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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 485 di martedì 14 giugno 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 16,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 6 giugno 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lombardo, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: Lo Presti ed altri: Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (A. C. 1524-B) (ore 16,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dalla Camera e modificata dal Senato, di iniziativa dei deputati Lo Presti ed altri: Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-professionale iscritti in albi ed elenchi.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1524-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la Commissione XI (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Cazzola, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, la proposta di legge n. 1524-B, a prima firma del deputato Lo Presti, è stata approvata in prima lettura dalla Pag. 2Camera l'11 maggio 2010 e in seconda lettura dal Senato, che ha apportato alcune limitate modifiche, il 5 aprile 2011.
Il provvedimento reca disposizioni concernenti i soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincoli di subordinazione, iscritti alle casse professionali privatizzate. Tale proposta di legge, in particolare, modifica l'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 103 del 1996, al fine di prevedere che il contributo integrativo a carico degli iscritti alle casse professionali, attualmente fissato al 2 per cento del fatturato lordo sia autonomamente stabilito con l'apposita delibera di ciascuna cassa approvata dai ministeri vigilanti.
Rispetto al testo approvato dalla Camera nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte due sole modifiche su sollecitazione della Commissione bilancio di quel ramo del Parlamento. La prima delle predette modifiche riguarda la previsione che il contributo debba essere fissato tra il 2 e il 5 per cento del fatturato lordo, mentre nel testo approvato dalla Camera era previsto solo il limite massimo del 5 per cento e non anche quello minimo del 2 per cento. La seconda modifica prevede la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali che, secondo il nuovo testo, deve avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse degli enti.
L'esame in terza lettura della XI Commissione, iniziato il 3 maggio 2011, dopo tre sole sedute in sede referente, si è concluso il 31 maggio 2011 con votazione unanime del mandato al relatore a riferire all'Assemblea sul medesimo testo trasmesso dal Senato senza ulteriori modifiche.
I pareri sul testo di cui si parla sono stati tutti favorevoli da parte delle Commissioni I, V, VIII, XII e XIII. Le Commissioni II e VI hanno dato il nulla osta.
In prima lettura - è bene ricordarlo - l'Assemblea si pronunciò favorevolmente, in modo unanime, con un solo voto contrario. Il provvedimento oggi al nostro esame è un provvedimento molto atteso, sollecitato dalle categorie dei liberi professionisti e dalle loro casse previdenziali, a regime cosiddetto privatizzato, come si dice con riferimento a queste casse. Le misure contenute nella proposta di legge Lo Presti consentono infatti di affrontare due problemi: da un lato, di uniformare la struttura del prelievo contributivo per entrambe le tipologie di casse privatizzate; dall'altro, di poter disporre dei primi strumenti in grado di migliorare i trattamenti pensionistici delle categorie e delle coorti a cui si applica il calcolo contributivo.
È bene a questo punto fare un po' di storia, seppure brevemente, come merita un provvedimento importante e che gode - mi auguro - di così grande favore da parte dei colleghi.
Le casse dei liberi professionisti appartengono a due distinte tipologie: quelle di più lontana istituzione regolate dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (ne cito alcune fra le più importanti: geometri, avvocati e procuratori, notai, consulenti del lavoro, commercialisti, architetti e ingegneri, giornalisti eccetera), e quelle di più recente istituzione regolate dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, a seguito e in ottemperanza di una norma di delega della riforma Dini, la legge 8 agosto 1995, n. 335 (ne cito alcune: casse degli psicologi, dei periti industriali, dei biologi, degli infermieri o di una cassa intracategoriale che raccoglie diverse categorie professionali ad essa iscritte).
Le casse di più antica istituzione - quelle previste dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 - furono costituite a suo tempo con il sistema retributivo e sono state in grado, approfittando di anni in cui vi era un rapporto molto favorevole tra iscritti e pensioni e quindi dei notevoli avanzi di gestione, di erogare prestazioni adeguate anche a fronte di un basso livello di contribuzione. Oggi questa impostazione non è più sostenibile per tanti motivi, così le casse hanno dovuto predisporre delle riforme, tra cui la più importante è stata sicuramente l'introduzione del metodo contributivo per i professionisti più giovani i quali, in considerazione Pag. 3del basso livello dell'aliquota contributiva, si preparano a vivere un gramo avvenire da pensionati.
Questa condizione, cioè il fatto di essere regolati dal sistema contributivo, è la regola per le nuove casse istituite per legge con il calcolo contributivo per tutti gli iscritti; pertanto, essendo basse le aliquote contributive, anche i trattamenti saranno modesti. Si calcola che per queste casse istituite ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, il tasso di sostituzione non arriverà al 20 per cento dell'ultimo reddito, perché, come si dice - senza offesa per nessuno - il sistema contributivo è come un albergo spagnolo, dove ci si trova solo quello che si porta.
Il provvedimento all'esame dell'Aula è un primo contributo per sanare questa situazione, in che modo onorevoli colleghi? Nelle casse esistono due tipi di contributi: quello soggettivo a carico del libero professionista e quello integrativo che è fatturabile dal professionista al cliente. Qui si pone una prima esigenza: mentre nelle casse regolate dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, il contributo integrativo ha un plafond massimo del 5 per cento, nelle casse istituite dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, tale plafond si ferma, a legislazione vigente, al 2 per cento.
La proposta avanzata dalla proposta di legge Lo Presti è rendere uniformi al livello del 5 per cento ambedue i massimali. Le casse così sono autorizzati, se disciplinate dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, ad aumentare i contributi. Le stesse casse regolate dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, sono altresì autorizzate a destinare una parte del contributo integrativo, ora riservato ad interventi di carattere assistenziale, a miglioramenti dei trattamenti dei professionisti a cui si applica il sistema contributivo. Si tratta, come ho detto all'inizio, dei nuovi iscritti, quindi delle generazioni più giovani appartenenti alle diverse categorie. Ovviamente, anche se le casse sono autonome, trattandosi di previdenza obbligatoria, le riforme dovranno sempre essere sottoposte all'approvazione del Governo. Questa è una garanzia per i professionisti innanzitutto, per i conti pubblici e per alcune preoccupazioni cui farò riferimento tra qualche minuto.
Si è posta nella discussione una preoccupazione: è giusto che le casse aumentino proprio quel contributo che possono fatturare ai clienti, in questo modo scaricando il miglioramento del loro trattamento pensionistico futuro sulle spalle dei clienti e, quindi, degli utenti?
In proposito, informo che i «capigruppo» della Commissione lavoro, come già fatto anche in altre sedi, hanno predisposto un ordine del giorno, che sarà sottoposto all'Aula, con il quale si impegna il Governo a pretendere che vi sia sempre un equilibrio tra contributo soggettivo e contributo integrativo, soprattutto nel caso di incremento del secondo. Quindi, essendo il Governo il dominus della materia, quello che doveva dire l'ultima parola sulle deliberazioni autonome delle casse, credo che da questo punto di vista l'impegno che l'Aula darà al Governo potrà garantire che ci sia un equilibrio fra la ratio e le diverse tipologie dei due contributi a carico dei liberi professionisti.
Si tratta di un provvedimento semplice, ma importante, che, mi auguro, troverà in queste ore un voto unanime ed un'approvazione definitiva, facendo così del bene ad una categoria che ha tanti problemi e che almeno ne troverà risolto uno. Questo voto segnerà un passaggio importante, ma certo non risolve la questione della previdenza ai liberi professionisti, anche se in Commissione lavoro sono incardinate due proposte di legge, una a prima firma dell'onorevole Damiano, l'altra a prima firma dell'onorevole Di Biagio, che affrontano in maniera più organica e compiuta questa materia (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, questa proposta di legge, come è stato Pag. 4appena adesso ricordato dall'onorevole Cazzola, ci torna dal Senato con limitate modifiche. È stato oggetto di una lunga discussione in Commissione lavoro, che ha consentito di approfondire in modo importante questa materia. Come abbiamo già detto in circostanze precedenti, come Partito Democratico, noi pensiamo che la proposta in discussione rappresenti senz'altro un passo avanti compiuto in direzione di un sostegno concreto agli iscritti alle casse professionali. Di qui la nostra adesione, che abbiamo dimostrato e che coerentemente intendiamo sostenere anche in Aula.
I liberi professionisti, al pari dei lavoratori dipendenti, hanno naturalmente diritto a beneficiare di adeguate prestazioni previdenziali e assicurative. Sappiamo che la situazione nuova delle casse previdenziali porta ad una condizione che va valutata. Non si possono erogare prestazioni pensionistiche che non siano corrispondenti, soprattutto a seguito del sistema contributivo, a quanto si versa nel corso della vita. Questo naturalmente porta ad una previsione molto pessimistica per quanto riguarda la possibilità di avere una pensione adeguata, in quanto le giovani generazioni con questo nuovo sistema potrebbero avere un tasso di sostituzione significativamente più basso, si parla del 20 per cento, rispetto al reddito percepito nel corso dell'attività professionale.
In particolare, la situazione delle professioniste donne appare oltremodo critica, laddove esse percepiscono una pensione che ammonta, secondo le statistiche, a circa la metà di quella percepita dagli uomini, scontando i periodi di interruzione dovuti ai servizi di cura alla famiglia e quant'altro. Dunque, anche in questo caso si ricalca la medesima situazione che caratterizza il settore privato, dove le donne risultano essere particolarmente penalizzate. Di qui la necessità di un aumento delle aliquote che riesca a sanare una situazione di disparità di trattamento estremamente sfavorevole per alcune casse previdenziali.
In questo contesto, comunque, considerando che, anche in questo caso, vi sono elementi di criticità, che vanno ricordati, sarebbe auspicabile un intervento legislativo a favore degli iscritti alle casse previdenziali privatizzate che affronti il problema di una riforma ampia ed organica del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509. Sarebbe opportuno che le casse potessero assolvere ai compiti assegnati dalla Carta costituzionale allo Stato e da questi devolute alle associazioni e alle fondazioni in un contesto favorevole, più definito e più stabile dell'attuale.
Vi è, inoltre, l'esigenza di valutare seriamente l'opportunità di una più complessiva rivisitazione e razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali privati, rispetto ai quali rimane fondamentale l'obiettivo della sostenibilità dei bilanci, anche in conseguenza dell'attuale situazione di crisi economica e di taluni investimenti, che abbiamo ritenuto un po' azzardati, intrapresi da alcune casse tra quelle privatizzate.
In questo senso, vi sono proposte di legge già depositate dal nostro gruppo - sono il primo firmatario - che ci auspichiamo siano al più presto posti all'ordine del giorno delle Commissioni di competenza, vi è una discussione in corso, vi è anche il confronto con la proposta dell'onorevole Di Biagio. Si tratta di arrivare, diciamo così, a proseguire questo tipo di lavoro per arrivare ad una sintesi.
Il sistema previdenziale dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione si caratterizza, come è già stato ricordato, per l'originalità della formula giuridica adottata per gli organismi deputati a garantirne obbligatoriamente l'assicurazione in caso di invalidità e di vecchiaia, come previsto, del resto, dall'articolo 38 della Costituzione.
Questo settore vanta un'esperienza di 15 anni per le cosiddette casse di prima generazione, privatizzate in base al decreto legislativo n. 509 del 1994, e più di dieci anni per le cosiddette casse di seconda generazione, costituite con il decreto legislativo n. 103 del 1996. Riteniamo positiva la valutazione complessiva Pag. 5di tale esperienza, sebbene le casse si siano trovate ad operare in un contesto di incertezza normativa.
Le categorie professionali interessate hanno registrato una dinamica demografica e reddituale mediamente sostenuta, con conseguente beneficio per le rispettive casse di previdenza. Le relative gestioni hanno assunto carattere di sempre maggiore complessità, anche derivante dall'accumulo delle riserve da fattori esogeni, tra i quali, tra l'altro, le modifiche dei requisiti di accesso all'esercizio della professione, la mobilità interprofessionale e la crescente longevità degli associati.
È opportuno che le casse possano assolvere ai compiti assegnati dalla Carta costituzionale allo Stato e da questi devolute alle associazioni e alle fondazioni in un contesto, quindi, che sia chiaramente più favorevole, come abbiamo ricordato. Ciò induce, dunque, a ritenere giunto il momento di procedere a quello che ho definito un riassetto organico della disciplina, da perseguire attraverso uno specifico intervento legislativo, in coerenza con le linee guida contenute nel memorandum sottoscritto l'8 aprile 2008 dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale - ricordo che a quel tempo ero Ministro del lavoro - e l'associazione degli enti previdenziali privati, l'AdEPP.
In tale ottica, si intendono affrontati quei temi e quelle criticità individuati nel richiamato documento di indirizzo, sottoscritto con le associazioni professionali al fine di assicurare il rafforzamento degli istituti previdenziali e dei margini di efficienza e trasparenza delle gestioni, nell'interesse del miglioramento e dell'estensione delle prestazioni per gli associati.
Quindi, la proposta di legge che stiamo discutendo è, come ho ricordato, sicuramente un passo avanti, ma è urgente affrontare una vera riforma. A seguito dell'adozione da parte delle casse previdenziali privatizzate, al netto del calcolo contributivo delle prestazioni pensionistiche, della presenza di aliquote contributive estremamente contenute, si rendono necessari interventi volti ad incrementare la base di calcolo del trattamento pensionistico, espressa dai montanti contributivi, al fine di garantire un'accettabile adeguatezza dei trattamenti pensionistici in continuità con il reddito professionale percepito al momento della cessazione dell'esercizio della professione.
Si è creata, infatti, una situazione di eccessiva disparità tra reddito percepito dai professionisti e ammontare pensionistico di questi percepito al termine della vita professionale; questo, come previsione, riguarda soprattutto le nuove generazioni.
Non ci entusiasma - lo vogliamo sottolineare - il fatto che, come veniva ricordato, l'aumento ricada direttamente sui clienti, in questa circostanza. La proposta, infatti, prevede che sia riscosso direttamente dal professionista all'atto del pagamento, previa evidenziazione del relativo importo sulla fattura. Quindi, il cliente ha il diritto di essere informato e di sapere, ma, comunque, pagherà questo aumento.
Sarà interesse del professionista fatturare tutto per avere una pensione più consistente e, contemporaneamente, questo sarà un miglioramento anche per il fisco, ma, lo sottolineiamo, pagherà il cliente.
Esiste, inoltre, anche un concreto pericolo per questi enti, soprattutto se di recente istituzione, che oggi si trovano in una situazione apparentemente invidiabile del punto di vista delle risorse finanziarie. Infatti, poiché tale situazione deriva dalla pressoché assoluta mancanza di pensionati, vi è il rischio che, proseguendo nella gestione, si possa registrare un significativo peggioramento dei bilanci nel momento in cui tali casse dovranno cominciare ad erogare un numero significativo di prestazioni. Tale rischio può presentarsi in misura ancora più marcata per quelle casse che, attualmente, non sono transitate ad un regime di natura contributiva.
La proposta di legge in esame reca disposizioni volte a permettere agli enti previdenziali istituiti ai sensi del decreto legislativo n. 103 del 1996, relativo ai liberi professionisti, di elevare la misura del contributo integrativo. Tale proposta, quindi, è volta ad equiparare, sotto questo Pag. 6aspetto, la disciplina relativa a tali enti con quella vigente per gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994, per consentire di liquidare trattamenti pensionistici migliori. È importante ricordare che il problema di riuscire a garantire una pensione più alta riguarda tutti. Noi del gruppo Partito Democratico abbiamo presentato una proposta di legge, che riguarda anche i lavoratori dipendenti, per garantire un tasso di sostituzione del 60 per cento nel rapporto tra retribuzione e pensione per quanto riguarda le nuove generazioni soggette al sistema contributivo. Per molti anni, infatti, nel nostro Paese il termine lavoro dipendente equivaleva ad un contratto a tempo indeterminato, ad una vita lavorativa lunga senza interruzione: 35, 40 anni per andare in pensione, 55 anni di età se donna e 60 se uomo sino al 1992. Erano previsti risultati pensionistici pari al 2 per cento l'anno per ogni anno effettuato e calcolato sugli ultimi cinque anni di lavoro, sempre sino al 1992 e, attualmente, sugli ultimi dieci anni e l'innalzamento, a partire sempre dalla data del 1992, è stato graduale.
Il senso comune generale spingeva alla ricerca di un lavoro sicuro in un'azienda, soprattutto se questa era grande e con un tipo di contrattualità collettiva. Se l'azienda era piccola la sicurezza del contratto veniva sostituita da un clima più comprensivo rispetto a quello della grande azienda. Questo sistema aveva creato un senso di sicurezza nel futuro soggettivo per cui ci si aspettava che con quarant'anni di lavoro si potesse vivere con l'80 per cento di quanto si era guadagnato lavorando. L'allungamento dell'aspettativa di vita ha portato alla consapevolezza che il sistema non avrebbe potuto reggersi in equilibrio. Si sono avviate quindi riforme che, oltre ad avere un significato economico, hanno modificato culturalmente il senso comune del rapporto che intercorre tra lavoro, tempo e pensione. Tutte riforme, lo voglio ribadire, fatte attraverso uno strumento fondamentale come quello della concertazione, cosa che non è avvenuta con l'attuale Governo che ha dato luogo ad una serie di cambiamenti per quanto riguarda il successivo adeguamento del momento dell'uscita verso la pensione alla cosiddetta aspettativa di vita, l'adeguamento a 65 anni del momento di uscita per quanto riguarda le donne della pubblica amministrazione per la pensione di vecchiaia e il previsto, annunciato in questi giorni, adeguamento, addirittura, anche per le donne dei settori privati - dopo che il Governo aveva sempre dichiarato che questo non sarebbe mai avvenuto e dopo il cambiamento anche della possibilità di andare in pensione con 40 anni di contributi versati attendendo addirittura un altro anno, quindi con il rischio, per il lavoratore in mobilità, di non avere la mobilità e il sostegno pensionistico - senza nessuna adeguata concertazione con le parti sociali. Sto per concludere, signor Presidente.
Per tutti questi motivi, che ho enunciato attraverso il richiamo al senso più generale delle riforme pensionistiche attuate a partire dal 1992 e proseguite nel 1995, 1997 e negli anni successivi non crediamo che con la proposta di legge in esame si affronti in modo risolutivo la questione delle casse dei liberi professionisti, ma che, comunque, si vada nella giusta direzione anche se per noi rimane fondamentale, anche per questa tipologia di attività, pensare ad una riforma complessiva degli istituti previdenziali di riferimento.
Contiamo, inoltre, quindi che si possa arrivare in Aula ad un'approvazione e anche che, successivamente, con il lavoro che abbiamo predisposto nella Commissione lavoro, si possano creare le condizioni per portare avanti quelle proposte di legge, attualmente in discussione nella Commissione lavoro, che parlano di una sistemazione più complessiva per quanto riguarda le casse dei professionisti (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, annuncio subito la brevità del Pag. 7mio intervento in quanto già chi mi ha preceduto, in special modo il relatore Cazzola, ha approfondito la materia e la proposta di legge che ci troviamo ad affrontare per la seconda volta in quest'Aula dopo le modifiche apportate dal Senato. Tengo a sottolineare che anche noi siamo preoccupati ovviamente delle prospettive della reale pensione che questi professionisti potrebbero avere, una volta entrati in età pensionabile, ovvero un quinto del loro ultimo stipendio. Ciò vuol dire, semplificando, che se una persona prendesse anche un buono stipendio di duemila euro al mese, si troverebbe una pensione di 400 euro, risorse chiaramente non adeguate per mantenere se stessi e la propria famiglia. Dunque per questo abbiamo espresso il nostro voto favorevole, anche in Commissione, come Lega Nord a questa proposta di legge.
È altrettanto chiaro, però, che spetterà al Governo vigilare affinché le casse utilizzino realmente questo aumento del contributo integrativo per il miglioramento del trattamento previdenziale degli iscritti. Dico questo, perché la proposta di legge Lo Presti, che abbiamo votato, non prevede l'obbligo, ma la possibilità dell'aumento al 5 per cento. Dunque, il Governo a cui spetta vigilare e approvare le istanze e le decisioni che arriveranno dalle casse - e sull'argomento presenterò anche un ordine del giorno - dal nostro punto di vista dovrà vagliarle e dare, per così dire, l'approvazione all'aumento, esclusivamente se si va a migliorare il sistema, ovvero la reale pensione dell'iscritto.
Non vorremmo mai - e ovviamente segnaleremo ciò anche nell'ordine del giorno cui ci auguriamo il Governo dia parere favorevole - che queste risorse aggiuntive venissero utilizzate o per l'amministrazione o, nei casi peggiori, per risanare il bilancio di qualche cassa. Quindi vogliamo vincolarle. Sappiamo che il contributo del 2 per cento non può esser utilizzato in questo modo, però vogliamo avere questa garanzia, poiché crediamo che uno sforzo vada fatto, ma vada fatto se c'è un reale beneficio per l'iscritto.
Non a caso siamo anche noi cofirmatari dell'altro ordine del giorno, firmato da tutti i capigruppo delle rappresentanze politiche di questo Parlamento, con cui impegniamo il Governo anche a vincolare, o meglio proporzionare, l'aumento del contributo integrativo a quello del contributo soggettivo e questo anche per un principio che riteniamo importante, ovvero, se deve esserci, come è giusto che ci sia, un miglioramento del trattamento previdenziale, questo miglioramento deve essere apportato da uno sforzo comune, non solamente del cliente, ma chiaramente anche del professionista.
Detto questo, quindi, spero che riusciremo ad approvare con l'unanimità di quest'Aula questa proposta di legge. È altrettanto vero che sono ben speranzoso, visto come è andata la prima volta in Commissione e in Aula, sia alla Camera dei deputati che al Senato. E dunque, con la speranza che il Governo esprima parere favorevole su entrambi gli ordini del giorno, concludo il mio intervento (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, di quanto tempo dispongo?

PRESIDENTE. Massimo trenta minuti.

ANTONINO LO PRESTI. Vedrò di sfruttarli tutti. Scherzo, ovviamente.

PRESIDENTE. Sa quanto fa piacere al suo Presidente questa notizia. Ma io la conosco bene. So che lei sarà, come sempre, molto, molto autorevole, ma sintetico.

ANTONINO LO PRESTI. Lei è molto gentile, signor Presidente, ho già visto i colleghi in preda al panico ma li voglio rassicurare: pur essendo questa una proposta di legge da me presentata e della quale insieme a tanti colleghi andiamo sufficientemente orgogliosi perché affrontiamo un problema rilevante, non mi dilungherò molto, soprattutto considerando Pag. 8il fatto che lo stesso relatore ha già ben delineato il contenuto della proposta, il suo campo di applicazione, i suoi effetti e la sua validità.
Desidero soltanto ricordare che si tratta veramente della prima, vera, autentica riforma che riguarda il mondo delle professioni. Essa riguarda il settore delle pensioni ma anche il mondo delle professioni verso il quale da tempo si sono incentrate le attenzioni del mondo politico, ma che mai ha avuto la possibilità di ottenere quelle riforme che attende da tempo.
Colgo l'occasione per ricordare come da anni in quest'Aula, nel Parlamento e nel Paese ogni tanto si dibatte sulla necessità di affrontare il tema della riforma delle professioni italiane che poi puntualmente viene accantonato e dimenticato.
Oggi, seppure intervenendo in un settore particolare che è quello del sistema previdenziale, il mondo delle professioni riceve la sua vera, prima e autentica riforma; una mini riforma, è stato ricordato, di un solo articolo, ma di una portata rilevante, non fosse altro perché interviene nel settore al quale, in tutte le società, si devono riservare la maggiori attenzioni, ovvero il settore dei giovani, il settore lavorativo nel quale soprattutto i giovani, sia in campo privato che libero-professionale, si impegnano ed operano.
Perché questa riforma riguarda soprattutto costoro? Perché, secondo il meccanismo che è stato spiegato molto bene dal collega Cazzola e ricordato anche dal collega Damiano, essa può garantire in futuro un'implementazione del cosiddetto tasso di sostituzione, in base al quale, alla fine del ciclo lavorativo del professionista, si può arrivare ad ottenere una pensione parametrata, proporzionata e quanto più vicina possibile all'ultimo reddito percepito.
Infatti, è cambiato il sistema, che non è più retributivo ma contributivo: quindi, non è più il Paese di Bengodi di una volta quando si andava in pensione sia nel pubblico che nel privato (sebbene ancora oggi vi siano delle sacche che permangono, per la verità, nel sistema professionale privato) con l'ultima retribuzione percepita o con una quota molto vicina ad essa (nel caso dei professionisti non parliamo di retribuzione ma di reddito mensilmente ripartito).
Con la riforma in oggetto diamo un grande aiuto non tanto alle casse; non capisco le perplessità dei colleghi che mi hanno preceduto sul fatto che tale contributo possa essere utilizzato per ripianare i debiti delle casse. Le casse, le cui amministrazioni conosciamo tutti molto bene, non sono così stolte da pensare ciò, ma hanno la preoccupazione, invece, oltre che di garantire la sostenibilità, di assicurare ai giovani, che con il sistema contributivo oggi possono sperare in un tasso di sostituzione inferiore e prossimo al 30 per cento, un tasso di sostituzione migliore, a seguito dell'applicazione del provvedimento in esame.
Non sarà ovviamente un toccasana perché il miglioramento sarà nell'ordine, forse, del 10 per cento ulteriore, tuttavia è una strada che le casse dei professionisti cominciano già a percorrere e che potrà portare in futuro, con adeguate riforme che le casse dovranno presentare al Governo, a un netto miglioramento del sistema previdenziale dei professionisti italiani.
Ovviamente approfitto di questa occasione anche per correggere alcuni luoghi comuni che questa riforma (questo articolato) ha prodotto e incentivato, e anche nel corso di questo dibattito ne è ridondato qualcuno. Mi riferisco in particolare al seguente luogo comune: questa riforma chi la paga, la paga il cliente? È vero in parte, perché il contributo integrativo - che è ovviamente a carico del cliente - ormai nella prassi della parcellazione, della stesura delle fatture da parte dei professionisti, è di fatto inglobato nell'onorario che il professionista richiede nel momento in cui tratta con il cliente una certa prestazione; quindi, il cliente non viene mai gravato in modo analitico del contributo, e non si dice mai al cliente che come compenso sono dovute x lire oltre il contributo, ma il compenso viene determinato sempre forfetariamente, e su questo Pag. 9compenso poi il professionista effettua le relative parcellazioni delle aliquote IVA e CPA.
Quindi, il contributo viene di fatto inglobato: è una prassi che ormai tutte le pubbliche amministrazioni usano quando trattano con i professionisti (le delibere di incarico prevedono l'importo onnicomprensivo di IVA e CPA, anzi - meglio - di CPA e di IVA).
Qui vengo al secondo luogo comune che ha prodotto quell'inciso dell'articolato che ha imposto il Senato, di cui francamente si poteva fare a meno, perché l'espressione «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse» è assolutamente pleonastico, anzi di fatto contraddice quello che invece sarà poi il vero vantaggio che l'erario otterrà da questa riforma.
Infatti, paradossalmente, non ci saranno oneri - come avevamo sempre detto e sostenuto - ma ci saranno vantaggi per l'erario, perché nel momento in cui si aumenta il contributo integrativo su di esso viene calcolata l'aliquota IVA e, quindi, automaticamente ci sarà un incremento delle entrate per l'IVA.
Quindi, lo Stato ne trae un vantaggio: altro che preoccupazioni per eventuali oneri a carico dello Stato! È tutto un vantaggio. Anche questo è un luogo comune che ha fatto perdere tempo al Senato, che ha fatto perdere tempo a questa riforma. Difatti, non lo vediamo qui plasticamente perché è evidente che non ce ne possiamo rendere conto, ma chi segue la stampa specializzata sa quanto questa riforma è attesa dalle casse, quanto questa riforma è attesa dal silente mondo dei professionisti italiani, che (senza distinzione di età) vedono in questo primo tassello un importante contributo non soltanto per migliorare l'adeguatezza delle prestazioni, ma anche per avviare e sostenere quel processo di riforme che poi è finalizzato a garantire la sostenibilità di un sistema che dallo Stato non vuole nulla. Dallo Stato pretende soltanto controlli seri, adeguati, non vuole che venga intaccata la propria autonomia, e pretende soprattutto dallo Stato e dal Governo che non vi siano vessazioni di sorta nei confronti di questo mondo.
Il dibattito oggi non lo consentirebbe, ma si potrebbe anche parlare di quelle che sono le casse di previdenza dei professionisti italiani che purtroppo non godono di quei benefici di cui gode invece la previdenza cosiddetta privata.
Con riguardo, quindi, anche al luogo comune di cui parlavo poco fa, cioè quello che ha aperto poi un dibattito (se fosse o meno giusto scaricare sul cliente il costo di questa riforma), voglio dire e ricordare ai colleghi, e a tutti coloro che si sono posti questo problema, che la previdenza è un fatto non soltanto di solidarietà tra generazioni, ma anche di solidarietà diffusa nell'ambito del più complesso e vasto tessuto sociale.
E a che cosa mi riferisco? Al fatto che se, effettivamente, i professionisti italiani chiedono «un piccolo sacrificio», lo dico tra virgolette, ai propri clienti, non c'è nulla di straordinario; consideriamo che i professionisti italiani, al pari di tutti gli altri cittadini che pagano le tasse, contribuiscono, almeno per un terzo, con la fiscalità generale, al pagamento del sistema pensionistico privato. L'INPS gode dei trasferimenti dello Stato che non sono altro che soldi prelevati dalle tasse che paghiamo tutti noi. Serve un patto di solidarietà tra lavoratori: professionisti che aiutano evidentemente il sistema privato, pagando la propria quota di tasse per mantenere il sistema in equilibrio e cittadini che utilizzano le prestazioni dei professionisti al fine di contribuire, con un piccolo sacrificio, con un piccolo aumento di una percentuale di contributo integrativo, a mantenere in equilibrio il sistema previdenziale dei professionisti italiani. Cosa c'è di straordinario? Perché gridare allo scandalo? E mi stupisce che il collega Damiano abbia sottolineato questo aspetto; mi stupisce anche che altri colleghi abbiano voluto evidenziare questo aspetto quasi a voler tutelare la posizione del consumatore. Ma che c'entra! In questo caso non parliamo di lotte tra professionisti e consumatori, ma della necessità Pag. 10di garantire un sistema che, se dovesse andare in default, sarebbe scaricato interamente sul contribuente italiano, su tutti i cittadini italiani.
Riconduciamo allora il dibattito nell'alveo della correttezza, anche di carattere economico e istituzionale. Concludo questo mio intervento, ringraziando, innanzitutto, i colleghi della Commissione lavoro della Camera che hanno veramente svolto una grande attività e, in particolare, il collega Cazzola che si è sobbarcato l'onere di fare da relatore di questa proposta. Ovviamente, ringrazio soprattutto anche coloro i quali, dall'esterno, con la loro attività, con la loro opera di moral suasion nei confronti di tutte le forze del Parlamento, sono riusciti a condurre in porto questa iniziativa e mi riferisco, in particolare, all'ADEPP che raccoglie e riunisce tutte le Casse di previdenza dei professionisti italiani e che, ovviamente, a buon titolo, può ascriversi anche il merito di avere promosso, sostenuto e incentivato l'iter di questa proposta di legge (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, approvato in prima lettura dalla Camera e in seconda lettura dal Senato, affronta il tema dell'adeguatezza e della sostenibilità dei trattamenti pensionistici. Com'è stato più volte evidenziato, anche nel corso delle letture precedenti, si discute una disposizione recante la modifica dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 103 del 1996, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti di attività libero-professionali iscritti in albi ed elenchi. Si intende dare la possibilità alle Casse di previdenza professionali di nuova generazione di un innalzamento del contributo integrativo sul volume d'affari fino al 5 per cento, con destinazione di parte del contributo all'incremento dei montanti individuali. Nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte due sole modifiche su indicazione della Commissione bilancio che, pertanto, costituiscono l'unico oggetto di esame in quest'Aula. Le modifiche riguardano la previsione che il contributo debba essere fissato tra il 2 ed il 5 per cento del fatturato lordo - alla Camera, in prima lettura, avevamo previsto solo il limite massimo del 5 per cento e non anche quello minimo del 2 -, nonché la previsione che la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti.
L'obiettivo principale del provvedimento è quello di migliorare le prestazioni pensionistiche da parte delle casse che applicano appunto un sistema contributivo e non sulla media degli ultimi redditi percepiti come invece avviene e prevede il sistema retributivo. La novità riguarda anche le casse di previdenza dei dottori commercialisti e ragionieri che, allo stato attuale, applicano un integrativo del 4 per cento. La riforma mette sullo stesso livello i professionisti iscritti ad una cassa di nuova generazione e quelli iscritti ad un ente di vecchia generazione. Tutti potranno destinare le nuove risorse alle pensioni. Il quadro normativo descritto ha subito molti mutamenti con conseguente incertezza dell'orizzonte previsionale. L'andamento della gestione di queste casse ha risentito e risente della variazione nel tempo della dinamica demografica degli iscritti e di quella reddituale, soprattutto dei professionisti più giovani. L'aumento progressivo della longevità dei beneficiari delle prestazioni, a fronte della riduzione della consistenza dei versamenti dei nuovi iscritti, pone seri problemi di sostenibilità gestionale delle casse, in prospettiva, per il futuro.
La finalità del provvedimento in esame è di costituire comunque un vantaggio, un passo verso l'autonomia delle casse e a sostegno dell'adempimento delle loro finalità costituzionali.
La previsione contenuta in questa norma, che riconosce la facoltà per le casse che adottano il sistema di calcolo Pag. 11contributivo, di destinare una parte del contributo integrativo, che qui viene incrementato, ad aumentare la consistenza dei montanti individuali, può rappresentare in futuro un aumento delle pensioni per gli aventi diritto, ma probabilmente in misura ancora troppo esigua.
Le nuove casse pagano, in base alle disposizioni normative ad oggi vigenti, pensioni molto basse, che segnano uno scarto marcato rispetto ai redditi medi di vita attiva e produttiva dei loro aderenti.
Questo scarto colpisce in misura particolare ed inaccettabile le professioniste donne, che arrivano a percepire pensioni che ammontano a circa la metà di quelle dei colleghi uomini, a causa dei periodi di interruzione contributiva dovuti alla maternità e agli impegni di cura in favore dei figli e della famiglia.
Inoltre, i nuovi iscritti, i giovani, hanno di fronte a sé una prospettiva anche peggiore: stime attuariali calcolano che le categorie a reddito più debole e discontinuo, iscritte alle nuove casse, riceveranno pensioni pari a circa il 25 per cento del loro reddito medio.
Si discute di un problema che è uno dei principali del nostro welfare e che riguarda il futuro e la qualità del lavoro dei giovani e della loro autonomia.
Con tale intervento normativo, anche sulla base di quanto evidenziato nella relazione illustrativa, si potrebbe avere anche la piena attuazione dell'articolo 1, comma 763, della legge finanziaria per il 2007 il quale, modificando l'articolo 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, ha recato disposizioni per garantire l'equilibrio finanziario degli enti previdenziali privatizzati. Inoltre, la relazione evidenzia come il provvedimento in esame non avrebbe alcun impatto inflattivo, in quanto le prestazioni rese dai professionisti iscritti agli enti di previdenza privati, istituiti ai sensi del citato decreto legislativo, non sono inserite nell'elenco considerato dall'ISTAT, il cosiddetto paniere, al fine del calcolo del tasso di inflazione.
La proposta in esame ha già incontrato anche in Senato, oltre che in prima lettura alla Camera, la sostanziale unanimità dei gruppi.
Il sistema previdenziale dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione presenta una struttura peculiare, assai differente rispetto a quello previsto per il lavoro dipendente, per quanto concerne gli organismi deputati a garantire quei «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» cui, in base all'articolo 38 della Costituzione, tutti avrebbero diritto.
Ritengo che i liberi professionisti, al pari dei lavoratori dipendenti, abbiano diritto a beneficiare di adeguate prestazioni previdenziali e assicurative, cosa che attualmente non avviene in quanto essi percepiscono pensioni significativamente basse, con una rilevante disparità rispetto al reddito percepito nel corso dell'attività professionale.
La possibilità di aumento delle aliquote è uno strumento per tentare di sanare, almeno in parte, una situazione di disparità di trattamento estremamente sfavorevole per alcune casse previdenziali.
Esiste, inoltre, un concreto pericolo per questi enti, soprattutto se di recente istituzione: molti di essi, infatti, si trovano oggi in una situazione apparentemente invidiabile dal punto di vista delle risorse finanziarie, poiché ad un buon numero di professionisti contribuenti si affianca un numero relativamente basso di pensionati utenti. Il rischio ovvio è che, proseguendo nella gestione, si possa registrare un significativo peggioramento dei bilanci, nel momento in cui la tendenza cominciasse anche solo a riequilibrarsi e tali casse dovranno cominciare ad erogare un numero significativo di prestazioni.
In conclusione, ribadisco quanto già sostenuto dal mio gruppo durante la discussione in prima lettura in Aula e in Commissione lavoro: che si condivide, cioè, l'intervento normativo proposto visto il suo carattere solidaristico verso tutto il sistema previdenziale privatizzato. Pag. 12
Tuttavia, auspichiamo che le condivisibili finalità della proposta di legge in discussione possano essere inserite all'interno di un futuro complessivo processo organico di riforma degli organi previdenziali privatizzati. La necessità della riforma organica che auspichiamo è animata anche dalla consapevolezza che occorre considerare e prevedere la possibilità, che è verosimile, di peggioramenti dei bilanci nei prossimi anni a causa dell'erogazione di un numero consistente di prestazioni che potrebbe mettere le casse degli istituti privati nelle condizioni di non poter gestire adeguatamente la richiesta.
Approviamo lo spirito che sottende il provvedimento, perché confidiamo che possa garantire agli iscritti un accrescimento delle prestazioni attraverso l'incremento dei montanti e non semplicemente un aumento del patrimonio delle casse stesse. Ci auguriamo che il testo in discussione possa costituire un primo significativo tassello del più articolato mosaico rappresentato dalla riforma della previdenza dei professionisti italiani (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, a questo punto del dibattito direi che molto è già stato detto, per non dire tutto. Pertanto, vorrei sottolineare solo due questioni generali.
La prima questione non riguarda solo le casse, ma tutto l'atteggiamento nei confronti del sistema previdenziale. È un sistema che dobbiamo mantenere in equilibrio non solo dal punto di vista finanziario, ma anche da un punto di vista sociale; un equilibrio che riguarda la qualità e l'adeguatezza delle prestazioni. Ciò vale sia per il sistema pubblico sia per il sistema privato, ancorché obbligatorio, come quello delle casse.
La seconda questione concerne il fatto che tale equilibrio va ricercato da parte di tutti - in questo caso, mi riferisco soprattutto alle casse previdenziali private -, essenzialmente nell'equilibrio fra i contributi e le prestazioni. Ho il timore che molte casse pensino che la loro struttura finanziaria, il sistema complessivo a cui fare riferimento guardi più alla capacità di gestione e al volume dei patrimoni piuttosto che all'adeguatezza delle contribuzioni.
Credo che l'approvazione dell'ordine del giorno richiamato dal relatore Cazzola sia un elemento fondamentale in questa direzione. Ho testé sottoscritto un ordine del giorno propostomi dal collega Federica che propone o, meglio, invita il Governo, nel momento in cui deve approvare gli aumenti dei contributi, ad imporre alle casse un uso finalizzato all'adeguatezza delle prestazioni professionali, evitando la tentazione di utilizzare questo aumento di contribuzione per sistemare alcune questioni di carattere eccezionale, che la crisi finanziaria e le difficoltà del mercato immobiliare hanno presentato e rischiano di presentare per molte casse.
Quello che stiamo per approvare è un passo in avanti verso l'obiettivo della sostenibilità e l'adeguatezza. Tuttavia, credo anch'io sia giunto il momento di mettere mano, complessivamente, al sistema. Infatti, vi sono casse nate in tempi diversi, casse che utilizzano il sistema retributivo, casse che utilizzano il sistema contributivo e casse miste. Inoltre, vi sono casse che rischiano di andare in grossa difficoltà, perché il loro rapporto con gli albi professionali non è più così chiaro - e mi riferisco alla cassa dei ragionieri o dei geometri, per citare le più rilevanti -, o casse che vanno in difficoltà perché, ad esempio, l'introduzione del numero chiuso nelle università rischia di ridurre fortemente la platea futura dei soggetti iscritti a quelle casse.
Forse bisognerà pensare ad alcuni accorpamenti o ad un diverso legame fra la cassa previdenziale e l'albo cui fa riferimento. Insomma, vi è da lavorare su questo tema. Ribadisco che il PD appoggia e voterà favorevolmente questo primo passo, nella speranza che sia solo il primo di una riforma più organica (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

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GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, vorrei anch'io svolgere alcune considerazioni a proposito del provvedimento in esame. Il mondo previdenziale delle casse dei professionisti è regolato, come è stato ricordato, dal decreto legislativo n. 509 del 1994 per quanto riguarda gli ordini di più antica costituzione - penso, ad esempio, a quello dei medici, dei veterinari, degli ingegneri, degli architetti e altri ancora - e dal decreto legislativo n. 103 del 1996 per le cosiddette nuove professioni, quali periti industriali, infermieri che svolgono attività a livello professionale e altri professionisti quali geologi, biologi, psicologi e altri ancora.
Il provvedimento oggi in esame concerne la misura del contributo previdenziale dovuto dagli esercenti l'attività libero-professionale. È noto che la previdenza dei professionisti deve essere attenta soprattutto a due criteri, a due concetti fondamentali, che sono la sostenibilità e l'adeguatezza. Sul fronte della sostenibilità, vorrei dire - ai colleghi che mi hanno preceduto e che hanno espresso forti dubbi - che, con la legge finanziaria per il 2007, si è chiesto all'intero comparto di riformarsi, per garantire non più solo i 15 anni di sostenibilità, come era richiesto prima, ma 30 annualità, con respiro attento al quarantennio e, quindi, ad un'intera carriera contributiva del professionista.
Queste modifiche sono state apportate entro il 2010 da tutte le casse che lo dovevano fare - alcune erano già dentro questo parametro - con i criteri dettati dal Governo, nel successivo anno, il 2008. Tornando ai criteri di sostenibilità e di adeguatezza, e in riferimento alle casse previste dal decreto legislativo n. 103 del 1996, il primo criterio è assolutamente garantito, mentre nell'adeguatezza della rata sta il problema, perché, con pensioni che si aggirano attorno ai 200-300 euro o poco più al mese, ovviamente, non si può parlare di adeguatezza.
Proprio il decreto legislativo n. 103 del 1996 prevede dei contributi fissi all'anno che, poi, genereranno una rata fissa a loro volta, ma certamente insufficiente a garantire, quando avrà raggiunto il periodo della quiescenza, un tenore di vita adeguato a qualunque professionista.
Il provvedimento in esame, è bene ricordarlo, riguarda anche due casse, disciplinate dal sistema previsto dal decreto legislativo n. 509 del 1994, che adottano il sistema contributivo, e sono la cassa dei dottori commercialisti e quella dei ragionieri. Il provvedimento si limita per il momento - e comunque è certo un primo passo importante - ad attribuire la facoltà di modificare il contributo integrativo, quel contributo che viene applicato alle parcelle, portandolo dal 2 per cento fino al 5 per cento; ogni singola cassa avrà questa facoltà.
Si è discusso a lungo del fatto che questo possa in qualche modo essere scaricato sulle spalle dei cittadini e dei consumatori o del fatto che, in qualche modo, questa misura possa incidere ed influire negativamente sulle aliquote ISTAT. È certo, tuttavia, che questi sono denari che confluiscono in contributi previdenziali. Pertanto, visto che il sistema italiano prevede di delegare agli ordini professionali, attraverso le proprie casse, la gestione della raccolta dei contributi e, quindi, poi l'erogazione delle pensioni, è corretto che si vada in questa direzione perché è prevalente l'aspetto della contribuzione che è diretta comunque a migliorare la sostenibilità.
Certo, con i forti limiti e i vincoli previsti dal decreto legislativo n. 103 del 1996 bisognerà pensare anche ad altre future modifiche dirette a migliorare questa sostenibilità; tra queste si dovrà pensare anche, ad esempio, alla cosiddetta pensione modulare, una possibilità in più da sommare all'unico pilastro, peraltro di previdenza obbligatoria, e che consentirebbe l'accantonamento di maggiori risorse, tendendo così a rate di pensione che siano davvero dignitose.
Mi pare comunque di poter dire che dal mondo delle professioni, dal mondo delle casse ADEPP in particolare, venga un plauso per questo intervento, che può sembrare un intervento di nicchia, un po' particolareggiato, ma che comunque riguarda Pag. 14una realtà che doveva, per forza di cose, essere modificata attraverso lo strumento normativo. Oggi stiamo realizzando un lavoro utile, molto atteso e molto apprezzato dal mondo delle professioni.
Credo vada anche considerato che l'Italia è uno dei pochi Paesi europei in cui il sistema previdenziale privato prevede due «T» e una «E», quindi due momenti di tassazione e un solo momento di esenzione, mentre nel resto dell'Europa è esattamente l'opposto: tassate le rendite e le pensioni, sono esenti le contribuzioni. Questo peso, va ricordato, è per intero sulle spalle dei professionisti italiani.
In conclusione, non posso non sottolineare che nel passaggio al Senato e nel conseguente ulteriore ritorno alla Camera è trascorso ben un anno; in definitiva, al testo è stato aggiunto solo il riferimento che questa facoltà non porti nuovi oneri per la finanza pubblica. Il bicameralismo perfetto, in casi come questi, dimostra davvero tutti i suoi limiti.
Concludo affermando di essere assolutamente favorevole al provvedimento e per le altre considerazioni mi rifaccio a quelle svolte dal collega Cazzola (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1524-B)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Cazzola, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

LUCA BELLOTTI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è, quindi, rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Bruno Cesario ha cessato di far parte della Giunta per le autorizzazioni a seguito della sua nomina a sottosegretario di Stato e sarà pertanto in essa sostituito.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 15 giugno 2011, alle 10:

1. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche nei confronti del deputato Landolfi (Doc. IV, n. 11-A).
- Relatori: Paniz, per la maggioranza; Samperi e Palomba, di minoranza.

2. - Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
DONADI ed altri: Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province (C. 1990-A/R).
e delle abbinate proposte di legge costituzionale: SCANDROGLIO ed altri; CASINI ed altri; PISICCHIO; VASSALLO (C. 1836-1989-2264-2579).
- Relatore: Bruno.

3. - Seguito discussione della proposta di legge:
LO PRESTI ed altri: Modifica all'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, concernente la misura del contributo previdenziale integrativo dovuto dagli esercenti attività libero-profes- sionale Pag. 15iscritti in albi ed elenchi (Appro- vata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 1524-B).
- Relatore: Cazzola.

4. - Seguito della discussione della proposta di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva presentate):
SORO ed altri: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (C. 2802-A).
- Relatori: Costa, per la maggioranza; Concia, di minoranza.

(ore 15)

5. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (C. 4357-A).
- Relatori: Marinello, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

La seduta termina alle 17,15.