuola.

 

[12] I compiti di polizia giudiziaria sono esercitati dalla gendarmerie nationale, dalla police nationale, dalla douane judiciaire, dalla police municipale, ma anche da alcuni corpi dotati di competenze speciali, come gli agenti della polizia ferroviaria e dei trasporti francesi (agents SNCF e RATP), gli ispettori del lavoro, gli agenti dell’amministrazione fiscale, le guardie di sicurezza privata (gardes particuliers), i sindaci e i loro adjoints.

[13] Le norme relative al regime disciplinare dei magistrati sono contenute negli artt. 43-66, Capitolo VII (“Disciplina”)dell’ Ordonnance n. 58-1270.

[14] Cfr. sull’argomento: JOLY-HURARD Julie, La responsabilité civile, pénale et disciplinaire des magistrats, inRevue internationale de droit comparé, 2006, n. 2, p. 458.

[15] Nel caso in cui il potere di iniziativa disciplinare sia esercitato dai Presidenti di Corte d’appello o dai Presidenti del Tribunale superiore d’appello, copia dei documenti ad essa relativi sono inviati al Ministro della Giustizia che può chiedere l’avvio di un’inchiesta in merito all’Ispezione generale dei servizi giudiziari (art. 50-2 dell’ordonnance n.58-1270).

[16] Cfr. sull’argomento: PIETROPOLLI Marco, L’autonomia e l’indipendenza della magistratura ordinaria in Italia e in Francia, in “Diritto e Società”, 2008, n. 1, p. 89.

[17] In questi ultimi due casi, copia dei documenti relativi all’avvio di un’azione disciplinare è indirizzata al Guardasigilli che può domandare un’inchiesta all’Ispezione generale dei servizi giudiziari (art. 63 dell’ordonnance n. 58-1270).

[18] Come per i magistrati del siège, anche per quelli del parquet la decisione di interdizione non può essere resa pubblica e non comporta privazione del diritto al trattamento economico.

[19] RIGHETTI E., La responsabilità civile del giudice nel diritto francesein "Rivista di diritto processuale", 1991, n. 1, pp. 178-224; JOLY-HURARD J., La responsabilité civile, pénale et disciplinaire des magistrats, in "Revue internationale de droit comparé", n. 2006, n. 2, pp. 439-475; CANIVET G., JOLY-HURARD J., La responsabilité des juges, ici et ailleurs in "Revue internationale de droit comparé", 2006, n. 4, pp. 1049-1093; GUINCHARD S., Les responsabilités encourues pour dysfonctionnement du service public de la justice civile in “Petites Affiches”, luglio 2007, pp. 12-24.

[20] Sebbene il concetto di “colpa grave” non sia definito a livello normativo, è più volte intervenuta la giurisprudenza a precisarne il contenuto: cfr. JOLY-HURARD J., op. cit., pp. 446 ss.

[21] Nonostante la riduzione della responsabilità per faute de service soltanto a queste due ipotesi, la giurisprudenza ne ha ammorbidito l’applicazione estendendo, ad esempio, la responsabilità dello Stato anche a casi dove la mancanza di servizio si estrinsecava nella “lentezza del giudizio”, assimilata al “diniego di giustizia”.

[22] Fino ad ora questo terzo regime si è sempre identificato con la prise à partie, dal momento che le leggi speciali previste dal Codice non sono mai state emanate.

[23] Secondo la dottrina affermata, il danno derivante dal comportamento lesivo viziato da colpa grave o diniego di giustizia deve essere certo, personale, diretto e lesivo di un “intérêt légitime juridiquement protégé”. DE VITA A., La responsabilità civile del giudice e dello Stato come problema nel diritto francese (note comparative)(in "Il Foro italiano", 1979, fasc. 9, pp. 181-239, pt. 5).

[24] L’eventuale atto o comportamento illecito “esclusivamente personale”, compiuto dal magistrato senza alcun collegamento con il servizio pubblico della giustizia, rientra invece nel campo d’applicazione delle disposizioni di diritto comune in materia di responsabilità civile (Code civil, artt. 1382 e 1383) in quanto il magistrato, in questo caso, sarebbe perseguito non come agente pubblico ma come un cittadino ordinario.

[25] L’azione è esercitata davanti a una sezione civile (Chambre civile) della Cassazione.

[26] Articolo 3 [Uguaglianza davanti alla legge]

(1) Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge.

(2) Gli uomini e le donne sono equiparati nei loro diritti. Lo Stato promuove la effettiva attuazione della equiparazione di donne e uomini e agisce per l'eliminazione delle situazioni esistenti di svantaggio.

(3) Nessuno può essere discriminato o favorito per il suo sesso, per la sua nascita, per la sua razza, per la sua lingua, per la sua nazionalità o provenienza, per la sua fede, per le sue opinioni religiose o politiche. Nessuno può essere discriminato a causa di un suo handicap.

[27] Suprema Corte di Cassazione (Bundesgerichtshof); Suprema Corte Amministrativa (Bundesverwaltungsgericht); Suprema Corte Tributaria (Bundesfinanzhof); Suprema Corte del Lavoro (Bundesarbeitsgericht); Suprema Corte Sociale (Bundessozialgericht).

[28] Le norme relative al regime disciplinare dei magistrati sono contenute negli articoli 61-68, capitolo terzo (“Dienstgericht des Bundes”) della Legge tedesca sulla magistratura. Il testo è consultabile, in lingua tedesca, all’indirizzo internet: http://www.gesetze.juris.de/drig/index.html

[29] Il testo della Legge federale sui procedimenti disciplinari è consultabile, in lingua tedesca, all’indirizzo internet: http://www.gesetze-im-internet.de/bdg/index.html.

[30] Il testo della Legge federale sui pubblici funzionari è consultabile all’indirizzo Internet: http://www.gesetze-im-internet.de/bbg_2009/.

[31] Il testo completo della Legge fondamentale tedesca è reperibile, aggiornato alle ultime modifiche, all’indirizzo internet http://www.gesetze-im-internet.de/bundesrecht/gg/gesamt.pdf.

[32] L’ art. 839 del Codice civile tedesco (Responsabilità per violazione dei doveri d’ufficio) recita:

(1)    Se un funzionario viola dolosamente o colposamente i doveri d’ufficio che incombono su di lui nei confronti di un terzo, deve risarcire al terzo il danno da ciò derivante. Se al funzionario è imputabile solo negligenza, nei suoi confronti possono essere avanzate pretese solo se il soggetto leso non possa ottenere risarcimento in altro modo.

(2)   Se un funzionario viola il suo dovere d’ufficio nella decisione di una vertenza, è responsabile del danno da ciò derivante solo se la violazione del dovere consiste in un reato. Questa disposizione non trova applicazione ad un diniego contrario al proprio dovere o ad un ritardo dell’esercizio dell’ufficio.

(3)   L’obbligo di risarcimento non sorge se il soggetto leso dolosamente o colposamente ha omesso di impedire il danno mediante l’impiego di mezzi legali.

[33] L’articolo 34 della Grundgesetz recita: “Se taluno, nell'esercizio di un ufficio pubblico affidatogli, viene meno al suo dovere d'ufficio nei riguardi di un terzo, la responsabilità, per principio, ricade sullo Stato o sull'ente in cui egli presta servizio. In caso di dolo o di colpa grave può essere fatto valere il diritto di rivalsa. Per quanto concerne il diritto al risarcimento dei danni e il diritto di rivalsa non può mai essere esclusa l'azione di fronte alla giurisdizione ordinaria”.

[34] I propositi iniziali del Governo prevedevano l’abolizione della stessa figura del Lord Chancellor, che tuttavia è stata mantenuta, sia pure con mutate competenze, durante l’esame parlamentare del Constitutional Reform Act 2005, in conseguenza del voto contrario espresso al riguardo dalla Camera Alta.

[35] Le recenti misure di contenimento della spesa pubblica (Spending Review) hanno previsto una riduzione dei conferimenti al Ministero della Giustizia per circa 2 milioni di sterline nel biennio 2014-2015.

[36] Dati, anche statistici, sull’attività del CPS sono riportati in una guida curata dallo stesso Servizio.

[37] Si segnala che, nel 2010, il CPS ha assorbito il Revenue and Customs Prosecution Office (RCPO) e le relative competenze.

[38] L’Attorney General ed il Solicitor General (che può esercitare le funzioni del primo qualora la carica sia temporaneamente vacante o se l’Attorney General non possa per qualunque motivo assolvervi), nonché l’Advocate General for Scotland (figura istituita più di recente, a seguito del passaggio all’Esecutivo Scozzese, il 20 maggio 1999, del Lord Advocate e del Solicitor General for Scotland in base allo Scotland Act 1998), rappresentano i c.d. Law Officers, figure istituzionali caratteristiche dell’ordinamento inglese non assimilabili a figure ricorrenti negli ordinamenti europei continentali, quali il Procuratore Generale o l’Avvocato Generale dello Stato. Essi esercitano al tempo stesso importanti funzioni nell’Esecutivo, nel Legislativo e nell’ambito del sistema giudiziario: fanno infatti parte del Governo, di cui costituiscono i principali consulenti giuridici, assumendone la rappresentanza legale a tutela degli interessi della Corona; sono in genere - soprattutto l’Attorney General - membri del Parlamento per il partito di maggioranza e sono convocati presso la Camera dei Lord per l’apertura della legislatura; in particolare, compete all’Attorney General promuovere l’azione penale per i reati contro il Parlamento o le singole Camere (negli ordinamenti a common law non è infatti contemplata, com’è noto, la figura del pubblico ministero). Infine, nell’ambito del sistema giudiziario, l’Attorney General sovrintende all’attività del Director of Public Prosecutions, capo del Crown Prosecution Service, ed è al tempo stesso Chief of the Bar, cioè Presidente d’ufficio dell’associazione degli avvocati. Oltre a tali funzioni, delineate in sintesi, l’Attorney General esercita alcune particolari funzioni di certificazione o autorizzazione relative a determinati procedimenti amministrativi. Oltre che sul Director of Public Prosecutions, l'Attorney General sovrintende all'attività del Treasury Solicitor's Department, del Director of the Serious Fraud Office (organo competente per la repressione dei reati economici più gravi) e del Director of Public Prosecutions in Northern Ireland. Dell'operato di tali dipartimenti l'Attorney General risponde in Parlamento.

[39] Dal 1999 il CPS è suddiviso in 42 aree geografiche raggruppate in 15 gruppi regionali, sulle quali sovrintende un Chief Crown Prosecutor, inclusa l'area londinese coincidente con quella di competenza della Metropolitan Police.

[40] Il Codice è sottoposto a costanti aggiornamenti: il link riportato nel testo rimanda alla più recente versione del febbraio 2010. Per l’individuazione dei criteri sottesi alla decisione di esercitare l’azione penale da parte dei Crown Prosecutors è utile la nota esplicativa predisposta dal CPS The decision to prosecute.

[41] Il criterio vigente della sussistenza del public interest per l’esercizio dell’azione penale si fa tradizionalmente risalire alla dichiarazione resa, nel 1951, dall’Attorney General allora in carica (Sir Hartley Shawcross): «[i]t has never been the rule in this country – I hope it never will be – that suspected criminal offences must automatically be the subject of prosecution». L’Attorney aggiunse che una prosecution avrebbe dovuto aver luogo «wherever it appears that the offence or the circumstances of its commission is or are of such a character that a prosecution in respect thereof is required in the public interest» (House of Commons Debates, Volume 483, 29 January 1951).

[42] Il riferimento è principalmente alle misure di libertà condizionale (conditional caution) previste dal Criminal Justice Act 2003, le quali, seppure non emesse a seguito di sentenza penale (criminal conviction), costituiscono precedenti a carico del destinatario, che vi aderisce sottoponendosi, di norma, a programmi di riabilitazione. A queste misure (Out-of-court Disposals) è dedicato il par. 7 del Code for Crown Prosecutors.

[43] Le prescrizioni concernenti il ruolo dell’accusa nella dialettica processuale hanno il loro testo normativo di riferimento nelle linee-guida predisposte dall’Attorney General e aggiornate nel 2009 (Attorney General’s guidelines on the acceptance of pleas).

[44] Il precedente sistema era disciplinato dal Courts and Legal Services Act 1990 (s. 71). Nel periodo di vigenza di questa legge, le nomine giudiziarie erano effettuate dalla Sovrana su designazione (recommendation), a seconda dei casi, del Primo Ministro previo parere del Lord Chancellor oppure su diretta designazione di quest’ultimo. Spettavano al Lord Chancellor, inoltre, le nomine relative ad una serie di uffici giudiziari minori e di organismi di natura paragiurisdizionali o di competenza settoriale (tribunals).

[45] Fanno parte della Judicial Appointments Commission cinque giudici (provenienti dalla Court Appeal, dalla High Court e dalle corti distrettuali), due giuristi con esperienza professionale ed altri membri “non togati”. La Commissione provvede alle nomine giudiziarie di livello più elevato (senior appointments) articolandosi in sotto-commissioni (panels) a composizione più ristretta e qualificata. I provvedimenti di nomina sono impugnabili dinanzi al Judicial Appointments and Conduct Ombudsman, ufficio anch’esso istituito dalla legge del 2005.

[46] Per una migliore comprensione del sistema delle carriere giudiziarie è utile il richiamo dei diversi tipi di giurisdizione e delle diverse categorie di giudici esistenti nel Regno Unito.

Un ruolo di primo piano è svolto, innanzitutto, dalla magistratura onoraria, dal momento che circa il 95% dei procedimenti penali in Inghilterra e nel Galles ricade sotto la sua giurisdizione. Ne fanno parte, su base volontaria e senza retribuzione, i magistrates e i justices of the peace, selezionati in base al merito e nominati dal Lord Chief Justice.

I giudici della High Court (nel numero attuale di 106 in Inghilterra e nel Galles) esercitano la giurisdizione su casi di maggiore complessità in materia penale e civile. Nominati dalla Sovrana su proposta del Lord Chancellor ad esito della valutazione comparativa effettuata dalla Judicial Appointments Commission, essi devono essere stati titolari del right of audience (l’abilitazione al patrocinio forense) dinanzi la stessa Corte per almeno un decennio, oppure devono aver ricoperto la carica di circuit judge per almeno un biennio.

Una volta nominati, i giudici sono assegnati ad una delle tre divisioni specializzate in cui è suddivisa la High Court: la Chancery Division, con cognizione sulle questioni di diritto societario, industriale, tributario e a sua volta suddivisa in sezioni; il Queen’s Bench (al cui vertice è il Lord Chief Justice) competente soprattutto nelle questioni in materia contrattuale e di responsabilità civile; e la Family Division, la cui sfera di competenza riguarda principalmente il diritto di famiglia.

I giudici di circuito (circuit judges), nel numero di 600, sono giudici con competenza nei procedimenti civili e penali assegnati alle circoscrizioni giudiziarie della Crown Court o delle county courts in Inghilterra e nel Galles. Alcuni di essi possono essere chiamati dal Lord Chief Justice (organo di vertice dell’ordinamento giudiziario comune alle due regioni) a far parte della Criminal Division della Court of Appeal; oppure, possono essere membri di sezioni giurisdizionali specializzate (ad esempio, la Technology o la Construction Court). I giudici distrettuali (district judges), assegnati di norma ad una county courto ad un district registry della High Court, hanno competenza nei casi in materia di diritti di proprietà, famiglia, responsabilità civile. Anche per i circuit judges e per i district judges è titolo di accesso alla carica la previa abilitazione forense conseguita, rispettivamente, da almeno dieci o sette anni, in aggiunta ad altri più specifici requisiti valutati, come per gli altri casi, dalla nota Commissione.

I giudici di appello, assegnati alla Court of Appeal incardinata nelle Royal Courts of Justice di Londra, sono giudici di lunga esperienza professionale nominati dalla Sovrana su designazione (recommendation) del Primo Ministro. I giudici della Court of Appeal hanno qualifiche che derivano le loro origini dalla peculiare tradizione e organizzazione giudiziaria del Regno Unito. Essi si distinguono tra gli Heads of Division (tra cui il Lord Chief Justice of England and Wales, il Master of the Rolls, il President of the Queen’s Bench Division, il President of the Family Division e il Chancellor of the High Court) e i Lords Justices of Appeal. Gli Heads of Division sono selezionati, nella prassi, tra i Lords Justices of Appeal, i quali a loro volta provengono dai ranghi degli High Court Judges.

La Court of Appeal è ripartita in una Civil Division e in una Criminal Division, le cui competenze riguardano il diritto privato, il diritto di famiglia e il diritto penale. La Civil Division, presieduta dal Master of the Rolls, ha cognizione sulle impugnazioni delle decisioni della High Court, delle county courts e di determinati organismi paragiurisdizionali, quali l’Employment Appeal Tribunal e l’Immigration Appeal Tribunal. Alla Criminal Division, presieduta dal Lord Chief Justice, spetta il riesame delle sentenze della Crown Court, presieduta dal Lord Chief Justice.

Le decisioni della Court of Appeal, che fino al 1° ottobre 2009 potevano essere sottoposte all’ulteriore esame della House of Lords in sede giurisdizionale, sono ora impugnabili, a determinate condizioni, dinanzi alla Supreme Court, istituita nel quadro della riforma costituzionale del 2005.

[47] La disciplina è stata modificata, con riferimento ad alcuni aspetti procedurali, dallo Statutory Instrument n. 2098/2008, del 17 luglio 2008.

[49] Artt. 9 e 10 delle Regulations del 2006. Nel caso dei reclami riferiti ai magistrates oppure ai membri dei Tribunals, trovano pertanto applicazione distinte disposizioni aggiornate assai di recente: si tratta, rispettivamente, delle Complaints (Magistrates) Rules2006 e delle Judicial Complaints (Tribunals) Rules 2008. Guide di orientamento all’applicazione delle due discipline sono state predisposte nel 2006 dal Lord Chief Justice: si vedano, rispettivamente, The system for handling magistrates’ conduct, pastoral and training matters e Guidance for handling complaints against judicial office holders within tribunals.

[50] Organo monocratico indipendente sia dal Governo che dal potere giudiziario, il Judicial Appointments and Conduct Ombudsman è nominato dalla Regina su proposta del Lord Chancellor e dura in carica 5 anni. Oltre alla competenza circa il vaglio del trattamento riservato ai reclami disciplinari, esso esercita quella concernente l’esame dei ricorsi presentati in relazione ai procedimenti di nomina degli uffici giudiziari. La più recente relazione, presentata dall’Ombudsman al Parlamento il 20 luglio 2010, è l’Annual Report 2009-2010.

[51] L’Ombudsman competente per il riesame dei reclami trattati dall’OJC ha chiarito, al riguardo, che «'Maladministration' includes (among other things) delay, rudeness, bias, faulty procedures, offering misleading advice, refusal to answer questions and unfair treatment».

[52] Il riferimento è alla Guide to Judicial Conduct, redatta a cura del Judges’ Council ed aggiornata nel marzo 2008.

[53] I requisiti per l’accoglimento di un reclamo disciplinare sono enumerati dall’art. 14 delle già richiamate Regulations del 2006. Secondo questa disposizione, sono inammissibili i complaints riferiti – tra l’altro - al merito delle decisioni giudiziali, alla vita privata del giudice e irrilevanti rispetto alla funzione, o che abbiano carattere vessatorio.

[54] Tale prerogativa del Lord Chancellor e del Lord Chief Justice è prevista dall’art. 8 delle Regulations del 2006.

[55] Così dispone il Constitutional Reform Act 2005, art. 11. Facendo riferimento ai casi sottoposti al suo esame e alle decisioni assunte, l’Ombudsman ha pubblicato sul proprio sito, a titolo esemplificativo, dei “casi di studio” (Conduct complaint case studies).

[56] I profili della accountability dei magistrati, precisati alla luce della riforma costituzionale del 2005, sono esposti nella guida The Accountabilityof the Judiciary, predisposta dal Lord Chief Justice nell’ottobre 2007.

[57] Il Ministero della Giustizia è disciplinato dettagliatamente dal Real Decreto 1203/2010, in particolare dall’art. 1. Per ulteriori informazioni è consultabile il sito ufficiale del Ministero.

[58] La Comisión General de Codificación è l’organo superiore collegiale incaricato dello svolgimento dei compiti prelegislativi propri del Ministero della Giustizia.

[59] L’articolo 53, comma 2, della Costituzione recita: “Qualsiasi cittadino potrà ottenere la tutela delle libertà e diritti riconosciuti nell’articolo 14 e nella Sezione prima del Capitolo secondo, di fronte ai Tribunali ordinari, attraverso un procedimento basato sui principi di preferenza e sommarietà e, se del caso, attraverso il ricorso di amparo di fronte al Tribunale Costituzionale”.

[60] Gli articoli 102 e 103 del codice di procedura penale vietano l’esercizio dell'azione penale, in via generale, alle seguenti categorie: a) coloro che non godono della pienezza dei diritti civili; b) i condannati due volte, con sentenza definitiva, per il reato di denuncia o querela per calunnia; c) i giudici e i magistrati. I soggetti indicati possono tuttavia avviare l’azione penale per i reati o gli illeciti commessi direttamente nei confronti delle loro persone o dei loro beni.

[61] L’articolo 125 della Costituzione spagnola recita infatti: “I cittadini potranno esercitare l’azione popolare e partecipare all’Amministrazione della giustizia tramite l’istituto della Giuria, con le forme e relativamente a quei processi penali che la legge determina, così come nei tribunali consuetudinari e tradizionali”.

[62] Si vedano in particolare i capitoli I e II del titolo I del libro IV della legge organica 6/1985, dedicati rispettivamente alla carriera giudiziaria e all’ingresso e alla progressione nella carriera (artt. 298-315).

[63] I concorsi pubblici per l’ingresso in magistratura e nel pubblico ministero sono stati unificati con la Legge organica 9/2000, contenente misure urgenti per l’amministrazione della giustizia. Al termine del concorso i vincitori, nell’ordine della graduatoria finale, devono optare per l’accesso all’una o all’altra carriera.

[64] Le cause di esclusione sono: avere impedimenti fisici o psichici per l’esercizio della funzione di giudice; aver subito condanne per reati con dolo, senza aver ottenuto una successiva riabilitazione; essere in stato di imputazione o sotto processo per reati con dolo, fino a quando non si sia ottenuto un proscioglimento o un’assoluzione; non godere del pieno esercizio dei diritti civili.

[65] Per la nomina a magistrato specialista nelle funzioni amministrativa e del lavoro, la legge prevede la possibilità di presentarsi ai suddetti esami anche per i membri del pubblico ministero, con almeno due anni di servizio effettivo, costituendo un canale di possibile passaggio dalla carriera requirente a quella giudicante.

[66] Il Tribunale Supremo, con sede a Madrid, organo giudicante in ultima istanza per tutti gli ordini di giudizio, è composto da cinque sezioni (salas): civile, penale, amministrativa, del lavoro e sezione speciale militare.

[67] L’articolo 117, comma 1, della Costituzione recita: “La giustizia emana dal popolo ed è amministrata nel nome del Re dai giudici e dai magistrati che fanno parte del potere giudiziario, indipendenti, inamovibili, responsabili e sottomessi unicamente all’autorità della legge”.

[68] Si tratta della Fiscalía Antidroga e della Fiscalía contra la Corrupción y la Criminalidad Organizada.

[69] Il criterio opposto della “opportunità” o “discrezionalità” dell’azione penale, in ragione dell’utilità pubblica o dell’interesse sociale, trova alcuni riconoscimenti nella necessità della denuncia personale o della querela di parte per il perseguimento di una serie di reati previsti nel codice penale, nonché nell’eventualità dell’estinzione della responsabilità penale, a seguito del perdono della parte offesa, per alcuni reati.

[70] In tale circostanza il requisito della “indipendenza” assume un significato connesso alla responsabilità “collegiale” dell’organo “pubblico ministero” ed è considerato diverso dall’indipendenza “individuale” del giudice o del magistrato.

[71] A tale proposito la dottrina giuridica spagnola ha talora qualificato il pubblico ministero come “parte imparziale”.

[72] Di tale decisione va data comunicazione immediata alle eventuali parti lese, che possono reiterare la propria istanza innanzi al Juez de Instrucción.

[74] Svolgono funzioni di polizia giudiziaria il Corpo Nazionale di Polizia e la Guardia Civile, nonché in alcuni casi i Corpi di polizia delle Comunità autonome.

[75] Nell’ordinamento spagnolo le faltas sono distinte sia dai reati di natura penale (delitos), sia dalle infrazioni di natura amministrativa (infracciones).

[76] Gli articoli 132 e 133 LOPJ disciplinano la composizione e il funzionamento della Commissione disciplinare interna al CGPJ.

[77] Per l’imposizione della sanzione di avvertimento, in caso di illeciti lievi, è previsto un procedimento semplificato, con la semplice comparizione del magistrato interessato, dopo un’informativa sommaria.

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