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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
4.
Martedì 28 aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE

Audizione di rappresentanti del distretto tecnologico aerospaziale del Lazio:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3 7 8 10 12
Lancia Gerardo, Responsabile di Filas Distretti e Reti ... 3
Lulli Andrea (PD) ... 11
Mancini Claudio, Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio ... 7 10 11 12
Monai Carlo (IdV) ... 10
Pezzotta Savino (UdC) ... 9 10
Vico Ludovico (PD) ... 8 11 12

Audizione di rappresentanti del distretto produttivo Etna Valley:

Gibelli Andrea, Presidente ... 12 14 15 17 18
Messina Marcello, Dirigente di Investicatania ... 14
Monai Carlo (IdV) ... 15
Pezzotta Savino (UdC) ... 16 17 18
Raffa Salvatore, Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley ... 12 17 18
Vico Ludovico (PD) ... 15 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 28 aprile 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA GIBELLI

La seduta comincia alle 12,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del distretto tecnologico aerospaziale del Lazio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti del distretto tecnologico aerospaziale del Lazio.
Successivamente si svolgerà l'audizione dei rappresentanti del distretto produttivo Etna Valley, così come concordato dall'ufficio di presidenza.
Gli ospiti di oggi sono il dottor Claudio Mancini, assessore regionale allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio, e l'ingegner Gerardo Lancia, responsabile Filas distretti e reti.
Come è nostra consuetudine, l'audizione prevede una introduzione da parte dei nostri ospiti, che interverranno secondo un ordine da loro stessi prescelto, e successivamente i parlamentari potranno porre alcune domande e chiedere alcuni chiarimenti sulle questioni di interesse della Commissione. In seguito, eventualmente, avrà luogo la replica degli auditi. Ricordando che alle ore 12,30 è prevista la seconda audizione, ritengo comunque che potremo cercare di recuperare il tempo perso nell'attesa.
Do quindi la parola all'ingegner Lancia, responsabile di Filas Distretti e Reti.

GERARDO LANCIA. Responsabile di Filas Distretti e Reti. Buongiorno a tutti. Ringrazio le autorità qui presenti per averci convocato per questa audizione. Per me è un grande onore essere qui oggi. L'audizione odierna riguarda tematiche di estrema rilevanza e interesse, legate a un fenomeno di congiuntura globale. Il mio intervento è stato realizzato a supporto dell'indirizzo dell'assessore regionale all'innovazione e allo sviluppo economico in merito al distretto tecnologico dell'aerospazio.
Cercheremo di analizzare in che modo la questione congiunturale legata ai fenomeni in corso sta impattando con i distretti industriali in primis e nello specifico con i distretti tecnologici, e come ciò possa essere legato all'azione che il distretto tecnologico dell'aerospazio sta portando avanti.
Prima di affrontare questa tematica, in maniera molto rapida e concisa gradirei fare una precisazione che riguarda la costituzione del distretto tecnologico dell'aerospazio. In realtà, la realizzazione dei distretti tecnologici è frutto di un'evoluzione dettata dalla politica industriale del Governo centrale ai tempi del ministro Moratti e dunque è frutto di riflessioni sui fenomeni di pressione competitiva a livello globale, in atto anche da parte di Paesi che


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allora erano emergenti ma che oggi rappresentano delle realtà quasi preponderanti in alcune zone del globo.
Ciò su cui ci si era focalizzati, con carattere fortemente innovativo - dal 2003 in poi - era la possibilità di determinare, per alcune aree territoriali con una forte vocazione specifica, anche altamente tecnologica, un'evoluzione dal concetto di distretto industriale a quello di distretto tecnologico secondo la logica della «tripla elica». In altri termini, una logica nella quale fossero messe a sistema ricerca, impresa e istituzioni di Governo centrale e locale.
La forte sinergia di questa «tripla elica», e quindi il concentramento sulle tematiche di ricerca e innovazione - ovvero il sostegno alla ricerca e all'innovazione attraverso politiche industriali mirate al territorio - avrebbe potuto rappresentare uno dei fattori di vantaggio competitivo, in grado di rendere quel territorio ancora competitivo e capace di sostenere le pressioni internazionali nel medio e lungo termine.
Dall'evoluzione descritta fin dai tempi della politica industriale del governo Moratti, ripresa in un secondo tempo dal governo successivo di centrosinistra e poi da quello attuale, ad oggi registriamo l'esistenza di 29 distretti tecnologici in Italia, ai quali si aggiungono altri cinque in fase di costituzione. Questo tema è oggetto dell'attenzione dell'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio perché è in atto un piano di rilancio di questo modello dei distretti tecnologici. Esso, in sostanza, verteva su un'intesa legittimata da un accordo di programma quadro tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il governo regionale e, nel caso del distretto tecnologico dell'aerospazio, il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di definire una serie di stanziamenti e di linee di intervento «macro» su cui agire. Tali linee riguardavano: la ricerca industriale, quindi politiche industriali di sostegno alla ricerca industriale, all'alta formazione e al trasferimento tecnologico; lo sviluppo di grandi progetti dimostrativi nel settore in questione; la realizzazione di azioni di sostegno, con progetti innovativi per le imprese, soprattutto piccole e medie, secondo la normativa degli aiuti di Stato della Comunità europea e infine, la realizzazione di grandi progetti dimostrativi ed infrastrutture tecnologiche a supporto del sistema industriale locale.
Il distretto tecnologico dell'aerospazio è stato costituito nel 2004. Sono stati stanziati circa 60 milioni di euro per queste attività specifiche, sotto forma di stanziamenti pubblici. Di questi, il 30 per cento sono regionali mentre ne è stato programmato un ulteriore 30 per cento nazionale.
Allo stato dell'arte, in realtà solo 40 milioni sono stati effettivamente impegnati, perché manca la quota parte del finanziamento del Governo centrale di 20 milioni di euro.
Con questi stanziamenti sono state attivate le linee d'intervento che ho citato - che poi, nel caso, approfondiremo - per sostenere iniziative di ricerca e sviluppo a supporto del settore aerospaziale laziale. Tale settore vanta una forte vocazione, sin dall'inizio del secolo scorso, nel settore aeronautico, e, a partire dagli anni Sessanta, nel settore dell'aerospazio. Dunque, esso racchiude 250 imprese, con un ammontare di impiegati di 30 mila unità, tra piccole e grandi imprese, istituzioni ed enti di ricerca dedicati al settore dell'aerospazio, 3 mila ricercatori prevalentemente provenienti dai centri pubblici di ricerca del Lazio, ma anche ricercatori provenienti da centri di ricerca privati e imprese del Lazio, e cinque università con quattro facoltà di ingegneria aerospaziale. Quindi, la vocazione del Lazio in questo campo - come è noto - è rilevante.
A questo punto, se l'assessore mi permette, approfondirei le questioni in atto. Colgo l'occasione di questa occasione che la Commissione ci ha offerto, per chiarire le caratteristiche del distretto tecnologico, il quale non è un distretto industriale con una sua entità, né tanto meno un sistema produttivo.
In quest'ottica, per il governo di tale distretto, con questi obiettivi strategici di ricerca e innovazione, la regione Lazio, di


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concerto con il MIUR, ha dato mandato, formalizzato con un accordo di programma quadro, al «braccio operativo» dell'assessorato allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo, la Filas (la finanziaria dedicata solo all'innovazione), di coordinare i lavori e organizzare tutte le attività che riguardano appunto lo sviluppo del suddetto distretto.
L'ottica è stata quella di mettere in rete la forte vocazione alla ricerca del territorio con tutti gli enti istituzionali di livello nazionale, dall'Agenzia spaziale italiana ai vari istituti di astrofisica, di vulcanologia, di fisica nucleare, ai dipartimenti dell'ENEA e del CNR dedicati allo spazio. Dunque, si è trattato di collegare tali istituti con le realtà industriali locali, focalizzandosi soprattutto sulle attività di sostegno al trasferimento tecnologico. Mi riferisco a quello che sappiamo essere il tema critico della collaborazione tra ricerca e impresa, il quale diventa ancor più critico in queste fasi congiunturali di crisi mondiale.
Dunque, il distretto si è mosso in questa direzione e queste sono state le sue leve perimetrali. In questa logica, il presidio delle attività è stato focalizzato su cinque aree. La prima area consiste nell'individuazione dei fondi destinabili agli obiettivi che abbiamo identificato, che non fossero soltanto quelli suggellati e formalizzati con l'accordo di programma quadro. Dunque, si tratta di un'attività di found racing, portata avanti anche cercando di attrarre i capitali privati dell'industria verso le attività di ricerca del Lazio.
La seconda area di presidio è quella relativa al forte stimolo alla collaborazione tra enti di ricerca pubblici e piccole e medie imprese. Infatti, la grande impresa fa ricerca, ha i suoi legami consolidati e i suoi rapporti con l'università, ma quello del linguaggio e delle modalità di collaborazione con la piccola e media impresa, e quindi del trasferimento tecnologico tra università, enti di ricerca e piccola e media impresa, è un tema critico sul quale viene posta molta attenzione.
La terza area di presidio riguarda il sostegno allo sviluppo e alla patrimonializzazione delle imprese, quindi tutto ciò che concerne le aree di partecipazione al capitale di rischio delle piccole e medie imprese del Lazio, al fine di farle aderire a progetti industriali. straordinari per le loro dimensioni. Si tratta di attività legate sia allo start up, al venture capital - quindi all'incubazione dello start up - sia all'expansion capital, ovvero a tutte quelle attività di crescita dimensionale delle aziende al fine di affrontare nuovi mercati, nuove realtà e nuove sfide. Non dimentichiamo, poi, il tema delle fusioni e acquisizioni tra piccole e medie imprese; attività verso la quale i nostri imprenditori sono culturalmente molto restii, ovvero quella della compartecipazione azionaria.
La quarta area di presidio riguarda i servizi orizzontali e trasversali di supporto offerti al sistema dell'industria locale, i quali possono essere sia di natura materiale sia immateriale. Come esempio, vorrei citare il sostegno, realizzato tramite un finanziamento da parte della regione Lazio, del Galileo Test Range (GTR), ovvero un simulatore dei futuri segnali della costellazione Galileo. Siccome i segnali non sono ancora disponibili dallo spazio, poter avere un'area, un test field, dove simulare sul campo i futuri segnali rappresenta un vantaggio competitivo per le imprese che vogliono fare ricerca e sviluppo e quindi cimentarsi con le nuove possibili applicazioni che saranno abilitate dalle nuove tecnologie Galileo che, come sapete, riguardano la costellazione europea di navigazione satellitare, che si prevede sarà in orbita e operativa dal 2013.
Altri tipi di infrastrutture vanno dalla piattaforma di e-learning a servizi trasversali di sostegno alle imprese per la partecipazione a progetti europei di ricerca, con diverse forme di «accompagnamento» - sicuramente, l'assessore ne darà maggiori dettagli - fino a varie forme di realizzazione di piattaforme più complesse, sia di natura giuridica sia organizzativa, volte a far collaborare le piccole e medie imprese in maniera sistematica.


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Si tratta di un tema molto delicato, sul quale bisogna fare uno sforzo culturale oltre che di semplificazione e di «accompagnamento», con un approccio sul quale anche regioni e distretti avanzati nel mondo si stanno confrontando.
Tale approccio è quello delle reti di impresa, sviluppate attraverso forme organizzate e sistematiche che affrontino gli aspetti giuridici, procedurali e organizzativi così come le regole di ingaggio per nuovi progetti da intraprendere da parte delle imprese, con regole ex ante definite di risk sharing (suddivisione del rischio) e di suddivisione della proprietà intellettuale. Dunque, con meccanismi più complessi, tutti supportati e automatizzati da logiche di ICT di base e di supporto.
La quinta area di presidio, sulla quale qualche spunto speriamo di poter dare anche a lei, presidente Gibelli - che tra l'altro è anche delegato al coordinamento del Comitato VAST, quindi conosce molto bene le tematiche dello spazio, le criticità e le opportunità per lo spazio e per le imprese italiane - riguarda il tema dello sviluppo della domanda di tecnologia.
In altri termini, seppure molte linee d'intervento fino ad oggi siano state focalizzate dal lato dell'offerta, quindi con azioni tecnologiche «push» - ovvero, azioni che riguardavano il sostegno alla ricerca e allo sviluppo - molto spesso queste azioni sono fallite perché questo stimolo non è stato bilanciato con azioni dal lato della domanda, cioè con proposte o azioni, di regolamentazione prima e di liberalizzazione poi, volte a creare e a predisporre i mercati all'utilizzo di queste nuove tecnologie. Tali tecnologie ormai hanno maturità e sostenibilità, ma la loro implementazione sul mercato dipende dal budget, ovvero dalle linee d'investimento della grande clientela istituzionale.
Mi riferisco non solo alle varie istituzioni di diritto pubblico, quindi non solo alle possibilità dei grandi utenti finali, per applicazioni abilitate da tecnologie satellitari, ma con un impatto su settori apparentemente non collegati che, tuttavia, per fenomeni di convergenza, vediamo essere i destinatari principali di tali tecnologie. Ad esempio, pensiamo alla protezione civile, al monitoraggio dei disastri naturali, oppure al turismo, all'assistenza sanitaria, al supporto ai disabili e a tutte quelle aree per le quali studi di livello internazionale dimostrano che ci sarà un mercato delle tecnologie satellitari, il cosiddetto downstream market. Tali tecnologie riguardano principalmente l'osservazione della terra, la navigazione satellitare e le telecomunicazioni satellitari. La convergenza di queste tecnologie con sistemi cartografici terrestri, informatici, di telecomunicazioni terrestri e con altre tecnologie come la sensoristica o tecnologie - ad esempio i giroscopi - che riguardano anche l'assistenza al consumer, ovvero al cittadino comune, può abilitare nuovi servizi, migliorare i servizi esistenti o aumentare l'offerta di servizi anche per realtà che, come dicevo prima, non sono afferenti di diritto pubblico, vale a dire operatori di servizi pubblici locali.
Da questo punto di vista, abbiamo avviato delle iniziative nell'ambito del distretto tecnologico dell'aerospazio, con un focus locale ma che ha coinvolto considerevolmente anche operatori del servizio pubblico nazionale. Pensiamo, ad esempio, alle autostrade, alle Ferrovie dello Stato, alle autostrade del mare, ad altre realtà come l'ENEL e l'ENI, oppure alle stesse aziende municipalizzate e in generale a tutti quegli operatori dei servizi pubblici locali che oggi potrebbero fare una grossa leva sul tema del public procurement.
Dunque, la questione centrale riguarda il rapporto esistente tra i distretti tecnologici, come l'aerospazio del Lazio, e gli enti istituzionalmente demandati a sostenere le attività nello spazio, come l'Agenzia spaziale italiana, che oggi dipende dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Pertanto, occorre «perimetrare» le azioni di supporto alla ricerca e allo sviluppo sperimentale, ma bisogna altresì focalizzarsi sul sostegno alla creazione di mercati downstream, che possano espandere e accelerare i processi di sviluppo industriale del settore.
Ad esempio, ciò è stato realizzato in altri settori industriali, che cito solo per


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averne un'idea. Riteniamo che sarebbe quanto mai opportuno realizzare una task force o un'authority di livello governativo centrale che, al pari della costituenda authority per i trasporti nel settore ferroviario, possa svolgere due attività: procedere alla liberalizzazione del mercato delle applicazioni downstream e regolamentarlo.
Mutatis mutandis, ricordiamo che i meccanismi tariffari nel settore dell'energia, attivati a seguito di direttive dall'Autorità per l'energia, sono dei meccanismi di incentivazione che si trovano fuori dal bilancio pubblico ma che stanno creando dei benefici, almeno per una parte dell'indotto industriale nazionale. Lo stesso dicasi per i meccanismi che riguardano il sistema del metering. Ad esempio, il sistema dei contatori intelligenti dell'ENEL ha rappresentato un grande investimento, che sta ponendo l'Italia all'avanguardia nell'ambito del monitoraggio e dei profili dei consumi elettrici.
Tutto ciò è stato il frutto di meccanismi tariffari off balance sheet del debito pubblico italiano, i quali però sono stati regolamentati da un'autorità di settore.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, chiedo se l'assessore intenda integrare l'intervento dell'ingegner Lancia.
In ogni caso vorrei svolgere alcune precisazioni: al di là degli aspetti di natura industriale e programmatoria, la finalità di questa audizione è di mettere il legislatore nelle condizioni di cogliere, da parte degli operatori sul campo, quali sono le criticità e le aspettative in termini normativi relative al distretto che lei ha descritto. Questo è l'obiettivo.
Lei ha citato il Comitato VAST e sa che le aspettative sono quelle di possedere una serie di strumenti per sostenere la ricerca e lo sviluppo, che sono vitali in un settore come quello aerospaziale. Mi riferisco ai temi della fiscalità di distretto e della fiscalità delle imprese, anche viste singolarmente. In realtà, il distretto aerospaziale viene definito come «meta distretto italiano tipo», essendo distribuito su tutto il territorio nazionale con caratteristiche locali che sono state individuate, ma che pongono il legislatore di fronte alla necessità di dare risposte adeguate, moderne e pertinenti alla domanda.
La Commissione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in corso che riguarda l'attuale crisi economica internazionale, ha ritenuto opportuno cercare di cogliere quegli aspetti che, volgarmente parlando, in base all'esperienza che abbiamo osservato nelle passate settimane, ci vengono forniti attraverso una relazione dettagliata, per intenderci la classica «lista della spesa».
Tale impostazione non ci offende, anzi, qualifica il nostro confronto che naturalmente emerge, da esperienze diverse che abbiamo colto nelle diverse entità territoriali che infatti ci hanno chiesto di sottolineare alcuni elementi anziché altri: qualcuno è più votato al mercato interno, qualcun altro all'internazionalizzazione, così come ci sono distretti con un basso valore aggiunto sul piano della ricerca e dello sviluppo e via dicendo. Nel vostro caso, sicuramente vi è un'altissima necessità di innovazione tecnologica, di ricerca e sviluppo.
In questi termini, l'indagine conoscitiva deve basarsi su un confronto con operatori di diversi settori.
Do ora la parola all'assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio, Claudio Mancini.

CLAUDIO MANCINI, Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Signor presidente, in sintesi noi abbiamo due aspettative: la prima è che non ci sia un eccesso di organizzazione e di sovrastruttura di gestione dei distretti tecnologici.
Noi abbiamo scelto un modello di gestione del distretto tecnologico che non prevede la creazione di un soggetto pubblico dedicato appunto alla gestione del distretto. Dunque, gestiamo i distretti tecnologici - che nel Lazio sono tre: aerospazio, bioscienze e tecnologie applicate ai beni culturali - attraverso la nostra società regionale dedicata alla ricerca e all'innovazione. In altri termini, non


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creiamo una società pubblica per ogni distretto. Pertanto, siamo dell'opinione che sia da evitare un'indicazione centrale che ci obblighi a dar vita a soggetti che finirebbero per portare risorse sul funzionamento dello strumento anziché verso il sistema produttivo. Inoltre, ciò determinerebbe per noi un ulteriore problema, nel caso si verificasse una partnership privata, relativo alla possibilità di veicolare in forma diretta le risorse pubbliche verso questi soggetti.
Abbiamo una società in house, quindi avere un soggetto di gestione del distretto che abbia partner privati ci porrebbe un problema di incompatibilità rispetto alla normativa sull'in house, dal momento che non potremmo conferire le risorse regionali direttamente alla suddetta società. Dunque, la prima questione legislativa, e che riguarda anche gli orientamenti nel MIUR, è quella che ho appena descritto.
Quanto al secondo tema, vorrei richiamare il passaggio dell'intervento dell'ingegner Lancia relativo alle tecnologie dell'aerospazio sulle quali cui siamo particolarmente orientati. Ebbene, si tratta di tecnologie satellitari che sono sostanzialmente mature; ad esempio, il 2013 come termine per la costellazione Galileo è assolutamente vicino.
Una committenza pubblica che sceglie di investire sull'utilizzo di queste tecnologie - sull'utilizzo e non sulla ricerca - ha un effetto diretto sul sistema produttivo, in termini molto rapidi. Pensiamo al comparto della «infomobilità», a tutto quello che concerne le calamità naturali o alla prevenzione dei rischi ambientali. Ebbene, se le politiche pubbliche in questi settori fossero orientate ad un forte utilizzo delle tecnologie già disponibili, patrimonio del nostro sistema imprenditoriale, avrebbero un effetto di ricaduta consistente in termini di costi sul sistema diffuso delle ICT che operano in questi campi, oltre a costituire, in quei settori, un «efficientamento» molto significativo delle capacità di funzionamento. In particolare, basti pensare alla logistica per l'infomobilità. Pertanto, in una fase di crisi congiunturale come quella che stiamo vivendo, fondamentalmente la ricaduta sul sistema produttivo è rappresentata dalla scelta degli investitori pubblici di concentrare, in maniera prioritaria, risorse per utilizzare tecnologie e sistemi già sviluppati, con una forte ricaduta sia in termini di «efficientamento» dei loro sistemi sia sul sistema produttivo. Questa è l'esperienza concreta che stiamo sviluppando.
Aggiungo un'ulteriore considerazione. Noi notiamo che in questi campi c'è una forte capacità di internazionalizzazione da parte delle nostre aziende, e ciò non riguarda solo le grandi compagnie ma anche il sistema delle piccole e medie imprese.
La Filas ha recentemente gestito per l'Unione europea il programma di matching tra piccole e medie imprese Europa-Asia, per il quale noi siamo stati i capofila per l'Unione europea per quanto riguarda le attività di scambio con le piccole e medie imprese dell'aerospazio del continente asiatico, in particolare cinesi e indiane. Dopo diciotto mesi di lavoro, abbiamo avuto un riscontro molto positivo dalla presenza delle nostre aziende su quei mercati grazie al lavoro di matching e di confronto con quei Paesi che hanno programmi di investimento pubblico sull'aerospazio molto significativi. Non dimentichiamo che l'India e la Cina, nell'ultimo anno, hanno mandato il loro primo uomo nello spazio. Insomma, notiamo che le nostre imprese sono competitive anche su quei mercati, dove vanno particolarmente assistite.
Pertanto, l'altro aspetto che ci interessa sottolineare è il supporto nazionale alla presenza delle imprese su quei mercati emergenti, ma che ormai sono molto rilevanti nel settore dell'aerospazio, per il quale la collaborazione richiede una presenza imprenditoriale, ma anche un supporto governativo e istituzionale abbastanza evidente.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LUDOVICO VICO. Ringrazio i nostri ospiti, anche se avremmo gradito che ci


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fosse stata fornita in tempo utile una documentazione, che immagino sarà inviata in un secondo momento per poter essere inclusa agli atti di questa indagine conoscitiva, a cui teniamo particolarmente e che stimiamo sia utile al Paese, oltre che al Parlamento.
Sulla base di alcuni elementi specifici che ci avete fornito sul distretto, , mi limiterò a formulare alcune domande, anche perché sulla materia dei centri tecnologici questa Commissione ha già votato all'unanimità una risoluzione. Del resto, l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo ha tutt'altra funzione, sollecitamente richiamata dal presidente prima dell'intervento dell'assessore Mancini.
In assenza quindi del supporto di una documentazione, desidererei conoscere alcuni aspetti sia dal punto di vista industriale, sia dal punto di vista geografico, dal momento che la geografia ha una relazione stretta con gli uomini, i mezzi, le idee e le prospettive. In fondo, qual è il prodotto del distretto tecnologico aerospaziale e della Filas distretti e reti? Ritengo che questo sia un punto importante, sul quale, sono fiducioso,che la documentazione che ci fornirete riuscirà a far luce.
Del resto, lo spirito della X Commissione nel condurre questa indagine conoscitiva è di capire su quali commesse stanno lavorando i distretti, perché sempre di commesse si tratterà. Anche a proposito delle reti, si tratta sempre di capire quali sono le commesse e anche quali sono le difficoltà, i dati, le sofferenze, le eccellenze. Inoltre, occorrerà capire quali sono, nella congiuntura economica attuale, le richieste del mercato privato e dell'interlocutore pubblico rispetto alla mission del distretto, che l'ingegner Lancia ci ha descritto.
Questo ci sembra il punto da approfondire. Dunque, gradiremmo capire qual è il punto di forza di questa neonata iniziativa, che come tale va certamente curata. Vorremmo capire quali sono, altresì, i punti di debolezza anche rispetto ai grandi temi sui quali avete richiamato la nostra attenzione, per le funzioni oggi attribuite al distretto tecnologico aerospaziale in relazione all'amministrazione regionale del Lazio.
Inoltre, ci interessa sapere qual è la rete più ampia e diffusa, che riguarda il privato e il para-privato, oltre che la relazione tra finanziamenti pubblici e iniziative private. Una per tutte, sul versante del settore satellitare - il presidente e gli autorevoli commissari seguono il VAST, com'è noto anche agli ospiti - ci sono delle realtà che oggi sono in grande difficoltà. Mi riferisco a Space Software Italia, a tante realtà sommate insieme e ai poli aerospaziali ed aeronautici.
Siamo uomini del Novecento e vogliamo capire come l'economia reale è in grado di intrecciarsi, quindi siamo stati rigorosi nel chiedere agli auditi di dirci qual è la loro forza, la loro debolezza e di fare anche marketing con noi, laddove non capissimo o non fossimo in grado di comprendere la complessità delle questioni che ci sottopongono
Sono sicuro che gli atti che ci consegnerete saranno certamente esaustivi, e per questo vi ringrazio comunque per le vostre relazioni.

SAVINO PEZZOTTA. Anche noi siamo interessati, attraverso questa indagine, a conoscere la realtà di quelli che vengono definiti distretti, e non solo a concentrare la nostra attenzione sui distretti legati ad una dimensione manifatturiera di tipo tradizionale.
Dunque, ci sembrava interessante cogliere qualcosa di innovativo, quale poteva essere questo tipo di realtà Tuttavia, devo far osservare che nella sua introduzione, lei ha usato molto il tempo condizionale, che a me non piace molto dal momento che mi piacciono le cose un po' più determinate.
Allora, mi interesserebbe capire perché se questo è un polo tecnologico, lo avete chiamato distretto. Io non ho nulla contro i poli tecnologici, tutt'altro. Tuttavia, se invece si tratta oggettivamente di un distretto, alcuni elementi di conoscenza in più sono necessari. Ad esempio, occorrerebbe sapere qual è la quota delle imprese


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che vi partecipano, in che modo sono coinvolte,qual è la dimensione di tipo occupazionale che esso determina o che può produrre e infine quali sono le quote di fatturato. In caso contrario, siamo in un'altra dimensione.
Oltre a ciò, mi interessa anche capire qual è l'effetto dal punto della vostra produzione rispetto all'utilizzo, alla trasmissione e al trasferimento.
In questo senso, le informazioni che ci avete fornito mi lasciano un po' perplesso. A mio parere, si tratta più di un polo tecnologico e per questo credo che dovreste chiamarlo così. Anzi, oserei dire che forse è anche meno di un polo tecnologico. Al contrario sottolineo che a noi interessava conoscere una dimensione distrettuale, così come sembrava emergere dalle informazioni che avevo avuto modo di leggere sulla vostra realtà industriale.
Noi siamo oggettivamente interessati a capire quali sono i distretti innovativi che stanno sorgendo nel nostro Paese, però non so se in questo caso siamo di fronte ad una fattispecie del genere. Invece, se questa è una proposta per far nascere una dimensione di questo genere, occorre dire in modo chiaro quali sono, dal punto di vista normativo e legislativo, gli interventi che si dovrebbero effettuare affinché questa ipotesi si trasformi da un'idea interessantissima ad una realtà concreta, che determini una relazione diversa tra imprese che operano nel settore, con tutto ciò che ne consegue.

CARLO MONAI. Vorrei ringraziare i nostri due ospiti e approfondire quali potrebbero essere le alternative alla proposta che è stata avanzata di costituire una authority per il vostro settore.
In alcuni settori, un organismo centrale di vigilanza di questo tipo ha avuto ed ha delle positive implicazioni. Ad esempio, un fatto positivo spesso ricorrente sono senz'altro le iniziative dell'Autorità antitrust su ispezioni tese a garantire il consumatore e quant'altro.
Tuttavia, in linea generale, la mia posizione nei confronti della possibile proliferazione di autorità di garanzia è un po' scettica. Ritengo, invece, che si ponga la necessità di un assetto organizzativo e istituzionale che individui in maniera più chiara e netta profili di responsabilità amministrativa in capo a chi questa responsabilità ce l'ha politicamente, piuttosto che polverizzandola su altri livelli di sistema che, al di là dei costi che alimentano la spesa pubblica, possono anche avere la controindicazione di deresponsabilizzare i nuclei di riferimento politico rispetto alle decisioni che si assumono.
Dunque, vorrei capire meglio se questa proposta è condivisa, se la ritenete ponderata e se rappresenta una riflessione condivisa dagli operatori del vostro settore o se viceversa si tratta di un'ipotesi ancora da approfondire. Inoltre, chiedo se e quali sono le alternative che possono permettere di raggiungere gli stessi obiettivi senza dover necessariamente creare queste nuove strutture.

PRESIDENTE. Do la parola all'assessore Mancini per la replica.

CLAUDIO MANCINI. Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Grazie, presidente. Intanto va chiarito un aspetto, ovvero che il distretto tecnologico non è un distretto industriale.

SAVINO PEZZOTTA. Non ho detto che sia un distretto industriale.

CLAUDIO MANCINI. Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Il distretto tecnologico è un distretto in cui convergono risorse pubbliche e private su progetti di ricerca, cofinanziati appunto dal sistema pubblico e dal sistema privato, che riguardano imprese e strutture di ricerca, quindi enti di ricerca e università.
Il distretto tecnologico dell'aerospazio del Lazio è il frutto della decisione di convogliare risorse nazionali (MIUR) e risorse regionali su un settore che noi riteniamo essere un comparto di forza per il nostro sistema, sia sul versante imprenditoriale (5 miliardi di fatturato delle imprese


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localizzate nel Lazio), sia sul versante della ricerca (218 laboratori nel territorio della regione tra università e centri di ricerca). Ebbene, noi concentriamo tali risorse su questo settore con progetti a cui partecipano le imprese. Se si tratta di grande impresa il nostro finanziamento si ferma...

LUDOVICO VICO. Vorremmo capire quali sono la domanda e l'offerta.

CLAUDIO MANCINI, Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Ebbene, la domanda è quella delle imprese verso il sistema della ricerca, che noi sosteniamo con finanziamenti ai progetti di ricerca delle imprese, le quali cofinanziano tali progetti al 50 per cento se sono piccole e medie imprese e al 65 per cento nel caso di grandi imprese.
Dunque, il finanziamento pubblico è diretto a politiche di ricerca, ovvero conferito alle imprese per fare attività di ricerca, quindi per progetti di ricerca. Le risorse pubbliche sono quindi prevalentemente concentrate su questo.
Inoltre, abbiamo attivato una serie di strumenti che utilizziamo per le politiche di sostegno alle imprese nel loro complesso e che sono focalizzati sul settore dell'aerospazio. Faccio un esempio relativo alle politiche di ricerca: per spin-off di progetti di ricerca realizzati nell'ambito del sistema universitario la regione ha una strumentazione che consente di dare un contributo al capitale di rischio, quindi venture capital per gli spin-off universitari.
Nella programmazione dei nostri spin-off universitari abbiamo dedicato al settore dell'aerospazio una misura privilegiata. Quindi, non nell'ambito dei fondi del distretto ma in quello dei fondi di sostegno agli spin-off universitari, abbiamo una linea che finanzia l'aerospazio.
A questo proposito, ricordo che abbiamo una percentuale di successo degli spin-off nel settore dell'aerospazio del 42 per cento. Dunque, si tratta di imprese che nascono nell'ambito universitario da un progetto di ricerca e che poi, con l'«accompagnamento» pubblico, diventano imprese.
Ovviamente, gli spin-off vengono realizzati anche per tanti altri settori, come strumentazione. Infatti, noi utilizziamo la strumentazione di assistenza a progetti di trasferimento tecnologico per il settore dell'aerospazio così come per altri settori. Ciò dall'accompagnamento al trasferimento tecnologico di progetti di ricerca, in particolare, del settore aerospaziale. Quindi, il prodotto del distretto tecnologico dell'aerospazio del Lazio è l'attività di ricerca finanziata alle imprese e trasferita al sistema produttivo.

ANDREA LULLI. Immagino che ci saranno una valutazione e una selezione di questi progetti.

CLAUDIO MANCINI. Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Vi riferite alla valutazione dei singoli progetti o alla valutazione che avviene dopo i cinque anni?

ANDREA LULLI. C'è un problema di selezione, immagino.

CLAUDIO MANCINI, Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Il nucleo di valutazione dei progetti del Lazio è modellato su uno standard europeo, con progetti blind, e con la partecipazione di esperti nominati dalla regione e dal MIUR.
Certo non ci si può elogiare da soli, tuttavia devo lodare la nostra struttura di assistenza per la rapidità dei tempi che corrono dalla presentazione delle domande per i bandi all'esame e all'assegnazione dei finanziamenti.
Infatti, l'ultimo bando lo abbiamo assegnato entro quattro mesi dalla pubblicazione. Poi, come molti onorevoli sapranno, il problema della regione Lazio è quello di fare arrivare i soldi. Abbiamo più che altro un problema di liquidità connesso alle tante problematiche collegate ai trasferimenti sulla sanità. In ogni caso, i finanziamenti li assegniamo, il problema è farli arrivare effettivamente.


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Quindi, non c'è un prodotto imprenditoriale vero e proprio, quantificabile in termini di impatto diretto sul sistema occupazionale.
Dal 2004 abbiamo concentrato risorse su questo settore. Infatti, oltre a questi 60 milioni investiamo una quota significativa dei fondi europei del programma 2007/2013 della regione, il FESR, sul versante aerospazio e in più sosteniamo, con una serie di politiche di investimento, il sistema dell'università in questo settore, nel senso che finanziamo laboratori e infrastrutture.
Complessivamente, in cinque anni abbiamo investito 150 milioni di euro della regione, oltre ai fondi distrettuali. Si tratta di un settore che, in questo momento, a nostro avviso, regge meglio la situazione di crisi e la concorrenza internazionale. Certo, ogni caso va analizzato singolarmente. Prima è stato citato l'esempio di Finmeccanica, ebbene non dipende certo dalle politiche regionali se l'amministrazione degli Stati Uniti ha disdetto la commessa dell'elicottero che viene prodotto ad Anagni.
D'altro canto, il Centro sviluppo materiali di Castel Romano, che conta 300 ricercatori, che è partecipato dal pubblico e dal privato e che lavora anche per il settore dell'aerospazio, è un centro di ricerca con cui molte aziende del Lazio hanno vinto progetti dei nostri bandi, le quali hanno una loro forza e una capacità competitiva abbastanza significativa.
Dopodiché, l'effetto delle politiche di ricerca nella congiuntura economica è sempre difficile da quantificare, se la domanda è questa.

LUDOVICO VICO. Rimaniamo in attesa di ricevere la vostra documentazione.

CLAUDIO MANCINI, Assessore allo sviluppo economico, ricerca, innovazione e turismo della regione Lazio. Sarà trasmessa.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 13,05.

Audizione di rappresentanti del distretto produttivo Etna Valley.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti del distretto produttivo Etna Valley.
Sono presenti il professor Salvatore Raffa, presidente e legale rappresentante del distretto Etna Valley, e il dottor Marcello Messina, dirigente di Investicatania.
Do la parola ai nostri auditi.

SALVATORE RAFFA. Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley. Signor presidente, il nostro distretto è stato riconosciuto dalla Regione Sicilia con decreto del 6 febbraio 2008, sulla base di una procedura avviata nel 2005. È quindi abbastanza giovane dal punto di vista della costituzione legale, mentre, di fatto, nasce già negli anni Ottanta, con l'inizio del ciclo virtuoso nel territorio di Catania dell'allora SGS-Thomson, oggi ST Microelectronics.
Allora si viveva un momento di sviluppo importante, quando la produzione di semiconduttori riusciva a coinvolgere bene anche l'Europa. Di conseguenza, attorno a questa multinazionale si è avviato un processo teso a valorizzare i laureati dell'università di Catania, soprattutto delle facoltà di fisica e chimica, che presentavano, rispetto al resto del mondo, caratteristiche di preparazione interessante nonché costi per quei tempi abbastanza competitivi.
Oggi, il distretto conta 136 imprese e 23 enti fra università, istituti superiori e quant'altro, per un totale di 3.170 occupati, escludendo ST Microelectronics che da sola ne impiega 4.600, ma che non fa testo rispetto alla realtà odierna del distretto, poiché il campione rappresentativo è formato da piccole e medie imprese.


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Addirittura, un buon 30 per cento delle aziende del distretto è costituito da micromprese. Lo stacco rispetto a ST Microelectronics è, pertanto, molto evidente.
Il 30 per cento delle imprese ha oggi una significativa attività in campo internazionale, quindi è presente al di fuori dei confini nazionali.
Circa il 60 per cento delle imprese è coinvolto in processi di ricerca e sviluppo tecnologico, prevalentemente in partnership con enti di ricerca pubblici e università. Grosso modo, sono 878 gli addetti dedicati a questo genere attività.
Si sono ottenuti concreti risultati, dal punto di vista della capacità di innovazione tecnologica. Si registra una nutrita serie di brevetti, interessanti statisticamente: nello scorso triennio, il 52 per cento delle imprese ha introdotto innovazioni di prodotto e il 35 per cento innovazioni di processo. Lo stesso 52 per cento di imprese collabora stabilmente con università e centri di ricerca, in prevalenza - ma non esclusivamente - siciliani.
L'esperienza del distretto era nata come aggregazione intorno a ST Microelectronics, che costituiva elemento di attrazione; dalla fine degli anni Ottanta o all'inizio degli anni Novanta si stabilirono sul territorio Nokia, Vodafone, IBM, Alcatel, Telespazio, Nortel e, nel settore farmaceutico, la Berna Biotech e la Wyeth Lederle S.p.A. (che era, comunque, l'evoluzione dell'allora American Cyanamid).
Oggi la realtà è piuttosto differente, nel senso che non abbiamo l'enorme sviluppo che ha caratterizzato, nel corso degli anni Novanta, il mondo dei semiconduttori, tanto che molte di quelle aziende, che erano venute a stabilirsi a contorno della STM (ad esempio Nokia, che era un partner privilegiato di ST Microelectronics, oppure Alcatel), oggi non ci sono più, dal momento che hanno delocalizzato i rispettivi centri di interesse, prevalentemente in Asia. Nei casi in cui in Europa è rimasto qualcosa, alcune di queste aziende hanno privilegiato la Spagna.
Ritengo, dunque, che questa esperienza «multinazionalecentrica» - perdonate l'espressione - si sia esaurita. Sicuramente abbiamo avuto il traino molto interessante da parte di ST Microelectronics, però si è verificata una battuta d'arresto, il cui primo effetto è stato l'arrestarsi di un progetto molto ambizioso, legato alla costruzione del Modulo 6, che avrebbe dovuto vedere la realizzazione a Catania di un grande plant di alta capacità produttiva, ma soprattutto di alta capacità tecnologica (wafer da 300 mm con tecnologie sub-half-micron, piuttosto importanti dal punto di vista dalla microelettronica).
A seguito di questo arresto, c'è stata l'esperienza che ha visto Intel e STM mettere insieme le rispettive divisioni memorie, per far nascere la società Numonix, che ha ereditato la quota di investimento già realizzata a Catania per il Modulo 6. Ad oggi, il risultato non sembra essere brillante, tanto che, di fatto, assistiamo a un'importante richiesta di cassa integrazione sia da parte di ST, sia da parte di Numonix.
Dall'altro lato, però, assistiamo al generarsi di nuove piccole e medie aziende. È di qualche giorno fa la notizia di una sottoscrizione di un importante contratto in ambito wireless con le telecomunicazioni irachene: si tratta di un'azienda catanese. Abbiamo aziende con presenze significative ormai consolidate in Asia, negli Stati Uniti e in alcuni Paesi d'Europa che, pur essendo nate nel settore dei semiconduttori e quindi di un certo tipo di tecnologia, continuano a trasferire in altri ambiti tecnologici il know-how acquisito.
Ci sono buoni risultati di ricerca in quegli ambiti, così come si rilevano grandi sofferenze legate al fatto che un certo tipo di possibilità di fatturato «dietro casa» oggi si è pressoché esaurito.
Passando a illustrare le nostre intenzioni, certamente già da tempo abbiamo smesso di piangere, perché le lacrime si sono esaurite e pensiamo che aggregare aziende, di differente dimensione e capacità tecnologica, su filiere produttive e interessi comuni, possa permettere di raggiungere una massa critica da azienda importante, assieme alla flessibilità e i costi da piccola azienda. Questo è quanto


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stiamo cercando di fare, questa è l'operazione sulla quale stiamo cercando di investire le nostre risorse.
Personalmente ritengo che se cerchiamo di approfittare della crisi attuale, migliorando il livello culturale, evitando di mandare personale in cassa integrazione e di aumentare il lavoro nero, evitando di avere in giro gente che non ha nulla da fare e tenendocela in azienda, diamo un senso ai soldi che la comunità spende, cercando di insegnare a queste persone a fare qualcos'altro, o comunque a migliorare la propria cultura d'azienda. Ritengo che tutto ciò potrebbe rivelarsi utile, giacché nella nostra zona sussiste un problema di educazione, di cultura, di capacità di intendere l'azienda, i suoi processi e di farli propri.
Questo è il programma, per grandi linee, sul quale ci stiamo muovendo. Certamente soffriamo di un eccesso di burocrazia incompetente, o perlomeno incapace, giacché probabilmente la preparazione esiste, ma i risultati sono quelli che vediamo.
La mia è un'azienda che non guarda con molta attenzione ai fondi pubblici, perché cerca di vivere il mercato. Come la mia, ce ne sono diverse altre. È chiaro, però, che se i fondi pubblici esistono, se devono essere una leva di miglioramento competitivo, allora essi vanno erogati e distribuiti bene, con cura e attenzione. Non devono trasformarsi in sussidi, bensì in supporto agli investimenti. Pertanto, devono richiedere risultati nonché un rientro verificabile. Devono richiedere, a monte, prima dell'erogazione, che qualcuno - con intelligenza e capacità - decida di distribuirli su quei progetti che hanno veramente senso. Questa potrebbe essere la ricetta.

PRESIDENTE. Non è poco quello che ci ha raccontato. Do la parola al dottor Messina.

MARCELLO MESSINA. Dirigente di Investicatania. Sarò molto breve, poiché il presidente ha già detto tutto.
Sono dirigente di una società del comune di Catania, che ha come compito la promozione dei processi di sviluppo della nostra area.
Siamo stati tra i promotori del distretto e, attualmente, affianchiamo questo gruppo di piccole e medie imprese, soprattutto dopo la fase di conduzione da parte dell'ST Microelectronics. La scommessa è che le piccole e medie imprese possano fare innovazione (non c'è bisogno necessariamente di avere come riferimento la grande impresa) e possano raccogliere l'eredità della relazione con la grande impresa, trasferendola in altri contesti.
Facciamo questa osservazione non già perché necessariamente «piccolo è bello», quanto piuttosto perché il piccolo è quello che c'è. Realisticamente, stiamo partendo da ciò che esiste, e che, devo dire, ci ha sorpreso, perché - in ossequio alla letteratura disponibile - pensavamo che queste aziende non avessero massa critica. Tutte cose che conosciamo benissimo in questo settore. Invece ci siamo accorti di avere a che fare con un sistema molto dinamico che, se aiutato negli attuali processi di coagulazione - non parliamo di concentrazione, che implica l'assemblaggio -, lasciando intatta l'identità di ciascuno e provvedendo a instaurare collegamenti funzionali relativi ad aspetti quali l'internazionalizzazione, i centri di ricerca e altre attività di questo genere, pensiamo possa giocare l'attuale scommessa, che peraltro è l'unica giocabile sul mercato.
Per gruppi di lavoro stiamo operando una ricognizione e abbiamo individuato anche diversi filoni di attività.
Le imprese chiedono a chi ci governa, innanzitutto a livello regionale (anche se la cosa, forse, non vi riguarda direttamente) di sbloccare questi benedetti fondi comunitari. Se ne parla, ma non si vede ancora molto.
Per quanto riguarda, invece, le misure nazionali, molte delle imprese associate al nostro distretto hanno partecipato ai bandi di Industria 2015, che ci sembra uno strumento da incrementare, soprattutto favorendo la partecipazione di reti di piccole e medie imprese, anche ricorrendo a sistemi di incentivo automatici e non solo a valutazioni di progetti.


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Altri strumenti interessanti sono quelli che dovrebbe gestire Sviluppo Italia, agenzia nazionale, quali il contratto di programma, di cui non si hanno notizie - si parla di un decreto che viene continuamente rinviato - nonché la legge n. 181 del 1989 di rilancio delle aree industriali.
Si tratta di strumenti che, se finalizzati come diceva giustamente il presidente - e non concepiti come strumenti di finanziamento a pioggia - ad accompagnare e sostenere i processi di aggregazione esistenti, favorendoli mediante un aiuto pubblico che non si sostituisca all'attività delle imprese, potrebbero essere orientati alla politica dei distretti.
Un altro strumento è offerto dalla recente approvazione della legge n. 33, che prevede alcune norme interessanti in tema di tassazione del distretto, nonché la possibilità che le piccole e medie imprese accedano ai finanziamenti della Cassa depositi e prestiti. Su questo sarebbe opportuno che i regolamenti attuativi facessero chiarezza, perché si è creata molta incertezza su questo tipo di strumenti, seppure interessanti, proprio nell'ottica di «cementificare», coagulare e sostenere l'attività del distretto.

PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.

CARLO MONAI. Ringrazio i nostri auditi per la loro presenza. Dato che si tratta di un distretto di recente costituzione (solo un anno di vita), m'incuriosisce sapere qual è stata la sensazione percepita dalle imprese che hanno contribuito a crearlo, se le azioni messe in campo hanno prodotto risultati e infine se ci sono progetti di particolare valenza che avete avviato in questo periodo.
Dalla relazione del presidente mi pare che le aspettative siano andate piuttosto deluse, per il fatto che la possibile valenza di traino che avevano avuto le imprese leader del settore si sia un po' spenta e attenuata e che, pertanto, occorra individuare nuove azioni di sistema per alimentare il circolo virtuoso di questo distretto. Mi piacerebbe capire se la percezione di questo esperimento è stata positiva, quali siano state le reazioni più qualificate che avete posto in essere e quale sia stata la risposta che le imprese del distretto hanno avuto e percepito.

PRESIDENTE. È preferibile che i colleghi deputati pongano le loro domande, di modo che il presidente Raffa possa avere un quadro più completo delle problematiche prima di fornire una risposta.

LUDOVICO VICO. Signor presidente, per ben due volte mi pare che il presidente Raffa abbia detto, nel corso della sua relazione, che si è concluso un ciclo. Essendo anch'io meridionale, mi ha fatto tornare alla mente alcune immagini degli ultimi 20-30 anni durante i quali nel Mezzogiorno spesso si è immaginato che arrivasse una «cattedrale», attorno alla quale automaticamente si sarebbero sviluppate tante cose, una accanto all'altra.
Penso alle stagioni lontane, a terre molto più vicine alla sua, ovvero, il quinto centro siderurgico e tutto il resto: la chimica, la chimica fine, la chimica pesante. In fondo, sono rimaste solo le raffinerie, anche dalle sue parti, se penso a Priolo e a Siracusa. Io, peraltro, sono pugliese.
L'immagine che mi ha rappresentato mi preoccupa tantissimo, perché ritenevo che nella «macroarea meridionale» - se così posso chiamarla, non per distinguerci dal resto del Paese, come fanno altri colleghi in più circostanze - da quelle stagioni fossimo definitivamente usciti.
L'onorevole Pezzotta, per altri aspetti, penso che conosca benissimo quella parte del Mezzogiorno in cui sono nate le «cattedrali»: la fertilizzazione non è stata mai automatica. La costruzione dei distretti, quando è stata una forzatura, ha avuto per conseguenza la formazione di bacini di buono o mediocre indotto industriale, collegato fortemente alla committenza. Ciò era più facile quando si trattava di industria di base, fino all'automotive. È diventato un po' più complicato quando siamo arrivati alla microelettronica. Risulta più


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semplice persino nel settore TAC (tessile, abbigliamento e calzaturiero), tutto basato, per molti versi, sul decentramento produttivo.
A questo punto, sono curioso di comprendere perché sia lei, presidente Raffa, che il dottor Messina, alla fine, non ci avete detto che avete bisogno che il credito intervenga rapidamente, che il rientro si faccia più in là, o che si provveda a consolidare il debito.
Avete detto, bensì, una cosa per me preoccupante e cioè che il PAR Sicilia non è partito, anche se, per la verità, da 25 giorni la regione Sicilia annuncia che è partito.
I bandi POR non sono partiti; la legge n. 181 tratta di reindustrializzazione; la legge n. 33, stando così le cose, non credo che abbia una relazione stretta col distretto di Etna Valley (la mia non è una interpretazione autentica, ma semplicemente quella di uno che ha partecipato ai lavori e alle decisioni, col voto di fiducia reso in Parlamento). In definitiva, il mio intervento è stato più un commento che una domanda.
La mia domanda finale è se siamo sicuri che il vostro sia un distretto capace di negoziare sul mercato, con le istituzioni pubbliche con anche alla luce dell'autonomia speciale di cui gode la regione Sicilia.
Sto ponendo la questione in positivo, perché il salto di qualità si prova a farlo con grande rapidità, magari nelle forme, nei modi e con i mezzi che sono a disposizione, però provando ad allungare la filiera che, se restasse corta come in tante altre zone del Mezzogiorno, ho l'impressione che potrebbe dare origine semplicemente a quei bacini temporanei che un tempo nascevano sui Piani per gli insediamenti produttivi (PIP), ai margini degli indotti e delle «cattedrali nel deserto».
Con le mie parole penso di avere raccontato una parte dell'esperienza, sia positiva che negativa, del Mezzogiorno.

SAVINO PEZZOTTA. Sarò molto rapido. Ringrazio il professore per quello che ci ha detto, anche perché ho seguito a suo tempo la nascita del distretto, ai tempi della SPT di Pistorio & C. Ero molto interessato a capire come quell'esperienza si è evoluta.
Stando a quello che ci sta dicendo questa mattina, probabilmente nel corso della nostra indagine sui distretti occorrerà che abbiamo una capacità diversa di valutazione rispetto ai distretti di vecchia tradizione industriale e rispetto a quello che è avvenuto nel sud. Occorre tenere distinti i distretti che si strutturano e quelli che hanno alle spalle una cultura e una storia. Badate che questo è un problema, perché vuol dire che, anche quando affronteremo il tema delle politiche industriali per il Mezzogiorno, probabilmente bisognerà pensarli in termini diversi.
Era chiarissimo che la SPT trascinava. Il declino della SPT «monocultura» fa saltare il distretto, che in realtà non esiste. È un problema che abbiamo anche per altri distretti: alcuni distretti «monoculturali» alla fine reggono fino a un certo punto.
Allora, la ringrazio per questo motivo: lei mette in luce che quello che aveva la pretesa di essere, nel Mezzogiorno, un distretto di alta innovazione, alla fine non ce l'ha fatta, o quantomeno non è diventato quello che ci si aspettava in quegli anni ed è rimasto una creatura abbastanza gracile e debole. La qual cosa mi preoccupa ancora di più, per quanto riguarda la Sicilia, se penso ad altre realtà dove ci sono industrie di un certo tipo, che ogni tanto troviamo citate sui giornali e che non si sa bene se finiranno a Detroit o da qualche altra parte, tanto per rimanere in tema.
Se è rimasta una frazione di distretto (136 imprese), vi domando come sarà possibile riuscire a consolidare questo tipo di presenza in termini distrettuali e in termini di risorse locali. Sono sempre convinto che se i locali non ci mettono un po' del proprio, tale realtà rimane sempre un po' evanescente.
Sono convinto che nel Mezzogiorno, rispetto al passato, sia presente una classe imprenditoriale media in grado di fare.


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Pertanto, al di là di tutti i discorsi che si fanno, a me interessa capire come, partendo dalle 136 imprese, sia possibile arrivare a una ristrutturazione di un distretto, quali siano le risorse che si reperiscono in loco e qual sia il rapporto con un sistema creditizio che, nel Mezzogiorno, è quello che è.
Le chiedo, inoltre, se per far resistere una capacità distrettuale non siano pensabili alcune invenzioni dal punto di vista finanziario, che possano aiutare a consolidare quel poco che si è realizzato.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Raffa per la replica.

SALVATORE RAFFA. Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley. Non vorrei, forse per eccesso di prudenza, aver dato un'immagine falsata.
Il distretto è stato riconosciuto legalmente dalla Regione Sicilia all'inizio del 2008. Conosciamo tutti i tempi della burocrazia. Di fatto, però, esso esiste da più tempo, cioè da quando è iniziata l'esperienza ST Microelectronics.
Vi voglio raccontare la mia esperienza personale di azienda. Come la mia, di aziende importanti nel distretto ve ne sono diverse, che sono nate dalla realtà STM, dalla quale hanno mutuato cultura di azienda, quindi capacità di gestire la qualità, di gestire per obiettivi, capacità di trainare il personale. Hanno capito quale doveva essere l'esigenza.
Io sono nato in un sottoscala, nel 1976, con 164 mila lire di capitale prestato per stampare la carta intestata dell'azienda.
Oggi, la mia azienda ha una branch negli Stati Uniti, una a Singapore, una in Cina, una in Marocco e una in Francia. La parte più difficile è consistita nell'andare a lavorare in nord Italia, ma siamo andati anche lì, anche perché non portiamo avanti discorsi regionali, bensì discorsi di lavoro. Devo dire che dappertutto, a parte il classico momento iniziale di diffidenza e che alla fine si traduce in fatti positivi allorché ci si conosce, non abbiamo mai avuto particolari difficoltà, perché abbiamo portato avanti discorsi d'azienda.
Siamo figli dell'esperienza STM, però, ovviamente, noi come altri, l'abbiamo messa a frutto e abbiamo avuto qualche idea simpatica e interessante, siamo riusciti a mettere sul mercato prodotti a tecnologia molto elevata a costi coerenti, perché non avevamo tutta una serie di problemi che le grandi multinazionali invece hanno, e oggi sopravviviamo. Oggi, il nostro cliente STM, che ci dava l'80 per cento del nostro fatturato nel mondo (perché siamo andati a Singapore a seguito dell'STM, siamo andati in Francia, partendo da questa bella Sicilia, per vendere tecnologie anche negli Stati Uniti, in Francia, e così via), oggi sicuramente, di quella tecnologia ha meno bisogno, innanzitutto perché si è fermata la crescita dei semiconduttori.
Aspettiamo le nanotecnologie, aspettiamo quello che riteniamo avverrà anche abbastanza presto, ma soprattutto aspettiamo un mercato che possa assorbire tutto ciò.
In questo momento, l'attuale mercato soffre di ripensamenti, ha più bisogno, probabilmente, di altro, ma, comunque, questa tecnologia, e soprattutto questa conoscenza di come si fa tecnologia, l'abbiamo acquisita.
Il distretto non è in grandissima difficoltà, ma è bene o male nelle stesse difficoltà in cui sono tutti i cluster produttivi nel mondo occidentale.
Forse è meno in difficoltà del distretto della ceramica di Sassuolo, per esempio, per ovvi motivi.

SAVINO PEZZOTTA. Però lei all'inizio ha fornito un'impressione diversa.

SALVATORE RAFFA, Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley. Vorrei essere chiaro: siamo tutti in difficoltà ed è logico che questo sia un momento nel quale bisogna capire cosa succede, a seguito della crisi economica.
Ribadisco il concetto: il modello «multinazionalecentrico» del distretto Etna Valley oggi è superato. Ha avuto la sua fase storica, le sue ricadute interessanti e importanti, culturali, ma oggi non è più


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sostenibile, perché si sperava potesse avvenire, con l'arrivo di altre multinazionali importanti, un effetto volano che invece non c'è stato. La Nokia ad esempio è andata in Spagna. È inutile, adesso, fare questi necrologi...

LUDOVICO VICO. Così da lei come in Val Basento ...

SALVATORE RAFFA, Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley. Credo che ci sia la possibilità di sfruttare questa cultura che nel frattempo è arrivata sul territorio. Abbiamo modificato la nostra attitudine a fare gli imballaggi per la frutta e quant'altro potesse esprimere una realtà produttiva di un determinato territorio. Il nostro è un territorio che ha una bella vocazione, ma sicuramente terziaria e molto commerciale, in cui sorge una bella università, tra le più antiche d'Italia, nel quale fiorisce una cultura scientifica che riteniamo oggi di poter interpretare.
Come azienda, ho messo a punto una serie di brevetti importanti, che vendo in tutto il mondo e, vivaddio, ho imparato a farlo nella mia zona. Certo, l'idea è venuta alla mia gente e la mia è un'azienda che ha più ingegneri che operai, però questo è quello che possiamo fare. Non possiamo pensare di continuare a produrre semiconduttori a Catania, o a Vimercate, o a Grenoble, o a Dresda, perché sicuramente li producono a Taiwan e in India: noi possiamo pensare ad altre eccellenze.
Allora, mettiamo a frutto tutto ciò e pensiamo a un modello di aggregazione di aziende. Sfruttiamo le nostre università, adoperiamo bene i numerosi finanziamenti pubblici, facciamo crescere la cultura della nostra gente e sicuramente supereremo la crisi. Certo, per noi è più semplice superare la crisi, perché siamo comunque abituati a ricette grame, però va bene così. Mi dispiacerebbe aver offerto un'idea sbagliata.
Sia chiaro che io faccio l'operaio metalmeccanico erudito, quindi di equilibri politici non me ne intendo.

SAVINO PEZZOTTA. Visto come stanno andando le cose, posso dire che neanche noi ci intendiamo di equilibri politici...

SALVATORE RAFFA, Presidente e legale rappresentante del distretto produttivo Etna Valley. Parlo dal punto di vista di un uomo d'officina, secondo il quale abbiamo semplicemente bisogno di strumenti veri e, soprattutto, abbiamo bisogno di gente capace di valutare veramente le capacità e le potenzialità dei progetti.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,40.

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