Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 175 di martedì 12 maggio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,35.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 maggio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balocchi, Brancher, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Donadi, Lo Monte, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Molgora e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (2180-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.
Ricordo che nella seduta del 5 maggio 2009 sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate.

(Esame degli articoli - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo delle Commissioni e degli emendamenti ad essi riferiti (Vedi l'allegato A - A.C. 2180-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estranee all'oggetto del provvedimento in esame, le seguenti proposte emendative, già presentate nel corso dell'esame in sede referente e ivi dichiarate inammissibili: Bernardini 1.14, che introduce nel codice penale il reato di tortura; Garavini 13.01, che reca disposizioni relative al pagamento degli stipendi per il personale della Polizia di Stato; Bernardini 14.04, volto a modificare il sistema delle pene accessorie, con particolare riguardo all'interdizione dai pubblici uffici; Milo 15.01, che novella il codice di procedura penale in materia di esecuzione delle pene detentive, estradizione all'estero per reati politici e poteri del Ministro della giustizia per l'esecuzione all'estero delle sentenze italiane; gli identici articoli aggiuntivi Vitali 22.01 e Graziano 22.070, quest'ultimo non previamente presentato nel corso dell'esame in sede referente, volti a modificare l'età massima per la nomina e la durata dell'ufficio dei giudici onorari; Mantini 23.01, volto ad attribuire nuovi poteri all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici; Garavini 35.04, che prevede l'assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione; Minniti 45.55, che reca una disciplina complessiva in materia di politiche migratorie; Rao 52.5 e Minniti 52.03, che prevedono un piano di assunzioni in deroga alla normativa vigente nella Polizia di Stato, nel Corpo dei vigili del fuoco, nell'Arma dei carabinieri, nel Corpo della guardia di finanza, nella polizia Pag. 2penitenziaria e nel Corpo forestale dello Stato; Villecco Calipari 52.02, in materia di reclutamento nelle carriere iniziali delle forze di polizia; Minniti 52.04, volto a stanziare risorse per l'acquisto di autovetture per le forze di polizia.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibili l'articolo aggiuntivo Marinello 22.071 e l'emendamento Fallica 35.70, analoghi, rispettivamente, agli articoli aggiuntivi Pelino 22.03 e Lo Monte 35.01, già dichiarati inammissibili in sede referente, in quanto concernenti, rispettivamente, il rapporto di lavoro dei giudici di pace e la destinazione delle somme di denaro confiscate e depositate nel Fondo unico giustizia, materie non ricomprese nell'ambito del provvedimento in esame.
Avverto inoltre che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estranee all'oggetto del provvedimento in esame, le seguenti proposte emendative, non previamente presentate nel corso dell'esame in sede referente: Di Pietro 01.070, volta ad abrogare la legge n. 124 del 2008 in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato; Villecco Calipari 52.70, che reca disposizioni sulla composizione del contingente dei reclutandi nelle carriere iniziali delle forze di polizia.
Avverto che nella giornata di giovedì 6 maggio, dopo la conclusione della seduta, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha presentato, a nome del Governo e con lettera, gli emendamenti 1.1000 (Vedi l'allegato A - Articolo 1 - A.C. 2180-A), 2.1000 (Vedi l'allegato A - Articolo 2 - A.C. 2180-A) e 3.1000 (Vedi l'allegato A - Articolo 3 - A.C. 2180-A), rispettivamente sostitutivi degli articoli 1, 2 e 3 del testo e soppressivi di altri articoli, che sono in distribuzione, preannunziando l'intenzione di porre la questione di fiducia sull'approvazione dei medesimi.
Con successiva lettera, il Ministro dell'interno ha trasmesso alla Presidenza alcune correzioni di coordinamento meramente formale ai testi dei maxiemendamenti depositati.
La Presidenza - conformemente ai precedenti - ha ritenuto di ammettere tali correzioni che - dunque - devono intendersi apportate ai testi depositati e che sono in distribuzione.
La Presidenza ha valutato ammissibili tali emendamenti (1.1000, 2.1000 e 3.1000) ed ha provveduto a trasmetterli ai gruppi, alla Commissione bilancio e alle Commissioni di merito.
Avverto infine che la Commissione bilancio ha testé espresso il prescritto parere sulle predette proposte emendative (Vedi l'allegato A - A.C. 2180-A), che sono state esaminate anche dal Comitato dei nove delle Commissioni di merito.

(Posizione della questione di fiducia - Emendamenti 1.1000, 2.1000 e 3.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, rilevo innanzitutto che nell'emendamento 1.1000 del Governo - credo per un mero errore di stampa - sono riportate due volte le tabelle allegate n. 1 e n. 2. Ciò chiarito, a nome del Governo, espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, degli emendamenti 1.1000, 2.1000 e 3.1000 riferiti al disegno di legge in esame recante disposizioni in materia di sicurezza.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ministro, l'errore - che certamente è solo di carattere formale - sarà corretto.

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, la prego di non considerare rituale l'espressione di un forte disagio da parte Pag. 3del gruppo del Partito Democratico rispetto alla dodicesima, tredicesima e quattordicesima questione di fiducia che questo Governo propone al Parlamento, non solo perché disattende una ripetuta sollecitazione del Presidente della Repubblica (ma dello stesso Presidente della Camera), ma perché in questo caso si configurano fattispecie assolutamente originali. Mi consenta, signor Presidente, di ricordare brevissimamente che la ratio delle norme del Regolamento della Camera sul voto segreto è quella di predeterminare e garantire una sfera di principi e diritti costituzionali e di materie sulle quali i deputati possono votare liberamente a scrutinio segreto, senza subire il vincolo della disciplina di partito.
La tutela di diritti fondamentali così rilevanti implica infatti la prevalenza della libertà del Parlamento - e quindi dei singoli parlamentari - rispetto al valore della stabilità del Governo. In caso contrario sarebbe facile per il Governo vanifi- care tutte le norme del Regolamento, potendo - tramite la posizione della questione di fiducia - imporre il voto palese praticamente su tutto, in particolare anche su quei principi e diritti costituzionali e su quegli argomenti che, proprio attraverso il voto segreto, si erano voluti invece riservare alla libera determinazione.
Sappiamo che esistono dei precedenti e sappiamo che il combinato dei peggiori precedenti di questa storia repubblicana può portare il Presidente della Camera ed i Governi a riconoscere come assolutamente normale la posizione della questione di fiducia su un provvedimento con riferimento al quale il Parlamento viene privato della sua possibilità di esprimersi a voto segreto, esattamente come le norme del Regolamento - ma direi il comune giudizio sul ruolo del Parlamento - prevedono possa esercitarsi.
L'integrazione dei peggiori precedenti viene invocata - e verrà sicuramente invocata - anche per un altro aspetto, che è il secondo aspetto sul quale richiamo l'attenzione dei colleghi e prima di tutto del Presidente. Questi maxiemendamenti sono una figura giuridica non nuova nel nostro Parlamento, ma sempre più mostruosa: un articolato di 66 grossi articoli, che tratta dell'universo mondo, viene ridotto a tre maxiemendamenti, ma nei maxiemendamenti sono introdotte norme sulle quali questa Camera, ma anche il Senato della Repubblica, hanno già espresso un giudizio e che hanno respinte.
Si dirà che anche su questo possano invocarsi precedenti, ed io invoco il precedente non irrilevante della Presidente Iotti, che esplicitamente ha escluso l'ammissibilità di norme già respinte dal Parlamento prima che siano trascorsi sei mesi.
Credo che anche questa sia una cosa molto grave sulla quale richiamo la sua attenzione, signor Presidente. La terza considerazione attiene al senso politico, ma la richiamo solo per l'aspetto formale: abbiamo davanti un provvedimento sul quale abbiamo condiviso il tempo contingentato di ventidue ore. Ventidue ore rappresentano un tempo assolutamente compatibile con l'esame in questa settimana di questo provvedimento. La posizione della questione di fiducia quindi non risponde al bisogno di accelerare l'esame di questo provvedimento, ma ad una esigenza espressa pubblicamente dal Ministro dell'interno quando ha detto (e lo ha detto davanti alle agenzie di stampa ed alle televisioni): non ci possiamo fidare, e cioè non ci possiamo fidare del Parlamento, cioè non ci possiamo fidare dei deputati della maggioranza di questo Parlamento.
Credo che questa sia una cosa molto grave.
In conclusione, signor Presidente, mi rivolgo a lei: noi abbiamo seguito con interesse ed apprezzamento alcune sue valutazioni circa il profilo di incostituzionalità di alcune norme contenute nella proposta del Governo che discendono dall'introduzione di un reato di clandestinità. La riproposizione di norme largamente informate a questa scelta di carattere molto generale, sulla quale naturalmente è lecito aprire una discussione, è in contraddizione - ce lo consenta, Presidente - con determinate affermazioni. Se tali norme presentano profili di incostituzionalità Pag. 4e questi profili permangono (non c'è dubbio che rimangono in piedi norme che hanno quelle caratteristiche e se avessimo avuto la possibilità avremmo motivato questa argomentazione), lei, signor Presidente, le avrebbe dovute considerare non ammissibili. Noi troviamo che questo sia l'episodio più importante nella dimensione dei rapporti tra il Parlamento e il Governo e nell'espressione compiuta del ruolo e della libertà del Parlamento, da quando è cominciata questa legislatura.
È un momento molto delicato. Vorrei che non venisse banalizzato nella tradizionale protesta dei deputati dell'opposizione rispetto alla riproposizione della questione fiducia; non si tratta di questo. Sappiamo che la questione di fiducia è entrata a pieno regime nella tradizione e nella consuetudine di questo Parlamento e che, a ragione o a torto, viene usata e spesso anche abusata. Questo è un caso del tutto diverso. È un caso nel quale si consuma una violenza fortissima nei confronti delle norme che insieme ci siamo dati. Questa violenza si trasferisce nella vita del Paese e genera una tensione della quale ho la sensazione che il Governo, e la maggioranza, non hanno piena consapevolezza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche il nostro intervento, diversamente dagli altri che abbiamo svolto in merito alle varie questioni di fiducia poste, non vuole essere rituale, perché è forte in noi la preoccupazione nei confronti del Paese per il punto dove siamo arrivati. Esistevano tutti i tempi che si volevano avere; esistevano tutte le condizioni per poter discutere in Parlamento, regolarmente e normalmente, di questo provvedimento sulla sicurezza. Invece, siamo arrivati alla quattordicesima fiducia; una fiducia per tre, o tre fiducie per uno, non si capisce. Certo è che ormai siamo arrivati al livello delle offerte del supermercato: una per tre o tre per uno, e ciò a dimostrazione della superficialità con la quale, pur di andare veloci e di portare a casa un provvedimento, si tenta di forzare i lavori dell'Aula. La fiducia esponenziale, che come è già stato ricordato, è stata posta anche in passato, ma che adesso sta prendendo una piega eccessiva, ci preoccupa perché non permette all'Aula di approfondire tematiche delicate e serie. Si vuole in campagna elettorale, o alla vigilia di una campagna elettorale, portare a casa delle bandiere che danno apparentemente delle risposte ad una parte della politica nazionale, ma che non toccano nella realtà quelli che sono i veri problemi del Paese.
L'istituzione delle ronde e l'introduzione del reato di clandestinità sono stati già respinti in quest'Aula, per cui la volontà del Parlamento si è già palesata molto chiaramente. Tuttavia, tali proposte vengono riproposte e probabilmente enfatizzate ad un punto tale, per far vedere che questo è il solo ed unico problema del Paese, forse per nascondere quelli che sono i problemi reali, le difficoltà delle famiglie, della piccola e media impresa, ovvero tutto quello che in questo momento si sta arenando nel Paese a scapito soprattutto delle persone più deboli.
Se effettivamente, stando a quanto dicono il Governo e la maggioranza, c'è la volontà di andare avanti secondo la democrazia e la volontà della maggioranza degli italiani, non capisco perché non si sia scelto il percorso regolare in questa Aula. Quando verifichiamo che porre la fiducia (che dovrebbe essere un'eccezione in quest'Aula) diventa una regola ci preoccupiamo molto. Lo abbiamo detto quando sono state bocciate queste norme: noi siamo contrari, ma facciamo un percorso regolare, approfondiamo, vediamo in che modo tutto il Parlamento possa contribuire a migliorare delle norme in materia di sicurezza del Paese, questione che ci preoccupa tutti, ma che vogliamo affrontare in maniera diversa, cercando di individuare e realizzare la sintesi della soluzione. Pag. 5
Ebbene, quando abbiamo espresso tale concetto pensavamo veramente che oggi avremmo seguito il percorso regolare e che avremmo portato il nostro contributo su questo provvedimento, fino in fondo, perché alcuni aspetti - ovviamente parlo a nome dell'Unione di Centro - anche noi li condividiamo e certe preoccupazioni sono anche le nostre; volevamo davvero, come vogliamo in generale, dare un contributo concreto.
Credo che questo non ci sarà consentito, perché abbiamo appena ascoltato il Ministro che ha apposto le tre questioni di fiducia; quindi, questa è una vera e propria forzatura nei confronti della libera volontà dei parlamentari in questa Aula. Comunque, fino a quando questa Repubblica sarà e rimarrà una Repubblica parlamentare - mi auguro a lungo - i parlamentari avranno la libertà di esprimersi in nome e per conto dei cittadini elettori del nostro Paese. Quindi, caro Presidente - io so che lei ha valutato molto bene questi emendamenti - le nostre preoccupazioni anche sulla loro accettazione permangono, pur capendo tutto, perché evidentemente nulla è sconosciuto negli equilibri e nelle presenze, e credo di manifestare, con questo mio intervento a nome del gruppo Unione di Centro, tutta la preoccupazione vera. Tale preoccupazione non è tanto rivolta in questo momento all'interno di questa Aula, alla democrazia un po' strozzata nonché alla libertà di espressione all'interno di questa Aula, ma è rivolta nei confronti del Paese, perché i provvedimenti delicati come quelli che stiamo discutendo forse rischiano, con le forzature che si stanno realizzando, di creare ulteriori difficoltà già manifestate anche la scorsa settimana con l'intasamento dei processi e con l'intasamento delle carceri; in particolare, quando si vuole allungare di 90 giorni la permanenza nei centri, si manifesta l'incapacità della maggioranza e di questo Governo di risolvere in 60 giorni - tempi sufficienti se si vuole - la questione della regolarità o irregolarità dei clandestini).
Quindi, mi auguro - anche se so che purtroppo non sarà così - che questa sia l'ultima forzatura che avviene in quest'Aula, non solo su provvedimenti importanti ma su qualsiasi provvedimento che venga esaminato in questa sede, e che venga restituita a quest'Aula tutta la libertà e l'autorevolezza che la nostra Costituzione gli ha dato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho apprezzato molto gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, degli onorevoli Soro e Compagnon. In particolare, l'onorevole Soro ha fatto riferimento ai precedenti, ai tanti, troppi precedenti di apposizione di questioni di fiducia. Tuttavia, vi sono corsi e ricorsi che forse è bene andare ad esaminare non soltanto negli aspetti formali e negli aspetti regolamentari.
La verità è che vi è il vecchio detto per cui la storia si ripete, prima c'è la tragedia poi la farsa, ma il Presidente del Consiglio e questo Governo lo stanno invertendo. Il primo quinquennio è stato farsesco e dannoso, il secondo lo fa diventare una maschera tragica della nostra storia contemporanea. Persino quello che immaginavamo potesse suonare come offesa, la nostra denuncia del regime ed i nostri riferimenti al duce, vedo che ora sono stati assunti ad elegia del Presidente del Consiglio.
Ieri sera abbiamo visto una gustosissima trasmissione televisiva, in cui ogni paragone non era puramente casuale. E Libero ci colpisce oggi con l'annuncio di sedici fascicoli (che ho già prenotato) con i quali si dirà la verità sull'unico uomo al mondo. Altro che culto della personalità di sovietica memoria! Il regime c'è, il regime sta avanzando, sta strisciando, nonostante le denunce dell'ONU, nonostante le denunce del Consiglio d'Europa, nonostante le denunce del Vaticano.
Tuttavia, nonostante siate un regime, nonostante abbiate una larga maggioranza Pag. 6in quest'Aula, avete paura della vostra stessa maggioranza, avete paura di quelli che ancora si possono professare liberali, di quelli che ancora si possono definire garantisti. Dove sono quei cento che avevano scritto una lettera a lei, Presidente Fini, e al Presidente del Consiglio, scongiurandolo di non porre la questione di fiducia su questo provvedimento? Perché non sono qua? Non ci sono perché li avete intimiditi, perché sapete che loro non sarebbero stati proni e non avrebbero eseguito ordini di scuderia se non con la posizione del voto di fiducia sui limiti di questo disegno di legge, che precludono la celebrazione di un matrimonio per un irregolare, che precludono il perfezionamento degli atti di stato civile (il matrimonio, la registrazione della nascita, il riconoscimento del figlio naturale e persino la possibilità di essere sepolti post mortem).
Introducete il reato di ingresso e di soggiorno illegale, e da qui discendono tutte le conseguenze che sono state ricordate. Prolungate i termini di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione quando lo stesso sottosegretario Mantovano, qualche settimana fa, in una trasmissione radiofonica, ha detto che i tempi per l'identificazione attuali sono più che sufficienti, il problema è che non sono sufficienti i tempi per la riammissione nei Paesi di origine. Quindi spostate soltanto in avanti di due, tre, quattro mesi il problema, ma non lo risolvete. Introducete le ronde, le squadracce di partito, e non avete risolto il problema della denuncia da parte degli operatori della struttura sanitaria e scolastica: infatti, gli articoli 361 e 362 del codice penale continuerebbero ad obbligare tali operatori, se pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, a denunciare lo straniero della cui condizione di irregolarità vengano a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni.
Una settimana fa in quest'Aula si era alzato l'onorevole Bocchino a chiedere - leggo il resoconto stenografico - un'inversione dell'ordine del giorno e - diceva l'onorevole Bocchino - «le motivazioni per cui chiediamo l'inversione dell'ordine del giorno vanno ricercate nello sforzo che tutta la maggioranza ha compiuto, con compattezza e in maniera unitaria su questo provvedimento, per accogliere una serie di sollecitazioni che sono giunte dall'opposizione, da vertici istituzionali, a partire dal Presidente della Camera, e da associazioni di categoria, a partire dalla Confindustria».
Dov'è il lavoro di approfondimento che avevate promesso una settimana fa? Si parlava di un approfondimento da parte della maggioranza anche per valutare modifiche al testo sottoposto all'Assemblea e, invece, non c'è stato spazio per questo confronto, perché avete posto la questione di fiducia.
Si vergogni l'onorevole Bocchino per aver mentito a quest'Aula; vergognatevi tutti, perché state umiliando il Parlamento e state umiliando il Paese. Per voi vale la massima di Chateaubriand, che reinterpreto: bisogna essere parsimoniosi nel disprezzo, soprattutto quando ve n'è una così grande richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, intervengo brevemente, anche perché ritengo che non sia corretto anticipare oggi un dibattito che si terrà in sede di discussione sulla questione di fiducia e in sede di dichiarazioni di voto finale.
Una prima considerazione: quando si pone la questione di fiducia? La questione di fiducia si pone quando il Governo ritiene che un determinato provvedimento abbia un valore speciale dal punto di vista politico, sia da considerare un punto fondamentale del proprio programma di Governo. Dunque, noi ci siamo presentati agli elettori un anno fa, abbiamo vinto le elezioni con una larga maggioranza e le abbiamo vinte proprio perché a differenza vostra, cari colleghi, abbiamo detto chiaramente che avremmo compiuto un'efficace azione di contrasto all'immigrazione clandestina. Pag. 7
Abbiamo vinto le elezioni perché abbiamo detto che avremmo posto la sicurezza dei cittadini al centro della nostra azione. Il provvedimento che oggi discutiamo va in tale direzione, dunque è naturale, anzi dal nostro punto di vista è doveroso porre la questione di fiducia, proprio perché il Governo deve, con questo atto, riaffermare il proprio programma elettorale e deve riaffermare di fronte ai cittadini un fatto che ci contraddistingue e che contraddistingue anche la Lega, nella sua azione sia parlamentare sia di Governo, e cioè che noi manteniamo le promesse fatte ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Seconda considerazione: bisogna stare attenti a usare le parole, caro collega Soro (e mi rivolgo anche agli altri colleghi che mi hanno preceduto), perché la gente è molto più informata, intelligente e attenta di quanto voi potete pensare. La riprova di tutto ciò la state avendo sistematicamente, elezione dopo elezione: elezione dopo elezione continuate a perdere consenso proprio per tale motivo, perché siete distanti dalle richieste e dalle aspettative della gente.
Non solo il provvedimento in esame non è incostituzionale, ma contiene norme che sono previste non solo dall'Unione europea ma anche dalla legislazione degli altri Stati, proprio gli Stati che voi prendete ad esempio quando vi fa comodo. Non voglio anticipare - lo ripeto - la discussione che vi sarà, ma sapete anche voi che la permanenza all'interno dei centri di identificazione e di espulsione per un periodo superiore a quello che è attualmente previsto è contenuta nella direttiva europea, che prevede addirittura un termine fino a diciotto mesi. Allora, di quale incostituzionalità parliamo? Sapete benissimo che il reato di immigrazione clandestina esiste in moltissimi Paesi europei, allora di che cosa state parlando?

FURIO COLOMBO. Fai l'elenco!

ROBERTO COTA. Faremo l'elenco, perché faremo la discussione. La gente è molto più informata e attenta di voi. In conclusione, condividiamo la decisione del Governo di porre la questione di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ho ascoltato delle obiezioni sulla posizione della questione di fiducia, in particolare quelle sollevate dal collega Soro e, pur ritenendo di non dover svolgere al alcun ruolo né di ausilio, né di supplenza, né di avvocatura nei confronti della Presidenza, che evidentemente ha facoltà di compiere scelte e di rispondere pienamente delle scelte che compie, credo però di poter esprimere a nome del mio gruppo alcune opinioni sia sul rapporto tra fiducia e secretabilità del voto sia sulle obiezioni dell'onorevole Soro in ordine ai maxiemendamenti e a materie su cui la Camera si era pronunciata in precedenza.
Mi riferisco se non altro al fatto che nella stessa storia dei rapporti tra voto di fiducia e voto segreto, il voto di fiducia è chiaramente prevalente, proprio perché l'importanza del voto di fiducia e le sue conseguenze in termini di rapporti tra Governo e Parlamento non possono essere preclusi dall'ipotesi di secretabilità del voto (e credo che in questo senso vi siano precedenti molto chiari).
In ordine alla seconda obiezione del collega Soro, relativa alle norme inserite nei maxiemendamenti, al netto del fatto che stiamo parlando di maxiemendamenti omogenei perché riguardano tre materie ben definite (l'immigrazione, l'antimafia e la sicurezza) e del fatto che le norme relative all'antimafia contengono testi redatti già dal precedente Governo (e che quindi recuperano un lavoro fatto in precedenza), credo si debba anche valutare il fatto che se le norme in questione, a cui faceva riferimento l'onorevole Soro, erano quelle sugli ex CPT evidentemente queste norme non sono più le stesse, ma sono addirittura cambiate, e quindi a maggior ragione ritengo che l'obiezione non si ponga. Pag. 8
È evidente che la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sottolinea il rilievo, l'attenzione e l'importanza che il Governo stesso dà a queste norme, attenzione, rilievo e importanza che sono condivise - come ha affermato già prima di me il presidente Cota - dal gruppo della Lega Nord e dal gruppo del PdL, che per questo condivide la scelta del Governo di porre la questione di fiducia e sosterrà questa scelta attraverso il voto di fiducia e il sostegno a questo provvedimento sino al voto finale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, a titolo personale, posso?

PRESIDENTE. No, a titolo personale non può...

MASSIMO POLLEDRI. Siamo al bar!

PRESIDENTE. Può chiedere la parola per un richiamo al Regolamento o sull'ordine dei lavori.

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, ho chiesto la parola in quest'Aula a nome dei tanti che probabilmente persino a destra se potessero parlare - si dice certe volte degli alberi e delle cose! - si associerebbero a quello che sto per dire.
Vorrei esprimere la gratitudine di quest'Aula per i cittadini nigeriani Kennedy Anetor e John Paul che da soli, nella stazione di Palermo, si sono presi l'impegno (a costo di rischiare la propria permanenza in questo Paese) di acciuffare, fermare e consegnare alla polizia un assassino impazzito che aveva già abbattuto due persone. Riconoscenza dunque ai cittadini Kennedy Anetor e John Paul che non vengono da Varese, ma da un barcone e che sono sfuggiti alla pulizia etnica del Ministro dell'interno padano (Applausi del deputato Evangelisti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, da parte dei colleghi dell'opposizione, ed in particolar modo da parte del presidente Soro, sono state poste alla Presidenza alcune valutazioni e alcune questioni di natura procedurale e regolamentare di fronte alle quali, proprio perché non si tratta - onorevole Soro, ne sono pienamente cosciente - di valutazioni da parte sua e del suo gruppo di carattere rituale, la Presidenza ritiene doveroso rispondere.
Mi riferisco, come del resto è chiaro ai colleghi che hanno seguito il dibattito, a tre questioni: al rapporto che intercorre tra la questione di fiducia e il voto segreto, al vaglio di costituzionalità da parte della Presidenza degli emendamenti (in questo caso dei maxiemendamenti) e al presunto effetto preclusivo di un emendamento soppressivo di un articolo del decreto-legge in materia di sicurezza.
Per quanto attiene al primo punto indicato dal presidente Soro, vale a dire il rapporto tra la posizione della questione di fiducia e il voto segreto, questione che è stata posta partendo dall'assunto che se su una materia è ammissibile la richiesta di scrutinio segreto si debba intendere conseguentemente esclusa la possibilità per il Governo di porre la questione di fiducia, al di là del giudizio sulla eventuale prevalenza nei maxiemendamenti di materie che siano suscettibili o meno di voto segreto - si potrebbe fare anche questa valutazione, ma non è questo il punto - ricordo che l'articolo 116, comma 4, del nostro Regolamento è chiaro e credo non facilmente interpretabile in modo diverso. Infatti, l'articolo 116, comma 4, esclude la questione di fiducia solo sugli argomenti per i quali il Regolamento prescriva obbligatoriamente votazioni per alzata di mano o per scrutinio segreto.
Esso non trova pertanto applicazione - questo è il caso - laddove il ricorso allo scrutinio segreto abbia luogo su richiesta e Pag. 9non obbligatoriamente. Nei casi in cui lo scrutinio segreto può aver luogo su richiesta, è dunque senz'altro possibile porre la questione di fiducia, come del resto è confermato dalla costante prassi interpretativa e applicativa che, come lo stesso presidente Soro onestamente ricordava nel suo intervento, ha visto in numerose circostanze la posizione della questione di fiducia su progetti di legge recanti norme sottoponibili a scrutinio segreto. Risparmio la citazione dei precedenti.
Rimando, invece, alle affermazioni esplicite su questo punto del Presidente della Camera nelle sedute del 24 gennaio 1990, del 29 giugno 2004 e del 24 novembre 2004. Secondo tali affermazioni, risulta in modo incontrovertibile «anche alla luce degli orientamenti emersi dei lavori della Giunta per il Regolamento fin da subito dopo la riforma della disciplina regolamentare del voto segreto» come si sia «registrata nel corso delle legislature (...) una prassi applicativa ed interpretativa assolutamente costante e consolidata».
Alla luce pertanto di questa situazione regolamentare, la Presidenza - nel prendere atto della circostanza che la questione di fiducia è stata posta su tre maxiemendamenti nella loro unitarietà e che tale iniziativa costituisce esercizio di una prerogativa costituzionalmente riconosciuta all'Esecutivo - non può escludere singole parti degli stessi emendamenti dal voto di fiducia, al fine di sottoporre le parti medesime allo scrutinio segreto.
L'altra questione posta è quella relativa al vaglio di costituzionalità degli emendamenti da parte della Presidenza. Tale vaglio di costituzionalità è finalizzato all'eventualità di un'espunzione o estromissione dal testo di disposizioni in contrasto con la Costituzione. Osservo, in primo luogo, che gli emendamenti riproducono, salvo talune e limitate modifiche, che comunque non sono oggetto di discussione sulla costituzionalità, il testo predisposto dalle Commissioni. In via generale, peraltro, in tema di inammissibilità degli emendamenti per contrasto con la Costituzione richiamo quanto fu chiarito dal Presidente della Camera nella seduta della Giunta per il Regolamento del 7 marzo 2002, allorché, pur affermandosi l'esistenza di un potere presidenziale di non ammettere al voto proposte in contrasto con la Carta costituzionale, fu tuttavia precisato che l'esercizio di tale potere deve rimanere circoscritto e riguardare in via esclusiva - sottolineo questa espressione - i casi in cui il medesimo possa configurarsi come potere-dovere di chiusura rispetto alle garanzie interne al procedimento legislativo.
Si precisò, pertanto, che tale potere-dovere della Presidenza di intervento può configurarsi solo quando le proposte emendative appaiano in contrasto con l'autonomia costituzionale delle Camere o le prerogative parlamentari, ovvero appaiano in manifesto ed evidente contrasto con singole disposizioni costituzionali o con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale (questo potrebbe essere il punto al quale, se ho ben intenso, fa riferimento il presidente Soro). Tuttavia, sempre in tale occasione, la Presidenza sottolineò che, nei casi in cui il contrasto con le norme costituzionali possa apparire problematico o presentare margini di opinabilità (credo che si sia in presenza di questo caso), l'esercizio del potere del Presidente va bilanciato con la salvaguardia delle prerogative dell'Assemblea, affinché l'eventuale decisione del Presidente non finisca per risolversi in una loro lesione.
In effetti, i casi di inammissibilità pronunciati dal Presidente a tale titolo sono circoscritti alle ipotesi di manifesto contrasto tra le proposte emendative in esame e il testo costituzionale. Pertanto, alla luce di tali presupposti la Presidenza non rileva profili di inammissibilità per contrasto con la Costituzione nei termini sopra indicati, anche perché - come ho detto poc'anzi - essendo problematica, o comunque opinabile, la lesione della Costituzione, lungi dalla volontà della Presidenza ledere le prerogative sovrane dell'Assemblea medesima.
Infine, in ordine alla terza questione, rapidamente ricordo che la modifica introdotta in sede referente e reintrodotta Pag. 10nei maxiemendamenti risulta solo parzialmente riproduttiva dell'articolo del decreto-legge richiamato dal presidente Soro perché respinto a scrutinio segreto. Oltre che per un inciso nella prima parte esso diverge infatti dal contenuto del citato articolo 5 anche per l'inserimento di disposizioni recanti una copertura finanziaria.
In ogni caso, anche qualora il contenuto della disposizione potesse considerarsi identico (e così non è), osservo sul punto che l'articolo 72, comma 2, del Regolamento stabilisce: «Non possono essere assegnati alle Commissioni progetti di legge che riproducano sostanzialmente il contenuto di progetti precedentemente respinti, se non siano trascorsi sei mesi dalla data della reiezione». Come inequivocabilmente emerge dalla lettura della norma, e come risulta anche da una costante interpretazione della medesima, essa si riferisce alla sola ipotesi di un nuovo progetto di legge riproduttivo di altro progetto di legge precedentemente respinto dalla Camera; essa non trova applicazione con riferimento ad emendamenti riproduttivi di testi, intendo articolo o emendamenti, precedentemente respinti. Mentre sarebbe incontrovertibile l'impossibilità di presentare, se non dopo sei mesi, un disegno di legge, tutti i precedenti - e credo anche la lettura onesta della norma - rendono possibile, ovviamente assumendosene la responsabilità politica, la presentazione di un articolo o un emendamento precedentemente respinto.
Anche qui voglio ricordare, perché è stato citato dal presidente Soro, quanto ebbe modo di dire il Presidente Iotti nella seduta del 29 gennaio 1986: «A norma di Regolamento l'improcedibilità attiene ai progetti di legge e non ai singoli articoli che siano stati respinti». Il Presidente Violante, nella seduta dell'8 luglio 1999: «La preclusione vige per i progetti di legge e non per i singoli articoli». Credo che le precisazioni doverosamente fornite dalla Presidenza della Camera a quanto esposto dal presidente Soro possano essere oggetto di attenzione da parte dei colleghi.
Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente per l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta riprenderà subito dopo la conclusione di tale riunione.

La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 11.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, degli emendamenti 1.1000, 2.1000 e 3.1000, rispettivamente sostitutivi degli articoli 1, 2 e 3 del testo e soppressivi di altri articoli, presentati dal Governo al disegno di legge n. 2180 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato).
Nella seduta odierna avranno luogo gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge. Sono previsti tredici interventi, che si svolgeranno a partire dalle ore 16.
Le tre votazioni per appello nominale avranno luogo, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, domani, mercoledì 13 maggio.
La seduta inizierà alle ore 9,30 con le dichiarazioni di voto sulla prima fiducia. La votazione per appello nominale avrà luogo a partire dalle ore 10,30.
Si procederà quindi alla seconda e alla terza votazione fiduciaria, previe eventuali dichiarazioni di voto dei gruppi che ne faranno richiesta.
Dopo la terza votazione nominale sulla fiducia si procederà con l'illustrazione degli ordini del giorno presentati al disegno di legge e con il parere del Governo.
Nella giornata di giovedì 14 maggio, a partire dalle ore 9, si passerà alle dichiarazioni Pag. 11di voto ed alla votazione degli ordini del giorno. Seguiranno, a partire dalle ore 11,30, le dichiarazioni di voto finale, con ripresa televisiva diretta dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto e, quindi, la votazione finale del disegno di legge.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno al disegno di legge n. 2180 è fissato alle ore 12 di mercoledì 13 maggio.
Giovedì 14 maggio, dopo la votazione finale del disegno di legge n. 2180, si procederà con il seguito dell'esame dei quattro disegni di legge di ratifica (n. 2226 - Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sulla cooperazione nella lotta alla criminalità (Approvato dal Senato); n. 2294 - Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo (Approvato dal Senato); n. 2363 - Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di Note correttivo (Approvato dal Senato); n. 2362 - Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo (Approvato dal Senato), di cui si è svolta la discussione sulle linee generali lunedì 11 maggio.
Alle ore 15 avrà luogo lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time). Seguiranno quindi le interpellanze urgenti.
Il seguito dell'esame delle mozioni previsto in calendario per la settimana in corso avrà luogo la prossima settimana.
La discussione congiunta sulle linee generali del disegno di legge n. 2320 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008 (Approvato dal Senato) e del doc. LXXXVII, n. 1 - Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007, già prevista per lunedì 11 maggio, avrà luogo lunedì 18 ed il seguito dell'esame da martedì 19 maggio, prima degli altri argomenti già previsti in calendario.
Lunedì 18 maggio avrà luogo la discussione sulle linee generali della mozione Franceschini ed altri n. 1-00165 concernente iniziative a sostegno del settore manifatturiero in sostituzione della mozione Coscia ed altri concernente iniziative volte a rendere la scuola pubblica sicura, autonoma e di qualità per tutti (in corso di presentazione).
La convocazione dell'XI Commissione per l'elezione del Presidente, già prevista per mercoledì 13 maggio alle ore 14, è rinviata a giovedì 14 maggio, al termine delle votazioni dell'Assemblea.
L'organizzazione dei tempia per l'esame della mozione Franceschini ed altri n. 1-00165 sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge n. 2180.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 16,20.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

Pag. 12

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo segnalare all'Assemblea la scomparsa, nella giornata di ieri, del dottor Saverio Barbati, grande giornalista affermatosi svolgendo un importante lavoro negli anni Sessanta. Per lui che era figlio di un notaio, il papà aveva immaginato che facesse il suo stesso lavoro, mentre il suo istinto professionale lo portò alla carriera giornalistica, perché volle raccontare il mondo e le vicende che lo circondavano; cosa che ha fatto sempre con grande stile, aplomb e classe.
Saverio Barbati nacque nel mio comune, Camposano, il 26 giugno del 1927 ed ebbe una carriera davvero brillante: è stato dapprima redattore de Il Gazzettino del Mezzogiorno, poi de Il Quotidiano, successivamente caporedattore della RAI a Roma, inviato in Iran, in Giappone, in America, in Belgio, vicedirettore del centro produzione RAI di Napoli ed inoltre negli anni Sessanta è diventato, prima, segretario nazionale, e poi presidente, dell'Ordine dei giornalisti. In questa sua attività deplorò una certa degenerazione presente nel giornalismo, in particolare deplorò che l'Ordine dei giornalisti si potesse trasformare in una sorta di esamificio (affermo ciò per sottolineare quanto lui amasse sviluppare il suo lavoro). Infine, è stato moderatore delle tribune politiche, dopo Jader Jacobelli, presidente e segretario generale del Premio Napoli.
Si trattava, insomma, di una persona che ha svolto il suo mestiere con grande prestigio e che ha dato, soprattutto alle nostre terre, un grande onore. Caro signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordiamo Saverio Barbati con tanto rispetto.

Si riprende la discussione (ore 16,23).

(Illustrazione delle proposte emendative - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Ricordo che, a norma dell'articolo 116 del Regolamento, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'emendamento 1.1000 del Governo, è previsto l'intervento, per una sola volta, dei primi firmatari o altro proponente dei soli emendamenti riferiti all'articolo 1, che non siano già intervenuti nella discussione.
I rappresentanti dei gruppi di opposizione hanno tuttavia richiesto alla Presidenza di poter fare intervenire anche soggetti diversi dai presentatori, con riguardo alle proposte emendative riferite a tutti e tre gli articoli sostituiti integralmente dagli emendamenti 1.1000, 2.1000 e 3.1000. Come già preannunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, la Presidenza - analogamente a quanto avvenuto in altre occasioni - ritiene di poter acconsentire in via eccezionale a tale modalità di illustrazione degli emendamenti, considerato che il tempo complessivo degli interventi sarà tale da non ostacolare lo svolgimento dei lavori.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui per l'ennesima volta in Aula a parlare di sicurezza dopo diversi decreti-legge imposti con la scusa dell'urgenza.
Questa volta, finalmente, trovandoci ad affrontare un disegno di legge abbiamo avuto la possibilità prima al Senato e poi in Commissione di apportare un grosso contributo ad alcuni aspetti del provvedimento anche in qualità di opposizione, e così siamo riusciti a far recepire intere parti, anche e soprattutto in materia di lotta alla criminalità organizzata, già elaborate e concepite nel corso del precedente Governo Prodi.
Nell'ambito di questo provvedimento ci sono infatti una serie di norme antimafia che non solo avremmo voluto votare, se non ce lo avesse impedito la richiesta di fiducia da parte del Governo, ma che in molti casi sono state anticipate dal lavoro condotto da esponenti del Partito Democratico e presentate da noi in Parlamento. Le norme sul 41-bis, ad esempio, sono frutto di emendamenti al testo presentati Pag. 13da noi al Senato; come pure le norme sui beni confiscati erano tutte presenti già nei disegni di legge varati dal Governo Prodi che poi non si riuscì ad approvare a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Come pure le norme sullo scioglimento degli enti locali a causa delle infiltrazioni mafiose sono tutte figlie di un lavoro approfondito della Commissione antimafia tradotto in disegno di legge già dall'onorevole Villecco Calipari. È dunque positivo che si sia riusciti ad inserire in questo disegno di legge una serie di indicazioni di questo tipo. Ciononostante ci troviamo a discutere una legge che ancora una volta sa molto di propaganda, quella stessa propaganda che è stata utilizzata in campagna elettorale e che continuate a sbandierare in questo primo anno di Governo aizzando - ahimè - odio contro gli stranieri, lasciando invece a bocca asciutta tutti quei cittadini che giustamente chiedono una sicurezza sobria ma reale.
Infatti è normale che ogni cittadino voglia sentirsi sicuro, tranquillo, nelle condizioni di poter costruire il proprio vivere quotidiano senza il timore di venire leso nella propria vita e nella propria sicurezza. Invece a tutti i proclami puntualmente non seguono i fatti, anzi in finanziaria sono state tagliate risorse ingenti alle forze di polizia, dal punto di vista legislativo cercate di smantellare leggi fondamentali nella lotta alla criminalità organizzata (ciò riguarda ad esempio il disegno di legge sulle intercettazioni), e soprattutto minate il concetto basilare secondo cui la sicurezza compete al servizio pubblico. Mentre da un lato indebolite le forze dell'ordine, dall'altro imponete l'istituzione di ronde e lo fate con l'apposizione della questione di fiducia proprio perché sapete che senza di questa probabilmente otterreste di nuovo una sonora sconfitta in Aula, proprio come l'avete già subita alcuni giorni fa. A proposito di ronde vorrei raccontarvi un episodio raccolto la settimana scorsa nel corso della missione che abbiamo compiuto come Commissione antimafia a Napoli e a Caserta. Abbiamo chiesto ai generali impegnati in prima linea nelle zone di maggiore presenza camorristica che cosa ne pensino loro delle ronde, se credono che possano essere di aiuto in un territorio di criminalità organizzata. Ci hanno risposto che sarebbe l'errore più grave che si potrebbe commettere, perché significherebbe legittimare la cessione legale del territorio già oggi di fatto nelle mani dei mafiosi locali.
Vedete, esponenti della maggioranza (purtroppo quasi totalmente assenti), la questione della sicurezza è una questione di tutti, è la questione dei più deboli, la questione dei meno abbienti, di coloro che non si possono permettere di cambiare quartiere se le prostitute esercitano sotto casa loro, che non possono permettersi di pagare le guardie private se gli spacciatori spacciano droga al bar dell'angolo. I loro problemi sono i nostri problemi. Per questo noi del Partito Democratico ci sentiamo così profondamente lontani dai proclami che mettete in atto come maggioranza. Voi parlate di sicurezza, di pugno duro, ma al contempo mettete in ginocchio le forze dell'ordine togliendo loro mezzi, uomini, risorse, quando invece sarebbe necessario investire proprio in questo e in formazione degli agenti, in apparati tecnologici all'avanguardia, in intelligence, in autovetture per presidiare il territorio. Invece di dare alle forze di sicurezza i mezzi di cui hanno bisogno create un immaginario collettivo distorto. Fate crescere la convinzione secondo la quale sono gli stranieri, gli immigrati ad essere colpevoli di una sempre minore sicurezza.
Secondo voi vale l'assioma: immigrati uguale criminalità. Io questo concetto lo conosco bene da italiana che ha vissuto quasi vent'anni all'estero, in Germania. Ciò che voi adesso state dicendo nei confronti degli immigrati, cioè immigrati poco affidabili, stranieri pericolosi, stranieri criminali, stranieri stupratori, sono le stesse identiche cose, ma proprio le stesse identiche cose, che sono state dette contro la generazione dei nostri padri, contro la generazione delle nostre madri in Germania e in tanti altri Paesi all'estero. Sono state diffamatorie, razziste e sbagliate allora Pag. 14nei confronti degli italiani all'estero e lo sono ugualmente sbagliate oggi nei confronti degli immigrati in Italia.
Proprio con la mia esperienza all'estero, vivendo in una società che da anni ha accettato di essere multiculturale, vi dico che i problemi che ci sono con l'arrivo di altre culture non si risolvono con demagogia e con una politica della sicurezza di facciata, ma soprattutto con una politica dell'integrazione che vede la multiculturalità non come pericolo ma per ciò che è: un arricchimento e un dato di fatto. Se vi sono problemi vanno combattuti con una politica della sicurezza seria ed efficace, perché la criminalità non ha colore o nazionalità: è criminalità e basta e, quindi, va combattuta come tale in modo serio, ed è proprio su questo punto che state sbagliando.
Per basso calcolo politico mettete in risalto soltanto alcune tipologie di reato che, per carità, sono gravi, gravissime ma statisticamente marginali, mentre invece tacete e mantenete il silenzio su crimini ben più diffusi, dilaganti e spesso impuniti come la corruzione, la concussione, i reati finanziari contro la pubblica amministrazione, tutti i cosiddetti reati dei «colletti bianchi», reati che sono invece spaventosamente in crescita.
Volete apparire spietati e giustizialisti fomentando paure xenofobe. Per reati gravi e diffusi invece usate il massimo del garantismo. Infatti la lotta alla criminalità organizzata è praticamente scomparsa dall'agenda della maggioranza: questo è grave per il Paese. Anche se le mafie non ammazzano tolgono quotidianamente libertà e benessere e la possibilità di crescere. A tutti coloro ai quali interessa anzitutto la cosiddetta microcriminalità di strada va ricordata una cosa: le mafie guadagnano miliardi di euro anche con tutto ciò che fa sentire il comune cittadino meno sicuro nella sua vita quotidiana, vale a dire la droga, la prostituzione e le altre forme di criminalità di strada che sono spesso nient'altro che l'ultima espressione della più grande ulcera criminale che abbiamo in questo Paese. Credetemi, la vera paura di un commerciante in tante, troppe zone d'Italia non è l'immigrato ma è piuttosto l'estortore, colui il quale chiede il pizzo, l'usura, che minaccia la sicurezza e il benessere, la vita del commerciante. Ma questo Governo è sordo a questo proposito e noi del Partito Democratico lo riteniamo grave. Un Governo che non mette la lotta alle mafie tra le sue priorità non è un Governo che affronta il tema della sicurezza in modo serio. Ma, guardiamo i dettagli: questa fiducia avrebbe potuto essere un'occasione per il Governo per inserire particolari determinanti nella lotta alle mafie. Un'occasione sprecata dal Ministro dell'interno. Ci saremmo aspettati che il Governo inserisse almeno alcuni miglioramenti normativi da noi proposti attraverso gli emendamenti che avevamo presentato su punti qualificanti della lotta alla mafia.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Garavini.

LAURA GARAVINI. La ringrazio, signor Presidente. Arrivo a conclusione, dicendo che per il Partito Democratico la questione della sicurezza è fondamentale ma una sicurezza dei fatti e non dei proclami. Con una politica che non toglie ma dà alle forze dell'ordine, una politica in cui lo Stato sia presente sul territorio e non che svende la sicurezza in subappalto ai privati. Noi siamo convinti che in questo Paese non vi sarà vera sicurezza e, quindi, non vi sarà sviluppo e benessere se non viene affrontato in modo duro il nodo della criminalità organizzata.
Vogliamo una politica della sicurezza seria e non un politica che alimenta la xenofobia e i biechi interessi di bassa politica a fini elettorali. Le vostre proposte non danno più sicurezza all'Italia, anzi rendono la lotta alla criminalità organizzata più difficile. Una buona politica della sicurezza non si fa con i proclami.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti della 3 A e della 3 B del liceo scientifico e della 4 A dei programmatori dell'Istituto comprensivo Balilla Pinchetti Pag. 15di Tirano, in provincia di Sondrio, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, poco fa la collega che mi ha preceduto, l'onorevole Garavini, ha ricordato la sua esperienza personale. Quel riferimento mi ha fatto venire in mente e ho ritrovato una «chicca» che prendo dal blog «Macchianera». Lo leggo testualmente: «Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua. Molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città, dove vivono vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro, affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e se ostacolati violenti. Le nostre donne li evitano, non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche, quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere, ma soprattutto non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o addirittura di attività criminali».
Presidente, sa da dove ho preso questa citazione? Dalla relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso americano sugli immigrati negli Stati Uniti dell'ottobre del 1912, ed è riferita agli italiani. E questa relazione continua: «Propongo» - diceva il relatore all'epoca - «che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti, è vero, ma disposti più di altri a lavorare: si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la nostra prima preoccupazione».
Né più né meno che, cento anni dopo, le parole che abbiamo sentito in questi giorni e in queste settimane qui alla Camera. Parafrasando una famosa canzone di Francesco De Gregori potremmo dire: «La storia eravamo noi, nessuno si senta offeso».
Veda, signor Presidente, quando si afferma che non si vuole un'Italia multietnica, questo significa negare la verità e la realtà, quella che si vede per strada, nelle relazioni domestiche, nelle fabbriche, sui campi di calcio, ma è anche l'anticamera del razzismo istituzionale: la prossima cosa che infatti verrà detta è che l'Italia è un Paese per soli ariani e di ciò vi è soltanto da vergognarsi, ma davvero.
Tutto questo con una scusa: quella della legalità e della sicurezza. Che ipocrisia! Da che pulpito viene la predica, verrebbe da dire: legalità è una cosa seria, una parola seria e in bocca a taluni è quasi una bestemmia. Questo si dimostra facilmente, perché oggi è posta la questione di fiducia sul cosiddetto «pacchetto sicurezza» e con esso si legittimano le telecamere per le strade. Bene: la settimana prossima, invece, la fiducia verrà posta sul progetto di legge sulle intercettazioni, che guarda caso imporrà di togliere le telecamere. Le dovrete togliere perché il garantismo peloso di taluni esponenti del centrodestra le accomuna alle intercettazioni e quindi non si potranno fare, né per strada, né nelle banche, né negli stadi.
Non si potranno fare più intercettazioni per indagare sui traffici dei clandestini, sugli stupri, sulle rapine e sugli Pag. 16scippi. Gli amici della Lega, da questo punto di vista, si sono venduti per un «piatto di lenticchie»: oggi dicono di aver vinto, ma in verità hanno perso, anche per un altro aspetto che citerò fra poco.
Purtroppo, però, insieme alla Lega, perdono gli italiani proprio in termini di sicurezza e di legalità: con il disegno di legge sulle intercettazioni si consegna l'Italia ai malfattori, si toglie alla polizia uno strumento di difesa sociale e si rinuncia a combattere la mafia, la corruttela e la delinquenza comune. Gli stupratori, i rapinatori, gli assassini - siano italiani o stranieri - sono sempre stati presi attraverso le intercettazioni. Oggi, si butta a mare lo strumento principale per la sicurezza e questo pacchetto, che voi chiamate «di sicurezza», è un imbroglio per questo motivo, perché è vuoto: oggi lo fate, ma domani lo disfarete attraverso il disegno di legge sulle intercettazioni. Avete posto la questione di fiducia, perché avete paura della vostra stessa maggioranza, delle vostre stesse interne contraddizioni, perché sapete che, magari, con un voto segreto sarebbero esplose e si sarebbero evidenziate.
Dicevo della Lega. Probabilmente, vi è anche altro insieme a questo scambio di favori: da una parte, il voto di fiducia per far «passare» le ronde, dall'altra parte, il via libera al Premier per bloccare le intercettazioni. Oggi, un quotidiano autorevole on-line, Repubblica.it, parla di una passione antica, tra virgolette: stiamo parlando del 1996, quando il Ministro Maroni reclutava le guardie padane. Non era ancora il Ministro dell'interno della Repubblica italiana, era soltanto membro del Governo provvisorio della Padania. Vi sono gli atti presso la procura della Repubblica di Verona in un dossier ancora aperto. È del tutto evidente che, come il Presidente del Consiglio si è fatto il cosiddetto lodo Alfano, oggi si vanno a legittimare le ronde per creare un «lodo sicurezza» per i maggiori esponenti della Lega, il leader Bossi, il Ministro della semplificazione normativa Calderoli e lo stesso Maroni. Non si tratta di un conflitto di interessi come quello che investe il Capo del Governo, ma di interessi confliggenti fra la sicurezza dei cittadini e le sinecure dei maggiori esponenti della Lega.
Vengo, dunque, al merito del mio intervento e all'illustrazione delle proposte emendative, sapendo che si tratta di una pura ritualità, perché non abbiamo la possibilità di incidere, visto che questa Camera è stata spogliata di ogni sua prerogativa con l'apposizione della questione di fiducia. Avete svuotato ulteriormente il Parlamento della Repubblica. Tuttavia, come gruppo dell'Italia dei Valori, ci teniamo ad illustrare le nostre proposte emendative a questo «pacchetto sicurezza», che oggi diventa un «pacchetto insicurezza». Avete, infatti, tagliato i fondi e le risorse alle forze di polizia, avete tolto - o vi apprestate a togliere - gli strumenti più importanti, vendete fumo e vi tranquillizzate con le ronde e le squadracce di partito.
L'Italia dei Valori si è sempre espressa negativamente su questo provvedimento - lo ha fatto al Senato, in Commissione e nel dibattito di questi giorni qui alla Camera - per ragioni sia di carattere tecnico che politico. In particolare, la nostra opposizione si è mossa a difesa del pieno rispetto della dignità umana che, invece, questo provvedimento sembra svilire e non tenere in considerazione.
Come abbiamo già detto, noi rifiutiamo l'equazione che vede l'immigrazione come sinonimo di delinquenza e continuiamo a sostenere che, al di là dello status di cittadinanza, debba essere difesa la dignità in quanto tale. In quest'ottica abbiamo presentato diverse proposte emendative e, tra queste, ne ricordo in particolare una: l'emendamento soppressivo della disposizione che introduce la cosiddetta aggravante di clandestinità. Si tratta di una norma assolutamente anticostituzionale - la Corte costituzionale si incaricherà di risolvere questo aspetto -, addirittura, di una sorta di reato con valenza retroattiva.
Mi riferisco alla circostanza che il colpevole abbia commesso il reato mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale; si precisa che tale aggravante si applica ai soli extracomunitari e agli apolidi. Pag. 17Riteniamo tutto ciò inadeguato, illegittimo e - in buona sostanza - illogico, perché, sostanzialmente, il reato di clandestinità prescinde dall'aver voluto commettere il reato stesso.
Un'ulteriore proposta emendativa che abbiamo presentato tendeva a sopprimere la norma che modifica, in alcune parti, la legge n. 91 del 1992 in materia di cittadinanza, introducendo nuovi requisiti, più stringenti e più onerosi, per l'ottenimento della stessa a seguito di matrimonio con un cittadino o una cittadino italiana o per concessione.
L'obbligo di dimostrare la regolarità del soggiorno per la celebrazione del matrimonio in Italia, purtroppo, concorre pesantemente, in una sorta di combinato disposto con l'altra norma prevista dalla lettera f), comma 1, dell'articolo 45 - che, di fatto, rende impossibile il riconoscimento del figlio naturale da parte del padre clandestino -, nella violazione del diritto di costituire una famiglia legittima quando si voglia sposare una persona irregolarmente soggiornante.
Anche in questo caso abbiamo presentato un emendamento soppressivo e comunque, qualunque sia la posizione amministrativa del soggiorno, voglio ricordare che l'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo recita: «Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia». Si tratta di un diritto intangibile che deriva anche dalla sua elevazione a sacramento nel rito cattolico, ma gli aspetti e le indicazioni della Chiesa cattolica per voi valgono a giorni alterni: si va al family day perché c'è da raccogliere qualche consenso - sappiamo poi che considerazione avete della famiglia - e si chiama in causa il Vaticano quando si deve emanare una normativa sul diritto alla morte, a una morte «dolce» e tranquilla e, soprattutto, scelta; quando, invece, si tratta di raccogliere il senso e la denuncia del Vaticano circa l'accoglienza ai migranti ve ne fregate.
Un ulteriore emendamento soppressivo lo abbiamo riferito alla disposizione che introduce il reato di clandestinità e che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur essendo entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, anche se non è incorso in provvedimenti sanzionatori e non è destinatario di un provvedimento di espulsione.
Qui non è in questione il diritto dello Stato di regolare le migrazioni e controllare le proprie frontiere, ma non si possono confondere i criminali con i migranti e affermare che i migranti sono tutti criminali. In questo modo, se passasse questa norma, verrebbe meno qualsiasi controllo giurisdizionale non solo sull'ingresso, ma anche sulla permanenza irregolare sul territorio, che sappiamo bene potrà verificarsi e oggi ancor di più, alla faccia del vostro presunto garantismo. Si tratta di una disposizione che si pone in contrasto insanabile con i principi fondanti dello Stato di diritto e che, di fatto, sanziona una realtà soggettiva della persona e non una sua condotta, esprimendo una presunzione di pericolosità dello straniero irregolarmente presente sul territorio secondo una visione che, tra l'altro, è stata già respinta dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 22 e 78 del 2007.
Abbiamo chiesto anche la soppressione della norma che prevede modifiche al testo sull'ordinamento dell'anagrafe della popolazione residente, laddove subordina l'iscrizione anagrafica e le relative richieste di variazione alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza. Di conseguenza, soltanto chi disporrà di un'abitazione con un'accertata idoneità alloggiativa potrà iscriversi all'anagrafe e acquisire, quindi, la residenza nel comune in cui l'immobile è situato, mentre coloro che vivono in condizioni ritenute non idonee non potranno ottenere tale documento; tutto ciò, pur sapendo che per questa strada andrete a penalizzare anche i cittadini italiani indigenti.
Questa disposizione, tra l'altro, costituisce una grave violazione del principio della non discriminazione in base al censo, in particolare per il fatto che coloro che Pag. 18vivono in condizioni non ritenute idonee non potranno aver accesso ai servizi connessi al possesso del certificato di residenza, con conseguente ulteriore violazione di tutti quei diritti che prevedono l'accesso ai servizi come un diritto della persona.
Vale quindi la pena di ricordare - vado a concludere - che riguardo all'obbligo di certificazione da parte del comune dell'idoneità abitativa dell'alloggio ai fini del ricongiungimento, moltissimi edifici nei centri storici sono privi di tale idoneità eppure sono normalmente abitati da cittadini italiani. La normativa europea, tra l'altro, prescrive che si possa imporre solo la disponibilità di un alloggio considerato normale nella regione dove lo straniero vive.
La richiesta, quindi, di soppressione di ulteriori numerose disposizioni che incidono sul testo unico dell'immigrazione, di cui al decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, si riferiva nel particolare, da parte nostra, all'ex articolo 45, comma 1, con riferimento alle lettere f), s) e t), sostenuta da una convinzione, come ho cercato di accennare anche prima: verrebbe gravemente pregiudicato il perfezionamento di atti dello stato civile fondamentali - quali, ad esempio, la richiesta di pubblicazioni per il matrimonio e gli atti di nascita dei minori stranieri - con grave pregiudizio per la certezza stessa dei rapporti familiari, ostacolando pesantemente l'esercizio dei diritti e dei doveri nascenti da una relazione di coppia. Sarebbero, inoltre, resi inaccessibili agli stranieri irregolarmente soggiornanti anche i servizi pubblici essenziali, con evidenti rischi per la propria vita e la propria salute senza, tra l'altro - e qui c'entra anche la stupidità - alcun vantaggio per noi e per la nostra pubblica sicurezza.
Il rilascio della permesso di soggiorno ai minori al compimento della maggiore età, infine, verrebbe concesso solo ove risultassero affidati ad una famiglia ovvero alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale, vanificando l'orientamento giurisprudenziale sviluppatosi in questi anni e favorendo il ritorno alla clandestinità dei minori un po' più grandicelli - fatemi dire così - rendendoli in tal modo più facile preda delle organizzazioni criminali.
Infine - e ho davvero terminato - abbiamo presentato un emendamento soppressivo della norma che prevede la possibilità, nel caso di mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino da parte del Paese terzo interessato, di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione fino a centottanta giorni, nonché della norma che prevede il rimpatrio assistito di un minore cittadino dell'Unione europea. Intervengo su questo punto ancora trenta secondi. Lo abbiamo detto nel corso della discussione sulle linee generali: avremmo anche accettato questo tipo di impostazione - sapendo che nulla cambia ma che sposta soltanto in avanti di qualche settimana la soluzione del problema relativo a cosa fare di qualcuno che è stato identificato e trattenuto in un centro e che non viene riammesso dal proprio Paese - se aveste almeno cambiato atteggiamento per quanto riguarda l'anagrafe e i diritti fondamentali dei migranti. Tutto questo non c'è stato e non ci sarà. Lo abbiamo detto stamattina, lo ripetiamo oggi e lo ripeteremo domattina: il provvedimento in esame non è un decreto sicurezza ma un decreto dell'insicurezza dai chiari tratti xenofobi e razzisti. Vi assumete una grande responsabilità di fronte al Paese, di fronte all'umanità e di fronte alla storia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, affrontiamo questo dibattito coscienti che ci troviamo di fronte ad una fictio. Si discute sugli emendamenti, anche quelli di cui non siamo firmatari. Prendiamo atto che c'è stata, da parte del Presidente della Camera dei deputati, una deroga.
La questione è talmente complessa che si è tentato di salvare quanto meno la forma, visto e considerato che il Parlamento è stato svuotato delle sue prerogative Pag. 19e della possibilità di dare un contributo a questo articolato.
Non c'è dubbio che ci troviamo di fronte a tre tomi, tre titoli, tre maxiemendamenti che sono divisi per settore, per area e per materia: quello dell'immigrazione, quello della sicurezza e quello della giustizia. Ciò sta a indicare che le perplessità che avevamo espresso anche in sede di discussione sulle linee generali trovano qualche fondamento, in quanto avevamo denunciato che questo provvedimento era talmente vasto e articolato e racchiudeva così tante materie che sarebbe stato di difficile applicazione o che, quantomeno, si trattava di un articolato che avrebbe contraddetto tutto ciò di cui noi più volte abbiamo ravvisato l'esigenza, ossia quella di norme divise per materia per la quale abbiamo indicato la via dei testi unici.
Questo articolato, invece, comprende più problemi e più temi e quando si va in questa direzione, certamente il provvedimento diventa di difficile applicazione e di difficile lettura, anche perché ogni articolo avrebbe avuto bisogno di una valutazione a parte, ma certamente anche di una sua completezza.
Stiamo ovviamente andando verso una semplificazione in cui si dà cittadinanza più alla previsione di reati, di nuove fattispecie o di aggravanti di reati già esistenti, rispetto all'esigenza di una valutazione molto più razionale e stringente.
Lo dico perché certi problemi esistono; quando sono intervenuto, come ricordavo poc'anzi, in sede di discussione sulle linee generali, ho detto che vi sono problemi: nessuno è detentore della verità sui temi della sicurezza rispetto a fenomeni nuovi. Il dato vero è che questo provvedimento parte da un assioma, ma soprattutto parte da un pronunciamento di verità ed è quello che non riesco e faccio fatica a comprendere. Ciò anche perché le equazioni sono sempre più semplicistiche e non credo che possano raggiungere il nucleo della problematica, che certamente va affrontata in termini di maggiore rigore e con una visione molto più ampia.
Veramente, signor Presidente, pensiamo che prevedendo aggravanti o il reato di clandestinità, allargando quindi la platea, tutto questo possa portarci ad una soluzione del problema della sicurezza e dell'ordine pubblico? Ho qualche difficoltà a seguire questo tipo di logica e soprattutto questo tipo di argomentazione.
Ragionando su questo dato, non c'è dubbio che questo articolato e complesso provvedimento legislativo raccoglie un elemento prevalente, che non è la lotta alla criminalità organizzata, ma la lotta all'immigrazione. Questo è il dato che emerge come substrato logico e soprattutto filosofico di questo provvedimento, in cui l'immigrato equivale ad un criminale.
Certo abbiamo problemi di ordine pubblico e di integrazione e questo nessuno lo ha mai negato. Ci sono problemi che riguardano alcuni territori e questo nessuno lo ha mai negato, ma questa semplificazione non credo sia un dato che possa tranquillizzarci e non credo che debba tranquillizzare un Paese quale il nostro.
Il collega che mi ha preceduto parlava poc'anzi di un documento riguardante gli Stati Uniti d'America. Io, senza andare in un altro Paese, parlo della fase post-risorgimentale, quando le regioni e le realtà prevalenti nello Stato unitario consideravano tutti i meridionali criminali e banditi. Se ci fosse stata una politica diversa di integrazione, non avremmo avuto un Mezzogiorno con i suoi problemi di sviluppo ed un nord che si è distanziato per risultati e traguardi economici raggiunti rispetto ad esso.
Quella fu una pagina che certamente va letta ed interpretata - come oggi una certa storiografia sta facendo fuori da quelli che possono essere stati convincimenti e luoghi comuni - ma dal momento in cui le truppe piemontesi considerarono i meridionali come una sottorazza (perché di questo si tratta) è nata una realtà post-unitaria in cui non soltanto la vittoria del 1915-1918 (che, come si disse, fu una vittoria mutilata), ma anche il Risorgimento e l'Unità furono mutilati. Pag. 20
Allora, non c'è dubbio che non sono semplicemente gli strumenti o le fattispecie di reato o le aggravanti che possono semplificare e risolvere i problemi. Ritengo che oggi manchi una lettura seria rispetto ai grandi temi e le grandi questioni circa le nuove povertà e le vecchie povertà, la distanza tra nord e sud ed una realtà come l'Africa che, come è certo, ha gravi problemi. Ma ci siamo interrogati sul motivo di questa esplosione di problemi?
L'Europa non ha qualche responsabilità rispetto a queste situazioni incandescenti in cui vi sono popolazioni che premono fortemente sulle nostre coste? Credo che questo sia l'interrogativo di fondo. Ma è possibile che stiamo consumando del tempo (giustamente) nei G8, nei G10 e nei G20 (e così via) senza pensare che c'era bisogno di una politica forte di integrazione che avesse certamente in Europa il suo forte punto di riferimento?
Oggi troviamo, invece, soluzioni a mio avviso approssimative che forse possono raggiungere qualche obiettivo nell'immediato, ma lasciano per intero il grande problema delle differenze fra l'Europa e gli altri, tra il mondo occidentale e gli altri, tra il progresso ed il sottosviluppo e questo credo sia il dato forte su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione.
Tutti questi aspetti, signor Presidente, non sono tenuti presenti.
Possiamo aggiornare varie leggi per quanto riguarda l'immigrazione e anche noi certamente siamo per una tutela del nostro territorio, della nostra realtà, del nostro Paese, ma certamente non ci può essere - ed è ciò che si sta avviando in questo momento - un conflitto tra civiltà e un conflitto culturale tra noi e gli altri.
Credo che questo sia un dato negativo, non è un fatto positivo. Anche gli aspetti che sono stati qui ricordati certamente ci portano ad una previsione non rosea, ma molto preoccupante ed estremamente negativa.
Ho ricordato più volte anche i nostri emigranti. Ricordo che negli anni Cinquanta vi era lo stesso dibattito in alcuni paesi dell'Europa. È stata menzionata la Repubblica federale tedesca, ma ricordo a chi dei colleghi non lo avesse presente (ma ritengo che lo rammentino tutti) il dibattito che si è svolto nella Confederazione svizzera e la xenofobia che avanzava contro gli italiani. Eppure gli italiani sia in Germania che in molti paesi dell'Europa e anche oltre oceano hanno assicurato lavoro e hanno dato sviluppo. Pensiamo, ad esempio, che la Germania e molti altri paesi si sono sviluppati nel dopoguerra grazie al lavoro dei nostri emigranti. Eppure, abbiamo seguito da ragazzi questo dibattito. Vi sono stati anche referendum per decidere se limitare o meno l'ingresso degli italiani nella Confederazione svizzera. In seguito, anche la Confederazione svizzera credo che abbia dimostrato per intero una certa maturazione.
Veniamo ai dibattiti e ai confronti di questi giorni. Oggi nasce anche un confronto forte sul respingimento. Al riguardo alcuni sono d'accordo, altri no: e ho constatato che tali posizioni sono trasversali rispetto alle varie formazioni politiche. C'è chi ritiene giusto il respingimento, affermando che con esso si rispetta il diritto internazionale. Poi c'è la CEI che dice alcune cose e c'è l'ONU che ne dice altre rispetto ovviamente ad una valutazione negativa sull'azione che si pone in essere. Soprattutto, si dice chiaramente che si negano i diritti umani, dell'asilo politico e del riconoscimento delle giuste attese ed esigenze di questi disperati.
Si apre una disquisizione di carattere giuridico. È giusto che ci sia un discorso giuridico a livello internazionale, ma esso non tiene presente che in questo particolare momento ci troviamo di fronte ad una problematica concernente i diritti umani, che vanno al di fuori e al di là delle grandi convenzioni e delle grandi dichiarazioni, e che riguardano il diritto naturale e la difesa della vita.
Questo respingimento mi ricorda quello attuato dal nostro Paese quando mandammo le navi verso i Balcani proprio per bloccare questi gommoni di disperati e ci fu la tragedia del canale di Otranto. Chi non ricorda quella tragedia? Lo speronamento Pag. 21da parte di una nave militare italiana fu un fatto fortuito certamente, non imputabile ai nostri marinai, ma fu una tragedia.
Cosa significa questo respingimento? Che senso ha nella misura in cui certamente non si accertano i diritti che debbono essere difesi e riconosciuti?
Il fatto vero è che sulle norme, signor Presidente, possiamo anche discutere. Non vengo a dire qui che è tutto male. È il dato culturale che viene fuori che mi preoccupa grandemente. È l'approccio di una vecchia Europa con la sua cultura e la sua civiltà che mi inquieta moltissimo.
Si fa riferimento, come ho sentito in questi giorni, al fatto che questo respingimento rientri in fondo negli accordi con la Libia di Gheddafi. Noi abbiamo votato contro il Trattato con la Libia. Ma fin quando durerà questo accordo con Gheddafi?
In fondo qualcosa ha funzionato con i Balcani e con l'Albania qualche anno fa e c'è stato un maggiore controllo rispetto ai flussi migratori dalle coste albanesi verso l'Italia. Tant'è vero che stiamo vedendo i segnali con la vicenda della nave Spica, con i problemi con Malta e con la Libia che dice con molta chiarezza: i nostri centri stanno scoppiando. Anche con Gheddafi - che noi conosciamo per precedenti atteggiamenti, conversioni e riconversioni - credo che questo accordo tenga forse nel momento in cui stiamo parlando, per qualche giorno ancora, ma ci sono grossi temi e grosse questioni che riguardano questa problematica.
Ci sono temi che devono riguardare noialtri, lo debbo dire signor Presidente, con estrema tranquillità, signor sottosegretario. Io sono fra coloro che non chiede, ad esempio, soltanto un aumento della quantità delle forze dell'ordine, questo non è sufficiente, non basta. Fino alla noia faccio sempre riferimento alla legge n. 121 del 1981, che è stato un grande appuntamento mancato.
Noi avevamo bisogno di un controllo serio sul territorio, tant'è vero che la legge n. 121 del 1981 prevedeva un coordinamento, una direzione generale della pubblica sicurezza, un coordinamento da parte della pubblica sicurezza, e anche sulle piazze doveva esserci il commissario della pubblica sicurezza che aveva le sue responsabilità. Tale legge aveva anche previsto la qualifica di ispettore per dotare le nostre forze dell'ordine e la polizia di Stato di una struttura di intelligence e di investigazione. Tutto questo non c'è stato, e non c'è neanche la formazione, nella maniera più assoluta.
Ritengo che possiamo chiedere più soldi, ma il problema è l'impiego e la modalità della loro utilizzazione, con l'ottimizzazione delle risorse umane e materiali. Questo non avviene nemmeno nella lotta contro la criminalità organizzata dove vi è una frantumazione degli organismi preposti al contrasto e alla lotta alla criminalità organizzata (mi riferisco ai reparti speciali, SCICO, SCO, ROS), e non c'è tra di loro un coordinamento; lo ripeto ancora una volta: non vi è un coordinamento tra questi reparti speciali e le forze dell'ordine di appartenenza. Figuriamoci se c'è un coordinamento e un rafforzamento di integrazione tra le forze dell'ordine.
Ci sono le quantità, bisogna capire come sono impiegate, dove vanno impiegate, con quale razionalizzazione vanno impiegate. Riusciamo a controllare il territorio e a presidiarlo semplicemente con le stazioni dei carabinieri?
I carabinieri fanno per intero il loro dovere, ma la struttura e l'articolazione delle piccole stazioni dei carabinieri certamente non consente di assolvere a quel compito che il legislatore aveva assunto come istituzionale.
Ho un'altra considerazione da aggiungere: nel momento in cui l'Arma dei carabinieri è stata elevata al rango di quarta forza armata ciò ha dissipato risorse sul piano professionale, come dicevamo quando abbiamo discusso di questo provvedimento e abbiamo parlato dei pericoli insiti in esso. Ritroviamo tutto ciò per intero rispetto alle difficoltà che esistono anche all'interno dell'Arma dei carabinieri, al di là della capacità dei suoi ufficiali, del suo comandante generale, dei Pag. 22suoi uomini. Vi è un'assuefazione molte volte, tant'è vero che alcune stazioni dell'Arma dei carabinieri hanno un orario uguale a quello dell'ufficio postale (ad una certa ora si chiude), e poi ci sono stazioni con due o tre persone.
Come possiamo allora dire di avere un controllo perfetto del territorio ed un'integrazione?
Ritengo che ognuno di noi che ha un'esperienza (vorrei dire un'età) ricorda che cosa erano le stazioni guidate dagli appuntati anziani quando non c'erano i sottufficiali, dai vicebrigadieri, dai brigadieri e dai marescialli; oggi, invece, abbiamo anche previsto i marescialli con una striscia soltanto, ordinari, che sono ragazzi che non provengono da un'esperienza analoga e, soprattutto, da una maturazione e da un processo di conoscenza e di servizio: questo è un dato.
Noi ci opponiamo, come abbiamo fatto presentando una serie di emendamenti, a questa associazione di volontari che è prevista da una norma che, come ho già detto, rispetto a quella contenuta nel testo dal quale poi fu tolta è peggiorativa. Forse è perché siamo anziani, signor sottosegretario (lei è un ragazzo, in realtà, ho detto «siamo» per un convincimento e per tentare di attutire il trauma del peso degli anni per quanto mi riguarda), ma io sono perché la sicurezza sia in testa allo Stato poiché gli unici elementi unificanti sono la giustizia, la sicurezza e l'economia in un Paese dove si tenta anche di scardinare l'unità attraverso i processi di federalismo, su cui noi abbiamo espresso un voto contrario.
È facile, infatti, votare contro o dire di votare contro, e poi essere a supporto di una certa maggioranza di Governo; qui ci vuole coerenza da parte di tutti, noi abbiamo votato contro perché surrettiziamente si va a scardinare una visione unitaria all'interno del nostro Paese.
Noi siamo contro le ronde per i motivi che sono stati espressi anche dalla collega Garavini e per un concetto che ripeto perché è vero: le associazioni di volontari rischiano di essere appannaggio della criminalità organizzata, come accadde dopo l'entrata a Napoli di Garibaldi, quando l'ordine pubblico era gestito dalla camorra, e quando in occasione dello sbarco degli angloamericani ci fu il sostegno da parte della criminalità organizzata e della mafia.
Queste cose le sanno tutti ed è inutile poi dire che dobbiamo creare delle contro spinte ai processi degenerativi che riguardano le grandi opere pubbliche, il terremoto, la ricostruzione dell'Abruzzo, il Ponte sullo Stretto di Messina.
Qui c'è questo pericolo, è oggettivo, perciò formulo una proposta che certamente non può essere estrinsecata attraverso emendamenti. Tra l'altro, visto e considerato che volete proprio costituire queste associazioni di volontari (che poi dovrebbero chiamare non si sa chi perché si parla di centrale e poi di intervento rapido), vorremmo capire come sono organizzate queste forze dell'ordine e se tutto il meccanismo può funzionare.
Tornando alla proposta, considerato che ci sono agenti e carabinieri che vanno in pensione giovani perché colpiti dai limiti di età, come si suol dire oggi, e che questi sono legati alle istituzioni per senso del dovere, per cultura, per senso di responsabilità e di attaccamento, per amor di patria (come amo dire in questo particolare momento), ma perché non abbiamo pensato minimamente di tenere per due anni ancora i pensionati, di inserirli in un elenco particolare e, quindi, di prevedere anche un'organizzazione a latere, di supporto?
Credo, invece, che le associazioni di volontari rappresentino un pericolo e perciò diamo un'idea, un contributo.
Così come io cerco di dare un contributo alle «norme spesa» per le forze dell'ordine. Mi chiedo perché non creiamo, signor sottosegretario, la stazione unica appaltante per le forze dell'ordine affinché il vestiario, gli strumenti, le macchine e tutti i beni utili per il servizio siano in testa soltanto ad un'autorità. Ciò fu fatto soltanto una volta in una certa legge, ma i carabinieri non furono d'accordo e per quell'anno lo si fece soltanto per la guardia di finanza e per la polizia di Stato. Pag. 23
Signor sottosegretario alla giustizia, noi poniamo questo contributo, che può servire certamente anche alla polizia penitenziaria visto che è ormai polizia. La polizia penitenziaria, infatti, nella mia esperienza di Governo mi chiese di operare anche sulle strade come polizia stradale. Io da Viceministro accettai quando gestivo quel provvedimento di legge. Ma noi abbiamo la polizia penitenziaria, la guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato, la polizia di Stato, i carabinieri e per alcuni versi vi è la guardia costiera e la capitaneria di porto. Vi è, inoltre, tutta una realtà varia relativa ai vigilantes anche armati - perché sono corpi armati - che rappresenta una platea enorme su cui certamente dovremmo ulteriormente riflettere rispetto ai grandi problemi. Io sono fortemente contrario alle ronde.
Signor Presidente, voglio dire qualcosa sull'antimafia. Ho visto che è stato accolto il nostro emendamento fatto proprio per addivenire ad una sollecitazione che ci sembrava giusta da parte del Procuratore nazionale antimafia - dottore Grasso - relativamente all'azione d'impulso e di coordinamento. Tuttavia, vi siete posti, in quanto di vostra competenza, il problema del funzionamento del Procuratore nazionale antimafia? Vi siete chiesti il motivo di questo emendamento e la sua rivisitazione? Certamente avrei avuto piacere se l'accoglimento da parte del Governo fosse stato dovuto ad un'adesione da parte di un partito dell'opposizione, ma non è stato così, anche se il nostro emendamento coincide con una volontà che ha preso corpo, si è dilatata, è stata recepita, metabolizzata e quindi storicizzata.

PRESIDENTE. La prego di concludere onorevole, le manca un minuto.

MARIO TASSONE. Veramente voi pensate che la Direzione nazionale antimafia possa andare avanti così, senza nessun tipo di coordinamento e di potere reale relativamente ai rapporti con la DIA e le procure ordinarie? Questi sono grandi problemi.
Signor Presidente, volevo concludere in questi termini. Certamente vi sono i problemi anche in Calabria, vi è il Centro Sant'Anna dove sorge anche un centro di pronta accoglienza gestito bene anche dalla Misericordia. Vi sono problemi di integrazione e di adattamento su cui avremmo dovuto operare. Pensare e immaginare, infatti, l'aumento da due a tre-quattro anni e creare alcune fattispecie di reato non ci porta da nessuna parte. Abbiamo negato i diritti umani anche se alcuni aggiustamenti sono stati fatti e anche se permane questa esigenza di avere un documento - il permesso di soggiorno - per quanto riguarda l'anagrafe. I nostri migranti per alcuni versi sono dei fantasmi e credo che ciò non si ponga nel senso e nel segno di una storia di civiltà di questo Paese. Quest'ultimo dovrebbe dare supporto e trasferire la sua forte storia in termini diversi e non chiudersi in un rettangolo a difesa certamente non del progresso, bensì di una miopia e di un arretramento che non ci porta da nessuna parte (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Livia Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, vorrei anzitutto sottolineare - lo faccio con molta tristezza - il grave danno che arreca al nostro Paese questo modo di legiferare su un tema delicato, rilevante e complesso come quello dell'immigrazione, basato sull'improvvisazione, sulla clava dell'ideologia, sul ricorso sistematico alla manipolazione della realtà, sulla paura del confronto. D'altra parte, ricorrere a un maxiemendamento e al voto di fiducia è l'espressione di una profonda sfiducia nei confronti del Parlamento e dei parlamentari, compresi quelli della vostra stessa maggioranza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,25)

LIVIA TURCO. Vorrei anche sottolineare il danno che questo provvedimento ha già arrecato al nostro Paese. Il dibattito Pag. 24che lo ha accompagnato ha già aumentato l'incertezza, la precarietà e la paura nel nostro Paese, perché l'incertezza e la precarietà si alimentano anche con l'immagine di persone che muoiono nel mare. La precarietà, l'incertezza, l'insicurezza e la paura si alimentano facendo credere che siamo invasi dagli immigrati, mentendo sapendo di mentire, perché la fragilità, l'incertezza e la precarietà si accrescono, come avete fatto voi con questo provvedimento, aumentando la fragilità di chi è in difficoltà, di chi è più fragile. Sono già tanti gli immigrati, persone per bene, che contribuiscono a far stare meglio le nostre famiglie, che si sono allontanati dal Servizio sanitario pubblico, soltanto perché hanno sentito dire che se si avvicinano a quel Servizio sanitario pubblico, che dovrebbe essere loro amico e garantire loro le cure essenziali, è invece luogo nemico e di denuncia. Avete già sortito questo risultato, con l'annuncio e con la battaglia che questo provvedimento ha comportato nel Paese. Credo sia dovere di ciascuno di noi qui presente ringraziare i medici italiani, che, in nome di scienza e coscienza e della loro deontologia, hanno contribuito a respingere questo grave provvedimento.
Questo provvedimento ha già creato dei danni e questo modo di legiferare continuerà a provocarne. Voglio sottolineare e soffermarmi su un emendamento che abbiamo presentato, uno dei tanti: l'emendamento soppressivo dell'articolo 21 del disegno di legge, che prevede il reato di ingresso e permanenza illegale sul territorio dello Stato.
Nel motivare la ragione per cui abbiamo proposto l'abrogazione di questo articolo 21, non mi rifaccio ad opinioni personali, ma alle opinioni di quei giuristi, di quegli operatori del diritto, di quei medici, di quegli operatori sociali, di quelle associazioni, che ogni giorno dedicano un po' del proprio tempo ad affermare i diritti e la civiltà nel nostro Paese.
Il disegno di legge introduce all'articolo 21 un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato. Con il reato di immigrazione clandestina il fulcro del giudizio penale si sposta dal fatto all'autore, con conseguente rottura dell'equilibrio politico-criminale imposto dalla dimensione costituzionalmente orientata del diritto penale, in cui, come è noto, il disvalore oggettivo segna un'antecedenza assiologica rispetto al disvalore soggettivo, costituito dai criteri personali dell'imputazione di responsabilità. Questo commento è stato espresso nel parere della giunta dell'Unione delle camere penali del 4 giugno 2008, con riferimento all'aggravante di clandestinità introdotta con il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, ma estensibile alla previsione dell'immigrazione clandestina come reato.
Il reato di clandestinità uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi entrato regolarmente, ma si è trattenuto in Italia più del consentito, pur senza aver mai disobbedito ad un provvedimento di espulsione; accomunate tutte le posizioni di soggiorno irregolare. Diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differenziato la badante che lavora onestamente da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini.
Inoltre, lo Stato sarà costretto a celebrare con un'inutile spesa decine di migliaia di processi che si concluderanno, in caso di condanna, con la comminazione di una sostanziosa pena pecuniaria, di fatto inesigibile, a carico di persone non abbienti, che non di rado sono giunte nel nostro Paese sospinte da necessità gravi, spesso anche a rischio della loro vita; questo è il commento del documento unitario di tutte le associazioni cattoliche e laiche che ogni giorno si misurano con gli immigrati, con le persone in carne ed ossa, e lo fanno in nome di quei diritti, di quei valori scritti nella nostra Costituzione.
I migranti per timore di essere denunciati con conseguenze di rilievo penale, saranno indotti a sottrarsi al contatto con tutti gli incaricati di pubblico servizio, in qualunque ambito, innescando un'allarmante situazione di compromissione dei diritti fondamentali. Il timore di avvicinarsi Pag. 25a ogni tipo di servizio pubblico escluderebbe dall'accesso alla assistenza ai diritti soprattutto le fasce più deboli della popolazione migrante, quali le vittime di tratta, i minori e le altre persone vulnerabili, e ne sarebbero probabilmente colpiti anche coloro che hanno una situazione di soggiorno regolare, ma precaria. Ad esempio, per sottrarsi al pericolo di denuncia da parte dell'ufficiale di stato civile, il genitore straniero privo di permesso di soggiorno potrebbe evitare di registrare la nascita del figlio, o di perfezionare il procedimento di riconoscimento dello stesso, e a causa del mancato riconoscimento potrebbero aprirsi procedure di adottabilità di questi minori con conseguenze anche gravi sul diritto del minore, universalmente riconosciuto a vivere, e a crescere, insieme alla propria famiglia. Oppure potrebbero verificarsi delle situazioni in cui la madre, consapevole del rischio della denuncia, sia indotta a partorire in casa, con evidenti rischi per la salute sua e del nascituro. Proprio l'ambito socio-sanitario-assistenziale è particolarmente sensibile. Infatti, il rischio di denuncia creerebbe tra gli immigrati privi di permesso di soggiorno e bisognosi di cure mediche una reazione di paura che ne ostacolerebbe l'accesso alle strutture sanitarie.
Questo provvedimento oltre ad aggravare di un ulteriore peso l'apparato giudiziario, con l'introduzione del reato di soggiorno illegale, sembra smentire la direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio, ancor prima di una sua attuazione in Italia. Tale direttiva, infatti, privilegia il rimpatrio volontario dello straniero prima dell'applicazione della misura dell'allontanamento coattivo, prevedendo di non applicare tale possibilità solo agli stranieri per i quali il rimpatrio sia sanzione penale o conseguenza di una sanzione penale. Si tratta delle ragioni che hanno posto alla nostra attenzione di parlamentari, associazioni come Amnesty International, l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, il Consiglio italiano per i rifugiati, Medici senza frontiere, la Società italiana di medicina delle migrazioni, ovvero tutte quelle voci che il Parlamento, e il Governo, avrebbero dovuto ascoltare e che ci sottolineano i pericoli che porterà l'introduzione del reato di clandestinità che avete scritto e confermato nel maxiemendamento. Per questo insistiamo sul nostro emendamento abrogativo della norma che rappresenta il fulcro del vostro provvedimento, così come insistiamo sull'emendamento riferito all'articolo 42 che rappresenta un altro dei paradossi introdotti dalla vostra legislazione, un'altra di quelle norme che hanno già creato precarietà, incertezze e insicurezza soprattutto negli strati sociali più deboli. Voi addirittura avete messo in allarme le persone che stanno di più ai lati della nostra società, come le persone senza fissa dimora e i più poveri. Mi riferisco all'articolo 42 del testo che vogliamo abrogare, che prevede sia per i residenti italiani, sia per quelli stranieri regolarmente soggiornanti, il divieto di iscrizione anagrafica in mancanza della disponibilità di un alloggio dotato di idonea certificazione dei requisiti igienico-sanitari.
Poi, in qualche modo, avete introdotto il principio che i poveri nel nostro Paese non hanno identità. Il furore ideologico contro gli immigrati vi porta a colpire le fasce più deboli della popolazione perché questo è in qualche modo inevitabile. Quando si pratica il diritto diseguale poi si colpiscono non soltanto quelle persone che si vogliono colpire; il diritto diseguale produce degli effetti perversi. In questo caso voi producete il principio che si colpiscono i più deboli, introducete il principio che i poveri non hanno identità. Vi suggeriamo di andare a vedere i dati ISTAT sulle abitazioni delle nostre famiglie, delle famiglie italiane. Vi sono dei dati sconcertanti, dati che dicono che le famiglie che rischiano di non avere quei requisiti che voi qui prevedete per poter avere l'accesso all'anagrafe sono tante, e allora l'effetto è che rischiano di vedersi private della propria identità e di ciò che comporta l'accesso all'iscrizione all'anagrafe in termini di diritti sociali, di diritti alla salute, e anche di diritti politici. Pag. 26
Voglio concludere con un'ultima considerazione. Il governo dell'emigrazione, come di tutti gli altri aspetti della nostra vita civile ma ancora di più data la sua delicatezza e complessità, si misura dai risultati che si ottengono. Ebbene, è singolare come questo Governo stia legiferando prescindendo totalmente da una valutazione dei risultati della sua azione di governo di questo ultimo anno. È un anno che siete al Governo e in questo anno la vostra azione ha prodotto esattamente quello che voi dite di voler combattere, cioè l'aumento della clandestinità, l'aumento degli sbarchi, l'aumento dell'immigrazione irregolare. Questo è il dato incontestabile, confermato dalle cifre del Ministero dell'interno, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e dalle nostre aziende. È aumentata l'immigrazione clandestina, sia essa costituita dagli sbarchi, sia essa costituita dalle persone che sono entrate regolarmente, ad esempio con un visto turistico poi scaduto, oppure con un regolare permesso di soggiorno scaduto che non riescono a rinnovare. Oppure mi riferisco alla clandestinità che è prodotta dal fatto che avete bloccato l'ingresso regolare per lavoro. Allora, a fronte di questo risultato così difforme rispetto a quello che voi vi ripromettete, rispetto ad un risultato così fallimentare ben diverso avrebbe dovuto essere l'atteggiamento del Governo, ma anche delle forze politiche che sostengono il Governo. È quello cioè di aprire finalmente sul tema dell'immigrazione un dibattito pacato, serio, che guardi ai fatti, che chieda la collaborazione tra le forze politiche. Infatti noi sulla base dell'esperienza politica diciamo che sarebbe un grande passo in avanti, sarebbe davvero un segnale di un Paese normale, se finalmente sul tema dell'immigrazione la si smettesse con le contrapposizioni ideologiche e si considerasse tale tema invece come una grande questione che appartiene al Paese, al bene comune, e si cercassero le convergenze a partire dalla valutazione dei fatti. Invece, voi scegliete ancora una volta di affidarvi all'ideologia. Anziché governare, utilizzate l'immigrazione come un megafono per lanciare dei messaggi che alimentano la paura, l'insicurezza e la precarietà, ma la forza dei fatti s'imporrà, e la forza dei fatti è che questo Paese sta cambiando grazie agli immigrati. Noi non soltanto abbiamo bisogno degli immigrati nelle nostre famiglie e nelle nostre aziende, ma nei nostri comuni, nei nostri quartieri, nelle nostre scuole, anche quelle che hanno vissuto il conflitto con gli immigrati. Gli italiani stanno imparando che mescolati si vive meglio, e questo è un punto di non ritorno, questo è un aspetto della realtà che voi, con la vostra ideologia e con i vostri proclami non riuscirete a mettere in discussione, semplicemente ostacolerete e renderete molto più faticoso.
E poi, per favore risparmiateci il richiamo all'Europa, perché l'Europa va presa tutta insieme. L'Europa è quella del contrasto all'immigrazione clandestina, ma l'Europa è anche quella che dice che l'integrazione è essenziale per promuovere sicurezza, ed è anche quella che parla dell'emigrazione come la prosperità.
È quella che chiede a tutti i Paesi di costruire un rapporto con l'Africa e di rilanciare la cooperazione, l'approccio globale, la multilateralità, elementi che voi avete totalmente abbandonato e che, anzi, irridete. Quindi, per favore, risparmiateci il richiamo dell'Europa o, se lo fate, ricordate anche l'articolo 3 della Convenzione di Ginevra sui diritti umani. Ricordate la Convenzione europea sui diritti umani perché, altrimenti, fareste un richiamo che suonerebbe alquanto stonato. Eppure noi abbiamo bisogno di Europa perché soltanto con una politica europea si riuscirà a governare l'immigrazione ma proprio tale politica europea parla di diritti, di cooperazione, di partenariato, di integrazione e soltanto in questo modo riusciremo a dare sicurezza, stabilità, serenità al nostro Paese. Di certo non con l'introduzione del reato di immigrazione clandestina che ci esporrà alla beffa di vedere persone che hanno rischiato la loro vita per uscire dalla povertà, dover pagare un'ammenda da cinquemila a diecimila euro come voi chiedete. Davvero tra un anno ci vedremo qui e dovremmo dire dei Pag. 27vostri fallimenti. Dovremmo dire che non soltanto l'immigrazione clandestina è aumentata ma che l'articolo 21, il reato di immigrazione clandestina oltre che incivile e disumano, sarà anche una beffa perché inapplicabile. Sì, tra un anno ci vedremo qui e con i dati di fatto diremo quanto questa misura, oltre che incivile e disumana, è anche inapplicabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà per trenta minuti.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, io sono stato magistrato, mi sono sempre speso per la legalità e per la sicurezza; ho scelto di militare nell'Italia dei Valori perché questi sono valori che noi pratichiamo, nei quali crediamo e per i quali ci battiamo. Ma ci battiamo anche per un'altra cosa: non ci piacciono le ipocrisie e non ci piacciono le finzioni. Oggi stiamo facendo un dibattito finto; dovremmo parlare di emendamenti che non potremo esaminare. Dovremmo illustrare in questa sede emendamenti che non potremo votare.
Per questo noi non illustreremo gli emendamenti, ma faremo un'operazione di verità cioè sveleremo i trucchi che ci sono in questa procedura, in questo procedimento parlamentare, in questo provvedimento legislativo. Per tale ragione, proprio perché non ci piacciono e non mi piacciono le finzioni, a nome dell'Italia dei Valori questa mattina ho inviato una lettera alla presidente della Commissione giustizia, con la quale ho giustificato e motivato la mia diserzione della Commissione in occasione del Comitato dei nove perché quel Comitato dei nove, a sua volta, era una finta.
Ci si chiedeva a noi, opposizione, di prendere atto di scelte oramai irreversibilmente fatte dal Governo. Noi saremmo dovuti andare lì soltanto a fare i semplici spettatori, i «convitati di pietra» di decisioni oramai assunte in altre sedi. Abbiamo detto «no», ho detto «no» e ho motivato politicamente la mia diserzione di quella finzione, che sia pure ammantata sotto una legittimità regolamentare era politicamente una sconcezza.
Quindi anche oggi noi non cadremo nella suggestione di illustrare emendamenti che non potranno essere posti in votazione così come gli articoli. Per tale ragione facciamo - come dicevo - un'operazione di verità: quella che Italia dei Valori continuamente cerca di fare. L'operazione di verità è la seguente: chiederci anzitutto per quali ragioni il Governo ha voluto porre non una ma tre questioni di fiducia. Passi il dato tecnico, cioè la divisione di un provvedimento che evidentemente come è stato indirettamente riconosciuto costituiva un affastellarsi di norme, una dietro l'altra. Passi l'aspetto della razionalizzazione tecnica.
Ma vi è un dato politico che vogliamo svelare, non certo ai 15 parlamentari oggi presenti, ma a tutti coloro i quali, per ipotesi, stessero ascoltando questa seduta dell'Assemblea. A loro vogliamo ricordare che il Governo ha posto la questione di fiducia non contro l'opposizione: infatti, il numero è talmente soverchiante e preponderante che non hanno certo paura dei numeri, se tutti vengono (cosa che non sempre capita). Hanno posto la questione di fiducia contro se stessi; una parte della maggioranza ha preteso che venisse posta la questione di fiducia contro un'altra parte della maggioranza, della tenuta della quale la prima parte non era molto sicura.
Fuori dalle metafore e parlando con nomi e cognomi, noto che la posizione della questione di fiducia è stata pretesa dal Ministro Maroni, il quale ha detto chiaramente: «Questa volta non mi fregano, questa volta non voglio scherzi». Allora, proprio per evitare scherzi, che possono venire non da noi - che avremmo comunque votato contro, ma avremmo avuto anche la possibilità di votare a favore di quelle poche disposizioni, sulle quali eravamo d'accordo, cosa che la posizione della questione fiducia ci sottrae - questa fiducia è stata posta contro quella parte della maggioranza che, di fronte ad un voto segreto su questioni di diritti, avrebbe fatto prevalere il proprio sentimento Pag. 28di umanità, che pure è presente in qualche parte della maggioranza, e ciò avrebbe potuto rischiare di non far passare alcune norme alle quali la Lega Nord teneva in modo particolare. Questa è una pretesa, un ricatto fatto dalla Lega Nord alle altre parti della maggioranza per costringere la maggioranza stessa, attraverso la fiducia al Governo e attraverso la minaccia della caduta del Governo, ad ingoiare e digerire anche norme assolutamente indigeste.
Ma vi è un altro aspetto della sconcezza che si sta verificando ed è rappresentato dal seguente dato: quell'altra parte della maggioranza, nei confronti della quale la Lega ha voluto esercitare un ricatto; ha detto: Bene, tu mi ricatti su questo, allora io ti ricatto su un altro provvedimento; cioè tu devi accettare che venga posta la questione di fiducia, a scanso della caduta del Governo, sul disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, certamente ancora più indigeribile di quello in esame; un provvedimento, quindi, sul bavaglio all'informazione.
Ecco come sta procedendo questa maggioranza. È una maggioranza che è spaccata su tutto, una maggioranza che trova il componimento, se così si può dire, nel compromesso, nel fatto di scambiarsi reciprocamente ricatti, con la conseguenza che una sconcezza non viene eliminata da una cosa positiva, bensì ad una sconcezza se ne aggiunge un'altra sotto un altro versante.
In questo modo voi della maggioranza e del Governo (che non siete presenti: è presente solo il sottosegretario Caliendo, lo dico per chi ci ascolta), state umiliando voi stessi innanzitutto, perché state procedendo a ricatti reciproci, state umiliando il Parlamento e state umiliando i cittadini italiani, ai quali l'Italia dei Valori vuole, ancora una volta, fare un discorso di verità e dire di fare attenzione a quello che sta accadendo in questa maggioranza. Essa è divisa su tutto, per fortuna presenta ancora qualche voce che si oppone allo strame dei diritti, ma attraverso questo gioco di ricatti reciproci e attraverso questo gioco della fiducia, non votando la quale cade l'intero Governo, voi sta davvero dando uno schiaffo al Parlamento e sta dando uno schiaffo anche ai cittadini italiani.
Con riferimento al provvedimento in oggetto tutto si può dire, fuorché sia un provvedimento che garantisce la sicurezza. Non entrerò nel merito delle singole disposizioni, se non in una parte finale del mio intervento, tuttavia svolgerò delle considerazioni di carattere generale, che noi dell'Italia dei Valori non abbiamo mancato di avanzare in Commissione e in qualunque circostanza ci fosse consentito di parlare, di scrivere e di presentare proposte emendative.
Il provvedimento in discussione non soddisfa due condizioni che voi stessi avete posto a fondamento dello stesso. Innanzitutto, non soddisfa la pietas. È un provvedimento profondamente ingiusto ed immorale, che va contro la dignità delle persone, che conculca il diritto di ogni essere umano a ricevere un trattamento dignitoso e ad avere riconosciuti i diritti fondamentali della persona. In un precedente provvedimento - e lo avete confermato malgrado i nostri emendamenti - avete inserito l'aggravante dello stato di clandestinità. Sarebbe come dire che vi è un'aggravante, se una persona ha i capelli bianchi (come me), oppure se è bassa al di sotto dell'1,70 metri (come sono io). È un'aggravante che si riferisce non al fatto, ma allo status della persona: una previsione assolutamente anticostituzionale, che la Corte costituzionale, ci auguriamo, spazzerà via.
Attraverso questo provvedimento avete inserito una norma impossibile, cioè quella che riguarda l'inserimento del reato di immigrazione clandestina. Una norma impossibile che serve soltanto a realizzare un effetto: costituire come spioni tutti i pubblici dipendenti che vengono a contatto con una persona che non ha il permesso di soggiorno aggiornato. Ciò per qualunque ragione, dalla salute, all'istruzione, alla cura e, persino, alla morte, in quanto viene vietato l'accesso agli atti di stato civile, al matrimonio, ai diritti fondamentali della persona che non possono Pag. 29essere negati a nessuno e per nessuna ragione formale al mondo, come dicono tutte le convenzioni internazionali.
È un provvedimento che non soddisfa la pietas, dunque. È per questa ragione, che contro di esso si sono appuntati, in modo particolare, gli strali delle maggiori organizzazioni di volontariato, anche delle organizzazioni ecclesiastiche, di quelle organizzazioni che tutti i giorni hanno a che fare con le persone in carne ed ossa, che vivono quotidianamente i problemi della povertà, della sopraffazione e della persecuzione, che li hanno portati ad andare via dai loro Paesi. Si tratta, quindi, di un provvedimento indecente, che punisce chi è già debole e coloro i quali disperatamente cercano un luogo dove poter essere trattati da uomini, come la loro originaria dignità richiede.
È un provvedimento che non soddisfa neppure la securitas, che rappresenta, invece, il core business che viene propalato a suo fondamento. Non lo fa per la semplice ragione che si cercano dei succedanei alla sicurezza. Ho sempre saputo, anche per la mia esperienza personale, e ho sempre constatato che la sicurezza si realizza attraverso le strutture dello Stato, quelle deputate da esso, rappresentate dalle forze dell'ordine. Sono le forze dell'ordine che in fase di prevenzione e di repressione hanno il compito di rappresentare lo Stato in una sua funzione sovrana come la sicurezza.
Voi della maggioranza non solo non potenziate queste strutture, questi ordinamenti e queste energie ma, addirittura, li umiliate e li depotenziate.
Voi state pensando ad un modello di sicurezza diverso da questo, assolutamente alternativo, un modello di sicurezza basato sullo «sceriffismo», sulle ronde e basato anche, in parte, su alcuni giovani dell'esercito che, a titolo puramente decorativo, fanno una passeggiata per qualche via. In questo modo, però, voi non solo umiliate le forze dell'ordine, ma sottraete loro i fondi e le risorse loro necessarie per svolgere una funzione essenziale. Voglio, allora, chiedere: come contrastate la criminalità organizzata, con le ronde e con gli sceriffi locali? Piuttosto, non va contrastata, in quanto forma organizzata nazionale e supernazionale, con le strutture dello Stato a ciò deputate, che possono agire anche su un piano di collegamento internazionale attraverso l'Interpol, ad esempio? Un tempo pensavate di avere occupato militarmente il territorio delle forze dell'ordine e vi illudevate che una gran parte di esse facessero riferimento a voi: ora vi si stanno rivoltando contro e fanno bene, hanno ragione, perché non solo lavorano per la propria dignità, ma anche per la sicurezza dello Stato.
In maniera petulante e insistente, tutti voi della maggioranza che non eravate d'accordo siete stati costretti a subire questo ricatto e chi ne pagherà le conseguenze sarà la nostra collettività, la cui insicurezza aumenterà. Non sarà certo questo provvedimento - che si dice essere un provvedimento sulla sicurezza - ad accrescerla e i cittadini se ne accorgeranno.
Sono queste le ragioni per le quali l'Italia dei Valori voterà convintamente contro queste fiducie che avete posto non nell'interesse degli italiani, ma come collante di una maggioranza che, ormai, sembra non esserci più.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà per quindici minuti.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, come è stato ricordato dai colleghi, questa decisione da parte del Governo di procedere per maxiemendamenti su una materia come la sicurezza - che dovrebbe essere materia principe del confronto tra le forze politiche, del confronto parlamentare, del confronto costruttivo e della maggiore condivisione possibile delle misure - è il segno di una chiusura autocratica e di una indisponibilità che certamente non fa onore al Governo e alla maggioranza e che rende meno efficaci le politiche di sicurezza che i cittadini, giustamente, pretendono dal Parlamento e dal Governo nazionale.
È una decisione che - paradossalmente, proprio in materia di sicurezza - Pag. 30è figlia della insicurezza della maggioranza che vuole sottrarsi ai voti segreti, come ormai è stato ampiamente riscontrato e anche pubblicamente ammesso. Essa è, cioè, insicura di se stessa proprio nel momento in cui propone politiche roboanti in materia di sicurezza per i cittadini.
I temi, tuttavia, sono molto delicati e sarebbe giusto sottrarli al gioco delle polemiche faziose; sono temi molto complessi, perché riguardano i nodi centrali della nostra società, in particolare il tema della convivenza con gli immigrati, il tema della società multietnica e il tema del contrasto della criminalità nel rispetto però dei diritti umani e della legge.
Sembra innegabile la Weltanschauung di questi provvedimenti e di queste misure, che solo in parte vengono corretti dai maxiemendamenti del Governo. È vero che sono stati eliminati i medici e i presidi spia, ma restano esattamente tutto l'impianto e tutta la filosofia propri della Lega Nord, in modo particolare.
Non possiamo dimenticare, infatti, che accanto al testo normativo c'è il contesto, che è fatto dalla solita propaganda leghista - solo in parte giustificata dall'occasione elettorale -, xenofoba e razzista, confermata da battute veramente difficili da elevare a butade, come quella del collega Salvini di pochi giorni fa, con la pretesa di riservare ai milanesi posti sui tram o sui metrò, con manifesti sui muri delle città che ancora vogliono configurare il popolo italiano come una riserva indiana invasa dallo straniero. Non è con questi toni o con questi argomenti che si possono governare le complessità e i problemi che pur ci sono, ovviamente, nella convivenza e nella trasformazione della società che diventa multietnica.
Il Premier Berlusconi ha voluto giocare al rialzo e, nelle ore scorse, ha affermato che mai l'Italia sarà un Paese multietnico. Si tratta di un'affermazione davvero azzardata, perché le cifre confermano tutt'altro, ovvero il bisogno di immigrazione, sia pure per quote controllate, per l'economia, la siderurgia, l'agricoltura, l'edilizia, l'assistenza sociale e naturalmente l'assistenza nelle famiglie, come dimostra il numero di 700 mila badanti.
Forse il Premier voleva dire che non vogliamo arrenderci al declino e all'abbandono dell'identità culturale nazionale, ma, allora, riguardo a questo condivisibile argomento - perché è chiaro che abbiamo a cuore l'identità e la cultura nazionale italiane e il rispetto dei valori costituzionali e di ispirazione cristiana, che è largamente diffusa e connotativa della nostra società -, il miglior compagno di viaggio non è certo la Lega, che di questa identità nazionale ha fatto strame che usa come oggetto per una denigratoria campagna, a partire dall'uso del vessillo da parte del suo Premier, e così via.
Non possiamo insomma, in questo contesto, prestare la giusta attenzione al testo normativo, che ha ricevuto alcuni miglioramenti, ma pur sempre con un metodo inaccettabile. Avremmo voluto avere la possibilità di intervenire su tante questioni per integrarle e migliorarle. Abbiamo presentato, come gruppo dell'UdC, alcuni emendamenti per scoraggiare il porto d'armi. Sappiamo come a Roma circolino sempre più bande armate di coltelli e come i dati siano, francamente, sconfortanti al di là delle parole della propaganda. In Italia, nell'ultimo anno, sono ben più che raddoppiati gli sbarchi clandestini rispetto al 2007. Ci sono, tuttavia, fenomeni, come gli accoltellamenti a Roma, che destano una preoccupazione che, purtroppo, le parole e anche le politiche del sindaco Alemanno, qualche volta speculative in periodo elettorale, non riescono ad arrestare.
Abbiamo proposto emendamenti utili in molti campi. Sul terreno del contrasto alla criminalità mafiosa negli appalti, giudicando non del tutto sufficienti le misure presenti; avevamo proposto un potere sospensivo da parte dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nei confronti, per esempio, di gare che non vengono svolte e che rappresentano il contesto nel quale l'infiltrazione mafiosa meglio può manifestarsi. Avevamo proposto anche una sezione Pag. 31speciale per quel che riguarda l'Expo, riguardo al quale esiste una preoccupazione diffusa.
Tutti questi miglioramenti, tuttavia, si infrangono sulla scelta di porre la questione di fiducia.
Non dovrebbe sfuggire al Premier né a nessun altro in quest'Aula qual è il contesto, ossia quello ricordato da un autorevole quotidiano economico italiano e fotografato da pochi numeri: gli immigrati regolari in Italia sono 3.561.000 e quindi hanno superato abbondantemente il numero degli stessi dipendenti pubblici e le 700 mila badanti sono superiori numericamente all'intero personale della sanità pubblica.
Non credo che su questi temi si possano proporre solo argomenti quali quello del respingimento al di sopra di ogni altra complessità. Sono state espunte le norme sui medici e sui presidi spia, ma resta un complesso molto difficile per la conquista dell'ufficio pubblico e quindi dell'emersione, anche da parte dell'immigrato irregolare, di una condizione civile di cittadinanza o di «quasi cittadinanza».
Vorrei appena ricordare le osservazioni, molto puntuali, svolte in sede di audizione dalla fondazione Migrantes, dalla Caritas italiana, dalla comunità di Sant'Egidio, dalle ACLI e da molte altre comunità che hanno ricordato, credo in modo tutt'altro che strumentale, il contenuto umano di questo tema.
Non è in questione il diritto dello Stato di regolare l'immigrazione e controllare efficacemente le proprie frontiere, ma non bisogna confondere i criminali con i migranti, riguardo ai quali è consueto «che - è una citazione di Sua Santità Benedetto XVI - ci si soffermi sul problema costituito dal loro ingresso e non ci si interroghi anche sulle ragioni del loro fuggire dal Paese d'origine. La Chiesa guarda tutto questo mondo di sofferenze e di violenza con gli occhi di Gesù, che si commuoveva davanti allo spettacolo delle folle vaganti come pecore senza pastore».
Viene ricordato anche il messaggio di Giovanni Paolo II, che, con molta chiarezza, affermò che «la scelta più appropriata è quella della cooperazione internazionale che mira a promuovere la stabilità politica e a rimuovere il sottosviluppo».
È esattamente questo il momento politico nel quale siamo, perché noi non contestiamo, neanche dai banchi dell'UDC, l'esistenza di norme che legittimano i cosiddetti respingimenti, contestiamo però quel Trattato firmato con la Libia, che non votammo e che anche colleghi dai banchi del Partito Democratico, della delegazione radicale e da altri punti di questo Parlamento non votarono. Non votammo quel Trattato, ci astenemmo, per manifestare proprio le criticità sul punto della mancata firma da parte della Libia della Convenzione di Ginevra sul riconoscimento dei richiedenti asilo e dei profughi.
Di fatto oggi non è in discussione l'azione di respingimento quanto la mancata comprensione, nel concetto di sicurezza, del diritto di asilo e dei diritti dei profughi. Dunque il punto è esattamente questo: aver accreditato la Libia, il regime di Gheddafi, come un Paese assolutamente democratico, mentre oggi l'Unione europea e l'ONU - e l'Italia dovrebbe farsi interprete in prima persona per il ruolo che svolge e l'interesse che ha in materia - dovrebbero aprire degli uffici in Libia, sede del più intenso traffico migratorio subsahariano, per garantire che le persone respinte non siano carne da macello e non tornino agli orrori da cui sono partite, in spregio dei diritti fondamentali della Convenzione di Ginevra, dei diritti umani e della Costituzione italiana.
Siamo esattamente a quel punto. Il Trattato con la Libia va cambiato ed integrato.
Inoltre, abbiamo avuto (per legare a questa concezione quella sulla sicurezza) anche la conferma nel decreto-legge delle cosiddette ronde.
Abbiamo provato, anche su questo tema, a proporre emendamenti in qualche modo migliorativi ed anche un po' più razionali e ad aggiungere la previsione che queste associazioni o ronde civiche (come le definisce il Ministro Maroni) non debbano essere politiche, ma apolitiche e Pag. 32apartitiche, e soprattutto che possano riferire anche ai servizi sociali comunali e non solo alla polizia, se devono occuparsi anche di disagio sociale.
Tuttavia, anche questa impostazione più mite delle associazioni cosiddette ronde è stata rifiutata con votazioni esplicite in Commissione dalla maggioranza ed è stata negata. È stato negato anche il solo tentativo di rendere più conforme ad uno scopo sociale e costituzionale il senso di queste associazioni. Le ronde restano dunque forze in qualche modo addette alla sicurezza, avranno tutti i problemi che sono stati denunciati nelle audizioni, mentre non viene restituito un solo euro alle forze di polizia che chiedono che il miliardo sottratto in mezzi e risorse venga invece riassegnato ad esse affinché siano le forze di polizia a garantire la sicurezza dei cittadini.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIERLUIGI MANTINI. Questa è la scelta di questo Governo. Si tratta di una scelta che certamente non possiamo condividere ed esprimiamo qui, una volta in più, il rammarico che le politiche di sicurezza vengano fatte ad uso degli slogan leghisti con provvedimenti che negano il confronto in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà per dieci minuti.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, vorrei subito esprimere la nostra totale avversità nei confronti di questo provvedimento, in particolare per quegli articoli che ne costituiscono l'ossatura fondamentale e, per così dire, l'essenza politica. Parlo naturalmente dell'introduzione nel nostro ordinamento penale del nuovo reato di immigrazione clandestina e delle molte misure (minuziose quanto vessatorie) che accompagnano questo fatto nuovo.
Non tratterò, dunque, della parte del disegno di legge che si riferisce alla mafia - è stato detto che in larga misura lo condividiamo - né delle altre concernenti altre materie occasionalmente normate in questa sede, ma certamente periferiche rispetto all'asse portante del provvedimento.
Per i suoi contenuti e per la volontà che la ispira, questa è essenzialmente una legge sull'immigrazione, una brutta legge sull'immigrazione, che rivela quale politica l'Italia intenda perseguire da oggi in poi su questo terreno difficile e delicatissimo. Con questo disegno di legge voi pensate - voi vi illudete - di affrontare un grande e complesso tema economico, sociale e culturale come quello dell'immigrazione, facendo ricorso esclusivamente agli strumenti del diritto penale.
Non è la prima volta che lo fate. Davanti alla complessità delle questioni sociali - che naturalmente possono avere allarmanti ricadute di politica criminale, ma che non per questo cessano di radicarsi nel sociale - non fate di meglio che rifugiarvi nell'escalation degli strumenti repressivi, nell'elevazione delle pene e nella riduzione delle garanzie. Voi, che a ogni piè sospinto ci sommergete con la retorica della libertà (vi proclamate addirittura Popolo della Libertà), che siete ipergarantisti quando si tratta di tutelare le prerogative dei forti, diventate improvvisamente durissimi quando dovete confrontarvi con i ceti più deboli, più emarginati e più indifesi.
In questo campo dell'immigrazione la scure pesante del diritto penale produce più danni di quanto non risolva problemi. In questo, come in altri campi dell'azione pubblica, occorrerebbe ragionare in termini di previsione tempestiva dei fenomeni, di regolazione negoziata e lungimirante, di dialogo con gli attori istituzionali e sociali. Occorrerebbe, per dirla con Gustavo Zagrebelsky, (uno dei nostri migliori giuristi ed ex Presidente della Corte costituzionale) «un diritto mite», fatto di accordi, di convenzioni, di codici di comportamento, di luoghi di confronto e di regolazione.
Viceversa, voi attingete a piene mani alla fabbrica sempre aperta della vecchia Italia forcaiola: inventate reati dove prima c'erano solo infrazioni amministrative e Pag. 33aumentate a dismisura le pene. Perfino per il redivivo reato di oltraggio a pubblico ufficiale avete aumentato la pena, creando un vero e proprio diritto speciale, una legge diversa tra extracomunitario e comunitario, ma anche tra cittadini comunitari e cittadini italiani. Introducete nuovi meccanismi persecutori con l'intento malcelato di scoraggiare l'integrazione di chi viene da fuori e vuole integrarsi nel nostro Paese, rendendo il permesso di soggiorno più difficile di quanto non lo sia già oggi, anche per effetto delle lentezze burocratiche dell'amministrazione italiana. Inventate il permesso a punti in modo da tenere i nuovi arrivati sempre sotto la spada di Damocle della conferma o della retrocessione. Imponete dei test di conoscenza della lingua italiana, che non sappiamo e non capiamo come e da chi potrebbero essere garantiti ed eseguiti.
L'immigrato senza permesso o anche quello che aspira ad esso, ma che sia entrato clandestinamente nel nostro Paese è in questo vostro disegno di legge un apolide senza più diritti, un cittadino ombra, un fantasma, destinato a nascondersi negli angoli bui della società, denunciabile da chiunque, come gli ebrei ai tempi delle leggi razziali, punito e discriminato per effetto della sua stessa condizione sventurata di irregolare. Non solo: per avere la cittadinanza dovrà pagare una tassa di 200 euro, le ronde diventeranno legali, il che segna la fine del monopolio dello Stato in materia di pubblica sicurezza, ciò che significa smantellare lo Stato di diritto come l'abbiamo conosciuto nella nostra storia secolare.
Non basta ancora: la persecuzione si estende ai rapporti familiari, alla possibilità di sposarsi, che poi sarebbe la via più diretta e più logica verso l'integrazione e la stabilizzazione degli irregolari, al diritto di registrare all'anagrafe i propri figli (le donne straniere irregolari senza passaporto non potranno riconosce i propri figli), alla possibilità per i bambini di accedere all'istruzione e all'assistenza scolastica. Poi c'è la detenzione nei CIE sino ad centottanta giorni, c'è il carcere fino a tre anni per chi affitta ai senza permesso.
Diciamo la verità: in questo vostro testo di legge si respira un'aria, anzi un fetore di razzismo. Sì, proprio di razzismo: la parola che non vi piace sentire, ma che dice pienamente gli intenti di una legge che è volta a respingere e scoraggiare l'intera immigrazione.
Razzismo, come razzista è la recente proposta di un ineffabile dirigente della Lega Nord di riservare ai soli milanesi una carrozza della metropolitana di Milano, come nell'Alabama degli anni Sessanta, senza che da noi vi sia a Roma un Kennedy pronto a mandare la guardia nazionale. Altro che Kennedy! Vengono, anzi, dal Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, proprio in queste ore, parole inaccettabili contro l'integrazione, contro quella che viene definita la società multietnica che è presentata come uno spauracchio sul quale lucrare voti, quando altro non è se non la realtà non solo di domani, ma già di oggi in molte città italiane e per questo fatto solo per questo dovremmo preoccuparci di regolarla, governarla con ben altra lungimiranza di quanto non dimostri Berlusconi e con ben altro senso della misura e della responsabilità, se il Governo fosse effettivamente preoccupato dall'avvenire del Paese.
La vostra lungimiranza politica si esaurisce nelle motovedette che riconsegnano i disperati ai libici (donne e bambini compresi), naturalmente senza prima accertarsi dei rischi che correranno coloro che chiedono asilo per motivi di persecuzione politica. Lo dico - voglio precisarlo - in franco dissenso da chi, anche dalla nostra parte, minimizza considerando legittime le operazioni di respingimento indiscriminato a cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni. Del resto, come sapeva già Manzoni per un Fra Cristoforo che si batte contro le ingiustizie ci sono sempre un padre provinciale e un conte zio pronti a sopire e a fare compromessi. La storia politica d'Italia, anche recente, purtroppo, è piena di padri provinciali ed è questa una delle ragioni per le quali voi prevalete.
Si tratta di una legge pessima, per far passare la quale dovete ricorrere alla fiducia, all'ennesima fiducia (siamo a quota Pag. 34quattordici). Vi accingete a votarla lo stesso, magari in nome dei sondaggi e dell'opportunismo elettorale.
Guardiamo anche noi a quei sondaggi, sappiamo anche noi quale preoccupazioni possa suscitare l'immigrazione - clandestina o regolare che sia - specie in certe regioni del Paese dove si è addensata più che in altre. Bisogna certamente tenerne conto, agire con fermezza quando serve la fermezza. Chi compie reati deve essere punito, siamo d'accordo.
Ma quando sono a rischio i diritti civili, quando sono in discussione le garanzie costituzionali più elementari una grande forza democratica, consentitemi, non guarda ai sondaggi, guarda alla propria coscienza, guarda alla propria storia, guarda al proprio dovere verso la storia. Ed è quello che ci accingiamo a fare da questa parte della Camera nel votare «no» contro questa pessima legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento denota che sul tema della sicurezza il Governo non ha una strategia seria ma agisce cavalcando le paure e facendo soltanto demagogia.
Avete messo insieme un po' di norme spot, alcune dettate dall'emergenza, ma molte di queste norme rischiano di essere inadeguate, inutili e inapplicabili. Con questa legge avete scelto di seguire una strada che noi non possiamo assolutamente condividere: aumentate le pene, introducete nuovi reati, riproponete l'equazione «immigrazione uguale criminalità organizzata», vivendo pertanto l'immigrazione solo come fenomeno da reprimere.
Noi, invece, pensiamo che l'aumento delle pene e l'introduzione di nuovi reati non siano gli unici elementi che servono per scoraggiare la criminalità organizzata; sono importanti, ma l'aumento delle pene e i nuovi reati servono a ben poco se non si accompagnano ad interventi che assicurino la certezza della pena e la riduzione dei tempi del processo penale. In questo provvedimento, invece, non avete previsto nessuna norma che assicuri la certezza della pena e la riduzione dei tempi del processo penale.
Pensiamo anche che la sicurezza non può essere l'ossessione degli immigrati, come invece è per la destra, per voi che governate. L'immigrazione, invece, entra in questo provvedimento solo sotto le voci: sicurezza, delinquenza e lotta alla criminalità. Sull'immigrazione utilizzate solo parole d'ordine e fate solo demagogia, senza grandi risultati. Insomma, riducete l'immigrazione solo ed esclusivamente ad una questione criminale, mentre invece per noi continuare con l'equazione «criminalità uguale immigrazione» costituisce un gravissimo errore.
È necessario, allora, comprendere che dentro quei flussi umani c'è qualcosa che va governato, mentre invece con questo provvedimento rinunciate nei fatti a governare il fenomeno dell'immigrazione.
Io penso che non è certamente facendo la faccia dura contro gli immigrati che si risolve il problema dell'immigrazione; dovete cambiare allora la vostra politica sull'immigrazione anche perché fino ad oggi avete fallito.
È bene ricordare che da quando voi siete al Governo del Paese gli sbarchi, nonostante il silenzio degli organi di informazione, sono aumentati del 60 per cento: erano, infatti, 14.236 nel 2007, sono diventati 23.604 nel 2008.
Non potete continuare a mettere sullo stesso piano tutti gli immigrati perché così correte il rischio di spingere anche quelli buoni nelle mani della criminalità organizzata mettendoli ai margini della società. Quello buono che vuole inserirsi e che si vuole integrare si sente cacciato, è normale che rischi di consegnarsi alla criminalità organizzata.
Al fenomeno dell'immigrazione allora bisogna guardare senza pregiudizi, guardando anche ai dati statistici, per esempio al dossier presentato dalla Caritas che dice che sono circa 4 milioni gli immigrati Pag. 35regolari presenti nel nostro Paese; che dice che sono 165 mila le imprese costituite da stranieri; che dice che il gettito fiscale nel 2007 è stato di circa 4 miliardi di euro, contro un miliardo dato in termini di servizi dal nostro Paese; che dice, ancora, che gli immigrati partecipano alla nostra produzione industriale per circa il 10 per cento (dati di Unioncamere).
A tutti questi dati voi non guardate perché trattate gli immigrati solo ed esclusivamente come criminali.
Penso che allora non può essere questa la strada, dovete cambiare la vostra politica sull'immigrazione, assicurare anche politiche di accoglienza e di integrazione: ve lo chiediamo noi, ma ve lo chiede anche la Chiesa che sta criticando pesantemente la vostra politica sull'immigrazione.
È assurdo, infatti, prevedere, come voi fate in questo provvedimento, ad esempio, che per acquisire la cittadinanza italiana dopo il matrimonio si debba risiedere per almeno due anni nel territorio della nostra Repubblica. È assurdo - ve lo spiego - perché non c'è nulla che possa giustificare una norma di questo genere, non c'è una crescita dei matrimoni di comodo tale da giustificare la regolare permanenza in Italia per almeno due anni dopo il matrimonio come condizione per acquisire la cittadinanza italiana.
Così come - lo voglio dire in maniera chiara - è assurdo prevedere che chi vuole contrarre matrimonio in Italia deve esibire un documento che attesti la regolarità del suo soggiorno nel territorio italiano. Questa norma, che noi avremmo voluto abrogare se non fosse stata posta la questione di fiducia e se avessimo avuto la possibilità di entrare nel merito degli emendamenti, è assurda perché la nostra Repubblica ha sempre ammesso che uno straniero potesse contrarre matrimonio nel territorio italiano e che l'unico requisito dovesse essere la dichiarazione del suo Paese che nulla osta a tale matrimonio.
Insomma, noi non possiamo stabilire che una delle condizioni per contrarre matrimonio sia la regolarità del soggiorno perché il matrimonio prescinde dalle circostanze accidentali; un italiano, quando si innamora, non può chiedere a chi gli piace se ha o meno il permesso di soggiorno perché questa è la sola condizione perché si possa arrivare al matrimonio: è assurdo!
Così come certamente è assurda quella norma che voi avete introdotto in questo provvedimento, che è assolutamente inadeguata, inattuabile ed inapplicabile, come diceva poco fa nel suo intervento Livia Turco, che prevede l'ammenda fino a 10 mila euro per l'immigrato che sia entrato irregolarmente nel nostro Paese perché ho qualche dubbio nel ritenere che ci possa essere un immigrato che ha una potenzialità economica di questo genere. Credo, infatti, che se un immigrato avesse una potenzialità economico-finanziaria di questo tipo, difficilmente raggiungerebbe il nostro Paese.
Allora, la vostra politica sull'immigrazione deve cambiare; tuttavia, il punto è che voi invece pensate e proclamate la sicurezza solo in questa maniera, sottacendo che con il provvedimento in esame avete compiuto tagli pesanti e avete colpito duramente proprio il sistema della sicurezza nel nostro Paese.
Voglio ricordare, infatti, che manca 1 miliardo di euro che era prima destinato alle forze dell'ordine, che c'è una carenza di organico delle forze dell'ordine di circa 10 unità: non è così allora che si combatte la criminalità organizzata.
Voglio ricordare, altresì, che nel provvedimento in esame non c'è niente di più per le forze dell'ordine che nei giorni scorsi abbiamo visto protestare davanti a quest'Aula: non ci sono risorse aggiuntive nonostante in questo disegno di legge vi siano nuove funzioni per le forze dell'ordine, non c'è l'aumento degli stipendi, non ci sono le risorse per gli straordinari, né i soldi per nuovi mezzi. In compenso, però, ci sono le ronde, uno dei temi più caldi che ha costretto questo Governo a porre la fiducia perché, come tutti gli italiani sanno, quando quest'Aula del Parlamento è entrata nel merito delle ronde poiché questa norma era contenuta nel decreto-legge contro la violenza sessuale, essa ha bocciato questa norma.

Pag. 36

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MICHELE BORDO. Concludo, signor Presidente. Voi avete riproposto questa norma, ma noi avremmo voluto eliminarla anche per una ragione molto semplice. Le forze dell'ordine, infatti, hanno espresso contrarietà, in quanto sono preoccupate per i danni che potrebbero fare i cittadini impiegati nelle ronde.
A tal proposito, nei giorni scorsi abbiamo tenuto delle audizioni dalle quali è emerso un episodio grottesco (ma vero) accaduto a Rieti e che ci è stato raccontato dalle forze dell'ordine. Queste ci hanno detto che in quella città una ronda ha inseguito una volante della polizia che operava con la volontà di non farsi riconoscere e l'ha denunciata come sospetta, facendo saltare l'attività d'indagine. Ecco cosa può succedere con questo provvedimento, se vi saranno le ronde.
In conclusione, non è questa la politica per la sicurezza che serve ai cittadini nel nostro Paese. Noi avremmo voluto che con questo provvedimento si garantisse maggiormente la certezza della pena e che si prevedessero misure volte a ridurre i tempi del processo penale. È in questa maniera e con misure strutturali di questo genere che si combatte la criminalità organizzata.
Quest'ultima certamente non si combatte attraverso la demagogia e le strumentalizzazioni che su questa materia purtroppo voi continuate ancora a fare in questi giorni. Per queste ragioni domani noi voteremo contro questo provvedimento sbagliato e che non assicurerà certamente la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto magistrale Tommaso Stigliani di Matera e gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo Insieme di San Quirico d'Orcia in provincia di Siena, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà per dieci minuti.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, credo che in primo luogo dobbiamo dire a chi ci segue attraverso Radio radicale o il sito Internet della Camera dei deputati che in questo momento in quest'Aula è in corso di svolgimento una finzione: quella di dover discutere sul complesso degli emendamenti quando sappiamo tutti che, essendo stata posta la questione di fiducia, in realtà non si potrà parlare degli emendamenti proposti. Dobbiamo perfino ringraziare di questo, perché altrimenti non ci sarebbe stato nemmeno lo spazio per poter lasciare qualcosa agli atti di questa Camera nel momento in cui quest'ultima si appresta ad approvare, attraverso il voto di fiducia, delle norme che peseranno (e molto) sul futuro del nostro Paese.
Già molto è stato detto, tuttavia vorrei richiamarmi soprattutto alle questioni di legalità e vorrei partire dall'articolo 10 della nostra Costituzione che recita: «L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».
In questi giorni si parla molto di questo problema, anche perché si sono verificati dei fatti veramente gravi come quello dei respingimenti. Noi tutti ricordiamo l'episodio dei 227 immigrati clandestini respinti in Libia, ma sappiamo che proprio in quelle ore, subito dopo, vi sono stati altri episodi di questo tipo.
Ebbene, rispetto a quel tipo di operazione - credo che come rappresentante della delegazione radicale io possa pronunciare questa parola - nonostante l'infame Trattato che l'Italia ha stipulato con la Libia e che questo Parlamento ha approvato, ci sono delle norme internazionali, a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che non avrebbero consentito e non consentono, se si vuole rispettare la legalità, questo tipo di respingimenti. Pag. 37
Poco fa c'è stata una dichiarazione dell'Alto Commissariato ONU per i rifugiati che si è rivolto al Governo italiano affermando di riammettere subito i migranti respinti, perché non è possibile fare ciò che è stato fatto.
Quando poi si fanno i conti, si vede che, di coloro che sono sbarcati sulle coste italiane nel 2008, oltre il 75 per cento ha fatto richiesta di asilo e che al 50 per cento di questi è stata concessa una forma di protezione internazionale. Quindi, è più che sicuro - ci sono arrivate in queste ore anche delle conferme - che fra quei 227 c'erano persone che richiedevano asilo, che noi abbiamo respinto indietro.
Dove le abbiamo respinte? In Libia, cioè in quella nazione non democratica che ha al comando un dittatore, con il quale noi abbiamo stabilito e firmato un Trattato, che, a detta di tutte le più importanti organizzazioni internazionali, come Amnesty International, non rispetta i diritti umani delle persone che, dopo aver attraversato il deserto, giungono in Libia e vengono recluse nei cosiddetti centri di identificazione e di espulsione. Noi li abbiamo riconsegnati nelle mani di Gheddafi e credo che questo sia molto grave.
È molto grave il Trattato che è stato firmato, che ha visto la nostra ferma opposizione, trovando peraltro anche una minoranza dell'Assemblea che ci ha sostenuto. Ed è grave perché si fa di Gheddafi - dobbiamo cercare di vedere anche più in là - sempre di più un leader. Sta divenendo ogni giorno di più un leader africano.
Noi in Italia abbiamo la sfacciataggine di dargli fra pochi giorni a Sassari, grazie alla decisione della facoltà di giurisprudenza dell'università di Sassari (viene da ridere!) la laurea honoris causa in giurisprudenza. Certo, perché conosce benissimo i Trattati, la giurisprudenza, soprattutto quella internazionale, e le leggi, tanto che recentemente ha definito il Tribunale penale internazionale un'organizzazione terroristica. Questa è la definizione che ha dato Gheddafi del Tribunale penale internazionale che combatte i crimini contro l'umanità!
Noi non possiamo non vedere in questo delle importanti azioni politiche. Non voglio fare polemica, perché questo Governo ha operato i respingimenti, ma li hanno fatti anche i Governi precedenti, di centrodestra e di centrosinistra. Questo dobbiamo dircelo con molta franchezza. Non è che adesso possiamo definirli razzisti solo perché sono stati fatti dal centrodestra, mentre prima erano normali: sono sempre atti che violano i Trattati internazionali.
Ma ciò che è incredibile è che in questi giorni, per chi l'ha vista, c'è una campagna elettorale che dovrebbe essere dedicata all'Europa: ci sono le elezioni europee fra meno di un mese.
Ebbene, l'Europa dovrebbe, e potrebbe, svolgere un ruolo fondamentale anche nella gestione politica di questo problema. Ma di quale Europa parliamo? Ma quale Europa noi, come italiani, proponiamo? Proponiamo l'Europa delle patrie o la patria europea così come era stata concepita dal cosiddetto «Manifesto di Ventotene» di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni? È quella l'Europa? Da parte nostra dico di «sì». Noi vorremmo un'Europa che abbia un Parlamento e un Presidente eletti da tutti gli Stati europei, un'Europa federalista che abbia una politica estera e di difesa comune. Questo è quello che dobbiamo volere e verso cui dobbiamo spingerci. Ma di Europa in questa campagna elettorale illegale, non democratica, non si può parlare. Considero molto difficile dover affrontare problemi seri, umanitari, problemi di vita, senza avere una minima visione politica di ciò che vogliamo perseguire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, questo disegno di legge sulla sicurezza è conosciuto ormai soprattutto per Pag. 38le norme sull'immigrazione - per gli aspetti che più che alla sicurezza sono correlati ad un contrasto all'immigrazione clandestina con norme di stampo razzista - o sulle ronde, insomma per le bandiere della Lega.
Vorrei soffermarmi su un aspetto utile per misurare questo provvedimento: le disposizioni per contrastare la criminalità organizzata e, in particolare, la mafie, perché questa è l'emergenza principale che esiste nel nostro Paese per la sicurezza dei cittadini. Nel disegno di legge sono previste delle norme utili per migliorare la nostra legislazione su questo aspetto; è vero e vi abbiamo contribuito come Partito Democratico. Però, questo provvedimento rappresenta anche un'occasione persa. Su misure di grande rilievo, su cui si registra un ampio consenso quando si svolgono audizioni, missioni della Commissione antimafia, quando si discute senza dover immediatamente tradurre la discussione in norme di legge, il Governo e la maggioranza hanno assunto un atteggiamento non coerente e negativo.
Il Partito Democratico ha presentato delle proposte che con la posizione della fiducia non è possibile affrontare, discutere e votare in Aula. Voglio qui ricordare alcune di queste proposte. La prima proposta è relativa all'autoriciclaggio, e tecnicamente è di enorme semplicità: si tratta di sopprimere all'articolo 648-bis, primo comma, del codice penale le parole: «fuori dai casi di concorso nel reato», e di sopprimere all'articolo 648-ter le parole: «fuori dai casi di concorso nel reato e». Dietro questa semplicità tecnica vi è una grande questione politica: l'articolo 648-bis del codice penale tratta del riciclaggio e il 648-ter tratta dell'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita; si tratta, appunto, di aspetti di enorme rilievo per la lotta alla criminalità organizzata di tipo mafioso. Sappiamo, da tempo, che la lotta alle mafie vuol dire, in primo luogo, colpire i loro patrimoni, la loro ricchezza; questa è stata la grande intuizione di Pio La Torre, tradotta nella legge Rognoni-La Torre. Vari sono gli strumenti in questo senso, e uno dei più importanti è quello che punta a colpire il riciclaggio. È attraverso il riciclaggio che le mafie operano per pulire il denaro sporco, per usare i proventi derivanti da attività illecite, illegali e criminali (pensiamo allo spaccio di stupefacenti, al racket delle estorsioni, ai sequestri di persona, all'organizzazione dell'immigrazione clandestina, all'organizzazione della prostituzione, alla contraffazione delle merci e così via), per infiltrarsi nell'economia legale, investendo forti risorse. Si tratta di un rischio che si aggrava con la crisi economica come ci ha ricordato più volte il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso e, ultimamente, il Presidente della Repubblica. Aziende in difficoltà, con più ostacoli ad accedere al credito, e con maggiori problemi di liquidità, possono più facilmente essere acquisibili da chi dispone di grandi patrimoni, e può pagare cash; un rischio che è elevato al nord nella parte più produttiva del Paese.
Per contrastare il riciclaggio sono stati inseriti nel codice penale gli articoli 648-bis e 648-ter. Non a caso sono stati inseriti in epoca relativamente recente, seppur già quasi venti anni fa, nel 1990 con la legge n. 55, intervento legislativo encomiabile, ma con un difetto: ha escluso dall'applicabilità delle disposizioni introdotte il caso dell'autoriciclaggio. Come è a tutti noto, le mafie sono abilissime nell'introdursi nei meandri legislativi e negli spazi che la legge lascia, e l'autoriciclaggio è una forma sempre più utilizzata e che non si riesce a colpire. Il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso lo ha sottolineato ed evidenziato nell'audizione in Commissione antimafia all'inizio di questo anno. Lo ha denunciato anche a Che tempo che fa, la trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio. Ci ha detto come risolvere il problema: con l'eliminazione delle parole, appunto, «fuori dai casi di concorso nel reato», così come il Partito Democratico ha proposto in occasione di questo disegno di legge. Il problema è emerso anche nella missione della Commissione antimafia a Napoli e a Caserta di fine aprile. Sembrava che su questo punto vi fosse un ampio consenso in Commissione antimafia, Pag. 39ma in questo provvedimento la questione non verrà risolta. La posizione della questione di fiducia lo impedisce. Nel maxiemendamento del Governo questa norma non c'è. La convergenza politica in Commissione antimafia sull'autoriciclaggio può anche essere stata solo una mia impressione, non così sui beni confiscati. La relazione Lumia in proposito è stata approvata all'unanimità, alla fine della scorsa legislatura. In quella relazione si proponeva di costituire un'apposita Agenzia, scorporando questa funzione dall'Agenzia del demanio, che funziona con logiche e procedure inadeguate rispetto alle peculiarità richieste per un buon governo sia delle procedure di destinazione sia per tutto ciò che riguarda la gestione dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali. Nel disegno di legge sulla sicurezza vi sono diverse misure sui beni confiscati, ma non c'è questa. In Commissione antimafia ho posto la questione al Ministro Maroni, nel corso della sua audizione. Il Ministro ha così risposto: quanto all'Agenzia nazionale sui patrimoni confiscati ho già espresso il mio parere favorevole; la relativa previsione non è stata inserita nel disegno di legge perché non c'era una maggioranza che la sostenesse; non ho obiezioni a che sia introdotta. In base a queste parole si può evincere che il Ministro, pur non avendo fatto parte della precedente Commissione antimafia, è d'accordo con la proposta della stessa, ma non lo sono più le forze di maggioranza che quella proposta invece hanno approvato.
Poi sugli emendamenti presentati dal Partito Democratico ed altri gruppi il Governo e perfino arrivato a sostenere in Commissione bilancio che sono suscettibili di determinare oneri. E quanto costa allo Stato non combattere la mafia con gli strumenti più adeguati? Tra l'altro, erano proposte con una previsione di spesa e una corrispondente copertura. Per di più l'istituzione sarebbe avvenuta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e quindi il Governo aveva tutti gli strumenti per il controllo della spesa. Si è detto che occorreva la relazione tecnica. Questo provvedimento ha su tanti punti coperture finanziarie del tutto incerte, ma per l'Agenzia per i beni confiscati alle mafie Governo e maggioranza richiedono il massimo di rigore finanziario. Anche questa è quindi un'occasione persa, così come si poteva fare di più sulle estorsioni. Vi è una norma di esclusione dalle gare per le vittime che non denunciano le estorsioni nel maxiemendamento del Governo. Sarebbe stato molto meglio - come il Partito Democratico ha proposto - prevedere l'obbligo di denuncia del reato di estorsione per gli operatori economici e nell'ambito del sistema degli appalti. Con precise procedure chi venisse meno a questo obbligo potrebbe essere penalizzato per un determinato periodo con il divieto di concludere contratti e subcontratti con la pubblica amministrazione, e con l'esclusione anche la revoca di agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi. Avevamo proposto che limitatamente alla prima volta, in determinate condizioni, queste sanzioni potessero essere sostituite con l'invito all'interessato ad adottare un comportamento conforme alla legge, e che le sanzioni fossero applicate anche in caso di condanna per il reato di favoreggiamento. Avevamo proposto anche altre sanzioni, ma soprattutto noi pensiamo che questo obbligo debba essere accompagnato da incentivi, premi per chi vi adempie, come l'esenzione totale per tre anni dall'IRAP, dall'ICI sugli immobili utilizzati per l'attività di impresa e di tutte le imposte comunali, e la sospensione dei ruoli esattoriali.
Sarebbe questo un modo per sostenere l'iniziativa di Confindustria siciliana che, in accordo con Confindustria nazionale, ha deciso l'esclusione dall'associazione per gli imprenditori che non denunciano le estorsioni e per non lasciare sole le persone che hanno il coraggio di denunciare, sostenendole con norme di legge e con incentivi.
Allo stesso modo sarebbe importante prevedere per ogni appalto l'obbligo di aprire un apposito conto corrente dedicato da parte della ditta aggiudicataria, pena la risoluzione di diritto del contratto. Pag. 40
Insomma lo Stato deve chiedere ad ogni cittadino di fare la propria parte nella lotta alle mafie e incentivare e premiare chi lo fa, altrimenti le mafie si rafforzeranno e crescerà il consenso sociale intorno a loro. Di consenso sociale, infatti, ci hanno parlato numerosi interlocutori incontrati nella missione a Napoli e Caserta che ho già richiamato e che ci hanno chiesto una normativa contro chi non denuncia le estorsioni.
Purtroppo, anche per questo il disegno di legge in esame è un'occasione persa di cui portano tutta la responsabilità Governo e maggioranza e con il prossimo provvedimento sulle intercettazioni si rischia di bloccare di fatto le indagini sui mafiosi e sulle organizzazioni criminali mafiose. Se ciò avverrà dopo aver tanto sbandierato il tema della sicurezza, Governo e maggioranza avranno dato, invece, un colpo mortale alla possibilità di garantire la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà per dieci minuti.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, mentre il nostro Governo sta compiendo l'ennesima secessione dalla legalità internazionale operando contro il diritto e l'umanità nel Mare Mediterraneo, noi ci accingiamo ad esaminare un provvedimento che segna una svolta negativa nell'ordinamento giuridico e nella civiltà del nostro Paese.
A tal proposito vorrei rivolgermi al Presidente del Consiglio che questa mattina in Egitto ha dichiarato che dentro i barconi vi sono persone reclutate dalla malavita organizzata. Vorrei dire al Presidente del Consiglio che queste persone meritano rispetto e compassione perché fuggono da situazioni di guerra e da conflitti che il nostro Governo non può ignorare. Sono vittime di ingiustizia: quella ingiustizia che vede le loro terre sconvolte da guerre che solo per ipocrisia noi chiamiamo guerre etniche. Quelle guerre dicono molto di noi, del nostro modello di sviluppo, della sistematica spoliazione che compiamo delle loro materie prime. Queste guerre dicono molto della geopolitica del cinismo che ha promosso la globalizzazione senza solidarietà.
Non sono reclutati dalla malavita organizzata, signor Presidente. Sono sfruttati da essa. Mi sarei aspettato da parte del nostro Governo una maggiore intelligence, una maggiore concertazione con i nostri partner europei, un maggiore impulso all'Agenzia europea di contrasto dell'immigrazione clandestina per aggredire e sconfiggere la tratta degli esseri umani.
Questo disegno di legge recante misure in materia di sicurezza pubblica, meglio noto alle cronache come ennesimo pacchetto sicurezza, è un pesantissimo contenitore: un centone di disposizioni di varia indole, stipate nel provvedimento in modo assolutamente disorganico.
Alberto Di Martino, studioso di diritto penale all'università di Pisa, scrive in proposito che se si assiste ad un corteo sparso, anzi un assembramento disordinatissimo e slabbrato di norme assolutamente eterogenee, destinate a fenomeni che non sempre hanno tra loro qualcosa in comune. Seriosamente diremo che non hanno nessun substrato criminologico o sociologico o antropologico comune: dal decoro urbano all'immigrazione, da questa alla mafia, dalla mafia alla circolazione stradale. In realtà - prosegue sempre questo studioso - si parla di sicurezza come di un concetto indefinito e, quindi, un concetto dentro il quale si può mettere tutto, un concetto debordante, ossessivo. La sicurezza è un qualcosa che non si risolve nell'aiutare la soluzione dei problemi, anzi con l'ossessione sicuritaria non si rinsaldano le trame vitali della convivenza civile di un Paese.
Con il paradigma della sicurezza, anzi, in controluce si ha l'immagine di un Paese disastrato, senza educazione civile e ciò non accade perché da fuori sono entrati i barbari, ma perché vi è qualche tarlo all'interno del nostro Paese e questo tarlo è l'ossessione della sicurezza. È un'ossessione che genera vento, aria fritta, norme manifesto tanto declamatorie quanto ineffettive. Pag. 41
La Comunità di Sant'Egidio ci ammonisce: se approvato, il disegno di legge in esame condurrebbe al blocco in massa delle iscrizioni o variazioni anagrafiche e non solo degli immigrati, ma anche dei cittadini stranieri, lasciando senza residenza un'ampia porzione della popolazione, pur legalmente presente sul territorio. Diverranno allora difficili il sostegno pubblico alle famiglie in difficoltà, il controllo sulla scolarizzazione dei minori, la programmazione dei servizi, la notifica degli atti legali, rendendo improvvisamente non rintracciabili e meno tutelate varie fasce della popolazione, incluse le persone senza fissa dimora, schedate in un archivio non comunale e privo di oggettive connessioni con le necessarie funzioni di servizio sociale.
L'articolo 21 del provvedimento in esame è la madre di tutte le nefandezze: la sua introduzione è un vessillo ideologico, lo sappiamo, utile alle scorribande elettorali della Lega Nord, un vessillo però con effetti devastanti sulla vita delle persone, sui loro diritti inalienabili sanciti dalla Costituzione e da tutte le Convenzioni internazionali firmate dal nostro Paese. Tali diritti - lo vorrei ripetere a questa maggioranza - sono indisponibili, perché appartengono alla persona in quanto persona. Sono diritti connaturati e non sono una gentile concessione delle maggioranze e dei Governi di turno. Ammesso e non concesso, signor Presidente, che sia pacifica l'identificazione del bene giuridico a cui si intende dare tutela con l'ipotesi di reato in discussione, mi domando se possiamo ritenerci altrettanto sereni nell'individuare l'elemento soggettivo del reato. Indubbiamente, il soggetto che parte dalla propria terra e percorre un viaggio lunghissimo in condizioni spesso disumane, agisce sapendo di agire. Mi domando però se non si debba ulteriormente scavare nell'elemento soggettivo del reato, al fine di verificarne le ragioni, se volete il movente, che spinge un uomo o una donna ad abbandonare la propria casa e il proprio Paese. Scavando scavando, ci accorgeremmo che quella scelta è imputabile all'impossibilità di vivere in contesti di fame, di povertà, di malattia. Insomma, dietro l'imputazione della fattispecie di reato in esame si nasconde un'accusa sottile e subdola, ma che c'è, ovvero noi imputiamo a questi uomini e a queste donne di essere colpevoli della propria condizione di affamati, di assetati e di poveri e ciò è eticamente inaccettabile.
Mi domando e vi domando: una tale concezione può ritenersi legale? Probabilmente alcuni di voi mi risponderanno positivamente, che è sufficiente che una legge penale voluta dal Parlamento stabilisca quando e come un determinato comportamento debba ritenersi illecito. Ma possiamo dire che tutto ciò che consideriamo legale sia anche giusto? Possiamo giudicare come giusta quella norma che imputa a un determinato soggetto un fatto materiale che si esaurisca e combaci totalmente con la sua condizione personale di straniero? Per la prima volta noi giudichiamo una persona non per quello che fa, ma per quello che è, appunto per la sua condizione di povertà.
Come si vede, signor Presidente, la criminalizzazione dell'immigrazione irregolare è una misura sproporzionata, che va oltre gli interessi legittimi di uno Stato a tenere sotto controllo i propri confini, una misura che erode gli standard legali internazionali, spiega il Commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, avvertendo che una simile politica finisce per provocare ulteriore stigmatizzazione ed emarginazione dei migranti, nonostante la maggioranza di questi contribuisca allo sviluppo degli Stati e delle società europee (noi affidiamo ai migranti quel che abbiamo di più caro: la nostra casa, i nostri anziani e i nostri bambini).
Pertanto, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa rivolge al Governo la richiesta di rivedere le parti della nuova normativa che sollevano serie questioni di compatibilità con gli standard dei diritti umani. Vorrei richiamarmi alla Convenzione sui diritti umani, che esplicitamente rifiuta il diritto di respingimento. Questo diritto è stato violato, questa Convenzione è stata violata dal nostro Governo!

Pag. 42

PRESIDENTE. La invito a concludere.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. In questa ultima parte del mio intervento, vorrei rivolgermi ai difensori della vita: vorrei sfidarli a considerare che la vita va presa nella sua interezza, non solo nella sua fase embrionale o terminale. Quelli che respingete oggi senza esame preliminare del loro status, quelli che condannate a una vita invisibile, sono vite a tutti gli effetti, che lo Stato italiano ha il diritto politico e morale di proteggere. Altrimenti, mettete questo Paese nella strada della contrapposizione, della guerra tra poveri, con la conseguenza dell'implosione sociale, che è fonte di insicurezza e di paura più grandi, sia per gli italiani sia per gli stranieri.
Per questo motivo, voteremo decisamente «no» alla fiducia vergognosa che il Governo ha posto con riferimento a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi per l'illustrazione delle proposte emendative.
Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Giorgio Oppi.

PRESIDENTE. Comunico che in data 12 maggio 2009 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Giorgio Oppi:

«Onorevole Presidente,
in risposta alla richiesta di opzione di cui alla Sua lettera del 16 aprile 2009, conseguente alla dichiarazione di incompatibilità della carica di consigliere regionale della Sardegna da me ricoperta, rassegno le mie dimissioni dal mandato parlamentare in relazione alla mia volontà di optare per la predetta carica regionale.
Nel pregarLa di voler comunicare le mie dimissioni all'Assemblea, affinché la stessa possa prenderne atto ai sensi dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento della Camera, La ringrazio e Le formulo i miei migliori auguri di buon lavoro.
Con i migliori saluti,
Firmato: Giorgio Oppi».

Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Oppi dal mandato parlamentare.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni del deputato Giorgio Oppi, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta del 5 novembre 2008 - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 18 - Unione di Centro nella medesima XXVI circoscrizione Sardegna -, segue immediatamente l'ultimo degli eletti, risulta essere Sergio Milia.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la XXVI circoscrizione Sardegna, Sergio Milia.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico, che il deputato Sergio Milia, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Unione di Centro.

Pag. 43

Sull'ordine dei lavori (ore 19,05).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervengo per segnalare un fatto molto grave. Alcuni giorni fa, abbiamo approvato in quest'Aula - il provvedimento è stato, poi, definitivamente approvato anche dal Senato ed è entrato in vigore il 7 maggio - la normativa per il diritto di voto dei disabili intrasportabili. Mi giunge notizia che molti comuni avanzano numerose difficoltà.
In particolare, proprio colui che, per quanto riguarda la delegazione radicale, è stato l'emblema di questa battaglia, Severino Mingroni, ha ricevuto dalla ASL di appartenenza (lui abita in un comune in provincia di Chieti) la risposta che non era possibile ottenere il certificato richiesto dalla legge, perché l'ASL non era stata informata della nuova normativa, non aveva avuto alcuna segnalazione, e quindi non era in grado di rilasciare il certificato che la legge prevede.
Noi siamo disposti a comprendere le difficoltà che si possono presentare nel momento della prima applicazione di una legge per un diritto che è stato conquistato dopo 61 anni di questa nostra Repubblica, però abbiamo già stabilito che coloro che possono usufruire dei mezzi messi a disposizione dei comuni devono andare a votare al seggio; abbiamo semplicemente previsto l'eccezione dovuta dell'ammissione al voto domiciliare per coloro che sono intrasportabili. Ora, se non c'è la collaborazione delle ASL, se queste sostengono di non conoscere la legge e quindi omettono di rilasciare il certificato che è necessario, evidentemente questa cosa molto bella, questa legge importante, che è stata approvata dal nostro Parlamento, è totalmente vanificata.
Vorrei che lei, signor Presidente, sensibilizzasse il Governo, in particolar il Ministero dell'interno, affinché queste informazioni vengano diffuse in ogni sede per fare in modo che queste persone, questi elettori che fino ad oggi sono stati esclusi possano finalmente votare al loro domicilio.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, non mancherò di attivarmi - e la Presidenza farà altrettanto - nei confronti del Governo per sollecitare quanto lei ha appena richiamato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 13 maggio 2009, alle 9,30:

Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (2180-A).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione; Sisto, per la II Commissione.

La seduta termina alle 19,05.

Pag. 44

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00165

Mozione n. 1-00165 - Iniziative a sostegno del settore manifatturiero

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 19 minuti
Partito Democratico 1 ora e 8 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 29 minuti
Misto: 17 minuti
Movimento per l'Autonomia 9 minuti
Liberal Democratici - MAIE 5 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.