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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 marzo 2012
625.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Missione a Bruxelles in occasione della riunione interparlamentare sul tema «Uguale remunerazione per uguale lavoro», organizzata dal Parlamento europeo nell'ambito delle celebrazioni della Giornata internazionale della donna (8 marzo 2012).

RELAZIONE

L'incontro interparlamentare - avente ad oggetto il tema della parità retributiva tra uomo e donna - ha registrato un'ampia partecipazione di Parlamenti nazionali (27 parlamentari nazionali provenienti da 20 camere di 17 Paesi e 5 parlamentari da 2 Paesi candidati); la delegazione del Parlamento italiano era composta dall'on. Elisabetta Rampi (Commissione Lavoro della Camera) e dalla sen. Dorina Bianchi (Commissione Lavoro del Senato).
L'incontro - presieduto dal Presidente della Commissione diritti della donna ed uguaglianza di genere del Parlamento europeo (FEMM), Mikael Gustafsson (europarlamentare svedese del Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica) - è stato aperto dal Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, il quale ha evidenziato l'impatto della crisi economica sulle disuguaglianze sociali e di genere e ha preannunciato il suo appoggio alle iniziative annunciate dal Commissario Reding volte ad aumentare la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società.
L'incontro interparlamentare si è articolato in tre sessioni.
La prima sessione era dedicata al tema della segregazione nel mercato del lavoro come fattore di disuguaglianza.
Gli interventi introduttivi sono stati affidati a Karin Enodd (Presidente dell'European Trade Union Confederation - ETUC), ad Agneta Stark (professoressa svedese di economia) e ad Agnes Parent Thirion (Rappresentante di Eurofound).
La signora Enodd ha individuato il maggior fattore della differenza retributiva nella segregazione nel mercato del lavoro, sia a livello orizzontale (uomini e donne si dedicano a mansioni diverse) sia verticale (gli uomini occupano le posizioni meglio retribuite). Dopo avere passato in rassegna alcune delle cause della segregazione (la diversa distribuzione degli oneri familiari, il fatto che le donne perseguono un migliore equilibrio vita professionale-vita privata, la sottovalutazione del lavoro delle donne, anche per via di come sono strutturati i sistemi di valutazione), ha individuato un'ulteriore causa della disparità retributiva negli attuali sistemi di contrattazione collettiva e nella mancanza di politiche coerenti sul tema della conciliazione; in proposito, ha sollecitato l'adozione della direttiva sui congedi parentali e un accordo sulla direttiva in materia di orario di lavoro, sottolineando anche il ruolo chiave che può essere svolto dai Parlamenti nazionali. Si è quindi soffermata sul modello di welfare sociale norvegese in virtù del quale la Norvegia ha un elevato tasso di occupazione femminile (75 per cento).
La professoressa Stark, pur sottolineando l'interdipendenza tra il sistema dell'istruzione e il mercato del lavoro e richiamando recenti dati OCSE (in particolare relativi ai tassi di laurea: il 46 per cento delle donne, a fronte del 31 per cento degli uomini, ha un livello di istruzione superiore), ha evidenziato il gap retributivo tra uomini e donne e la scarsa presenza delle donne nelle cariche più

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prestigiose. Segnalando la sottorappresentazione delle donne nei settori delle costruzioni, dell'edilizia e nel manifatturiero (gli uomini sono invece sottorappresentati nei settori dell'istruzione, della sanità e dell'accudimento), ha sottolineato la necessità di interventi dell'UE per favorire l'ingresso delle donne in questi settori e, al contempo, evidenziato le criticità connesse alla scarsa mobilità degli uomini verso altri settori. Dopo avere richiamato l'attività di un'organizzazione mondiale di donne economiste, ha preannunciato una Conferenza che si terrà alla fine di giugno avente ad oggetto il costo della mancata attuazione dei principi di pari opportunità.
La rappresentante di Eurofound, signora Parent, ha introdotto la sua presentazione con alcuni dati relativi alle donne manager (attualmente, in Europa la percentuale di donne manager è del 22 per cento; servono 40-50 anni per arrivare all'obiettivo del 45 per cento) e al tipo di attività svolta dalle donne manager (gestiscono normalmente squadre più piccole, spesso formate da lavoratori a tempo parziale). Successivamente, si è soffermata sul peso maggiore per le donne dell'attività di cura e ha, al contempo, evidenziato l'opportunità di una riflessione sul fatto che tale attività rappresenta una forma di lavoro non retribuito e la necessità che venga data attuazione agli impegni, contenuti anche in documenti comunitari, per la creazione di infrastrutture per l'accudimento infantile, per una migliore organizzazione scolastica, per l'accudimento di bambini con handicap o genitori anziani. La relatrice ha svolto quindi una riflessione di ordine generale sul tema del «tempo», osservando come, anche rispetto alle donne che svolgono attività part-time, la donna mediamente lavora di più dell'uomo se, alla normale attività di lavoro, si aggiunge la sua attività non retribuita. Al termine del dibattito, la relatrice ha quindi evidenziato la necessità di introdurre la dimensione di genere nella valutazione delle politiche, si è soffermata su misure, anche a costo zero, che potrebbero migliorare le condizioni di lavoro delle donne e ha criticato il modello europeo, basato esclusivamente sull'indicatore del PIL, senza tenere conto di altri indicatori, come la qualità del lavoro e della vita.
Nel corso del dibattito, sono in particolare intervenuti:
la rappresentante del Senato polacco, che, in relazione al gap retributivo in Polonia, ha evidenziato le differenze tra settore pubblico e privato e gli effetti derivanti dalle interruzioni del lavoro (specialmente legate alla maternità) su tale differenza retributiva;
l'on. Rampi, che, richiamando il dato 2010 sulla partecipazione delle donne italiane nel mercato del lavoro (46,1 per cento), ha evidenziato la divaricazione tra il Nord e il Sud del Paese (rispettivamente, 56 per cento e 30 per cento) e si è soffermata sulla scarsità di risorse per una politica attiva di conciliazione; l'on. Rampi ha individuato negli stereotipi di genere e in fattori culturali la causa della segregazione occupazionale, la quale, oltre ad essere fattore di disuguaglianza, incide negativamente sull'efficienza del sistema italiano e sulle sue potenzialità di sviluppo; l'on. Rampi, evidenziando l'importanza di buone norme, supportate da campagne informative ad hoc, si è specificamente soffermata sulla riforma del mercato del lavoro che, se operata nell'ascolto e nella condivisione, potrà costituire un valido strumento per la modernizzazione del Paese anche in un'ottica di genere;
la rappresentante del Senato spagnolo ha evidenziato gli effetti della crisi economica sull'occupazione femminile e, con riferimento al tema delle differenze retributive, ha citato il dato di un sindacato spagnolo secondo il quale, in media, le donne, per raggiungere il trattamento retributivo degli uomini dovrebbero lavorare 59 giorni in più;
il parlamentare dell'Assemblea nazionale ungherese, pur evidenziando i dati positivi dell'Ungheria in materia di differenze retributive (il gap è sostanzialmente inferiore rispetto alla media europea), ha sottolineato come, in materia di pari opportunità,

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l'allargamento dell'UE non abbia in realtà prodotto un impatto positivo;
la rappresentante lettone ha evidenziato i progressi della Lettonia sotto il profilo della riduzione del gap salariale (soprattutto con riferimento a settori specifici), della percentuale di donne imprenditrici e delle politiche di conciliazione e ha quindi introdotto il tema della presenza delle donne nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo; richiamando la realtà rurale lettone, nel quale vivono molte donne, per definizione poco mobili, ha evidenziato l'importanza del sistema di pagamenti diretti UE all'agricoltura.

Nella seconda sessione, alcune parlamentari nazionali sono intervenute per illustrare le loro esperienze nazionali. La Vicepresidente del Senato ceco Alena Gajduskova ha evidenziato che, nella Repubblica ceca nonostante gli interventi normativi antidiscriminazione, negli ultimi anni il gap salariale non è diminuito e che, ancora oggi, questa tematica è essenzialmente gestita da accademici e da organizzazioni non governative; la parlamentare ceca si è quindi soffermata sugli aumenti di produttività che deriverebbero dalla riduzione dei divari salariali e, in generale, sui vantaggi per i datori di lavoro dall'attuazione di politiche antidiscriminazione, in termini sia di immagine del marchio sia di accesso delle forze lavoro più qualificate sia di motivazione dei dipendenti.
La senatrice Dorina Bianchi ha individuato le cause del divario salariale in Italia in fenomeni di discriminazione diretta e di sottovalutazione del lavoro femminile; citando le statistiche Eurostat secondo il quale il gap retributivo in Italia sarebbe del 5,5 per cento, a fronte di una media europea del 16,4 per cento, ha evidenziato che, nel valutare tale dato, occorre in realtà considerare il basso tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La senatrice ha quindi richiamato i recenti positivi interventi italiani volti a superare le discriminazioni di genere, dalla risoluzione approvata dalla Commissione lavoro della Camera nel 2010 a sostegno delle donne e dell'occupazione, alle modifiche al Codice sulle pari opportunità, all'adozione della Carta delle pari opportunità, e si è specificamente soffermata sulla legge n. 120 del 2011 che prevede quote di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa e nelle società pubbliche.
La componente della Commissione affari costituzionali dell'Assemblea portoghese Teresa Anjinho ha evidenziato l'elevato tasso di occupazione delle donne portoghesi, a fronte tuttavia di sostanziosi divari salariali. Dopo avere richiamato gli ostacoli di ordine culturale alla piena parità, si è specificamente soffermata su alcune aree particolarmente critiche, come la politica e il settore giudiziario. La parlamentare portoghese ha, infine, illustrato il contenuto di una risoluzione approvata dal Governo portoghese che impegna le aziende pubbliche a presentare piani per promuovere la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società e ha preannunciato interventi a livello nazionale anche nel settore privato.
Nel corso del dibattito, la Parlamentare polacca ha evidenziato particolari criticità in Polonia per le donne che rientrano dalla maternità; la rappresentane del Senato rumeno, dopo avere richiamato alcune misure positive adottate in Romania (dove peraltro alcune cariche apicali sono rivestite da donne), tra cui una specifica iniziativa del Senato rumeno di una campagna per le donne in ambienti rurali e l'istituzione di un'Agenzia nazionale per l'uguaglianza di genere, ha evidenziato il ruolo dei programmi in ambito scolastico nella promozione di pratiche di pari opportunità e la sottorappresentazione delle donne in Parlamento, legata anche all'introduzione del sistema uninominale.
Nell'ambito della terza sessione, relativa al supporto agli Stati membri che l'Unione europea può fornire per il superamento del gap retributivo, è intervenuta la Commissaria alla giustizia Viviane Reding. La Commissaria ha in primo luogo evidenziato come il dato sul divario salariale, pure in calo rispetto all'anno scorso

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(16,4 per cento a fronte del 17 per cento), non si può certo definire entusiasmante; peraltro, negli Stati in cui il gap è più basso, il dato può indurre in errore, posto che su di esso influisce il fatto che poche donne lavorano e molte di quelle che lavorano rivestono posizioni elevate e manageriali. Rispetto al tasso di occupazione, i dati mostrano un gap del 12 per cento a favore degli uomini, con divario più elevato nei lavori a tempo parziale (8 per cento degli uomini a fronte del 31 per cento delle donne). Richiamato quindi l'obiettivo della Strategia 2020 di occupazione del 75 per cento, ha ribadito come tale obiettivo non è raggiungibile se non si apre il mercato del lavoro alle donne. Più in generale, sulla tematica del divario retributivo, ha segnalato come siano in calo i casi di discriminazione diretta (anche grazie alla direttiva del 2006), ma al contempo ha segnalato vari fattori di diversa natura come causa della differenza retributiva (lavoro part-time, congedi parentali, sottovalutazione sistematica delle competenze femminili, presenza delle donne nei settori meno pagati). Preannunciando una relazione della Commissione nel 2013 circa l'applicazione delle normative in materia nei vari Stati membri e circa gli effetti di tali normative, ha segnalato come - sulla base di una prima analisi - risulta che le leggi siano applicate bene e diano concreti risultati, ma non sono sufficienti. Occorre intervenire sui fattori evidenziati, anche attraverso adeguate campagne informative. Oltre alle campagne già realizzate, la Commissaria ha quindi richiamato l'istituzione dell'Equal pay day (fissato ogni anno in corrispondenza delle giornate extra che la donna deve lavorare per raggiungere lo stesso livello salariale dell'uomo in Europa), un clip prodotto dalla Commissione, un progetto avviato recentemente per sensibilizzare aziende e società e affiancare quelle che promuovono l'uguaglianza di genere. Si è soffermata quindi sulle iniziative avviate in alcuni Stati membri e, in particolare, sul progetto LOGIP sperimentato in aziende tedesche e svizzere per individuare le cause delle differenze salariali, preannunciando anche il lancio di campagne per porre a modello le aziende attive su questo tema. Rispetto all'iniziativa preannunciata all'inizio di marzo, relativa alla presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società, la Commissaria ha spiegato che, prima della presentazione di eventuali misure giuridiche, occorre svolgere la consultazione pubblica e valutare l'impatto. Su questo tema, criticando l'obiezione secondo la quale non ci sono abbastanza donne in Europa che potrebbero divenire membri dei consigli di amministrazione delle società, ha infine citato un'iniziativa delle scuole di Business in Europa che hanno individuato 3.500 donne che, per la loro esperienza e formazione, potrebbero rivestire tali posizioni.
Nel corso del dibattito, sono intervenute alcune europarlamentari della Commissione FEMM del Parlamento europeo: l'europarlamentare tedesca Koch-Merin (Gruppo ALDE) ha posto la questione di come valutare, nell'attuazione del principio «Equal pay for equal work» l'equivalenza tra attività di natura diversa; l'europarlamentare bulgara Nedelcheva (PPE) ha espresso una valutazione positiva sul lancio di una consultazione prima dell'adozione di misure giuridiche; l'europarlamentare tedesca Brantner (Gruppo Verde/Alleanza libera europea) ha, invece, evidenziato la necessità di misure più concrete a livello europeo. Sono altresì intervenuti il parlamentare cipriota, che ha richiamato un progetto di formazione attivato dal Ministero del lavoro di Cipro e cofinanziato dal Fondo sociale europeo; il parlamentare ungherese, che ha evidenziato come talune società di Paesi membri occidentali che operano in Ungheria siano meno sensibili a questo tema rispetto alle società ungheresi; la parlamentare greca, che ha evidenziato il ruolo della famiglia per consentire alle donne di conciliare la vita professionale e privata; la parlamentare slovena che ha segnalato i progressi del suo Paese in termini di presenza delle donne in Parlamento.
Nell'ambito della stessa sessione, è intervenuto anche il Ministro degli affari

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europei turco, incaricato dei negoziati per l'adesione della Turchia all'UE, che ha evidenziato come il processo di negoziazione per l'adesione stia rendendo la Turchia più trasparente e democratica e stia facendo aumentare gli standard di vita delle donne. Il Ministro ha quindi richiamato i progressi raggiunti grazie alle iniziative adottate sotto la guida del Primo ministro Erdogan in termini di contrasto della violenza alle donne e di tasso di occupazione femminile (nel 2004, lavorava il 21 per cento delle donne; nel 2011 il 28,3 per cento; l'obiettivo è del 35 per cento nel 2023, centesimo anniversario della Repubblica turca). Rispondendo poi ad alcune questioni sullo stato dei negoziati (in particolare sulla possibilità di aprire il capitolo 19, che riguarda anche il tema dell'uguaglianza di genere e il 23, in tema di diritti fondamentali), poste dall'europarlamentare olandese Bozkurt (S&D), il Ministro turco ha evidenziato, come sul capitolo 19, che riguarda le politiche sociali e l'occupazione, si è trovato un accordo su una legge sindacale, che spera possa essere sufficiente per l'apertura del capitolo.
La sessione è stata chiusa dall'intervento di Edit Bauer (gruppo PPE), europarlamentare slovacca della Commissione FEMM e relatrice sul progetto di rapporto contenente raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva. L'on. Bauer ha illustrato la genesi della relazione, nata dall'iniziativa di 10 giovani europarlamentari donne, e la sua base giuridica (articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell'UE); si è quindi soffermata sulla direttiva 2006/54 (sull'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego) nel recepimento della quale gli Stati hanno apportato solo piccole modifiche alla loro legislazione e non sono state introdotte sanzioni per i datori di lavoro che violano il principio della parità di salario. Ha quindi richiamato i dati relativi al divario retributivo e le cause di tale divario, in parte derivante direttamente da discriminazioni, aggiungendo che il gap salariale aumenta con l'età, dopo il primo congedo di maternità. Ha invitato quindi la Commissione ad apportare modifiche alla direttiva del 2006, nell'ambito del suo riesame, che, ai sensi dell'articolo 32, va svolto entro il 15 febbraio 2013. La relatrice ha quindi ripreso la questione del significato da attribuire alla nozione di «lavori con lo stesso valore» cui la Commissione non sembra avere risposto adeguatamente e si è quindi soffermata sulla necessità di dare effettività giuridica al principio della parità retributiva, di rafforzare il dialogo sociale e il ruolo dei sindacati e di aumentare la consapevolezza delle discriminazioni attraverso la diffusione del gender-mainstreaming. Ha, infine, concluso, evidenziando l'opportunità di un approccio multiforme che combini misure di natura diversa e non solo di carattere normativo.

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ALLEGATO 2

5-04648 Codurelli: Problematiche relative alla previdenza degli spedizionieri doganali.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole Codurelli - con il presente atto parlamentare - richiama nuovamente l'attenzione del Governo sulla posizione previdenziale degli spedizionieri doganali. Questi ultimi, infatti, a seguito della soppressione del Fondo previdenziale ed assistenziale di riferimento, non hanno potuto usufruire dei benefici previsti dal decreto legislativo n. 42 del 2006, in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi. Tale questione - come ha richiamato l'interrogante - è già stata oggetto di risposta da parte dell'Amministrazione che rappresento che, in data 23 giugno 2010, si era riservata la possibilità di esaminare questi temi anche alla luce dei lavori svolti dal Tavolo tecnico interministeriale costituito con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il predetto decreto legislativo, come è noto, consente a soggetti iscritti a forme pensionistiche ben individuate di cumulare gratuitamente i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni al fine del conseguimento di un'unica pensione di vecchiaia o di anzianità.
Tanto premesso, con particolare riferimento alla situazione degli spedizionieri doganali, sono in grado di informare l'onorevole interrogante che le problematiche richiamate nel presente atto parlamentare sono all'attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che sta valutando, unitamente alla Ragioneria Generale dello Stato, la possibilità di inserire un'apposita disposizione nel regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico per i regimi pensionistici e le gestioni pensionistiche per cui sono previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, da emanarsi ai sensi dell'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011.

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ALLEGATO 3

5-06231 Fluvi: Sul prolungamento dei congedi per l'assistenza di persone con gravi disabilità.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole Fluvi - con il presente atto parlamentare - richiama l'attenzione sulla questione dei congedi e dei permessi di cui possono usufruire i genitori per assistere i figli in condizione di grave disabilità.
In proposito, occorre precisare che nel corso degli anni il nostro Paese si è dotato di un articolato quadro normativo volto a garantire adeguate misure di sostegno, anche in termini di congedi e permessi lavorativi, in favore delle persone con disabilità e dei familiari che ad essi prestano assistenza.
Questi temi, peraltro, sono stati oggetto di un recente intervento, ad opera del precedente Governo, che con il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, è intervenuto sulla materia dei permessi in favore delle persone con disabilità, al fine di riordinarne il regime in relazione alle modalità e condizioni di utilizzo.
Come ha avuto modo di richiamare l'onorevole interrogante, a norma dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 il padre o la madre, anche adottivi, di bambino con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 104 del 1992, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta.
Tale congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona disabile e nell'arco della vita lavorativa. Esso è riconosciuto a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza.
In aggiunta al congedo straordinario innanzi richiamato, ai sensi dell'articolo 33 decreto legislativo n. 151 del 2001, come novellato dal decreto legislativo n. 119 del 2011, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, per ogni minore con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 104 del 1992, entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore. Il prolungamento decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale.
In alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, possono usufruire di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento dei terzo anno di vita del bambino.
Il genitore dipendente, pubblico o privato, che assiste il figlio disabile in situazione di gravità, ha altresì diritto a fruire, ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione

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figurativa, anche in maniera continuativa, a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno.
I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della citata legge 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
Non possiamo trascurare il fatto che il legislatore, nella determinazione delle misure innanzi descritte, ha necessariamente dovuto operare un contemperamento tra le esigenze della persona disabile e quelle dei datori di lavoro, siano essi pubblici o privati.
Da ultimo voglio ricordare che questo Governo, nell'individuare le categorie di lavoratori per i quali trovano applicazione deroghe alla nuova disciplina pensionistica introdotta con il decreto-legge n. 216 del 2011 (cosiddetto decreto «Salva Italia», come integrato dal cosiddetto decreto di proroga termini recentemente convertito in legge), ha previsto che i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 stessero usufruendo del congedo straordinario per assistere figli con disabilità grave e che avrebbero maturato i requisiti per il pensionamento di anzianità - a prescindere dall'età - entro i 24 mesi successivi a tale data, possono accedere alla pensione secondo le regole precedenti.

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ALLEGATO 4

5-06169 Cazzola: Sull'applicazione dei benefici contributivi previsti per i lavoratori non vedenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole Cazzola - con il presente atto parlamentare - richiama l'attenzione sull'applicazione dei benefìci pensionistici previsti dalle disposizioni vigenti in favore dei lavoratori non vedenti.
Come noto, l'articolo 9, comma 2, della legge n. 113 del 1985 stabilisce che, in attesa della legge di riforma generale del sistema pensionistico, le prestazioni di lavoro dei centralinisti telefonici non vedenti, di cui all'articolo 2 della medesima legge, sono considerate particolarmente usuranti e che, conseguentemente, agli stessi viene riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private effettivamente svolto, il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva.
L'articolo 2 della legge n. 120 del 1991, inoltre, prevede che le attività lavorative dei privi della vista siano considerate particolarmente usuranti e che, conseguentemente, in attesa della riforma del sistema pensionistico, a tale categoria di lavoratori venga esteso il beneficio pensionistico di cui al sopra citato articolo 9, comma 2, della n. 113 del 1985, anche agli effetti dell'anzianità assicurativa.
Alla luce di tale quadro normativo, va osservato che in caso di liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema contributivo ovvero con il sistema misto, non è possibile, in via interpretativa, valorizzare i benefici pensionistici in esame anche per riconoscere un incremento della pensione, per la natura stessa delle regole di calcolo contributivo, che valorizzano solo la contribuzione effettivamente accantonata.
Per poter applicare tali benefici anche ai fini dell'incremento della misura della prestazione, occorre, pertanto, una specifica previsione a livello normativo, che individui appositi criteri volti ad incrementare il montante contributivo in modo da applicare anche ai fini del calcolo della pensione la contribuzione figurativa prevista dalle disposizioni innanzi richiamate.
Anche in altri settori è stato necessario un intervento normativo di questo tipo: mi riferisco, in particolare, all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 1997, che ha previsto un criterio per incrementare il montante individuale contributivo per il personale militare.
Un analogo intervento, volto a risolvere la questione prospettata dall'onorevole interrogante, andrebbe puntualmente valutato assieme all'INPS nonché, per quanto attiene ai profili di carattere finanziario, con i competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze.