Organo inesistente

XVI LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 5338


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DI PIETRO, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, BARBATO, DI STANISLAO, DI GIUSEPPE, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, MESSINA, MONAI, MURA, PALAGIANO, PIFFARI, PORCINO, ROTA, ZAZZERA
Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell'accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso
Presentata il 3 luglio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La vita di coppia è espressione genuina della natura umana e costituisce una scelta fondamentale per lo sviluppo e l'espressione della personalità delle due persone che stabiliscono un progetto di vita comune. La Costituzione riconosce in questa scelta uno dei fondamenti dell'ordine politico, della pace e dello sviluppo sociali e la garantisce come diritto fondamentale e inviolabile dell'uomo, ai sensi dell'articolo 2.
      La vita di coppia è alla base dell'organizzazione della famiglia che, come ha avuto modo di affermare la Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010, non costituisce una struttura cristallizzata, ma si modifica di pari passo alle trasformazioni della società, dei costumi e dell'ordinamento giuridico. La famiglia, così come il matrimonio, costituiscono istituti duttili che pur menzionati nella Costituzione, la sociologia e l'antropologia ci raccontano mutevoli nel tempo e nello spazio. E la necessità di immaginarli mutevoli nel tempo è dimostrata dal fatto che a partire dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, più volte il legislatore è intervenuto per adeguare il diritto vigente alle modificazioni nel frattempo determinatesi nella società. Inoltre, i numerosi e costanti dati diffusi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) dimostrano ulteriormente quanto sia vero che la famiglia costituisce un'istituzione sul piano umano e sociale duttile che, lungi dall'essere in crisi o depotenziata dei suoi valori, come predicano alcuni, continua a godere di buona salute e a modificarsi nei suoi modelli e nelle sue strutture.
      I modelli familiari fotografati dall'ISTAT sono più di uno, al punto che l'espressione «famiglia» può essere correttamente declinata soltanto al plurale: vi sono, per esempio, le famiglie senza figli, quelle biparentali e monoparentali, ricostruite, allargate, coniugate oppure di fatto, e non si tratta di esperienze familiari sporadiche o occasionali, ma stabili e ricorrenti.
      Nel rapporto 2011 su «Come cambiano le forme familiari», l'ISTAT ha confermato la crescita delle nuove forme familiari: sono 6.866.000 mila i single non vedovi, i monogenitori non vedovi, le coppie non coniugate e le famiglie ricostituite coniugate. Vivono in queste famiglie 12 milioni di persone, il 20 per cento della popolazione, dato quasi raddoppiato rispetto al 1998.
      Nel «Rapporto sulla coesione sociale 2012», l'ISTAT analizza le tipologie familiari mostrando che nel 2010 il 28,4 per cento delle famiglie è rappresentato da persone sole, incidenza percentuale in continua crescita. Subisce una flessione, invece, l'incidenza delle coppie con figli, passando dal 62,4 per cento del 1995 al 55,3 per cento del 2010, a cui corrisponde un andamento crescente della percentuale delle coppie senza figli e dei monogenitori. Il numero di matrimoni celebrati continua a diminuire (16.000 in meno nel 2009), mentre crescono i matrimoni celebrati con rito civile, i quali sono ormai più di un terzo del totale (37,2 per cento), triplicati rispetto al 1980, e crescono le coppie di fatto, arrivate a 897.000 nel 2009 (5,9 per cento del totale delle coppie).
      Tra le forme familiari ve n’è una che fino ad oggi – soprattutto per ragioni ideologiche – è stata del tutto sottratta alle indagini statistiche: la famiglia formata da due persone dello stesso sesso. Nel corso del censimento del 2001, le famiglie omosessuali non furono rilevate perché ritenute non conferenti per le finalità della raccolta e in considerazione della mancata previsione, nel regolamento di esecuzione del censimento, di un'autorizzazione ad hoc per il trattamento di dati ritenuti sensibili. Al riguardo il Governo, in risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 3-3000 del 29 gennaio 2004 – Onorevoli Grillini, Bellillo ed altri) ritenne opportuno precisare, in particolare, che «(...) non essendo stata la rilevazione censuaria predisposta al fine specifico di indagare sul fenomeno delle coppie dello stesso sesso, i casi di coppie dello stesso sesso sono stati compresi nel più ampio aggregato delle famiglie di due componenti formate da persone senza legami di parentela». Nel corso del censimento 2011, invece, i dati relativi alle famiglie omosessuali saranno finalmente censiti, nonostante un intervento del Garante per la protezione dei dati personali abbia impedito che il questionario del censimento contenesse un esplicito riferimento alla convivenza in coppia formata da persone dello stesso sesso. Si tratta di una prima volta e, quale che sia il numero delle coppie omosessuali conviventi che hanno scelto di dichiararsi come famiglie, si tratterà di un traguardo storico, estremamente utile alla loro emersione dall'invisibilità e alla loro accettazione sociale. Basti pensare che negli Stati Uniti d'America nel corso del censimento del 2010 circa 650.000 coppie hanno dichiarato di essere famiglie omosessuali e di queste 131.729 hanno dichiarato di essere sposate e 115.064 di avere figli minorenni. Di tutte queste coppie, il 51 per cento è formato da donne, il 49 per cento da uomini. Si tratta solo dello 0,5 per cento della popolazione, ma il numero è di estrema rilevanza se si considera che è raddoppiato rispetto al numero di coppie omosessuali conviventi che avevano dichiarato la loro esistenza nel censimento del 2000, che si tratta di una minoranza e che la scelta di essere visibili spesso continua a scontrarsi con un contesto nel quale la discriminazione per il proprio orientamento sessuale, nella loro vita privata e sul lavoro, è molto alta.
      Pur rappresentando le persone omosessuali una minoranza, la distinzione tra famiglie formate da persone di sesso diverso e famiglie formate da persone dello stesso sesso rappresenta, nel nostro Paese, come in ogni altro dove non esistono aberranti leggi penali di repressione delle relazioni omosessuali, una caratteristica trasversale a tutti i modelli di famiglia, eccettuato quello fondato sul matrimonio, finora non accessibile, in Italia, alle coppie lesbiche e gay. Il mancato accesso delle famiglie omosessuali al matrimonio determina che oggi, in Italia, queste siano prive del tutto di una regolamentazione giuridica e costituiscano una realtà forzatamente di fatto, che espone la coppia e i suoi figli ad ogni sorta di difficoltà.
      La presente proposta di legge intende finalmente superare tale miserevole stato di cose, rendendo il matrimonio egualitario rispetto all'orientamento sessuale dei coniugi, per le ragioni di seguito esposte.
      L'elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale ha ricondotto la famiglia omosessuale tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dall'articolo 2 della Costituzione riconoscendo che «l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso», ha «il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri», specificando che il Parlamento deve «individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette» (sentenza n. 138 del 2010). La Corte ha indicato al Parlamento la possibilità di optare nella scelta della regolamentazione tra l'apertura del matrimonio o l'introduzione di una diversa regolamentazione, aggiungendo inoltre che è possibile riscontrare la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, in relazione ad ipotesi particolari, anche in assenza di un intervento legislativo, mediante un controllo di ragionevolezza riservato ai giudici.
      Fino ad oggi, però, il Parlamento non ha raccolto l'invito proveniente dalla Corte costituzionale, cosicché nell'attuale quadro normativo, mentre alle famiglie formate da un uomo e da una donna è consentita la scelta tra l'accesso al matrimonio e la possibilità di rimanere una realtà di fatto, alle famiglie formate da due uomini o da due donne non è consentito optare nessuna scelta, impedendo il godimento di diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione.
      È importante sottolineare che questa diversità di trattamento giuridico è stabilita unicamente in base ad una caratteristica personale degli individui, qual è l'orientamento sessuale, che l'articolo 3 della Costituzione impedisce di prendere come elemento di discriminazione normativa tra le persone.
      Pertanto, in ambito familiare, la legge continua a dare rilevanza e dignità sociali unicamente all'orientamento eterosessuale e non a quello omosessuale. Questo è un pregiudizio antico che la Repubblica non può più tollerare e che la presente proposta di legge intende rimuovere aprendo il matrimonio civile alle famiglie omosessuali. Non operare questa apertura avrebbe il significato di mantenere una discriminazione non tollerabile, motivata unicamente da una caratteristica personale, in relazione ad un diritto, quello di sposarsi, che la Costituzione inserisce tra quelli fondamentali.
      La libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale della persona riconosciuto anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 (articolo 16), dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955 (articolo 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 12 dicembre 2009 (articolo 9).
      In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), nella sentenza del 24 giugno 2010 Shark and Kopf contro Austria, successiva alla sentenza della Corte costituzionale, ha considerato «artificiale sostenere l'opinione che, a differenza di una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della “vita familiare” ai fini dell'articolo 8» della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e che «conseguentemente la relazione dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente con una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di “vita familiare”, proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione». La Corte ha anche compiuto un revirement interpretativo dell'articolo 12 della Convenzione dichiarando che esso potrà essere considerato – alla luce dell'articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – come fonte di protezione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
      Pochi mesi fa, la Corte di cassazione, nella sentenza n. 4184 del 15 marzo 2011, riprendendo i contenuti delle sentenze già richiamate della Corte costituzionale e della CEDU, ha concluso che non ci sono più dubbi sul fatto che il matrimonio tra due persone dello stesso sesso non è inesistente per il nostro ordinamento, come invece fino ad allora veniva creduto, ma è valido laddove contratto all'estero, nonostante sia incapace di produrre effetti in Italia, a causa dell'assenza di una disciplina matrimoniale posta dal nostro legislatore a favore delle coppie omosessuali.
      Tuttavia, dice la Suprema corte, non vi sono dubbi sul senso e sugli effetti nell'ordinamento giuridico italiano dei dicta delle due Corti citate (punto 4.2 della sentenza). Secondo la Cassazione «I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto», se in assenza di una legislazione italiana «non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all'estero, tuttavia – a prescindere dall'intervento del legislatore in materia –, quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata» (punto 4.2 della sentenza).
      Siamo evidentemente di fronte ad una situazione nella quale la giurisprudenza, interpretando il diritto vigente, ha restituito a tutte le persone gay e lesbiche, alle loro famiglie e ai loro figli la dignità sociale che la Costituzione gli riconosce, incastonandola tra i diritti fondamentali dell'uomo.
      Con questa legge, pertanto, il legislatore italiano porta a compimento questa fioritura giuridica e di civiltà, consentendo alle coppie omosessuali di contrarre matrimonio. Si tratta non solo di una scelta rimessa alla sua discrezionalità, ma anche di un imperativo che gli deriva dalla Costituzione, laddove impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli, di ogni ordine, che limitano di fatto la libertà, l'uguaglianza dei cittadini e la loro realizzazione (articolo 3 Costituzione).
      L'estensione del matrimonio alle famiglie formate da due donne o due uomini, ma anche da due mamme o due papà omosessuali, non procura nessun pregiudizio alle famiglie eterosessuali fondate sul matrimonio, ma anzi rafforza l'istituto matrimoniale, rendendolo sempre più uno strumento di uguaglianza e di valorizzazione della persona, come è già avvenuto in passato quando è stata riconosciuta la libertà di scegliere liberamente il coniuge, è stata sancita la parità tra gli uomini e le donne o quando è caduto il divieto di celebrare matrimoni interrazziali.
      Non è di poco conto ricordare che oggi nel mondo il matrimonio è aperto alle coppie formate da persone dello stesso sesso in Portogallo, Spagna, Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia, Svezia, Islanda e, per rimanere in Europa, entro un anno o poco più, lo sarà in Francia e nel Regno Unito. Lo stesso accade, fuori dall'Europa, in Sud Africa, in Canada, in sette Stati degli Stati Uniti d'America e in alcuni degli Stati federati messicani, in Argentina. Inoltre, l'attuale presidente degli Stati Uniti d'America si è detto favorevole all'estensione del matrimonio ugualitario all'intera federazione e svariati altri Paesi nel mondo si muovono nella direzione dell'apertura del matrimonio in senso egualitario. Si tratta, evidentemente, di un processo globale di sviluppo della civiltà e del diritto, che appare inarrestabile.
      In conclusione, non possiamo più tollerare, perché ripugna alla coscienza, che nel nostro Paese ci siano famiglie e persone costrette all'invisibilità sociale in ragione di un pregiudizio antico e insensato che limita la libertà matrimoniale, determinando una discriminazione nell'esercizio di un diritto fondamentale dell'uomo, in ragione di una mera condizione personale. Ciò non è ragionevole in assenza di esigenze di salvaguardia di altri valori costituzionalmente di pari rilevanza, tali da giustificare un limite al diritto di contrarre matrimonio. Al contrario, proprio l'esigenza di assicurare l'affermazione di altri valori costituzionali, deve portarci a non più tollerare che i figli delle persone omosessuali, frutto di una scelta di amore, di maternità e di paternità condivisa, siano costretti per legge ad avere un solo genitore o possano correre il rischio di non averne più nessuno, nel caso in cui non dovesse esserci più il genitore naturale.
      Diverse ricerche condotte in Italia hanno provato che un numero niente affatto trascurabile di persone gay e lesbiche sono anche padri o madri: sarebbero circa il 20 per cento. Ci sono famiglie con una o due madri lesbiche o uno o due padri gay, a seconda che la genitorialità sia frutto di un progetto di filiazione della coppia oppure che il minore sia accolto dalla coppia dopo una separazione eterosessuale di uno dei due partner.
      La capacità genitoriale delle persone omosessuali è stata più volte attestata dalla giurisprudenza italiana. Il tribunale di Napoli ha affermato: «Nella separazione personale la condizione omosessuale di un coniuge, come le relazioni omosessuali da queste intraprese, sono di per sé irrilevanti, quanto alla valutazione dell'idoneità genitoriale del coniuge stesso, e alle determinazioni circa l'affidamento dei figli minori» (sentenza del 28 giugno 2006, confermata dalla Corte d'appello di Napoli, 11 aprile 2007, riconfermata dalla Cassazione civile, sezione I, 18 giugno 2008, n. 16593). Nello stesso modo si sono espressi i tribunali di Bologna, di Catanzaro, di Firenze ed altri (tribunale di Bologna, decreto del 7 luglio 2008; tribunale per i minorenni di Catanzaro, obiter dictum al decreto del 27 maggio 2008; tribunale di Firenze, decreto del 10-30 aprile 2009). Ma anche le Corti internazionali hanno condannato il mancato riconoscimento della capacità genitoriale alle persone omosessuali. Nella sentenza del 21 dicembre 1999, caso Salgueiro da Silva Mouta v. Portogallo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato il Portogallo per aver negato a un padre la possibilità di educare sua figlia unicamente perché omosessuale. La stessa Corte, nella sentenza del 22 gennaio 2008, ha condannato la Francia per non aver ammesso all'adozione una donna single perché lesbica. Secondo la Corte si è trattato di un trattamento discriminatorio dal momento che in Francia i single possono adottare.
      Le preoccupazioni che in genere vengono espresse rispetto ai figli riguardano la paura che i genitori omosessuali possano condizionarne l'identità sessuale, il timore che possano avere una maggiore predisposizione a disturbi comportamentali o mentali, o che possano avere maggiori difficoltà nelle relazioni sociali a causa dello stigma che colpisce le loro famiglie. Si tratta di timori e paure che non hanno basi empiriche, dal momento che tutte le ricerche condotte a livello internazionale sui figli cresciuti in famiglie omogenitoriali hanno sempre accertato che non esistono differenze significative tra loro e i figli cresciuti da coppie eterosessuali e che non vi sono dubbi che l'orientamento sessuale dei genitori non incide negativamente sullo sviluppo psico-fisico dei minori, condizionato invece dalla crescita in un ambiente sano e solidale. In questi termini si è espressa, nel 2005, anche l'Organizzazione degli psichiatri americani (APA) che ha approvato un documento a favore dell'estensione del matrimonio civile alle coppie omosessuali.
      Le paure, purtroppo, sono determinate solo da stereotipi culturali, rafforzati da ignoranza o da posizioni ideologiche, che vedono le persone omosessuali come predatori e potenzialmente dannosi per i bambini. Con la presente legge l'omogenitorialità e i figli di persone omosessuali trovano finalmente una regolamentazione, a beneficio loro e dell'intera società.
      Infine, si vuole ricordare che il 17 maggio 2012, giorno in cui si celebra la Giornata internazionale contro l'omofobia, l'ISTAT ha presentato alla Camera dei deputati la prima ricerca statistica mai condotta in Italia sulla popolazione omosessuale. Tra gli altri dati è emerso che il 61,3 per cento dei cittadini tra i 18 e i 74 anni di età ritiene che in Italia gli omosessuali sono molto o abbastanza discriminati e il 43,9 per cento è d'accordo con l'affermazione che è giusto che una coppia omosessuale si sposi se lo desidera. Circa un milione di persone ha dichiarato di essere lesbica, gay o bisessuale (circa il 2,4 per cento della popolazione residente), mentre il 15,6 per cento non ha dato nessuna risposta al quesito sull'orientamento sessuale. Si può ragionevolmente arguire che il numero della popolazione omosessuale e bisessuale italiana sia significativamente più alto rispetto al milione di persone che ha voluto dichiarare di esserlo. Si tratta tuttavia di una minoranza, rispetto alla quale la maggioranza dei cittadini e il Parlamento hanno il dovere di attivarsi per rimuovere ogni forma di discriminazione e garantire pari dignità e pari cittadinanza.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 90 del codice civile è inserito il seguente:
      «Art. 90-bis. – (Matrimonio egualitario). – Il matrimonio può essere contratto tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso con i medesimi requisiti ed effetti».

Art. 2.

      1. Agli articoli 107, primo comma, e 108, primo comma, del codice civile, le parole: «in marito e in moglie» sono sostituite dalle seguenti: «come coniugi».
      2. All'articolo 143, primo comma, del codice civile, le parole: «il marito e la moglie» sono sostituite dalle seguenti: «i coniugi».
      3. L'articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 143-bis. – (Cognome dei coniugi). – Ciascuno dei coniugi aggiunge al proprio cognome quello dell'altro e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze».

      4. L'articolo 156-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 156-bis. – (Cognome dei coniugi). – Il giudice può vietare a un coniuge l'uso del cognome dell'altro, quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare un coniuge a non utilizzare il cognome dell'altro, qualora dall'uso possa derivargli grave pregiudizio».

      5. Fatto salvo quanto diversamente disposto dalle disposizioni di cui alla presente legge, i figli, anche adottivi, assumono il cognome di entrambi i genitori nell'ordine alfabetico stabilito dagli stessi,

ma trasmettono ai propri figli solo il primo dei loro cognomi.
      6. Dopo il capo I del titolo VII del libro primo del codice civile è inserito il seguente:
«Capo I-bis.
DELLA FILIAZIONE NELLE COPPIE FORMATE DA PERSONE DELLO STESSO SESSO.

      Art. 249-bis.(Riconoscimento della genitorialità). – Il coniuge dello stesso sesso è considerato genitore del figlio dell'altro coniuge fin dal momento del concepimento in costanza di matrimonio, anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita. Il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita da parte di coppie coniugate dello stesso sesso non costituisce reato o illecito amministrativo».
      7. All'articolo 294, secondo comma, del codice civile, le parole: «marito e moglie» sono sostituite dalle seguenti: «coniugi».

      8. All'articolo 299 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al terzo comma, le parole: «del marito» sono sostituite dalle seguenti: «dei coniugi»;

          b) il quarto comma è sostituito dal seguente:
      «Se l'adozione è compiuta da uno dei coniugi, l'adottato, che non sia figlio dell'altro, assume il solo cognome della famiglia del coniuge adottante».

      9. All'articolo 51, primo comma, numeri 2) e 3), del codice di procedura civile, le parole: «o la moglie» sono sostituite dalle seguenti: «o il coniuge».

Art. 3.

      1. Le disposizioni di legge e di regolamento vigenti in materia di matrimonio e di adozione si applicano indipendentemente

dal sesso dei contraenti il matrimonio medesimo.
      2. Fatto salvo quanto disposto dalle disposizioni di cui all'articolo 2, nelle disposizioni di legge e di regolamento, le parole: «marito e moglie» si intendono sostituite dalle seguenti: «i coniugi», ad esclusione delle disposizioni di legge e di regolamento che dispongono la parità di trattamento tra uomo e donna.
      3. Le disposizioni di legge e di regolamento che riconoscono alla donna la possibilità di indicare solo il proprio cognome o di aggiungere al proprio il cognome del marito si interpretano nel senso che il coniuge, indipendentemente dal sesso, può indicare solo il proprio cognome o aggiungere al proprio quello dell'altro coniuge.