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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
16.
Martedì 17 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Falun Dafa:

Colombo Furio, Presidente ... 3 7 10 11
Barbi Mario (PD) ... 8 11
Farina Renato (Pdl) ... 9
Lorini Andrea, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa ... 3 6 10 11
Mecacci Matteo (PD) ... 7 10 11
Ning Lan, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa ... 10 11
Pianetta Enrico (PdL) ... 8
Zhao Lili, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 17 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 11.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Falun Dafa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su diritti umani e democrazia, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Falun Dafa.
Saluto e ringrazio per la loro disponibilità i rappresentanti dell'associazione Andrea Lorini, Lili Zhao, Lan Ning e Valentina Masetti.
Do la parola ai nostri ospiti.

ANDREA LORINI, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Buongiorno a tutti. Vi ringraziamo per averci dato la possibilità di parlarvi quest'oggi di una vicenda che il nostro Paese non conosce a fondo e di una realtà che finora non è stata ampiamente diffusa e di cui non è mai stato riconosciuto il valore. Da due anni sono un praticante della Falun Dafa e mi sento di dire che oggi sono venuto qui per volontà e perché riconosco quanto sia importante che questa verità possa essere trasmessa alla maggior parte possibile della popolazione, attraverso i canali istituzionali e dei media.
Questa vicenda comincia il 13 maggio del 1992, quando il signor Li Hongzhi rese pubblica in Cina la Falun Dafa, una pratica spirituale risalente all'antichità della Cina e che insegna ai praticanti a comportarsi secondo i principi cosmici di verità, compassione e tolleranza, ad essere innanzitutto delle buone persone nella società e a comportarsi in maniera retta e dignitosa con gli altri, per poter realmente migliorare sé stessi, il proprio carattere morale e il proprio intorno.
Insieme all'insegnamento ci sono cinque esercizi, molto semplici da fare, volontari, gratuiti e liberi in tutto il mondo, a parte in Cina, dove chi li pratica viene tutt'oggi represso e torturato.
La diffusione della pratica fu molto rapida e ampia, sia per i benefici fisici che dava alle persone, che li riscontravano sulla propria pelle nell'arco di pochissimo tempo, sia per i benefici sociali che apportò alla società cinese, perché tale pratica ridestò l'onestà e la virtù nelle persone che la praticavano. Ci furono casi di funzionari che smisero di prendere le bustarelle, che per la prima volta rinunciarono alla corruzione oppure imprenditori che cessarono di praticare attività fraudolente o ancora operai che riportarono i pezzi di tessuto presi illecitamente dalle proprie fabbriche. Ci fu quindi un'espansione incredibile di questi valori, che appartengono anche a quella cultura tradizionale cinese che è stata quasi del tutto - per non dire del tutto - spazzata via in sessant'anni di Partito comunista.


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Tanti membri del Partito comunista cinese - si parla di un terzo dei 60 milioni - praticavano la Falun Dafa quando iniziò la persecuzione nel 1999. Questo fa capire quanto essa fu inaspettata, all'inizio, sia per gli oppressori sia per gli oppressi. Il fatto che funzionari del partito stesso la praticassero, tra cui alcune alte cariche, non rendeva comprensibili le ragioni di una reazione tanto violenta del regime. Tale reazione può essere comunque spiegata facilmente dal fatto che Falun Dafa insegna verità, compassione e tolleranza; insegna alla gente a coltivare la propria virtù, a coltivare il cuore, a comportarsi in maniera retta; e volge il cuore delle persone verso la bontà, mentre il Partito comunista cinese, lungo sessant'anni di storia, ha represso e ha fatto propria una filosofia di lotta e di violenza, che ha portato la gente a distruggere i propri fratelli e amici, le proprie famiglie, e che di fatto è antitetico alla Falun Dafa.
Tutto ciò si concretizzò nella mente perversa e malata dell'allora leader del Partito comunista cinese, Jiang Zemin, che non riuscì a sopportare l'idea che i discepoli della Falun Dafa fossero più di quanti fossero gli iscritti al Partito comunista cinese.
In un evento del 25 aprile 1999, quando 10.000 praticanti della Falun Dafa si radunarono davanti all'ufficio degli appelli del Consiglio di Stato di Pechino, chiedendo la scarcerazione di quarantacinque detenuti arrestati pochi giorni prima per aver richiesto la rettifica di un articolo che era stato pubblicato e che diffamava pubblicamente la Falun Dafa, Zemin scoppiò in una collera e in una gelosia sfrenate, tant'è che quella stessa notte, di fronte alla dirigenza del partito, si chiese come fosse possibile che il marxismo, il materialismo e l'ateismo in cui credono i comunisti non potessero trionfare sulle cose diffuse dal Falun Gong.
Questa frase immortala la volontà di distruggere una pratica che si era diffusa in maniera ampia all'interno della Cina, tant'è che all'inizio della persecuzione, l'ordine fu quello di sradicare la Falun Dafa. In soli tre mesi fu istituito un apposito apparato repressivo - che prese il nome di «ufficio 6/10», poiché fu fondato il 10 giugno del 1999 - che è stato riconosciuto come una Gestapo nazista, per il fatto che esso comandava direttamente il Ministero della propaganda, la sicurezza, l'esercito, la polizia, e che nessuno poteva controllarlo, essendo un organo super partes che decideva tutto e aveva l'unico obiettivo di reprimere e perseguitare i praticanti del Falun Gong.
Fu quindi messa in atto una repressione fortissima, tant'è che al suo apice si parla del 25 per cento del prodotto interno lordo del regime investito nella repressione del Falun Gong.
Ho con me dei libri e delle immagini relativi alla notte del 20 luglio, quando vennero bruciati e distrutti i materiali del Falun Gong, contemporaneamente a una campagna di arresti di massa dei praticanti della Falun Dafa, che da allora furono diffamati pubblicamente, in maniera massiva, da parte di tutti i media statali, con l'obiettivo di demonizzare il Falun Gong e di istigare l'odio, da parte della popolazione cinese, nei confronti dei praticanti, di rovinarli economicamente - venivano minacciati di perdere il lavoro, la casa e le proprietà, se avessero continuato a praticare la Falun Dafa - e distruggerli fisicamente. Coloro che non cedevano alle pressioni venivano infatti rinchiusi nei centri di detenzione o negli ospedali psichiatrici, nelle carceri, dove venivano torturati con metodi di una brutalità inaudita, per farli rinunciare alla propria fede nella Falun Dafa. Nel momento stesso in cui un praticante rinunciava alla propria fede, poteva essere scarcerato. Questa è la dimostrazione di una violenza inaudita nei confronti di gente gentile, che semplicemente faceva degli esercizi e voleva migliorare sé stessa, nient'altro.
La più brutale delle persecuzioni è stata descritta in un rapporto che vi abbiamo portato, pubblicato nel 2007 da David Matas, avvocato pluripremiato a livello internazionale per i diritti umani e David Kilgour, ex Segretario di Stato del Canada, che descrivono, fornendo cinquantadue prove, quanto fosse veritiera


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l'accusa di espianto di organi sui corpi vivi dei praticanti, che venivano torturati e alla fine uccisi. Quando erano ancora in vita gli venivano prelevati gli organi, poi immessi nel traffico internazionale, il cui ricavato forniva il principale finanziamento per gli ospedali, gestiti per la maggior parte dai militari stessi.
Sulla persecuzione penso che qualsiasi immagine e qualsiasi mia parola non potrà essere più esemplificativa dell'intervento di Lili Zhao, a cui lascio la parola, che porta qui la sua testimonianza diretta di quella che fu la persecuzione in Cina e di quello che accade a tutt'oggi.

LILI ZHAO, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Ringrazio il Comitato per avermi dato questa occasione di fornire la mia testimonianza. All'inizio del 1996, i miei genitori hanno conosciuto la Falung Dafa. Mia mamma soffriva per molte malattie e, a causa dei suoi problemi fisici, era costretta a rimanere a letto per lunghi periodi. Dopo aver iniziato a praticare la Falung Dafa, tutte le sue malattie sparirono e recuperò la salute.
Mossa dalla curiosità, iniziai a leggere il libro Zhuan Falun. I principi profondi della Falung Dafa mi attrassero, così intrapresi anch'io la strada della coltivazione. In seguito, tutti i membri della mia famiglia iniziarono a praticare il Falun Gong, così come molti vicini di casa che, testimoni dei cambiamenti nella salute di mia madre, si unirono a noi per praticare.
Il 20 luglio 1999 Jiang Zemin, in collusione con il Partito comunista cinese, di cui era il presidente, iniziò a perseguitare spietatamente, su scala nazionale, i praticanti del Falun Gong. Mio marito si recò in piazza Tienanmen, a Pechino, per testimoniare che la Falun Dafa era buona. Fu arrestato e detenuto illegalmente, per circa due anni. Durante quel periodo fu costretto a svolgere quotidianamente lavori da schiavo. Mio fratello, anche lui un praticante, subì una condanna a cinque anni di detenzione perché la polizia trovò dei testi della Falung Dafa nel suo computer. In carcere subì ripetutamente dei brutali pestaggi, al punto da perdere quasi tutti i denti e la vista da ambedue gli occhi, per un lungo periodo di tempo.
Personalmente, dato che non avevo rinunciato alla pratica del Falun Gong, fui licenziata, arrestata e detenuta tre volte illegalmente. Non si tenne mai un processo legale, per nessuna delle tre detenzioni. Feci lo sciopero della fame e della sete per protestare contro la detenzione illegale e dovetti subire la tortura dell'alimentazione forzata, che consiste nell'inserimento di un tubo di gomma dalla narice fino allo stomaco. Attraverso il tubo veniva versato un liquido di cui non posso definire la composizione. Tutta l'operazione avvenne mentre mi trovavo legata a un letto metallico, con mani e piedi ammanettati e quattro persone che mi tenevano ferma. Vi lascio immaginare quanto fosse doloroso. Durante questa tortura, altri praticanti del Falun Gong furono costretti ad assistere alla scena. Dopo di me una praticante incinta di due mesi subì la stessa tortura. Mentre ero in custodia della polizia, sia il capo sia i poliziotti mi dissero di sapere che siamo persone buone. Risposi loro chiedendo perché allora rinchiudessero persone buone. La loro risposta fu che, se non ci avessero arrestati, il Partito comunista cinese avrebbe fatto loro perdere il lavoro.
Il Partito comunista cinese non solo ha costretto i poliziotti ad arrestare le persone buone, ma ha anche costretto i giudici a condannarle e i cinesi a non seguire i valori morali di verità, compassione e tolleranza. Ogni volta che penso a quelle persone e a quei gruppi che operano nelle varie amministrazioni statali, che pur conservando ancora una traccia di coscienza umana, sono costrette dal PCC a vendersi, sono molto triste e preoccupata, ma ho la consapevolezza che il bene sarà compensato dal bene e il male sarà punito dal male. Chi commette delle malefatte, sarà costretto a pagare per questo, sia che le abbia commesse di propria iniziativa, sia sotto la pressione dei superiori.
Duemila anni fa Gesù fu crocefisso e tutti coloro che vi ebbero un ruolo - Giuda, il governatore Ponzio Pilato, la folla


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che applaudiva o che rimaneva indifferente, coloro che hanno espresso la solidarietà e che l'hanno aiutato eccetera - tutti coloro che hanno partecipato e hanno assistito, sono stati giudicati da Dio, per via delle loro parole e azioni, con giustizia.
Quando arriverà veramente il giudizio universale, mi auguro sinceramente che ogni persona con cuore benevolente possa dichiarare senza rimorso, in quella lotta della storia umana tra il bene il male, di non aver tradito la propria coscienza e di aver fatto ciò che doveva, perché allora avrà sicuramente un futuro meraviglioso.
Grazie a tutti.

ANDREA LORINI, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Per concludere, penso sia opportuno parlare della risposta dei praticanti del Falun Gong in Cina che, mentre venivano rinchiusi nelle prigioni e venivano torturati, iniziarono a chiarire la verità agli stessi cinesi, perché venissero svelate le menzogne che li accusavano di culto malvagio, di essere delle persone che tendevano al suicidio di massa. Le accuse furono le più svariate, ma questo non li fermò e non bloccò la loro resistenza pacifica, tanto che non vennero «sradicati in tre mesi», come disse di voler fare Jang Zemin. All'inizio fu sicuramente molto difficile, perché gli stessi cinesi erano impauriti e denunciavano alle autorità i praticanti, che venivano spesso rinchiusi. La pubblicazione dei Nove commentari sul Partito comunista - un documento di nove editoriali pubblicato da The Epoch Times nel novembre del 2004 - servì a far sì che le persone si svegliassero e riconoscessero i fattori malvagi e perversi che scatenavano la natura persecutoria del regime cinese, che per sessant'anni ha represso nel sangue ogni tentativo di libertà e di azione buona.
Così come in Cina, anche all'estero i praticanti si sono mobilitati con manifestazioni, presidi, veglie notturne davanti alle sedi delle istituzioni di ogni Paese occidentale e degli organismi internazionali, per chiedere la fine della persecuzione. Questi appelli sono sempre stati ignorati. Anche in Italia, spesso, sono state bloccate le attività che i praticanti avevano organizzato, in occasione della visita delle alte cariche del regime cinese. Numerose cause giudiziarie sono state intentate, in più di quindici Paesi occidentali, nei confronti dei principali responsabili della persecuzione, alcuni dei quali sono i protagonisti degli ultimi due mesi della vita politica cinese.
Da quando, il 6 febbraio di quest'anno, Wang Lijun si è recato nel consolato degli Stati Uniti di Chengdu, si è innescata una serie di eventi che ha scosso le alte cariche del Partito comunista. Si stanno verificando delle lotte intestine e ciò preannuncia, in maniera quasi evidente, il crollo ormai prossimo del Partito comunista cinese, in maniera somigliante a quanto già avvenne in passato nell'Unione Sovietica, nei primi anni Novanta.
Wang Lijun era il vicesindaco, nonché capo della sicurezza, della città di Chongqing, e ha supervisionato migliaia di quegli espianti di organi che noi denunciamo e che il rapporto di Matas prova, probabilmente portando al consolato USA - secondo il Washington Free Beacon - delle prove sull'espianto di organi che incriminano le cariche del Politburo.
Tali prove riguardano specialmente Zhou Yongkang, il segretario del comitato per gli affari legislativi e politici, il cui «ufficio 6/10», nell'arco di tredici anni, ha messo in atto le brutalità contro il Falun Gong di cui già abbiamo parlato prima.
Anche Bo Xilai, che era il capo del partito di Chongqing, è stato destituito immediatamente dopo che Lijun è andato al consolato degli Stati Uniti. La settimana scorsa è stato rimosso dal Politburo del Partito comunista.
Questo fa vedere quanto gli attori della persecuzione del Falun Gong siano gli stessi che adesso stanno cadendo in rovina. Bo Xilai è già caduto, Zhou Yongkang sta per farlo. È notizia di alcuni giorni fa il fatto che la polizia armata della Cina, il principale apparato repressivo controllato da quest'ultimo, ha giurato fedeltà a Hu Jintao e Wen Jiabao, il leader del Partito comunista e il Premier del regime cinese, che stanno chiedendo e


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promuovendo delle prospettive di riforme economiche e che rappresentano un probabile cambiamento nel regime cinese.
Quest'oggi, davanti alla realtà degli ultimi due mesi, davanti a una persecuzione sulla quale le nostre istituzioni non si sono mai veramente confrontate, chiediamo a voi di procedere in maniera netta e decisiva, questa volta, perché il Parlamento approvi una risoluzione che chieda la fine della persecuzione, che non è ancora terminata. Pensiamo che questo sia doveroso e sicuramente molto probabile, dati gli eventi che accadono in Cina attualmente.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre domande o formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Anzitutto ringraziamo i nostri ospiti, in particolare la signora Lili Zhao, anche per la sua testimonianza personale di quello che ha vissuto e che ha voluto condividere in questa seduta, che resterà comunque agli atti dei lavori della Commissione esteri. Credo che questo sia un primo risultato, anche in termini di informazione, che abbiamo ottenuto con questa audizione, per la quale ringrazio sicuramente il presidente, anche a nome di altri colleghi.
Vorrei fare alcune brevi considerazioni e poi un paio di domande. Molti di noi, in questo Comitato, nel corso di questa legislatura, hanno avuto modo di sentire, in particolare, sia da rappresentanti tibetani, sia da rappresentanti di Chiese cristiane, quale sia la situazione della libertà religiosa e spirituale in Cina, dove oggettivamente c'è un sistema politico che tende a controllare tutti i movimenti religiosi e le organizzazioni che si muovono in questo contesto.
Con le informazioni che voi ci avete dato, e che comunque sono note da tempo, il caso del Falun Dafa sembra essere un po' diverso rispetto ad altre situazioni, considerata la violenza di questa repressione e le cifre che ci avete portato, che però sono evidentemente difficili da verificare e da accogliere come oggettive, da parti terze, perché non c'è possibilità di verifica sul campo, nemmeno da parte di istituzioni internazionali o di organizzazioni non governative, facendo sorgere qualche riflessione e qualche punto interrogativo.
Che il Partito comunista cinese abbia avuto in passato e voglia tuttora avere un controllo su questo tipo di fenomeni sociali che hanno luogo in Cina, lo ripeto, è un dato oggettivo, che riguarda i tibetani, le Chiese cristiane del silenzio eccetera. Al tempo stesso, però, nel corso degli ultimi anni, in Cina vi è stata anche una diffusione, a livello sociale, di movimenti spirituali, dal buddismo, sia tibetano sia di matrice cinese, ad altri tipi di movimenti.
Mi chiedo e vi chiedo se a questo tipo di durezza nei confronti del Falun Dafa - lei ha dato alcune spiegazioni, descritte anche nella vostra brochure, secondo cui un movimento che promuove la ricerca della verità, la compassione, potrebbe in qualche modo mettere in discussione anche il sistema di governo -, essendo quello cinese un regime duro ma non irrazionale, venga data una motivazione. Mi spiego meglio: vorrei sapere se vi sia la contestazione di un'agenda politica attribuita al movimento dei Falun Gong, che in qualche modo lo farebbe deragliare rispetto agli obiettivi di crescita spirituale e religiosa promossi all'interno della Cina. Questo avviene, ad esempio, nei confronti dei tibetani e del Dalai Lama, contrastando i quali la motivazione ufficiale data dai cinesi è che il Dalai Lama avrebbe un'agenda anche politica e che vorrebbe mettere in discussione il loro sistema di governo, ragioni per cui non gli viene consentito di essere attivo e presente in Cina.
Da quello che ricordo, il Falun Gong ha sempre negato questa agenda di tipo più politico, avendo come obiettivo il perseguimento della libertà religiosa. Dalla parte finale della sua presentazione mi sembra si sia fatto un passo avanti, nel senso che si va a contestare anche un sistema di potere e di governo che voi giustamente, anche considerata la persecuzione che è stata portata avanti, ritenete non sia più legittimo.


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I praticanti del Falun Dafa si fanno in qualche modo portatori di questa agenda e questo provoca quindi quel tipo di reazione da parte del regime oppure qual è la motivazione ufficiale addotta da parte delle autorità cinesi per questo loro atteggiamento?

MARIO BARBI. Ringrazio i nostri ospiti per le informazioni e le testimonianze che ci hanno portato. Devo dire che spontaneamente ho il massimo rispetto per la spiritualità espressa da questo movimento e per le intenzioni di rettitudine etica, di comportamento civico, di onestà e di altruismo che muovono gli aderenti a questo movimento. Sono quindi portato a simpatizzare in modo naturale con loro, perché possano esprimere liberamente le loro convinzioni e esercitare liberamente le loro pratiche culturali, se vogliamo definirle così, assimilandole ad un movimento religioso.
Allo stesso tempo sono straordinariamente impressionato e incerto di fronte ai dati che vengono portati, relativi alla persecuzione cui il movimento sarebbe soggetto e al modo in cui essa avviene, con il tentativo di dissoluzione del movimento stesso, le incarcerazioni e le torture. Si fa addirittura riferimento, anche nei testi che diffondete, ad asportazione di organi, una cosa di una tale enormità e di una tale gravità, rispetto alla quale io sono portato a chiedere quali siano gli elementi di prova, se ci siano delle certezze in merito, perché una cosa talmente enorme richiederebbe effettivamente, una volta che fosse provata, una reazione adeguata all'enormità dell'accusa. Non posso non segnalare questo fatto, perché di fronte a ciò resto sgomento ma, allo stesso tempo, incerto. Questo mi pare l'elemento di particolare e inaudita gravità che viene prospettato.
Detto questo, vorrei porre una domanda che sostanzialmente si ricollega al tema sollevato dal collega Mecacci. Voi parlate di una persecuzione iniziata in una data precisa. Perché è avvenuto? Il Falung Gong è una minaccia politica al regime? Com'è organizzato questo movimento? Dalle informazioni che voi ci date, esso ha potuto diffondersi spontaneamente in modo molto esteso, forse al di là delle stesse previsioni di chi lo ha promosso. Potrebbe aver provocato quella reazione per questa ragione?
Da ultimo, faccio un'annotazione riferita alla nostra attività, al nostro Paese, al Parlamento e alla Repubblica italiana. Noi siamo, anche a livello internazionale, tra i Paesi che con forse più vigore e maggiore insistenza, comunque con coerenza, si battono nelle sedi proprie per il riconoscimento e la difesa della libertà religiosa. Credo che anche il vostro movimento spirituale a carattere religioso dovrebbe essere riconosciuto tra quelli che meritano questo tipo di protezione e tutela.
Vorrei dunque saperne qualcosa di più sull'aspetto politico-organizzativo e sui crimini che voi imputate al regime.

ENRICO PIANETTA. Anch'io voglio ringraziare i nostri ospiti per la loro testimonianza e per le informazioni che ci hanno voluto fornire.
Come hanno riferito i miei colleghi, queste informazioni sono purtroppo conosciute, anche se ascoltarle comporta sempre un elemento di grande tensione. Ascoltare quello che voi avete raccontato, infatti, turba indubbiamente le coscienze delle persone libere.
Il Partito comunista cinese, lo sappiamo, è del resto l'espressione della negazione della libertà, non soltanto nei confronti del Falun Gong, come abbiamo ascoltato, ma anche nei confronti di tutte quelle realtà che cercano la libertà. Penso, per esempio, alla Chiesa sotterranea cattolica, all'incarcerazione di vescovi, alla tortura; o, ancora, a tutto quello che è avvenuto in Tibet, che si può addirittura chiamare genocidio. Credo che queste siano le caratteristiche di un regime che non tollera la libertà.
Dal punto di vista politico, ho qualche perplessità circa l'affermazione riguardante il prossimo crollo del Partito comunista cinese, perché lo conosciamo. Anche gli ultimi fatti che si sono verificati, relativi alla destituzione di Bo Xilai, fanno parte delle regole del gioco, ahimè, di una


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struttura monolitica che gioca le sue carte in relazione all'avvicendarsi al potere. Lo abbiamo già visto in epoche precedenti, dalla «banda dei quattro» in poi. Questa è quindi la caratterizzazione di un regime che non tollera uno sviluppo di democrazia e di libertà. Caso mai, ha tollerato, anzi ha promosso - e da questo punto di vista l'artefice, ce lo ricordiamo, fu Deng Xiaoping - un percorso di libertà economica. «L'importante non è se il gatto è bianco o nero, ma che prenda i topi». Questa realtà è quindi indubbiamente monolitica. Mi augurerei - ho però qualche difficoltà a immaginarlo - che gli eventi recenti siano propedeutici ad un cambiamento.
Detto questo, come considerazione di carattere generale, mi domando che cosa possiamo fare noi. Andrea Lorini ha detto che le nostre istituzioni non si sono mai confrontate con questa realtà. A dir la verità, non è così. Pur considerando - sono molto esplicito - la delicatezza e la difficoltà di tanti a prendere posizioni molto ferme nei confronti di un potere che non è un soltanto interno, ma è anche un potere economico internazionale.
Noi, come Parlamento, dobbiamo recepire positivamente, secondo me, la sua sollecitazione ad avere più coraggio, perché io credo che, laddove ci sono Paesi che bloccano l'evoluzione e la capacità di dare corso alla libertà e ai diritti umani, la comunità internazionale debba mettere in atto, con pazienza e determinazione, tutti gli strumenti tipici della democrazia per indurre questi Paesi - compatibilmente con le loro caratteristiche - a cambiare strada. Noi dobbiamo contribuire, a livello delle istituzioni internazionali, alla possibilità che tutto questo possa avvenire.
Fermo restando che alcuni personaggi italiani recentemente ma anche nel passato, hanno sempre avuto il coraggio di esprimere questi atteggiamenti di libertà nei confronti delle autorità cinesi. Ricordo, perché ero presente, un incontro avvenuto nel 1992 tra Jiang Zemin e Vittorino Colombo, quando quest'ultimo si espresse in maniera molto aperta e criticò tutto quello che il Partito comunista cinese faceva allora. Al di là di questo, ci sono stati tanti personaggi, a livello politico italiano, che hanno saputo esprimersi in questo senso.
Concludo dicendo che ritengo utile che il nostro Comitato recepisca le vostre sollecitazioni e che quindi valuteremo l'opportunità di una eventuale risoluzione per dare un contributo nei confronti di questo percorso, indubbiamente utile a tutti noi e, soprattutto, alle persone che nell'ambito della Repubblica popolare cinese si battono per la libertà e per uno sviluppo democratico di quel grande Paese.

RENATO FARINA. Prima di tutto, un grazie sia per la testimonianza e i suoi contenuti, sia per il tono di questa denuncia, che credo esprima compiutamente la filosofia da voi praticata, tesa alla verità e alla tolleranza.
Detto questo, a proposito degli espianti di organo, in America questo fatto è già oggetto di indagine, tant'è vero che, sul modulo per il visto USA compilato dai pubblici ufficiali che arrivano dalla Cina, viene chiesto loro se abbiano partecipato a operazioni di questo genere.
Si presume che nel febbraio scorso, quando Wang Lijun si è recato al consolato americano di Chengdu, egli abbia consegnato documenti che provano con certezza questi fatti. L'accusa era quindi risaputa e pare che adesso ci sia una conferma da parte del torturatore. I corpi, dopo l'espianto, venivano cremati, quindi è difficile fare delle foto dentro i campi e avere delle prove. Ora esistono però testimonianze, non degli scampati, ma del torturatore, con documenti anche ufficiali, e questo fatto secondo me dovrebbe essere fatto conoscere di più. In effetti, la nostra ignoranza è grande, per cui ancora grazie di questa vostra testimonianza.
Vorrei porre infine una domanda. In Cina c'è contraddizione, in questo momento. Da una parte, si assiste cioè alla carriera, anche molto forte, di chi ha partecipato attivamente alla tortura dei vostri militanti. D'altra parte, giungono però segnalazioni - proprio ieri è arrivata questa notizia, dalla rivista The Epoch


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Times - che la persecuzione dei Falun Gong, in particolare in alcune città e in alcune province, si va attenuando. Non che li premino, ma dalle condanne molto dura si sarebbe passati a condanne più tenere, il che resta sempre un orrore, ma significa che qualcosa si sta muovendo. Ci sono tendenze diverse dentro il regime cinese? È importante anche per questo sostenere delle proteste che spingano verso una maggiore libertà religiosa?

PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per una breve replica.

ANDREA LORINI, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Sarò brevissimo. Innanzitutto vi informo che abbiamo pubblicato on line, su un blog, la traduzione degli articoli di The Epoch Times sull'attuale crisi del regime cinese, poiché questa è l'unica fonte corretta e completa su quello che sta realmente accadendo oggi, ed offre, sia alle istituzioni, sia ai media nazionali, un'importante modo di comprendere cosa stia avvenendo.
Rispetto alla domanda dell'onorevole Mecacci sull'esistenza di motivi politici, da parte nostra, per chiedere il crollo del regime cinese, non la metterei in questi termini, poiché la pratica del Falun Gong non è affatto politica. Nel momento stesso in cui il Partito comunista cinese ha iniziato la persecuzione, automaticamente si è formata la volontà di chiedere la fine della persecuzione, con tutti i mezzi a nostra disposizione, quindi anche con alcuni mezzi politici, ma nient'altro. Dal nostro punto di vista, il crollo o la crisi del regime cinese è un esempio del concetto, che è anche della tradizione cinese, secondo cui il bene viene ricompensato con il bene, mentre il male viene retribuito con il male. È normale e certo che chi ha commesso dei crimini tanto orrendi stia cadendo in rovina.
Riguardo all'espianto di organi, nel rapporto si parla di 41.500 probabili casi sui corpi dei praticanti del Falun Gong, che Matas e Kilgour hanno conteggiato sulla base dei calcoli ufficiali degli ospedali e dei centri di trapianto in Cina. Ci sono testimonianze dei familiari, che hanno visto cadaveri dei praticanti morti, sezionati, a cui mancavano organi o comunque con delle cicatrici evidenti. Ci sono delle chiamate telefoniche in cui dei chirurghi parlano di praticanti del Falun Gong come disponibili per un eventuale trapianto. C'è il fatto che in Cina i tempi d'attesa per un trapianto di rene sono di due settimane, mentre in Canada sono di due anni. Questo attesta quindi quanto sia ampia la disponibilità di corpi vivi - di prigionieri politici e religiosi - nelle carceri della Cina.
Riguardo ai motivi della persecuzione, come dicevo anche prima, quella più assurda ma anche più reale è il fatto che realmente l'allora segretario del Partito comunista, Jiang Zemin - persona stupida, malvagia, con una mente fortemente deviata - non controllò la propria gelosia e la propria collera rispetto a una pratica che, nel 1999, dopo soli sette anni, contava dai 60 ai 100 milioni di cinesi praticanti, tutti i giorni. Il suo odio verso questa pratica, che si diffuse così ampiamente, scatenò la persecuzione. Alla base c'è sempre questa antitesi di fondo tra il Partito comunista, che professa da decenni una filosofia di lotta e di violenza, e una pratica diametralmente opposta, che si concentra sulla verità, la comprensione e la tolleranza. Penso che le ragioni siano queste.

MATTEO MECACCI. A parte le vostre analisi, quali sono le ragioni ufficiali del Governo? Cosa dicono per sostenere che i Falun Gong devono essere illegali?

LAN NING, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Dicono che è una setta malvagia, che diffonde delle teorie e dei valori feudali. Come tali vengono considerati verità, compassione e tolleranza, che invece fanno parte della vera e propria cultura tradizionale cinese, fondata su valori come lealtà e benevolenza: quello che insegna Confucio. Il Falun Gong ha ripreso questi valori - verità, compassione e tolleranza - e li ha messi al centro della pratica di chi inizia


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questo viaggio spirituale, anche di crescita personale.

MATTEO MECACCI. Non c'è quindi un'accusa di volere destabilizzare il sistema politico cinese, da parte delle autorità?

LAN NING, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Ufficialmente no, però praticamente sì, come ha mostrato il signor Lorini citando la dichiarazione di Jian Zeming, il quale ha detto di non credere che il Partito comunista cinese non sia in grado di combattere una cosa così insignificante come queste persone.

MARIO BARBI. Volevo ricordare la mia domanda sull'organizzazione del movimento: vorrei sapere se ha una struttura.

ANDREA LORINI, Rappresentante dell'Associazione italiana Falun Dafa. Non ha un'organizzazione, né ci sono regole. La pratica nasce dalla volontà del singolo di voler realmente crescere e coltivare sé stesso, quindi nell'organizzazione non ci sono gerarchie o strutture varie, né in Cina né all'estero. Tutto è volontario, sia nella resistenza pacifica in Cina, sia nella diffusione della pratica qui da noi.

PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti per la testimonianza che ci hanno portato. Posso assicurare che resterà agli atti dell'indagine conoscitiva in titolo.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12.

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