Doc. II, n. 9




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta si intende proseguire e consolidare il processo di riforma delle nostre istituzioni, avviato agli inizi degli anni Novanta con la stagione dei referendum elettorali, sulla via della costruzione di una democrazia dell'alternanza. In questa direzione, un ruolo rilevante viene riconosciuto alle riforme del Regolamento della Camera, introdotte con le novelle del 1997, che hanno consentito per quanto concerne, principalmente, l'organizzazione dei lavori della Camera - ora articolata in tre atti fondamentali: il programma, il calendario e l'ordine del giorno - una trasformazione in linea con il nuovo assetto del sistema politico, divenuto tendenzialmente bipolare (Aa.Vv., Il Parlamento del bipolarismo: un decennio di riforme dei regolamenti delle Camere, ARSAE - Associazione per le ricerche e gli studi sulla rappresentanza politica nelle assemblee elettive, Il Filangieri. Quaderno; 2007, Napoli, Jovene editore).
Nell'insieme, l'impianto delineato ha dato prova di funzionare e le critiche sull'efficienza e la produttività delle Camere, non sempre generose, non devono far dimenticare questo dato. Oggi i tassi di attuazione dei calendari sono notevolmente aumentati e questo consente, da diverse legislature, all'esecutivo e alla maggioranza che lo sostiene, di portare all'approvazione quei provvedimenti che ritengono prioritari per l'azione di governo. Queste disposizioni abbinate con l'istituto del contingentamento dei tempi, oramai applicato in via generalizzata ed automatica ad ogni argomento iscritto in calendario - salve le eccezioni previste dal Regolamento, in particolare per i decreti-legge - hanno garantito la certezza dei tempi per quanto attiene ad ogni fase del procedimento legislativo, dalla discussione generale all'esame degli articoli, fino alle votazioni finali.
Non si può ignorare come le novelle regolamentari (ed in particolare quella del 1997 alla Camera) nonché la loro applicazione, favorita dalla preponderanza numerica dello schieramento maggioritario (conseguenza del premio previsto dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270), fanno sì che «il "diritto alla decisione" della maggioranza governativa è ora tutelato con una serie di strumenti regolamentari che lo fanno alla fine prevalere su qualsiasi altro diritto dell'opposizione ed anche sulle residue possibilità di ostruzionismo parlamentare» (A. Manzella, I rischi dell'assolutismo maggioritario in Italianieuropei, 2002, n. 2). Questi stessi strumenti hanno consentito, a titolo di esempio, l'approvazione in legge del c.d. lodo Alfano in poco più di venti giorni (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato, legge 23 luglio 2008, n. 124).
Le innovazioni introdotte sul piano normativo nell'ultimo decennio, tra cui la stessa legge elettorale maggioritaria, hanno rafforzato il Governo e dato stabilità alle maggioranze, ma non hanno ancora introdotto quei contrappesi necessari a tenere in equilibrio i poteri, quei checks and balances propri invece delle altre democrazie. Questa carenza ha finito col determinare un progressivo svuotamento delle prerogative del Parlamento, da un lato con il ridimensionamento del ruolo di indirizzo e di controllo delle Camere e, dall'altro, con l'eccessiva ingerenza dell'esecutivo nella attività normativa che ha finito per assorbire completamente anche la funzione legislativa del Parlamento.
Seppure pronunciate in un contesto diverso - di contestazione alla proposta di riforma della Costituzione, respinta con il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006 - le parole di Leopoldo Elia sui rischi di questa situazione sono ancora di grande efficacia. «Da questo incrocio nasce un sistema a tenuta stagna, a circolo chiuso, che non lascia aperto nessuno spiraglio di dialettica politica seria all'indomani delle elezioni. Nel lungo intervallo di legislatura si realizza in pieno l'affermazione di Rousseau, secondo il quale il popolo inglese è libero solo il giorno in cui vota mentre è schiavo negli altri giorni. A quel punto la storia si ferma e ci si dà appuntamento tra cinque anni; mentre il tempo continua a scorrere utilmente solo per chi ha vinto le elezioni» (L. Elia, Una forma di governo unica al mondo, in Costituzione. Una riforma sbagliata. Il parere di sessantatrè costituzionalisti, a cura di F. Bassanini, Passigli Editori, 2004, p. 363).
Il tema della separazione dei poteri e del loro equilibrio è di grande attualità, anche in altri paesi europei, come nel Regno Unito e in Francia, dove la «dinamica bipolare» è da tempo operante. Particolarmente interessante è la recente riforma della Costituzione francese approvata nel luglio 2008 attraverso la quale le torsioni che il regime semipresidenziale portava con sé da tempo sono state corrette con una riforma che ha restituito poteri al Parlamento. Infatti, ad un più esplicito riconoscimento dei poteri spettanti al Presidente della Repubblica si abbina una significativa valorizzazione del Parlamento (mitigando così le forme di «tutela» che allo stesso erano state imposte nella Costituzione del 1958): valorizzazione realizzata, tra l'altro, riconoscendogli espressamente, oltre alla funzione legislativa, quella di controllare l'azione del Governo e di valutare le politiche pubbliche (articolo 24); rafforzando i suoi poteri di indirizzo (articolo 34-1); prevedendo termini minimi per l'avvio dell'esame in Assemblea dei progetti di legge, pari, in prima lettura, a sei settimane dalla presentazione e, in seconda lettura, a quattro settimane dalla trasmissione (articolo 42); disciplinando più accuratamente il diritto di emendamento (articolo 44); rompendo il principio del dominio del Governo sull'ordine del giorno delle Camere, con apposite riserve di spazi a favore del controllo e della valutazione delle politiche pubbliche, alle iniziative di opposizione e alle questioni poste dai singoli parlamentari (articolo 48); rivitalizzando le Commissioni, permanenti, speciali e d'inchiesta (artt. 43 e 51-2); riconoscendo diritti specifici ai Gruppi di opposizione e a quelli di minoranza (articolo 51-1); e infine adeguando le procedure comunitarie alle significative novità introdotte in proposito dal trattato di Lisbona (N. Lupo, Osservatorio sulle fonti, www.osservatoriosullefonti.it, fascicolo n. 3, 2008).
Riprendere il processo di riforme significa quindi intervenire per razionalizzare il ruolo del Governo in Parlamento ma, contestualmente, affrontare il tema delle garanzie democratiche in un sistema maggioritario. Nessuna democrazia è esente da rischi e il pericolo, paventato da molti, di una involuzione autoritaria non si affronta però con un ritorno a modelli assembleari. L'approdo definitivo a una forma di democrazia decidente è comunque pienamente compatibile con il sistema parlamentare. Il governo delle società complesse e globalizzate, come testimoniato dalla recente crisi internazionale, ha bisogno di istituzioni democratiche più forti, per assicurare: più trasparenza, più controllo, più contraddittorio nell'assumere decisioni.
Come accennato prima, nelle democrazie occidentali, da tempo è aperta la questione della redistribuzione dei poteri costituzionali tra Parlamento e Governo, ma quando si affrontano temi di questa portata non si devono smarrire quelli che sono i principi fondanti delle democrazie costituzionali contemporanee: il primo è che il Parlamento è il luogo della rappresentanza generale, il secondo è che il Parlamento e il Governo sono due poteri separati, il terzo principio inderogabile è che il Parlamento e il Governo sono pari ordinati nelle diversità delle funzioni che svolgono. Nella proposta di modifica del Regolamento del Popolo della Libertà (Doc. II, n. 3, Cicchitto ed altri) si afferma che i Regolamenti parlamentari «determinano la concreta configurazione delle forme di governo in modo più sotterraneo, ma assai più penetrante delle stesse previsioni costituzionali». Si afferma quindi, esplicitamente, l'intento di modificare la forma di governo, utilizzando uno strumento quanto meno inappropriato, quali sono i Regolamenti parlamentari, senza il dovere e l'onere di un confronto costituzionalmente corretto di revisione della Costituzione.
In questo quadro le modifiche proposte dal Gruppo del Partito Democratico consentono, invece, al Parlamento, a Costituzione invariata, di recuperare, in forme nuove e adeguate ai tempi, un ruolo centrale nei processi di governance. La soluzione preferibile rimane quella di riprendere il percorso delle riforme costituzionali avviato nella passata legislatura attraverso la modifica di alcuni articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento (ora A.C. 441, Amici ed altri «Modifica di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica»). Questo non esclude, però, la possibilità di alcuni interventi sul Regolamento, già da subito, con effetti immediati di grande rilevanza: un iter legislativo dai tempi certi e più rapidi; una procedura più ordinata per una legislazione di qualità; una migliore programmazione dei lavori parlamentari; un rafforzamento delle garanzie e dei poteri delle opposizioni; un rafforzamento del ruolo di controllo del Parlamento nei confronti del Governo.

Razionalizzazione dell'azione del Governo in Parlamento evitando gli abusi della decretazione d'urgenza.

La «corsia preferenziale».

La presente proposta di modifica del Regolamento mira a dotare il Governo di strumenti idonei a garantire tempi certi e ragionevoli per l'approvazione delle proprie proposte legislative, prevedendo, al contempo, norme per evitare abusi da parte dell'esecutivo della decretazione d'urgenza. Gli strumenti regolamentari che l'esecutivo avrà a sua disposizione prevedono una «corsia preferenziale» per i disegni di legge che il Governo riterrà opportuno dichiarare «urgenti» la cui votazione finale dovrà avvenire entro il trentesimo giorno dalla dichiarazione d'urgenza.
I tempi di approvazione equivarranno, sostanzialmente, quindi a quelli dei decreti-legge, ma il numero complessivo delle proposte che potranno essere dichiarate urgenti sarà legato al numero di decreti che il Governo presenterà alla Camera nell'ambito del medesimo programma di lavoro dell'Assemblea. A regime sarebbero consentiti quattro progetti di legge «urgenti» (due del Governo, uno della maggioranza, e uno dell'opposizione) per ogni programma di lavori trimestrali e tre, ferma restando la quota delle opposizioni, per ogni programma di lavoro bimestrale. Per ogni decreto-legge eccedente la quota prevista di urgenze il Governo dovrà indicare il progetto di legge per il quale rinuncia alla dichiarazione d'urgenza (naturalmente la presentazione di un decreto non incide sulle proposte «urgenti» dell'opposizione). Il vantaggio di questa disposizione è duplice: garantisce una «corsia privilegiata» e sicura per i provvedimenti del Governo e riporta nell'alveo della Costituzione il ricorso alla decretazione d'urgenza, consentita solo «in casi straordinari di necessità e d'urgenza».

Un iter più snello in Aula e in Commissione: rilancio della sede redigente.

Nella medesima direzione vanno le proposte di modifica volte a razionalizzare l'iter in Commissione e in Assemblea la cui funzione viene ricondotta, in una logica più moderna, a luogo delle grandi scelte politiche, abbandonando il modello ottocentesco, al quale un cattivo modo di legiferare ci sta portando, dove il lavoro del legislatore è riconosciuto solo in quello dell'Aula.
L'esame in Commissione in sede redigente diventa la procedura ordinaria, prevedendo, al contempo, una «clausola di salvaguardia» che permette il ritorno alla sede referente. La «clausola di salvaguardia» può essere richiesta, in sede di predisposizione del calendario, o da uno o più presidenti di Gruppo che rappresentino almeno un quarto dei deputati; nel corso dell'esame in Commissione da almeno un quarto dei componenti della Commissione stessa. Inoltre legittimato ad attivare tale «clausola» è sempre il Governo; peraltro per i progetti di legge assoggettabili a scrutinio segreto tale facoltà è attribuita ad un decimo dei componenti della Camera. L'esame in sede redigente prevede che l'Assemblea si riservi l'approvazione senza dichiarazioni di voto dei singoli articoli, nonché l'approvazione finale con dichiarazioni di voto del progetto di legge formulato in Commissione.
È evidente che il ricorso ordinario alla sede redigente ridurrebbe notevolmente il carico di lavoro dell'Aula (dove si svolgerebbe, oltre alla discussione sulle linee generali, solo la votazione dei singoli articoli e il voto finale).
Risultano ridotti anche i termini di conclusione dell'esame in sede referente per garantire il rispetto delle previsioni del calendario dei lavori dell'Assemblea. Infatti, le relazioni delle Commissioni sui progetti di legge dovranno essere presentate entro quarantacinque giorni (contro i due mesi attuali), dall'inizio dell'esame in sede referente, quindici giorni (invariato rispetto al testo vigente) per i decreti legge ed entro venti giorni dalla dichiarazione d'urgenza per i progetti «urgenti». In ogni caso però almeno un terzo del tempo disponibile è destinato allo svolgimento delle attività conoscitive, ossia audizioni di esperti, associazioni di categorie, ecc., e almeno la metà del tempo alla formulazione del testo vero e proprio, l'articolato. Sempre più spesso, infatti, arrivano al voto dell'Assemblea testi sui quali non è stata svolta alcuna istruttoria.

Viene rivista anche l'organizzazione dei tempi per l'esame dei provvedimenti in Assemblea. Si riduce lo spazio per la discussione sulle linee generali, a favore della discussione degli articoli e delle fasi successive (ordini del giorno e dichiarazioni di voto finale). Per quanto riguarda i tempi degli interventi, gli stessi sono fortemente ridotti: da trenta a quindici minuti per gli interventi in discussione generale; da quarantacinque a venti minuti per gli interventi nelle discussioni sulle linee generali dei progetti di legge costituzionale, di delegazione legislativa, in materia elettorale e per la ratifica di trattati ritenuti di particolare rilevanza politica; da venti a dieci minuti per gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Come è evidente dalle modifiche suggerite, non condividiamo la proposta avanzata dai deputati del Gruppo del Popolo della Libertà, con la quale, a Costituzione invariata, si vuole attribuire al Governo formalmente «un ruolo di guida dell'attività parlamentare, ed in particolare dei procedimenti legislativi, in modo da esercitare la funzione di comitato direttivo della maggioranza» (Doc. II, n. 3, Cicchitto ed altri).
Presupposto di questo disegno sarebbe il mutamento registrato dal nostro sistema politico-istituzionale per l'effetto combinato di due condizioni: 1) l'affermazione di una dinamica bipolare con alternanza fra le diverse coalizioni politiche; 2) l'indicazione preventiva del capo della coalizione (che di fatto comporta l'investitura diretta del Premier). Forzata la Costituzione materiale, tra l'altro ad opera della contestatissima legge elettorale n. 270 del 2005, si tratterebbe di adeguare i Regolamenti parlamentari al nuovo regime. Secondo questa tesi - che non contempla una possibile dissociazione tra le proposte del Governo e quelle dei Gruppi parlamentari che lo sostengono - il potere di determinare l'oggetto e i tempi della decisione parlamentare spetterebbe unicamente all'esecutivo, mentre all'opposizione verrebbe attribuita una funzione residuale di mero controllo, non potendo incidere sulla formazione dell'indirizzo politico e su quella delle leggi. Si propone sostanzialmente una nuova forma di governo in cui si attribuiscono nuovi, importanti, significativi poteri reali al Governo bilanciandoli con poteri solo apparenti all'opposizione parlamentare. Se questa riforma del Regolamento venisse approvata avremmo un presidenzialismo senza contrappesi. Leopoldo Elia, nei suoi ultimi scritti, invitava a riflettere su come la nuova frontiera del costituzionalismo non fosse più quella di distinguere tra presidenzialismo, semipresidenzialismo, governo parlamentare, ma tra sistemi equilibrati e sistemi che equilibrati non sono, dove per equilibrio si intende l'equilibrio tra i poteri costituzionalmente garantiti. Questa posizione portata, quindi, alle sue estreme conseguenze non riconoscerebbe più il Parlamento come un'unità omogenea, distinguendo giuridicamente tra maggioranza e opposizione, e intaccherebbe uno dei pilastri su cui si reggono le democrazie liberali, la separazione dei poteri, modificando surrettiziamente il nostro modello costituzionale, senza passare per la strada principale del procedimento di revisione previsto dall'articolo 138 della Costituzione (A. Saitta, Sulle proposte di modifica dei regolamenti parlamentari ad inizio di XVI legislatura, www.associazionedeicostituzionalisti.it). Nella proposta di modificazione del Regolamento, presentata dalla maggioranza, si sostiene infatti: «In un regime parlamentare caratterizzato dall'alternanza tra schieramenti contrapposti, il compito assegnato al principio della separazione dei poteri da Locke e Montesquieu non passa più attraverso la separazione del legislativo dall'esecutivo, quanto piuttosto dalla dialettica tra il continuum Governo-maggioranza, da una parte, e opposizione, dall'altra» (Doc. II, n. 3, Cicchitto ed altri). Nelle democrazie parlamentari contemporanee, il bilanciamento tra i poteri che il costituzionalismo classico assegnava alla separazione tra legislativo ed esecutivo, è garantito, di fatto, dalla dialettica tra il continuum Governo- maggioranza da un lato e l'opposizione dall'altro. Questo però non annulla la separazione dei poteri e le funzioni attribuite al Parlamento nel suo insieme perché, a Costituzione invariata, questa teoria non è traducibile in una soluzione concreta attraverso una semplice riforma regolamentare senza eccedere i limiti della legittimità costituzionale. La nostra Carta costituzionale prevede un dato fondante che è l'unità del Parlamento e il Parlamento è il rappresentante generale della nazione. L'unità del Parlamento non può, quindi, essere frantumata in due tronconi autonomi, da un lato Governo-maggioranza e, dall'altro, l'opposizione senza violare la Costituzione. In un sistema presidenziale la separazione dei poteri è garantita solo da una netta separazione tra legislativo ed esecutivo. Il continuum Governo-maggioranza da un lato e, opposizione dall'altro, si può virtuosamente realizzare solo in un sistema costituzionale in cui il ruolo del Parlamento è centrale, in cui il Governo è espressione diretta e assoluta della volontà parlamentare, in cui il sistema elettorale garantisca realmente la possibilità di scelta da parte degli elettori, in cui i partiti, elemento chiave nella democrazia parlamentare, abbiano garanzie di democrazia interna.
Certamente ulteriori passi in avanti sulla strada del rafforzamento della posizione del Governo in Parlamento sono possibili, come abbiamo affermato più volte: «non ci sottrarremo a una discussione costruttiva sulle regole costituzionali e regolamentari, due piani che non possono essere disgiunti» (W. Veltroni, Più rapidi ma con nuove regole, La Stampa, 9 ottobre 2008). Prima però va recuperata una condizione di normalità e di rispetto delle regole. La prassi deprecabile dei maxiemendamenti e del contestuale abuso delle questioni di fiducia, per non parlare del ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza e dell'uso scorretto della delegazione legislativa (R. Zaccaria, E. Albanesi La delega legislativa tra teoria e prassi, www.associazionedeicostituzionalisti.it) hanno gravemente depotenziato il ruolo del Parlamento. Forzare oltre le regole costituzionali costituirebbe una minaccia agli equilibri della forma di governo parlamentare.

Garanzie e poteri delle opposizioni.

Molte le novelle proposte per rafforzare il ruolo delle opposizioni alla Camera, il cui riconoscimento è stato sancito con le modifiche al Regolamento del 1997. Le novità allora introdotte sono state diverse e significative, ma il bilancio non è stato sempre positivo. Molti degli spazi riconosciuti alle opposizioni si sono rivelati solo una sorta di «vetrina» spesso neppure molto visibile. Il ruolo delle opposizioni non può e non deve esaurirsi in una sorta di «diritto di tribuna», occorre invece riconoscere ad esse poteri e controlli effettivi. Con le modifiche del Regolamento che qui si intendono produrre scegliamo, dopo dieci anni di attuazione della riforma del 1997, di dare corpo ai poteri e alle prerogative delle opposizioni ovvero a quel complesso di regole giuridiche che determinano e disciplinano un insieme di diritti, potestà, doveri, competenze e mezzi attraverso i quali le minoranze che integrano il soggetto politico opposizione parlamentare, sono messe in grado di assolvere la propria funzione costituzionale (A. Rinella, Lo «Statuto costituzionale» dell'opposizione parlamentare, Edizioni Università di Trieste).
Con la scelta di preferire la componente funzionale dell'opposizione parlamentare non si intende rinunciare per sempre alla «istituzionalizzazione» della stessa attraverso il riconoscimento regolamentare del «Governo-ombra»: semplicemente, insieme a molti studiosi (A. Pertici, Il Parlamento tra Governo e Governo-ombra: prime note sulle recenti proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, www.associazionedeicostituzionalisti.it; A. Saitta, Sulle proposte di modifica dei regolamenti parlamentari ad inizio di XVI legislatura, www.associazionedeicostituzionalisti.it), mentre riaffermiamo l'importanza di questa scelta tutta politica ci sembra che la sua istituzionalizzazione possa avvenire solo dopo che una riforma costituzionale da noi auspicata abbandoni il bicameralismo perfetto che oggi caratterizza il nostro Parlamento. Quella del Partito Democratico è, si ripete, una scelta di organizzazione politica. Il Governo-ombra per avere un qualche senso parlamentare ha bisogno di una riforma costituzionale. I modelli costituzionali che prevedono un ruolo definito per il Governo-ombra sono tutti modelli anglosassoni, sono tutti regimi parlamentari con un'unica Camera politica, sono tutti sistemi in cui l'elezione del Governo è un fatto esclusivamente parlamentare, anzi per dirla con Bagehot, è il pilastro centrale dell'assetto istituzionale, la funzione principale della Camera. Bagehot, per il modello cosiddetto Westminster, qualifica il Gabinetto come un Comitato scelto per il governo della Nazione in base alla fiducia dell'Assemblea legislativa. Cioè, il Governo in un sistema parlamentare è una sorta di super Commissione parlamentare ed è espressione di una maggioranza parlamentare. Immaginare Governi-ombra in assetti costituzionali di tipo presidenziale o pseudo-presidenziale come questo, è sbagliato ed è anche pericoloso. Non possono inoltre tacersi i problemi di coordinamento che potrebbero nascere tra «il capo dell'opposizione e il/i presidente/i del/dei Gruppo/i che è chiamato a rappresentare, in ragione della molteplicità di norme regolamentari che opportunamente riconoscono prerogative specifiche ai presidenti di Gruppo» (F. Rosa, Il Parlamento all'ombra del Governo in due recenti proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, Osservatorio sulle fonti, www.osservatoriosullefonti.it, fascicolo n. 3, 2008).
Questo del modello Westminster è un modello interessante, ma per essere tale deve avere dei requisiti costituzionali assolutamente non ambigui. Quindi noi diciamo no al modello del Governo-ombra non perché disconosciamo un'opzione politica che abbiamo fatto, ma perché quello che la riforma del Regolamento del Popolo della Libertà propone è una finzione. È una finzione molto pericolosa che viene utilizzata per mascherare la vera scelta che c'è dietro la riforma del Regolamento: tutto il potere al Presidente del Consiglio, al suo Governo, alla sua maggioranza.

La Giunta per il Regolamento e il Comitato per la legislazione: composizione e funzioni.

Si introduce la possibilità di ricorrere alla Giunta per il Regolamento su richiesta di un terzo dei deputati, per questioni di interpretazione del Regolamento.
La composizione della Giunta per il Regolamento garantirà, inoltre, la rappresentanza paritaria tra maggioranza e opposizione.
La presidenza del Comitato per la legislazione spetterà di diritto all'opposizione. Il Comitato potrà esprimere il proprio parere sul testo risultante dalle modifiche introdotte dalla Commissione, onde evitare che il parere sia espresso su un testo che non è quello che effettivamente arriverà all'esame dell'Aula. Qualora la Commissione non intenda adeguare il testo alle condizioni contenute nel parere del Comitato, le stesse si intendono presentate come emendamenti e sono poste in votazione in Aula. Si prevede inoltre che il parere sia sempre espresso su progetti di legge contenenti deleghe o su disposizioni volte a trasferire alla potestà regolamentare del Governo materie già disciplinate per legge.

L'Opposition day.

Viene introdotto nel nostro Regolamento un istituto del Parlamento britannico, l'Opposition day, utilizzando lo spazio che già ora il Regolamento della Camera riserva ai temi scelti dai Gruppi parlamentari di opposizione, ma introducendo maggiori garanzie per assicurare che le proposte delle opposizioni siano effettivamente discusse sul testo presentato dalle opposizioni stesse. Ad esempio, sulle proposte di legge delle opposizioni possono essere presentate unicamente pregiudiziali di costituzionalità, e sono messe in votazione solo al termine della discussione generale. Inoltre, sugli argomenti iscritti all'ordine del giorno su proposta dei Gruppi di opposizione non è ammessa la richiesta di inversione dell'ordine del giorno o di rinvio dell'esame. Durante l'esame in Commissione delle proposte di legge in quota all'opposizione, la Commissione non può decidere l'abbinamento con altre proposte di legge, né modificare il testo senza il consenso del Gruppo proponente e gli emendamenti approvati dalla Commissione senza il consenso del Gruppo proponente sono inclusi nella relazione e presentati e votati come emendamenti in Assemblea.

Poteri di controllo.

Ogni mese su richiesta dei Gruppi di opposizione si svolgono, in diretta televisiva, quattro dibattiti politici, di almeno trenta minuti, su temi di rilevanza generale e di particolare attualità politica.
Viene rafforzato lo strumento del question time (quesito orale), prevedendo la possibilità che se il Governo comunica di non potere intervenire, il Presidente della Camera mantiene lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno fino a che le stesse non vengano svolte.
Le interpellanze urgenti che ciascun presidente di Gruppo può sottoscrivere per ogni mese di lavoro parlamentare aumentano da due a tre, fermo restando il numero di interpellanze urgenti che ciascun deputato può sottoscrivere.
Nell'ambito dei lavori in Commissione, nel deliberare lo svolgimento di indagini conoscitive, almeno una all'anno è garantita alle opposizioni: su richiesta di un terzo dei componenti della Commissione possono essere disposte procedure di indagine, informazione e controllo.
Per quanto riguarda l'espressione dei pareri sugli schemi di atti normativi del Governo, qualora lo stesso non intenda conformarvisi, ha l'obbligo di dare comunicazione scritta delle ragioni del mancato recepimento.

Qualità della legislazione.

Non meno significative sono le misure proposte per migliorare la qualità della legislazione, interventi, oggi si direbbero bipartisan, pensati nell'interesse generale per riqualificare la funzione legislativa del Parlamento e rendere più efficace e incisiva l'azione di governo.
Lo snodo centrale della riforma ruota intorno ad un più ordinato svolgimento dei lavori parlamentari, esaltando l'importanza del ruolo svolto in Commissione.

Assegnazione, emendamenti e maxiemendamenti.

Si prevedono disposizioni più stringenti per l'assegnazione dei progetti di legge, per quanto attiene alla competenza delle Commissioni.
Il Presidente della Camera o della Commissione dichiara irricevibili i maxiemendamenti.
Per favorire il lavoro, più ordinato, presso la Commissione competente, viene disincentivata la presentazione di nuovi emendamenti in Assemblea. Commissione e Governo possono presentare emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi a determinate condizioni, ma questi sono messi in votazione solo ventiquattro ore dopo l'annuncio della loro ammissibilità. Complessivamente si vuole impedire che la presentazione degli emendamenti in Assemblea sia solo un modo per aggirare l'esame in Commissione.

Il ruolo di controllo del Parlamento nei confronti del Governo: il Comitato di controllo sulla spesa pubblica.

Il controllo è funzione che compete al Parlamento, sebbene le parti che siedono al suo interno lo esercitino sulla base di differenti indirizzi politici. Sarebbe dunque un errore pensare che la maggioranza parlamentare non abbia interesse a controllare e non controlli l'esecutivo; un esempio in tal senso è fornito dall'esperienza britannica, dove uno dei principali contrappesi al Premier è il partito di maggioranza (F. Rosa, Il Parlamento all'ombra del Governo in due recenti proposte di modifica dei regolamenti parlamentari, Osservatorio sulle fonti, www.osservatoriosullefonti.it, fascicolo n. 3, 2008). L'esercizio della funzione di controllo dovrebbe essere quindi sotteso da due logiche distinte: la prima, di tipo avversariale, connota tutti gli strumenti attraverso cui si realizza il confronto tra la maggioranza e l'opposizione (ad esempio i question time e i dibattiti) con l'obiettivo di chiamare il Governo a render conto delle proprie scelte e a confrontare il proprio indirizzo politico con quello promosso dalle minoranze presenti in Parlamento; la seconda, in verità alquanto rarefatta nella nostra vita parlamentare, è caratterizzata dal prevalere di un approccio bipartisan, nella convinzione che esistono informazioni che è di comune interesse di tutte le parti che siedono in Parlamento acquisire, al fine di mettere il Parlamento - in quanto istituzione direttamente rappresentativa dell'intera popolazione e diretta espressione della sovranità popolare - nella condizione di svolgere al meglio quelle funzioni di indirizzo e controllo che la Costituzione gli assegna. Per questo accanto agli strumenti di controllo propri delle opposizioni si istituisce il Comitato di controllo sulla spesa pubblica che avrà il compito di vigilare sull'efficacia, efficienza ed economicità della spesa pubblica, in modo da garantire un controllo ex post da parte del Parlamento sulla legislazione.
La sua composizione garantirà la rappresentanza paritaria tra i Gruppi di maggioranza e di opposizione che lo presiederanno alternandosi. Il Comitato approverà relazioni che saranno discusse e votate dall'Assemblea alla presenza di un rappresentante del Governo.
La presente proposta intende apportare modifiche agli articoli 14, 16, 16-bis, 23, 24, 25, 26, 39, 40, 69, 72, 77, 79, 81, 85, 86, 87, 92, 96, 96-bis, 96-ter, 113, 118, 123-bis, 124-bis, 130, 135-bis, 138, 138-bis, 143 e 144 del Regolamento della Camera dei deputati.
Con il nuovo comma 1 dell'articolo 14 del Regolamento si propone un norma «anti-frammentazione» che prevede che per costituire un Gruppo parlamentare occorre che vi aderiscano almeno venti deputati eletti con riferimento al medesimo contrassegno e che, con riferimento ad un contrassegno, non possa essere costituito più di un Gruppo. Per evitare, inoltre, il fenomeno dei deputati «in prestito» al fine della costituzione di un Gruppo, si prevede che coloro che aderiscono ad un Gruppo non corrispondente al contrassegno con riferimento al quale sono stati eletti non sono computati ai fini del numero minimo richiesto per la costituzione di un Gruppo e per la sua permanenza. Non sono previste deroghe a questi criteri.
Per quanto riguarda il Gruppo misto si propone che solo con dieci deputati (senza eccezioni) possano formarsi componenti politiche all'interno dello stesso purché gli stessi rappresentino un partito o movimento politico, la cui esistenza, alla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati, risulti in forza di elementi certi e inequivoci, e che abbia presentato, anche congiuntamente con altri, liste di candidati ovvero candidature in collegi uninominali. Può altresì essere autorizzata la costituzione di una componente del Gruppo misto qualora lo chiedano almeno quindici deputati già appartenenti allo stesso Gruppo, dopo almeno ventiquattro mesi dall'inizio della legislatura, purché rappresentino un partito o un movimento organizzato nel Paese.
Tali proposte di modifica hanno lo scopo di evitare l'eccessivo proliferare di Gruppi parlamentari derivante dall'asimmetria tra il dato elettorale e quello regolamentare, così come verificatosi, ad esempio, nel corso della XV legislatura durante la quale si sono formati quattordici Gruppi, di cui tredici costituitisi nella prima fase della legislatura (sette di diritto e sei autorizzati) ed uno costituitosi nel suo corso. Oltre alle componenti politiche del misto (minoranze linguistiche, Movimento per le autonomie, Socialisti per la Costituente, Repubblicani, Liberali e Riformatori e La Destra) ed alcuni deputati indipendenti.
Con le modifiche all'articolo 16 si interviene sulla composizione della Giunta per il Regolamento. Ferma restando la composizione numerica di base di dieci deputati, si prevede che il Presidente li nomini, in modo da garantire la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni. Tale composizione può essere successivamente integrata per una maggiore rappresentatività, ferma restando la composizione paritetica. Si prevede, inoltre, che su richiesta di un terzo dei deputati la Giunta si pronunci sulle questioni di interpretazione del Regolamento.
Con le modifiche proposte all'articolo 16-bis si prevede un rafforzamento del Comitato per la legislazione. La presidenza del Comitato spetta all'opposizione e le modificazioni da questo formulate, a seguito della richiesta di parere, se non accolte dalle Commissioni di merito, sono proposte come emendamenti.
Il Comitato si pronuncia sempre sui progetti di legge contenenti norme di delegazione legislativa o disposizioni di delegificazione.
Il Comitato si esprime sul testo risultante dalle modifiche introdotte dalla Commissione (invece che sul testo adottato come base per il seguito dell'esame).
Per quanto riguarda la formazione del programma e del calendario dei lavori parlamentari, all'articolo 23 si prevede che i progetti di legge non possano essere inseriti prima di quarantacinque giorni (e non più due mesi) dall'effettivo inizio dell'esame da parte della Commissione. Tale norma non si applica ai progetti di legge per i quali sia stata dichiarata l'urgenza ai sensi dell'articolo 69.
Sono consentite altre eccezioni: in caso di consenso dei presidenti di Gruppo la cui consistenza numerica sia complessivamente pari ai tre quarti dei componenti della Camera; per i progetti già approvati dalla Camera e modificati dal Senato; per quelli rinviati alle Camere dal Presidente della Repubblica; per i progetti di legge costituzionale in seconda deliberazione, nonché per i disegni di legge di ratifica di trattati internazionali diversi da quelli che il Governo o un Gruppo ritengono di particolare rilevanza politica.
Per quanto attiene la predisposizione del calendario dei lavori, all'articolo 24, comma 3, si prevede che i progetti di legge e le mozioni inserite in calendario su richiesta dei Gruppi di opposizione, ove non conclusi, siano iscritti nel calendario successivo. Sugli argomenti iscritti su proposta dei Gruppi di opposizione non è ammessa la richiesta di inversione dell'ordine del giorno o di rinvio dell'esame, salvo consenso del Gruppo interessato.
Nel calendario sono indicati i giorni dedicati alla discussione degli argomenti iscritti su richiesta dei Gruppi delle opposizioni e l'orario di inizio e conclusione delle sedute.
La Conferenza dei presidenti di Gruppo stabilisce distintamente i tempi destinati alla discussione sulle linee generali, ivi compresa quella delle questioni incidentali, alla discussione degli articoli, nonché alle fasi successive fino al voto finale. Nella ripartizione dei tempi, il tempo attribuito ai relatori di minoranza è determinato in misura non inferiore alla metà di quello attribuito al relatore di maggioranza.
Per l'esame dei disegni di legge del Governo e dei progetti di legge di cui sia stata dichiarata l'urgenza, la Conferenza dei presidenti di Gruppo riserva ai Gruppi delle opposizioni tempi maggiori di quelli attribuiti ai Gruppi della maggioranza (di regola non inferiore ai due terzi del tempo complessivamente disponibile).
È comunque assegnato a ciascun Gruppo, per la discussione sulle linee generali un tempo complessivo non inferiore a quindici minuti (rispetto ai trenta minuti attualmente previsti), per la discussione degli articoli non inferiore a trenta minuti, per le fasi successive fino al voto finale quindici minuti. Ne deriverebbe un tempo minimo per Gruppo pari, per il seguito dell'esame fino al voto finale, a quarantacinque minuti.
Per i progetti di legge per i quali sia dichiarata l'urgenza la discussione è organizzata in modo da assicurare che la votazione finale abbia luogo entro il trentesimo giorno successivo alla dichiarazione dell'urgenza, comunque assicurando all'esame in Assemblea, di norma, almeno tre giorni.
All'articolo 25, per assicurare una programmazione dei lavori delle Commissioni che garantisca in via prioritaria l'esame dei progetti di legge e degli altri argomenti compresi nel programma e nel calendario dell'Assemblea che rispettino i termini degli articoli 23, 24 e 81, è predisposta un'organizzazione che destini almeno un terzo del tempo disponibile allo svolgimento delle attività conoscitive richieste da uno o più Gruppi di opposizione e almeno la metà del tempo alla formulazione del testo, in modo da garantire comunque il rispetto delle previsioni del calendario dei lavori dell'Assemblea.
Con l'articolo 26, nell'ordine del giorno sono indicati l'orario di conclusione della seduta, nonché l'ora di inizio e di conclusione delle votazioni.
Per quanto riguarda il tempo degli interventi se ne prevede una riduzione agli articoli 39, 85 e 138.
In particolare, la durata degli interventi in una discussione non può eccedere i quindici minuti (ora è di trenta minuti). Questo termine è raddoppiato (trenta minuti contro i sessanta attuali) per la discussione su mozioni di fiducia e di sfiducia ed è aumentato a venti minuti (contro i quarantacinque attuali) per la discussione sulle linee generali dei progetti di legge costituzionale, di delegazione legislativa, in materia elettorale e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali che il Governo o un Gruppo ritengono di particolare rilevanza politica.
All'articolo 40, concernente le questioni pregiudiziali e le questioni sospensive, si introduce un'altra norma a tutela dei Gruppi di opposizione. Tale norma prevede che non possa essere ammessa la presentazione di questioni pregiudiziali per motivi di merito e di questioni sospensive riferite ad argomenti iscritti nel calendario dei lavori su richiesta dei Gruppi di opposizione. Le questioni pregiudiziali sollevate per motivi di costituzionalità su tali argomenti sono poste in votazione al termine della discussione sulle linee generali.
Cambia, all'articolo 69, la dichiarazione d'urgenza di un progetto di legge.
Per ciascun programma dei lavori trimestrale non possono essere dichiarati urgenti complessivamente più di due progetti di legge su richiesta del Governo; un progetto di legge su richiesta dei presidenti di Gruppi di maggioranza; un progetto di legge su richiesta dei presidenti di Gruppi di opposizione. Nell'ambito dei programmi bimestrali, il Governo e i presidenti dei Gruppi di maggioranza possono chiedere che sia dichiarata l'urgenza complessivamente su due progetti di legge; un progetto di legge è dichiarato urgente su richiesta dei presidenti di Gruppi di opposizione. Non può essere dichiarata l'urgenza dei progetti di legge costituzionale, dei progetti di legge elettorale, dei progetti di legge di approvazione di bilanci e consuntivi, né dei progetti di legge riguardanti questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione (articolo 24, comma 12, ultimo periodo).
Per stabilire il quadro delle urgenze, si procede mediante un'intesa nella Conferenza dei presidenti di Gruppo. In mancanza di accordo, decide il Presidente della Camera tenendo conto del principio della consistenza numerica e della rotazione fra i Gruppi.
Ove, nell'ambito di un programma dei lavori, siano presentati o trasmessi alla Camera disegni di legge di conversione di decreti-legge eccedenti il numero di dichiarazioni d'urgenza previste dal Regolamento, il Governo indica il progetto di legge sul quale rinuncia alla dichiarazione d'urgenza. Si collega in questo modo la «corsia urgente» all'uso (o abuso) dei decreti-legge.
Per quanto riguarda l'assegnazione dei progetti di legge, all'articolo 72, si disciplina lo stralcio di quelle proposte non assegnabili, per la loro eterogeneità di contenuto, ad una sola Commissione, così come la possibilità di stralcio per quei progetti di legge che, pur rientrando nella competenza di una sola Commissione, contengano comunque disposizioni eterogenee.
Nello specifico, si prevede che se un progetto di legge contiene disposizioni che investano univocamente e in misura consistente la competenza di più Commissioni, ove il Presidente della Camera, valutato l'impianto complessivo del progetto di legge, non ne ritenga possibile l'esame in comune da parte delle medesime e ove ne sia avanzata richiesta da parte di uno o più presidenti di Gruppo la cui consistenza numerica sia complessivamente pari almeno a trenta deputati, prima di procedere alla sua assegnazione comunica all'Assemblea lo stralcio delle disposizioni riguardanti materie estranee a quelle prevalenti, che costituiscono uno o più autonomi progetti di legge di cui procede contestualmente all'assegnazione alla o alle Commissioni competenti. La stessa possibilità di stralcio vale anche per quei progetti di legge che investono la competenza di una sola Commissione ma contengano disposizioni eterogenee. Queste norme non si applicano al disegno di legge finanziaria e al disegno di legge comunitaria.
All'articolo 77, si introduce un quarto comma che disciplina l'esame in Commissione dei progetti di legge in quota all'opposizione. In particolare, qualora sia all'esame un progetto iscritto nel calendario dei lavori in quota all'opposizione, la Commissione non può decidere l'abbinamento con altre proposte di legge, né modificare il testo se non vi sia il consenso del Gruppo proponente. Gli emendamenti approvati dalla Commissione senza il consenso del Gruppo proponente sono inclusi nella relazione per l'Assemblea e sono sottoposti al voto dell'Assemblea come emendamenti della Commissione.
La deroga a tali norme è prevista solo con l'assenso dei Gruppi di opposizione interessati. In questo caso si procede all'esame di tutti i progetti di legge abbinati.
All'articolo 79, che disciplina l'istruttoria legislativa, si prevede che l'ufficio di presidenza ovvero il presidente della Commissione organizzino le attività conoscitive in modo da renderne lo svolgimento compatibile con i termini previsti dall'articolo 81 (termine per la presentazione della relazione: quarantacinque giorni per i progetti di legge ordinari; venti giorni per i progetti di legge urgenti) e con i criteri indicati dal comma 2 dell'articolo 25, selezionando a tal fine le richieste più utili per il compimento dell'istruttoria legislativa.
Ove la Commissione abbia all'esame un progetto di legge iscritto nel calendario dei lavori in quota all'opposizione, la Commissione, salvo il consenso del Gruppo richiedente, riferisce comunque all'Assemblea sul testo originario. In tal caso, gli eventuali emendamenti approvati dalla Commissione sono allegati alla relazione per l'Assemblea e si intendono ripresentati in Assemblea come emendamenti della Commissione.
Sono dichiarati irricevibili i maxiemendamenti.
Con le modifiche all'articolo 81 si prevede che le relazioni delle Commissioni sui progetti di legge debbano essere presentate nel termine di quarantacinque giorni dall'inizio dell'esame in sede referente.
Il termine è ridotto a quindici giorni per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Per i progetti di legge di cui sia stata dichiarata l'urgenza, le Commissioni debbono presentare la relazione entro il ventesimo giorno successivo alla data in cui è stata deliberata la dichiarazione d'urgenza.
All'articolo 85, il tempo degli interventi sul complesso degli emendamenti a disposizione di ciascun deputato è dimezzato a dieci minuti rispetto agli attuali venti. Il termine è raddoppiato per i progetti di legge costituzionale, di delegazione legislativa, in materia elettorale e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali di particolare rilevanza politica (venti minuti contro gli attuali quaranta). Diminuiti anche i tempi per i decreti-legge.
Per quanto riguarda la presentazione degli emendamenti in Assemblea, all'articolo 86 si prevede che il Presidente della Camera dichiari irricevibili i maxiemendamenti.
La Commissione e il Governo possono presentare emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi fino a che siano iniziate le dichiarazioni di voto sull'articolo o sull'emendamento cui si riferiscono. È assicurato comunque un termine non inferiore a tre ore per presentare subemendamenti. I suddetti emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi non possono essere esaminati prima del giorno successivo a quello nel quale è dato annuncio della loro ammissibilità.
Viene «rafforzato» il parere della Commissione bilancio: quando un emendamento contiene specifiche disposizioni su cui la Commissione bilancio abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionatamente a modificazioni specificatamente formulate, e la Commissione di merito non ne proponga l'adeguamento, s'intendono presentate come subemendamenti, e sono poste in votazione a norma dell'articolo 87, comma 3, le corrispondenti proposte di soppressione o modificazione del testo motivate con esclusivo riferimento all'osservanza dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, secondo il quale ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
La presentazione di emendamenti o subemendamenti, da parte del Governo o della Commissione, ad un progetto di legge di cui sia stata dichiarata l'urgenza, oltre il termine previsto (entro l'inizio della seduta nella quale ha inizio la discussione dell'articolo cui si riferiscono), provoca uno slittamento dei tempi. Prima di sottoporli al voto dell'Assemblea, il Presidente della Camera, rinvia, infatti, l'esame del progetto di legge e stabilisce un termine non inferiore a ventiquattro ore, decorrente dall'annuncio in Assemblea dell'ammissibilità dell'emendamento.
Per quanto riguarda la votazione dei testi alternativi, all'articolo 87 si prevede che non siano ammessi subemendamenti, né richieste di votazione per parti separate sui testi alternativi proposti dai relatori di minoranza.
All'articolo 92 si prevede che in caso di opposizione alla proposta di assegnazione di un progetto di legge in sede legislativa, lo stesso venga assegnato in sede redigente o, in mancanza dei presupposti, in sede referente.
Con le modifiche all'articolo 96 i progetti di legge sono sempre esaminati in sede redigente salvo richiesta contraria di un quarto dei deputati, un quarto dei componenti della Commissione o del Governo.
All'articolo 96-bis concernente i disegni di legge di conversione di decreti-legge, si prevede che il Presidente dichiari irricevibili i maxiemendamenti.
Per quanto riguarda l'espressione dei pareri sugli schemi di atti normativi del Governo, si prevede l'obbligo, da parte del Governo, di motivare le ragioni dell'eventuale mancato recepimento del parere espresso dalla Commissione competente aggiungendo il comma 6 all'articolo 96-ter.
Per le mozioni iscritte nel calendario in quota all'opposizione, l'articolo 113 ne vieta l'abbinamento ad altre mozioni, salvo che il Gruppo richiedente non lo consenta. Non sono, inoltre, ammessi emendamenti, né richieste di votazione per parti separate senza il consenso del Gruppo proponente.
All'articolo 118 è aggiunto un secondo comma che prevede che in ciascuna settimana compresa nel calendario dei lavori dell'Assemblea, nelle giornate del martedì, mercoledì e giovedì, sia individuata una fascia oraria, di norma di durata non inferiore a trenta minuti, destinata allo svolgimento di dibattiti politici alla presenza del Governo, su richiesta dei Gruppi. Ove uno o più Gruppi chiedano che il Governo renda un'informativa all'Assemblea su un determinato argomento di rilevanza generale e di particolare attualità politica, il Presidente della Camera, sentiti i presidenti di Gruppo, invita il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro competente ad intervenire nella prima seduta utile. Il Presidente destina alle richieste dei Gruppi di opposizione almeno quattro dibattiti per ogni calendario, dei quali dispone la diretta televisiva. La discussione è introdotta dall'intervento del Governo, per non più di dieci minuti; seguono gli interventi di un rappresentante per ciascun Gruppo per non più di tre minuti e di un rappresentante per ciascuna componente politica del Gruppo misto, nei termini indicati dal Presidente. Nel corso di tali interventi possono essere formulate ulteriori richieste al Governo sul tema in discussione, a seguito delle quali il rappresentante del Governo fornisce i chiarimenti necessari con successivi interventi di durata non superiore a due minuti ciascuno.
Con l'introduzione dell'articolo 124-bis è istituito il Comitato per il controllo sulla spesa pubblica, una sorta di Public accounts committee, con compiti di monitoraggio dei principali flussi di finanza pubblica, controllo della spesa alla luce dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, verifica dei dati relativi all'effettivo andamento degli effetti finanziari delle leggi. È composto da trenta deputati nominati dal Presidente non appena formati i Gruppi parlamentari, in modo da garantire la rappresentanza paritaria della maggioranza e dei Gruppi delle opposizioni ed è presieduto, a turno, da uno dei suoi componenti, per la durata di sei mesi ciascuno, in modo da garantire l'alternanza tra i Gruppi di maggioranza e quelli di opposizione.
Il Comitato, in relazione alle sue competenze, approva delle relazioni che possono essere discusse dall'Assemblea. Nello svolgere le sue funzioni può avvalersi delle informazioni del Governo, della Corte dei conti e della collaborazione dell'Istat.
L'articolo 130, riguardante lo svolgimento delle interrogazioni in ciascuna seduta, è soppresso stante l'introduzione dei dibattiti politici (articolo 118, comma 2).
All'articolo 135-bis il question time è svolto sempre tramite interrogazioni orali a risposta immediata. Si prevede, inoltre, che il Presidente della Camera, dopo aver sentito la Conferenza dei presidenti di Gruppo, individui il settore o i settori di azione del Governo sul quale invitare il titolare del relativo dicastero a rispondere, assicurando un tendenziale criterio di rotazione.
In particolare, è previsto che se il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro comunichino di non poter intervenire, il Presidente della Camera mantenga comunque lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno fino a che le interrogazioni non vengano svolte. Non possono essere iscritti all'ordine del giorno delle sedute successive, fino all'intervento del rappresentante del Governo già individuato, altri argomenti, salvo gli atti dovuti diversi dai disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Con la modifica all'articolo 138 si riduce a cinque minuti il tempo riservato all'illustrazione dell'interpellanza.
Con le modifiche all'articolo 138-bis, è aumentato a tre (da due) il numero delle interpellanze urgenti che ciascun presidente di Gruppo può sottoscrivere per ogni mese di lavoro parlamentare, ferme restando quelle che ciascun deputato può sottoscrivere.
All'articolo 143 si prevede che le procedure di indagine, informazione e controllo in Commissione siano disposte su richiesta di un terzo dei componenti della Commissione.
Un'altra garanzia per le opposizioni viene introdotta con il comma 1-bis dell'articolo 144 laddove si prevede che per ogni anno sia garantita la deliberazione di un'indagine conoscitiva.


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