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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III Camera e 3a Senato)
2.
Mercoledì 5 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE DIPLOMATICO-CONSOLARE E SULL'ADEGUATEZZA E SULL'UTILIZZO DELLE DOTAZIONI ORGANICHE E DI BILANCIO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

Audizione dell'ambasciatore Maurizio Melani, Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 13 16
Antonione Roberto (PdL) ... 10
Dini Lamberto, Presidente della 3a Commissione del Senato ... 12
Melani Maurizio, Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri ... 3 13 14
Micheloni Claudio (PD) ... 7
Narducci Franco (PD) ... 8 14
Porta Fabio (PD) ... 9
Tonini Giorgio (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 5 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 15,20.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dell'ambasciatore Maurizio Melani, Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare e sull'adeguatezza e sull'utilizzo delle dotazioni organiche e di bilancio del Ministero degli affari esteri, l'audizione dell'ambasciatore Maurizio Melani, direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri.
Saluto il presidente Dini e do il benvenuto ai colleghi senatori presenti.
Ringrazio l'ambasciatore Melani e lo prego di svolgere la sua relazione.

MAURIZIO MELANI, Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri. Grazie presidente Stefani, grazie presidente Dini e grazie ai membri delle due Commissioni per l'opportunità che mi è data di esporre dall'ottica di direttore generale per la promozione del sistema Paese quali sono le esigenze e le implicazioni della riorganizzazione della rete diplomatico-consolare oggetto dell'indagine conoscitiva.
Intervengo per gli aspetti di mia competenza, centrati sul ruolo della rete nella promozione complessiva e integrata delle componenti economiche, culturali e scientifiche della nostra comunità nazionale, a fronte degli sviluppi in corso sulla scena mondiale, in un contesto nel quale le risorse finanziarie a disposizione del ministero sono, purtroppo, in costante diminuzione.
Come è stato illustrato in precedenti audizioni dal sottosegretario Mantica e dal segretario generale ambasciatore Massolo, queste risorse sono ormai scese allo 0,25 per cento del bilancio dello Stato e allo 0,11 per cento del prodotto interno lordo, quota che, come è noto, è la più bassa tra i maggiori Paesi europei.
L'ulteriore riduzione disposta dall'ultima manovra finanziaria di 206 milioni di euro per il 2012 e ancora di 72 e 93 milioni per i due anni successivi in aggiunta, limitatamente agli interventi riduttivi più recenti, ai 45 milioni detratti nel 2011, ci impone di operare scelte gravi per limitare conseguenze negative sui nostri obiettivi strategici e sulle nostre stesse funzioni.
A questo riguardo, occorre partire dalla constatazione che gli equilibri politici ed economici mondiali sono profondamente mutati negli ultimi anni, nell'ambito di un processo in piena evoluzione. Nuovi attori hanno un peso comparativo in continuo aumento per dimensioni delle loro economie, tassi di crescita e presenze nei mercati internazionali.


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Basti pensare, solo per fare alcuni esempi, che le quote dell'interscambio cinese rispetto ai dati mondiali sono salite negli ultimi dieci anni dal 7 al 18 per cento, quelle americane sono scese dal 33 al 23 per cento e quelle giapponesi dal 15 al 10 per cento, mentre quelle dell'Europa sono rimaste complessivamente stabili, oscillando attorno al 36 per cento, ma con tassi di crescita dell'economia dei Paesi europei spesso dieci volte inferiori a quelle della Cina e di altre economie emergenti.
Si tratta di tendenze destinate a proseguire, con i loro effetti cumulativi, e delle quali occorre cogliere tutte le implicazioni. Le economie mature come la nostra si trovano, quindi, di fronte a sfide che richiedono un incisivo adattamento degli strumenti di sostegno all'indispensabile internazionalizzazione dei propri sistemi produttivi in presenza di drastiche riduzioni delle risorse pubbliche impiegabili a tale scopo.
La recente riorganizzazione del Ministero degli affari esteri va in questo senso, e in tale ambito la Direzione generale per la promozione del sistema Paese ha la missione di realizzare un approccio di sistema alla promozione all'estero delle componenti economico-finanziarie, culturali e scientifiche dell'Italia, incluse le attività delle autonomie territoriali, per rispondere in maniera coordinata ed evitando frammentazioni alle sfide poste dalla crescente competizione e dalle nuove dimensioni dei mercati globalizzati.
Il principale obiettivo strategico è quello di inserire il nostro sistema produttivo nei processi di crescita delle economie emergenti, ove maggiori sono le opportunità, senza trascurare naturalmente i consolidati rapporti con i nostri tradizionali maggiori partner economici, in Europa e altrove, rispetto ai quali restano più alte le attuali quote dell'esportazione e degli investimenti in entrata e uscita, ma dove l'integrazione tra i tessuti produttivi e le società civili comporta un protagonismo proporzionalmente più ridotto della rete diplomatica e consolare.
Scopo primario è favorire le esportazioni e sostenere attività all'estero, quali investimenti, partecipazioni finanziarie, intese produttive, integrazioni e altre forme di internazionalizzazione, che abbiano l'effetto di aumentare complessivamente valore e lavoro in Italia al di fuori di logiche di mera delocalizzazione.
D'altra parte, un importante ammortizzatore della crisi che ha colpito negli ultimi due anni l'economia mondiale, e con essa quella del nostro Paese, è stata per l'Italia la capacità di molte imprese di inserirsi nelle economie emergenti, dall'Asia orientale all'America latina, ai Paesi del Golfo e ad alcune aree dell'Africa subsahariana. È soprattutto in tali aree che è comparativamente più rilevante il ruolo della rete diplomatica e consolare inclusivo della funzione di coordinamento e di direzione dei diversi attori, con particolare riguardo ai Paesi nei quali più necessario è il rapporto con le istituzioni e con le dirigenze politiche in considerazione del rilievo che queste hanno nelle scelte economiche.
Essenziale è l'approccio integrato tra economia, cultura e scienza, su cui si basa la nuova Direzione generale, soprattutto per un Paese come il nostro, il cui incomparabile patrimonio culturale proietta un'immagine che, se opportunamente gestita, trascina tutto il resto, dall'aspetto più ovvio dei flussi turistici alla propensione per il made in Italy in tutte le sue forme.
Da qui il rilievo degli istituti di cultura, degli addetti scientifici e della loro sinergia, sotto la guida degli ambasciatori, con gli altri attori del sistema Paese nelle diverse sedi.
Lo stesso vale per il complesso sistema delle scuole all'estero, statali e private, e dell'insegnamento dell'italiano presso istituzioni scolastiche e universitarie e altre strutture locali, attraverso i lettori e i sostegni forniti a vario titolo a cattedre con insegnanti locali.
Questo sistema, nelle sue diverse articolazioni, costituisce uno strumento prezioso di presenza e di promozione linguistica e culturale e di mantenimento dei legami con l'Italia per collettività sempre più integrate nei Paesi di accoglimento, ma i suoi costi sono notevoli e, a fronte delle


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priorità che ci impone la contrazione delle risorse, abbiamo avviato con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una riflessione per renderlo sostenibile.
In prospettiva si dovrà inevitabilmente andare verso un graduale spostamento delle risorse dalle scuole statali, insostituibili in talune situazioni, e dall'impiego di personale di ruolo verso un maggior ricorso a strutture e personale locale, introducendo opportuni sistemi di garanzia della qualità e incoraggiando sempre più, laddove possibile, il ricorso a finanziamenti esterni.
Anche la rete degli istituti di cultura ha in corso un processo di parziale rimodulazione, parallelamente a quello della rete diplomatico-consolare, diretto, da un lato, a far fronte all'ormai strutturale contrazione delle risorse e, dall'altro, alla necessità di rilanciare selettivamente il sostegno attraverso tale strumento della presenza culturale italiana all'estero, riservando un opportuno rilievo alle aree emergenti con forte crescita economica, conseguenti profonde trasformazioni sociali e nei livelli dei consumi e, quindi, crescente potenziale domanda per le produzioni italiane di qualità.
Tra gli obiettivi di una strategia coordinata e di sistema vi è anche quello di accompagnare i necessari adattamenti del nostro sistema produttivo e della sua percezione nel mondo per accrescerne la competitività complessiva sui mercati globalizzati. Il brand Italia è certamente sostenuto dalla potenza evocativa del nostro straordinario patrimonio culturale, dalla bellezza, dalla creatività e dalla qualità della vita, che hanno in quel patrimonio le loro radici e che trovano espressione soprattutto nei settori tradizionali del made in Italy, come la moda, l'abbigliamento, l'enogastronomia, l'arredo, gli oggetti di lusso, il design industriale, i prodotti per lo sport e l'industria culturale, ma occorrerà fare in modo che questa percezione si estenda o si consolidi anche ad altri settori di eccellenza della produzione italiana, come le macchine utensili, le alte tecnologie e le infrastrutture.
Un ruolo di primo piano ha in questo contesto anche la promozione del turismo, più direttamente collegato al patrimonio culturale e all'attrattiva dei centri storici e del paesaggio, per i suoi effetti immediati sull'economia del Paese e per quelli sulla proiezione complessiva dell'immagine dell'Italia con ricadute in tutti i settori.
Nel complesso, il perseguimento dell'obiettivo generale della crescita di valore e lavoro in Italia dovrà comportare progressivi spostamenti di attività e occupazione verso i comparti a più alta tecnologia, le componenti di direzione e progettazione di una produzione sempre più globalizzata, la ricerca e lo sviluppo, l'alta formazione, i servizi alle imprese e la valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, mantenendo la base manifatturiera del nostro Paese.
In quest'ottica, che comporta al centro un forte coordinamento tra i diversi soggetti istituzionali nazionali e regionali che in vario modo concorrono all'internazionalizzazione del sistema produttivo e all'estero la funzione di direzione degli ambasciatori, va considerato il completamento della normativa che ha disposto l'accorpamento degli uffici e del personale all'estero dell'ex Istituto del commercio estero nelle ambasciate, ove sono costituiti appositi uffici per la promozione degli scambi.
Il Ministero degli affari esteri ha sostanzialmente concluso la preparazione delle bozze dei decreti attuativi, per i quali va ora perfezionato il concerto con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero dell'economia e delle finanze. In tale processo, che potrà richiedere anche il ricorso a ulteriori interventi legislativi, occorrerà ripristinare strumenti di flessibilità nella gestione amministrativa dei servizi da fornire alle imprese.
Quali che siano le forme di tali strumenti e la natura dell'eventuale soggetto a ciò preposto, occorrerà assicurarne l'appropriata dipendenza funzionale dalla Farnesina quale gestore della rete e responsabile della conduzione complessiva della politica estera, di cui sono necessariamente parte integrante la diplomazia


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economica, tenuto anche conto del legame sempre più stretto tra interessi economico-produttivi e politico-strategici, e la diplomazia culturale, fortemente legata alla prima per le ragioni che ho già esposto.
All'estero l'accorpamento delle sedi comporterà riduzione dei costi, maggiori sinergie e più efficace coordinamento secondo la logica dello sportello unico perseguita da progetti di legge presentati in Parlamento, tra cui quello avente come primo firmatario il presidente Stefani.
A causa della crescente contrazione delle risorse pubbliche, per una parte rilevante delle attività promozionali occorrerà fare ricorso a coordinati interventi nel settore privato, realizzabili grazie alla consapevolezza delle imprese che il loro contributo in termini di sponsorizzazione o remunerazione dei servizi sono investimenti sulla loro presenza nei Paesi considerati.
Per il coordinamento tra i soggetti pubblici e privati maggiormente coinvolti nell'internazionalizzazione del sistema produttivo un ruolo cruciale spetterà alla cabina di regia già istituita informalmente per la programmazione e la gestione delle missioni di sistema all'estero e ora istituzionalizzata dalla legge con un'estensione delle sue competenze alla programmazione dell'impiego delle risorse, prima gestita dall'ICE, per la promozione all'estero, anche se fortemente ridotte negli ultimi anni.
La stessa legge ne ha estesa la composizione per comprendervi, oltre al Ministero degli affari esteri e al Ministero dello sviluppo economico, a Confindustria e all'ABI, anche il Ministero dell'economia e delle finanze, Unioncamere e Rete Italia.
Altri tavoli di coordinamento sono stati costituiti per la promozione delle diverse componenti del sistema Paese. Vi è un gruppo di lavoro con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, esteso alla CRUI, per l'internazionalizzazione del sistema universitario, nella consapevolezza dell'importanza che la cooperazione in questo campo, comprensiva di una migliorata mobilità di studenti e ricercatori, ha per tutto il sistema produttivo.
Un analogo tavolo di coordinamento è stato istituito con i Ministeri della difesa e dello sviluppo economico per l'internazionalizzazione dell'industria degli armamenti e con il Ministero dell'economia e delle finanze è stato costituito un Comitato strategico sulla tematica dei fondi sovrani e sui fenomeni della globalizzazione economica e finanziaria.
Nell'ambito della Conferenza Stato-regioni abbiamo, infine, riattivato il tavolo di concertazione sull'attività internazionale delle regioni previsto da un'intesa del 2008. La proiezione esterna e la realizzazione di quanto definito in tali sedi, così come l'acquisizione a tale scopo delle informazioni e delle valutazioni necessarie alle decisioni, richiederà un rilevante impegno della rete diplomatica, la cui articolazione, anche sotto tale profilo, non potrà non risentire della priorità strategica di dare necessario peso alle aree emergenti, soprattutto in Asia, oltre che all'area per noi vitale del Mediterraneo e del Medio Oriente.
In conclusione, essendo in presenza di risorse sempre più scarse, ci si trova costretti a compiere scelte che possano comparativamente meglio contribuire all'apporto della componente estera alla crescita e all'occupazione nel nostro Paese, tenuto conto delle dinamiche in corso nell'economia mondiale, con tutto ciò che questo comporta e tenendo presente, per esempio, l'enorme mole di lavoro per la trattazione dei visti per turismo, affari, studio, lavoro e altri motivi da Paesi in cui occorre conciliare le esigenze di una desiderata mobilità funzionale alla nostra economia con quella del controllo dell'immigrazione. Tutto ciò salvaguardando l'esigenza di fornire adeguati servizi ai connazionali all'estero, facendo un crescente ricorso a strumenti alternativi alla presenza di consolati, grazie alle tecnologie informatiche, come hanno illustrato nelle precedenti audizioni il sottosegretario Mantica e il segretario generale Massolo.


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La documentazione che è già stata distribuita fornisce al riguardo un ampio materiale per la riflessione.
Anche alla luce di quanto hanno fatto e stanno facendo i nostri partner e competitori sulla scena mondiale occorrerà, quindi, introdurre razionalizzazioni che in materia di numeri e di distribuzione delle sedi - dobbiamo ricordare che l'Italia è il Paese con il maggior numero in assoluto di sedi consolari - nonché di gestione del patrimonio immobiliare e degli equilibri tra le diverse tipologie di persone all'estero, possano salvaguardare al meglio gli interessi complessivi del sistema Paese.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CLAUDIO MICHELONI. In premessa, vorrei parlare ai due presidenti, perché ho l'impressione che non ci siamo spiegati o che non ci siamo capiti.
Questa è un'indagine conoscitiva, per conoscere. Una relazione così generica sarebbe comprensibile se in questa sala non ci fossero deputati e senatori che hanno intenzione di conoscere la situazione, il funzionamento e l'utilizzo delle risorse del Ministero degli affari esteri. Se ci fosse una delegazione straniera, si presenterebbe in modo generico il ministero e lo potrei capire.
Vorrei rileggere due righe, a pagina 53 del resoconto dell'audizione del segretario generale Massolo, il quale si permise di esprimere una considerazione che ritengo, senza esagerare, un po' offensiva nei confronti del Parlamento: «Se poi codeste Commissioni vogliono essere alluvionate dai dati relativi ai 330 uffici della Repubblica all'estero, non abbiamo particolari difficoltà a fornirli nel prosieguo, nell'auspicio, però, che il controllo sia funzionale all'efficienza dell'amministrazione e non paralizzante».
Perché stiamo svolgendo questa indagine, presidente? Vogliamo dei dati, vogliamo avere delle informazioni.
Ambasciatore, lei ha affermato che la sua Direzione ha il compito di effettuare una promozione complessiva di economia e cultura. Penso che sarà informato della situazione degli enti gestori dei corsi di lingue e culture nel mondo. Lei sa che attualmente ci sono decine e decine di insegnanti che lavorano senza avere stipendio da diversi mesi. Penso che lo sappia e penso anche che lei sappia che ci sono presidenti, che sono semplicemente nostri cittadini che lavorano all'estero, che hanno garantito presso le banche alcuni fondi, che lo Stato ha promesso e che non si sa se vedranno mai. Vorrei avere informazioni su questi dati.
Lei ha parlato, così credo di aver percepito nella generalità che ha esposto a queste Commissioni, che state discutendo con il Ministero dell'istruzione sugli insegnanti di ruolo. Vorrei sapere quanti sono. Corrisponde al vero che sono ancora 380 gli insegnanti di ruolo nel mondo, corrisponde al vero che solo l'indennità per l'estero, non lo stipendio metropolitano pagato dal Ministero dell'istruzione, per questi 380 insegnanti è complessivamente di 18 milioni?
Gli enti gestori assumono il personale in loco e tengono corsi di lingua e cultura a carico e a rischio dei presidenti e delle persone che in alcuni Paesi addirittura svolgono solo volontariato e non sono enti a scopo di lucro. Noi abbiamo, invece, queste realtà, dove essi lavorano a meno di un terzo dei costi di un'insegnante di ruolo e oggi mi sento riferire che stiamo discutendo e stiamo riflettendo. Io vorrei sapere che influenza avranno i 206 milioni su questi enti, sui diversi comitati.
O la finiamo qui e allora questa non è più un'indagine conoscitiva. Mi permetterò di chiedere al mio Gruppo di sollecitare la trasformazione dell'indagine in una Commissione d'inchiesta, perché siamo al livello che bisogna carpire l'informazione.
Sono profondamente a disagio, cari presidenti. Se continuiamo su questa falsariga, possiamo smettere subito e prendere altre iniziative, oppure il Ministero degli affari esteri deve fornirci le informazioni e i dati. Parlare di accorpamenti come corrispondenti a economia non è corretto. Noi abbiamo portato diversi


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esempi rispetto al fatto che si afferma il falso su questo tema, perché spostare Losanna a Ginevra non porta economia, ma costi. Abbiamo portato la prova che chiudere Lille ha aumentato i costi su Parigi. Noi vogliamo avere elementi per capire.
Svolgo un ultimo accenno, perché ho preso appunti alla rinfusa, anche se era difficile farlo, secondo me, con l'illustrazione resa. Lei ha parlato anche dell'ICE. In più occasioni abbiamo chiesto informazioni in merito. Premetto che da tempo io sono favorevole al fatto che l'ICE sia un una parte del Ministero degli affari esteri, nella gestione e nell'organizzazione per avere una globalità di gestione, dunque non è quella decisione che mi preoccupa, anzi la condivido. Sono completamente assenti, però, da tutto ciò che abbiamo letto e che abbiamo sentito finora le camere di commercio italiane all'estero. L'abbiamo già osservato al sottosegretario e l'abbiamo ripetuto in altre occasioni. Oggi sento di nuovo parlare addirittura di bozze di decreti attuativi.
L'ultima volta, dieci giorni fa o due settimane fa, abbiamo sollecitato il sottosegretario a osservare che in questo discorso le Camere di commercio italiane all'estero sono una realtà a disposizione, al servizio, che oggi ormai vivono con loro risorse, perché con i tagli apportati nel loro bilancio, conosco il caso di Zurigo, i contributi statali equivalgono al 5 per cento del bilancio di funzionamento. Abbiamo queste strutture, eppure si riorganizza, si reinventa, si costruiscono situazioni senza tener conto che sono ben 60 o 70 le camere di commercio nel mondo.
Non sono in grado, cari presidenti, di continuare a lavorare in questa situazione, perché non ci sono gli elementi. Il Ministero degli affari esteri ci tratta come alla pagina 53, che vi consiglio di leggere, con le considerazioni del segretario generale Massolo. Oggi siamo venuti qui di corsa e abbiamo votato in anticipo per venire a sentire una relazione di una genericità assolutamente inaccettabile per un'indagine conoscitiva.

FRANCO NARDUCCI. Il segretario generale della Farnesina Massolo l'altro giorno, nell'incontro con le organizzazioni sindacali del Ministro degli affari esteri, ha fornito un dato secondo me impressionante, cioè che il 55 per cento delle spese del bilancio del Ministero degli affari esteri è costituito da spese incomprimibili, perché sono spese e obblighi internazionali, e che sul 45 per cento del bilancio si agirà per i tagli relativi a questa nuova batosta. Concordo con l'ambasciatore: siamo ai minimi storici, con lo 0,11 per cento - credo che non abbiamo mai toccato questo fondo - del PIL.
L'ambasciatore Massolo ha già indicato più o meno le linee sulle quali agirà il ministero: tagli alla cooperazione allo sviluppo e alla promozione culturale. Questo comunque contrasta un po' con ciò che riferisce lei, ambasciatore, con tutto il rispetto. Altri tagli riguardano gli italiani all'estero, che hanno già dato tanto in questi tre anni e non so che cosa si potrà tagliare ancora, se non la rete consolare, e, da ultimo, l'ISE, l'indennità di servizio all'estero.
Io credo intanto che ci sia un errore di fondo, perché, se in relazione al Ministero degli affari esteri, che è disastrato da questo punto di vista, di anno in anno si continua a tagliare e a tagliare, certamente a un dato punto non ci saranno più assolutamente i margini per tagliare. All'interno di questo programma - a me, per esempio, avrebbe fatto piacere che l'avesse riferito un sottosegretario o lo stesso ministro, anziché il segretario generale della Farnesina, con tutto il rispetto che ho per lui - c'è un deficit politico impressionante, per quanto riguarda il Ministro degli affari esteri.
Non possiamo continuare a ripetere che l'Italia ha la maggior rete consolare, perché questo dato è da verificare. Non è più così, perché altri Paesi stanno puntando, e sono pronti a documentarlo, su presenze strategiche in aumento.
Non si capisce come si vuole attuare questa sistemazione e questa promozione. Peraltro sappiamo bene, caro ambasciatore, che l'ICE, che tutti in Commissione


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affari esteri da tempo abbiamo auspicato venisse accorpato al Ministero degli affari esteri, non dovrebbe essere oggetto di un'operazione semplicemente di taglio e di contenimento dei costi, senza una visione strategica di come il ministro degli affari esteri voglia utilizzare queste 500 persone di cui deve farsi carico. Praticamente sono sempre i soliti noti che saranno chiamati a pagare. Come intende utilizzare la sua Direzione che riveste un ruolo strategico? Non so con quali strumenti e come.
Le vorrei poi porre una domanda molto specifica: per quale ragione ogni volta che bisogna mandare diplomatici all'estero ci sono centinaia di posti che vanno deserti? La Farnesina ha utilizzato il proprio bilancio per quanto riguarda anche il sistema di prestazioni in Italia, attraverso, per esempio, il raggiungimento degli obiettivi, il che suona come una situazione molto strana, che da alcuni politici della mia parte è stata addirittura allargata anche al personale amministrativo. Mi chiedo se il bilancio del Ministero degli affari esteri a questo punto possa servire solamente a mantenere un sistema, anziché a modernizzarlo, nonostante tutte le riforme che vengono effettuate.
Inoltre, noi abbiamo osservato in Commissione che razionalizzazione non significa solo chiusura degli uffici consolari, ma anche ottimizzazione delle procedure, utilizzazione al meglio delle risorse umane, riduzione dell'enfatizzazione della rete informatica. Le posso garantire, vivendo all'estero e avendo verificato di persona, che siamo ben lungi dal funzionamento ottimale di questa rete. Si stanno compiendo passi avanti, ma il processo rispetto a tempi e metodi richiesti dal resto del mondo è lentissimo, certamente anche per una mancanza di risorse.
Sappiamo tutti che lei è persona di grande competenza e di grande valore ed è a capo di una Direzione veramente strategica, quella che dovrebbe aiutare il nostro Paese a uscire anche dall'angolo in cui si è cacciato. Noi abbiamo talmente tanti contenziosi - il presidente Dini ha organizzato un incontro con la Svizzera assolutamente di grande prestigio e di grande valore per il nostro Paese - che rinunciamo a miliardi di euro, anche perché non c'è più un ruolo della Farnesina. Non si pone solo il problema di sistemare alcune partite con la Svizzera. Ci sono molte altre partite che dovrebbero portare risorse all'Italia. Le cito, per esempio, i fondi pensione dei cittadini italiani che ritornano in Italia, le cui tasse rimangono agli svizzeri. Sono milioni di franchi. Su queste questioni noi chiediamo un'indagine sul Ministero degli affari esteri.
Concludo, presidente. Bisogna che il ministero, visto che sostituisce e fa le veci dei politici, abbia il coraggio delle proprie scelte. Non si può continuare a chiedere sacrifici ai cittadini italiani per mandare i docenti di ruolo all'estero. Non parlo delle scuole, perché io ritengo che le scuole siano un brand per l'Italia e che ci vogliono i docenti di ruolo, ma per insegnare due o tre ore di italiano alla settimana alle classi dei ragazzi della scuola dell'obbligo c'è bisogno di mandare più di 300 persone - il contingente è di 1.100; i 300 sono solo quelli dei corsi di lingua e cultura italiana - dall'Italia con lo stipendio metropolitano pagato? Faranno posto ad altri che non hanno lavoro, ma intanto si paga lo stipendio senza che insegnino in Italia.
Si pagano poi indennità varie che portano i costi come minimo a 3,5 volte quello che si pagherebbe per insegnanti locali, stabilendo i requisiti giusti, cioè laurea, titolo di studio corrispondente, certificazione ISO degli enti, come stiamo chiedendo da almeno vent'anni. Se il ministero non ha il coraggio delle scelte perché probabilmente una mano lava l'altra, noi continueremo a svolgere indagini, ma il Paese rimarrà sempre fermo agli stessi livelli.

FABIO PORTA. Presidente e colleghi, buongiorno. Anch'io ringrazio l'ambasciatore per il suo intervento e per la sua relazione. Non voglio aggiungere ulteriori elementi critici nella direzione già individuata dai colleghi che mi hanno preceduto, ma voglio svolgere un riferimento specifico, visto che oggi sussiste anche una coincidenza non casuale rispetto all'audizione


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di oggi, con l'apertura della Conferenza Italia-America latina e Caraibi, alla quale mi pare che tutti abbiamo partecipato, ascoltando le parole del Ministro degli affari esteri, nonché la lettera inviata dal Presidente della Repubblica Napolitano, che invita il Paese a rinsaldare gli storici rapporti con quest'area del mondo.
Agganciandomi alla relazione dell'ambasciatore, devo riportare in questa sede una preoccupazione che ovviamente vivo in maniera diretta e specifica rispetto a qualcosa che, onestamente, non mi convince. Esiste un'area del mondo in cui diverse inchieste - cito la più recente della KPMG, commissionata proprio dalla Farnesina - individuano, per esempio, nel Brasile il Paese più interessante tra tutti i Paesi emergenti per il sistema Italia. Potrei continuare citando anche le performance di Argentina, Perù e Uruguay, tutti Paesi di un'area che si caratterizza per una particolarità unica al mondo, cioè per la coincidenza di opportunità straordinariamente uniche per il nostro sistema Paese e per la presenza di un tessuto dove le collettività italiane forti e presenti non solo a livello quantitativo, ma anche a livello qualitativo, con riferimento alle imprese e al mondo istituzionale.
Rispetto a tutto ciò io credo che il sistema Paese e la relazione dell'ambasciatore dovrebbero individuare una precisa strategia, alcune priorità precise, ma anche alcune soluzioni. Si sente parlare sempre più spesso di sinergie e di riduzione di uffici, ma non abbiamo ancora capito quali sono le soluzioni possibili, da dove verrebbero poi le risorse alternative o le soluzioni che, in mancanza di tali risorse, darebbero efficienza al nostro sistema.
Per essere chiari, gli istituti di cultura, che, a differenza dell'Istituto per il commercio estero, non sono stati assorbiti dal ministero, stanno subendo una continua diminuzione delle loro risorse e addirittura noi ci permettiamo il lusso di chiudere l'Istituto di cultura di Rio de Janeiro, la città che ospiterà la Coppa del mondo del 2014 e le Olimpiadi del 2016, dove tutte le diplomazie del mondo stanno raddoppiando o triplicando la loro presenza. Mi sembra che anche da un punto di vista strategico, ambasciatore, non siamo di fronte a scelte particolarmente intelligenti.
Vorrei, quindi, capire se il ministero sta anche studiando alcune soluzioni in relazione alla gestione del patrimonio immobiliare, alla gestione differente di risorse umane che potrebbero essere ottimizzate meglio, magari individuando in loco risorse valide, alla stessa gestione delle percezioni consolari. Mi rendo conto che non è una risposta che può dare l'ambasciatore e che forse è necessario un intervento legislativo, ma abbiamo ambasciate e consolati in Sudamerica che potrebbero autosostenersi tranquillamente se un 30 per cento delle percezioni consolari rimanessero presso i loro istituti. Rispetto a tutto ciò vorrei sapere se ci sono studi e se si pensa di intervenire.

ROBERTO ANTONIONE. Voglio ringraziare l'ambasciatore Melani per la sua relazione, che indubbiamente ha dovuto prendere in considerazione le opzioni generali, partendo dalla situazione, ahimè, non certamente florida delle risorse pubbliche che sono a disposizione. Questo è il dato di fondo sul quale tutti noi dobbiamo riflettere e farci carico di comprendere che questa è un'esigenza prioritaria.
Mi sembra, però, che sui princìpi di fondo ci si possa ritrovare, che si possa assolutamente condividere questa strategia. Sarebbe utile conoscere più approfonditamente quelle che possono essere scelte di carattere politico, perché questa è la verità. A me sembra giusto non imputare all'ambasciatore critiche ingenerose rispetto alle scelte che deve compiere il Governo.
Il Governo deve farsi carico di svolgere alcune riflessioni, e io sollecito i presidenti ad avere la possibilità di sentire il Ministro o un sottosegretario delegato con il quale svolgere queste riflessioni per capire esattamente anche nel merito quali possano essere le scelte. Sui temi di fondo, però, credo che con le risorse a disposizione non si possa pensare di fare molto di più, se


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non riflessioni generali, anche tra di noi, con grande onestà.
Noi siamo stati da sempre in politica estera un Paese che ha svolto e svolge ancora oggi un ruolo a livello globale. Siamo presenti in tutto il mondo, abbiamo compiuto la scelta di essere player totali. Si tratta di capire se oggi questa scelta sia ancora compatibile con le risorse che abbiamo a disposizione. È una scelta strategica di fondo. A volte si può anche pensare che in alcune situazioni convenga di più concentrare i propri sforzi su determinati obiettivi e determinati scenari, ottenendo risultati più significativi, piuttosto che disperdere tante energie in tanti ambiti che, sfortunatamente, non siamo più in grado di poter assecondare fino in fondo.
Presidenti, vi pregherei di svolgere una riflessione sulla necessità, che almeno il mio gruppo avverte, di chiedere al Ministro o a un suo delegato di venire a svolgere una riflessione politica sulle questioni che oggi ci sono state rappresentate bene dall'ambasciatore, che sono di carattere tecnico e che stanno sullo sfondo di quella che può essere, invece, una strategia di fondo che sarebbe giusto conoscere dal Governo.

GIORGIO TONINI. Vorrei ringraziare l'ambasciatore Melani per la sua relazione. Mi riservo naturalmente di leggerla con più attenzione per approfondirla. Non vorrei essere nei suoi panni, perché mi rendo conto che si trova di fronte a un passaggio drammatico, come quello di fronte al quale si trova tutto il Paese. Dover ridurre la spesa in maniera così drastica e in così poco tempo, per di più con i vincoli che ha un'amministrazione pubblica, è ovviamente un'operazione assolutamente ardua.
Non vi è nulla di personale, ma c'è un punto politico importante: il Parlamento, nel discutere la manovra di luglio e poi di agosto, ha compiuto una scelta di fondo e, peraltro, l'ha compiuta attraverso un dialogo ravvicinato tra maggioranza e opposizione. È stato uno dei passaggi, pur nella difficoltà della fase politica attuale, più significativi, credo in positivo, del confronto sempre difficile tra maggioranza e opposizione in questo Parlamento.
Il Parlamento ha, dunque, compiuto una scelta, dichiarando superata la fase dei tagli lineari alla pubblica amministrazione, in favore, invece, di una strategia cosiddetta della spending review, che tentò di sperimentare per primo il Ministro Padoa Schioppa, importandola ovviamente da modelli di altri contesti e di altri Paesi, e che finalmente il Ministro Tremonti ha accettato di sperimentare su vasta scala nella nostra pubblica amministrazione.
Elaborare una spending review significa che noi abbiamo bisogno di un vero e proprio piano industriale della pubblica amministrazione, comparto per comparto, settore per settore, ministero per ministero. Naturalmente questo piano industriale richiede del tempo, sia per essere elaborato, sia poi per entrare in vigore e produrre risultati. Tuttavia, prima si comincia a elaborarlo, prima avremo la possibilità di metterlo in atto e prima avremo i risultati.
Io ho visto nei giorni scorsi un comunicato della CONFSAL, cioè di una delle organizzazioni sindacali del Ministero degli affari esteri, che riferiva di un incontro avuto con il segretario generale Massolo sull'impostazione della manovra interna al Ministero degli esteri. In sostanza di comunicava che «Il segretario generale ha reso noto che le previsioni di decurtazione della spesa verranno applicate ai soli capitoli di bilancio relativi al funzionamento del MAE, ai contributi non obbligatori, all'ISE, alle attività culturali, alla cooperazione allo sviluppo, agli italiani all'estero», cioè praticamente a tutto il core business del ministero, «mentre i capitoli di spesa relativi agli stipendi metropolitani, alle utenze, alla comunicazione e ai contributi ONU, poiché obbligatori, rimarranno invariati».
È chiaro che non possiamo applicare in maniera pedissequa una logica aziendale a un ministero; tuttavia, quando si parla di piano industriale, si parla di piano industriale. Un piano industriale come questo significa che la produttività di questa unità


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funzionale, quale è un grande ministero, crolla. L'unica cosa che si mantiene fissa sono i costi, mentre il prodotto cala.
Non vorrei essere nei vostri panni e mi rendo conto di tutta la difficoltà, ma questa non può essere la strategia. Al massimo può essere una misura tampone immediata, che può giustificarsi e legittimarsi solo se contestualmente si elabora un piano industriale vero rispetto a come ridurre i costi fissi per trovare le risorse per aumentare, invece, la produttività del sistema esteri.
In questa Commissione, sia alla Camera, sia al Senato, noi abbiamo sempre combattuto una battaglia bipartisan a ogni Finanziaria per ottenere più risorse, o perlomeno per ridurre i tagli alla nostra politica estera, perché pensiamo che sia un errore strategico del Paese questa continua riduzione del bilancio nella politica estera.
Sappiamo però, e anche questa è una consapevolezza trasversale, che dentro queste risorse ci sono ampi margini di possibile risparmio proprio su quei costi fissi che, invece, vanno aggrediti, naturalmente con un'impostazione pluriennale, ma dentro i quali dobbiamo trovare le risorse per poter curare meglio la cooperazione allo sviluppo, gli italiani all'estero, l'attività culturale, la politica estera nel suo insieme. Diversamente ci troveremo al paradosso che, entro alcuni anni, il Ministero degli affari esteri starà in piedi solo per pagare gli stipendi ai suoi dipendenti. È evidente che la produttività a quel punto sarebbe ridotta a zero.
In modo forse un po' ruvido noi siamo qui a chiedere in modo accorato a chi in questo momento ha la funzione di guidare un processo di riorganizzazione molto complesso di avere fermo e forte questo obiettivo, perché il mandato del Parlamento è aumentare la produttività attraverso una revisione integrale della spesa. Noi vorremmo trovarci il prima possibile di fronte a un piano industriale.
Del resto, la legge obbliga tutti i ministeri, in vista della legge di stabilità, a produrre un piano articolato per questo scopo, altrimenti scattano i tagli lineari, ma noi sappiamo che essi, portati oltre un dato limite, producono un'eterogenesi di fini, cioè un abbassamento della produttività anziché un suo innalzamento.
Dobbiamo capovolgere tale prospettiva e noi chiediamo a voi di fare questo innanzitutto, cioè di indicare questa strategia. Le fasi intermedie e la gradualità sono fuori discussione, perché non si può licenziare gente dall'oggi al domani e non si possono attuare iniziative che hanno bisogno di tempo. Tuttavia, deve essere chiara e percepibile al Paese la prospettiva verso la quale si va.

LAMBERTO DINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. L'ambasciatore Melani ha guardato più agli aspetti di come promuovere il sistema Italia all'estero a seguito delle ultime evoluzioni. Si pone il problema dell'ICE, che ancora non è assolutamente chiaro come effettivamente il Ministero riuscirà a coordinare in modo che essa possa continuare a prestare assistenza alle nostre imprese che richiedono tale assistenza.
Ambasciatore, come è stato osservato dai senatori che sono intervenuti, ci troviamo di fronte al fatto che vengono proposti tagli al bilancio. La prima questione da sapere è se il Ministro degli affari esteri sia d'accordo che questi sono tagli che devono essere eseguiti e accettati.
Occorre sapere se il Ministro conviene che questi tagli possono essere gestiti attraverso un processo di riorganizzazione dei servizi o altro. Questo è il primo punto.
Se naturalmente nel quadro dell'attività di Governo il Ministro conviene che questo risparmio sulle strutture e sulla spesa del ministero è giusto e corretto, bisogna mettere mano evidentemente a un processo di riorganizzazione del ministero.
Io temo, stando a quanto ha sottolineato il senatore Tonini, citando il segretario generale che indica quali tagli verrebbero apportati, pur salvaguardando gli stipendi, che il ministero, o perlomeno il segretario generale, intenda mantenere la pace sociale col personale, punto e basta.
Non è questo l'obiettivo. L'obiettivo è di mettere in atto un processo di riorganizzazione


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che effettivamente permetta di liberare risorse, in modo da destinarle non solo ai costi fissi, ma anche alle altre attività.
Questo per ora, come ricordava il senatore Tonini, può essere una reazione immediata a fronte dell'emergenza che ci troviamo dall'inizio dell'anno prossimo, con questi 206 milioni in meno. Non si pensa, però, a cominciare, per esempio, a effettuare confronti sulla struttura del personale delle ambasciate e sulla percentuale di personale a contratto rispetto al personale diplomatico.
Si è parlato degli insegnanti, ma si può parlare di tutto il personale amministrativo, per esempio degli autisti che ancora vengono dall'Italia. Questi sono gli elementi che possono portare a una riorganizzazione del ministero. Come ci confrontiamo con gli altri Paesi in termini di personale diplomatico rispetto al personale a contratto?
Perché parlo di personale a contratto? Perché i primi 200 individui assunti a contratto sono stati assunti nel 1995, quando c'era il mio Governo. Conosco le funzioni che svolgono e so anche che hanno un costo estremamente più basso rispetto a tutti quelli che devono venire dall'Italia.
Posso capire che la segretaria dell'ambasciatore, visto che è la persona più a contatto e con cui ci sono elementi di sensibilità e di confidenzialità, venga dall'Italia, ma poi tutto il personale che è nelle altre strutture è un personale che, lo affermo in maniera provocatoria, svolge funzioni che possono essere svolte da personale locale che parla l'italiano. In tutti i Paesi ci sono persone che parlano l'italiano, per una ragione o per un'altra, e che possono sostituire tutte quelle che vengono dall'Italia.
Elaborare un piano che abbia come obiettivo il mantenimento della pace sociale con i sindacati e il personale nell'ambasciata non basta. Questo è il punto.

PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatore Melani per la replica.

MAURIZIO MELANI. Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri. Sono pronto a rispondere a tutte le domande, a partire dai quesiti che erano stati posti dal senatore Micheloni e da altri.
Non c'è reticenza da parte nostra e quindi sono in grado di riferire su tutto ciò che è stato chiesto. Se si vuole sapere quanti sono i docenti sono in grado di comunicarlo subito: i docenti delle scuole statali di ruolo sono 230, quelli presso le scuole paritarie 53, i docenti presso scuole straniere internazionali 116, i lettori 247, i dirigenti amministrativi 8, per un totale di 654 persone. C'è poi il personale impegnato nei corsi che sono gestiti dalla Direzione generale per gli italiani all'estero, che sono 340. A questi si aggiungono 59 dirigenti scolastici, per un totale complessivo di 1.053 persone.
Ho con me i costi di questo personale e posso dirvi che la media è grosso modo di 4.800 euro al mese per quanto riguarda l'indennità di servizio all'estero, oltre allo stipendio metropolitano. Per un insegnante in media lo stipendio potrà essere sui 1.400 euro. Se si toglie l'indennità integrativa speciale che non spetta all'estero la somma è alquanto inferiore. Grosso modo l'indennità all'estero è di 4.800 euro per dodici mensilità.
Nel mio intervento ho riferito, e mi cito, che «in prospettiva, per quanto riguarda le scuole, si dovrà inevitabilmente andare verso un graduale spostamento delle risorse dalle scuole statali, insostituibili in talune situazioni - e in merito sono d'accordo con quanto è stato sostenuto - e dall'impiego di personale di ruolo verso un maggiore ricorso a strutture e personale locale, introducendo opportuni sistemi di garanzia della qualità e incoraggiando sempre più, laddove è possibile, il ricorso a finanziamenti esterni».
Naturalmente questa è la situazione nella quale ci troviamo a causa di una riduzione delle risorse, che è quella che conosciamo. Il presidente Dini ha chiesto se il Ministro degli affari esteri sia contento di questa situazione. Io ritengo che il Ministro non sia contento di questa


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situazione e che abbia anche manifestato ciò in Consiglio dei ministri, ma la situazione è tale che tutti i comparti della pubblica amministrazione sono costretti a questi tagli.
Nella mia introduzione ho precisato che le risorse del ministero sono state falcidiate negli anni passati. La quota del nostro bilancio sul PIL è dello 0,11 per cento, una delle più basse del mondo. L'ho ricordato, però devo anche osservare che in questa manovra i 206 milioni che ci sono stati tagliati sono comparativamente inferiori ai tagli apportati negli altri ministeri. Malgrado ciò il dato è assolutamente insoddisfacente.

FRANCO NARDUCCI. Al quarto posto rispetto ai tagli su 13 ministeri!

MAURIZIO MELANI, Direttore generale per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri. Ritengo che il dato sia insoddisfacente, ma, se si effettuano le proporzioni, si vede che questa è la situazione.
Per quanto riguarda poi l'aspetto più ampio delle scelte da compiere e la direzione in cui andare, cioè dove spostare le risorse nella rete estera, ho concluso sostenendo che «occorrerà introdurre razionalizzazioni che in materia di numero e di distribuzione delle sedi, nonché di gestione del patrimonio immobiliare e degli equilibri tra le diverse tipologie di personale all'estero, possano salvaguardare al meglio gli interessi complessivi del sistema Paese».
Per quanto riguarda la distribuzione, effettivamente, se vediamo le tabelle fornite dal sottosegretario Mantica durante la sua audizione del 24 marzo scorso, c'è un dato molto chiaro riguardo alla distribuzione fra personale di ruolo e personale non di ruolo. L'Italia ha un numero di impiegati di ruolo notevolmente superiore a quello di altri Paesi. Andare in una direzione di ricomposizione di questa situazione comporta un processo che si può attuare gradualmente se vi è il supporto del Parlamento al Governo in questa direzione. Questa è una linea strategica che mi pare alquanto chiara.
Per quanto riguarda l'aspetto della comprimibilità o non comprimibilità dei costi, il bilancio dello Stato è organizzato in modo tale per cui ci sono capitoli rimodulabili e non rimodulabili. Fra i capitoli non rimodulabili ci sono quelli che si riferiscono alle spese per il personale. Queste ultime si possono rivedere. Per fare ciò ci sono, però, i vincoli posti dalle norme sul pubblico impiego, ragion per cui il processo non potrà che essere graduale. È una tendenza generale andare progressivamente verso un alleggerimento del numero di dipendenti, salvaguardando l'efficienza e la produttività delle strutture.
L'onorevole Narducci si riferiva al fatto che i concorsi per diplomatici sono andati deserti. Non mi risulta. I concorsi per diplomatici hanno sempre avuto un numero consistente di partecipanti e i posti sono stati coperti. In alcune circostanze non sono stati coperti tutti e sono state stilate delle liste d'attesa, perché c'erano problemi di risorse. Torniamo sempre all'argomento che, a fronte di una contrazione sostanziale di risorse, occorre compiere alcune scelte ed elaborare un piano industriale, come affermava il senatore Tonini.
Per quanto è di mia competenza - con la visione che parte da ciò che occorre fare per promuovere il sistema Paese secondo i criteri che ho indicato - si va in una certa direzione. Tutto ciò andrà discusso e quantificato anche con il Parlamento e con le parti sociali interessate, ma io credo che la linea sia quella indicata.
Gli istituti di cultura sono parte del ministero e delle ambasciate e hanno una loro autonomia funzionale, che però non rappresenta il problema. Il problema può esserci stato in passato per altre strutture che non erano pienamente integrate, come gli uffici dell'Istituto per il commercio estero. Adesso vi è stato un accorpamento dell'ICE nelle ambasciate e ci sono alcune difficoltà nella fase transitoria. Si prevede di emanare alcuni decreti attuativi, secondo la legge, in tempi brevi. Il Ministero degli affari esteri ha già disposto questi decreti attuativi, che dovranno essere concertati con altre amministrazioni, quali il


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Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze. I nostri compiti come Ministero degli affari esteri sono stati svolti.
Ho anche osservato che in questo processo occorre ristabilire strumenti di flessibilità che la mera soppressione dell'ICE non ha considerato e che, quindi, bisognerà reintrodurre. Bisognerà probabilmente porre mano a un ulteriore intervento legislativo che consenta di ristabilire tale capacità.
È stato rimarcato che c'è una debolezza di presenza in America latina. Devo constatare che effettivamente, se noi consideriamo la proiezione del nostro sistema imprenditoriale in determinate aree del mondo, come la Cina e l'India, l'aumento percentuale negli ultimi dieci anni in termini di esportazioni e di investimenti è maggiore che in America latina. In America latina e, in particolare, in Brasile, che di per sé rappresenta una parte di grande rilievo di questo continente, siamo su incrementi dell'ordine del 50-80 per cento rispetto a una quadruplicazione in Cina e a una triplicazione in India.
Devo anche rilevare che, comparativamente con altri nostri competitori, soprattutto con la Germania e la Francia, effettivamente la nostra posizione in quell'area è di maggiore debolezza in termini di incrementi. Che cosa bisogna trarre da ciò? Bisogna trarne la conclusione che è soprattutto nelle aree di crescita che noi dobbiamo orientare i nostri interventi. In America latina ci sono grandi potenzialità.
È stato citato l'esempio dell'Istituto di cultura di Rio, che viene riqualificato. Non è abolito, ma diventa una sezione dell'Istituto di San Paolo. Chiaramente si avverte l'esigenza di effettuare alcune economie ed è stato ritenuto che sia più importante potenziare la realtà di San Paolo, dove c'è la più grande realtà produttiva del Brasile, conservando comunque una presenza a Rio de Janeiro. Non è stato eliminato. La riqualificazione da Istituto di cultura a sezione non comporta una eliminazione, ma costi minori. Proprio in relazione alle osservazioni che venivano fatte rispetto al personale, il costo sarà minore, in quanto il tipo di persone che saranno in tale sede sarà di altri livelli funzionali e, quindi, si realizzerà una contrazione della spesa.
Sulla spending review è vero che negli scorsi anni sono stati apportati tagli lineari che non solo ogni anno, ma ad ogni manovra, e spesso di mese in mese, ci portavano a decurtazioni del 10 per cento e ad accantonamenti. Quest'anno si sta cercando di compiere un esercizio di spending review, nel quale noi responsabili delle direzioni generali siamo impegnati.
Per quanto riguarda la mia direzione generale, l'obiettivo è mantenere in vita il funzionamento degli istituti di cultura non solo sotto forma di strutture fisiche e di personale, che sono indispensabili, perché senza non si può operare, ma anche di attività. Pur avendo subito tagli importanti, stiamo facendo in modo, in un esercizio che è ora a livello di servizi e poi sarà deciso in sede politica e legislativa perché entrerà nella legge di bilancio, che la rimodulazione sia fatta in modo che si possano privilegiare determinati aspetti. È chiaro che bisogna salvare gli istituti di cultura e, per quanto riguarda la mia direzione generale, anche le borse di studio e le missioni archeologiche, naturalmente in misure diverse. Il bilancio delle missioni archeologiche è un ventesimo di quello degli istituti di cultura, però non possiamo permetterci di portarle al di sotto di una data soglia critica.
Per quanto riguarda i contributi a enti internazionali di competenza della mia direzione generale, che sono soprattutto quelli di natura scientifica e tecnologica e quelli all'UNESCO, anche in questo caso ci sono quelli obbligatori, che non si possono comprimere, e ci sono quelli volontari o che, pur derivando da provvedimenti legislativi, non sono il portato di leggi di ratifica che derivano da obblighi internazionali.
Anche in tale ambito stiamo facendo modeste rimodulazioni, cercando naturalmente di non arrivare al punto di trovarci in situazioni tali da rendere poco credibile la nostra presenza nelle organizzazioni internazionali. Stiamo riducendo, perché


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siamo costretti a ridurre, ma cerchiamo di farlo con la maggiore oculatezza possibile.
Riguardo alla linea di tendenza verso la quale stiamo andando per le scuole, quest'anno rispetto alle cifre che vi ho citato congeliamo già trenta posti. La cifra è modesta e qualcuno si riterrà insoddisfatto. Negli anni prossimi riteniamo che sia opportuno andare nella direzione espressa, ma sarà un processo graduale. Non è un processo che possiamo realizzare dall'oggi al domani e credo che ne siamo tutti consapevoli.
Siamo disposti a fornirvi i dati. Ve li ho dati. Potrete avere questa tabella, oltre a quanto è già stato consegnato e che è piuttosto consistente, perché, per quanto riguarda la distribuzione del personale fra la sede e l'estero, di ruolo e non di ruolo, tutto è già stato distribuito. Sono lieto di fornirvi anche un altro compendio che copre tutta una serie di dati che naturalmente possono essere ulteriormente approfonditi, perciò vi pregherei di credere che da parte nostra non ci sono reticenze nell'essere trasparenti alle richieste che vengono avanzate dal Parlamento.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Melani, il presidente Dini e tutti i colleghi. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.

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