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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
1.
Giovedì 10 luglio 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANDAMENTO DEI PREZZI NEL SETTORE AGROALIMENTARE

Audizione del Garante per la sorveglianza dei prezzi, dottor Antonio Lirosi:

Russo Paolo, Presidente ... 2 4 7 12 15
Beccalossi Viviana (PdL) ... 4 9
Bellotti Luca (PdL) ... 10
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 7
Lirosi Antonio, Garante per la sorveglianza dei prezzi ... 2 4 12
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 8
Rainieri Fabio (LNP) ... 12
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 7
Sardelli Luciano Mario (Misto-MpA) ... 11
Zucchi Angelo (PD) ... 11

Sui lavori della Commissione:

Russo Paolo, Presidente ... 15
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 15

ALLEGATI:
Allegato 1):
Rapporto finale prezzi dell'ortofrutta ... 19
Allegato 2): Rapporto finale prezzi di alcuni prodotti alimentari ... 33
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 10 luglio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Garante per la sorveglianza dei prezzi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'andamento dei prezzi nel settore agroalimentare - che la Commissione ha deliberato di svolgere nella seduta del 18 giugno 2008 -, l'audizione del Garante per la sorveglianza dei prezzi, dottor Antonio Lirosi.
Ringrazio il dottor Lirosi per aver accolto l'invito della Commissione. Sono presenti anche il dottor Felice Lopresto, dirigente del settore affari istituzionali e relazioni esterne e il dottor Bernardo Pizzetti, dirigente del settore monitoraggio prezzi.
Do ora la parola al dottor Lirosi, affinché svolga il suo intervento, cui faranno seguito le domande da parte dei colleghi.

ANTONIO LIROSI, Garante per la sorveglianza dei prezzi. Signor presidente, onorevoli deputati, sono molto grato e onorato per l'invito che mi è stato rivolto a fornire elementi, informative e considerazioni utili all'indagine conoscitiva sui prezzi che, tra l'altro, come previsto dal calendario, si avvia proprio oggi.
Questa occasione, tra l'altro, mi consente di presentare, doverosamente e sinteticamente, l'attività da me svolta a questo Parlamento, che ha voluto l'introduzione della figura del Garante della sorveglianza dei prezzi nella scorsa legge finanziaria.
Rispetto ai molteplici obiettivi - preciso subito - dell'indagine conoscitiva, oggi mi sento di fornire informazioni e dati che riguardano prevalentemente la dinamica congiunturale dei prezzi dei prodotti di maggior consumo del settore alimentare, che sono stati oggetto di un monitoraggio particolare, in quanto hanno risentito maggiormente della situazione congiunturale legata all'aumento straordinario dei costi delle materie prime, e di numerose segnalazioni da parte dei cittadini consumatori.
Il 52 per cento delle telefonate e delle e-mail che sono pervenute in questi primi sei mesi di attività riguardano il settore dei prodotti alimentari.
Ribadisco che sono al nostro esame questioni macro-economiche. Secondo le analisi più consolidate, la motivazione delle tensioni di prezzo risale all'andamento delle quotazioni internazionali delle commodity, che sono da ricondurre, prevalentemente, a fattori internazionali di natura speculativa, uniti a una costante situazione di crescita della domanda globale delle materie prime, in particolare petrolio e grano.
L'inflazione che abbiamo di fronte è soprattutto di importazione: è la cosiddetta «inflazione importata», che colpisce l'Europa e l'Italia nello stesso modo e che


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non è determinata da situazioni di domanda interna. È chiaro che, di fronte a questa situazione, le azioni e gli strumenti di contenimento sono molto complessi e difficili da attivare. Un singolo Paese è dotato di strumenti di intervento molto limitati.
Concentrandomi sulle materie che più mi competono, a livello nazionale si può svolgere un'azione per tentare di incidere su quella componente di inflazione che viene generata al nostro interno, in particolare dalle aspettative di inflazione.
Proprio questa è stata la direttrice di marcia seguita in questi sei mesi di attività, durante i quali abbiamo messo in campo azioni per limitare, innanzitutto, il potenziale effetto negativo, in termini di aspettative inflazionistiche, di allarmi generalizzati. Ricordiamo tutti il bombardamento di allarmi e denunce sul rialzo dei prezzi - a volte fondati e a volte meno - che si è scatenato alla fine dell'anno. Occorre dunque riportare il dibattito sull'informazione di prezzo nell'alveo di un'analisi e di un perimetro condivisi anche dagli stessi soggetti rappresentativi del mercato.
Complementare a questa azione di chiarezza rispetto al quadro informativo delle analisi, sono le misure e le azioni volontarie messe in campo per il contenimento, che abbiamo portato avanti, a livello nazionale, mediante accordi con le categorie. Molte attività sono state poste in essere da regioni e comuni - io stesso ho partecipato a dei tavoli di concertazione locali - per aiutare le famiglie, soprattutto quelle con redditi più limitati, per quanto riguarda l'acquisto di prodotti di largo consumo.
Questa situazione, l'informazione e le azioni di contenimento rendono più agevole l'intervento di sorveglianza e il contrasto di eventuali fenomeni speculativi o ingiustificati - molti di carattere individuale - che, in un contesto informativo di continuo allarme, si possono generare, più o meno inconsapevolmente.
Come metodo, ho assunto l'orientamento di prendere in considerazione i soli dati forniti da fonti ufficiali. Tutta l'attività di analisi mia e dell'Osservatorio prezzi ha, quindi, preso come riferimento i dati ufficiali ISTAT-ISMEA, evitando la rincorsa alle cosiddette statistiche o stime «fai da te» (o la loro alimentazione), che a volte hanno un contenuto fuorviante e tale da generare ulteriori aspettative inflazionistiche.
Queste considerazioni di metodo non devono, tuttavia, oscurare il fatto che ci troviamo di fronte a una situazione grave, preoccupante e con molte incognite, che colpisce anche, e principalmente, il settore alimentare.
L'attenzione di questi mesi si è, quindi, concentrata «in difesa», per limitare l'impatto congiunturale del rialzo dei prezzi delle materie prime sui prezzi al consumo, senza prendere in considerazione i fattori strutturali - che, per altro, non mi competono - perché questo avrebbe distratto e disperso energie rispetto a quella che era, ed è, l'emergenza: contrastare la fase congiunturale molto difficile che può scatenare, e in parte ha scatenato, un effetto domino, coinvolgendo nel rialzo dei prezzi anche settori che hanno poco a che fare con il petrolio e con il grano.
Resta comunque il fatto che l'Italia registra, per alcuni prodotti, soprattutto per servizi di largo consumo, una situazione di prezzi - in valore assoluto - più alti rispetto alla media europea. Abbiamo, quindi, un gap strutturale, che può aggravarsi in una situazione congiunturale.
Dico subito che, per quanto riguarda i prodotti a cui si riferiscono questi rapporti - presidente, abbiamo preparato due rapporti, oltre al testo della mia relazione: uno sull'ortofrutta e uno sui prodotti alimentari -, l'impatto congiunturale, in Italia, del rialzo dei prezzi delle materie prime non è dissimile da quello che si può registrare in Paesi comparabili all'Italia come Spagna, Germania e Francia. Anzi, in alcuni casi siamo stati più virtuosi.
Questo dato è confortato anche dalle analisi condotte attraverso tavoli specifici di controllo con le associazioni di categoria. Soltanto in due casi le associazioni di categoria hanno evidenziato pubblicamente andamenti asimmetrici - in cui si


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presentava, cioè, una forbice che tendeva ad allargarsi - tra i prezzi alla produzione, quelli all'ingrosso e quelli al consumo, che si sono verificati dall'inizio dell'anno sulla carne di pollo e sul pollame (abbiamo tenuto un tavolo il 6 febbraio in proposito) e recentemente sul burro, i cui indici di riferimento si stanno già «raffreddando».
Abbiamo evidenziato queste asimmetrie con due grafici, che si trovano a pagina 51 e a pagina 35 del rapporto sull'andamento dei prezzi nel settore alimentare...

VIVIANA BECCALOSSI. Mi scusi, presidente, io non ho a disposizione la documentazione oggetto della relazione del Garante. È possibile metterla in distribuzione?

PRESIDENTE. Nessuno di noi ce l'ha.

VIVIANA BECCALOSSI. Invito allora il dottor Lirosi a non citare le pagine, altrimenti fatico a seguire le relazione, essendo io nuova in questa sede.

ANTONIO LIROSI, Garante per la sorveglianza dei prezzi. Ha perfettamente ragione. Mi scuso. Purtroppo, ne abbiamo portate poche copie.
Entrando nel merito dell'andamento di alcuni prodotti, a maggio 2008 il tasso tendenziale di aumento dei prezzi per la voce «pani e cereali» per l'Italia era più 11,2 per cento; per la Spagna era il 10,4 per cento; mentre Germania e Francia registrano variazioni più contenute, rispettivamente dell'8,4 e del 6,9 per cento.
Per quanto riguarda il pane, in Italia abbiamo un aumento del 13 per cento in un anno: il prezzo di questo prodotto ha registrato l'impennata più forte tra settembre e dicembre, quando è passato dal 4,2 al 12,3 per cento.
Il prezzo della pasta, invece, ha subito tassi crescenti di aumento più significativi: da settembre 2007 fino a giugno 2008 si è passati da una variazione del più 4,5 per cento ad una del più 22,4 per cento. Questo è dovuto al fatto che il prezzo della semola di grano duro è aumentato in misura molto più considerevole rispetto a quello della farina di grano tenero e, comunque, l'incidenza della semola di grano duro sul costo di produzione della pasta è più alta rispetto all'incidenza della farina sul costo del pane.
Per il settore della panificazione e della pasta è auspicabile che l'attuale fase di raffreddamento del prezzo del grano duro, che rappresenta il primo risultato della nuova campagna, possa avere nei prossimi mesi un riflesso positivo sulla situazione generale, anche se questa aspettativa positiva è legata a un quadro incerto, in relazione sia al potenziale incremento dell'offerta, sia all'andamento delle quotazioni.
A mio avviso, inoltre, in questa fase di incertezza, anche delle quotazioni internazionali, c'è la necessità di una specifica sorveglianza, che possa scoraggiare sul nascere eventuali fenomeni speculativi sulle derrate. Parlo del mercato nazionale e delle piazze principali dove si commercializza il grano duro.
Passando velocemente al settore lattiero-caseario, anche qui l'Italia ha un tasso di crescita tendenziale dei prezzi più basso rispetto ai Paesi considerati, pari all'8,7 per cento, laddove la Francia è all'11,2 per cento, mentre Spagna e Germana superano il 16 per cento.
Il tasso di incremento del prezzo al consumo del latte è dell'11 per cento, come riferisce l'ISTAT nell'ultima comunicazione, inerente l'anticipazione dei prezzi di giugno. Sembrerebbe una dinamica più contenuta rispetto ai mesi precedenti.
In fase di rientro sembrerebbe anche la dinamica del prezzo del burro, che è a più 15,7 per cento, mentre quando abbiamo avuto l'incontro con le categorie eravamo intorno al 17 per cento.
Sempre con riferimento a questo settore, segnalo quanto già comunicato, ossia che, per quanto riguarda il prezzo del latte fresco a Napoli, a seguito anche delle segnalazioni dei cittadini e ad una specifica indagine che abbiamo condotto, abbiamo segnalato al Ministro - che a sua


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volta ha riportato il problema all'attenzione dell'Autorità garante - la situazione riscontrata.
Il prezzo del latte fresco a Napoli è più alto del 7 per cento rispetto ai valori massimi e del 15 per cento rispetto ai valori medi di tutte le altre città oggetto dell'indagine mensile ISTAT.
Questo non è dovuto a problemi che riguardano il consumo, bensì, a nostro avviso, a dinamiche relative al rapporto tra industria e distribuzione a livello locale e che, quindi, il Ministro ha opportunamente rimesso alla valutazione di competenza dell'Autorità garante.
Una seconda segnalazione all'Autorità garante è stata inoltrata di recente dal Ministro, a seguito di un'indagine che ho condotto con la Guardia di finanza, per rilevare gli aumenti che si sono registrati su un prodotto derivato dal latte, ma che è molto importante, ed è oggetto di tantissime segnalazioni di famiglie: il latte per l'infanzia ha registrato aumenti considerevoli tra gennaio e febbraio, dopo due anni di blocco del prezzo da parte delle principali industrie nazionali, a seguito di impegni che esse avevano assunto con l'Autorità garante. L'attuale livello dei prezzi al consumo del latte per l'infanzia risulta, dopo questo aumento, ancor più lontano dalla media europea.
Sul prezzo del burro, a seguito dell'incontro con le categorie e degli ultimi dati ISTAT, abbiamo ritenuto opportuno avviare un'indagine specifica di rilevazione, per capire che cosa è successo nell'ultimo anno nelle città di Palermo e Reggio Calabria, le due città delle rispettive regioni oggetto dell'indagine ISTAT (prendo come riferimento i dati ISTAT, non ho altri dati, quindi bisogna approfondire l'indagine). Da tali rilevazioni risulta che, in un anno, tra l'aprile 2007 e l'aprile 2008, a Palermo il prezzo del burro è aumentato del 39,5 per cento, mentre a Reggio Calabria l'aumento è stato del 27,5 per cento.
Questi dati ISTAT ci sembrano abbastanza anomali, perché ne risulta che queste due città, che erano le più economiche d'Italia sul burro, sono ora le più care.
Passando velocemente al tema dell'ortofrutta, che è oggetto di un rapporto specifico, non abbiamo sinora attivato tavoli di confronto, sia perché questi prodotti sono stati meno segnalati dai cittadini, sia perché il numero delle relative filiere è particolarmente ampio (cinquanta), sia perché i prezzi di questi prodotti sono caratterizzati da un'estrema variabilità, legata alla tipologia, alla stagione e all'influenza dei fattori climatici.
In termini aggregati, i dati sono comunque poco significativi. In ogni caso, a livello aggregato, per il settore della frutta fresca, dalla fine del 2006 fino a maggio registriamo una costante crescita dei prezzi al consumo.
L'ultimo dato ISTAT di maggio ci fornisce un indice tendenziale di crescita del 7,2 per cento, dopo una fase di raffreddamento negli anni precedenti. Tale dinamica tendenziale è in linea con quella degli altri Paesi: Germania e Francia sono rispettivamente al 6 per cento ed al 5,7 per cento, mentre in Spagna è un po' più forte, con il 10,1 per cento.
Per quanto riguarda gli ortaggi, invece, in Italia risulta una dinamica delle variazioni sistematicamente inferiore, negli ultimi due anni, rispetto a quella dell'indice generale dell'inflazione degli altri Paesi.
Procedo velocemente verso le conclusioni, per dire che tutte le attività del Garante e tutte le banche dati sono disponibili sul sito www.osservaprezzi.it - il sito dell'Osservatorio prezzi del Ministero - che viene continuamente potenziato, anche su indicazione del vertice politico, in relazione all'attuale situazione di emergenza, e che allarga progressivamente il suo campo d'indagine a nuove città, aumentando il numero dei beni e dei prodotti oggetto di osservazione.
Prima di concludere, vorrei svolgere ancora due riflessioni, che lascio alla valutazione della Commissione.
La prima si riferisce al carattere di stabilità che deve assumere un ampio lavoro di monitoraggio e di sorveglianza,


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in sinergia con tutte le amministrazioni competenti - e non sono poche - a livello nazionale e locale, se si vuole realmente incidere sulla cultura economica riguardo all'importanza di tenere sotto controllo i prezzi e di avere imprese e consumatori sufficientemente consapevoli degli effetti dei loro comportamenti.
Affrontare il tema dei prezzi solo quando fa notizia - l'inflazione è sulle prime pagine solo in modo episodico - non ci consente, infatti, di avere risultati duraturi.
Ci troviamo ora in una fase difensiva, nella quale bisogna limitare le possibilità che qualcuno se ne approfitti o che ci sia un impatto ingiustificato sui prezzi, in una situazione che, oggettivamente, nemmeno dipende dal nostro Paese, ma è legata ai mercati internazionali.
Quando ci sarà un'inversione di tendenza, tuttavia, il trend cambierà e le materie prime - speriamo presto - abbasseranno i rispettivi livelli di quotazione. In quel momento bisogna intervenire per fare in modo che ci sia una corrispondente discesa dei prezzi al consumo. Quello sarà il lavoro più difficile e complesso, perché sappiamo che, nel nostro Paese, quando si raggiunge, per fattori oggettivi, un determinato livello di prezzi dei prodotti di largo consumo, è poi difficile tornare indietro.
La seconda considerazione riprende quanto accennato in precedenza e riguarda la necessità di evitare che informazioni non corrette possano, da un lato, creare, di per sé, aspettative inflazionistiche e, dall'altro, essere alibi di comportamenti speculativi.
Ho invitato più volte coloro che immettono dati e previsioni nel circuito dell'informazione pubblica - dalle associazioni ai centri studi - ad evitare di diffondere dati senza una verifica approfondita, in una fase di allarme sociale.
Citerò di seguito alcuni esempi significativi, tratti dai giornali.
Il primo: «Autotrasporto, si torna alla normalità per frutta e verdura. Rincari fino al 30 per cento. Un'associazione dice: gli aumenti dei giorni precedenti hanno sfiorato il 100 per cento». Ora, i dati statistici dell'ISTAT ci dicono che questo non si è realizzato. Può darsi che, nei giorni dello sciopero dell'autotrasporto, sui giornali qualcuno abbia anticipato e aumentato il dato reale; questo genera di per sé un comportamento difensivo da parte del consumatore.
Passo al secondo esempio, del febbraio 2008: «La gelata scalda i prezzi di frutta e verdura. Rincari dal 20 al 40 per cento», pubblicato in prima pagina. «Consumatori: intervenga il Garante». Può darsi che uno o due giorni dopo qualche operatore abbia aumentato i prezzi, ma segnalo che non si sono verificati né la gelata, né l'aumento generalizzato dei prezzi per il 25 o il 40 per cento.
Un terzo esempio riguarda la pesca: «Pescatori, arriva il crollo delle vendite. Aumenti». Ho parlato con qualche associazione di rappresentanti delle pescherie, che in quei giorni non hanno avuto clienti: è rimasto loro pesce invenduto, pesce proveniente da altre zone non soggette agli scioperi, il che ha comunque creato un danno.
L'ultimo esempio non riguarda il settore alimentare e risale al 24 giugno, una settimana prima della data di fissazione delle nuove tariffe elettriche e del gas da parte della competente Autorità per l'energia, e concerne un articolo che è stato pubblicato in prima pagina, così titolato: «Stangata sull'elettricità, tariffe più 8 per cento da luglio», mentre la decisione dell'Autorità è stata pari a poco più del 4 per cento.
Lascio questa riflessione alla Commissione agricoltura perché credo che, a volte, nel nostro Paese, ci facciamo del male da soli e, se continuiamo, per esigenze di visibilità sindacali, a mettere nel circuito informazioni non corrette, alla fine facciamo in modo che tutti si sentano autorizzati ad aumentare i prezzi, perché tutto aumenta.
Segnalo poi che siamo nel Paese in cui, specie di questi tempi, il dato sull'inflazione dell'ISTAT, relativo allo stesso mese, finisce due volte sulle prime pagine dei giornali: una volta quando si tratta di


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anticipazione, una volta quando è un dato definitivo. Non vorrei che questo trasmettesse il senso comune che si tratta di un aumento sull'aumento, mentre in realtà parliamo sempre della variazione tendenziale annuale.
In conclusione, per quanto mi riguarda, nell'esperienza di questi mesi ho lavorato, credo anche con qualche risultato, su un mix di azioni che credo rappresentino - per quello che si può fare, senza essere dotati di bacchetta magica - le leve da utilizzare per contrastare questa dinamica: la persuasione e il confronto (ringrazio per la collaborazione le associazioni imprenditoriali); la sorveglianza, con effetti anche deterrenti (ringrazio la Guardia di finanza per il supporto operativo); e, infine, una corretta informazione e una maggiore consapevolezza.
A questo proposito, mi aiuta, nello svolgere la mia attività, il nuovo dispositivo normativo introdotto dal Governo nel recente decreto-legge n. 112 del 2008 che, all'articolo 5, ha voluto rafforzare i poteri del Garante, ne ha specificato le funzioni e indicato le modalità di azione, tra l'altro istituzionalizzando il supporto operativo della Guardia di finanza.
A conclusione di questi primi mesi, per quanto riguarda l'andamento dei prezzi, devo dire che l'impatto sui prezzi al consumo della grave e preoccupante situazione congiunturale non è dissimile da quello degli altri Paesi europei, nonostante rispetto ad essi abbiamo un gap strutturale per quanto concerne molte filiere e molti settori. Siamo perfettamente in linea con l'Europa, quindi, quanto a indice generale e anche, come ho tentato di dire, quanto a indici settoriali.
Questo non vuol però dire, come ho già segnalato, che in alcuni casi non abbiamo valori assoluti di prezzo assolutamente fuori dalla media europea.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Lirosi.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni. Propongo di dedicare quindici minuti alle domande, che vi invito a porre sinteticamente, ed altri quindici minuti alla replica del Garante.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor presidente, intanto vorrei salutare il dottor Lirosi e ringraziarlo per la sua dettagliata relazione. Il Garante ci ha certamente fornito dei dati molto interessanti per la questione che stiamo trattando.
Senza dubbio, al di là delle percentuali che ha citato, i prodotti alimentari rappresentano per tutti noi il tema centrale. Ci rendiamo conto del fatto che esiste una serie di turbolenze internazionali (la domanda globale aumenta) e che non ci sono gli strumenti adeguati per affrontare i problemi, perché la materia è molto complessa ed è legata a fenomeni speculativi e quant'altro.
Anche per rispettare l'impegno assunto con il presidente, la mia domanda sarà molto breve e sintetica, anche se ha bisogno di rifarsi a un esempio pratico e contingentale.
Il prezzo delle ciliege parte da 0,90 centesimi di euro al produttore e arriva al banco di un supermercato qualsiasi a 5 euro. Questo è un esempio particolare, ma il discorso si potrebbe chiaramente allargare a tanti altri prodotti dell'agricoltura.
La mia domanda è la seguente: il suo Osservatorio ha individuato il punto critico della filiera, lunga o corta che sia, nel generare un prezzo all'origine e un prezzo al consumatore? E, se sì, come mi auguro, dal suo punto di vista, in base ai dati di cui è in possesso, quali provvedimenti legislativi o amministrativi porrebbe in essere o, comunque, consiglierebbe a questa Commissione?

SEBASTIANO FOGLIATO. Signor presidente, anch'io intervengo su questo argomento. Ringrazio per l'audizione l'Autorità garante per la sorveglianza dei prezzi nel settore agroalimentare.
Ho ascoltato l'intervento svolto e preso appunti e devo dire che le relazioni consegnate sono puntuali e articolate con dati statistici precisi. Penso proprio che


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la situazione sia come è qui descritta e non ho dubbi sul fatto che i dati siano precisi.
Tuttavia, in riferimento all'allarmismo creato sul pane e sulla pasta, penso che ci si debba interrogare anche su quanto incide il costo del pane nella vita di una persona. Personalmente, vado tre volte al giorno a prendere un caffè al bar e spendo molto di più che per il pane.
I problemi che incidono negativamente sulla bilancia delle famiglie italiane, con l'attuale inflazione galoppante, sono, anche secondi i dati ISTAT, la casa, per il 31 per cento (siamo qui per parlare del settore agroalimentare, però sono tante le componenti in gioco), o il costo dell'energia e della telefonia.
Si è parlato di sorveglianza sulla possibile attività speculativa, ma il problema è che i costi di produzione stanno aumentando, anche parecchio. Il costo dei fertilizzanti, per esempio, quest'anno sta aumentando del 10 per cento circa al mese e, quindi, impatta anche sui costi di produzione dell'azienda, come il costo del gasolio e tante altre cose.
Direi che questo argomento va, dunque, affrontato con delicatezza, evitando allarmismi, che sono dannosi per il settore produttivo, soprattutto perché l'anello più debole di tutta questa catena è l'agricoltore che produce, sul quale si ripercuotono gli aumenti dei prezzi che si possono verificare e la tendenza al loro progressivo schiacciamento.
Ho letto qualcosa sui prezzi dell'ortofrutta: vorrei proporre delle analisi in merito e porre un interrogativo. Vedo che il prezzo medio all'origine delle melanzane, durante gli anni 2006, 2007 e 2008 non arriva a una media di 40 centesimi al chilo, mentre il prezzo della lattuga si aggira intorno ai 35 centesimi al chilo.
La Guardia di finanza deve essere inviata in quelle aziende che continuano a produrre a prezzi che non consentono di pagare contributi previdenziali ai propri lavoratori: non so come facciano a pagare i dipendenti e via dicendo.
L'interrogativo che ci dobbiamo porre riguarda, dunque, chi continua ad alimentare questa filiera e riesce a stare in piedi ed a vendere i prodotti a questi prezzi. Non ho motivo di dubitare che essi siano stati effettivamente rilevati, tuttavia dobbiamo chiederci come facciano le aziende agricole a produrre l'insalata a 35 centesimi al chilo ed a riuscire a remunerare la manodopera in modo congruo, a pagare i contributi all'INPS e così via. Questi sono interrogativi che ci dobbiamo porre.
Questi prodotti, dopo essere stati raccolti, a volte percorrono mille chilometri di strada e arrivano sui mercati ancora a 35 centesimi: si tratta di particolari inquietanti, di cui nessuno parla, ma che anzi, soprattutto in certe zone del Paese, vengono taciuti o nascosti. Si fa finta di nulla e si crea così una concorrenza sleale, anche a danno di quelle aziende che a questi prezzi non possono assolutamente produrre, perché non ci sono gli spazi per potere remunerare tutta la produzione.
Sulla questione dei prezzi siamo tutti consapevoli di essere in una fase di inflazione derivante da fattori congiunturali che non riguardano solo l'Italia, ma sono mondiali. È giusto verificare la presenza di speculazioni - ci mancherebbe altro! -, ma occorre evitare gli allarmismi, che danneggiano l'intero comparto.
La polemica di oggi sul pane e sulla pasta, scatenata soprattutto dai media, è davvero volta a fare del terrorismo. Certo, si tratta di beni di primaria necessità, che vengono usati per dire che i costi della famiglia aumentano; tuttavia, francamente, mi sono preso la briga di vedere quanto pane mangio per capire quanto l'aumento che c'è stato impatta sulle mie spese e devo dire che impatta meno di un caffè preso al bar. Dobbiamo dunque usare i giusti pesi e le giuste misure.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Intanto vorrei ringraziare il dottor Lirosi per questa relazione, ma soprattutto per il lavoro che sta svolgendo, sia pure da pochissimi mesi, per salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie.


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Abbiamo constatato - questa è la motivazione che ci ha indotto a promuovere l'indagine conoscitiva - che i prezzi al consumo crescono, mentre quelli dei prodotti agricoli all'origine diminuiscono, e anche in maniera significativa: secondo i dati dell'ISMEA, abbiamo avuto un meno 3,2 per cento a maggio, che fa seguito al meno 0,4 per cento registrato ad aprile.
Che il problema non sia nell'azienda agricola lo dimostrano anche altri dati dell'ISTAT, che fa una fotografia delle famiglie agricole italiane, il 10 per cento delle quali guadagna meno di 7.500 euro all'anno, mentre il 26 per cento guadagna tra 7.500 e 15.000 euro all'anno.
Ovviamente, però, nessuno può dire che i prezzi dei prodotti non crescono, perché non è così. Non è neanche opportuno affermare, come ha fatto prima il capogruppo della Lega, che bisognerebbe capire come mai il costo di alcuni prodotti è così basso. Ovviamente, c'è un aumento dei costi di produzione, che sono quelli che sono. Si pensi alle materie prime: ieri il Ministro ci diceva che l'urea agricola è aumentata del 350 per cento, per via del costo del petrolio che sta lievitando sempre di più.
Bisogna dunque capire come muoversi, intanto, per contrastare i fenomeni derivanti dall'inflazione e coloro che tentano di approfittare di questi processi; e, poi, bisogna capire come possiamo meglio vigilare sulla filiera.
La differenza, infatti, è rappresentata dal ruolo della filiera - corta o lunga che sia, come diceva precedentemente il collega dell'Unione di centro - dove per forza si origina un problema. Se il costo della produzione è basso, infatti, mentre poi il prezzo alla vendita è alto, ciò significa che l'aumento avviene nella filiera. Bisogna, allora, vigilare sull'origine di questo fenomeno, e bisogna farlo in fretta, per proteggere il potere d'acquisto delle famiglie, che oggi risentono moltissimo di questo gap tra prezzo al consumo e prezzo all'origine.

VIVIANA BECCALOSSI. Signor presidente, condivido molte delle cose che sono state dette dai miei colleghi e vorrei poi entrare nello specifico di alcuni argomenti che sono per me assolutamente importanti.
Innanzitutto, sottolineo ancora una volta come ci siano grandi differenze di prezzo su alcuni prodotti (latte, pasta, pane) tra il nord e il sud; i dati ISTAT ci dicono che la città più cara è Milano, mentre una delle meno care è Bari, piuttosto che Napoli.
Sarebbe bello capire come mai succeda questo, dal momento che le materie prime sono le stesse e che molto spesso provengono dal nord più che dal sud: non si capisce, allora, perché costino di più al nord piuttosto che al sud.
Su questa materia, vorrei rifarmi a quanto detto dal collega, esponente dell'UdC, che mi ha preceduta, portando l'esempio del latte.
Perché ad un allevatore della pianura padana un litro di latte viene pagato, nella migliore delle ipotesi, da 0,38 a 0,42 centesimi, quando poi io per prima, quando vado a fare la spesa, lo pago, nel maggio 2007 - pagina 24 della sua relazione - 1,31 euro e addirittura, nell'aprile 2008, 1,46 euro? Che succede dalla stalla all'Esselunga, all'Auchan, alla Coop? Quali possibilità abbiamo di intervenire?
L'articolo 5 del decreto n. 112 del 2008 ci affida più poteri. Ho l'impressione - mi è capitato di leggere degli articoli in tal senso - che la grande distribuzione faccia cartello. Intendo dire che si prendono i produttori di grana padano piuttosto che di taleggio e si dice loro che, se vogliono vendere all'Esselunga, alla Coop o all'Auchan, i prodotti devono essere venduti a 9 euro - io dico 9, il mio collega dice 8,90, quello più vicino 8,97 - altrimenti staranno fuori dalla grande distribuzione.
Il risultato è che il mondo dei consumatori paga comunque sempre di più il grana padano, piuttosto che il parmigiano reggiano, o il latte alimentare. Il mondo degli agricoltori, che sta evidentemente molto a cuore a questa Commissione,


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riceve oggi meno soldi per un litro di latte alla stalla rispetto a quanti ne prendeva qualche anno fa. È normale questo? Cosa possiamo fare? Questo vale per l'ortofrutta, per la carne bovina, per la carne suina e quant'altro. Come possiamo incidere, secondo lei? Solo attraverso i controlli e le multe della Guardia di finanza o cos'altro? Io dico che, così come è avvenuto con i libri di testo scolastici, anche per quanto riguarda l'agroalimentare ci dovrebbero essere maggiori controlli.
Capisco che lo scontro con la grande distribuzione organizzata possa essere pesante ma, francamente, essendo questa, per altro, quasi tutta e sempre più, in mano a imprenditori stranieri e sempre meno ad italiani, dovremmo forse cominciare a ragionare, anche perché rischiamo che sugli scaffali della grande distribuzione organizzata ci sia sempre più camembert piuttosto che grana padano. Queste sono la domanda e la riflessione che volevo fare.
Ringrazio il Garante per il lavoro svolto. La mia è stata, di fatto, una fotografia dell'esistente. Credo che noi per primi, da oggi, dobbiamo essere promotori di soluzioni, altrimenti corriamo il rischio di diventare noi stessi parte del problema.
Tutto questo serve per dare risposte tempestive al mondo dei consumatori, da un lato, e, dall'altro, al mondo dei produttori, in particolare a quelli del settore agricolo e agroalimentare, che vedono riconoscersi un prezzo sempre più basso per le ciliegie, piuttosto che per il latte o la carne.

LUCA BELLOTTI. Premetto che, quando si parla di questi argomenti e dell'attività del Garante per il contenimento dei prezzi, parto con qualche pregiudizio, in quanto - questa non vuole essere una battuta - neanche in Unione Sovietica sono riusciti a contenere il prezzo della vodka: proprio da lì è partita la rivoluzione. Sempre pensando all'Unione Sovietica, ricordo i magazzini GUM, dove i prezzi erano molto bassi, peccato che non ci fossero le merci! Non vorrei che queste riflessioni fossero condite da un pregiudizio di partenza, né che apparissero come un processo al Garante.
Vorrei tentare di capire qual è la differenza fra il Garante e qualsiasi istituto di rilevazione dei prezzi, perché credo che, per esercitare un minimo di attività di controllo dei prezzi, in questa fase, bisogna avere degli strumenti ed agire secondo alcune linee chiare e definite.
In primo luogo, mi riferisco alla prevenzione. Cosa si può fare per prevenire alcuni fenomeni riguardanti i prezzi? La seconda fase, ovviamente, è quella del controllo dell'andamento del mercato, mentre la terza è quella della repressione.
Se non abbiamo gli strumenti adatti, corriamo il rischio di rilevare semplicemente quello che può accadere e quello che accade sul mercato, senza la benché minima possibilità di intervenire. Credo molto nel binomio sanzione/premio, anche se ritengo che questo sia pressoché impossibile, nell'ordinamento italiano e in quello europeo.
Invece, una osservazione che è stata fatta e che ritengo veramente bisognosa di un ulteriore approfondimento riguarda le informazioni.
In un mercato globale bastano, purtroppo, poche informazioni mal riportate e mal scritte per far schizzare i prezzi, oppure per far scattare un'emergenza rispetto agli andamenti dei mercati. Mi riferisco all'influenza aviaria, che ha disintegrato un intero mercato, senza che alla fonte vi fosse un problema di pubblica sicurezza di entità corrispondente. Credo che l'attività del Garante in questa direzione possa, dunque, tentare degli approfondimenti.
A mio avviso, la figura del Garante, essendo nuova nel panorama italiano, dovrebbe essere approfondita per poter cogliere effettivamente l'obiettivo e non essere intesa come semplice spettatrice dell'andamento del mercato, rispetto al quale, infatti, la Camera di commercio può essere anche più dettagliata o più precisa.


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Dal Garante ci si aspetta magari qualcosa in più. In questo senso, la Commissione agricoltura e le altre Commissioni potrebbero tentare di verificare se vi siano le possibilità di trovare degli strumenti adeguati.

ANGELO ZUCCHI. Ringrazio anch'io il dottor Lirosi per la sua disponibilità. Vorrei svolgere alcune valutazioni e chiedergli un parere.
Abbiamo a che fare con un tema riguardante la struttura del prezzo. In un Paese che, indubbiamente, soffre difficoltà di razionalizzazione, di distribuzione, di logistica e di trasporti, inevitabilmente la struttura del prezzo è estremamente fragile e si presta meglio, o più che altrove, alle speculazioni.
Credo che un elemento di ulteriore fragilità stia nella frammentazione dei produttori, che li rende meno forti da un punto di vista negoziale nei confronti della grande distribuzione.
Resta il fatto che alcune cose non si spiegano. Spesso sentiamo dire che i prezzi sono frutto di una filiera eccessivamente lunga nel nostro Paese, ma anche quando possiamo toccare con mano esperienze di filiere più corte - oppure, se volete, contratti diretti tra la grande distribuzione e i produttori - i prezzi sugli scaffali non diminuiscono.
Siamo comunque di fronte ad un prezzo che rimane costante sugli scaffali, indipendentemente dalla lunghezza della filiera e dalla possibilità di mettere direttamente in relazione il produttore con la grande distribuzione, evitando passaggi di intermediazione. Questo è, secondo me, l'aspetto su cui dovremmo concentrare con maggiore attenzione le nostre indagini.
Vi è poi un altro tema che voglio porre al dottor Lirosi: quello dell'osservatorio sui prezzi. Sono a conoscenza di esperienze, fatte in alcune città italiane, di osservatori prezzi che hanno come scopo - o avevano: non so più se ne esistano tanti in giro, né se questa iniziativa sia da sostenere e sollecitare - quello di fornire l'informazione direttamente ai cittadini e ai consumatori che, attraverso la pubblicazione mensile dell'osservatorio prezzi del proprio comune, diventano anche controllori.
Naturalmente, tali osservatori sui prezzi agivano in diretta relazione con gli uffici ISTAT e venivano costruiti considerando il mercato della città, il rapporto tra la grande distribuzione, i negozi di vicinato, le diverse realtà territoriali e la distribuzione geografica dei negozi, che mensilmente indicavano, attraverso pubblicazioni, ai cittadini e ai consumatori, quali prezzi si erano discostati rispetto al mese precedente.
Ciò innesca un meccanismo, alla lunga, virtuoso: chi controlla e vede il prezzo crescere va a cercare un prezzo più conveniente per il proprio consumo; mentre il commerciante o la grande distribuzione, sapendo di essere così controllati, cercano di limitare, per quanto possibile, eccessivi e repentini aumenti di prezzo.
So che ci sono state esperienze simili in città come Pavia, Como, Roma e via dicendo. Non so se ne esistano ancora, né so se questo possa essere un modo per evitare quella percezione che spesso il cittadino ha leggendo i giornali, secondo cui sembra che il gas sia aumentato almeno di dieci volte.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Chiedo innanzitutto al Garante, affinché questa sua audizione non sia fine a se stessa, se sia personalmente soddisfatto degli strumenti legislativi che investono il suo ruolo e la sua funzione; e se egli viva il suo come un ruolo attivo ovvero notarile, che si limita a prendere atto di fatti statistici riportati da altri, senza avere, di fatto, la capacità di intervenire in alcuna maniera. È bene che ci dia conto di questo: se sente di non avere ruolo e potere, noi dobbiamo prenderne atto.
Non stiamo parlando del migliore dei mondi possibili, ma di lobby potentissime - quelle della grande distribuzione - che impoveriscono milioni di cittadini e stringono il collo alla produzione. Questo è ciò che sta avvenendo nel nostro Paese e dobbiamo prenderne atto.


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Il Garante ci dica, quindi, se ha delle proposte e dei dati da offrirci, anche dal punto di vista legislativo, perché questo non avvenga.
Sicuramente l'informazione è un fatto importante, come dicevano alcuni colleghi negli interventi precedenti. Il miglior garante del controllo dei prezzi è il cittadino, che dovrebbe sapere, quando il prodotto arriva nella grande distribuzione, quali sono il suo prezzo minimo e quello massimo. Questo, purtroppo, non avviene.
Crede, pertanto, il Garante che ci sia necessità di lavorare affinché il consumatore sia meglio informato? Pensa che ci siano dei modi in cui noi possiamo favorire, anche con strumenti legislativi, un rapporto diretto fra il produttore e le cooperative di acquisto attraverso cui si riesca a «tagliare le unghie» a queste lobby?

FABIO RAINIERI. Vorrei rimarcare quanto è stato già detto da molti colleghi, ma credo sia necessario che il Garante ne prenda atto: le denunce che fa sulla stampa o negli ambienti in cui ha l'autorità per farlo, devono essere, probabilmente, molto più incisive.
Dai dati che abbiamo rilevato, dalla sua relazione, si prende solamente lo spunto dell'aumento dei prezzi delle materie prime: questo ha fatto sì che i prezzi del latte o di altri prodotti alla produzione avessero una percentuale di aumento che, a mio avviso, è molto inferiore rispetto a quella reale. Qui non vengono prese in considerazione molte altre voci che fanno parte del costo di produzione di un prodotto, come il medicinale per i bovini, ad esempio, o i fitofarmaci.
Credo, quindi, che il Garante debba denunciare il fatto, che è indispensabile si conosca - e si auspica che possa farlo in modo incisivo - che la grande distribuzione aumenta in modo sconsiderato il prezzo sullo scaffale, rispetto al costo di produzione, anche di alimenti naturali e importanti quali sono le nostre produzioni tipiche DOP, i prodotti lattiero-caseari e tutti i nostri altri prodotti tipici. E che lo fa senza dare giustificazione, tanto che il prezzo del prodotto, dalla terra alla tavola, aumenta già di per sé di centinaia di volte, come è stato denunciato in precedenza.
Non credo che tale aumento sconsiderato si possa giustificare, dando ancora la colpa al prezzo del prodotto nella prima fase della catena.
Come Garante dei prezzi - come dice il termine, in garanzia del consumatore - lei dovrebbe essere più incisivo e molto più critico nei confronti della grande distribuzione e non tanto della produzione, come invece a volte avviene.
Sembra che la colpa sia tutta nostra, quando invece il latte, come diceva la collega Beccalossi, parte da 0,33 euro al litro per arrivare a 1,60 euro al litro. L'aumento sul prezzo del latte al consumo può essere inferiore rispetto a quello alla produzione, ma è già più che sufficiente l'aumento di quattro volte del prezzo all'origine che si è già verificato; quindi, la denuncia deve essere fortemente segnalata in quegli ambienti, insieme alle cause reali del maggior costo del prodotto al consumo.

PRESIDENTE. Nel dare la parola al dottor Lirosi per la replica, purtroppo per pochi minuti, mi permetterei di porre anch'io qualche quesito.
Anzitutto vorrei sapere qual è lo strumento attraverso il quale vi giungono le segnalazioni. In secondo luogo, considerando che tra produzione e commercializzazione vi è una fase intermedia, lei ha riferito che, soprattutto a Napoli, Reggio Calabria e Palermo, per latte e burro, ci sono stati dei picchi verso l'alto: è evidente che ad agire su questo è la fase dell'intermediazione. Avete elementi per poter indicare che anche un'azione della criminalità organizzata in qualche modo incide su questi due settori?

ANTONIO LIROSI, Garante per la sorveglianza dei prezzi. Signor presidente, le segnalazioni arrivano, come prevede la legge, attraverso gli uffici prezzi delle Camere di commercio. A questo riguardo, per facilitare il rapporto tra cittadini e


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imprese (perché le segnalazioni arrivano anche dalle imprese), l'Unioncamere (che ringrazio per la collaborazione) e gli uffici prezzi delle Camere di commercio hanno realizzato un numero verde unico nazionale. Le segnalazioni possono arrivare, inoltre, attraverso la casella di posta elettronica del sito dell'Osservatorio prezzi.
Riguardo alla situazione del burro, con la Guardia di finanza stiamo ora acquisendo dei dati per capire dove si siano registrati i maggiori aumenti, se al consumo o nella fase intermedia. Riguardo a Napoli, Reggio Calabria e Palermo, io ho detto pubblicamente, e ribadito in questa sede, che negli ultimi mesi la forbice tra produzione e consumo si è allargata. Ho chiesto alle imprese della distribuzione, che ho convocato, se ci fossero le condizioni per un immediato ribasso del prezzo del burro, cosa che è avvenuta anche a giugno, sulla base dei dati rilevati dall'ISTAT.
Per quanto riguarda Napoli, invece, c'era un'indagine già avviata sulla struttura del mercato del latte da parte dell'antitrust. Opportunamente, il Ministro Scajola ha inviato la rilevazione dell'andamento del prezzo a Napoli, segnalata dai cittadini e riscontrata da me, secondo cui il prezzo era pari a 1,90 euro (più alto anche a livello di distribuzione intermedia). Il materiale della segnalazione può essere utile per l'antitrust, che ha i poteri ed è l'Autorità garante a vigilare sulla correttezza dei comportamenti del mercato e sull'assetto concorrenziale dello stesso.
Mi sembra che gli interventi più importanti - e ringrazio per gli spunti - riguardino il ruolo del Garante. Da dirigente statale, ovviamente io sono chiamato ad applicare le disposizioni di legge.
Sono fondamentalmente due le opzioni disponibili per affrontare una situazione come questa. Da un lato, si può dire che non si fa niente, come è accaduto finora, che si alza bandiera bianca e che si lascia fare tutto al mercato, perché siamo in un regime di mercato libero, sulla base dei princìpi del trattato comunitario; dall'altro lato, si potrebbe invece dire che bisogna trovare il sistema per fare multe, stabilire sanzioni e fissare un tetto oltre il quale non si possono aumentare i prezzi. Questa seconda opzione è incompatibile, a mio avviso, con il mercato comune europeo, perché stabilire dei tetti per applicare le sanzioni vorrebbe comunque dire tornare a un sistema di prezzi amministrati.
Il legislatore ha scelto una via intermedia, più faticosa e complessa, innovativa ed inedita, che io ho avviato in una fase non facile - perché il prezzo del petrolio, a gennaio, era passato dai 50 dollari al barile dell'anno precedente ai 100 dollari al barile - che è quella del lavoro riguardante i prezzi al consumo.
La sorveglianza è svolta attraverso confronto, persuasione e ascolto dei cittadini (come voluto dal legislatore). Dalle singole segnalazioni, molte volte, emergono situazioni che possono far pensare a ipotesi di violazione, che vengono poi segnalate ai soggetti detentori di poteri di intervento. La sorveglianza è fatta anche di monitoraggio e statistiche, per fornire informazioni utili al consumatore, il quale ha bisogno dello sforzo che stiamo compiendo al Ministero.
Rispondo anche alla domanda sugli osservatori: stiamo cercando di censire anche gli osservatori più virtuosi (li abbiamo inseriti in una lista).
Il consumatore ha bisogno di avere informazioni fruibili - per farlo ci sarebbe bisogno anche dell'aiuto degli organi di informazione locali - sui livelli di prezzo. In altre parole, occorre poter capire quali sono i livelli minimi e massimi del prezzo, perché quello è l'orientamento. Al consumatore interessa meno sapere come si forma il prezzo nelle filiere, quanto è aumentato rispetto ai tre anni precedenti, quali sono stati gli scostamenti.
Sul ruolo del Garante, anche alla luce del rafforzamento dei poteri, ritengo che l'esperienza maturata lavorando su queste tre tipologie di attività, non avendo poteri magici - che, tra l'altro, non servirebbero - mi sto concentrando sulla fase congiunturale di emergenza, perché è quella più importante.


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Io non ho poteri per stabilire quali debbano essere i livelli di prezzo nelle varie fasi di passaggio dalla produzione alla distribuzione, né ho competenza per affrontare e risolvere problemi strutturali.
La struttura del prezzo dei prodotti agroalimentari italiani e le differenze territoriali ci sono sempre state, anche se adesso possono aggravarsi. Io mi sono concentrato sull'impatto della situazione congiunturale. È chiaro che se, continuando questo lavoro, dovessero emergere problemi strutturali, come in alcuni casi specifici è accaduto, li segnaleremo anche ai Ministeri competenti.
Il Ministero competente ad affrontare le politiche settoriali e a risolvere i problemi strutturali è quello delle politiche agricole, con il quale in questi mesi abbiamo lavorato.
Rispetto alla domanda sul rafforzamento dei poteri di vigilanza anche lungo la filiera, per evitare speculazioni sul prezzo del grano, il Ministero delle politiche agricole, nel mese di ottobre, ha istituito un comitato antispeculazione interforze (composto da Guardia di finanza, NAS, Carabinieri, Istituto del controllo della qualità e Ministero dello sviluppo economico) che ha svolto oltre tremila controlli lungo la filiera, proprio per accompagnare questa fase delicata di aumento dei prezzi delle materie prime nella filiera cerealicola e nella filiera lattiero-casearia.
Si potrebbe dire che non è successo nulla e che siamo in linea con l'Europa, ma può darsi che ci sia stata una funzione di deterrenza.
Quello di cui parlo è un organismo che può rafforzare e pianificare i controlli nelle fasi precedenti, in sinergia con il lavoro che sto portando avanti personalmente, che riguarda il rapporto con le categorie principalmente distributive, non solo per fare moral suasion, ma anche per scoprire le situazioni di asimmetria esistenti.
Rispetto alle due scelte di cui ho parlato, quindi, agire senza arrivare ad utilizzare poteri sanzionatori è una strada più lunga e faticosa ma che, nel lungo periodo, si può tentare di realizzare e mettere a sistema, col rafforzamento delle funzioni decise dal Governo.
Riguardo alla domanda - penso di avere risposto a tutte le altre - su ciliegie, melanzane e così via, i dati che abbiamo fornito ci comunicano quali sono gli andamenti, se si verificano anomalie in questi ultimi e quali divergenze di prezzo esistono tra produzione, ingrosso e origine, per cui disponiamo solo di dati aggregati. È difficile studiare l'andamento del prezzo dei prodotti ortofrutticoli, com'è noto, perché esiste una molteplicità di prodotti, che dipende dalle aree di provenienza, dai periodi e dalla vulnerabilità rispetto alle situazioni climatiche. Il dato sul prezzo della melanzana che viene qui riportato, relativo a cinquanta filiere, azzera quindi tutte queste differenze: ci sono melanzane che hanno una qualità e un prezzo molto più alto rispetto a quello indicato.
Questi dati consentono di capire alcuni fattori, ma la struttura del prezzo, i passaggi di filiera e i rapporti tra le associazioni rappresentative delle varie filiere sono comunque di competenza del Ministero delle politiche agricole.
Abbiamo compiuto questo sforzo per offrire una panoramica non tanto legata all'attività di sorveglianza, quanto finalizzata a presentare informazioni e dati per la vostra indagine. Da questi grafici si può, però, capire quali sono stati gli andamenti dei prezzi e in quali periodi degli ultimi due anni la forbice si è allargata e in quali si è ristretta. Il mercato dell'ortofrutta è soggetto a tante variabili ed è, quindi, difficile trarre delle conclusioni.
Mi è stato chiesto di chi sia la colpa e se occorra puntare il dito contro una categoria rispetto ad un'altra. In questi mesi io ho cercato di affrontare la questione in questi termini: credo che di fronte al consumatore non ci possa essere una differenza di atteggiamento riguardo alle categorie, almeno dal lato istituzionale. Le imprese hanno tutte pari dignità. Sappiamo qual è l'incidenza della distribuzione rispetto alla produzione, per alcuni prodotti, però non c'è una colpa da attribuire, il che non credo aiuterebbe.


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Come dicevo prima, per non creare una situazione di autoalimentazione dell'inflazione, non bisognerebbe cercare di scaricare la colpa su qualcuno.
Nello svolgere il mio lavoro ho cercato di mantenere un atteggiamento equilibrato, per evidenziare di volta in volta la variazioni dei prezzi di burro, latte, pane e pasta, segnalando cioè cose concrete ai cittadini.
In questo, mi sento un po' diverso dagli istituti di ricerca o dagli istituti statistici, come qualcuno ha detto, perché, con le categorie, siamo andati a vedere le cose un po' più a fondo. Con le categorie abbiamo anche stabilito, in alcuni casi, il livello di prezzo giustificato dal normale andamento del mercato, un'informazione utile per il consumatore.
Per esempio, nel tavolo di confronto con i produttori di latte, nel mese di febbraio, essi condivisero il mio giudizio, secondo cui un prezzo superiore a 1,70 euro dovesse considerarsi ingiustificabile. Il prezzo del latte varia da territorio a territorio, per cause storiche e strutturali e perché c'è una diversa incidenza del costo della materia prima e dell'energia, in relazione al luogo di approvvigionamento: differenze che ci sono sempre state. Avrei disperso energie e risorse rispetto all'emergenza del carovita legato al prezzo del petrolio e del grano, se me ne fossi occupato.

PRESIDENTE. Informo che il dottor Lirosi ha lasciato due documenti che saranno allegati al resoconto stenografico della seduta.
Ringrazio il Garante e dichiaro conclusa l'audizione.

Sui lavori della Commissione.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor presidente, sull'ordine dei lavori, vorrei chiederle se ritenga opportuno, considerando il fatto che il Governo ha presentato oltre 200 emendamenti al decreto n. 112 del 2008, riportare questo provvedimento in Commissione, per effettuare un esame anche su tali emendamenti, su contenuti che rappresentano quasi una manovra aggiuntiva. Non lo chiedo per tutelare noi come opposizione, in questo caso, bensì tutta la Commissione e per valorizzare il nostro lavoro.

PRESIDENTE. La sollecitazione è utile. Farei, però, una valutazione preordinata: se c'è materia che in qualche modo possa riguardarci, si può procedere. In caso contrario, tale analisi sarebbe completamente estranea alla nostra valutazione.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Possiamo sicuramente condividere la sua osservazione. Propongo, dunque, di esaminarla con attenzione, perché so che molti emendamenti riguardano la nostra materia.

PRESIDENTE. La prenderemo in considerazione.
Infine, è inutile riferirvi che il dottor Lirosi sarà ben lieto di recepire ulteriori sollecitazioni che dovessero venirgli in corso di indagine o alla luce dei risultati di quest'ultima.

La seduta termina alle 15,30.

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