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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
3.
Giovedì 3 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2793 BORGHESI E C. 1938 STEFANI RECANTI «MISURE PER LA PROMOZIONE ECONOMICA E DELL'IMMAGINE TURISTICA, COMMERCIALE E CULTURALE DELL'ITALIA ALL'ESTERO»

Audizione di rappresentanti di SACE Spa e Compagnia delle Opere:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 5 6 8 12
Mancini Rodolfo, Direttore affari legali e generali di SACE Spa ... 3 8
Copreni Matteo, Responsabile servizi per l'internazionalizzazione della Compagnia delle Opere ... 5 11
Torazzi Alberto (LNP) ... 6
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 6
Vico Ludovico (PD) ... 7
Vignali Raffaello (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 3 marzo 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 9,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SACE Spa e Compagnia delle Opere.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 2793 Borghesi e C. 1938 Stefani recanti «Misure per la promozione economica e dell'immagine turistica, commerciale e culturale dell'Italia all'estero», l'audizione di rappresentanti di SACE Spa e Compagnia delle Opere.
Vi chiederei cortesemente di lasciare agli atti della Commissione eventuali relazioni scritte.
Do la parola all'avvocato Mancini, direttore affari legali e generali di SACE Spa.

RODOLFO MANCINI, Direttore affari legali e generali di SACE Spa. Buongiorno, presidente, e buongiorno a tutti. Sono Rodolfo Mancini e mi occupo soprattutto della parte legale di SACE, mentre l'avvocato Massimo Schirò è il vice responsabile della divisione legale di SACE.
Sinceramente, non so come impostare questo breve inquadramento, in particolare se parlare in termini generali delle attività che SACE compie e delle evoluzioni che essa ha subìto nel tempo. Non vorrei far perdere tempo alla Commissione.

PRESIDENTE. Noi abbiamo due proposte di legge in esame e ci interesserebbe sentire alcuni dati utili in merito.

RODOLFO MANCINI, Direttore affari legali e generali di SACE Spa. Consegneremo alcune slide di inquadramento sintetico delle attività di SACE. Come tutti sanno, si tratta di una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze, che ha subìto un'evoluzione anche societaria in tempi piuttosto recenti. Fino al 2004, infatti, la società era inquadrata come un istituto di diritto pubblico ed è stata poi trasformata in società per azioni, in virtù di una previsione normativa.
La grande novità di SACE è stata quella del suo evolversi nel tempo e del suo modellarsi. Originariamente, da semplice agenzia che assicurava il credito all'esportazione, ha ampliato e amplificato i propri prodotti nel tempo fino a essere ricompresa, nei giorni scorsi, a seguito delle crisi che si sono verificate nei mercati, nella cosiddetta manovra anticrisi e ad assumervi un ruolo specifico in relazione alle iniziative che si stanno compiendo per fronteggiare i momenti difficili.


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La SACE è un'ECA, ossia una Export Credit Agency, e quindi compete anche con le sue omologhe di altri Stati, sia europei sia del resto del mondo. La vicenda importante è stata la trasformazione da istituto di diritto pubblico in Spa, con tutte le implicazioni dovute al momento della trasformazione. Le sono stati conferiti alcuni beni e attività, che sono stati poi valorizzati in bilancio con l'ausilio di consulenti terzi indipendenti e la SACE ha iniziato una vita, anche da un punto di vista societario, autonoma rispetto a prima.
Tale autonomia è sempre nell'ambito delle linee guida che le derivano, sia in virtù delle norme societarie interne e dello Statuto, sia dalla propria legge istitutiva, sia dalle leggi che successivamente hanno individuato l'ambito di operatività. Questo ambito di operatività era originariamente legato soprattutto al credito all'esportazione e, quindi, all'assicurazione del credito, ed è arrivato nei tempi recenti fino allo smobilizzo del cosiddetto debito della pubblica amministrazione. Si è verificata una fortissima evoluzione, che è stata graduata nel tempo e che ha portato a far diventare SACE un soggetto che sicuramente può competere in questo momento con le altre ECA mondiali.
La vera novità di SACE è il cambiamento dal punto di vista del profitto. SACE nel tempo è stata caratterizzata da rilevanti perdite e da situazioni sicuramente problematiche, ma bisogna dare atto che negli ultimi periodi il trend è stato fortemente modificato grazie ad iniziative assolutamente a mercato e ad una gestione oculata e attenta, con cui la società è riuscita a divenire un soggetto virtuoso, tanto che negli ultimi anni ha saputo distribuire al socio, il Ministero dell'economia e delle finanze, un dividendo piuttosto importante in termini economici. Ciò è stato possibile soprattutto grazie a una gestione oculata, ma anche alle indicazioni che ci sono pervenute dal socio e che SACE in maniera virtuosa è riuscita a porre in atto.
Gli ambiti di attività di SACE, nello specifico, sono diversi. Si parte dal credito all'esportazione, ossia da operazioni in cui SACE interviene attraverso due strumenti, principalmente il credito fornitori e il credito acquirenti. Non entro troppo nel dettaglio tecnico, che magari potrete vedere nelle slide che vi lasciamo, ma si tratta di interventi che servono ad aiutare tutti coloro i quali vogliono esportare beni, merci o servizi in territorio estero.
La SACE interviene generalmente assicurando i finanziamenti che le banche erogano in favore degli acquirenti o dei beneficiari di questi beni, permettendo col proprio intervento di aiutare, soprattutto in momenti in cui la liquidità è un problema che riguarda anche le banche, i soggetti finanziatori. In estrema sintesi, la SACE permette alle banche di non consumare capitale. La banca, quando effettua un finanziamento in un'operazione di export, se vi è la presenza della SACE, non consuma capitale e il suo finanziamento è ponderato «a zero». Si può facilmente immaginare che, in situazioni di forte crisi di liquidità nei mercati, l'intervento di SACE è, in alcuni momenti, assolutamente strategico.
La SACE si è evoluta nel tempo con diversi strumenti. È passata dalla necessaria presenza di elementi di export per poter intervenire nelle operazioni, a elementi diversi, fino ad affrancarsi, in alcuni casi, dalla necessaria presenza di elementi di export, rimanendo, però, sempre legata al tema dell'internazionalizzazione e dell'aiuto alle imprese, soprattutto alle piccole e medie imprese.
Nel panorama di SACE c'è un numero infinito di interventi, a favore sia di soggetti grandi, cioè dimensionati come grandi imprese, con sottesi numeri importanti, sia di piccole realtà imprenditoriali, con l'aiuto di strumenti che in genere si adattano al percorso, alla nascita e alla vita dell'impresa.
Dall'iniziale export credit e da interventi solo in operazioni a cosiddetto medio-lungo termine, SACE è passata anche a interventi a breve termine, in pieno regime di mercato.


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Nell'ambito del panorama della famiglia SACE ci sono anche società controllate al 100 per cento da SACE stessa. In particolare, ce ne sono due: una si chiama SACE BT, un acronimo che significa «breve termine», è una società soggetta alla vigilanza dell'ISVAP, e un'altra SACE FCT, un altro acronimo che sta per factoring, una società creata a seguito della manovra anticrisi della fine del 2008, quella che ha seguito il decreto n. 185 del 2008, per tentare di creare alcuni virtuosismi e di smobilizzare il debito della pubblica amministrazione.
La peculiarità di SACE è anche che essa è soggetta al controllo della Corte dei conti, mentre le sue controllate sono soggette ad altre autorità regolamentari. SACE BT, la compagnia di assicurazioni che interviene con operazioni di assicurazione sempre nel credito e nelle cauzioni a breve termine, è soggetta alla vigilanza dell'ISVAP, mentre SACE FCT è soggetta alla vigilanza della Banca d'Italia.
Quest'ultima, peraltro, è in corso di trasformazione, perché dall'iscrizione all'elenco generale degli intermediari ex articolo 106 del Testo unico bancario ora sta per essere iscritta all'elenco speciale come un vero e proprio soggetto vigilato.

PRESIDENTE. Do la parola al signor Copreni, in modo da aprire poi il dibattito.

MATTEO COPRENI, Responsabile servizi per l'internazionalizzazione della Compagnia delle Opere. Grazie, presidente. Desidero innanzitutto ringraziarvi per l'opportunità offerta oggi con questo momento di confronto, che ritengo un momento positivo, con la possibilità di un nostro contributo alle materie in oggetto.
L'associazione Compagnia delle Opere condivide pienamente la necessità di una riforma degli enti di promozione economica legati al tema estero e internazionalizzazione. In questa direzione si era già mossa la legge n. 56 del 2005, che prevedeva l'istituzione degli sportelli unici all'estero. Questa riforma, che sicuramente ha costituito un passo avanti, si limitava, però, a un raccordo operativo, che ha mostrato di essere una soluzione insufficiente.
Riteniamo che questa auspicata riforma dovrà sicuramente partire dal fatto che esiste una crescente consapevolezza da parte delle aziende che il tema dell'internazionalizzazione non solo rappresenta un'opportunità ma, in momenti di crisi quali quelli che abbiamo affrontato e che stiamo affrontando, è sicuramente una necessità. Un'analisi attenta dei dati dell'interscambio commerciale italiano permette di confermare questa idea e questo giudizio.
Rispetto al tema della necessità di internazionalizzazione da parte delle aziende, possiamo individuare tre momenti: il primo legato alle potenzialità di crescita dell'internazionalizzazione delle aziende, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni; il secondo alle modalità di supporto a questo processo e il terzo alla necessità per queste aziende di avere disponibilità di servizi e di assistenza nei Paesi di sbocco.
Compagnia delle Opere è sempre stata molto attiva sul tema dell'internazionalizzazione, come accompagnamento e come assistenza alle proprie aziende associate e non solo. Essa realizza, a titolo esemplificativo, circa 30 missioni imprenditoriali di aziende ogni anno, la maggior parte nelle aree di principale interesse quali, per esempio, i Paesi BRIC, ma anche altri. Realizza anche eventi di matching e di incontri business-to-business tra aziende italiane ed estere. Il prossimo appuntamento calendarizzato di questo tipo, sempre a titolo esemplificativo, è il matching che si svolgerà nel mese di giugno a Mosca e che coinvolgerà circa un centinaio di aziende italiane. Inoltre, da anni Compagnia delle Opere ha sviluppato la propria attività all'estero, attraverso una propria presenza diretta come associazione in 17 Paesi esteri e un network di società di servizi sull'internazionalizzazione presente in 22 Paesi. Sicuramente si tratta di una rete di tipo privato e non-profit, che costituisce un elemento di grande valore rispetto al tema del quale oggi si sta parlando.


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Avendo accompagnato poco più di un migliaio di aziende in questi ultimi anni al tema dell'internazionalizzazione, a maggior ragione riteniamo che la riforma della quale si accenna nelle due proposte di legge debba avere come finalità esclusiva quella di supportare utilmente le aziende, i consorzi, le associazioni e le reti che già operano, offrendo nei diversi Paesi informazioni, accreditamento e rappresentanza, ma anche ausilio nei casi di possibili controversie. Condividiamo l'idea di razionalizzare e di unificare le diverse sfaccettature e i diversi aspetti del tema della rappresentanza internazionale dell'Italia.
Nello specifico, presidente, rispetto alle due proposte di legge in oggetto, la proposta di legge Borghesi e altri è condivisibile sotto il profilo degli scopi, ma nell'articolato la nuova iniziativa prevista Promo-Italia non è definita in modo tale da poterne valutare le caratteristiche e l'efficacia.
Dal punto di vista tecnico, rileviamo che nella proposta sono comprese anche le Camere di commercio italiane all'estero, insieme ad altri enti, che però, per la loro natura privatistica e di associazioni di imprenditori, non è corretto considerare al pari degli enti pubblici. Pertanto, non si capisce come possa essere ipotizzata la loro soppressione.
La proposta Stefani e altri ci pare, invece, riduttiva, limitandosi a trasferire le competenze di indirizzo e di vigilanza sull'ICE dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero degli affari esteri.
Pare necessario trovare una soluzione al riordino degli enti che abbia l'obiettivo di una maggiore operatività della struttura, tenendo presente che esiste una pluralità di funzioni, diplomatica, economica e culturale, e che alla guida di tale struttura dovranno concorrere, oltre alla Presidenza del Consiglio, il Ministero degli affari esteri, quello dello sviluppo economico e quello per i beni e le attività culturali, ribadendo che soprattutto l'indirizzo del dipartimento economico dovrà avere una forte impronta sussidiaria e favorire il coordinamento dell'attività di promozione economica all'estero tra Governo, regioni, associazioni di imprese e privati. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti anche per la brevità e la chiarezza.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALBERTO TORAZZI. Pongo due domande brevissime. Ai rappresentanti di SACE rivolgo una domanda che formulo sempre. Vorrei capire, al di là dei temi oggetto dell'audizione di oggi, quali sono i vincoli effettivi che impediscono a SACE di finanziare anche la delocalizzazione della produzione. Noi siamo favorevoli a sostenere SACE, anche in termini di coordinamento, per sviluppare l'export del nostro Paese, però vorrei capire bene quali sono tali vincoli.
Poi vorrei porre una domanda al rappresentante della Compagnia delle Opere che definisce in qualche modo riduttiva la proposta dell'onorevole Stefani. Io, avendola approfondita, ho notato, però, che in tale proposta si recupera tutto il lavoro che era stato previsto per Sportello Italia, che non è mai decollato. Vorrei capire l'opinione - anche quella dei responsabili di SACE - su un eventuale rilancio dello Sportello Italia e quali, secondo loro, sono i motivi per i quali non è riuscito a decollare.

GABRIELE CIMADORO. A giudicare dalla giovane età dei responsabili di SACE, il cambiamento epocale che essa ha subìto è di recente innovazione. Ci fa piacere, anche perché conoscevamo le condizioni disastrose in cui versava. La mia curiosità è di sapere chi ha portato a tale innovazione, trasformando SACE in Spa, ma soprattutto votandola a una produttività e riportando al Ministero dell'economia e delle finanze quattrini investiti molto bene, il che, negli ultimi anni, non è mai successo.


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Ricordo che in un'audizione di SACE nella XIII legislatura avevamo verificato che la società registrava pesanti perdite.
Conosciamo molto bene la Compagnia delle Opere e sappiamo che sono bravissimi a vendere il suo prodotto non-profit. Non riesco a capire la questione del concerto con il Ministero per i beni e per le attività culturali e che motivazione dovrebbe avere nella proposta Stefani.

LUDOVICO VICO. Io sarei interessato - e forse anche l'audizione odierna avrebbe potuto avere un interesse particolare maggiore - a sapere qual è il portafoglio delle operazioni assicurative di SACE. In fondo, rischiamo di parlare di tout le monde, come dicono i francesi, e di non capire concretamente il merito. Per dare maggior valore all'audizione parlamentare sarebbe stato opportuno - non so se il presidente intenda aderire alla mia richiesta - un supplemento di informazione alla Commissione su tale profilo. Non sarebbe di secondaria importanza.
Il portafoglio delle operazioni assicurative per la natura di SACE e della sua storia, non sempre lineare, ci potrebbe fornire maggiori informazioni anche rispetto al momento che stiamo vivendo.
Mi soffermo poi su un'altra questione di carattere formale. Io in genere preferisco parlare in italiano e credo che dovremmo utilizzare tutti la nostra lingua, senza ricorrere a barbarismi, come fanno anche importanti Paesi dell'Europa, quali la Francia e la Spagna. Noi usiamo, a mio giudizio, spesso il linguaggio per non farci capire. Faccio questa osservazione che non si riferisce alla SACE, ma ad un comportamento generale. Intendo parlare di olio e gas, metallurgia, chimica, project financing nelle aree degli Emirati Arabi e dell'Arabia Saudita, dell'Oman. E nel Maghreb, nel Medio Oriente e nel Far East cosa sta succedendo? Mi rendo conto che questa è una domanda corposa, cui immagino che non mi si risponderà nella replica, ma per quale motivo da più parti si afferma che i premi sono elevati nei confronti degli assicuratori private, mentre i premi nei confronti delle banche sono più favorevoli? Osservo che il ramo assicurativo contribuisce in maniera fondamentale alla liquidità delle piccole e medie imprese. Se tale vox populi - questo è latino e non un barbarismo! - fosse vera, e voi invece la state correggendo, sarebbe una questione altrettanto importante.
In questo quadro muovono le due proposte di legge che stiamo esaminando.
Non ho posto domande alla Compagnia delle Opere, perché mi è già chiara la loro posizione.

RAFFAELLO VIGNALI. Vorrei svolgere un paio di osservazioni e porre alcune domande.
Quando ragioniamo di internazionalizzazione, dobbiamo usare come criterio innanzitutto quello della sussidiarietà. A differenza di altri Paesi, noi abbiamo avuto un programma di internazionalizzazione elaborato dalle imprese, nel quale lo Stato, con alcune eccezioni, ha contribuito poco. Esso è nato più dal basso che non dal sistema e lo si vede soprattutto quando ci si occupa di internazionalizzazione nel confronto con altri Paesi, per esempio con la Germania. Sostanzialmente noi abbiamo alcune reti all'estero, come giustamente viene osservato, costituite dal sistema pubblico, ma anche dal sistema privato. Penso ai consorzi. Molti di essi sono nati nei distretti proprio per supportare all'estero, peraltro con modelli di rete sui quali tutti stiamo spingendo, perché ne comprendiamo l'utilità. Penso anche alle associazioni e alle stesse banche. Qualunque sportello unico nell'Est Europa sarebbe evidentemente insignificante rispetto alla presenza delle tre maggiori banche italiane, che sono anche le prime dell'Est. Forse sarebbe il caso di preoccuparsene di più.
Va annoverata poi tutta l'attività delle regioni. In alcuni Stati del mondo sono più presenti le regioni che non lo Stato centrale. Forse varrebbe la pena di ragionare su come mettere a sistema tutto ciò. Da


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questo punto di vista, io sono favorevole, riprendendo l'osservazione del collega Torazzi, a sportelli unitari e non unici. Per esperienza personale, posso affermare che spesso in un posto funziona l'ambasciata, in un altro l'ICE, in un altro Promos, in un altro ancora la Camera di commercio. Quando si riduce, rischiamo alla fine di prendere solo ciò che non funziona. Questa è sussidiarietà. Intanto valorizziamo gli aspetti positivi che funzionano e magari valutiamoli un po' di più.
Ho una domanda generale per entrambi. Posto che noi abbiamo il problema di aumentare la quota di internazionalizzazione e di export dei piccoli imprenditori, perché le grandi e le medie imprese sono già internazionalizzate, secondo voi che cosa servirebbe dal punto di vista anche degli strumenti per sostenere di più tale internazionalizzazione?
Pongo poi una domanda specifica a SACE, che è anche una richiesta di informazione legata al tema dei piccoli imprenditori, riconoscendo a SACE comunque sicuramente una maggiore efficacia e un cambiamento che oggettivamente abbiamo registrato in questi ultimi anni. Credo che ciò sia fuori discussione. Capisco anche la difficoltà ad intervenire sulle piccole imprese ma vorrei capire quali obiettivi si prefigge SACE rispetto al sistema delle piccole imprese.

PRESIDENTE. Ribadisco ai rappresentanti di SACE la richiesta di inviare la documentazione scritta dei dati richiesti dall'onorevole Vico, che poi distribuiremo a tutti i commissari.
Do ora la parola ai nostri auditi per la replica.

RODOLFO MANCINI, Direttore affari legali e generali di SACE Spa. Svolgo un piccolo chiarimento. Noi siamo venuti senza una relazione specifica perché entrambi i disegni di legge non concernono SACE, ma ambiti in cui anche SACE opera. Si tratta soprattutto di quelli di Simest, che non attengono alle competenze di SACE.
La storia di questi disegni di legge è complessa ed è stata scandita con talune deleghe parlamentari che vi erano state in precedenza, che sono andate a scadenza e che poi sono state rinnovate. Prima non erano menzionati i soggetti coinvolti e poi lo sono stati, ma in ogni caso SACE ne è esclusa.
La promiscuità - se il presidente mi consente questo termine - è data dal fatto che molti ambiti di intervento della Simest, istituita con la legge n. 100 del 1990, sono analoghi a quelli di SACE, soprattutto in tema di aiuto all'internazionalizzazione. Per il resto SACE è un po' avulsa dai temi di oggi. Questa è il motivo per cui non abbiamo consegnato una documentazione specifica.
Cerco di concentrare i quesiti e di ricordarmi le domande che ci sono state poste. La prima si può riassumere in due parole, ossia FIAT Serbia, su cui vi è stata una polemica sui giornali e anche un articolo su L'Espresso.
Noi abbiamo cercato di affermare una prevalenza della sostanza sulla forma. La SACE ha perso una quantità mostruosa di soldi nel tempo. Noi abbiamo trovato una situazione allucinante, con procedimenti penali e impiegati che ricevevano il pubblico con gli occhiali da sole e con le scatole di cartone alle spalle. Questo è l'impatto che abbiamo avuto in SACE.
Io ho lavorato per quindici anni in banca prima di entrare in SACE e ho avuto l'occasione di andare in SACE per l'operatività. Mi occupavo della ristrutturazione del debito dell'ex Unione sovietica per il Mediocredito centrale e le assicuro che per me andare in SACE è stato un trauma, in primo luogo, per lo squallore dei luoghi, poi per l'incompetenza - lo affermo con rispetto assoluto e so che generalizzare è sempre limitativo -; era veramente un mondo imbarazzante, in cui c'era troppo poca trasparenza anche negli interventi.
Se venite da noi, vi invito e mi farebbe molto piacere ricevervi, vedrete che tutto ciò, ringraziando Dio, appartiene al passato. Subiamo ancora le conseguenze di questo track record non positivo, con procedimenti penali ancora aperti, ma vi assicuro che non abbiamo più nuovo contenzioso,


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il che denota un atteggiamento diverso, attento e trasparente. Forse siamo un po' cari, ricollegandomi a quanto è stato osservato, però credo che tutto sia ora gestito col buonsenso e con i canoni del buon padre di famiglia.
Tornando a FIAT Serbia e al tema della delocalizzazione, posso citare una norma che noi applichiamo, quella del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge n. 80 del 2005, la quale prevede espressamente che i benefici e le agevolazioni, sia della Simest, con la legge n. 100 del 1990, sia del decreto 31 marzo 1998, n. 143, quello che regolamenta in gran parte l'attività di SACE, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all'estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale dell'attività di ricerca, di sviluppo e di direzione. Questa verifica avviene attraverso sia dichiarazioni formali, sia esami sostanziali delle situazioni. Io ritengo che non si possa parlare di delocalizzazione allorquando ci sia, attraverso e a seguito dell'intervento, un incremento, per esempio, dei posti di lavoro all'estero senza un decremento di quelli in Italia. Tutta l'attività di SACE è passata dalla forma alla sostanza. Siamo molto attenti ancora a operare in presenza dei requisiti necessari previsti per legge, però ci siamo resi conto, dal 2004 in poi, che bisognava fare i conti con un'altra questione, che si chiama rischio.
Prima gli interventi di SACE, infatti, erano anche formalmente perfetti, ma dimenticavano sempre un elemento fondamentale, quello del rischio. SACE compiva interventi assolutamente adatti, idonei e perfetti dal punto di vista formale, dimenticando però di valutare la sostanza nell'ambito del proprio intervento. Credo che questo sia in assoluto l'elemento che ha determinato il cambiamento e la non ulteriore necessità dell'azionista di intervenire ogni volta per aiutare l'esercizio SACE, ma di creare un trend opposto per cui è SACE che riesce a dare un dividendo accettabile all'azionista.
Per passare alla questione che riguarda i soggetti che hanno effettuato il cambiamento, richiamo quanto ho accennato in sintesi. Noi stiamo molto attenti ad una gestione oculata, trasparente e corretta, soprattutto avvalendoci di persone tecnicamente capaci di valutare effettivamente l'essenza del rischio.
Ciò avviene in tanti contesti, sia nostrani - mi riferisco a operazioni di breve termine - sia nelle grandi aree del mondo. Sono stati citati il Far East, il Maghreb e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Sicuramente un po' è dovuto alla fortuna, però anche all'oculatezza e alla bravura di SACE. Per esempio, parliamo dei Paesi in cui in questo momento ci sono grossi problemi, come l'Egitto. SACE non ha esposizioni in Egitto e le è andata anche bene, perché un paio d'anni fa l'unico grande impegno che essa aveva fu cancellato unilateralmente, dal momento che si affermava che là non c'era rischio. Ci cancellarono, quindi, la polizza.
Con la Libia, invece, pur avendo un trend assolutamente diverso anche in periodi piuttosto recenti in cui in Italia c'era un'apertura particolare nei confronti di tale Paese, l'abbiamo sempre classificata come 6. Nella scala di rischio, tra 1 e 7, il 6 è molto vicino al rischio assoluto massimo. La nostra classificazione della Libia da tre anni a questa parte, da quando sono stati introdotti i criteri nuovi, è 6. Questo è stato l'approccio di SACE.
Per quanto riguarda il Far East - la settimana scorsa sono stato in Malesia - è un mondo con cui noi cerchiamo di relazionarci. Siamo stati a Singapore, in Malesia e vi abbiamo accompagnato le più grandi imprese italiane. Io ci sono stato personalmente sia con Saipem, sia con il Consorzio ATR, quindi con Finmeccanica, e vi si prospettano anche interventi e situazioni estremamente interessanti.
In un mondo che va a una velocità folle noi cerchiamo di stargli dietro, anche girando personalmente il mondo con la valigetta e parlando con grandi soggetti. Ho incontrato Ex-Im Bank, Petronas, Standard Chartered, Crédit Suisse, tutti soggetti con cui dobbiamo necessariamente


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interloquire. Abbiamo incontrato anche l'ICE e l'ambasciatore italiano. Cerchiamo di fare del nostro meglio.
L'approccio è assolutamente a mercato e trasparente. Siamo riusciti anche a cambiare il contesto in cui operiamo, i nostri uffici. Abbiamo aperto in tutto il mondo. L'ultimo nuovo nato è Johannesburg, ma abbiamo aperto anche in Brasile, a Mosca, nei Balcani, stiamo aprendo a Mumbai e abbiamo un ufficio a Hong Kong. Se a livello locale si parla con qualcuno italiano, che abbia almeno un elemento vero di italianità, si vedrà che l'assistenza di SACE è concreta.
L'onorevole Vico ha chiesto poi un supplemento di informazione su SACE. Noi glielo forniremo senz'altro per iscritto, ma vorrei fornire brevemente alcuni numeri.
SACE era disastrata fino a un po' di tempo fa, ma poi il trend è cambiato grazie ad alcuni virtuosismi. C'erano moltissimi crediti interamente svalutati, per lo più anche prescritti secondo la legge italiana, ma non sempre secondo le leggi locali, e SACE è riuscita, attraverso attività di recupero, a cambiare moltissimo i propri trend in merito.
SACE ha due componenti importanti nel bilancio. Una è l'andamento tecnico, il rapporto tra premi e indennizzi, e l'altra è la componente finanziaria. Avendo un bilancio impostato come una compagnia di assicurazioni, SACE ha una grande capacità finanziaria che, gestita oculatamente, dà un apporto ulteriore al risultato finale.
Il nuovo trend di SACE ha voluto darsi regole più stringenti rispetto a quelle richieste dal legislatore. Per esempio, SACE ha volontariamente adottato il Regolamento 20 dell'ISVAP, un regolamento che sicuramente noi non dovremmo applicare per legge, ma che abbiamo inteso applicare ugualmente per darci regole più stringenti in termini di bilancio, di governance, di deleghe interne e di funzionamento di interni. Lo scopo non è di essere i primi della classe, ma sicuramente di sentirci, a fronte di tutte le situazioni orribili che ci hanno preceduto, più tutelati anche da un punto di vista di responsabilità dell'ente.
Per quanto riguarda i numeri, per il patrimonio parliamo di oltre 6 miliardi di euro. Per quanto riguarda le esposizioni - poi vi darò i numeri esatti - abbiamo superato i 30 miliardi di euro, di cui la gran parte in operazioni di export, ma anche in operazioni che accompagnano le piccole e medie imprese anche con interventi importanti, soprattutto ancora nell'area del Centro e del Nord Italia, con minore incidenza di imprese localizzate nel Meridione d'Italia.
Onorevole Vico, lei ha svolto prima una battuta carina sui termini inglesi. Ne ha usato qualcuno anche lei, però, come project financing, che sarebbe la finanza di progetto! Noi ci relazioniamo quotidianamente con un mondo che va velocissimo. Per esempio, dobbiamo combattere i nostri competitor, le altre Export Credit Agency quotidianamente. Non dobbiamo solo lottare contro i rischi politici o commerciali o contro clienti che a volte «ci marciano», ma anche contro i nostri competitor, che altrimenti ci prendono fette di mercato. Anche interloquendo spesso con soggetti di lingua inglese, siamo necessitati a usarlo, perché forse utilizzare il termine project financing dà un'accezione più pregnante rispetto a finanza di progetto.
Continuiamo sui numeri. I tre quarti dell'esposizione di oltre 30 miliardi di euro sono rappresentati da impegni di natura assicurativa nei confronti di operazioni di export, ma la restante parte, soprattutto con tutte le attività attuali di SACE BT e di SACE FCT, è rappresentata da interventi in favore di soggetti piccoli, di realtà piccolissime.
Che cosa facciamo per aiutare sempre di più le piccole e medie imprese? Le aiutiamo in due sensi, sia nel percorso di internazionalizzazione, sia in quello di sopravvivere nel contesto nazionale.
Partendo da quest'ultimo, la SACE FCT, di cui mi onoro di essere il presidente, sta cercando di creare, attraverso anche il meccanismo del reverse factoring, un momento virtuoso che consenta di dare


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un po' di respiro al debito impegnativo e importante della pubblica amministrazione.
SACE BT interviene, invece, in operazioni a breve termine, rivolte essenzialmente a soggetti piccoli e medio-piccoli in tutti i loro percorsi, compresi quelli di internazionalizzazione. È ovvio che si potrebbe fare di più e noi lamentiamo alcune carenze, ma ce la stiamo mettendo tutta.
Qualcuno ha parlato di premi elevati. È vero, ma non direi che siano favorevoli per le banche. Con le banche teniamo un braccio di ferro quotidiano. Stiamo mettendo su un sistema che si chiama Export Banca, con l'ABI e utilizzando anche in parte i fondi postali che gestisce la Cassa depositi e prestiti. Le assicuro che le banche ce l'hanno un po' con noi. Lo affermo sempre con grande amicizia, avendo un passato da bancario, come anche Alessandro Castellano, l'amministratore delegato. Conosciamo un po' il mondo delle banche e vi assicuro che spesso esistono margini nei confronti delle banche per insistere un po' di più.
I premi sono poco favorevoli per i privati? Non lo credo. Noi dobbiamo vedere l'essenza del nostro intervento, che è il rischio.

MATTEO COPRENI, Responsabile servizi per l'internazionalizzazione della Compagnia delle Opere. Toccherò brevemente i tre punti che sono stati accennati nelle domande poste riguardo alla nostra posizione.
Abbiamo definito la proposta Stefani riduttiva perché, a mio parere, il problema è un po' più ampio che non prendere l'ICE, toglierlo dalla competenza del Ministero dello sviluppo economico e passarlo al Ministero degli affari esteri.
Il tema interessante, però, è quello del perché gli sportelli unici o gli Sportelli Italia all'estero si siano mostrati deboli. Provo a spiegarlo raccontando un aneddoto brevissimo.
Alcuni anni fa abbiamo accompagnato un imprenditore in Cina, nel settore macchine utensili. Lui aveva trovato un grosso cliente e aveva provato a portare a termine una trattativa, che non aveva vinto. Era andato, quindi, dal cinese a chiedere spiegazioni. La risposta era stata che il cinese aveva comprato dai tedeschi: il prodotto era più o meno come quello dell'italiano, anzi quello italiano era migliore, il prezzo andava bene, ma, quando era venuta la ditta tedesca, aveva con sé la banca che aveva poi dato la linea di credito, l'istituto statale che aveva assicurato il credito contro eventuali rischi, il politico di turno che aveva parlato con il presidente della sua provincia, una società privata che emetteva tutte le certificazioni del caso e addirittura una società pubblica che formava il personale.
Questo episodio, secondo me, rende l'idea dello sportello unico del quale le aziende hanno bisogno, non di un contenitore dove buttare dentro le cose, ma di una visione unitaria e intelligente del percorso e dei diversi strumenti, pubblici o privati, che vanno attivati su questo percorso. Questo, a mio parere, non è stato compiuto o è stato compiuto in misura un po' debole.
Rispetto, invece, all'osservazione puntuale sul tema per cui abbiamo citato il Ministero per i beni e le attività culturali, è evidente che sul tema dell'internazionalizzazione il ministro relativo non ha, a nostro parere, la stessa incisività di quello degli esteri o dell'industria. I beni culturali rimangono, però, un grandissimo asset italiano all'estero. In più di un'occasione abbiamo visto come questo fosse un piccolo valore da aggiungere.
Sul terzo tema, invece, rispetto all'osservazione dell'onorevole Vignali su possibili spunti per strumenti, lavorando in questo settore ormai da una ventina d'anni, so che ci sono alcuni esempi di esperienze, a nostro avviso, virtuose e interessanti, sia estere, sia a livello provinciale o regionale italiane.
Ne cito tre proprio per titoli: alcune forme di aiuto anche finanziario e di incentivazione alle aziende sul tema internazionalizzazione sotto forma di voucher, con contributi che vanno direttamente alle aziende, alcuni progetti di accompagnamento al percorso di internazionalizzazione


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delle aziende che prevedano anche una valorizzazione del capitale umano, per esempio l'affiancamento di Temporary Export Manager o di figure di questo tipo, alcune altre esperienze che, invece, cercano di coniugare il tema internazionalizzazione col tema innovazione. Cerchiamo di aiutare le aziende a colmare un gap già iniziale per metterle poi nelle condizioni di avere una maggiore potenzialità sul mercato internazionale.

PRESIDENTE. Vi ringrazio moltissimo per la brevità, per la presenza e anticipatamente per la documentazione integrativa che ci vorrete inviare.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,50.

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