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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
2.
Mercoledì 20 giugno 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Tortoli Roberto, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA SICUREZZA SISMICA IN ITALIA

Audizione del professor Luciano Maiani, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi:

Tortoli Roberto, Presidente ... 2 5 7 9
Benamati Gianluca (PD) ... 6
Iannuzzi Tino (PD) ... 7
Maiani Luciano, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi ... 2 9
Manfredi Gaetano, Componente della Commissione nazionale grandi rischi per il settore rischio sismico ... 7
Mariani Raffaella (PD) ... 7
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-G.Sud-PPA) ... 5

Audizione del professor Stefano Gresta, Presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia:

Tortoli Roberto, Presidente ... 9 12
Gresta Stefano, Presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ... 9

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dal professor Luciano Maiani, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi ... 13
Allegato 2: Documentazione consegnata dal professor Stefano Gresta, Presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia
... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

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COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 20 giugno 2012


Pag. 2


...
Audizione del professor Luciano Maiani, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, l'audizione del professor Luciano Maiani, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi.
Il professor Maiani è accompagnato dal professor Gaetano Manfredi, componente della Commissione per il settore rischio sismico.
Ringrazio tutti per la presenza e cedo subito la parola al professor Maiani.

LUCIANO MAIANI, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi. Ringrazio la Commissione per aver voluto ascoltare le nostre opinioni su un argomento così importante come è quello della valutazione della pericolosità e del rischio sismico e delle metodologie di previsione e allerta dei sismi.
È con me il professor Gaetano Manfredi membro della Commissione grandi rischi ed esperto in materia di vulnerabilità degli edifici, che è certamente uno degli argomenti importanti da tenere presente. Abbiamo consegnato un documento scritto, che vorrei sintetizzare, lasciando a un'eventuale discussione gli approfondimenti di dettaglio.
La nostra Commissione ha affrontato la questione del rischio sismico e delle metodologie di previsione a breve e medio termine dei sismi in due riunioni distinte, il 4 maggio e il 5 giugno, con l'audizione di esperti esterni alla Commissione stessa. Le raccomandazioni che abbiamo inoltrato al Capo del Dipartimento di Protezione Civile sono i punti che vi riassumerò.
Prima di entrare in argomento, vorrei dire che la Commissione ha raccomandato al Dipartimento di Protezione civile di promuovere e sostenere alcuni settori di attività nell'ambito sismico che comprendono ricerca di base, test e validazione di differenti metodi e trasformazione di metodi e risultati già disponibili in prodotti pre-operativi. È fondamentale che il Dipartimento di Protezione civile, che ha una posizione super partes, promuova queste attività e che sia dotato delle risorse necessarie per dar corso a tali iniziative.
La nostra Commissione ha in programma per i primi di luglio una riunione congiunta del settore rischio sismico e del settore rischio industriale per affrontare più specificamente i rischi industriali. Di questo, pertanto, non parlerò perché la Commissione non ha ancora assunto una posizione. Se la VIII Commissione lo ritenesse


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necessario, potrò ritornare, presumibilmente a settembre, per riferire in merito.
Il primo argomento della relazione riguarda dunque la pericolosità e il rischio sismico. Essendo temi ben conosciuti, possiamo affermare alcuni aspetti. Il calcolo della pericolosità sismica si è evoluto in questi ultimi anni. Delle due metodologie esistenti, l'una ha a che fare con il metodo deterministico e l'altra con il metodo probabilistico. Ci sono due scuole di pensiero, ma lentamente stanno convergendo. Questi due metodi sono complementari tra loro e sicuramente dovranno essere considerati insieme.
Anche le altre metodologie usate per la mappatura della pericolosità su scala regionale e nazionale stanno convergendo, con dati complementari, con i metodi di consultazione degli esperti, eccetera. Un punto importante da dire è che l'incertezza statistica del calcolo della pericolosità sismica è maggiore nelle aree a sismicità media e che non si pensa che questa incertezza possa essere ridotta in tempi ragionevoli.
Per quanto riguarda la mappa del rischio sismico nazionale, la Commissione grandi rischi ha espresso l'indicazione di considerarla come un modello in evoluzione. Noi pensiamo cioè, che questa mappa deve essere rivista e aggiornata periodicamente, così come avviene nei principali Paesi avanzati. Negli Stati Uniti, ad esempio, la cadenza della revisione è di cinque anni.
Per questo abbiamo raccomandato alla Protezione civile di promuovere un programma di revisione del modello di pericolosità, che tenga conto dei recenti avanzamenti nelle metodologie di calcolo, nella conoscenza delle faglie attive, nella determinazione di modelli di sorgente, nell'applicazione di modelli basati sull'approccio fisico. In materia di pericolosità esistono infatti dei settori di ricerca molto importanti, che potranno essere applicati.
Mi preme sottolineare il confronto tra la mappa della pericolosità sismica dell'Emilia e i risultati del recente terremoto. Posso riassumervi l'opinione espressa dalla Commissione come segue. La sismicità storica è incerta prima del 1570 e risulta difficile assegnare posizione e dimensione degli eventi nell'area interessata dalla sequenza in Emilia. Il modello di sorgente assegna alla zona colpita una magnitudo massima di 6.2, pienamente compatibile con i valori massimi osservati a tutt'oggi.
La conoscenza delle strutture profonde delle sorgenti sismiche è stata utilizzata per supplire alla mancanza di dati storici in alcune aree sorgenti della mappa. La mappa assegna valori della cosiddetta accelerazione di picco a terra pari a 0,175g con probabilità di eccedenze del 10 per cento in cinquant'anni.
Questo valore di riferimento è ben compatibile con i valori osservati nelle registrazioni strumentali, tenendo in considerazione i forti effetti di amplificazione dovuti alla geologia locale, le differenti caratteristiche delle sorgenti sismiche del 20 e 29 maggio e il fatto che i due eventi di magnitudo prossima a 6 hanno periodi ricorrenza forse superiori a 475 anni.
Non ci sono elementi per concludere che il modello della mappa, entrato in vigore nel 2003, abbia mostrato limiti significativi nell'area colpita dalla sequenza emiliana fino a oggi. Mi permetto di ritornare su questo con una precisazione a proposito della distribuzione delle frequenze delle accelerazioni sismiche.
L'altro argomento che abbiamo considerato è quello della vulnerabilità del patrimonio edilizio a rischio sismico. Va ricordato che il processo di aggiornamento della pericolosità e delle norme sismiche per le costruzioni, avviato dopo il 2003, ha trovato completa applicazione solo nel 2009, dopo il tragico terremoto dell'Aquila (questa è una considerazione generale). Solo da pochi anni, dunque, tutto il territorio nazionale è classificato dal punto di vista sismico e il Paese dispone di una norma moderna per le costruzioni.
La presente rilevanza di edilizia storica e i ritardi nell'applicazione delle classificazioni della norma sismica hanno determinato una elevata vulnerabilità del costruito. Si può stimare che nelle aree a maggior rischio più dell'80 per cento degli


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edifici non è costruito con criteri antisismici. La consistenza dei danni al patrimonio edilizio causati da ogni terremoto, non ultimo quello in Emilia, ne è una testimonianza.
Quando si considera il problema della vulnerabilità occorre ricordare che non sono oggi disponibili strumenti di previsione dei terremoti effettivamente utilizzabili ai fini di protezione civile. L'unica possibilità di svolgere una reale ed efficace azione di prevenzione consiste in poche e chiare azioni di riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio: la scrupolosa e tempestiva applicazione di disposizioni normative e delle conoscenze tecniche oggi disponibili; la vigilanza da parte di enti pubblici territoriali nell'ambito delle proprie competenze; l'obbligatorietà dell'esecuzione di verifiche sismiche sugli edifici e sulle infrastrutture esistenti; l'incentivazione dell'iniziativa privata nella messa in sicurezza degli edifici; e una costante opera di informazione e formazione sia dei proprietari e utenti delle costruzioni che dei progettisti e costruttori.
Non ultima, è importante un'attività di avanzamento delle conoscenze scientifiche e tecniche nell'ambito dell'ingegneria sismica, attività che deve essere sostenuta e incoraggiata per produrre risultati traducibili in azioni concrete di miglioramento.
A proposito di questo, il terremoto dell'Emilia ci offre lo spunto per un certo numero di considerazioni. L'osservazione delle registrazioni strumentali mostra un pronunciato effetto di amplificazione dovuto alla copertura sedimentaria - la Val Padana -, che si è manifestato con significative accelerazioni spettrali nell'intervallo di periodi di 1-5 secondi.
Queste accelerazioni sono responsabili dei danni agli edifici in muratura di grande dimensione, quali torri, campanili e chiese, nonché ai capannoni industriali, che hanno periodi propri nella stessa banda.
La seconda considerazione è che i valori di amplificazione osservati ad alta frequenza sono compatibili in media con il fattore di amplificazione previsto dalla norma per il suolo di tipo C. Le amplificazioni di bassa frequenza, invece, eccedono in alcuni casi i valori della norma e suggeriscono la possibilità di rivedere la forma dello spettro delle frequenze per aree con caratteristiche geologiche simili.
In terzo luogo, la sequenza sismica, in particolare l'evento del 20 maggio, ha dato luogo a vistosi fenomeni di liquefazione dei terreni, che in alcuni casi hanno coinvolto anche le fondazioni di edifici industriali e di abitazioni civili e gli argini fluviali. Si ravvisa la necessità di individuare le zone potenzialmente suscettibili di liquefazione nelle province interessate da attività sismica ed eseguire le opportune verifiche di stabilità delle strutture e infrastrutture interessate.
Un altro punto che avrà compimento proprio in questi giorni è l'opportunità di specifiche linee guida per il miglioramento sismico degli impianti industriali e delle strutture di supporto, per ridurre l'esposizione dell'industria italiana al rischio sismico.
Infine, ha colpito i nostri esperti la constatazione che in una zona a media sismicità come la piana emiliana si conferma ancora una volta la mancanza di una cultura generalizzata di buone pratiche costruttive, cosa che ha portato al danno generalizzato osservato in questa sequenza. In aggiunta all'applicazione delle norme, è fondamentale investire sull'educazione della comunità locale all'uso di buone pratiche costruttive per fronteggiare il rischio sismico.
Vengo alla questione dei metodi di previsione e allerta dei sismi, sulla quale abbiamo tenuto un'audizione il 4 maggio ultimo scorso. Dalla discussione che ne è scaturita sono emerse alcune osservazioni. In primo luogo, sono disponibili nella comunità accademica e presso l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) diversi modelli, caratterizzati da differenti intervalli temporali di applicazione. Tra questi modelli ha avuto un certo risalto negli ultimi tempi il modello proposto dal gruppo di Trieste, che peraltro è applicato in Italia da più di due decenni e aggiornato con cadenza bimestrale.


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Voglio sottolineare che le metodologie di previsione a breve e medio termine disponibili forniscono aumenti molto bassi della probabilità di occorrenza del terremoto rispetto al rischio stazionario e spesso coprono aree molto vaste.
La Commissione grandi rischi ha osservato che la problematica fisica dei terremoti, gli eventuali precursori e il processo di preparazione del terremoto non sono ancora stati affrontati in modo sistematico in Italia. Caldeggia, quindi, l'inizio di uno specifico programma di ricerca scientifica e di monitoraggio sulla previsione dei terremoti in tutti i loro aspetti. Per questo ha formulato una serie di raccomandazioni alla Protezione civile su un programma di ricerca che trovate esplicitato nella memoria scritta che ho depositato.
Concludo ribadendo che i modelli di previsione a medio e breve termine presentati a tutt'oggi coprono aree e periodi molto estesi, producono aumenti di probabilità molto bassi e sono caratterizzati da una grande variabilità e incertezza dei risultati. La conseguenza di questo è che essi non consentono al momento una ulteriore azione preventiva in aggiunta a quelle già previste dalla legislazione, anche se rinforzano una volta di più la necessità di controlli rigorosi delle misure preventive previste.
Dal punto di vista operativo, la situazione, anche sul piano internazionale, è in evoluzione. Il metodo seguito negli Stati Uniti e a livello internazionale è quello di confrontare rigorosamente e in modo indipendente le previsioni dei diversi modelli. È in corso, ad esempio, un'iniziativa internazionale - Collaboratory for the study of earthquake predictability (CESP) - che è già implementata per testare venticinque modelli di previsione statistica per l'Italia. Tra questi non sono ancora inclusi, ma sono oggetto di trattativa, i metodi CN e M8S.
La Commissione grandi rischi ritiene che in questo momento, come avviene già in diversi Paesi, sia opportuno eseguire un benchmarking dei differenti modelli nazionali, con conseguente formazione di un protocollo di azione atto a fornire nel futuro alle autorità preposte alla sicurezza delle popolazioni eventuali linee di azione concreta. Questo è un punto importante: è difficile oggi agire sulla base di un determinato modello senza un sistematico confronto della sua validità.
La raccomandazione che abbiamo avanzato al Dipartimento della Protezione civile è di farsi promotore di iniziative specifiche in questo senso, costituendo un panel di confronto prevalentemente, se non esclusivamente, internazionale e chiedendo agli autori dei diversi modelli di sottoporgli la propria proposta in base a regole prefissate, come avviene a livello internazionale.
Il panel dovrà stabilire a priori le regole per il confronto delle previsioni dei diversi modelli, effettuare il confronto stesso e suggerire le eventuali possibilità di combinazione dei modelli per ottimizzare le previsioni, una soluzione che sembra emergere dai lavori del CSEP. Corollario necessario di questa azione è che le previsioni dei modelli che non sono stati sottoposti allo scrutinio comparativo del panel non siano considerati dalla Protezione civile come base per possibili azioni preventive. In altri termini, la validità del modello deve essere riconosciuta da tale confronto prima di decidere azioni conseguenti alle previsioni del modello stesso.
Come ripeto, sono stato sintetico perché il documento è piuttosto dettagliato. Siamo disponibili a rispondere alle vostre domande. Il professor Manfredi, in particolare, ha fatto parte del gruppo di lavoro che sta elaborando - siamo ormai alle battute finali - le linee guida per il miglioramento della valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Maiani e, nell'autorizzare la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 1), do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ringrazio il professor Maiani e la delegazione


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qui presente. Le considerazioni che ci ha esposto sono utili per le nostre future attività legislative e ci ricordano che alla Protezione civile devono essere date indicazioni su come affrontare l'evento in modo tale da rendere minime le conseguenze negative per la popolazione e per le cose.
Il problema fondamentale di questa relazione è riferibile alla vulnerabilità del patrimonio edilizio. È questa, infatti, la vera questione. Io porrei una domanda specifica al professor Manfredi che, essendo docente di tecnica delle costruzioni, è molto attento a questo aspetto. Sottoscrivo tutto ciò che ha detto il professor Maiani, ma vorrei avere più conoscenza sull'esistenza o meno di innovazioni recentissime sull'adeguamento sismico degli edifici, in particolare degli edifici storici.
Per esempio, sappiamo che le torri dal 1200 al 1600 sono crollate in tutto il centro-nord anche a causa di piccoli movimenti sismici perché, evidentemente, non trovano alcuna resistenza rispetto alla componente orizzontale dei terremoti che, quindi, si portano via tutto, mentre rispetto a quella verticale le costruzioni riescono a sopportarla. Cosa si può prevedere in questi casi, che riguardano soprattutto i beni culturali? Sarebbe utile, per esempio, una cucitura con perforazione di ferro e cemento pozzolanico?
Vorrei sapere inoltre se esistono sperimentazione recenti non solo di mezzi per l'adeguamento, ma anche per l'isolamento sismico. È possibile questo nelle strutture storiche, che vanno maggiormente salvaguardate?

GIANLUCA BENAMATI. Vorrei alcune delucidazioni e alcuni chiarimenti a conferma della mia interpretazione.
Mi pare che la relazione della Commissione grandi rischi evidenzi il fatto che, per quanto riguarda i metodi predittivi, siamo in una fase di ricerca iniziale. Mi corregga se sbaglio, ma mi pare che venga anche un'indicazione relativa alla necessità di sostenere tale attività di ricerca in un quadro di prospettiva che fra qualche anno renda fruibile una modellistica predittiva.
Per quanto riguarda, invece, la prevenzione, la Commissione ci fa notare che una revisione delle mappe, tenendo conto tanto del metodo probabilistico quanto delle metodologie in campo, quindi anche di metodi neo deterministici, sarebbe positiva, così come sarebbe auspicabile un continuo aggiornamento delle mappe stesse. Ho sentito parlare di un controllo ciclico ogni cinque anni. È un dato sicuramente importante.
C'è un tema su cui ho qualche perplessità e che riguarda la mia regione. Si è detto che la mappa dell'Emilia non presentava limiti e nello stesso tempo che i danni sarebbero stati causati da un'inadeguatezza del patrimonio edilizio e produttivo. Vorrei fare chiarezza. Il patrimonio edilizio e produttivo era adeguato e idoneo ai tempi in cui è stato realizzato e alla normativa allora vigente. Vorrei che anche la Commissione grandi rischi facesse chiarezza su questo.
Aprire, come alcuni di noi sostengono, una fase del Paese in cui si provveda anche ad aggiornamenti può valere in prospettiva, ma è difficile sostenere che quanto costruito in passato rispettando le classificazioni e le normative allora esistenti non fosse adeguato. Probabilmente non rispettava la normativa successiva, ma così non doveva essere. Vorrei che chiariste questo concetto, onde evitare equivoci.
Sono d'accordo per quanto riguarda la ricerca scientifica. Stavamo per proporre un piano antisismico nazionale nel quale fosse anche prevista una conferenza nazionale sulla sismica. Vorrei dunque sapere cosa ne pensate.
Di recente sulla stampa sono apparsi i termini di una vostra comunicazione al Governo sulla situazione in Emilia-Romagna e sull'analisi geologica delle diverse faglie che lasciava presagire eventi di più ampia portata rispetto a quelli che si sono verificati. Le vostre indicazioni sono quelle


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riportate dalla stampa o c'è qualcosa in questo documento di cui non siamo a conoscenza?
Potete dirci quali erano gli estremi di quella comunicazione?

RAFFAELLA MARIANI. Sarò velocissima. Avete parlato di un modello di calcolo della pericolosità in evoluzione, ma questo mal si concilia con il compito del legislatore di definire l'adeguamento della normativa. Voi stessi sottolineate che l'ordinanza di Protezione civile n. 3274 del 2003, originata dal sisma di San Giuliano di Puglia, è stata applicata solo nel 2009, dopo un altro terremoto. Abbiamo, cioè, atteso il terremoto dell'Aquila per avere una normativa tecnica definita e aggiornata.
Il legislatore ha sicuramente le sue responsabilità, ma ci risulta difficile compiere delle scelte in attesa che si concludano le discussioni tra Protezione civile, Consiglio superiore dei lavori pubblici e altre commissioni tecnico-scientifiche, che continuano a parlare di evoluzione dei modelli.
Ci sentiamo anche «inermi» rispetto al miglioramento della vulnerabilità del patrimonio edilizio esistente, tant'è che nelle zone classificate come sismiche fin dal principio sono stati la cultura dei cittadini e il retaggio di gravi tragedie a comportare l'adeguamento del patrimonio edilizio.
Io vivo in Garfagnana, che è zona ad alto rischio sismico, e lì i cittadini costruiscono secondo una certa cultura sia perché lo dicono le norme sia perché si ha esperienza di gravissimi terremoti. La riuscita di questo sta nella cultura e nella prevenzione, ma anche nella semplicità e nei riscontri della normativa tecnica, che deve poi passare attraverso azioni parlamentari.
Vorrei chiedervi se anche dal vostro punto di vista non sia il caso di cercare di far conciliare più velocemente i tempi dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche con l'adeguamento della normativa e se avete un'idea delle ragioni per cui ci sono voluti sei anni - dal 2003 al 2009 - per adeguare la normativa in materia.

TINO IANNUZZI. Ringrazio il presidente Maiani per la sua relazione e saluto tutta la delegazione.
Nelle azioni di riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio sono indicate quattro tipologie di intervento, tra cui l'incentivazione dell'iniziativa privata alla messa in sicurezza degli edifici. Nella previsione originaria delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie (il cosiddetto «36 per cento») erano incluse anche le misure di consolidamento statico e antisismico, entro un limite di spesa, assolutamente inadeguato, di 48.000 euro, portato a 96.000 euro dal recente decreto-legge n. 83 del 2012.
La mia impressione, però, è che questa misura sia assolutamente insufficiente rispetto a questo scopo specifico. Suppongo, infatti, alla luce delle mie scarsissime cognizioni tecniche, che anche 96.000 euro spalmati in dieci anni per interventi di consolidamento statico e antisismico siano un limite di spesa inadeguato e irrilevante.
Chiedo quindi conferma di un'impressione che ricavo della relazione. Sarebbe utile, opportuna e positiva una misura di incentivazione fiscale specifica, molto più consistente nell'importo e nel volume complessivo di spesa, da destinare espressamente al consolidamento statico e antisismico?

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Maiani e al professor Manfredi per la replica.

GAETANO MANFREDI, Componente della Commissione nazionale grandi rischi per il settore rischio sismico. Ringrazio gli onorevoli commissari per le domande così precise e significative. Cercherò di rispondere rapidamente, partendo dal tema degli edifici storici.
Il problema degli edifici storici è uno dei problemi tipici dell'Italia. Abbiamo un patrimonio edilizio storico molto rilevante e dobbiamo coniugare la sicurezza di


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questo patrimonio storico e determinati principi di conservazione. La nostra cultura di conservazione del bene culturale ci impedisce, infatti, di fare grandi trasformazioni. Peraltro, noi italiani siamo leader a livello mondiale quanto a competenza nel saper coniugare sicurezza e principi di conservazione dei beni culturali.
Si citava l'esempio delle torri. Il terremoto c'è sempre stato e le persone hanno sempre costruito, anche prima che ci fossero le norme. In genere nelle zone sismiche le torri venivano incatenate. Quelle che noi chiamiamo volgarmente «catene» garantiscono, infatti, il comportamento scatolare della torre e quindi una maggiore resistenza all'azione sismica. Inoltre, le torri erano costruite con un particolare rapporto tra base e altezza, in modo da essere più resistenti. Questo sapere nasce da un'esperienza sviluppata nei secoli, giacché le torri che crollavano venivano ricostruite in altro modo.
Il problema è che nelle zone a media sismicità, in cui il periodo di ritorno dei terremoti è molto lungo - cinquecento anni in Emilia -, questa capacità costruttiva tradizionale non ha pervaso il costruito. Ciò rende necessari interventi diffusi per migliorare la capacità sismica e ridurre la vulnerabilità.
L'isolamento sismico è certamente una tecnica molto valida nel campo della riduzione della vulnerabilità sismica, ma lo è meno nei beni culturali perché molto invasiva. Spesso non è applicabile perché richiederebbe trasformazioni della struttura eccessivamente importanti e non compatibili con il principio del restauro e della conservazione dei beni culturali. È ovvio, tuttavia, che si potrebbe fare anche con poco, che un intervento diffuso si può realizzare.
Mi ricollego all'osservazione dell'onorevole Benamati perché è opportuno chiarire bene il significato di buona pratica costruttiva. Tutte le costruzioni che sono state realizzate in Emilia sono state costruite seguendo la normativa dell'epoca. Non sono fuori norma perché la norma non prevedeva la presenza di azione sismica. Ma a differenza di altre zone analoghe, per esempio del Centro-Sud dell'Italia, in cui la classificazione sismica è molto recente, nella Pianura padana in generale manca la conoscenza diffusa, elementare del costruire antisismico che deriva dall'esperienza e che c'è, ad esempio, nella Garfagnana dove la frequenza dei terremoti è molto più alta.
Molti dei danni che si sono verificati derivano sicuramente dalla mancata applicazione della norma, ma anche da «piccoli» errori. Ci sono stati, ad esempio, molti danni alle costruzioni agricole, ad esempio, perché i tetti erano costruiti con forme spingenti, cioè senza la catena inferiore. In una zona dove c'è una tradizione costruttiva sismica indipendentemente dalla normativa, tutti i tetti spingenti sono collegati con una catena. Questo avrebbe ridotto enormemente i crolli, a prescindere dalla normativa.
Noi sappiamo che in zona sismica bisogna ammorsare i cantonali delle strutture in muratura perché questo garantisce il comportamento scatolare della struttura. Il modo tradizionale di costruire in quelle aree (in Emilia), invece, non prevede l'ammorsamento. Per questo la Commissione grandi rischi ritiene che, oltre all'aspetto della normativa, sia importante cercare di diffondere, soprattutto in queste zone, una cultura costruttiva che tradizionalmente non si è creata tra le maestranze e tra chi opera nei piccoli interventi, che spesso determinano grandi danni. Sarebbe molto utile per ridurre il rischio in maniera diffusa.
È vero che la Garfagna è una zona limitrofa all'Emilia, ma lì la frequenza dei terremoti è molto più alta e si sa (questo fenomeno è stato studiato a livello internazionale) che, quando il periodo di ritorno dei terremoti supera una generazione, la percezione e la resilienza della popolazione si riduce drasticamente. È un problema di trasmissione dell'esperienza.
Per quanto riguarda l'incentivazione ricordata dall'onorevole Iannuzzi, credo che sia il tema chiave. È necessario, soprattutto per l'edilizia privata, che gli incentivi siano vincolati in maniera specifica al miglioramento sismico. Questo si collega


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anche al tema della percezione. Il nostro è un Paese a media sismicità e non a grande sismicità come il Giappone o gli Stati Uniti. Perciò la percezione media del rischio nella popolazione è bassa.
Se a un cittadino medio italiano, anche in una zona sismica, si chiede se preferisca rendere antisismica la casa o avere pavimenti più belli, sceglierà i pavimenti perché ritiene che il terremoto non arriverà.
Quindi, o si crea un meccanismo che impone alle persone di andare in quella direzione oppure credo che l'efficacia degli incentivi sia intrinsecamente molto ridotta.

LUCIANO MAIANI, Presidente della Commissione nazionale grandi rischi. Ringrazio anch'io per le domande molto precise che sono state poste. Risponderò subito a proposito delle indicazioni sull'Emilia che la Commissione ha fornito.
Penso che chi ha formulato la domanda si riferisse al comunicato, emesso dal Governo, che noi abbiamo steso come sintesi delle nostre raccomandazioni. Questo comunicato è visibile sul sito della Presidenza del Consiglio e penso di non dover aggiungere a quanto lì è scritto molto chiaramente. Semplicemente lo segnalo.
Per quanto riguarda la revisione delle mappe e l'evoluzione dei modelli, il problema è delicato e la Commissione lo ha posto in termini molto soft. Cercherò di dirvi cosa penso.
Da una parte, è evidente che un atto importante come quello della mappatura e della classificazione sismica non può non essere soggetto a revisione. Non possiamo pensare che valga per sempre. L'esempio dell'Emilia è tipico. È stato un aggiornamento necessario, che era nei cassetti da molto tempo.
Ricordo che è stato fatto in primis nel 2003, dopo l'evento che ha colpito la scuola di San Giuliano. Dovremmo cercare di uscire da questa situazione di emergenza, per la quale si rinforzano le regole solo come risposta ai disastri. Tale revisione andrebbe fatta a cadenze regolari.
Dall'altra parte, la legislazione conseguente non può essere cambiata troppo rapidamente. Che non si possano cambiare le regole una volta ogni cinque anni è perfettamente chiaro, ma penso anche che le revisioni una volta ogni cinque anni non saranno drastiche. Nel tempo si aggiungeranno delle variazioni finché poi si tireranno le somme. A quel punto si potranno fare gli opportuni interventi legislativi.
Capisco che la situazione sia complicata, ma credo sia molto importante.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, il professor Maiani e il professor Manfredi e dichiaro conclusa l'audizione.

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