XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 47 di lunedì 4 agosto 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE
La seduta comincia alle 11,35.
SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 luglio 2008.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Carfagna, Casero, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, La Russa, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Palumbo, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.
PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 1o agosto 2008, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze):
S. 949 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1386-B) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), X, XI, XII e XIV.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia il senatore Antonio Gentile, in sostituzione della senatrice Maria Ida Germontani.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di vigilanzaPag. 2sull'anagrafe tributaria la senatrice Maria Ida Germontani, in sostituzione del senatore Antonio Gentile.
Discussione del disegno di legge: S. 949 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1386-B) (ore 11,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1386-B)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VI (Finanze) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la V Commissione, onorevole Zorzato, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARINO ZORZATO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, svolgo qualche brevissima considerazione anche perché siamo in terza lettura.
Rilevo come la Camera è quindi chiamata ad esaminare in terza lettura il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, approvato in prima lettura dalla Camera e modificato dal Senato. Si tratta di modifiche limitate nel numero e circoscritte nell'estensione; tuttavia, è risultato necessario adottarle in considerazione della rilevanza e della delicatezza delle materie sulle quali intervengono.
In particolare, sono stati precisati, con riferimento al comma 10 dell'articolo 20, i criteri di attribuzione dell'assegno sociale, al fine di evitare che la formulazione del testo approvato dalla Camera potesse determinare incertezze nell'interpretazione e nell'applicazione che potevano incidere sul diritto a percepire l'assegno da parte dei cittadini italiani.
È stata altresì rivista la formulazione della disposizione transitoria di cui all'articolo 21, concernente le sanzioni riferite a violazioni della normativa sui rapporti di lavoro a tempo determinato, in modo da precisare ulteriormente, anche in questo caso al fine di evitare equivoci interpretativi, che la previsione di un indennizzo si applica esclusivamente con riferimento ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della disposizione, fatte salve in ogni caso le sentenze passate in giudicato. Al medesimo articolo 21 è stato altresì soppresso un ulteriore comma relativo alla definizione delle condizioni per le quali è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro.
Ulteriori modifiche introdotte dal Senato incidono sulla normativa dettata dall'articolo 60 in materia di rimodulazione delle dotazioni finanziarie di ciascuna missione di spesa, in modo da rafforzare la salvaguardia dei poteri di decisione e controllo del Parlamento, e limitare il periodo di applicazione di tali procedure contabili che, già nel testo del decreto-legge adottato dal Governo, assumevano dichiaratamente un carattere sperimentale, e ciò relativamente all'esercizio 2009.
È stato inoltre soppresso il comma 29-bis dell'articolo 82, che interessava la disciplina della revisione dei conti per gli enti cooperativi.
A seguito della soppressione, resta ferma la disciplina vigente che affida allePag. 3associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela, il compito di effettuare la revisione di tutti gli enti cooperativi o associati tramite revisori da esse incaricati.
Sono state inoltre introdotte varie correzioni all'allegato di cui all'articolo 24, recante le leggi abrogate, al fine di evitare duplicazioni o di inserire talune leggi ulteriori da abrogare, e, nella maggior parte dei casi, di precisare il titolo delle leggi contenute nell'allegato medesimo.
Sono state infine inserite due ulteriori disposizioni al disegno di legge che fanno salvi gli effetti del decreto-legge anche per quanto riguarda le norme non convertite e che prorogano di tre mesi il termine per l'esercizio delle deleghe legislative volte al recepimento delle direttive comunitarie in materia di ricongiungimento familiare e di circolazione e soggiorno dei cittadini dell'Unione europea.
Si è molto discusso in questi ultimi giorni sulle correzioni che è stato necessario o che si è ritenuto di apportare al disegno di legge, come approvato dalle Commissioni riunite bilancio e finanze della Camera e successivamente definito nel testo del maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia nel corso della prima lettura. Tali discussioni hanno rischiato di offuscare la consapevolezza di due elementi essenziali: in primo luogo, la portata e la rilevanza della manovra attuata con il decreto-legge in esame; in secondo luogo, l'urgenza con la quale era necessario adottare tale manovra. Mi limito in proposito a ricordare che, sotto il profilo finanziario, la manovra comporta un miglioramento del saldo, rilevante ai fini del rispetto dei vincoli del Patto di stabilità e crescita, di quasi 10 miliardi per il 2009, 17 miliardi per il 2010 e oltre 30 miliardi per il 2011, e pone così le condizioni per assicurare il conseguimento del pareggio in tale anno, in conformità agli impegni assunti in sede comunitaria. È per questa ragione che auspico che la Camera approvi il decreto-legge nel testo adottato dal Senato, in modo che in autunno il Governo possa presentare un disegno di legge finanziaria snello e che l'attenzione del Parlamento possa concentrarsi sui temi essenziali, in primo luogo il federalismo fiscale.
Un ultimo riferimento va fatto agli eventuali errori o correzioni da apportare al testo su cui si è discusso in questo periodo: rilevo che tali errori o correzioni, oggetto di polemica parlamentare fra il Parlamento e il Governo, quand'anche vi fossero stati, essendo stati inseriti nel maxiemendamento del Governo, vedono, rispetto alla dinamica del dibattito svolto, una responsabilità in capo allo stesso. In questo senso, dunque, alla luce di talune osservazioni di qualche ministro relativamente alla parte svolta o meno dal Governo, almeno per quanto riguarda i lavori delle Commissioni, mi permetto di dire che credo sia opportuno rimandare tali osservazioni alla collegialità del Governo stesso e delle determinazioni da esso assunte, sia in sede di esame in Commissione, sia nel maxiemendamento, che, essendo firmato dal Governo, coinvolge lo stesso Governo in tutta la sua completezza.
PRESIDENTE. Il relatore per la VI Commissione, onorevole Jannone, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIORGIO JANNONE, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, intervengo assai sinteticamente, anzitutto per far mie le argomentazioni testé svolte dal relatore per la Commissione bilancio: ciò anche per lasciare spazio al dibattito che, come sappiamo, avrà tempi ristretti. Mi permetterò dunque di aggiungere solo qualche breve considerazione.
In primo luogo, sono state certamente effettuate talune correzioni, talune di carattere formale, altre di carattere sostanziale. In questo senso, credo sia importante rilevare che anche il contributo dell'opposizione è stato preso in seria considerazione nel corso dei lavori delle Commissioni e dei giudizi del Governo: anche questa mattina, l'onorevole Tabacci, in sede di esame nelle Commissioni riunite, ha riconosciuto che gli interventi dell'opposizione sono stati in buona parte accolti nel lungo iter del provvedimento.Pag. 4
La seconda considerazione riguarda i contenuti e l'esecutività di questa manovra, che certamente presenta il grande vantaggio di aver operato in tempi assolutamente in linea con le esigenze del Paese. Per la prima volta giungiamo infatti alla pausa estiva avendo già adottato atti parlamentari che vincoleranno l'azione economica del Governo e del Paese almeno fino al 2011. Questo è sicuramente un dato importante e positivo.
Da ultimo, credo che anche questa volta sia emersa da parte di tutti la necessità di rivedere la normativa concernente la legge finanziaria, che appare sempre più inadeguata rispetto alle tempistiche e alle esigenze economiche e sociali del Paese.
Ringrazio infine tutti ancora una volta per il lavoro svolto.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, si sta riprendendo l'esame di un decreto-legge che è già passato da quest'Aula. Ma vorrei dire subito, in richiamo anche all'intervento che ho svolto ieri sera presso le Commissioni riunite, che siamo qui perché ci troviamo di fronte ad un Governo pasticcione e ad una maggioranza sorda al dialogo (altro che una maggioranza che ha recepito, come affermava ora uno dei relatori).
Quanto al primo aspetto, quando infatti si deve intervenire in una sessantina di casi per motivi di natura formale - sia pure formale, dunque, e non sostanziale -, ciò vuol dire che, considerato che comunque, come avviene in un atto legislativo, la forma è anche sostanza, il Governo è pasticcione, altrimenti non potremmo spiegarci come sia stato necessario intervenire ben sessanta volte.
La maggioranza, poi, è sorda al dialogo, perché, se invece di rifiutare il dialogo con l'opposizione, avesse ascoltato fin dall'inizio le parole accorate che provenivano da più parti dell'opposizione, in particolare con riferimento all'articolo 60, forse non sarebbe stato necessario costringere il Capo dello Stato, attraverso una manovra di moral suasion, ad indicare la modifica di quell'intervento che certamente oggi provoca un danno leggermente inferiore, ma non per questo non va ad esautorare il Parlamento e, come dirò successivamente anche una parte del Governo (infatti non è solo il Parlamento che viene esautorato, ma anche una parte del Governo), dalla sua funzione primaria, quella di controllo.
Ove il Parlamento non possa determinare i paletti entro cui il Governo si deve muovere nell'esercitare la sua funzione esecutiva, e quindi la sua funzione di azione, evidentemente togliamo al Parlamento il massimo dei suoi strumenti di indirizzo nei confronti del Governo. Ed è chiaro che l'articolo 60, così com'era formulato, di fatto esautorava appunto il Parlamento. Ma non è solo il Parlamento ad essere esautorato, ma è anche larga parte del Governo (ma credo che forse molti Ministri non lo abbiano ancora capito, pertanto tra un po' ne vedremo delle belle).
Certamente va dato atto che, da questo punto di vista, «Robin» Tremonti ha condotto per sé stesso un'azione che lo porrà al riparo dalle richieste che sicuramente proverranno dagli stessi Ministri, e quindi potrà legittimamente dire di «no», diventando l'unico soggetto, evidentemente insieme al Presidente del Consiglio, capace o persino con la possibilità - sia pure attraverso un meccanismo che dà una parvenza, in realtà molto limitata, di intervento anche da parte del Parlamento - di decidere in modo pressoché autonomo eventuali spostamenti di spesa ed eventuali modifiche nella spesa del bilancio dello Stato; alla faccia quindi degli altri Ministri, i quali potranno dire ben poco.
In ciò, vedo allora la realizzazione di un disegno complessivo, perché, a questo punto, si toglie al Parlamento la sua capacità principale, il suo compito e la sua funzione principali di controllo, senza chePag. 5esso possa più determinare, in modo molto penetrante, i limiti dell'azione e di spesa del Governo (potremmo anzi quasi farne a meno ed andare tutti a casa, e magari potrebbe esservi qualcuno contento di ciò perché così si risparmia un miliardo di euro all'anno).
Ma forse non è chiaro che potrebbero andare a casa tutti i Ministri, tranne il Presidente del Consiglio ed il Ministro Tremonti. A questo punto, si sarebbe allora realizzato il disegno che credo piaccia molto al Presidente del Consiglio Berlusconi, di essere cioè non un primus inter pares, bensì l'amministratore unico del Paese Italia. A quel punto, la dittatura dolce, che noi diciamo si sta realizzando, può essere di fatto realizzata.
Infatti, a questo punto avremmo solo un amministratore unico con un suo portaborse che in tale circostanza assumerebbe il nome di Ministro dell'economia e delle finanze, vale a dire il Ministro Tremonti, che diverrebbe il suo portaborse e avremmo un dittatore, dolce non lo so, ma certamente un uomo solo al comando che è, in realtà, l'obiettivo che Berlusconi ama perseguire come sua idea della politica. La politica la decide lui e gli altri subiscono.
Ora è vero che dobbiamo soffermare - come ho già affermato - il nostro pensiero sull'articolo 60 del decreto-legge in esame e anche in ordine alle modifiche introdotte nello stesso articolo che, comunque, limitano un po' il potere assoluto del Ministro Tremonti e del Presidente del Consiglio e consentono, in qualche modo e in misura limitata, anche al Parlamento di interagire.
Inoltre, dobbiamo discutere delle altre due modifiche e aggiungerò qualche argomentazione anche su di esse perché non credo che l'intervento, nel modo in cui è stato approvato dal Senato, abbia risolto i problemi, anzi, a mio avviso, in qualche caso li ha persino aggravati. Poiché ci ritroviamo a distanza di poco tempo a riesaminare un decreto-legge che avevamo già analizzato, è evidente che il giudizio del gruppo che rappresento rimane negativo e non è certo cambiato a seguito delle modifiche introdotte. Probabilmente, il nostro giudizio si aggrava anche perché, accanto alle poche cose buone contenute nel decreto-legge in esame, che abbiamo già elencato a suo tempo in occasione della dichiarazione di voto sulla questione di fiducia, al contrario sono tante, perfino troppe, le ombre e poche le luci di una manovra che, nel momento in cui arrivano i dati relativi alla dinamica economica del nostro Paese, si dimostra una manovra ancora più grave.
Che cosa è cambiato da quando abbiamo discusso in Assemblea del decreto-legge in esame e quali sono i nuovi dati pervenuti? Abbiamo un'inflazione che è salita ad oltre il 4 per cento e che sta ad identificare una stagflazione - di cui ho parlato già alcuni mesi fa - perché questa è la situazione che stiamo vivendo. Abbiamo un'inflazione alta ed uno sviluppo fermo: un Paese e un'economia fermi. Pertanto, chiunque abbia un po' di dimestichezza con le questioni economiche sa bene che in una situazione di tale genere la ricetta non può essere una manovra ulteriormente recessiva e che ridurrà ulteriormente i consumi. Poiché parliamo di consumi forse è bene far riferimento all'altro dato significativo degli ultimi giorni: l'arresto delle entrate dello Stato per quanto riguarda l'IVA. Si tratta di un dato drammatico, perché, preso atto che i consumi sono sostanzialmente stazionari, significa una sola cosa: è ripresa l'evasione fiscale.
Nel 2007 gli interventi seri e rigorosi contro l'evasione fiscale, da parte del Governo Prodi, avevano determinato che, a consumi fermi, l'IVA incassata dallo Stato era aumentata di sei miliardi di euro. Ciò significa che, poiché i consumi sono rimasti fermi, tali entrate rappresentavano il risultato diretto di contribuenti che hanno ritenuto, di fronte ad azioni penetranti nei confronti dell'evasione fiscale, di essere più, come dire, onesti nelle loro dichiarazioni IVA e dei redditi. Ora tale processo si sta arrestando. Ma perché? Perché i segnali che questo Governo ha lanciato sono segnali che, oggettivamente, esprimono una contiguità rispetto all'area dell'evasione fiscale.Pag. 6
Quando nel decreto-legge in esame andiamo, con due sole misure, a riconsiderare, in modo rilevante, la possibilità di effettuare pagamenti in contante (riducendo, pertanto, la tracciabilità dei pagamenti), aumentiamo le potenzialità, non solo di mafia, camorra e criminalità organizzata, ma anche degli evasori fiscali.
Quando eliminiamo l'obbligo di comunicare l'elenco dei clienti e dei fornitori, togliamo agli investigatori fiscali l'unica seria arma per combattere le fabbriche di fatture false! Ecco due misure contenute nel decreto-legge al nostro esame che dimostrano un rallentamento della lotta all'evasione fiscale, e forse sono il primo giustificativo al fatto che l'IVA, come entrata dello Stato, si stia riducendo rispetto a prima.
Detto questo, non vado certo a ripetere tutto ciò che ho detto a proposito del provvedimento nel suo complesso, anche se è evidente che la Robin Hood tax alla rovescia del Ministro Tremonti contribuisce non poco all'aumento dell'inflazione. Non mi stancherò di ripeterlo: voi prelevate dalle tasche dei cittadini per intero i 4 miliardi di euro che vi fate dare da petrolieri, banchieri e assicuratori. Non dite che non mettete le mani nelle tasche dei cittadini, perché quei 4 miliardi saranno tutti pagati dai contribuenti.
Saranno pagati dai cittadini perché il prezzo della benzina non cala - anzi, da allora è aumentato - e ci sarebbe da ridere, perché il prezzo del barile di petrolio è invece in calo, e soprattutto quello acquistato sul futuro, a due o tre mesi, è ancora più in calo. Dovrebbe essere già calato, ma ciò non avviene: il mancato calo del prezzo della benzina sarà giustificato col fatto di dover dare al Ministro Tremonti questo obolo, attraverso questa nuova tassazione.
Non caleranno nemmeno le polizze di assicurazione che, invece, secondo l'Autorità per la concorrenza sarebbero dovute calare di almeno il 5 per cento, perché evidentemente quei quattrini pesano, nel senso che si sono trasformati in una tassa al nostro Ministro «Robin» Tremonti alla rovescia.
Non caleranno i tassi di interesse, anzi le banche - visto che debbono pagare - hanno già reagito aumentando commissioni bancarie e interessi passivi, e lo fanno nei confronti di alcuni clienti, non certo della FIAT o dei grandi gruppi industriali, ma nei confronti dei loro clienti più deboli, incapaci e impossibilitati a reagire. Quindi, piccole e medie imprese, commercianti, artigiani, le partite IVA saranno danneggiati fortemente dall'incremento dei tassi di interesse, così come quel 10 per cento delle famiglie italiane che deve ricorrere al credito al consumo per poter arrivare a fine mese: anche quelle pagheranno più interessi.
Ecco da dove provengono i 4 miliardi di euro che «Robin» Tremonti alla rovescia ha chiesto a petrolieri, banchieri ed assicuratori: dalle tasche di tutti i cittadini. Pertanto, sostenere che non si siano messe le mani nelle tasche dei cittadini è una bella presa in giro per tutti quelli che, viceversa, questi quattrini li stanno di fatto pagando. È certo che con l'inflazione che continua a salire sarà sempre più difficile per le famiglie fronteggiare la situazione. Come dicevo, la stagflazione postula necessariamente che si crei più potere di acquisto da spendere per le famiglie, mentre stiamo facendo esattamente il contrario. Infatti, a copertura dei bisogni sociali, di quei 4 miliardi sono andati 250 milioni alla vergognosa carta di povertà, che va ad umiliare chi è già umiliato dall'essere povero.
Per il resto, con questo passaggio al Senato e questa seconda lettura da parte della Camera non abbiamo risolto neanche i problemi che si volevano risolvere sugli articoli 20 e 21.
Riguardo all'articolo 20, certamente i cinque anni previsti in origine erano meglio di questo brutto pasticcio che ne è nato, rispetto al quale, seppure si possa essere d'accordo - io lo sono - sul fatto che sia richiesto un periodo minimo di residenza regolare in Italia per poter usufruire di quell'assegno, non posso non ricordare che così rischiamo di tagliare fuori anche la quota di italiani che per ragioni di lavoro sono emigrati all'estero ePag. 7che rischiano di dover sottostare alla stessa misura dei dieci anni prevista per i cittadini extracomunitari. È persino dubbio se queste differenze siano legittime sul piano costituzionale; certamente per i nostri emigrati all'estero si doveva prevedere un regime diverso, perlomeno per quelli di prima generazione (perché capisco che quelli di seconda o terza potevano essere assimilati).
Sempre con riferimento all'articolo 20, ieri, in Commissione, mi sono un po' divertito pensando al fatto che, quando predispone una legge, il legislatore dovrebbe avere sempre un'attenzione molto ferma ad affrontare le stesse problematiche nello stesso modo, vale a dire a non creare disparità di trattamento tra cittadini. Credo, infatti, che tra i mali più gravi del nostro Paese - non certo a causa degli ultimi Governi, perché stiamo parlando di una situazione che dura da venticinque anni - vi sia il fatto di aver legiferato creando disparità di trattamento, dando così poi modo agli organismi giurisdizionali amministrativi o alla Corte costituzionale di dire che evidentemente il trattamento è dispari, ma che a quel punto non si torna mai indietro con i privilegi per chi li ha avuti, ma li si estendono a chi non li ha avuti, credo con risultati drammatici per la finanza pubblica.
Ebbene, con riferimento alla questione dei precari e a ciò che il testo attuale inviatoci dal Senato e che approveremo nelle prossime ore determina, abbiamo contato una quindicina di situazioni analoghe sul piano sostanziale che avranno una soluzione diversa. Le voglio leggere, per lasciarle poi agli atti:
1) un lavoratore assunto a tempo determinato che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione di questo decreto-legge riceverà solo l'indennità; un altro lavoratore del settore privato che, invece, avvia una vertenza identica, ma dopo la data di entrata in vigore, potrà contare sull'accertamento retroattivo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
2) un lavoratore a tempo determinato del settore privato, nelle condizioni di cui sopra, che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione, ad esempio per assenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, riceverà solo un'indennità;
3) un lavoratore somministrato che si rivolga al giudice ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 per somministrazione irregolare cagionata dalla medesima causa, invece, può sempre ottenere la conversione retroattiva del rapporto in lavoro a tempo indeterminato;
4) un lavoratore a tempo determinato del settore privato nelle condizioni di cui sopra che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione e che abbia lavorato per tre anni presso un datore privato non può ottenere la conversione;
5) un lavoratore a tempo determinato (ma anche un co.co.co) che abbia lavorato per tre anni presso una pubblica amministrazione, anche discontinuamente nell'ultimo quinquennio, può essere stabilizzato;
6) un lavoratore precario pubblico dipendente dallo Stato che disponga dell'anzianità triennale di cui sopra è senz'altro da stabilizzare per applicazione diretta delle due ultime leggi finanziarie;
7) un lavoratore nelle medesime condizioni dipendente da regioni ed enti locali, invece, viene stabilizzato solo nella misura in cui l'ente di appartenenza si avvalga o meno della facoltà di procedere in tal senso;
8) anche tra i lavoratori precari pubblici statali il trattamento non sarà uguale: infatti, la stabilizzazione, per effetto diretto della legge, può porsi in essere solo nell'ambito degli stanziamenti di spesa previsti; dunque, per alcuni sì, per altri no;
9) in generale, i precari pubblici possono essere stabilizzati a condizione che le loro attività siano derivate da assunzioni per concorso pubblico, però la legge n. 296 del 2006 consente la stabilizzazione anche di dipendenti assunti con modalità diverse dal concorso, cioè senza concorso pubblico e, dunque, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione;Pag. 8
10) le stabilizzazioni dei dipendenti pubblici sono ammissibili se dispongano dell'anzianità di tre anni, anche discontinui, nell'ultimo quinquennio o se tale anzianità possano conseguirla per effetto di contratti stipulati o antecedentemente al 29 settembre 2006 o al 28 settembre 2007; non altrettanto vale per i lavoratori che abbiano due anni o due anni e mezzo di anzianità, oppure che giungano ai tre anni per contratti a termine stipulati un giorno dopo rispetto alle date prima indicate o che abbiano un'anzianità di due anni, undici mesi e ventinove giorni;
11) le stabilizzazioni dei dipendenti pubblici non riguardano i lavoratori assunti negli staff degli organi di Governo, assunti fiduciariamente per sostanziale appartenenza politica, né i dirigenti assunti a contratto, sempre per via fiduciaria. Tuttavia, la normativa non ha previsto alcuna sanzione esplicita per le ipotesi di violazione di questi principi, che, del resto, sono stati esplicitati in via espressa solo nel 2008, anche se il processo di stabilizzazione è partito nel 2007, sicché nessuno può escludere che siano stati stabilizzati lavoratori in realtà non stabilizzabili.
Mi fermo qui, signor Presidente. Se l'intervento apportato al Senato doveva avere la funzione di sistemare le cose, a me pare che esso abbia creato tante e tali disparità di trattamento che, rispetto ad esse, il voto di Italia dei Valori non potrà che essere assolutamente e convintamente negativo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bucchino. Ne ha facoltà.
GINO BUCCHINO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il Governo ha fatto una parziale marcia indietro rispetto alla nuova normativa sull'assegno sociale. La nostra dura presa di posizione, prima con un comunicato di segnalazione e di denuncia del 22 luglio - quando il comma 10 dell'articolo 20 del decreto n. 112 del 2008 era stato appena modificato e, aggiungo, peggiorato dalle Commissioni bilancio e finanze - e, successivamente, con la sensibilizzazione dell'opinione pubblica da parte di forze sociali, partiti di opposizione e mezzi di comunicazione, ha ottenuto il risultato di costringere il Governo a rivedere una norma giuridicamente ed umanamente aberrante. Non siamo, comunque, affatto soddisfatti, anzi, siamo indignati: la norma introdotta, anche se emendata, è inaccettabile.
Tale norma, che era stata concepita per impedire ai lavoratori stranieri l'accesso all'assegno sociale, introduceva requisiti molto restrittivi ed universali, come ad esempio dieci anni di lavoro continuativo ai fini del diritto a tale assegno. Tali requisiti colpivano soprattutto, ma non solo, i cittadini italiani.
Vale la pena ricordare che l'assegno sociale è l'unica forma per tentare di contrastare la povertà e, come tale, esso è e deve restare una forma di assistenza, che prescinde cioè da qualsiasi versamento contributivo e da qualsiasi obbligo di attività lavorativa. Le recenti modifiche apportate dal Governo al Senato eliminano, sì, il maldestro tentativo - operato, fra l'altro, di nascosto e nottetempo - di introdurre il requisito dell'attività lavorativa continuativa di dieci anni e della dimostrazione di un reddito non inferiore all'importo dell'assegno sociale, ma mantengono il requisito dei dieci anni di residenza ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno sociale.
Siamo indignati, ripeto, innanzitutto perché questa norma punitiva si inquadra perfettamente nella politica xenofoba di questo Governo verso le fasce più disagiate della popolazione immigrata, che ci ricorda come la mala pianta dell'odio verso il diverso è ben lungi dall'essere stata estirpata. Come se abbandonare a se stessi gli immigrati con un reddito al di sotto del livello di povertà e di sostentamento fosse di beneficio al Paese e al popolo italiano o fosse un deterrente contro l'immigrazione!
In secondo luogo, questa non è nemmeno lontanamente una norma a favore della sicurezza, anzi, è esattamente il contrario. Quando si capirà, in questo Paese, che respingere o emarginare gli immigratiPag. 9e le fasce deboli della popolazione serve solo ad aumentare i rischi di insicurezza? Quando si capirà che innalzare la soglia del periodo necessario per l'accesso all'assegno sociale produrrà un ampliamento delle sacche di povertà e dell'emarginazione sociale, con conseguenze solo negative sulla sicurezza? Quando si capirà che il fenomeno immigrazione non è arrestabile? Quando si capirà che quello che viene indicato oggi come immigrazione è, in realtà, un fenomeno migratorio di intere popolazioni del mondo e che, come tale, esso è inarrestabile? Quando si capirà che il futuro del nostro Paese è anche legato al colore e al calore di queste popolazioni, che domani - un domani molto vicino - saranno nostri concittadini, cittadini italiani ed europei a pieno titolo?
Siamo indignati soprattutto perché si tratta di una norma di discriminazione occulta, subdola, ingannevole e, per questo, ancor più grave e vergognosa. È una norma che non colpisce il vero obiettivo del Governo, cioè i neocomunitari, a partire dai cittadini rumeni, ma colpisce cittadini extracomunitari ed in parte, in grande parte, anche i cittadini italiani emigrati all'estero, che rientrano in Italia per passarci la loro vecchiaia.
Infatti, come ha stabilito la Corte di giustizia delle Comunità europee (anche i nostri colleghi della Lega dovrebbero saperlo), la discriminazione non attiene solo alle forme di discriminazione diretta, ma anche a tutte le forme di discriminazione indiretta, occulta appunto, in cui una disposizione della normativa nazionale si applica in teoria allo stesso modo a tutti, ma in pratica finisce poi per penalizzare i lavoratori stranieri con regolare permesso di soggiorno e gli italiani residenti all'estero.
Proprio per evitare le forme di discriminazione occulta, il regolamento della Comunità europea n. 1408/71, in materia di sicurezza sociale (regolamento che - lo ricordo ai colleghi della maggioranza - è sovranazionale e si applica direttamente a tutti gli Stati membri), prevede, all'articolo 10-bis, intitolato «Prestazioni sociali a carattere non contributivo», tra le quali l'Italia ha fatto rientrare appunto l'assegno sociale, che l'istituzione di uno Stato membro, la cui legislazione subordina il diritto alle prestazioni assistenziali non contributive al compimento di periodi di occupazione o di residenza, tiene conto, per quanto è necessario, dei periodi di occupazione o di residenza compiuti nel territorio di ogni altro Stato membro come se si trattasse di periodi compiuti nel proprio territorio.
Qui casca l'asino: l'asino è questa legge che vi accingete ad approvare con un ennesimo voto di fiducia, che vuole colpire rumeni, bulgari, polacchi, insomma i neocomunitari, ma che, ignorando, con grave e colpevole ignoranza, le norme comunitarie in materia di sicurezza sociale, introduce una norma non applicabile ai cittadini comunitari. Lo avevate capito? Ve ne eravate accorti? Essa si applica in pratica solo ai cittadini extracomunitari e agli italiani emigrati o ai figli di emigrati, i quali non possono far valere i dieci anni di residenza in Italia.
Sottolineo inoltre - non è cosa da poco conto - che, in virtù della lettera di questa norma, l'assegno sociale dovrà essere revocato a tutti coloro i quali ne sono attualmente titolari, ma non possono in questo momento far valere i dieci anni di residenza. È un aspetto particolarmente perverso e malvagio di questa norma, un'aberrazione totale trasformata in aberrazione parziale.
Io che sono orgogliosamente anche cittadino di un Paese civile multiculturale come il Canada, che concede a tutti la cittadinanza dopo tre anni di residenza, non posso non condannare questo atteggiamento approssimativo e xenofobo, che avrà come conseguenza l'esclusione sociale di una moltitudine di esseri umani, ai quali verrà negato, ancorché ultrasessantacinquenni e in stato di disagio economico, l'unico salvagente previsto dalla legislazione italiana, l'assegno sociale.
Il nostro Paese si presenta così davanti alla comunità internazionale come un Paese ben lungi dall'essere normale, che non conosce il significato e il valore di parole quali solidarietà, accoglienza, integrazionePag. 10e rispetto. I canadesi e gli italiani del Canada si vergognano in questo momento dell'Italia.
È l'ora di finirla di guardare l'immigrato come capro espiatorio delle nostre questioni sociali irrisolte, di guardare l'immigrato come una minaccia al benessere e alla sicurezza della nostra società. Questa legge è stata solo ispirata dalle retoriche pubbliche e dalle forti emozioni che esse suscitano.
La nostra civiltà è stata e deve continuare ad essere frutto di una cultura del rispetto dei diritti umani e sociali e deve respingere il tentativo di restringere tali diritti. Quindi, noi non ci stiamo e non ci staremo. Stigmatizziamo con sdegno l'accanimento di questo Governo, che toglie ai più poveri per dare ai ricchi. Altro che Robin Hood!
Nella triste certezza che l'emendamento che abbiamo presentato non sarà accolto, perché avete fretta di andare a raccontare sulle spiagge la balla che non darete assistenza ai rumeni, ai bulgari e ai polacchi, cittadini europei come lo siamo noi e che lavorano spesso come schiavi per fare ricca la vostra Padania, annuncio che ci batteremo alla ripresa autunnale della legislatura per modificare questa normativa indegna di questo Paese, che penalizza, senza giustificato motivo, esseri umani già diseredati solo per mostrare ad un'opinione pubblica sempre più cloroformizzata e cinica il volto falsamente rassicurante di uno Stato indifferente e dispotico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.
GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, impiegherò qualche minuto del mio breve intervento per ricordare ai colleghi presenti che Ottaviano Del Turco, dirigente del Partito Democratico, già componente di questa Camera, è detenuto da tre settimane nella casa di reclusione di Sulmona. Nei suoi confronti non vi è stata l'espressione solidarietà collettiva che giustamente si è avuta in quest'Aula in altre occasioni; anzi, i messaggi di umana solidarietà che qualche deputato ha voluto far pervenire a Del Turco sono stati addirittura definiti sprezzantemente «pizzini» da un collega che siede su questi stessi banchi.
Mi fermo qui signor Presidente, ringraziando lei e i colleghi della disponibilità che mi avete concesso, e passo subito ai temi all'ordine del giorno per dire, a commento di quanto accaduto, che i padri costituenti videro giusto, magari pensando a casi analoghi, quando scelsero un bicameralismo perfetto con doppia lettura delle leggi.
Nel nostro caso, infatti, il Senato ha potuto correggere il testo come ha potuto. Il bisticcio di parole credo spieghi la circostanza che, nella versione approvata dalla Camera, alcune norme avrebbero determinato degli effetti diversi rispetto alle intenzioni stesse di coloro che quelle norme avevano voluto emendare. A me non piace - mi rivolgo all'onorevole Bucchino che è intervenuto prima di me - andare alla ricerca di quanto sia stata vigile, poco o tanto, l'opposizione nel segnalare le conseguenze delle norme in materia di assegno sociale e di contratti a termine che ci apprestiamo ad approvare con le modifiche apportate dal Senato e se in altre circostanze l'opposizione sia stata più o meno attiva.
Non ricordo un intervento altrettanto vibrante dell'onorevole Bucchino sull'assegno sociale - ma forse è una mia disattenzione e, in tal caso, mi scuso con lui e con i colleghi - come quello che ha pronunciato con tanti elementi corretti e condivisibili in quest'Aula questa mattina.
Soprattutto non ricordo - se è colpa mia mi scuso - di aver sentito sollevare anche dai parlamentari eletti dagli italiani all'estero il problema già esistente dei cinque anni di soggiorno legale che vale come preclusione per gli italiani all'estero nei confronti dell'assegno sociale. Il problema, infatti, di un soggiorno improponibile e impossibile per i nostri immigrati, soprattutto quelli di prima generazione, quelli più anziani e che si trovano in PaesiPag. 11con difficoltà economiche, esiste con la previsione dei cinque anni così come con quella di dieci.
Non voglio insistere su questa strada perché tocca alla maggioranza, per il ruolo che ricopre, la maggiore responsabilità della seconda lettura che ci accingiamo a svolgere.
Respingo, però, anche sul piano personale come contraria alla verità dei fatti un'analisi che rappresentasse una maggioranza che ci ha provato e che è stata costretta a fare marcia indietro sotto l'incalzare invero resistibile dell'opposizione. La respingo perché rivendico anche a me stesso di aver fatto tutto il possibile per arrivare ad una correzione delle norme contestate insieme ad altri colleghi della maggioranza e al Ministro Sacconi titolare della materia.
Non è sicuramente la prima volta e non sarà neanche l'ultima che verranno commessi degli errori nella formulazione delle leggi. Si tratta di errori di cui il centrodestra non ha sicuramente il monopolio.
Se vogliamo ricordare la passata legislatura, cito per tutte la normativa sulla class action, uno dei fiori all'occhiello dei provvedimenti del Ministro Bersani. Ebbene, se quelle norme non sono mai state attuate e non hanno mai avuto applicazione, nonostante siano trascorsi parecchi mesi dalla loro entrata in vigore, è perché non sono applicabili in ragione della loro formulazione oggettivamente poco chiara, che le rende inapplicabili.
Vi è un altro aspetto su cui occorre mettere dei punti fermi. Tanto il comma 10 dell'articolo 20, quanto l'articolo 21 dettavano e dettano disposizioni che affrontano problemi reali, meritevoli di una soluzione. Si può discutere a lungo se sia una priorità contrastare ricongiunzioni familiari, che la relazione tecnica definiva surrettizie, al solo scopo di percepire l'assegno sociale da parte di anziani comunitari o extracomunitari. Il risparmio che veniva individuato nella relazione tecnica era molto modesto: 5 milioni di euro nel 2009 che salivano fino a 50 milioni di euro nel triennio. Se vogliamo, possiamo anche convenire che non si trattava probabilmente di una priorità. Se vogliamo, possiamo anche convenire sul fatto che fosse anche presente un atteggiamento nei confronti degli immigrati che non piace. Ho ricordato e ricordo in quest'Aula che l'imponibile degli immigrati, di un milione e 800 mila immigrati regolari in questo Paese, è di 21 miliardi di euro. Era 18 miliardi di euro nel 2006, ancora inferiore nel 2005. Quindi, posso anche convenire che si può chiudere un occhio nei confronti di una deriva assistenzialistica che gli italiani conoscono tanto bene. Si trattava, però, di un problema reale che doveva essere posto, che andava risolto e che sussisteva. Certamente, la pretesa di aggiungere un requisito, consistente in dieci anni di attività lavorativa retribuita, avrebbe snaturato - sono d'accordo - la caratteristica assistenziale dell'assegno sociale anche per i cittadini italiani indigenti. Dopo l'intervento del Senato è rimasta una norma con requisiti di soggiorno severi ma identici per italiani ed extracomunitari.
Rimane il problema - è vero - degli italiani emigrati all'estero che versano in condizioni di povertà. Nel mio piccolo, sono stato relatore per quanto concerne questi articoli in Commissione lavoro della Camera, e abbiamo inserito, nel parere di maggioranza, un'indicazione per affrontare e risolvere questo problema che rimane aperto.
In effetti, il problema esiste, anche se ovviamente, in altre epoche, in passato, sono state introdotte disposizioni simili. Voglio ricordare le modifiche intervenute con riferimento alla pensione integrata al minimo: chi è parlamentare rappresentante degli italiani all'estero, sa benissimo che sono stati introdotti per l'integrazione al minimo requisiti più severi, dal momento che le normative preesistenti erano al limite dello scandalo. Ritengo che si possa discutere anche in questo caso dei problemi reali che si pongono, ma si devono trovare soluzioni, che è giusto trovare, dato che il mondo non finisce oggi né con i provvedimenti che voteremo domani.Pag. 12
Quanto all'articolo 21, che ha suscitato tanto clamore, ribadiamo che doveva essere trovata una soluzione per il caso delle Poste Italiane Spa, anche in vista di altre situazioni simili in cui l'uso e l'abuso dei contratti a termine corrisponde ad una prassi purtroppo frequente e tollerata spesso per motivi clientelari.
Peraltro, mi domando - avevo presentato un ordine del giorno in tal senso - perché in tutti questi anni - di fronte ad un fenomeno devastante di disapplicazione delle leggi, di fronte ad un contenzioso che produceva una slavina dal punto di vista delle politiche del lavoro e dell'occupazione in un'azienda importante, patrimonio degli italiani, come Poste Italiane Spa - l'azionista, in questo caso il Ministero del tesoro e, in seguito, il Ministero dell'economia e delle finanze, non ha mai pensato di esercitare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, prevista dall'articolo 2393 del codice civile.
Sarei anche curioso di capire e leggere le relazioni del collegio dei sindaci della società Poste italiane, allorquando si stava verificando tale situazione sotto gli occhi di tutti: infatti, da anni questa situazione è sotto gli occhi di tutti. Sappiamo benissimo che anche la soluzione trovata dal Senato presenta parecchi problemi.
Tuttavia, l'alternativa era peggiore: l'alternativa era l'impotenza di fronte ad un inaccettabile imponibile di manodopera, in un'azienda che ha bisogno di vivere e di avere i conti in equilibrio.
Quante volte, onorevoli colleghi, i Governi - non solo quelli di centrodestra - hanno cercato rimedi, anche soltanto temporanei, ad un contenzioso giudiziario con effetti devastanti sul piano economico, anche se ineccepibile sul piano giudiziario?
Vedete, il principio del summum ius summa iniuria non lo ha inventato Berlusconi: in questi casi, per contenere un contenzioso che crea problemi alle finanze pubbliche, il legislatore di solito usa la legge, ora come interpretazione autentica, ora come nuova norma in senso proprio, in modo da interrompere gli effetti di una giurisprudenza consolidata.
I giudici, quindi, sono tenuti ad applicare la legge fino a quando non interviene, se del caso, un giudizio di costituzionalità, fino a quando non si trova un giudice di merito che accoglie l'eccezione di incostituzionalità presentata dalle parti, sottoponendo il quesito alla Corte costituzionale, e la Corte costituzionale si pronuncia sulla norma, cassandola oppure ritenendola compatibile con l'ordinamento costituzionale.
Questa è una tecnica usata decine di volte dai Parlamenti, proprio quando, in extrema ratio, si è trattato di affrontare situazioni per cui non vi erano altre soluzioni, se non quella di subire indubbiamente una situazione di cui le prime responsabilità sono sicuramente degli amministratori.
Ma anche sull'uso di queste tecniche legislative è il caso di dire: chi è senza peccato scagli la prima pietra. L'elenco sarebbe lungo, in particolare nel contenzioso in materia pensionistica. Ricordo per tutti - e mi avvio alla conclusione - nella legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi (e, quindi, chiamo in causa, anche qui, i parlamentari che sono più sensibili alle problematiche dei cittadini italiani all'estero) la vicenda dei frontalieri italo-svizzeri.
La Svizzera trasferisce all'INPS i contributi versati dagli italiani che hanno lavorato nel suo territorio, ovviamente sulla base di come ha incassato tali contributi e, per fortuna della Svizzera, l'aliquota contributiva svizzera è la metà di quella italiana. Quindi, la Svizzera trasferisce un ammontare contributivo molto più ridotto di quello che un frontaliere italiano ha pagato in Italia. L'INPS - tra l'altro su indicazione dei Ministeri vigilanti - adotta una prassi per cui «taglia» l'anzianità. Pertanto, due anni con contribuzione inferiore valgono un anno di anzianità. Ovviamente si tratta di un abuso, perché soprattutto i lavoratori che sono in regime retributivo non hanno un riferimento ai contributi versati, se non per gli ultimi dieci anni della vita lavorativa. Quindi, questi frontalieri andavano in giudizioPag. 13e potevano già contare su un giudizio di Cassazione sostanzialmente favorevole.
Ebbene, nella legge finanziaria per il 2007, proprio perché questa operazione avrebbe comportato oneri per 4,5 miliardi di euro, è stata posta una norma di interpretazione autentica in base alla quale il calcolo dell'INPS è giudicato il calcolo corretto.
Ecco, quindi, che il caso dell'articolo 21 è assolutamente analogo a questo appena ricordato. Non basta, però, a fermare un contenzioso in caduta libera, e invito il Governo a farsi promotore di un'azione tra le parti sociali, orientata a ricercare soluzioni ragionevoli ed eque. Ma ciò sarà possibile proprio perché si è bloccata la fabbrica della stabilizzazione di migliaia di persone per via giudiziaria (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.
CESARE DAMIANO. Signor Presidente, non vorrei trovarmi in una situazione molto curiosa: il Governo procede a colpi di fiducia, ci vengono sostanzialmente contingentati i tempi del dibattito, e nella Commissione lavoro - parlo di quella alla quale appartengo - in un caso non siamo neanche stati in grado, visti i tempi sostanzialmente contingentati, di esprimere un parere.
Inoltre, in tale contesto, si accusa l'opposizione di non «strillare» abbastanza per far sentire le proprie ragioni. Mi sembra, francamente, un argomento specioso, anche perché non corrispondente alla realtà dei fatti.
Come tutti hanno potuto ben vedere dalle discussioni - quelle possibili - e dalle prese di posizione ufficiali, l'opposizione non ha mai mancato (soprattutto per quanto riguarda la manovra economica ed il suo segno sociale) di denunciare un atteggiamento o una scelta del Governo, che chiaramente avevano - ed hanno - un segno antisociale molto evidente.
Vorrei partire dal carattere generale che la manovra economica che viene consegnata al Paese assume. In sostanza, penso - e noi pensiamo - che il modo con il quale è costruita la manovra in oggetto non vada in una direzione oggi fondamentale, quella cioè di imprimere un'ipotesi di sviluppo a questo Paese, nel momento in cui - come sappiamo - vi è una stagnazione dell'economia a livello globale, così come a livello nazionale, soprattutto per quanto riguarda l'Occidente. Ormai, vi è un conclamato calo dei consumi: è notizia recente, la diminuzione di introiti per quanto riguarda l'IVA e, quindi, il fatto che le casse dello Stato iniziano a registrare meno entrate, con la possibilità di produrre meno sviluppo e meno Stato sociale.
Inoltre, il centrodestra che ha vinto le elezioni, nella campagna elettorale ha fatto una promessa non mantenuta, quella, cioè, di migliorare il potere d'acquisto delle famiglie attraverso il miglioramento di retribuzioni e pensioni. Proprio per tali motivi, in questo momento, avremmo avuto bisogno di una manovra economica che potesse dare il segno concreto attraverso l'aumento dei consumi interni e, quindi, attraverso il miglioramento del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, quel di più necessario per la ripresa dell'economia. Di ciò non vi è assolutamente traccia.
Assistiamo, invece, a tagli di carattere orizzontale e a tagli indiscriminati: ciò vale per quanto riguarda le infrastrutture del Paese - soprattutto per il Mezzogiorno, che viene sempre di più condannato ad una marginalizzazione - e vale per il settore del pubblico impiego. Con la recente campagna che si è lanciata sul tema dei «fannulloni», in realtà, si vuole far passare anche nel pubblico impiego una manovra di tagli indiscriminati. Siamo assolutamente favorevoli a semplificazioni e a crescite di produttività e al miglioramento dell'efficienza del sistema pubblico. Tuttavia, come si può raggiungere questo obiettivo attraverso una manovra che, invece, con i tagli indiscriminati punisce, ad esempio, quelle stesse forze dell'ordine e della sicurezza del Paese, che tanto erano state portate come esempio necessario daPag. 14sostenere da parte del centrodestra nel corso della campagna elettorale? Come si può pensare che, attraverso una decurtazione così severa del salario accessorio di produttività, si possa favorire nella pubblica amministrazione quello che si chiede, ovviamente, ai lavoratori privati, cioè la crescita della produttività e della prestazione individuale e di gruppo dei lavoratori?
Pertanto, ci troviamo di fronte ad una manovra economica che non solo non punta verso lo sviluppo del Paese, ma che non guarda, al di là delle parole e delle enunciazioni, al tema della competitività. Si tratta, soprattutto, di una manovra socialmente iniqua.
Inoltre, non mi stanco di denunciare (lo sto facendo da parecchio tempo) una vera e propria deregolazione sia per quanto riguarda il mercato del lavoro sia la sicurezza nei luoghi di lavoro.
È un punto che noi non possiamo assolutamente saltare. Ho visto, lo abbiamo visto tutti, come il Governo abbia avuto la capacità, sapientemente, di cospargere questi decreti di manovre che, a costo zero, hanno portato, attraverso la modifica di una frase, di una norma, di un inciso, a profonde deregolamentazioni del mercato del lavoro. Basta sostituire la parola: «anche», con la parola: «solo» o viceversa, per cambiare completamente il senso di una norma, senza che ciò sia immediatamente avvertito dall'opinione pubblica o sia oggetto di una battaglia, anche a causa del tecnicismo contenuto in tali norme, che sono state sparse a piene mani. Se ciò porta ad una deregolazione del lavoro, ancor più mi preoccupa che, anche attraverso una serie di proposte di legge - lo stesso onorevole Cazzola le sta proponendo (per carità, è sua facoltà farlo, ma anche mia possibilità criticare tali scelte, che non contrastano, ovviamente, con l'autonomia delle persone e della loro azione) -, si propongano nuove norme che, addirittura, tenterebbero nuovamente di abrogare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, a tutela dei licenziamenti oppure nuove nuove norme che, ancor prima di avere come obiettivo quello di applicare le riforme previdenziali varate lo scorso anno, che hanno portato equilibrio ed equità, introdurrebbero un nuovo intervento previdenziale, che determinerebbero ovviamente ansia e tensione di carattere sociale: ci sarebbe infatti una saldatura tra deregolamentazione del mercato del lavoro e attacco allo Stato sociale che, chiaramente, porterebbe il Paese ad una situazione di forte tensione.
È chiaro che il Governo ha dovuto fare marcia indietro: siamo di fronte ad evidenti esagerazioni che hanno portato ad alcune autocorrezioni in corso d'opera, anche se tali correzioni non sono state, per loro natura, sempre incontrovertibili, chiare e soddisfacenti. Un risultato lo abbiamo sicuramente ottenuto, ad esempio, in relazione ad una norma che mi sta particolarmente a cuore, perché l'ho voluta nella precedente legislatura: quella dell'obbligo, per le imprese, di denunciare l'avvenuta assunzione del lavoratore prima che il lavoratore cominci a lavorare, ossia un giorno prima. Il Governo, voglio ricordarlo, ha fatto marcia indietro, ma ha tentato di abrogare tale norma. Desidero ricordare che abrogare tale norma cancellando anche il libro paga e il libro matricola, il che renderà più difficile per i lavoratori individuare le proprie causali di retribuzione e più difficile il lavoro degli ispettori che dovranno rintracciare tali libri unici, magari presso il consulente del lavoro piuttosto che presso l'azienda ispezionata, ebbene, la somma di tali interventi avrebbe sicuramente favorito un ritorno di lavoro nero, di irregolarità. Quindi, si è avuta una marcia indietro.
Considero tale marcia indietro del Governo assolutamente salutare, perché voglio ancora una volta ricordare che tornare alla vecchia pratica della denuncia dell'assunzione cinque giorni dopo l'inizio della prestazione di lavoro avrebbe nuovamente avallato la pratica barbarica delle assunzioni post mortem, che sono purtroppo evidenziate nella prassi comune in settori come quello dell'edilizia: di ciò abbiamo avuto contezza, in più riprese, dalle stesse cronache giornalistiche.Pag. 15
In relazione ad altre marce indietro aggiungo che si è parlato - non voglio dilungarmi perché l'onorevole Bucchino ne ha parlato ampiamente - della norma relativa all'assegno sociale. Questa mattina ho sentito la seguente argomentazione di un esponente della Lega presso la Commissione lavoro: non volete mica che lavoratori extracomunitari, che non hanno versato contributi, possano ottenere un risultato? Si parla in tal caso di un assegno che non ha nulla a che fare con i contributi bensì di un assegno per i cosiddetti «più poveri». Vorrei chiedere al collega della Lega: ma non è stato il Governo Berlusconi, la volta scorsa, ad introdurre il principio dell'elevamento della pensione ad un milione di lire per tutti, indipendentemente dai contributi versati? Non siamo stati invece noi, nella passata legislatura, a richiedere per la quattordicesima il requisito del reddito individuale, e non del reddito familiare, per consentire alle donne di avere accesso a tali miglioramenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Abbiamo anche introdotto la logica della relazione tra contributi versati e quattordicesima erogata con delle scalette (fino a quindici anni, oltre i quindici anni e fino ai venticinque, e così via). Anche da questo punto di vista questi onorevoli dovrebbero avere un pochino più di memoria storica rispetto alle stesse azioni del loro Governo.
Analogamente riteniamo assolutamente parziale questa marcia indietro perché valgono tutte le osservazioni già svolte sulla radice anche xenofoba nei confronti dei lavoratori extracomunitari; segnaliamo infatti il pericolo per quanto riguarda gli immigrati italiani e per quanto riguarda il tema dei cosiddetti neocomunitari.
Pensiamo soltanto alle questioni del mercato del lavoro. Mi domando come sia possibile che il Governo abbia mascherato, dietro la richiesta della semplificazione delle procedure, la cancellazione della norma a tutela dei lavoratori contro le dimissioni in bianco che sappiamo essere una pratica largamente diffusa in questo Paese. Non si tratta di una pratica marginale, ma di una realtà che è soprattutto a carico delle donne, che può provocare una situazione per la quale, quando si è assunti, la domanda è: «Sei sposata? Sei fidanzata? Hai intenzione di mettere un figlio in cantiere? Vuoi, in qualche modo, avere una relazione con questa azienda che lo escluda o non lo escluda?» E quindi la pratica delle dimissioni in bianco. Ebbene, si è nascosta la cancellazione della norma sotto l'ombra della parola: «semplificazione». Mi domando: ci siamo forse dimenticati che quella norma è stata approvata dal Parlamento, in quest'Aula, nella scorsa legislatura, 407 presenti, con 400 voti? Ci siamo dimenticati che al Senato - grazie all'opposizione dell'onorevole Sacconi che non ha smentito ovviamente questa sua vocazione a far mancare tale tutela - votarono a favore, accanto al centrosinistra, anche gli onorevoli parlamentari di Alleanza Nazionale?
Come dimenticare che le Ministre Prestigiacomo, Carfagna e Gelmini sottoscrissero, in vista della legge finanziaria precedente, un ordine del giorno a tutela del lavoro femminile che chiedeva precisamente di andare nella direzione di questa legge? Che cosa hanno da dire, su questo punto, le onorevoli Ministre di questo Governo? Si tratta di un fatto, credo, estremamente grave che si somma a ciò che sta capitando con riferimento alla questione dei contratti a termine.
Anche sull'onda di quanto viene rilevato, in molti casi, dai media, quando parliamo di contratti a termine parliamo spesso di questa regola che consente di sostituirvi l'assunzione a tempo indeterminato decretata dal giudice, nel caso - lo ripeto - di una violazione di norme, e non perché esista un facile accesso attraverso la decretazione di un magistrato, ma perché c'è una violazione di norme da parte dell'azienda. Ci siamo soffermati su questo punto, ma abbiamo dimenticato che il Governo ha trasformato il contratto di lavoro a termine utilizzandolo come rapporto di lavoro ordinario quando la Comunità europea ha sempre ricordato comePag. 16il rapporto di lavoro ordinario, l'assunzione normale, debba essere il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Si tratta di un cambiamento di filosofia molto grave e molto importante, in controtendenza anche rispetto alle indicazioni di carattere europeo.
Ci sono poi le norme derogatorie che consentono ai contratti nazionali, territoriali e aziendali di superare quel limite di trentasei mesi fissato dalla norma precedente e addirittura di derogare al sacrosanto diritto di precedenza di un nostro giovane lavoratore che, avendo un contratto a termine per una determinata mansione, nel caso in cui in quella stessa azienda sia prevista un'assunzione a tempo indeterminato per quella stessa posizione, avrebbe il diritto, sacrosanto, di avere una precedenza in tale stabilizzazione. Anche ciò è oggetto di deroga, ma non basta: accanto a queste deroghe si è voluto anche inserire un principio, chiaramente incostituzionale, che consente di sostituire l'assunzione e la stabilizzazione con un risarcimento fino ad un massimo di sei mensilità.
Avremo, quindi, tre fattispecie, come è già stato ricordato: coloro che hanno avuto la fortuna di passare già per un giudizio definitivo, che saranno stabili; coloro che, dopo l'entrata in vigore della legge, non saranno sottoposti a questa norma vessatoria, anche perché il Governo ha dovuto fare questa parziale marcia indietro; coloro che rimarranno intrappolati.
Vorrei ricordarvi che il Servizio studi della Camera ha testé rilevato che: «Il comma 1-ter introduce una distinzione tra la disciplina applicabile ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione e quella applicabile alle analoghe violazioni commesse in data anteriore o successiva all'entrata in vigore di tale legge e che non siano oggetto dei predetti giudizi. Al riguardo si osserva come sembri opportuna un'attenta valutazione della distinzione introdotta dalla norma in esame, alla luce del principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione».
Siamo, quindi, di fronte ad una valutazione del Servizio studi della Camera, che mi auguro il Governo prenda in seria considerazione, perché continueremo a batterci, anche dopo la vostra ulteriore fiducia, perché questa deregolazione del lavoro non sia assolutamente possibile nel nostro Paese.
Infine, vorrei dire questo: l'onorevole Cazzola ha richiamato le norme poco chiare del precedente Governo a proposto della class action. Chiedo a questo Governo che mi si dia una risposta: ci sono norme chiare, che voi lasciate nei cassetti. Che fine ha fatto quella dotazione, coperta e certificata dalla Ragioneria dello Stato, di 650 milioni di euro per il 2008, ripetibili negli anni successivi, perché strutturale, a vantaggio della competitività delle imprese per la decontribuzione del 25 per cento del salario di produttività, che doveva agire dal 1o gennaio di quest'anno e trasformare, per la prima volta, il salario di produttività dei lavoratori in salario pensionabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Che fine ha fatto, onorevole Cazzola, la dotazione, coperta e certificata dalla Ragioneria, di 150 milioni di euro per il 2008 per la detassazione del salario di produttività, nel momento in cui si chiede che questo Paese diventi più competitivo? Che fine hanno fatto i 150 milioni di euro destinati ai giovani con un fondo per l'intrapresa, soprattutto a vantaggio delle donne, delle giovani donne che vogliono aprire un'impresa, a vantaggio di un assegno di 600 euro mensili per dodici mensilità, quando questi giovani perdono il lavoro precario e potranno restituire questo importo, senza oneri in più per quanto riguarda gli interessi, nei successivi 24-36 mesi, nei quali, presumibilmente, potranno trovare un nuovo lavoro?
Che fine faranno i 300 milioni per i lavori usuranti, sui quali abbiamo cominciato ad incardinare una discussione? Lei ha presentato un disegno di legge, ne ho presentato uno anch'io; spero che ci sarà una convergenza importante, ma non vedo ancora traccia del decreto promesso dal Governo attraverso un voto unanime diPag. 17questo Parlamento su un ordine del giorno, che avevo presentato, che impegna il Governo, entro il 31 dicembre di quest'anno, a dare attuazione a questa norma.
Infine, che fine hanno fatto le risorse destinate dal decreto legislativo n. 81 del 2008 a vantaggio di un fondo per i parenti delle vittime del lavoro? Ho fatto un'interrogazione al proposito al sottosegretario Viespoli, che mi ha detto che entro l'estate sarebbe stato attivato.
Naturalmente, aspettiamo fiduciosi che questo avvenga, così come mi sembrerebbe molto importante che questo Governo, che ha anche manomesso, oltre al Protocollo del 23 luglio dell'anno scorso, il decreto legislativo n. 81 del 2008 e la legge n. 123 del 2007 per la salute e la sicurezza sul lavoro, ad esempio postponendo l'entrata in vigore dell'aggiornamento del documento di rischio, che doveva scattare in questi giorni - lo ha rimandato e prorogato al 1o gennaio del 2009 -, poiché si parla molto, e sono d'accordo, di formazione per la sicurezza, spendesse i 50 milioni di euro già stanziati per fare i corsi di formazione, con un credito di imposta che sconti il costo di questi corsi per i lavoratori del 50 per cento.
Per non dire che suggerirei al Governo, quando entrano in vigore delle norme volute, decise, decretate, coperte dal passato Governo, almeno di dirlo: vale per i voucher per l'agricoltura (penso alla vendemmia per i giovani studenti e per i pensionati, che entrerà in vigore in questo autunno); penso alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Berlusconi, che ha detto di essere un Presidente stabilizzatore, perché ha stabilizzato gli LSU di Palermo, i lavoratori socialmente utili, con una dotazione di 55 milioni di euro stanziata dal Governo Prodi nella precedente legge finanziaria. Spero che l'onestà intellettuale porti tutti, come abbiamo fatto noi, almeno a riconoscere sicuramente le poche, per il Governo, cose positive che abbiamo fatto nel passato.
Concludo dicendo questo: penso che il centro della nostra critica sta proprio nel fatto che questa finanziaria non porterà allo sviluppo del Paese perché non aiuta ad aumentare il potere d'acquisto delle retribuzioni, delle pensioni, e quindi il potere di acquisto delle famiglie; conseguentemente, mi domando: ma questa invasione di campo nell'autonomia delle parti sociali con la fissazione dell'inflazione programmata all'1,7 per cento, come si risolverà? Quando, come auspico, le parti sociali dei settori privati, CGIL, CISL, UIL e Confindustria arriveranno (me lo auguro) alla fissazione di un indice di aumento delle retribuzioni di carattere europeo, e molto diverso dall'inflazione programmata, questo Governo procederà ad un aggiornamento dell'1,7 al livello di quell'indice, oppure assisteremo ad una disparità di trattamento retributivo di modello contrattuale fra i settori privati e i settori pubblici? Sono tutte domande lecite, che rivolgiamo a noi stessi e che rivolgiamo al Paese; e sapendo che purtroppo la risposte che arrivano dal Governo non ci confortano e non vanno nella direzione che noi vorremmo, non possiamo - come ho detto all'inizio - che esprimere un voto contrario sul complesso della manovra che avete presentato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli relatori, colleghi, la maggioranza si ritiene così forte da poter ironizzare con l'opposizione sul fatto che essa non sa fare il suo mestiere; oppure, come ha fatto il collega Jannone, si ironizza sul fatto che questi provvedimenti sarebbero stati fortemente condizionati dal lavoro costruttivo dell'opposizione. L'ironia è una cosa che mi attrae sempre molto; però, quando è in palese contrasto con la verità delle cose, rischia di concretizzarsi in richiami molto banali.
Noi non abbiamo messo in discussione l'urgenza della manovra, né abbiamo negato la necessità che si determinasse un miglioramento del saldo di finanza pubblica. Anzi, su questo punto faccio l'augurioPag. 18al Governo di raggiungere gli obiettivi che ancora ieri sera il relatore ha richiamato: 10 miliardi di euro nel 2009, 17 nel 2010, 30 nel 2011. Questi obiettivi sulla carta sono sicuramente importanti, ma di fronte ad una prospettiva così negativa - in presenza di crescita zero - è lecito avere molti dubbi.
Noi abbiamo svolto in queste settimane obiezioni politiche ed istituzionali di metodo e di merito; anche personalmente ne ho lasciato traccia diffusa nei verbali delle discussioni, sia in Commissione sia in Aula. La terza lettura del provvedimento alla Camera ci conferma però che avevamo ragione nelle nostre preoccupazioni, né può essere ridotta, questa terza lettura, a qualche elemento formale: abbiano sbagliato qualcosa. Ho apprezzato peraltro il ragionamento del collega Cazzola sulla sapienza dei costituenti, anche se questo riferimento al bicameralismo andrebbe poi verificato alla luce degli atteggiamenti che le maggioranze hanno: forse basterebbe che le maggioranze, che di volta in volta si alternano, non si sentissero unte dal Signore (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
Ecco, se fosse così, sarebbe un grande passo in avanti, poiché vorrebbe dire che si potrebbe correggere tranquillamente il bicameralismo, introducendo una sola Camera di riferimento politico, senza per questo compiere errori madornali: basterebbe che il dialogo fra maggioranza ed opposizione - un'espressione così abusata - fosse davvero efficace! In queste settimane, invece, del dialogo non vi è stata neppure l'ombra: casomai, mi è parso che, più che del dialogo, l'ombra fosse del diavolo! Ma, com'è noto, il diavolo fa le pentole e non i coperchi! E i risultati si vedono: siamo qui in terza lettura avendo scoperto che i coperchi non coprono esattamente le pentole.
Insomma, non è vero che avete accolto i punti di vista dell'opposizione: avete fatto come avete voluto e addirittura avete poi tentato - sotto questo profilo, confesso che mi ha un po' sorpreso l'atteggiamento del presidente Giancarlo Giorgetti, che è peraltro un collega che stimo molto - di trasferire la responsabilità sull'opposizione, come avete fatto ad esempio sul tema dei contratti precari. Ma se voi stabilite le procedure, le modalità, il percorso, la marcia, non potete poi dire che alle cinque del mattino - io quella mattina non c'ero ma non è che per questo debba essere richiamato - su un percorso che era già stato indicato come sbagliato vi era qualcuno che non aveva l'occhio troppo sveglio: non si procede così, se si vuole costruire un percorso legislativo consapevole! Né si può dire che le notti si sono sempre fatte: le notti, costruite su questo meccanismo legislativo, non portano in alcuna direzione, ma conducono solo a fare confusione. Tant'è che vi sono gli eccessi: le aule vuote e le notti piene. Ma allora, forse, un punto di equilibrio si potrà pur trovare! E il punto di equilibrio si trova quando nel percorso legislativo ognuno viene messo nella condizione di contribuire in qualcosa: perché se si sa che la presenza è inutile, non si fa una scelta di convenienza, ma una scelta di necessità.
Sul piano del metodo istituzionale, avete voluto modificare la legge n. 468 del 1978 con una procedura di un decreto-legge. Avrò detto almeno cinque o sei volte, intervenendo sia in Commissione sia in Aula, che quella era una forzatura che portava all'umiliazione del Parlamento e che non avrebbe dato i risultati sperati. È stato necessario il richiamo del Presidente della Repubblica: sono consapevole della diversità di peso e di prestigio, ma sono cose sulle quali vi avevamo richiamato! L'idea che bastasse un decreto ministeriale, un atto amministrativo, per modificare il percorso della legge di bilancio era davvero un fuor d'opera!
Sul piano dei contenuti, poi, si tratta di una manovra di contenimento in cui prevale più la paura che non il coraggio, per citare il titolo del libro di Tremonti. E poi vi sono i roboanti proclami - la Robin tax, la perequazione fiscale, la carta sociale, la tessera dei poveri - che fanno dire a Berlusconi «Noi facciamo una politica di sinistra»: a me quello sembra un annuncio obliquo e un po' irridente! Non perché un Governo di destra non possa fare unaPag. 19politica di sinistra (è avvenuto nelle migliori democrazie): ma stupisce che questo venga accentuato ed enfatizzato come se fosse una linea! Il che, peraltro, ha fatto storcere il naso ai colleghi di AN, che si sono cominciati a chiedere: «Beh, se il Governo fa una politica di sinistra, noi che ci stiamo a fare?». Vedete quali effetti contraddittori vengono dalle parole!
E poi, la riserva dei manifesti ideologici della Lega! Mi fa piacere che siano entrambi in aula il collega Fugatti e il presidente Giancarlo Giorgetti. Fugatti è un parlamentare molto attivo, che si è concentrato molto sulla manovra; diversamente - ho letto in una sua intervista - egli dice che avrebbe potuto lanciare molti altri provvedimenti di legge e fare molto di più. Beh, collega, io ho apprezzato quel che lei ha fatto: è già molto! Immagino che lei interpreti perfettamente talune intuizioni del presidente Giorgetti, ma vorrei che queste cose fossero esplicite.
L'intervento sulle autorità indipendenti non è stato uno scivolone: lo avete costruito a tavolino. Voi volete cambiare il ruolo delle autorità indipendenti in agenzie di Governo: è un errore clamoroso! Anche quello sui servizi pubblici locali, non è stato uno scivolone: è stata una scelta fatta a tavolino.
Voi avete l'idea che per difendere il ruolo che la Lega ha in alcune amministrazioni periferiche ci possa essere una doppia realtà: a Roma si privatizza, mentre in periferia si ripubblicizza. È un errore grave! Quanto agli immigrati poi, le fobie sugli immigrati travolgono anche i diritti degli italiani perché determinano una confusione legislativa, politica ed istituzionale. E così le correzioni talvolta sono peggiori del buco creato e non tutte le cose risultano come dovrebbero essere!
L'onorevole Cazzola ci ha dato la dimostrazione pratica che sono intervenuti contrasti neppure irrilevanti all'interno del Governo; di qualcosa avevamo avuta contezza leggendo qualche intervista del Ministro del lavoro, ma lei ha esplicitamente spiegato come avete concorso a correggere alcuni errori. Queste cose si possono fare senza metter fuori i manifesti! Si può discutere su queste cose e si può anche avere un'idea sul tipo di immigrazione da rendere esplicita nel nostro Paese, però lo si deve fare con la necessaria intelligenza.
Il fatto che oggi voi nascondiate in misura evidente contrasti che sono, invece, di tutta evidenza vi porterà incontro nel prossimo autunno, a mio giudizio, a qualche ulteriore sorpresa. Stesso discorso vale per i tagli lineari della spesa: si trattano in modo analogo cose profondamente diverse. Quando non c'è selezione e una ricerca puntuale della qualità della spesa si determinano inevitabilmente nel Governo contrasti, che per ora sono sopiti dal timore del peggio. Ho sentito anche ieri il Ministro per i beni e le attività culturali dire: ma perché dovete tagliare proprio a me, che esprimo un'identità importante del mio Paese, il patrimonio culturale? Ognuno di questi colleghi del Governo ha buone motivazioni, solo che un'azione lungimirante non può essere la sommatoria delle legittime aspettative dei singoli responsabili! Bisogna svolgere un'azione molto delicata e difficile, e cioè un'azione selettiva che emerge da una cultura di Governo e dalla capacità di indicare una strada: un taglio lineare non origina una cultura di Governo, ma è un taglio lineare brutale! Si tratta, peraltro, del preannuncio di un taglio che, di per sé, non determina, come effetto, quello del contenimento della spesa. L'economia va male, ma non si cambiano le attese evocando la crisi del 1929; non è sufficiente fare ciò e mi pare anche che sia del tutto sbagliato.
Quanto alla modifica dell'articolo 20 in materia di requisiti per percepire l'assegno sociale, ricordo che l'assegno sociale è una prestazione assistenziale per i residenti in Italia con oltre 65 anni. Già la Camera aveva sbagliato, con una forzatura evidentissima, raddoppiando da cinque a dieci anni il periodo di soggiorno legale nel territorio nazionale, e le modifiche introdotte dal Senato con riferimento al requisito di aver prestato legalmente attività lavorativa con un reddito almeno pari all'assegno sociale per almeno dieci anni hanno inciso anche sui diritti dei cittadini italiani (da cui la necessità di tentarePag. 20un'interpretazione che fosse più aderente alle esigenze di coloro che si trovano in tali condizioni). Ma io vi domando: i cittadini extracomunitari che lavorano in nero a tre o quattro euro all'ora che cosa sono, i moderni schiavi? Onorevole Fugatti, sono forse questi gli schiavi dell'area più ricca del Paese? Quei 2,5 - forse 3 - milioni di lavoratori che fanno i mestieri che né noi né i nostri figli intendiamo più fare che cosa sono, gli schiavi moderni? Per questi non è previsto l'assegno sociale? Vi vantate che questi il giorno devono lavorare e la sera, quando andate al bar, vi vantate di essere rigorosamente xenofobi, poiché questa fobia porta nella direzione sbagliata? Ma cosa faremmo, anche nella ricca Padania, se non avessimo il supporto di centinaia di migliaia di lavoratori che svolgono attività nel comparto dell'edilizia, ma non solo (bisognerebbe infatti andare a vedere nelle valli bresciane e in quelle bergamasche, dove si trovano anche delle fabbriche importanti, per capire di che cosa si tratta)?
Non mi riferisco solo ai caseifici padani, quelli che producono il reggiano o il padano ma anche a quelli che svolgono lavori in settori importanti, compresi i metallurgici. Di questi cosa ne facciamo? Voi fate la faccia feroce con i deboli, ma siete deboli con i poteri forti. Con le banche, con i banchieri, con i concessionari, con i petrolieri, voi non contate niente perché proprio negli ultimi giorni, sotto il vostro naso, con la vostra compiacenza, ma del tutto inutile, si è compiuta la definizione di una nuova governance in Mediobanca che cambia gli assetti politico-economici del Paese in maniera radicale. Ma forse neanche ve ne accorgete o fate finta di non avvedervene. Comunque, è irrilevante che in quei giorni non vi sia stata una presa di posizione da parte di un solo politico della maggioranza su argomenti di tale natura, nel momento stesso in cui veniva fuori la vicenda dell'Alitalia che è la cartina di tornasole.
In ordine alla vicenda dell'Alitalia, in realtà, avete preparato un piatto molto divertente a questi «grandi imprenditori coraggiosi» che fanno la replica degli imprenditori padani (anche quelli dovevano essere coraggiosi). Voi non mettete le mani nelle tasche dei cittadini, ma davvero? Allora come coprirete i 5 mila esuberi? Mettendo le mani nelle tasche dei cittadini con la fiscalità generale attraverso la cassa integrazione guadagni straordinaria! E poi i debiti di Alitalia dove li collocherete? Metterete le mani nelle tasche dei cittadini italiani intervenendo con la fiscalità generale! Però, vi sono gli imprenditori coraggiosi, quelli che mettono una fiche e che magari la possono tenere per 18 o 20 mesi. Cosa faranno tra 20 mesi? La venderanno ai francesi? Mi auguro che svolgerete una gara perché non potete pensare di trasferire l'Alitalia così. Ci potrebbero essere dei nuovi gruppi che, nelle condizioni mutate, sono interessati. È un affare che si vede ad occhio nudo. Potrebbero puntarci anche i figli di Berlusconi. Lo aveva già detto. Ma è chiaro che una società costruita in tali termini diventa molto appetibile e interessante. Pertanto, lo ripeto, fate la faccia feroce con i deboli, ma scodinzolate nei confronti dei poteri forti rispetto ai quali avete indubbiamente inventato la Robin Hood tax (si tratta di una bella invenzione comunicazionale); ma tali poteri, in realtà, non li ho visti tremebondi anche quando li abbiamo auditi: non ho visto impallidire i banchieri dinanzi alle minacce di Tremonti, ma sono rimasti assolutamente sicuri.
Lo stesso vale in ordine all'articolo 21, vale a dire le modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare il lavoratore. Inoltre, prevedete che tale norma si applichi unicamente ai giudizi in corso. Penso che sarebbe meglio sopprimere tale disposizione ma poiché si deve andare in vacanza non vi è il tempo per farlo. Tuttavia, vi consiglio di compiere un ulteriore approfondimento e un'ulteriore valutazione, perché la norma introdotta determina un contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione.
Concludo il mio intervento svolgendo ancora una riflessione sui profili preoccupantiPag. 21dell'articolo 60 da noi sollevati più volte. La Camera aveva previsto la possibilità di effettuare rimodulazioni con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione. Non so se gli altri componenti del Governo si siano pienamente accorti di tali questioni. Presumo che vi sia un patto, più o meno tacito, e forse se ne accorgeranno o forse sono molto disattenti. Ora, con l'ulteriore modifica introdotta nel corso dell'esame al Senato i suddetti decreti perderanno efficacia fin dall'inizio se il Parlamento non approverà la corrispondente variazione in sede di esame del disegno di legge di assestamento. In altri termini, si tratta di un recupero del potere parlamentare. I Parlamenti nascono e originano non solo dal problema delle tasse ma anche dalla decisione in ordine alle spese, perché altrimenti non vi sarebbe ragione di tenere in piedi un'Assemblea come la nostra. Si trattava di un aspetto di tutta evidenza. Altro che sperimentazione! Tremonti ha fretta e pertanto vuole sperimentare in questo esercizio e nel prossimo. In realtà, voleva mettere il bavaglio ai suoi Ministri. Ma il bavaglio si mette sul terreno della politica!
Credo che quando si è convincenti si riesce a spiegare un Governo che ha una linea, una direttrice, una capacità di convincere i propri concittadini che è bene in questo momento tagliare le spese in maniera intelligente, dare ad esse profondità e qualificazione, dal momento che è nell'interesse generale che si deve fare ciò.
Se voi non avete fatto questo lavoro politico, potete davvero pensare che basta introdurre una norma in via sperimentale per risolvere il problema? È chiaro che ci sarà un inghippo, un inceppo, di fronte al primo assestamento il problema si porrà. Allora, non siete stati neppure saggi, né preveggenti su questa posizione. Tutte queste ragioni ci portano a dire - ho concluso - che non siamo stati disattenti sulla manovra del Governo, siamo stati presenti e molto impegnati. Quindi, non permettetevi più di dare questi giudizi sommari nei confronti dell'opposizione. Infatti, anche quando quest'ultima viene fatta con una soavità di tratto o senza mai assumere atteggiamenti provocatori o senza abbandonare l'aula o senza fare ostruzionismo, ciò non significa nulla: solo gli smemorati non hanno ben presente che le parole hanno un loro peso e una loro forza. Ma quelli che non lo sono dovrebbero ricordarsi che poi le parole valgono perché ritornano. C'è un ritorno della parola.
Le cose dette, infatti, hanno un loro valore a futura memoria, anche per le istituzioni, che hanno una loro vita e una loro continuità. Considero che questa terza lettura smascheri un po' degli infingimenti che avete introdotto in questo luglio così operoso. Vedremo adesso quali saranno gli effetti di questa vostra operosità. Ovviamente l'augurio ve lo faccio sincero perché guardo all'interesse generale del mio Paese. Se debbo giudicare i vostri comportamenti politici, la mia critica è molto radicale e severa. Ma di questo ci sarà sicuramente tempo per parlare nuovamente (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, siamo chiamati ad esaminare per la seconda volta questo disegno di legge di conversione a seguito delle modifiche che il Senato vi ha apportato, in maniera peraltro - a nostro avviso - insufficiente o inadeguata nella maggior parte dei casi. L'intervento correttivo è avvenuto su aspetti sì importanti, ma che innanzitutto riguardano materie concernenti lo stato sociale e i rapporti di lavoro, che non sono necessariamente di pertinenza della manovra economica e, secondariamente, nulla hanno a che fare con la decretazione d'urgenza.
Le modifiche che sono intervenute, infine, avrebbero agevolmente potuto essere definite già in questa sede, se solo si fosse accettato da parte del Governo un confronto costruttivo con il Parlamento, anzichéPag. 22chiudersi in una fastidiosa autosufficienza. Abbiamo già rilevato molte volte in queste settimane la nostra contrarietà a questa modalità di legiferare, che ha portato il Governo ad imporre nei tre mesi che abbiamo alle spalle (i primi di questa legislatura) una decisione su un numero rilevante di interventi legislativi, tutti su proposta del Governo e tutti per decreto-legge. Non ritorno, dunque, sul punto, se non per osservare che, quando avevamo denunciato errori ed eccessi in essa contenuti, avevamo visto giusto. Come sappiamo, il Governo ha, infatti, disposto un esame di merito in tempi ristretti: pochi minuti, poche ore, una notte. Tempi inusitati per l'importanza che ha in sé la manovra economica, tanto più questa, che ha la dichiarata ambizione di cambiare sul campo la legge finanziaria e di guardare ai prossimi tre anni.
Lo scarto tra l'ambizione e la realtà si è rivelato clamoroso. Il Governo stesso ha finito per non controllare gli esiti della propria convulsa azione. Prova ne è il numero impressionante di autoemendamenti, che durante l'iter legislativo l'Esecutivo stesso ha sfornato. Sia chiaro: non penso che si sia trattato affatto di un atteggiamento superficiale (in verità c'è stato anche questo come dimostrano i circa sessanta errori formali che sono stati corretti), bensì una scelta finalizzata ad approfittare del fatto che l'attenzione generale del Paese era concentrata su questioni altrettanto decisive, quali la giustizia, per introdurre una mole considerevole di cambiamenti degli assetti economici e sociali.
Allo scopo di non perdere questo abbrivio, il Governo non ha contrastato gli eccessi che provenivano dalla propria maggioranza, anzi li ha condivisi, salvo poi, una volta scoppiata la polemica pubblica, nascondere la mano e anche il sasso, prendendo le distanze dalla sua stessa maggioranza e, in definitiva, da se stesso. Perché allora il Governo, se non apprezzava lo zelo di alcuni dei suoi, non ha accolto nelle Commissioni le proposte, anche nostre, di carattere emendativo? Perché dopo essersi preso la libertà di scrivere un maxiemendamento diverso da quello discusso nelle Commissioni, contravvenendo ad un accordo fatto sia con la maggioranza sia con la stessa opposizione, non ha modificato queste norme, se non le condivideva? Il risultato di questa gestione del Governo che - voglio essere chiaro - non è imputabile alla persona che lo ha rappresentato in Aula e nelle Commissioni, è stato talmente clamoroso che la stessa maggioranza al Senato ha dovuto correre ai ripari.
Sui punti di merito oggetto delle modifiche si è scatenata nei giorni scorsi una polemica strumentale, non da parte di chi ha continuato a denunciare, in continuità con quanto avevamo fatto anche noi nelle scorse settimane, l'enormità di alcune decisioni della maggioranza di Governo, ma da parte di chi, nella maggioranza stessa, ha tentato grossolanamente di allargare il campo delle responsabilità. Questa operazione politica, sostenuta da un battage mediatico, è naufragata su se stessa. Infatti, è risultato ben presto chiaro che non solo l'opposizione aveva messo in guardia, per tempo e ripetutamente, sulle conseguenze di tali atti, come i resoconti di questa Camera dimostrano, ma, soprattutto, che esistono, e sono registrati dagli stessi atti parlamentari, delle responsabilità in capo a chi ha proposto gli emendamenti che, a nostro avviso, sono peggiorativi. Si tratta di responsabilità che, diversamente dal Governo, i proponenti non hanno ripudiato, e di ciò, pur nella completa differenza di opinioni, gli va dato atto. Mi rivolgo, in particolare, all'ormai pluricitato onorevole Fugatti, con il quale ho pure polemizzato nei giorni scorsi, ma che questa mattina ha rivendicato l'impostazione di alcuni emendamenti; così come do atto all'onorevole Cazzola di aver ostacolato anche lui, come ha potuto, gli eccessi contenuti in queste norme. Tuttavia, è proprio la differenza di linea che emerge tra queste due impostazioni interne alla maggioranza che consiglia maggiore prudenza e disponibilità a discutere perché solo così si rende chiaro il confronto (e semmai anche lo scontro) sottraendolo,Pag. 23invece, al campo delle furbizie nascoste dentro una finta decretazione d'urgenza.
Stiamo esaminando per la seconda volta questo decreto-legge, in particolare alcuni punti che erano già chiari alla Camera, che avevamo denunciato e chiesto di modificare con emendamenti rifiutati dal Governo. Tutto ciò, signor Presidente, cari colleghi, va ricordato non per rinvigorire polemiche che vanno a questo punto superate, non per parlare del passato, ma per prepararci al futuro. Ci attendono, infatti, ulteriori appuntamenti altrettanto importanti ed è bene che si faccia tesoro degli errori, perché penso che quanto è accaduto in questi tre mesi, e in particolare in questa vicenda, sia stata un'occasione persa.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, cari colleghi, è un'occasione persa perché noi non siamo contrari ad una riforma della legge di bilancio, anzi, ne invochiamo la necessità, sia ai fini della semplificazione delle procedure sia dell'efficacia dell'intervento. Siamo contrari al fatto che venga decisa di fatto o per decreto-legge, sino al punto di provocare le ripetute autorevoli osservazioni del Capo dello Stato. Ora, anziché assistere al fatto che a settembre si ricomincerà come se nulla fosse accaduto, con il disegno di legge finanziaria e il provvedimento ad essa collegato, è troppo chiedere che si apra una discussione preventiva sulla riforma? La correzione, oggettivamente migliorativa, che avete apportato al Senato all'articolo 60 del decreto-legge in esame è la dimostrazione che l'intervento da voi prospettato non regge nella sua complessità e, dunque, anche della bontà della richiesta che sto sostenendo.
Noi non siamo contrari al risanamento del bilancio dello Stato e, anzi, consideriamo questo obiettivo indispensabile e parte integrante di una strategia-Paese, non di questa o di quella maggioranza politica. Ciò che non condividiamo è che questa giusta attenzione al deficit non sia accompagnata da un'altrettanta volontà di intervento sullo sviluppo, sulla tutela del reddito e del rilancio dei consumi.
Il PIL non cresce: bisogna dunque risparmiare. Questo è il messaggio del Governo, ripetuto anche ieri dal Presidente del Consiglio. Se, però, il PIL non cresce, il risparmio non sarà strutturale e vi sono buoni motivi per ritenere che esso non sarà nemmeno raggiunto. A noi sembra che si commetta un errore a non sostenere subito i redditi, attraverso un intervento fiscale adeguato. Gli interventi prospettati sugli straordinari, come sappiamo, sono selettivi e insufficienti: questo è un errore non solo dal punto di vista sociale, ma anche - se non addirittura di più - per le conseguenze di medio periodo, di carattere economico, che ci attendono.
Si parla talvolta, a sproposito, del 1929. Non dobbiamo attendere la grande depressione per dar corso a un New Deal, ma dobbiamo prevenire. Noi non siamo contrari ai tagli di spesa, ma pensiamo che essi debbano essere selettivi, mirati e non generalisti. I tagli alla sicurezza sono sbagliati, quelli alla scuola e agli enti locali eccessivi, quelli alle retribuzioni dei lavoratori pubblici, francamente, indecenti.
Vi sono altre strade per operare tagli che garantiscano la riduzione del debito senza far ricadere questa politica sui cittadini, sui lavoratori e sulle amministrazioni locali? La risposta a questa domanda è esattamente ciò che intendiamo per confronto costruttivo, al quale non ci saremmo sottratti, se vi fossero state le condizioni per una discussione seria e rigorosa, che non avete voluto fare.
Noi non siamo contrari alla semplificazione burocratica e amministrativa, il cui avvio è già avvenuto nella precedente legislatura. Non siamo contrari alla semplificazione dei rapporti sociali ed industriali, ma siamo preoccupati quando ciò avviene cancellando la class action e, se il centrosinistra non è colpevolmente riuscito ad applicarla, qui la si insabbia. Siamo preoccupati quando ciò avviene abrogando la responsabilità solidale in tema di appalti o abolendo la vigilanza sulle cooperative minori, che fortunatamente è stata ripristinata.
In particolare, penso alle norme oggetto delle modifiche, ancora insufficienti o sbagliate,Pag. 24che riguardano l'assegno sociale e il lavoro temporaneo, sulle quali mi soffermo brevemente, perché sono intervenuti con competenza i colleghi Damiano e Bucchino.
Nel primo caso, la rincorsa ad una cultura della paura, che nulla ha a che fare con la necessaria attenzione alla sicurezza e alla giustizia sociale, ha portato la maggioranza a produrre un provvedimento che, per penalizzare gli immigrati, ha peggiorato drasticamente la condizione dei nostri connazionali residenti all'estero, nonché dei cittadini comunitari. Con la correzione apportata si toglie l'assurdo riferimento al reddito come condizione per usufruire del diritto, ma non si dà risposta alle due categorie sopracitate. Il problema, dunque, resta in tutta la sua enorme gravità. Poiché la norma, però, entra in vigore dal 1o gennaio 2009, c'è ancora tempo, onorevole Cazzola, per una battaglia comune per correggerla e migliorarla.
Nel secondo caso vi siete resi conto, finalmente, di quanto vi avevamo detto nella discussione nelle Commissioni e in Aula, ma la correzione effettuata dal Senato non risolve alla radice il problema dei precari, come invece andava fatto. Con questa correzione si tenta di isolare alcuni casi, ma si dà vita a un precedente. La nuova norma, inoltre, come è stato osservato, ha evidenti profili di incostituzionalità.
Inoltre, se esiste (mi riferisco ancora all'osservazione del collega Cazzola) un «problema-Poste», una proposta emendativa a prima firma del collega Di Biagio avrebbe risolto il contenzioso, rinviando ad un accordo sindacale la soluzione del problema. Da un lato, dunque, si manda un messaggio che, sbagliando, fa prevalere - come, di fatto, fa il Ministro dell'economia e delle finanze - il lato oscuro della globalizzazione e, dall'altro, la si rincorre, offrendo ai nostri imprenditori, già pesantemente oberati dalla sfida globale - ancorché in grado di vincerla in moltissimi casi, come si sta dimostrando -, l'illusione che, per competere meglio, si possa prendere a riferimento l'allargamento delle maglie del controllo della responsabilità.
Questo è un punto molto importante, su cui bisognerebbe e bisognerà discutere. La via della competitività internazionale va assicurata alle nostre imprese alzando il livello del modello sociale. Anche su questo punto, che riguarda il delicato equilibrio tra modernità e tutele individuali e collettive, è possibile discutere. L'Europa ci aiuta. Abbiamo unanimemente ratificato, nei giorni scorsi, il Trattato di Lisbona, riconoscendo così all'Europa il ruolo di riferimento che le compete.
Ebbene, pur con dei limiti insiti nella definizione di un modello in grado di tenere insieme differenti culture giuridiche e sociali, l'Europa del dialogo sociale e della responsabilità condivisa, del modello di inclusione, ci dice che, per competere nel mondo, bisogna affermare i diritti e non svilirli.
La portata di questa discussione si misura non solo nei convegni, ma soprattutto nella coerenza delle norme che introduciamo nelle nostre leggi. Le differenze tra le posizioni espresse dalla maggioranza e dal Governo sull'insieme di queste tematiche e quelle che esprimiamo noi del Partito Democratico, sono, dunque, rilevanti e hanno spesso portata strategica, perché coinvolgono idee di società. Esse, però, non riguardano, o meglio non possono riguardare, la natura e la portata delle sfide aperte per il nostro Paese, che coinvolgono tutti, gli esponenti della maggioranza come quelli dell'opposizione, perché tutti rappresentiamo gli interessi di questo Paese.
Ecco, dunque, signor Presidente, perché si è persa questa occasione, ma l'autunno, come dicevamo, ci riserva difficoltà e opportunità. Sapremo tutti noi e sapranno soprattutto il Governo e la maggioranza, pur nella legittima diversità di opinioni politiche, comprendere che in gioco è il futuro del Paese e che l'efficacia della risposta è direttamente proporzionale alla capacità non, come sento dire, di tirare dritti, ma di tirare invece tutti verso una prospettiva di rilancio?Pag. 25
Se prevarrà questo spirito, noi saremo in grado di fare costruttivamente la nostra parte, se al contrario continuerà, come è avvenuto in questo avvio di legislatura, un atteggiamento di chiusura e di autosufficienza, di furbizie e di indisponibilità a governare e legiferare per tutti, allora i danni e i problemi aumenteranno e la crisi potrebbe essere più seria di quanto potrebbe apparire, ma mi auguro sinceramente che ciò non accada (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, ho già avuto modo di intervenire in Aula in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia, quando la Camera ha esaminato in prima lettura il provvedimento in esame, ossia il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008.
Credo, quindi, di non dovermi dilungare nel merito e nell'analisi dettagliata del contenuto del provvedimento stesso, rimandando sostanzialmente alle valutazioni positive che ho avuto modo di esprimere proprio in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia e facendo riferimento a una chiave di lettura di questo provvedimento, che va inteso nella sua interezza, se coniugato con gli interventi già disposti con il decreto-legge n. 93 del 2008, con il Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'atto che è stato trasmesso alla I e alla V Commissione della Camera in merito allo sviluppo economico, che impegnerà i lavori d'Aula nel corso del mese di settembre, alla ripresa dei lavori.
Quindi, si tratta di una serie di interventi in materia finanziaria e di politica industriale che comportano e comporteranno, come ha esplicitamente riferito anche il relatore per la VI Commissione, onorevole Jannone, nel corso del suo intervento, la necessità di rivedere anche le norme che sottendono alla presentazione e alla valutazione della legge finanziaria, che, così come ci è dato di conoscerla, di fatto congela il lavoro del Parlamento ogni anno per quattro mesi, diventando sostanzialmente una sorta di mercato, nel quale ciascuno riesce ad incassare tanto di più quanto più forte è la sua abilità di alzare la voce, strappando, fior da fiore, qualche convenienza.
Occorre, invece, ricondurre la manovra finanziaria a ciò che deve essere, cioè la valutazione di ordini di priorità e di una linea di indirizzo di politica economica ed industriale.
Come dicevo, ho già svolto queste considerazioni in Aula e non voglio dilungarmi in questo senso. Voglio però approfittare di questi pochi minuti, signor Presidente, per concentrarmi su una delle due norme contenute nell'emendamento approvato dal Senato, a seguito della prima lettura del decreto-legge n. 112 del 2008 da parte di questa Camera, e segnatamente sulla previsione relativa ai contratti di lavoro a tempo determinato.
Dico ciò, perché vi sono state troppe inesattezze nella comunicazione esterna relativa a questo provvedimento e al suddetto emendamento e troppe inesattezze nella chiave di lettura che politicamente si è voluta dare, in qualche caso in buona fede e in qualche caso - credo sia giusto riconoscerlo - invece «no». È stato affermato, ad esempio, che si è trattato di un emendamento senza paternità, caduto dal cielo, mentre io ne sono uno dei sottoscrittori, insieme al collega, onorevole Gioacchino Alfano, così come sono stati sottoscrittori di un emendamento in materia il collega Fugatti ed alcuni altri colleghi del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania. Non si tratta di un emendamento piovuto del cielo, ma di una proposta emendativa che presenta al suo interno una certa valutazione, probabilmente diversa in termini di sensibilità, su un argomento rispetto al quale riteniamo il Parlamento debba operare.
È stato sostenuto, anche poco fa nell'intervento del collega Tabacci, che questo è stato un emendamento proditoriamente buttato nella discussione nel corso di una notte: non è vero e per fortuna la cronologia e le date di deposito degli atti allaPag. 26Camera certificano la verità dei fatti. Questo è stato uno dei primi emendamenti presentati al testo del decreto-legge n. 112 all'inizio della discussione, insieme ai più di 1.600 emendamenti che, tra maggioranza e opposizione, presentammo appena ci venne sottoposto il testo del decreto-legge n. 112, nel corso dei lavori delle Commissioni riunite bilancio e finanze. Mi viene allora da chiedere: ma dove era il Partito Democratico?
SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Dove era il Governo?
MASSIMO ENRICO CORSARO. Dove era l'onorevole Veltroni che, nelle successive settimane, si è lanciato, molto dopo l'approvazione in prima lettura da parte della Camera del decreto-legge n. 112, ad affermare che questo provvedimento non sarebbe mai passato e che il Partito Democratico avrebbe alzato i cavalli di Frisia per impedirne l'approvazione? L'approvazione era già avvenuta nel totale silenzio, non so se assenso, ma silenzio senza altro sì, dei rappresentanti nella V e VI Commissione del partito di cui l'onorevole Veltroni è presidente o segretario (chiedo scusa per l'imprecisione, ma non so quale sia la dicitura). È stato detto peraltro, volendo proseguire sulla scorta delle inesattezze affermate, che questo provvedimento mirava a minare e a toccare la sacralità dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Premetto che, a livello esclusivamente personale, non riconosco all'articolo 18 sacralità alcuna e che, quindi, quand'anche fosse questo l'argomento in discussione, non proverei alcun imbarazzo. Tuttavia, è stata sostenuta una inesattezza pesante, perché questo emendamento, così com'è stato scritto e riproposto dopo la rilettura svolta al Senato, individua con chiarezza una realtà circoscritta che fa riferimento, in via esclusiva, ai contenziosi in essere, al fatto che questi contenziosi sono stati attivati da lavoratori assunti a tempo determinato, a fronte di inesattezze formali nella definizione del rapporto contrattuale e al fatto che, all'interno di questi contenziosi, venga richiesto, in termini di risarcimento, la riassunzione a tempo indeterminato dei lavoratori stessi che hanno presentato il contenzioso.
Si tratta di tre condizioni specifiche che individuano chiaramente il quadro di riferimento di questo provvedimento e di questo emendamento e che nulla hanno a che vedere con la legislazione generale di sistema che attiene allo Statuto dei lavoratori e nel caso di specie all'articolo 18.
È stato detto ancora che si tratterebbe di un emendamento penalizzante per i cosiddetti precari e uso tale termine, perché, se vogliamo chiamare le cose con il loro nome, parliamo di persone, di cittadini che sono stati assunti con un contratto di lavoro a tempo determinato.
Noi, viceversa, prevediamo un incremento di indennizzo immediato, a fronte di inefficienze della giustizia. O, forse, dal punto di vista dell'opposizione, del Partito Democratico e della sinistra, sarebbe meglio continuare a far aspettare i lavoratori in attesa di giudizio per anni e anni, senza sapere quale sarà il tempo, il termine e le modalità con le quali potranno avere soddisfazione o meno dalla sentenza passata in giudicato? O sarebbe meglio far passare il concetto che le imprese dovranno sobbarcarsi in via definitiva anche le inefficienze della giustizia? La magistratura del lavoro prevede, a livello teorico, che le cause debbano concludersi in un arco temporale circoscritto a dodici mesi. Siamo in presenza di un numero di contenziosi che si misurano in migliaia e non in un'unità, in cui la sentenza, viceversa, non è ancora arrivata dopo nove, dieci e undici anni di percorso giuridico-amministrativo.
È stato detto, inoltre, in termini di inesattezza che quello in esame è un provvedimento scritto ad hoc per alcuni soggetti specifici, ad esempio per le Poste. Ora, al di là del fatto che basta leggere questa norma per rendersi conto di come sia scritta in termini assolutamente generali, non voglio nascondere che la realtà operativa per la quale l'emendamento in questione ha evidentemente un impatto maggiore, è proprio quella rappresentataPag. 27dalle Poste italiane, che hanno in corso qualcosa come quindicimila contenziosi di questo genere e che potrebbero correre il rischio di dover riassumere quindicimila persone, la gran parte delle quali hanno operato per le Poste per un arco temporale di tre, sei, nove mesi al massimo, magari otto, dieci o dodici anni fa. Al termine di questi contenziosi, la traduzione dell'obbligo di riassunzione di quindicimila unità, non so come voi la intendete, ma nel mio modo di interpretare il linguaggio significa una manovra di ulteriore assistenzialismo che cozza violentemente con il significato politico che il Governo e questa maggioranza hanno voluto attribuire al testo del decreto-legge n. 112 del 2008. Quest'ultimo è volto, invece, alla razionalizzazione e al contenimento della spesa pubblica come priva leva sulla quale agire, a differenza di quanto ha saputo fare la sinistra negli anni precedenti, facendo esclusivo ricorso alla leva fiscale e all'innalzamento della tassazione a carico dei cittadini e a carico delle imprese.
Se, poi, vogliamo entrare ancor di più nel merito della circostanza relativa all'abuso, perpetrato nel corso degli anni dagli amministratori delle Poste, del ricorso ai contratti a tempo determinato, voglio ricordare che tale abuso ha una datazione certa e precisa, perché la gran parte di questi casi si riferiscono a cittadini che sono stati assunti con contratti a tempo determinato dall'amministrazione centrale delle Poste nel periodo intercorrente tra il 1998 e il 2001, quando, se non ricordo male, a palazzo Chigi sedeva Romano Prodi e quando, se non ricordo male, i partiti che sostenevano la maggioranza di Governo erano gli stessi che oggi cercano di contestare il tentativo di sanare una situazione che rischia di sconfinare in una norma di assistenzialismo.
Dunque, certamente, siamo in presenza di un provvedimento con un contenuto che, in questa sede, intendo rivendicare e che ha soprattutto l'idea di sovvertire una logica per cui, come forma di automatismo, si debba intendere che ad ogni contratto a tempo determinato, «di riffa o di raffa», per qualche sotterfugio, per qualche cavillo, per qualche errore di formalizzazione debba diventare obbligatoriamente l'anticamera di un contratto a tempo indeterminato. Siamo l'unico Paese in Europa - ripeto l'unico Paese in Europa - in cui questa concezione e questa presunzione appartengono alla sensibilità dei lavoratori, il che, da parte loro, è anche sacrosanto e lecito, ma appartengono anche alla magistratura del lavoro. In nessun luogo in Europa, discipline separate come il contratto a tempo determinato e il contratto a tempo indeterminato sono legate da un automatismo per cui, alla fine dell'uno, deve necessariamente aprirsi l'altro. Se vogliamo parlare di forme di liberalizzazione e di modernizzazione del mercato, non possiamo prescindere da una forte accusa rispetto a questa concezione che deve essere una volta per tutte sovvertita.
Permane su questo provvedimento una valutazione fortemente positiva per quanto è stato detto e per quanto ho già avuto modo di dire in quest'Aula su una manovra che impegna lo Stato, l'amministrazione, le sue emanazioni, gli enti locali a dar luogo ad una riduzione del peso della pubblica amministrazione nell'ordine di 35 miliardi di euro nel corso dei prossimi tre anni, senza che questo corrisponda ad alcun aumento di tassazione.
Il fatto che lo Stato e che l'amministrazione centrale debbano porsi il problema di operare sulla gestione dei conti pubblici, finalmente tagliando i costi, invece che ripetendo le manovre di aumento di tassazione per aumentare le entrate, corrisponde anche alla fotografia di questi giorni e di queste ore, alla fotografia di un sistema economico nazionale in grave difficoltà, nonché di un sistema di sviluppo delle imprese che sta soffrendo un calo di produttività, testimoniato dalla forte diminuzione del gettito IVA.
L'onorevole Bersani, che è un forte battutista, di cui conosciamo le caratteristiche di barzellettiere, ci ha raccontato che il crollo del gettito IVA corrisponderebbe ad una immediata e contestuale volontà di milioni di imprese in Italia diPag. 28ricorrere all'evasione fiscale. È abbastanza curioso, da parte della sinistra, il fatto che, quando conviene ad una certa dialettica rappresentare lo stato di dissesto dell'economia e lo stato di difficoltà nel quale volgono le famiglie e le imprese, i dati debbano essere corrisposti con un indice di gravità; quando, viceversa, questi dati sono attestati da dati e numeri ufficiali, che determinano la presa d'atto di una diminuzione del gettito IVA, a quel punto si dice che si scherza, perché questi dati corrisponderebbero solo alla mancata determinazione dei cittadini e delle loro imprese di versare le tasse.
Come dicevo, permane tutta la valutazione positiva sul provvedimento in esame, ma proprio in relazione ad una sorta di imbarazzo postumo che alcuni rappresentanti anche della maggioranza e del Governo hanno manifestato rispetto all'emendamento relativo al lavoro a tempo indeterminato, voglio in conclusione dire, signor Presidente, che dobbiamo prendere lezione da difficoltà ed errori che noi stessi, appartenenti a questa maggioranza, abbiamo vissuto in legislature precedenti.
Per quello che ho detto, il mio intervento non pregiudica alcun aspetto legislativo di carattere generale; è un intervento che non muove a cancellazione delle tutele contro i casi di abuso del contratto a termine, che sono rimaste tutte immutate. Nel caso in cui, ad esempio, si superi il limite massimo dei 36 mesi tra proroghe e rinnovi, ovvero nei casi in cui sia palese il tentativo di abusare del ricorso al contratto a tempo determinato da parte delle imprese, la sanzione rimane esattamente quella prevista, vale a dire la conversione del rapporto a tempo indeterminato. Stiamo cercando di razionalizzare altre casistiche.
Allora, poiché mi è sembrato che alcuni nella maggioranza e addirittura alcuni all'interno del Governo si siano spaventati per la tardiva reazione dell'opposizione - che ricordo assolutamente silente in sede di prima approvazione della Camera - e per la tardiva reazione delle organizzazioni sindacali, voglio rivolgermi direttamente al Governo (se me lo consente per suo tramite, signor Presidente), al sottosegretario Vegas, che voglio ringraziare per l'attenta e continua produzione di lavoro nel corso del lavoro delle Commissioni V e VI nelle passate settimane. Voglio rivolgermi per il suo tramite, signor Presidente, al Governo per dirgli che già una volta, già in un'occasione, all'inizio della XIV legislatura, la nostra maggioranza ha rinunciato a spiccare il volo, in termini di trasformazione e di modernizzazione del Paese, perché abbiamo avuto un po' troppo timore di qualche organizzazione superata nel concetto, superata nella capacità di rappresentanza, superata nella volontà di saper rappresentare per davvero gli interessi dei lavoratori e non essere, viceversa, circoscritta al mantenimento della propria stessa esistenza e della propria stessa struttura.
Fateci vedere, signori del Governo, che vogliamo per davvero partire con quel colpo d'ali, con quello spirito propositivo che è testimoniato in tutti i provvedimenti che, con grande celerità ma anche con grande capacità di arrivare al raggiungimento degli obiettivi, ci avete proposto nel corso di questi primi pochi mesi di legislatura.
Facciamo in modo che nulla possa spaventarci, come è accaduto nel 2001, e che nulla possa rappresentare un freno allo sviluppo di un sistema che, solo su queste basi di corretta amministrazione e di corretta pulizia dei conti dello Stato, potrà garantire ai cittadini e alle imprese di ritornare ad ottenere i risultati che auspichiamo per l'Italia.
PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta che avrà inizio alle ore 14,45.
Sull'ordine dei lavori (ore 13,50).
AMEDEO LABOCCETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli sottosegretari,Pag. 29credo che oggi ogni uomo che abbia a cuore il valore principe della libertà e dell'indipendenza, non possa non rivolgere un pensiero al premio Nobel, Alexander Solzenitsyn, l'uomo e l'intellettuale che, meglio di tutti, ha testimoniato la lotta contro il comunismo e l'utopia assassina che questa ideologia ha costituito nel Novecento.
Egli ha testimoniato ciò con i suoi straordinari scritti, ma anche con la sofferenza personale. Attraverso i suoi libri ha fatto conoscere al mondo i Gulag, i campi di lavoro sovietici e per questo merito ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1970, riconoscimento che ne provocò l'esilio dall'Unione sovietica quattro anni dopo.
Combattente nella Seconda guerra mondiale, nel 1945, per un'allusione a Stalin in una sua lettera, venne condannato ad otto anni di lager e poi ad altri tre.
Solzenitsyn rivelò al mondo la realtà del sistema comunista sovietico nei suoi lavori. Ne cito tre: Un giorno nella vita di Ivan Denisovic, romanzo scritto nel 1962, Il primo cerchio, nel 1968, e Arcipelago Gulag nel 1973.
Oggi tutto il mondo piange Solzenitsyn, ma vi è stato un tempo non lontano, soprattutto qui in Italia, signor Presidente, in cui il grande scrittore russo veniva offeso per le sue posizioni. Credo che Solzenitsyn debba essere ritenuto un patrimonio dell'umanità. La sua vita è stata una testimonianza di libertà che ogni istituzione democratica ha il dovere di onorare e sono convinto che il Parlamento italiano vorrà farlo quanto prima. In tal senso, mi affido alla sensibilità culturale, morale e politica della Presidenza della Camera dei deputati, che spero, signor Vicepresidente, ella vorrà presto compulsare.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, in queste giornate il flusso di immigrati attraverso il Mediterraneo, in Sicilia, in particolare in provincia di Agrigento, nell'isola di Lampedusa, ma poi da lì sino alla terraferma, sta raggiungendo ritmi assolutamente superiori alla norma, ammesso che sia possibile parlare di norma in questi casi.
Tutto questo sta sottoponendo i territori interessati e le popolazioni ad una serie di problematiche e mi rendo conto della difficoltà nel poter fornire risposte concrete. Tuttavia, in questa sede, vorrei richiamare l'attenzione del rappresentante del Governo su una situazione molto particolare che si sta verificando sulla terraferma: in alcune località dell'agrigentino sono stati aperti centri di assistenza per rifugiati politici - i quali, di fatto, rappresentano un po' il secondo stadio rispetto al centro di prima accoglienza di Lampedusa - dove stanno trovando accoglienza decine e talvolta centinaia di immigrati, in attesa evidentemente dell'eventuale riconoscimento dello status di clandestini.
Tutto ciò sta creando una serie di disguidi e di difficoltà nelle zone dove risiedono questi centri, anche perché si renderà conto che un quantitativo abnorme di immigrati che afferiscono a tali centri (e di cui, molto spesso, non si conoscono né le zone di origine, né tanto meno le generalità), in attesa del riconoscimento dello stato giuridico a cui loro auspicano, sicuramente rappresenta un momento di grande preoccupazione.
In uno di questi, nella città di Sciacca, appena arrivato il primo carico di cittadini richiedenti tale particolare status - si trattava di circa 130 o 140 soggetti - nelle prime ore dopo l'arrivo si sono registrati ben 20 individui in meno. Ciò vuol dire che 20 soggetti che si trovavano nel centro di prima accoglienza, sorvegliato dalle forze dell'ordine, recandosi in questi centri «di seconda accoglienza», non più sorvegliati dalle forze dell'ordine, si sono resi irreperibili, diventando di fatto dei clandestini a tutti gli effetti.
Ciò è sicuramente un fenomeno da evidenziare. In particolare, sono convinto che laddove insistono tali centri ci debba essere un maggiore impegno delle forze dell'ordine - Polizia e carabinieri - chePag. 30devono essere messe nelle condizioni di poter meglio operare. Chiediamo pertanto nei territori dell'agrigentino, ed in particolare nella città di Sciacca, una maggiore presenza dello Stato, tenendo anche presente che in questi centri «di seconda accoglienza» non è prevista la dislocazione dell'esercito: le disposizioni del decreto sicurezza, cioè 3 mila militari in più, di fatto non sono applicabili a tali strutture.
Presenteremo, nelle prossime ore, un atto di sindacato ispettivo, probabilmente un'interrogazione, e quant'altro riterremo utile ed opportuno. Sappiamo benissimo che gli atti di sindacato ispettivo, specie in un periodo del genere, lasciano il tempo che trovano. Sto pertanto affidando all'Assemblea, ed in particolare al rappresentante del Governo, la mia richiesta, affinché se ne faccia carico.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,45.
La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 14,45.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Crimi e Alberto Giorgetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1386-B)
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi nella discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, rinuncio all'intervento.
PRESIDENTE. Ne prendo atto, onorevole Baldelli.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1386-B)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la V Commissione, onorevole Zorzato, rinuncia alla replica.
Prendo, altresì, atto che il relatore per la VI Commissione, onorevole Jannone, non è presente in Aula.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare qualche breve considerazione in sede di replica per ricordare una cosa fondamentale, rispetto alle critiche che sono state avanzate oggi nel dibattito: il Parlamento - e il Governo lo ringrazia di questo - in quaranta giorni approva una manovra di un rilievo tale che da molti anni non si vedeva nel nostro Paese.
Si tratta di una manovra indispensabile per restituire possibilità di crescita al Paese e per attuare una manovra di stabilizzazione della finanza pubblica a rilevanza triennale, che consentirà di volgere l'interesse sulle altre misure che concernono lo sviluppo. Non che queste ultime manchino in questo decreto, ma sicuramente altre dovranno seguire per consentire di cogliere (e questo è un accento che ho sentito in alcuni interventi dell'opposizione) le opportunità di sviluppo, anche finalizzate a conferire maggiore potere di acquisto a molti strati della nostra popolazione. Ciò non si può fare attualmente: infatti, se dobbiamo perseguire l'obiettivoPag. 31della stabilità e del pareggio del bilancio nel 2011, è difficile pensare che, contemporaneamente, si possa conseguire il pareggio di bilancio e diminuire la tassazione o definire altre misure di agevolazione fiscale. La contraddizione, ovviamente, non lo consente. Non si possono, infatti, cogliere obiettivi così ambiziosi contemporaneamente, ma bisogna attuare una graduazione, una sorta di percorso progressivo, passo indispensabile per il quale è arrivare prima alla stabilizzazione finanziaria per poter, poi, giungere alla crescita e all'alleggerimento della pressione fiscale.
Con l'occasione vorrei anche far notare che il rilievo dato alle modifiche apportate dal Senato è forse un po' esagerato. Infatti, se guardiamo alla sostanza dei fatti, le modifiche apportate dal Senato sono assolutamente marginali rispetto all'impianto complessivo della normativa e non hanno avuto altro scopo se non quello di correggere alcune norme, la cui interpretazione avrebbe potuto offrire il destro ad applicazioni erronee, anche se esse già contenevano in nuce la possibilità che tali applicazioni venissero escluse. Ciò riguarda, segnatamente, gli articoli 20 e 21, i quali già di per sé non avrebbero dovuto dare adito ad equivoci. Vi è stata una certa polemica di stampa, la quale, peraltro, si è occupata anche di altri fenomeni, come la presunta diminuzione dei finanziamenti per il contratto del pubblico impiego. A tal riguardo, se solo si fossero guardate con più accuratezza le carte, si avrebbe avuto modo di constatare che si trattava di un'ipotesi assolutamente non corrispondente alla realtà.
Per quanto riguarda l'articolo 20, la correzione è stata apportata onde fugare ogni dubbio, restando di fatto, però, acclarato che queste norme (le quali si applicano principalmente a cittadini non italiani) servono a regolamentare un po' il flusso delle richieste e a tenere sotto controllo una spesa pubblica che, altrimenti, in questo settore avrebbe rischiato di essere assolutamente incontrollabile.
Quanto all'articolo 21, in materia di precari, non era assolutamente in questione l'abolizione di meccanismi di stabilizzazione per i lavoratori precari, ove fossero previsti, ma semplicemente l'opportunità di evitare abusi che avrebbero portato ad eccessivi costi a carico della finanza pubblica.
Sotto questo profilo, mi consenta, signor Presidente, di contestare l'accento, che è stato posto principalmente nell'intervento dell'onorevole Damiano, relativo al fatto che con questo decreto-legge, con questa manovra finanziaria e con questo Governo sarebbe in atto una sorta di attacco allo Stato sociale. È esattamente il contrario: le misure di liberalizzazione del mercato del lavoro non servono ad altro che ad aprire il mercato del lavoro a molte persone che una politica miope, di conservazione di un presunto Stato sociale, a favore solo di una parte della popolazione e di una parte dei lavoratori, escludeva ed avrebbe continuato ad escludere. Lo scopo del Governo invece è di aprire le porte del «fortino» Stato sociale per fare entrare più cittadini e più lavoratori possibili e per offrire a tutti la stessa chance, la stessa opportunità, cosa che una legislazione troppo rigida, invece, preclude assolutamente.
Condivido pienamente i rilievi dell'onorevole Tabacci, espressi anche, non in questa sede ma in Commissione, dal presidente Duilio, circa la necessità di arrivare sollecitamente ad una modifica della legge di contabilità. Noto con piacere che questa Camera, come anche il Senato, si è espressa a favore non dico di una radicale, ma di un'incisiva novella della legge n. 468 del 1978, che è arrivata ad un certo grado di maturità. D'altronde esiste anche una tradizione in base alla quale ogni dieci anni questa legge, in qualche settore, viene modificata o rinnovata, e credo che sia giunto il momento di farlo. I dibattiti sono stati ampi e forse ora si può passare ad una fase operativa in cui il lavoro del Parlamento potrebbe costituire la base seria per un avallo anche da parte del Governo.
Ciò riguarda non solo e non tanto il contenuto proprio della legge finanziaria, che deve diventare, da legge omnibus che accoglie istanze di spesa di ogni tipo, unaPag. 32legge che regolamenta i flussi, ma anche la struttura del bilancio, modificata, da ultimo, con una sorta di decisione amministrativa «praeter legislativa», rispetto alla quale nessuno ha avuto nulla da dire, ma che comunque ancora necessita di essere attuata, modificata e migliorata per le parti che non lo sono state. Lo stesso dicasi per quanto concerne l'indispensabile elasticità delle missioni e dei programmi, soprattutto laddove si arrivi ad una politica di riduzione complessiva della spesa nei singoli Ministeri. Infatti, è ovvio che se il Governo non vuole arrivare ad un meccanismo di definizione di semplici tagli lineari - come credo abbia dimostrato a dispetto di quanto affermano gli oppositori - ma vuole definire meccanismi di riduzione della spesa ragionati, ciò va agevolato dalla possibilità che i singoli Ministeri valutino compiutamente con un maggior tempo a disposizione il contenuto delle singole missioni e programmi, in modo da definire meglio quali possano essere ridotti e quali eventualmente implementati: anche tale intervento è strettamente funzionale alla realizzazione di una migliore gestione della finanza pubblica.
D'altronde basta considerare la legge finanziaria di due anni fa, nella quale il famoso comma 507 concedeva un potere ancora maggiore, non solo di modifica all'interno delle missioni, ma addirittura di modifica complessiva dei saldi, per dire che nel nostro Parlamento esiste una consuetudine costituzionale, se così possiamo dire, che concede un minimo di elasticità anche per quanto concerne la legge di bilancio, che pure è una legge con le caratteristiche di formalità che tutti conosciamo.
L'onorevole Corsaro ha invitato il Governo ad avere un colpo d'ala per abbandonare certe remore, direi quasi intellettuali o morali, del passato, per andare radicalmente verso un riformismo più spinto. Non posso che concordare con tale impostazione riconoscendo come, in fondo, è all'inizio di una legislatura che le legislature si qualificano, e quindi è questo il momento nel quale occorre marcare di più la volontà di cambiamento, altrimenti il tempo passa e si rischia di perdere occasioni che potrebbero definirsi storiche.
Ho un po' di rimpianto per il fatto che alcune voci dell'opposizione hanno sostanzialmente operato, più che una valutazione critica sul contenuto del decreto-legge, una sorta di difesa del bel tempo andato, una sorta di difesa della gestione del modo di intendere anche i rapporti economici così come avveniva nel passato.
Tutti siamo un po' figli del nostro tempo, però, forse, il momento storico ed economico e quello che sta avvenendo fuori da questo Paese sono lì a dimostrare come abbandonare certi schematismi sia l'unica strada per poter portare il Paese fuori dalle secche nelle quali è attualmente ristretto.
Questa è, in fondo, la speranza, l'augurio e il desiderio che il Governo si pone e che ha iniziato a porre con questo fondamentale atto, che è stato volutamente emanato all'inizio della legislatura, certo in tempi molto rapidi, inusualmente rapidi rispetto a ciò che avviene normalmente, in tempi che non rispettano il principio secondo il quale le decisioni in materia di finanza pubblica debbono attendere a tutti i costi la sessione di bilancio, quindi l'autunno, perché quando occorre, in qualche modo, far fronte a problemi rilevanti, è opportuno agire il più presto possibile. Prima si agisce, meno gravi sono i problemi, meno pesanti sono gli interventi.
Con questo spirito, il Governo è qui a invitare il Parlamento ad un'approvazione la più rapida possibile di questa manovra (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1386-B)
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il GovernoPag. 33ha preso atto con soddisfazione dell'ordinata conclusione, stamattina, dei lavori delle Commissioni bilancio e finanze, per cui mi permetterei di aggiungere che quella rapidità che c'è stata oggettivamente nell'esame di questo importante provvedimento non ha mai fatto venire meno la serietà e l'approfondimento del lavoro da parte delle Commissioni, sia della Camera sia del Senato.
Probabilmente, signor Presidente e onorevoli colleghi, difficilmente troviamo che l'esame di una materia così complessa, come la manovra finanziaria, ha visto conclusi i lavori nelle Commissioni con la trattazione di tutti gli emendamenti. In genere, eravamo abituati ad assistere a conclusioni con il rinvio in Aula di questioni, con l'impossibilità di trattarle, e anche per favorire questo approfondito esame nei lavori delle Commissioni, sia alla Camera sia al Senato, il Governo ha inteso rappresentare le sue proposte solo ed esclusivamente nelle sedi delle Commissioni stesse.
Il Governo ha anche ascoltato con interesse, stamattina, lo svolgimento della discussione sulle linee generali, e ha preso atto della presentazione di un numero limitato di emendamenti alle poche, significative e migliorative modifiche apportate dal Senato.
Tuttavia, apprezzate le circostanze, considerata anche la particolare importanza che il Governo attribuisce a questo provvedimento e ritenuta la non necessità di dover provvedere ad ulteriori modifiche da parte di questo ramo del Parlamento, a nome del Governo, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge - già approvato dalla Camera e modificato dal Senato - di conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, pongo la questione di fiducia (Applausi polemici di deputati del gruppo Partito Democratico).
ROLANDO NANNICINI. Complimenti!
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, se vi fosse ancora un po' di logica nelle cose che diciamo, ascoltando le parole del Ministro Vito, potremmo dire che ha impiegato pochi minuti per spiegare esattamente per quale ragione non ci sarebbe bisogno della fiducia, atteso che non c'è stata alcuna forma ostruzionistica e che sono stati presentati pochi emendamenti, volti a cercare di migliorare la situazione. Il Ministro Vito ci ha informato della decisione del Governo secondo una logica assai pericolosa, se questo è consentito, che sta andando avanti ormai da parecchio tempo, alla quale, forse, c'è una tendenza alla rassegnazione. Noi non ci rassegniamo per niente, perché partiamo da una lettera che il Presidente della Repubblica ha inviato ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio, proprio per mettere in evidenza il rischio che, in una fase così convulsa di provvedimenti, si sarebbe, sostanzialmente, sottratto ai parlamentari e al Parlamento l'esercizio delle proprie funzioni e del proprio ruolo.
Accade ormai da settimane che ci troviamo di fronte a decreti e fiducie, decreti e fiducie. I decreti, tutto sommato, non spaventano il Presidente della Camera, che, in un'occasione recente, ha detto che non sono un numero straordinario; il Presidente stesso, invece, ha bene evidenziato come il metodo, ormai ordinario, di mettere la fiducia sia un metodo che rischia di compromettere seriamente, creando scorciatoie, l'esercizio del ruolo che questa Camera, come quella del Senato, dovrebbe avere.
Peraltro, vorrei anche rilevare, signor Presidente, che il sottosegretario Vegas, con adorabile ingenuità, è venuto a spiegarciPag. 34che quelle apportate dal Senato non sono modifiche sostanziali. Ebbene, se non sono modifiche sostanziali, ci si domanda per quale ragione il Senato è dovuto intervenire su alcune parti, da quel che si sa anche su sollecitazione della Presidenza della Repubblica, ed ha apportato guarda caso quelle modifiche che, nel corso dell'esame in prima lettura, al di là di quanto si dice, l'opposizione aveva cercato di introdurre con emendamenti ed interventi.
Esattamente come correzioni in corso d'opera quando si fanno le cose troppo in fretta - e non sempre la fretta è buona consigliera, signor Presidente - già dal momento in cui fu presentato il primo maxiemendamento, a discussione generale ancora aperta, il Governo è dovuto correre ai ripari per una serie di errori che erano stati commessi. Posta la questione di fiducia, sembrava che tutto si fosse concluso lì e, invece, al Senato sono state apportate ulteriori modifiche.
Ma cosa è stato modificato, signor Presidente? Avevamo detto con pacatezza che l'articolo 60, cioè quello che sostanzialmente voleva affidare al Governo per le vie brevi la modifica delle procedure parlamentari per quel che riguarda la sessione di bilancio, non solo era un errore marchiano, ma poneva anche un problema rilevante in ordine al ruolo e alle funzioni del Parlamento. Questo non vuol dire che non siamo disponibili, come è del tutto evidente e come abbiamo dichiarato, a una modifica del Regolamento (e dei Regolamenti) per quanto riguarda la sessione di bilancio; ma essa non si fa a colpi di bastone, a colpi di decreti-legge, bensì attraverso una discussione che deve tenere conto delle diverse posizioni.
Allo stesso modo i miei colleghi hanno rilevato in modo assolutamente evidente come le questioni che avevamo sollevato, sia sugli assegni sociali sia sul precariato, non derivano semplicemente dal rischio di una mala interpretazione delle norme; altrimenti, collega Vegas, probabilmente non avreste avuto bisogno di far ritornare alla Camera dei deputati un decreto-legge il 4 agosto. Evidentemente dietro quell'interpretazione vi era magari anche qualche intenzione, che poteva prestarsi ad operare in un determinato modo. Una parte degli errori sono stati, quindi, corretti; ne rimangono degli altri.
Sottosegretario Vegas, ci occupiamo ora di questi tre temi, ma mi risulta che le forze dell'ordine, in particolare la polizia stradale, nei prossimi giorni, che sono quelli in cui si dovrebbe garantire la sicurezza dei cittadini che viaggiano sulle strade, metterà in atto un'azione dimostrativa proprio per protestare contro i tagli operati nel settore della sicurezza: e, al riguardo, non mi pare che siano state apportate correzioni adeguate.
Sono convinto, signor Presidente, che ora si pone un'altra questione di fiducia - che noi contestiamo perché non ve ne sarebbe stato alcun bisogno - e a settembre probabilmente ci troveremo a dover affrontare altri decreti-legge e altre misure che serviranno a correggere aspetti di cui ancora non vi siete accorti, e di cui pensiamo purtroppo si accorgeranno i cittadini italiani non appena torneranno dalle vacanze.
A proposito di un atteggiamento arrogante da parte del Governo - e ho concluso, signor Presidente - vorrei segnalarle che vi era stato un impegno preciso del Presidente della Camera affinché il Governo venisse a riferire su un altro tema, che certamente creerà problemi non indifferenti: mi riferisco ad Alitalia. Avevamo chiesto un intervento del Ministro Tremonti in Aula, ma eravamo disponibili anche in Commissione. Con tutto l'assoluto rispetto che ho nei confronti del Ministro Vito, mi pare che la cosa sia stata derubricata a un'informativa del Ministro per i rapporti con il Parlamento. Quest'ultimo certamente è persona autorevole e significativa, ma ciò viola un impegno assunto dal Presidente della Camera nei confronti dell'opposizione e di tutto il Parlamento. Infatti, il tema Alitalia sta a cuore, o dovrebbe stare a cuore, a tutti. Siamo giunti ormai a una situazione di non ritorno; forse, ancorché in agosto e con le vacanze alle porte, il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe potuto scomodarsi per venirci a raccontarePag. 35cosa sta facendo o, meglio, cosa non sta facendo il Governo, che porterà Alitalia in una situazione davvero di grande difficoltà.
Queste sono le nostre ragioni e concludo, signor Presidente, dicendo che noi protestiamo vivamente per il fatto che, anche in un'occasione assolutamente risparmiabile, il Governo pone la questione di fiducia semplicemente perché è diventata un'abitudine; e noi crediamo che, per la dignità del Parlamento e del ruolo di tutti noi, non sia accettabile che la fiducia, che è un fatto straordinario, venga utilizzata come una normale routine parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, per quanto riguarda la questione Alitalia, le ricordo che tra poco si riunirà la Conferenza dei presidenti di gruppo e che tale questione sarà dunque valutata in quella sede.
BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi pare che la scelta compiuta dal Governo non sia di abitudine, come ha detto il collega Giachetti: è una scelta istituzionale. In questo modo, anzi, il Ministro Vito avvia una nuova forma di richiesta di fiducia: la fiducia «a prescindere», come direbbe Totò.
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. È la tipica fiducia!
BRUNO TABACCI. Il Ministro l'ha infatti motivata con argomenti che avrebbero indotto a non chiederla. Ha detto: «Voi vi siete comportati bene, avete messo in atto un'opposizione delicata, intelligente, misurata, non avete presentato troppi emendamenti; però, noi la fiducia la dobbiamo mettere: a prescindere».
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. È per l'importanza che il Governo attribuisce al provvedimento: è la tipica fiducia!
BRUNO TABACCI. No, la mettete a prescindere non per l'importanza del provvedimento, ma perché questa maggioranza, da quando è al Governo, ha posto in essere una tagliola molto specifica: il voto di fiducia connesso alla sua indiscussa maggioranza parlamentare. È questa la richiesta di fiducia a prescindere: è la fiducia che mettete comunque.
Ovviamente lei sa - poiché non è un parlamentare che è arrivato oggi - che ciò determina uno stravolgimento pesante dei rapporti istituzionali fra Governo e Parlamento: di questo le lascio per intero la responsabilità. La sua maggioranza si comporta un po' come il marchese del Grillo. Siccome non ha motivazioni da dare, dice: «Io so' io, e voi...». E questo lo avete fatto già nel dibattito di questi giorni, quando siete riusciti a ironizzare sulla scarsa capacità dell'opposizione di fare il suo mestiere, oppure quando il Presidente del Consiglio ha rivendicato per il suo Governo di fare una politica di sinistra. C'è un mutamento dei ruoli: «Io so' io...». Voi siete il marchese del Grillo!
Guardi, però, che le cose così non vanno bene. Sono, infatti, marchiate da un tarlo molto preciso: voi - l'ho già detto stamani nel corso della discussione sulle linee generali - siete arroganti con i deboli e siete debolissimi con i forti. Pensiamo alla vicenda di Alitalia, sulla quale non è che deve venire lei: questa mattina, nell'ufficio di presidenza della Commissione bilancio... Lei sa quanto io la stimi ma non è che possiamo scambiarci i ruoli: lei sarebbe venuto a dirci che cosa? Sarebbe dovuto venire in Aula il Ministro dell'economia. Perché in queste settimane tutti scrivono di tutto e poi si scopre che il salvataggio dell'Alitalia è una cosa del tutto diversa da quella che si pensava! Non si tratta più di salvare Alitalia, perché le mani nelle tasche dei cittadini italiani le avete ormai messe abbondantemente e, anzi, lo fate ancora su due versanti: la cassa integrazione speciale per 5 mila persone (molto più del doppio delle persone che erano interessate dalla ristrutturazione di Air France); e il fatto di ribadire il rapporto con la struttura di bilancio.Pag. 36Dove vanno, infatti, a finire le perdite pregresse di Alitalia? Chi se ne fa carico, dal momento che a questi imprenditori coraggiosi riconoscete uno spazio vergine? Voi mettete in campo la «compagnia di bandiera», esaltata dai suoi slot e dalle sue tratte, che gestirà in regime di totale monopolio, per consentire comunque fra 18 o 20 mesi magari di rivenderla a qualcuno dei grandi operatori europei che sono in grado di comprarla (e che ci faranno anche un guadagno sopra, ci faranno la cresta!).
Con costoro voi siete debolissimi. E questi sono proprio quei banchieri, petrolieri, concessionari, che avevate minacciato con la Robin Hood tax, facendo loro solo il solletico, perché in realtà con loro siete in totale coordinamento. Anzi, siete sottoposti a loro: a parte la figura di Berlusconi, che sta sopra, perché è in compagnia con loro, voi siete loro sottoposti! Voi rispondete al potere dei più forti! E questo voto di fiducia non è altro che l'esercizio estivo di una eccitazione che vi prende perché vi è il dio vacanze che impone di fare in fretta. Fate pure in fretta: ma a settembre ci ritroveremo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, il fatto che fosse una decisione scontata ed in qualche modo programmata non può esimerci dal censurarla. La verità è che ci troviamo di fronte ad una richiesta di fiducia per qualche cosa che non si può certo spiegare nei riguardi, nei confronti o contro l'opposizione (che è presente ed è, per forza di cose, minoranza). Evidentemente, allora, se una ragione c'è, essa va cercata in qualche problema che inizia ad affiorare nella vostra maggioranza.
Come dicevo questa mattina, anche se il duo Berlusconi-Tremonti, «Robin Hood alla rovescia», sta raggiungendo lo scopo di mettere Berlusconi nella condizione di essere uomo solo al comando ed amministratore unico del Paese Italia, con il Ministro Tremonti come portaborse, è evidente che gli altri Ministri non potranno più dire una parola dopo questo provvedimento. Dopo questo decreto-legge, il Parlamento conterà poco o nulla nel bilancio dello Stato (e risulta, quindi, esautorato), ma, come ho affermato questa mattina, ad essere esautorati sono stati tutti i Ministri presenti nel Governo, ad eccezione del Presidente del Consiglio e del Ministro Tremonti.
Capisco quindi che i Ministri - e parte della vostra maggioranza - si stiano rendendo conto di essersi messi in una condizione per cui non conteranno realmente più nulla per i prossimi tre anni; capisco anche che, di fronte a qualche crepa che certamente si sta aprendo, abbiate deciso per la soluzione di blindare anche un provvedimento come questo al nostro esame. Temo che, anche se fossero presentati non più di cinque o sei emendamenti (credo, infatti, che non ne siano stati depositati in numero maggiore), forse ne avreste paura, perché, probabilmente, non riuscireste neppure a mantenere per qualche giorno il numero legale. Questo è, comunque, un comportamento da censurare e che certamente era tra le cose più inattese da parte di una maggioranza che poteva contare su una quantità con numeri così forti, tanto alla Camera quanto al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, sosteneva poco fa il collega Borghesi che quello, da parte del Governo, di porre la questione di fiducia sul provvedimento al nostro esame è un gesto inatteso. Francamente non lo credo, e mi sembra piuttosto che fosse nell'aria da più di qualche giorno. E mi sembra che in questo ParlamentoPag. 37ciascuno continui a fare il proprio mestiere: il Governo, a porre la questione di fiducia in maniera peraltro rispettosa del lavoro delle Commissioni e del Parlamento, con alcune precisazioni e senza accusare l'opposizione di un ostruzionismo che, peraltro, non sta compiendo; l'opposizione, ad elevare delle giuste e doverose proteste sul rispetto del Parlamento e sulle prerogative che ciascun deputato e ciascun gruppo deve avere.
È evidente che, in questo senso, devo respingere l'accusa del collega Giachetti che ciò inneschi una logica pericolosa a qualsiasi livello o, tanto meno, che si tratti di una fiducia a prescindere, come diceva invece il collega Tabacci, il quale ha tirato fuori questo argomento, ma ha svolto pure considerazioni - condivisibili o meno - su argomenti diversi da quello della manovra finanziaria ed ha condotto una riflessione serena sul fatto che l'opposizione si è comportata in un certo modo.
Su questo punto, certamente occorre dare atto all'opposizione che, in questa fase correttiva in terza lettura, non vi è stato un atteggiamento ostruzionistico. Non mi sembra che il Governo faccia assolutamente qualcosa fuori dagli schemi nel porre la questione di fiducia nel corso dell'esame del provvedimento in terza lettura in questo momento, in questo periodo e in queste condizioni.
Riteniamo che non vi sia nulla di strano e che, in qualche modo, in queste condizioni esso sia quasi un atto dovuto. Peraltro, non vi è un ricorso eccessivo alla fiducia. Se non sbaglio, si tratta della quarta questione di fiducia, ma è il terzo provvedimento sul quale il Governo la pone, trattandosi di una questione di fiducia che viene posta per la seconda volta sullo stesso provvedimento, su correzioni che sono state sollecitate dalla stessa opposizione e da alcune forze esterne per quanto riguarda la parte concernente il tema del lavoro (che è stata affrontata, questa mattina, anche nelle Commissioni di merito).
Riteniamo che da tale punto di vista vi sia stato un comportamento molto lineare, riteniamo che la questione di fiducia sia rispettosa del lavoro svolto con competenza e con serietà dalle Commissioni parlamentari e riteniamo che sia assolutamente paradossale scandalizzarsi di fronte a ciò, specie se ricordiamo quante volte il Governo Prodi ha posto la questione di fiducia e il fatto che lo stesso Governo Prodi ha spesso usato, in maniera strumentale, l'accusa, nei confronti dell'opposizione, di un ostruzionismo che molto spesso, invece, non era presente. Questo sì credo fosse giustificatamente un atteggiamento irritante.
Il Governo Berlusconi, invece, non sta facendo ciò. Il sottosegretario Vegas ha lavorato con grande diligenza in Assemblea e nelle Commissioni di merito per rispondere alle obiezioni e per seguire il provvedimento. Ha seguito con attenzione la discussione sulle linee generali e anche oggi ha fornito risposte di merito alle osservazioni e alle obiezioni che sono state sollevate. Il Governo pone la questione di fiducia e credo che sia stato, tutto sommato, il tratto conclusivo di un percorso che si è delineato in questo periodo e che si andava ad inquadrare, proprio con un simile esito, anche nelle precedenti riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo. Riteniamo che sia questo il percorso per chiudere il momento di confronto su una fase finanziaria importante che riguarda la vita del Paese.
Diceva il collega Borghesi che l'opposizione si è trovata per caso ad avere numeri inferiori rispetto alla maggioranza. Forse non è un caso, perché abbiamo vinto le elezioni e abbiamo il dovere di governare e rispondere con atti e provvedimenti concreti agli impegni che abbiamo assunto con i cittadini, anche quando ciò comporta la posizione della questione di fiducia.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, sosteneva poco fa il collega Borghesi che quello, da parte del Governo, di porre la questione di fiducia sul provvedimento al nostro esame è un gesto inatteso. Francamente non lo credo, e mi sembra piuttosto che fosse nell'aria da più di qualche giorno. E mi sembra che in questo ParlamentoPag. 37ciascuno continui a fare il proprio mestiere: il Governo a porre la questione di fiducia in maniera peraltro rispettosa del lavoro delle Commissioni e del Parlamento, con alcune precisazioni e senza accusare l'opposizione di un ostruzionismo che, peraltro, non sta compiendo; l'opposizione, ad elevare delle giuste e doverose proteste sul rispetto del Parlamento e sulle prerogative che ciascun deputato e ciascun gruppo deve avere.
È evidente che, in questo senso, devo respingere l'accusa del collega Giachetti che questo modo di procedere inneschi una logica pericolosa a qualsiasi livello o, tanto meno, che si tratti di una fiducia a prescindere, come diceva invece il collega Tabacci, il quale ha tirato fuori questo argomento, ma ha svolto pure considerazioni - condivisibili o meno - su argomenti diversi da quello della manovra finanziaria ed ha condotto una riflessione serena sul fatto che l'opposizione si è comportata in un certo modo.
Su questo punto, certamente occorre dare atto all'opposizione che, in questa fase correttiva in terza lettura, non vi è stato un atteggiamento ostruzionistico. Non mi sembra che il Governo faccia assolutamente qualcosa fuori dagli schemi nel porre la questione di fiducia nel corso dell'esame del provvedimento in terza lettura in questo momento, in questo periodo e in queste condizioni.
Riteniamo che non vi sia nulla di strano e che, in qualche modo, in queste condizioni sia quasi un atto dovuto. Peraltro, non vi è un ricorso eccessivo alla fiducia. Se non sbaglio, si tratta della quarta questione di fiducia, ma è il terzo provvedimento sul quale il Governo la pone, essendo posta per la seconda volta sullo stesso provvedimento, su correzioni che sono state sollecitate dalla stessa opposizione e da alcune forze esterne per quanto riguarda la parte concernente il tema del lavoro (che è stata affrontata, questa mattina, anche nelle Commissioni di merito).
Riteniamo che da tale punto di vista vi sia stato un comportamento molto lineare, riteniamo che la questione di fiducia sia rispettosa del lavoro svolto con competenza e con serietà dalle Commissioni parlamentari. Riteniamo sia assolutamente paradossale scandalizzarsi, specie se ricordiamo quante volte il Governo Prodi ha posto la questione di fiducia e il fatto che lo stesso Governo Prodi ha spesso usato, in maniera strumentale, l'accusa, nei confronti dell'opposizione, di un ostruzionismo che molto spesso, invece, non era presente. Questo sì credo fosse giustificatamente un atteggiamento irritante.
Il Governo Berlusconi, invece, non lo sta facendo. Il sottosegretario Vegas ha lavorato con grande diligenza in Assemblea e nelle Commissioni di merito per rispondere alle obiezioni e per seguire il provvedimento. Ha seguito con attenzione la discussione sulle linee generali e anche oggi ha fornito risposte di merito alle osservazioni e alle critiche che sono state sollevate. La questione di fiducia credo sia, tutto sommato, il tratto conclusivo di un percorso che si è delineato in questo periodo e che si andava ad inquadrare, proprio con un simile esito, anche nelle precedenti riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo. Riteniamo che sia questo il percorso per chiudere il momento di confronto su una fase finanziaria importante che riguarda la vita del Paese.
Diceva il collega Borghesi che l'opposizione si è trovata per caso ad avere numeri inferiori rispetto alla maggioranza. Forse non è un caso, perché abbiamo vinto le elezioni e abbiamo il dovere di governare e rispondere con atti e provvedimenti concreti agli impegni che abbiamo assunto con i cittadini, anche quando questo comporta la posizione della questione di fiducia.
PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1386-B) nel testo approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1386-B - Per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nelPag. 38 testo recante le modificazioni apportate dal Senato e per l'emendamento riferito all'articolo unico del disegno di legge di conversione vedi l'allegato A - A.C. 1386-B), la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente nella Biblioteca del Presidente per l'organizzazione del seguito del dibattito.
La seduta dell'Assemblea riprenderà subito dopo la conclusione di tale riunione.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 15,20, è ripresa alle 17,15.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1386-B - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato - scadenza: 24 agosto 2008), nel testo delle Commissioni, identico a quello del Senato.
Poiché la questione di fiducia è stata posta alle ore 15 di oggi, la votazione per appello nominale avrà inizio alla stessa ora di domani, martedì 5 agosto. Le dichiarazioni di voto, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, avranno inizio domani alle ore 14.
Successivamente, si passerà all'esame degli ordini del giorno. Alle ore 17,30 avranno luogo le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta. Si passerà quindi alla votazione finale del disegno di legge di conversione.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è stabilito alle ore 20 di oggi.
Dopo la votazione finale del disegno di legge di conversione avrà luogo l'esame di due documenti in materia di insindacabilità licenziati all'unanimità dalla Giunta per le autorizzazioni: Doc. IV-ter, n. 4 (onorevole Scajola) e Doc. IV-quater, n. 4 (senatore Gasparri, deputato all'epoca dei fatti), nonché la deliberazione sulla proposta di stralcio relativa al disegno di legge n. 1441 - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Le Commissioni riprenderanno la propria attività da lunedì 8 settembre e l'Assemblea dalla settimana successiva. L'Aula sarà convocata martedì 16 settembre per lo svolgimento di atti del sindacato ispettivo.
Mercoledì 17 settembre (antimeridiana) avrà luogo la discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge n. 1416 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2007 e n. 1417 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008 ed il seguito dell'esame (con votazioni) a partire dal pomeriggio dello stesso giorno, dopo il question time, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di giovedì 18 settembre. Al termine delle votazioni, nella giornata di giovedì avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 5 agosto 2008, alle 14:
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008,Pag. 39n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1386-B).
- Relatori: Zorzato, per la V Commissione e Jannone, per la VI Commissione.
2. - Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Scajola (Doc. IV-ter, n. 4/A).
- Relatore: Leone.
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 4).
- Relatore: Paolini.
3. - Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa al disegno di legge n. 1441.
DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE LO STRALCIO
«Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» (1441).
La seduta termina alle 17,20.