XII Commissione - Resoconto di mercoledì 28 ottobre 2009


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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 28 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Eugenia Maria Roccella.

La seduta comincia alle 14.20.

Legge di contabilità e finanza pubblica.
C. 2555, approvato dal Senato.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta del 27 ottobre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente, ricorda che, nella precedente seduta, è stata svolta la relazione.

Lucio BARANI (PdL), relatore, come preannunciato nella seduta di ieri, formula una proposta di parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.


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Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato.
C. 2766 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 27 ottobre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente e relatore, atteso che la I Commissione intende concludere l'esame del provvedimento in titolo nella seduta pomeridiana odierna, propone che, se non vi sono obiezioni, la Commissione proceda immediatamente all'espressione del prescritto parere, fermo restando che, se il provvedimento dovesse essere modificato nelle parti di competenza della stessa Commissione, questa potrà esprimere un nuovo parere sul testo risultante dagli emendamenti approvati.

La Commissione consente.

Luciana PEDOTO (PD) osserva che il provvedimento relativo all'istituzione del Ministero della salute introduce modifiche sulla struttura dell'attuale Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e reca ulteriori disposizioni in materia sanitaria.
Dichiara quindi di condividere la decisione di riconoscere l'autonomia al Ministero della salute, separandolo dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Questa decisione provoca l'inversione di una tendenza culturale e politica.
Il governo della sanità da parte delle regioni si è affermato sotto la spinta di un'esigenza di democrazia e di partecipazione.
È ragionevole che i servizi sanitari siano governati dai rappresentanti dei cittadini di ciascuna regione, cioè di chi a quei servizi ricorre e ne sostiene il costo economico. Inoltre, la richiesta dell'attribuzione di competenze alle regioni in materia sanitaria è stata quella che per prima ha trovato presso i cittadini la motivazione più forte.
Nella sanità, lo Stato ha esercitato il suo ruolo fino a qualche anno fa attraverso il Ministero della sanità e, a livello periferico, attraverso l'intervento limitato e parziale delle regioni e dei comuni.
Questo ruolo è stato progressivamente ridotto fino al suo assorbimento nel Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e all'assegnazione alle regioni di un ruolo direttivo e gestionale a livello periferico e determinante a livello di funzioni centrali. Ma, a distanza di poco tempo, con questo disegno di legge si mette in discussione la fusione dei due ministeri e si introduce un intervento determinante del Ministero dell'economia e delle finanze in tema di responsabilità delle regioni in ambito sanitario.
È necessaria la ricerca e la correzione di tutti i fenomeni che producono cattiva spesa. Il Ministero dell'economia e delle finanze è sempre stato sempre un «fratello maggiore», un tutore della sanità.
In tempo di federalismo, con questo provvedimento aumenta il contrasto tra le regioni e il Governo nazionale in ambito sanitario.
Infatti, il monitoraggio sui profili di spesa sostenuti con il concorso dello Stato e sul piano di rientro delle regioni in tema di costi confermano il commissariamento ad acta avvenuto in alcune regioni.
Si estende l'intervento dello Stato centrale attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze sulla verifica di tutti i profili di carattere finanziario e tecnico-sanitario.
Non solo per gli atti attinenti al concorso dello Stato, ma in pratica per ogni atto che comporta una spesa, il concerto del Ministero dell'economia e delle finanze deve essere esercitato sulla programmazione tecnico-sanitaria e sulle attività tecnico-sanitarie regionali. La precedente dizione viene arricchita dall'aggettivo «tecnico».
Ritiene che, tra queste preoccupazioni sul controllo della spesa, non si intravedano misure di attenzione nei confronti


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dei cittadini, in un Paese dove aumentano le esigenze e dove aumenta la popolazione anziana. Si chiede, inoltre, se vengano raggiunti gli obiettivi politici, economico-sociali e istituzionali.
Nulla viene detto sul governo tecnico, sul controllo effettivo della sua qualità, sulla responsabilità degli amministratori e sull'efficacia e l'efficienza della spesa.
Ritiene che, con il disegno di legge in esame, non si abbia il coraggio di aprire con le regioni un discorso franco sui metodi di gestione e sulla responsabilità nella gestione, secondo una visione che riconosca chiaramente il ruolo autenticamente politico dell'autonomia regionale.
Auspica, infine, che il rapporto tra lo Stato e le regioni sia pensato e costruito in un contesto di complessiva reciprocità dei ruoli e nell'orizzonte di un federalismo che, anche attraverso questo disegno di legge, si dovrebbe iniziare a perfezionare.

Livia TURCO (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, rileva che non appare corretto procedere all'espressione del parere su un provvedimento che, in questo preciso momento, è in corso di esame in sede referente.

Giuseppe PALUMBO, presidente e relatore, ribadisce che la procedura scelta dalla Commissione è formalmente e sostanzialmente corretta, poiché, se il testo fosse modificato nelle parti di competenza della Commissione, questa sarebbe convocata per esprimere il proprio parere sul nuovo testo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.35.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO, indi del vicepresidente Carlo CICCIOLI. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Eugenia Maria Roccella.

La seduta comincia alle 14.35.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
C. 2350, approvata in un testo unificato dal Senato, C. 625 Binetti, C. 784 Rossa, C. 1280 Farina Coscioni, C. 1597 Binetti, C. 1606 Pollastrini, C. 1764-bis Cota, C. 1840 Della Vedova, C. 1876 Aniello Formisano, C. 1968-bis Saltamartini, C. 2038 Buttiglione, C. 2124 Di Virgilio e C. 2595 Palagiano.
(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 ottobre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del circuito.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore. desidera innanzitutto manifestare la propria soddisfazione per il dibattito libero, dialogante, ampio e senza costrizioni, che si è svolto in Commissione su un tema delicato, dalle molte sfaccettature, di grande sensibilità, che suscita attenzione e attese sia tra i cittadini e i medici.
Insieme alla soddisfazione, desidera esprimere anche gratitudine a tutti coloro che sono intervenuti (quarantuno deputati, di cui diciassette che non fanno parte della Commissione) e per il loro contributo. Dichiara di aver riletto attentamente tutti gli interventi, di averli meditati e analizzati senza pregiudizio alcuno. Importante, inoltre, è il contributo di tutti coloro che hanno partecipato alle audizioni (sei società scientifiche, sette associazioni e sei esperti bioeticisti a titolo personale).


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Nella sua replica, vorrebbe prioritariamente esprimere alcune considerazione di tipo, per così dire, politico.
La Costituzione, più volte e da tutti gli interventi richiamata, stabilisce un sistema bicamerale (articolo 55). Ciò significa anche che il lavoro svolto da una delle due componenti non può essere disatteso o ignorato dall'altra. Per questo è convinto che si possa non tener conto del lungo e fattivo lavoro svolto su questo tema dal Senato, che ha portato alla approvazione del testo trasmesso alla Camera, che, insieme a tutte le altre proposte di legge, è stato esaminato dalla Commissione.
Desidera ricordare sommariamente che la discussione su questo tema presso la 12a Commissione del Senato si è svolta dal 1o ottobre 2008 al 19 febbraio 2009, quando è stato elaborato il testo base.
Nel testo trasmesso dal Senato è stato recepito, anche e significativamente, molto di quanto i senatori dell'attuale opposizione hanno proposto (si veda l'articolo 1). In Aula, al Senato, ci sono state circa settanta votazioni a scrutinio segreto, con un voto favorevole più ampio rispetto ai numeri esprimibili dalla maggioranza. Inoltre, si sono svolte presso la 12o Commissione del Senato cinque sedute dedicate ad audizioni.
Ha, come era suo dovere in quanto relatore, letto attentamente tutte le proposte di legge abbinate in Commissione. Nella sua replica, intende affrontare globalmente i punti più significativi del tema in esame.
Desidera innanzitutto ricordare alcuni punti che ha chiaramente espresso nella sua relazione introduttiva l'8 luglio 2009 e offrire alcune risposte a molte considerazioni, anche di opposta valenza, fatte dai colleghi intervenuti in discussione generale.
Come ha ricordato nella sua relazione introduttiva, è indubbio, e lo ricorda una storia millenaria, che il diritto alla vita è sempre stato garantito in tutte le società, trattandosi di un principio fondamentalmente laico, e quindi comune a tutte le culture e civiltà. Anche un paziente in stato vegetativo permanente è una persona, gravemente disabile sì, ma pur sempre persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate che comprendono in linea di principio anche la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.
Questi casi eccezionali, infatti, nulla tolgono al principio etico generale secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avviene per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico. Il suo uso sarà quindi da considerarsi ordinario e proporzionato, anche quando lo «stato vegetativo» si prolunghi.
Rileva inoltre che il principio del consenso informato nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la propria salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l'intervento medico, sono andati progressivamente affermandosi nella cultura della nostra società.
La stessa Corte costituzionale ha stabilito che il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'articolo 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli articoli 13 e 32, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».
Nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione, possono essere espresse, quando si è in grado di intendere e di volere, rinunce all'attivazione di qualsiasi trattamento sanitario. Chi vorrà potrà scegliere di non curarsi, anche se questa scelta accelererà il decorso della patologia in atto e quindi anche il suo possibile cammino verso la morte.
La Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, approvata dal Consiglio d'Europa nell'aprile 1997 a Oviedo e ratificata


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dall'Italia con la legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato, all'articolo 5, che qualsiasi intervento medico non può essere effettuato senza il consenso della persona.
Anche il Codice di deontologia medica adottato dalla Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, aggiornato al 16 dicembre 2006, precisa, all'articolo 33, il diritto del malato a ricevere la più idonea informazione da parte del medico, affermando poi, all'articolo 38, che «Il medico deve attenersi, nell'ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa». E poi, sempre allo stesso articolo: «Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato.» (come afferma la Convenzione di Oviedo all'articolo 9 e come chiaramente espresso nel rapporto esplicativo (punto 62) sull'articolo 9 della stessa Convenzione).
Osserva altresì che il diritto di libertà della persona, per quanto attiene alle scelte relative alle cure, incontra oggettive limitazioni nelle circostanze in cui la persona venga a perdere la capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni. Proprio per garantire il diritto al consenso informato anche in questi casi, si è reso necessario prevedere uno strumento nuovo che consenta alla persona, finché si trova nel possesso delle sue facoltà mentali, di dare disposizioni per l'eventualità e per il tempo nel quale tali facoltà fossero gravemente scemate o scomparse.
A scanso di equivoci, comunque, il medico, anche in queste situazioni, deve dire sempre: «No all'eutanasia, no all'abbandono terapeutico, no all'accanimento terapeutico». Proprio quest'ultimo, spesso, è motivo di sfiducia da parte del cittadino nei confronti del medico. È però fondamentale, comunque, che ai malati terminali sia garantito l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore (come previsto nel testo della legge recentemente approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati).
Deve essere chiaro, poi, che nessun trattamento sanitario deve essere sproporzionato rispetto alle reali condizioni ed esigenze cliniche del paziente: mai e poi mai, quindi, accanimento terapeutico.
Il termine «accanimento terapeutico» si riferisce esclusivamente ad una terapia medica o chirurgica sproporzionata, ossia ad un trattamento specifico che ha come oggetto formale la patologia e come scopo la sua remissione o, quanto meno, il contenimento del decorso sfavorevole di un processo patologico e la prevenzione dell'instaurarsi di una coorte di sequele correlate ad esso. Il dovere terapeutico (da parte del paziente di sottoporsi a terapie idonee e del medico di praticarle) non è incondizionato, ma subordinato al bene fondamentale della vita, il cui mantenimento e la cui promozione non coincide semper et pro semper con la sconfitta della malattia, ma ha un valore più ampio, che include dimensioni fisiologiche, psicologiche, spirituali, familiari e sociali.
In ragione di questo, la medicina, nel suo esercizio pratico, non contempla solo la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie (to cure), ma anche (e qualcuno preferisce dire soprattutto) il prendersi cura della persona (to care).
Per il medico, curare e prendersi cura significa talora instaurare dei trattamenti che non sono terapie, ossia che non hanno come oggetto formale la patologia in atto nel paziente e come scopo la sua remissione, il controllo del suo decorso o la prevenzione delle sequele. Molte malattie possono e devono essere trattate (to cure), ma non è detto che ne consegua sempre la guarigione. Il prendersi cura (to care) non ha come oggetto formale la patologia in atto e la sua remissione o la prevenzione di sequele. In questa dimensione, ogni malato è sempre curabile, senza mai ricorrere a terapie futili o sproporzionate, e sempre oggetto del prendersi cura. Tali trattamenti si rendono invece opportuni o indispensabili per consentire l'espletamento delle funzioni fisiologiche (essenziali


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per l'omeostasi ed il ricambio) che non possono più essere espletate senza l'ausilio di taluni presidi. Non si tratta, in questi ed altri casi, di contrastare con una terapia il diffondersi di una infezione, l'insorgere di un processo flogistico o la metastatizzazione di un tumore, ma di consentire la continuazione della vita del soggetto mediante la somministrazione di quei fattori (aria, acqua, nutrienti, calore e simili) che sono indispensabili per la fisiologia del corpo e dai quali tutti, sani e malati, siamo dipendenti dalla nascita alla morte. Privare di essi un paziente che è ancora in grado di farne uso per il suo metabolismo non significa sospendere una terapia (una azione che, a certe condizioni e in determinate circostanze, può essere lecita o addirittura doverosa), ma non prendersi più cura di un malato (una azione, l'abbandono di una persona non fisiologicamente autosufficiente, che è sempre un male). Idratazione e nutrizione, anche artificiali, sono sempre da considerare sostegni vitali, anche ove richiedano tecniche sofisticate per essere adeguatamente attuate. E nelle DAT non si può chiedere la sospensione dell'idratazione ed alimentazione artificiale, perché ciò equivarrebbe a morire non per la storia naturale della malattia da cui si è afflitti, ma per fame e per sete, e quindi ciò equivarrebbe ad introdurre l'eutanasia ed il suicidio assistito nel nostro sistema.
Ma esiste anche un altro rischio grave, che spesso è sottovalutato o non percepito adeguatamente, quello dell'abbandono terapeutico: un rischio grande, che nasce dalla crescente conflittualità, dalla paura dei medici, dalla sfiducia dei pazienti e dei familiari, che a volte portano il medico a mettersi sulla difensiva.
Inoltre, desidera sottolineare che la DAT, che nel testo che è stato approvato con equilibrio e saggezza dal Comitato nazionale per la bioetica, è definita «non vincolante per il medico», appare la via giusta da percorrere. Questo non significa che il medico debba riacquistare quel paternalismo assoluto o quel potere assoluto dei decenni passati, anche perché esiste la importante norma del consenso informato, e questo «non vincolare in modo assoluto il medico» lascia uno spazio vitale alla scienza e alla coscienza del medico. Il paziente ha sì il diritto di essere curato nel modo migliore dai medici, ma non ha il diritto di chiedere la morte, perché la vita e la salute sono beni indisponibili tutelati dallo Stato.
In ossequio a quanto sancito dalla Costituzione italiana, che riconosce la libertà del paziente sulle decisioni inerenti la propria salute quale diritto fondamentale, si vuole riconoscere valore anche alle dichiarazioni anticipate espresse dal soggetto per il momento in cui dovesse trovarsi privo della capacità di intendere e volere. Ma come già avviene nella stesura del consenso informato, quando il soggetto decide in piena coscienza, si ritiene che anche nella redazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento debba in qualche forma continuare quel rapporto di fiducia tra medico e paziente, che determina una vera e propria alleanza terapeutica tra i due. E questo soprattutto perché si vuole recuperare così, idealmente, il rapporto medico-paziente anche in una situazione estrema, in cui il soggetto non è più in grado di esprimersi. In tal modo, quel rapporto di fiducia che da sempre lega direttamente o indirettamente il paziente al medico continua anche davanti all'impossibilità del malato di interagire, concretizzandosi nel dovere del medico di prestare tutte le cure di «fine vita», agendo sempre nell'interesse esclusivo del paziente. Non si può inoltre non tenere in debita considerazione il fatto che le dichiarazioni anticipate sono sì espressione della libertà del soggetto di esprimere i propri orientamenti circa i trattamenti sanitari e di fine vita cui essere sottoposto, nell'eventualità che si venga a trovare in condizioni di incapacità di intendere e di volere, ma, di contro, lo privano della possibilità di contestualizzare e attualizzare la sua scelta, in virtù di eventuali cambiamenti scientifici intervenuti. Proprio per questo, come ha evidenziato nella sua relazione introduttiva, il diritto di autodeterminazione, per non divenire costrizione tirannica che può esplicare i suoi


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effetti contro gli interessi della persona stessa, deve sempre lasciare uno spiraglio alla revisione di quanto deciso in precedenza.
Questa concezione di libertà aperta all'empiria, e per questo mai perfetta e assoluta, interpreta un'idea della laicità comune a credenti e non credenti che s'ispirano a princìpi di autentico liberalismo. Si è ritenuto, dunque, che il concetto di «alleanza terapeutica» a fondamento del progetto di legge approvato rappresenti la possibile traduzione di tale concezione della libertà, conferendo al paziente l'autonomia di orientare le scelte terapeutiche in un contesto - di fatto e psicologico - per lui ignoto; e al medico la responsabilità, nella situazione data, di attualizzarne le indicazioni. In questo contesto, il medico può assumere in maniera corretta le decisioni più opportune per il paziente, tenendo conto attentamente della sua volontà, alla luce delle nuove circostanze venutesi a creare e sempre in applicazione del principio della tutela della salute e della vita umana, secondo i principi di precauzione, proporzionalità e prudenza.
Insomma, l'alleanza tra il paziente e il medico è la premessa indispensabile per una scelta giusta nell'interesse del paziente e nel rispetto della vita.
Essa rappresenta elemento e strumento idoneo a dare risposte proporzionate, condivise e accettabili, alle domande più difficili e critiche, responsabilizzando sul piano etico e civile chi decide.
Così, all'articolo 9, la Convenzione europea sui diritti umani e la biomedicina, nota come Convenzione di Oviedo, sancisce che, nel caso in cui il paziente non sia in grado di esprimere i propri desideri, si deve tener conto di quelli espressi precedentemente. Principio già recepito dal Codice di deontologia medica italiano, il quale inoltre precisa, come dicevo, all'articolo 36 che il medico, anche se su richiesta del malato, non deve effettuare o favorire trattamenti diretti a provocarne la morte; riferimenti normativi non a caso ripresi dal Comitato nazionale per la bioetica nel documento del 2003 intitolato «Dichiarazioni anticipate di trattamento».
In questo documento, il Comitato nazionale per la bioetica, riprendendo la Convenzione di Oviedo e le norme di deontologia medica, ribadisce che, mediante le dichiarazioni anticipate di trattamento, non si intende in alcun modo riconoscere al paziente - una volta divenuto incapace - il diritto all'eutanasia. La funzione giuridica delle dichiarazioni anticipate di trattamento è invece quella di garantire al malato esclusivamente l'esercizio della libertà di decidere circa quei trattamenti sanitari che, se fosse capace, avrebbe il diritto morale e giuridico di scegliere. Ne consegue che l'alimentazione e l'idratazione artificiale non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento, trattandosi di atti eticamente e deontologicamente dovuti, la cui sospensione configurerebbero un'ipotesi di eutanasia passiva.
Inoltre, ritiene opportuno specificare ancora una volta che una legge che voglia disciplinare in maniera esauriente le dichiarazioni anticipate di trattamento deve prendere in considerazione la distanza psicologica e temporale tra il momento in cui il soggetto esprime la sua volontà circa i trattamenti sanitari cui vorrà essere sottoposto nella fase di fine vita e il momento in cui realmente verranno attuati. Non è superfluo notare la difficoltà di dare attuazione a decisioni assunte ora per allora, considerato che la visione della vita potrebbe mutare a seconda che il soggetto goda o meno di ottima salute fisica e psichica allorché esprime la sua volontà. Ciò non vuol dire che la volontà espressa dal paziente non abbia alcun valore per il medico, ma piuttosto che non si possono ignorare gli eventuali sviluppi della scienza intervenuti dopo la libera e consapevole sottoscrizione di una DAT. Nessun medico potrebbe in scienza e coscienza ignorare le nuove scoperte della medicina e non indicarle al paziente che potrebbe giovarsene. Così come il medico non può obbligare un paziente nel pieno delle facoltà mentali a sottoporsi a un trattamento sanitario contro la sua volontà, così la volontà espressa nella DAT non può costringere il medico a compiere


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atti contrari al diritto e alla deontologia medica o atti che egli ritiene inutili e dannosi per il paziente. Né va tralasciato che, dal momento della redazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento, possono essere intervenuti nuovi progressi scientifici che renderebbero inattuali i desideri precedentemente manifestati dal paziente.
Ed è esattamente in questo ambito che deve essere inquadrato il ruolo del medico, che non deve limitarsi a eseguire meccanicamente, come un burocrate, i desideri del paziente, ma ha l'obbligo morale di valutarne l'attualità in relazione alla situazione clinica e ai nuovi sviluppi scientifici. Un'interpretazione conforme al più volte citato articolo 9 della Convenzione di Oviedo.
Ciò a cui si deve mirare è un'alleanza terapeutica tra medico e paziente, in cui il malato sia considerato come un attore attivo e responsabile del trattamento terapeutico, rispettando la sua libertà decisionale, senza dimenticare i rischi insiti nell'esaltazione acritica dell'autonomia dell'individuo. Mentre al medico è richiesto di mirare sempre al bene vero del paziente, ricordando che ogni malato porta con sé un valore incondizionato, fondamento di ogni agire medico.
Ma non è pensabile una «alleanza di cura» nella pretesa che desideri precedentemente espressi (ora per allora), come specificamente previsto dalla dichiarazione di Oviedo così spesso citata, siano vincolanti per il medico. L'alleanza è il suggello di un incontro tra una fiducia ed una coscienza. La fiducia di un uomo segnato dalla sofferenza e dalla malattia che si affida alla coscienza di un altro uomo, il medico, che può e deve farsi carico dei suoi bisogni e che gli va incontro per assisterlo, curarlo e, se possibile, guarirlo. Per il medico, l'ammalato non è mai soltanto un caso clinico di un individuo anonimo, ma sempre un uomo, nel momento più fragile della sua esistenza, verso cui adottare un sincero atteggiamento di condivisione e di empatia; il che esige sempre disponibilità, amore, attenzione, comprensione, benevolenza, pazienza, dialogo.
Le considerazioni sin qui svolte, razionali e sostenute da basi scientifiche, scevre da condizionamenti ideologici e fideistici, gli hanno fatto maturare la convinzione, che non pretende certo sia da tutti condivisa, che il testo base da cui partire è quello trasmesso dal Senato, cui però, e desidera chiaramente sottolinearlo, proporrà degli emendamenti che mirino a migliorarlo, anche sulla base di quanto ha ascoltato nel corso dell'esame preliminare e delle audizioni. Propone, pertanto, di adottare la proposta di legge n. 2350, approvata in un testo unificato dal Senato, come testo base per il prosieguo dell'esame.

Livia TURCO (PD), dopo aver ringaziato il relatore per l'approfondita replica, invita tutti i colleghi a riflettere sull'opportunità di procedere in modo diverso da quello proposto dallo stesso relatore. Questi, infatti, ha espresso apprezzamento per l'ampio e libero dibattito svoltosi in Commissione e per gli importanti elementi acquisiti nel corso delle audizioni. Alla luce di queste affermazioni, il suo gruppo si sarebbe aspettato che il relatore proponesse di procedere all'elaborazione di un nuovo testo, mediante l'istituzione di un Comitato ristretto. Questa scelta, infatti, avrebbe consentito un confronto più franco e informale tra le diverse posizioni presenti in entrambi gli schieramenti. Anche nel suo gruppo, come è noto, esistono posizioni diverse, ma la scelta di adottare come testo base il progetto di legge trasmesso dal Senato, ponendosi in stridente contraddizione col percorso seguito sin qui dalla Commissione, induce tutto il suo gruppo a votare contro la proposta del relatore, per ragioni procedurali e di metodo che non hanno carattere meramente formale.

Maria Antonietta FARINA COSCIONI (PD) osserva che il relatore aveva assicurato di essere aperto al dialogo e a posizioni «scientificamente dimostrabili e non


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frutto di un'ideologia». Il vicepresidente dei deputati del Popolo della libertà, onorevole Di Virgilio, ha platealmente contraddetto quello che aveva garantito sarebbe stato il suo modo di procedere.
Ha garantito, infatti, che il dibattito e il confronto avrebbe tenuto nel debito conto quanto prescrive la Costituzione, la Convenzione di Oviedo, il Codice deontologico dei medici. Niente di tutto ciò è avvenuto. Il relatore, infatti, non ha tenuto nel minimo conto quanto è emerso nell'ambito del dibattito e del confronto in Commissione e il testo che ha proposto di adottare come testo base in nulla è variato rispetto all'inaccettabile testo «etico» elaborato e approvato dal Senato.
Si procede dunque, ancora una volta, militarmente, a colpi di maggioranza e di ipocrisia, sostanziale e formale, sulla pelle del malato e calpestando i diritti costituzionali del cittadino.

Paola BINETTI (PD), premesso di condividere sostanzialmente la replica del collega Di Virgilio e i contenuti del progetto di legge trasmesso dal Senato, che in principio sarebbe stata disponibile ad adottare come testo base, ritiene che una simile decisione si porrebbe ora in contrasto con il lavoro di discussione e di approfondimento sin qui svolto dalla Commissione. Ritiene, infatti, che la costituzione di un Comitato ristretto al fine di elaborare un nuovo testo avrebbe consentito un grado maggiore di condivisione e un esame più approfondito. Per tali ragioni, annuncia voto contrario sulla proposta del relatore.

Antonio PALAGIANO (IdV), annunciando voto contrario sulla proposta del relatore, rileva che il progetto di legge che si propone di adottare come testo base presenta rilevanti profili di incostituzionalità. Esso, infatti, espone il paziente alla violenza di un atto medico che questi ha espressamente dichiarato di rifiutare, violando palesemente almeno l'articolo 32 della Costituzione. Al riguardo, ricorda anche come da tutte le audizioni svolte sia emersa con chiarezza l'inscindibilità dell'alimentazione e dell'idratazione artificiali da un complesso più ampio di atti sulla cui natura medica non può nutrirsi alcun dubbio.

Massimo POLLEDRI (LNP) esprime, a titolo personale, apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, la cui proposta è pienamente corretta sotto il profilo procedurale e rispettosa dell'esame svoltosi presso l'altro ramo del Parlamento. Ritiene, in particolare, che il confronto che ha avuto luogo in Commissione sia servito a preparare il terreno per un dialogo che il relatore, preannunciando la volontà di modificare il testo, ha confermato di voler intraprendere.

Ileana ARGENTIN (PD) riconosce che, da parte della maggioranza, vi è stato un atteggiamento di apertura, ma giudica decisamente deludente la proposta del relatore. Auspica, comunque, che si possano predisporre emendamenti bipartisan al fine di migliorare il testo.

Laura MOLTENI (LNP) ringrazia, anche a nome del suo gruppo, il relatore per il lavoro svolto sin qui e sottolinea come il progetto di legge trasmesso dal Senato sia il frutto di un confronto ampio e approfondito, che non sarebbe opportuno disperdere. Rileva, peraltro, che il relatore ha confermato il suo atteggiamento di apertura con riferimento alla prossima fase emendativa. Annunciando, quindi, il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta del relatore, sottolinea l'esigenza di un testo equilibrato, che tuteli anche quanti decidano di non sottoscrivere una dichiarazione anticipata di trattamento.

Lucio BARANI (PdL), annunciando il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta del relatore, che ringrazia per l'importante lavoro svolto, sottolinea come tale proposta sia rispettosa dell'espressione della volontà popolare che si è sostanziata nell'approvazione, da parte del Senato, del progetto di legge n. 2350.

Nunzio Francesco TESTA (UdC), pur esprimendo perplessità sul modo in cui la


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Commissione ha proceduto nell'esame del provvedimento in titolo, dichiara di condividere sostanzialmente il contenuto del progetto di legge approvato dal Senato e annuncia, pertanto, il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta del relatore.

Giovanni Mario Salvino BURTONE (PD), intervenendo per un richiamo al regolamento, chiede al presidente di chiarire se esista una norma regolamentare che consenta di limitare o impedire che si apra un dibattito sulla proposta di adozione del testo base.

Carlo CICCIOLI, presidente, precisa che il dibattito si è svolto ai sensi del regolamento e può considerarsi concluso con la replica del relatore e del Governo. Nulla vieta, tuttavia, che, come sta avvenendo, i colleghi intervengano in dichiarazione di voto al momento di passare alla votazione sull'adozione del testo base.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo della proposta di legge n. 2350, approvata dal Senato.

Livia TURCO (PD) chiede la verifica della regolarità della votazione.

Carlo CICCIOLI, presidente, dispone la controprova del voto. Procede quindi, ai sensi dell'articolo 53, comma 3, all'appello nominale e conferma l'esito della votazione testé effettuata. Avverte, altresì, che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, provvederà a fissare il termine per la presentazione degli emendamenti.Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.25.

COMITATO RISTRETTO

Mercoledì 28 ottobre 2009.

Disposizioni in materia di raccolta e utilizzo del sangue cordonale.
C. 361 Volontè, C. 548 Bertolini, C. 961 Colucci, C. 1214 Di Virgilio e C. 2040 Mosella.

Audizione informale di rappresentanti dell'Associazione Scienza & vita, dell'Associazione per la conservazione delle cellule staminali adulte e neonatali (ACSAN) e di esperti in materia di sangue cordonale.

L'audizione informale è stata svolta dalle 15.25 alle 15.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione delle direttive 2006/17/CE e 2006/86/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani nonché per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.
Atto n. 129.