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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
12.
Martedì 12 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale italiana comparto aviazione (UNICA):

Valducci Mario, Presidente ... 2 4
Toniolli Paolo, Presidente di UNICA ... 2

Audizione di rappresentanti della Aircraft Owners and Pilot Association (AOPA Italia):

Valducci Mario, Presidente ... 4 5 10 11 12
Cantarutti Andrea, Consigliere di AOPA Italia ... 11
Golda Carlo, Presidente di AOPA Italia ... 4 11
Levi Massimo, Segretario generale di AOPA Italia ... 5 10 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 12 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 16,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale italiana comparto aviazione (UNICA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale italiana comparto aviazione (UNICA).
Do la parola al dottor Paolo Toniolli, presidente dell'Unione nazionale italiana comparto aviazione (UNICA).

PAOLO TONIOLLI, Presidente di UNICA. Buongiorno presidente e onorevoli deputati. Innanzitutto grazie per l'invito. Io rappresento l'UNICA, l'Unione nazionale italiana del comparto aeronautico, e l'ILAN, l'associazione che raggruppa gli aeroporti minori italiani. Il nostro intervento interessa le prospettive di carattere strategico che si potrebbero realizzare creando una rete di secondo livello, a livello nazionale. In particolare, mi riferisco all'opportunità di sviluppare una rete aeroportuale che esiste già in Italia e che per una serie di ragioni, che eventualmente approfondiremo, ha difficoltà operative.
Riteniamo assolutamente opportuno investire su una ventina di strutture esistenti sul territorio, per realizzare una rete multimediale di supporto all'attività principale degli aeroporti di dimensioni medio-grandi e, conseguentemente, avere la possibilità di ovviare alle difficoltà esistenti oggi nei collegamenti nord-sud della penisola attraverso il pieno utilizzo di queste strutture.
Questo nasce dal fatto che anche il comparto aeronautico si sta modificando profondamente in Italia, sia per quanto riguarda le macchine utilizzate, sia per quanto riguarda le strutture che si sono modificate nel tempo e che oggi potrebbero degnamente essere in grado di accogliere macchine e flussi di movimento nazionale che, soprattutto in passato, sono rimasti scoperti a livello di collegamenti.
Abbiamo presentato una serie di proposte, riguardanti la codifica di una nuova tipologia di infrastruttura di volo, intermedia tra l'aviosuperficie e l'aeroporto. Questo studio preliminare è stato consegnato all'Ente nazionale per l'aviazione civile, all'Ente nazionale di assistenza al volo e all'AeCI - Aeroclub d'Italia, vale a dire i tre enti di controllo che sono chiamati a disciplinare normativamente le politiche aeronautiche italiane.
In relazione a questo, abbiamo identificato la necessità di trovare una struttura intermedia rispetto a quelle già disciplinate giuridicamente, ossia l'aviosuperficie e l'aeroporto, in grado di ospitare quella categoria di aeromobili che al decollo presenta un massimo di 5.700 chili e che


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ha la possibilità di operare fino a nove passeggeri. Se facciamo un confronto con i sistemi europei, ci accorgiamo che a fronte dei 400 e più aeroporti esistenti in Germania, in Gran Bretagna e in Francia, e dei più di cento aeroporti esistenti in Svizzera, in Italia, con una rete di circa cento aeroporti si hanno movimenti estremamente contenuti; inoltre la maggior parte di queste strutture è attualmente inutilizzata. Riteniamo, quindi, che sia assolutamente opportuno investire per raggiungere una forte integrazione europea, per cercare di collegare sistemi infrastrutturali già esistenti, che quindi potrebbero avere una grande fortuna in termini sia occupazionali, sia come basi per operatività di supporto - come si diceva - ad una rete primaria.
In questo momento, gli impegni che si possono assumere in relazione alla riqualificazione di queste strutture possono essere riassunti in alcuni elementi molto semplici. Il primo elemento è la possibilità di utilizzare sistemi di rifornimento carburante, che attualmente mancano completamente in Italia, rispettando i carburanti necessari per la movimentazione di queste macchine, quindi cercando di individuare delle modalità di aiuto anche fiscale per fare in modo di distribuire carburante a tutti gli aeromobili che dall'estero vengono verso l'Italia e che in Italia operano sul territorio.
Per quanto riguarda le stazioni meteorologiche, rimane fondamentale individuare strutture semplici, anche con l'aiuto dell'Aeronautica militare, in grado di soddisfare le necessità di carattere informativo per le attività di volo. Rimane assolutamente fondamentale, altresì, individuare - anche attraverso le nuove regolamentazioni che stanno per essere varate, come il Regolamento n. 404, per quanto riguarda apparecchi per il volo da diporto o sportivo - strutture che consentano di mantenere le comunicazioni radio, cosa che fino a poco tempo fa era vietata su aerei di un certo tipo.
Abbiamo problematiche legate all'elevazione dei pesi per macchine ultraleggere; si tratterebbe, quindi, di uniformarci a determinati sistemi europei. Sto pensando, ad esempio, alla elevazione dei pesi, per queste categorie di aeromobili, dai 450 ai 600 chili.
L'importanza di questi elementi, che può apparire secondaria, è invece assolutamente rilevante, dal momento che in Italia produciamo oggi 700 aeromobili all'anno di questa categoria; il 70 per cento di questi aeromobili è destinato agli Stati Uniti - uno dei mercati di sbocco principali - o, comunque, all'estero. Non abbiamo la possibilità di commercializzare questi aeromobili poiché le norme non ci consentono, in questo momento, di commercializzare pesi di questo livello.
Un altro elemento assolutamente importante è legato all'apertura di tutti gli scali aeronautici cui abbiamo fatto riferimento, senza limitazioni di sorta, con le sole ed esclusive limitazioni legate ai grandi hub, ai grandi aeroporti.
Quindi, in sostanza, si tratta di modificare la regola che oggi stabilisce che tutto è vietato all'infuori di ciò - ed è poco - che è consentito e, viceversa, stabilire che tutto è consentito, con la sola ed esclusiva limitazione alla possibilità - per questi aeromobili - di utilizzare i grandi aeroporti che ovviamente hanno problemi di controllo e di traffico.
Questo significherebbe incentivare immediatamente un flusso turistico, un flusso diportistico, attività di manutenzione, attività di protezione civile, attività di soccorso sul territorio, tutti elementi che si distinguono in modo drastico da quelli che sono attualmente gli elementi statici che vengono considerati da ENAC o da ENAV per stabilire se un aeroporto è minore oppure è di maggior livello, e che si riconducono sostanzialmente al concetto di passeggeri.
Noi ribadiamo che i passeggeri non sono l'unico ed esclusivo dato da considerare, ma sono molte altre le funzioni importanti che fanno parte di un tessuto economico e che potrebbero, in tempi relativamente brevi, dare un forte supporto all'occupazione, alle attività di connessione con flussi turistici provenienti da tutta Europa e dal bacino del Mediterraneo


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e, conseguentemente, incentivare centri di ricerca, attività di formazione, collegamenti con le università, che sono richiesti e fondamentali per sviluppare una ricerca che abbia le caratteristiche che la facciano stare al passo con la ricerca europea.
Questi sono alcuni degli elementi sui quali credo si debbano svolgere valutazioni molto attente, per poter eventualmente individuare, anche a livello normativo, delle semplificazioni rispetto alla situazione attuale.
Chiediamo anche, da ultimo, una modifica della capacità di risposta degli enti di controllo. In questo momento siamo fortemente penalizzati da un'attività che sostanzialmente è quasi paralizzata. Intendo dire che, per ragioni che qui non ritengo sia opportuno individuare o approfondire, gli enti di controllo sono in una situazione di difficoltà rispetto agli enti di controllo europei.
Credo che debba essere rivista la politica internazionale e di integrazione e che si debba dare maggiore forza alle agenzie europee, nel pieno rispetto del cielo unico, ossia considerando che limitazioni di carattere nazionale sui traffici porterebbero - e portano - a difficoltà di interoperabilità, ovviamente evidenti in questa situazione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Toniolli per il suo intervento. Mi sembra di poter dire che quanto ha comunicato alla Commissione relativamente alla possibilità dello sviluppo di un comparto economico importante per un Paese che dovrebbe avere una vocazione turistica come il nostro, rappresenta sicuramente un'analisi attenta di cui la Commissione farà tesoro anche ai fini della redazione del documento conclusivo di questa indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 17,25.

Audizione di rappresentanti della Aircraft Owners and Pilot Association (AOPA Italia).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'audizione di rappresentanti della Aircraft Owners and Pilot Association (AOPA Italia).
Do la parola al nuovo presidente di AOPA Italia, dottor Carlo Golda.

CARLO GOLDA, Presidente di AOPA Italia. Buongiorno. Come è stato appena detto dall'illustrissimo presidente della Commissione, farò solo una breve relazione introduttiva, avendo assunto la carica da pochi giorni.
La mia relazione vuole esprimere il ringraziamento di AOPA Italia, ma soprattutto di ciò che AOPA Italia rappresenta, ovverosia dell'International Aircraft Owners and Pilot Association (IAOPA) a livello mondiale e della sua branch europea, IAOPA Europa.
AOPA Italia costituisce, infatti, esclusivamente la rappresentanza territoriale italiana di IAOPA, che è l'organizzazione mondiale di rappresentanza dei piloti proprietari dell'aviazione civile nel settore dell'aviazione generale e, come tale, è l'unico organo accreditato in sede di Convenzione di Chicago, quindi di rappresentanza permanente ICAO, per la tutela degli interessi dell'aviazione generale.
Questo status costituisce un accreditamento di diritto internazionale pubblico presso tutte le strutture governative e/o legislative su scala mondiale, poiché discende direttamente dagli accordi IAOPA/ICAO.
È, dunque, con vivo piacere che abbiamo ricevuto la convocazione, che consideriamo un segno nei confronti dell'organizzazione internazionale di attenzione alle problematiche da noi rappresentate e alla struttura stessa di IAOPA su scala mondiale.
Lascio la parola al presidente uscente Massimo Levi, che di questa audizione e, in generale, dei lavori che verranno presentati è stato l'organizzatore.


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PRESIDENTE. Do la parola quindi al presidente uscente di AOPA Italia, dottor Massimo Levi.

MASSIMO LEVI, Segretario generale di AOPA Italia. Buongiorno e grazie mille per questa opportunità.
Abbiamo avuto modo, nelle settimane scorse, di leggere i resoconti delle precedenti audizioni e ci siamo resi conto di essere qui per parlare di un settore poco conosciuto nel nostro Paese, nonostante la sua rilevanza economica.
Abbiamo avuto modo di leggere che il 31 marzo scorso l'avvocato Cavalleri di Assoaeroporti ha dichiarato che in Italia gli aeroporti sono, sì, 101 ma che quelli che contano, in realtà sono solo 38 e che il 95 per cento del traffico avviene su 20 di questi 38. Dal suo punto di vista questi dati sono corretti; dal nostro, tuttavia, sono dati di scarsa rilevanza; è come se avesse affermato che dal casello di Milano Sud dell'autostrada del sole passano ogni anno 50 milioni di passeggeri a bordo dei pullman di linea, ma si fosse dimenticato di menzionare le decine di migliaia di autovetture private che passano dallo stesso casello.
Tutto questo perché? Perché, per Assoaeroporti, il nostro settore non esiste o, peggio, è considerato di impiccio e, forse, perché il nostro settore viene comunemente definito «da turismo» mentre da turismo non è o, per lo meno, non lo è nella maggioranza dei casi.
A supporto di quanto affermiamo portiamo alla vostra attenzione due delibere, una della Commissione e l'altra del Parlamento Europeo (rispettivamente la COM 2007/869 dell'11 gennaio 2007 e la 2008/2134(INI) del 3 febbraio scorso) che affermano testualmente che il settore dell'Aviazione generale e d'affari merita particolare considerazione per varie ragioni. È un settore assai articolato in termini di attività (dai servizi di trasporto aereo che utilizzano sofisticati aviogetti per una clientela di affari all'aviazione da diporto) e di profilo economico (aeroclub, piccole e medie imprese e grandi imprese di costruzione aeronautica). Infine fornisce un importante contributo al più ampio settore dei trasporti aerei.
Dunque, per il nostro mondo, i numeri riportati da Assoaeroporti vanno visti in maniera diversa: in Italia ci sono, sì, 101 aeroporti, dei quali due sono assolutamente inagibili (Fiumicino e Malpensa) per delibera dell'autorità nazionale dell'aviazione civile (ENAC); una ventina sono inagibili per le iniziative di Assoaeroporti (a nostro avviso non legittime); un'altra ventina sono inagibili in quanto si tratta di aeroporti militari; i rimanenti sono agibili con notevoli lacune, a causa del difficile reperimento del carburante e della attuale e obsoleta normativa nazionale sul servizio antincendio negli aeroporti.
È di questi giorni infine, il bell'esempio di come un piccolo aeroporto normalmente identificato come un semplice «aeroclub», quasi in senso dispregiativo, ed utilizzato da pochi privilegiati con i loro aeroplani, e mi riferisco all'aeroporto di L'Aquila Preturo, si sia trasformato in poche ore in una importante base ad uso della protezione civile, immediatamente dopo il terremoto del 6 aprile scorso.
Ma guardiamo un attimo a quanto avviene negli altri Paesi dell'Unione Europea, quelli più simili al nostro.
Come abbiamo detto, l'Italia possiede circa 100 aeroporti, molti dei quali sono chiusi all'Aviazione generale e d'affari, a fronte di una flotta di poco meno di 1.500 aeroplani (il valore è dato dalla somma degli aeroplani immatricolati in Italia presso il Registro aeronautico nazionale e dalla stima degli aeroplani, di proprietà di cittadini italiani, immatricolati in Paesi dell'Unione europea o negli USA per sfuggire alle burocrazia imperante nel nostro Paese).
La Francia con una popolazione simile, ma un territorio doppio, possiede 447 aeroporti e una flotta di circa 12 mila aerei di Aviazione generale.
La Gran Bretagna, simile a noi sia per popolazione che per territorio, possiede 270 aeroporti e una flotta di circa 8.800 aerei di Aviazione generale.
La Germania, più grande di noi sia per popolazione che per territorio, ma con


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una discreta fetta acquisita di recente (con pochi aeroporti), possiede oltre 500 aeroporti e una flotta di circa 19.800 aerei di Aviazione generale.
La Spagna, più piccola di noi per popolazione ma simile a noi per territorio, possiede 120 aeroporti, fra pubblici e privati, e oltre 1.200 aerei, ma ne aveva poco più della metà solo 20 anni fa, tanto dei primi quanto dei secondi.
La piccola Svizzera, con un territorio quasi totalmente montagnoso, possiede ben 57 aeroporti e una flotta di circa 1.900 aeroplani di aviazione generale. Quindi ne hanno più di noi.
Bisogna poi aggiungere il fenomeno tutto italiano del VDS, volo da diporto sportivo, un settore che non è, legalmente, tutto aeronautico ma che in Italia si è sviluppato molto grazie ad una legge particolarmente liberale degli anni Ottanta. Si tratta di numeri importanti che ci consentirebbero di avere una industria aeronautica di prim'ordine se questi «apparecchi» potessero diventare aeroplani godendo di una normativa ugualmente liberale.
Poiché l'Italia ha un numero di abitanti e un reddito pro-capite simile a quello dei Paesi appena menzionati, sarebbe logico aspettarsi la possibilità di un incremento dell'aviazione generale solo che vengano rimossi gli ostacoli che la deprimono. Né si dica che in Italia l'aviazione generale langue per le caratteristiche orografiche e meteorologiche del territorio, che è più favorevole all'aviazione di quanto non lo sia negli altri Paesi citati.
Secondo la Commissione europea e il Parlamento Europeo, per il bene dell'economia dell'Unione e della mobilità dei cittadini, un incremento dell'aviazione generale e d'affari sarebbe auspicabile. Questo discorso dovrebbe valere anche nel nostro Paese e, poiché esso dipende anche in parte da carenze infrastrutturali, è logico aspettarsi che uno sviluppo dell'aviazione generale e d'affari avrebbe non pochi effetti benefici in favore di tutta la collettività.
Va inoltre ricordata la componente turistica dell'aviazione generale e d'affari come mezzo di trasporto privato. Si tratti del cosiddetto «turismo di affari» o del turismo «di piacere» l'Italia potrebbe essere un Paese ricettivo di un notevole traffico di aviazione generale se solo lo volessimo. Il clima è favorevole e la nota debolezza delle nostre infrastrutture stradali e ferroviarie inviterebbero le migliaia di velivoli residenti nel resto d'Europa a visitarci. Al contrario siamo costretti a rilevare che le principali organizzazioni di aviazione generale europee sconsigliano, ai loro cittadini che si muovono in aeroplano, di visitare il nostro Paese per le difficoltà che da noi si incontrano abitualmente.
Bisogna poi rilevare che - pur non trattandosi di persone particolarmente ricche - il turista che viaggia con un aeroplano privato sicuramente non è un turista low cost e, conseguentemente, porterebbe con sé quantità di denaro superiore a quella del turista medio.
Vediamo dunque quali sono i problemi che affliggono l'aviazione generale e d'affari dal punto di vista del sistema aeroportuale nazionale: gli aeroporti stessi; la disponibilità di carburante sugli aeroporti; il servizio antincendio; il servizio di controllo del traffico aereo.
Quanto agli aeroporti, ai cento aeroporti arriviamo solo dando per esistenti aeroporti chiusi da oltre quarant'anni (Mantova, Ca' Negra, ecc.). La concentrazione degli aeroporti rispetto al territorio nazionale è simile a quella del Marocco o dei Paesi dell'ex Est Europeo. Se si guardano le carte aeronautiche del resto d'Europa la differenza è impressionante.
Alcuni aeroporti italiani sono chiusi al traffico o quantomeno chiusi al traffico dell'aviazione generale e ciò quasi inspiegabilmente. Buona parte degli aeroporti militari sono chiusi ai civili, e fin qui va bene; gli altri sono di fatto inutilizzabili perché la procedura di autorizzazione è complessa, poco conosciuta e richiede una marca da bollo indisponibile per chi non si trova in Italia.
Altri aeroporti sono chiusi perché il traffico su questi aeroporti è limitato all'aviazione maggiore (Fiumicino, Malpensa).


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Altri lo sono per i capricci delle società di gestione aeroportuale, che limitano a loro piacimento, senza che nessuno si sia mai peritato di intervenire, sia l'orario di apertura dell'aeroporto medesimo, che la possibilità di accesso con la scusa della mancanza di parcheggio. Ad esempio, noi oggi siamo stati costretti a venire con Alitalia, perché avremmo potuto partire da Milano, ma non saremmo potuti tornare stasera, perché la SEA non ci vuole più.
Molte società di gestione, infine, utilizzano le tariffe per i servizi da prestare come arma di discriminazione, addebitando costi inesistenti o creando normative di sicurezza ad hoc per giustificare aumenti tariffari. Tutto ciò con la compiacenza dell'ente regolatore del settore, ovvero l'ENAC, che non fa nulla per assolvere il proprio mandato di «controllore».
Si rende dunque necessario, a nostro avviso: riaprire al traffico di tutti gli aeromobili quegli aeroporti che risultino chiusi senza un più che giustificato motivo; concordare con l'Aeronautica Militare procedure semplificate per l'ottenimento dell'autorizzazione preventiva o eliminandole del tutto; fare sì che le società di gestione abbiano l'obbligo di garantire il funzionamento dell'aeroporto a loro affidato dall'alba al tramonto, per gli aeroporti non abilitati al volo notturno e/o strumentale, e per fasce orarie più ampie per gli aeroporti abilitati; fare in modo che le società mantengano la struttura a loro affidata aperta ad ogni tipo di aeromobile, comprendendo anche quelli dell'aviazione generale e d'affari ed eliminando tutte le discriminazioni attualmente in atto a favore di quelli che assicurano un ritorno economico superiore; determinare, come previsto dall'ICAO, tariffe minime basate in primo luogo sui servizi minimi necessari alla categoria di velivoli, non basate su una ripartizione dei costi di infrastrutture destinate ad una altra tipologia di traffico e in secondo luogo sul peso degli aeromobili in questione e studiate appositamente per non creare inopportune discriminazioni.
Quanto al carburante, gli aeroplani più piccoli utilizzano come carburante un particolare tipo di benzina chiamata AVGAS, che è l'abbreviazione di aviation gasoline, cioè benzina aeronautica. Solo alcuni funzionano con il cherosene (JET A 1). La benzina avio (AVGAS) è difficilmente reperibile e, spesso, quando la si trova è venduta a prezzi esorbitanti.
Per lo più a sud di Roma, ma anche in Veneto ed Emilia-Romagna, i distributori di benzina avio sono in numero assolutamente insufficiente, sia perché le società di gestione non ritengono di approvvigionarsi di tale tipo di carburante, sia perché la pompa di carburante esistente presso molti aeroporti minori è una pompa privata, che non è autorizzata a cedere il carburante a terzi.
La benzina avio è poi venduta dall'unico gestore a prezzi da rapina. Il costo di produzione industriale di tale carburante è superiore di circa cinque/dieci centesimi al litro rispetto al carburante per autotrazione, l'accisa è identica e il costo praticato dai grossisti è più che ragionevole; irragionevole è il prezzo alla pompa praticato dai rivenditori, che in taluni casi diventa il doppio, o più, di quello della normale benzina per autotrazione!
In molti aeroporti, poi, il prezzo della benzina, imposto dal gestore, viene utilizzato come mezzo di discriminazione: se il rifornimento è costoso, l'aeroplano di aviazione generale andrà da un'altra parte. Nell'estate del 2008 in alcuni aeroporti italiani il prezzo della benzina avio superava i 4 euro al litro, mentre quella della benzina per autotrazione si aggirava intorno ad 1 euro e cinquanta.
Occorre dunque: dotare gli aeroporti minori di pompe di carburante o concordare con il Ministro dell'economia una normativa che consenta ai titolari di distributori privati di cedere il carburante avio a terzi; legare le licenze per la distribuzione del carburante negli aeroporti all'obbligo di distribuire tutti i carburanti, non solo quelli che rendono di più; fare sì che le società di gestione debbano vendere il carburante ad un prezzo stabilito in


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base alle norme di legge, norme che attualmente sono talmente complesse da venire pacificamente ignorate per mancanza di controlli; consentire ai commercianti l'accesso agli aeroporti con le loro autocisterne, come fanno nel resto d'Europa (questo provvedimento avrebbe l'effetto di calmierare i prezzi in presenza di abusi); recepire la direttiva europea 2003/96/EC, che prevede benzina in esenzione di accise per tutte quelle attività che non sono di piacere (ossia attività di «private leisure flying», come scritto nel testo originale inglese) consentendo al gestore delle pompe di vendere carburante, applicando o meno l'imposta, in base alle dichiarazioni degli utilizzatori, come peraltro avviene nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea. In caso contrario è legittimo attendersi una quantità di ricorsi contro l'Italia simile a quella che ha recentemente costretto il nostro Paese al rimborso dell'IVA sulle autovetture.
In ordine al servizio antincendio negli aeroporti, la normativa nazionale vigente prevede l'obbligo dell'istituzione di un servizio antincendio aeroportuale presso ogni aeroporto, indipendentemente dal tipo di traffico che vi si svolge. Anche gli aeroporti più piccoli per operare debbono, quindi, avere un quantitativo minimo di tre vigili del fuoco con un mezzo antincendio con determinate dotazioni.
Il servizio antincendio viene espletato - negli aeroporti maggiori - dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e viene lasciato alla buona volontà dei privati negli aeroporti minori. In caso di astensione dal lavoro dei vigili del fuoco, un aeroporto chiude a tutto il traffico. Ciò avviene non solo negli aeroporti gestiti da società di gestione, ma anche in quelli gestiti direttamente dall'ENAC: in altri termini l'aeroporto viene chiuso se i privati interessati non organizzano, a loro spese, un servizio antincendio.
Questo fa sì che gli aeroporti che non sono chiusi al traffico per le ragioni sopra indicate sono spesso chiusi al traffico per mancanza del servizio antincendio, stante l'elevato costo dello stesso, piuttosto che per le rivendicazioni sindacali dei pompieri stessi (sarebbe come dire che se i vigili sono in sciopero, nessuna autovettura può circolare per le strade del Paese).
Il carico di materiale combustibile di un normale velivolo di aviazione generale (per lo più monomotori o piccoli bimotori a pistoni) è equivalente a quello dei mezzi in circolazione sulle nostre strade, essendo la capienza dei serbatoi del carburante oscillante fra i 40 e i 300 litri.
Nella maggioranza dei Paesi europei il servizio antincendio è richiesto soltanto in caso di trasporto pubblico di passeggeri paganti e per aeroplani di una certa dimensione: negli USA, addirittura, l'obbligo dell'antincendio scatta se sull'aeroporto operano aeroplani atti al trasporto di più di 50 persone, in Francia solo se si tratta di un volo commerciale. Il problema può essere risolto stabilendo che il servizio antincendio non è obbligatorio, se non nei casi in cui operino voli commerciali. Negli aeroporti minori, per lo più destinati a ricevere esclusivamente aeroplani leggeri e privati, o se i voli commerciali sono saltuari, il servizio può essere attivato su richiesta o ad orari ben identificati e comunque può essere addebitato al richiedente.
Riguardo agli spazi aerei, la regolamentazione dello spazio aereo italiano, sia in senso orizzontale che in senso verticale, è realizzata dall'ENAV, teoricamente su indicazioni di ENAC. Diciamo «teoricamente» e tecnicamente in quanto ENAC è stato solo di recente (nel 2006) incaricato della normativa in materia di spazio aereo, ma che lo stesso ente non è ancora strutturato per svolgere efficacemente questo nuovo compito.
In materia, tanto ENAC che ENAV hanno sistematicamente rifiutato ogni contatto con le rappresentanze dell'aviazione generale e quindi, per quanto riguarda quest'ultima, la regolamentazione dello spazio aereo è assolutamente non concordata, ma imposta.
Le limitazioni in essere sono estremamente penalizzanti e mettono in notevole difficoltà il pilota straniero, poco abituato a doversi destreggiare fra tante limitazioni.


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I nostri spazi aerei regolamentati sono fra i più grandi del mondo. Basta pensare che le aree terminali di Milano e Roma sono più grandi di quelle di New York o di Francoforte, che pure ospitano volumi di traffico infinitamente superiori. Queste aree, inoltre, sono spesso impenetrabili, nel senso che all'interno di esse è bandito il volo a vista, diversamente da quanto avviene negli altri Paesi aeronauticamente evoluti.
Le limitazioni dello spazio aereo in senso verticale sono ancora più gravi: in tutta l'Italia settentrionale la quota massima raggiungibile per gli aeroplani che volano a vista è di 500 metri e un velivolo proveniente dal nord Europa, dopo avere sorvolato le Alpi ad almeno 4.000 metri è costretto ad una discesa tanto rapida quanto pericolosa, anche perché la pianura padana è famosa per la sua scarsa visibilità. L'area terminale di Roma, una fetta di circa 400 chilometri da nord a sud per un centinaio di chilometri di larghezza, costringe chi vola a vista a rimanere basso sul mare e lontano dalla costa, cioè senza riferimenti visivi con il terreno - a parte l'acqua - almeno per un paio d'ore.
Il problema delle quote è, infine, aggravato dal fatto che molto spesso sono previste rotte obbligatorie a quote prefissate. Una rotta «obbligatoria» serve a dare tranquillità al controllore di volo che il pilota che vola a vista non dà fastidio, ma è anche un formidabile strumento per fare sì che due aeroplani si scontrino in volo: come è intuitivo, per realizzare un scontro in volo, infatti, la condizione ottimale è che gli aeroplani volino alla stessa quota, lungo la stessa rotta, ma in senso opposto.
Occorre quindi concertare con ENAC ed ENAV una regolamentazione dello spazio aereo che tenga conto non solo delle esigenze dei controllori di volo e dei voli commerciali, ma anche delle esigenze di sicurezza dell'aviazione generale ed invitare ENAC ed ENAV a rivedere la struttura dello spazio aereo nazionale come indicato più volte dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, nel rispetto della sicurezza di tutti.
In conclusione, lo sviluppo dell'aviazione generale e d'affari in Italia è sicuramente possibile, e con questo un miglioramento della mobilità dei cittadini, tanto italiani quanto stranieri. In realtà la nostra associazione non chiede nulla di più di quanto previsto dalle delibere sia della Commissione europea che del Parlamento europeo.
Non sarebbero nemmeno necessari particolari investimenti a carico del contribuente, anzi, sarebbe sufficiente una revisione normativa che parta dalle concessioni degli aeroporti (servizi antincendio e di sicurezza inclusi) e si completi con una rivisitazione normativa dello spazio aereo nazionale, nel senso di adeguare le nostre norme e la loro interpretazione a quanto avviene nel resto della Unione Europea.
I cittadini residenti in zone non servite dalla rete autostradale e ferroviaria, nelle isole o, comunque, lontani dagli aeroporti maggiori - fra i quali vi sono imprenditori, professionisti e dipendenti delle aziende maggiori - potrebbero utilizzare il mezzo aereo per raggiungere il centro del Paese e viceversa, in modo rapido e relativamente economico.
Durante la cosiddetta «bella stagione» (da aprile a novembre), Francia e Spagna sono attraversate da migliaia di aeromobili di aviazione generale che dal nord Europa (Gran Bretagna, Germania e Scandinavia) volano verso il caldo. I cieli italiani, al contrario, rimangono desolatamente vuoti a causa delle restrizioni sopra menzionate e di questo fatto è tristemente a conoscenza il dottor Matteo Marzotto, presidente di ENIT, che può confermare punto per punto quanto abbiamo appena detto. Buona parte di queste migliaia di aeroplani potrebbe facilmente essere dirottata verso il nostro Paese, contribuendo in tal modo a rivitalizzare, non solo i nostri aeroporti, ma anche le località turistiche - tanto le città d'arte, quanto le mete turistiche


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più propriamente dette -, portando nel Paese discrete quantità di valuta e più lavoro per il nostro indotto.
Notiamo con rammarico che l'aviazione generale e d'affari, nonostante le raccomandazioni della Commissione europea e del Parlamento europeo, in Italia, non è nemmeno stata presa in considerazione nella redazione Piano nazionale dei trasporti.
Una manchevolezza che si rifletterà negativamente sia sul nostro comparto industriale che sul quello turistico per non parlare delle aspettative dei circa 40 mila piloti di aviazione generale e volo sportivo da diporto che vivono in Italia.

PRESIDENTE. Grazie. Vorrei rivolgervi una domanda. Dalla relazione emerge la possibilità, da parte dell'Italia, naturalmente applicando le normative europee, di tenere in considerazione le richieste dell'aviazione generale. Penso, tuttavia che sia necessario tener conto anche del mercato. Faccio presente, infatti, che in Italia esiste il solito problema, cioè che viviamo sugli aeroporti commerciali, alcuni dei quali in Italia sono nati più dietro spinta politica che per oggettive necessità di un mercato. Sappiamo bene che ci sono aeroporti commerciali, tra i famosi trentaquattro primi aeroporti, che in realtà si trovano in un'area «a fallimento di mercato». Se guardassimo effettivamente il mercato di quei bacini di utenza, ci renderemmo conto che sono tutti aeroporti «falliti».

MASSIMO LEVI, Segretario generale di AOPA Italia. Cattedrali nel deserto...

PRESIDENTE. La vostra relazione è chiarissima e mi spinge a rivolgervi una domanda. Applicando le normative, le direttive e le raccomandazioni europee che avete citato e allegato al vostro documento, non corriamo il rischio di avere cattedrali nel deserto, magari piccole, ma comunque realtà che non hanno i volumi quantitativi e qualitativi per essere in equilibrio? È chiaro, infatti, che un'assistenza nell'aeroporto è necessaria anche per i piccoli velivoli e che certe norme di sicurezza non possono non essere corrisposte, anche in piccoli aeroporti e per aerei di minore dimensione.
Do nuovamente la parola ai nostri ospiti per la replica.

MASSIMO LEVI, Segretario generale di AOPA Italia. Dobbiamo capire in che modo vogliamo applicare le norme di sicurezza e che cosa vogliamo intendere per «norme di sicurezza».
È stato universalmente dimostrato, anche da parte dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile ICAO, che un aeroplano piccolo, se usato per scopi terroristici - se intendiamo questo - non può fare danno. Il monomotore finito nel grattacielo Pirelli a Milano, in realtà, ha, sì, ucciso una persona, ma anche un'automobile, entrando nel portone principale, avrebbe causato esattamente lo stesso danno.
Abbiamo immagini di qualche aeroporto interessante, ma vorrei citare l'esempio di Saint Moritz, nota località turistica svizzera, con un aeroporto gestito complessivamente da tre persone che si danno il cambio. Due sono presenti costantemente in aeroporto: una si occupa dell'ufficio di controllo del traffico, delle fatture, della benzina e fa il pompiere, l'altra aiuta a spostare gli aeroplani.
Prendiamo, ora, un aeroporto come Salerno o, senza andare al sud, Cuneo o Parma: sono aeroporti con 40-45 dipendenti, strutture che vengono tenute in vita per un volo commerciale alla settimana. Si arriva, poi, al ridicolo che l'aeroporto di Parma dichiara - sulla AIP Italia, una sorta di portolano per chi viaggia in aeroplano - che, non essendoci possibilità di parcheggiare gli aeroplani, bisogna ottenere il permesso con almeno quarantotto ore di preavviso. In realtà, è il «deserto dei Tartari», ma siccome nel piazzale di parcheggio degli aeroplani vengono parcheggiate le automobili dei dipendenti della società di gestione, non vogliono gli aeroplani dei privati.
Quando, poi, l'Ente nazionale per l'aviazione civile emana una direttiva per chiarire che, anche in assenza del permesso,


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un aeroplano che deve atterrare, sbarcare o imbarcare passeggeri ed eventualmente fare rifornimento ha sempre diritto di farlo, i signori di Parma lo respingono lo stesso.
Abbiamo anche rivolto un'interrogazione al Parlamento europeo, poiché a Parma la struttura è stata finanziata dall'Unione europea quando l'Italia ha chiesto e ottenuto la famosa Agenzia per la sicurezza alimentare. L'onorevole Tajani molto gentilmente ci ha risposto che era appena arrivato e non sapeva cosa dirci; la cosa, poi, è finita in cavalleria, nel senso che nessuno ci ha mai più risposto.
Parma, comunque, è un esempio meraviglioso di spreco assoluto dei soldi del contribuente. Certo, di casi come questo da noi ce ne sono decine.

PRESIDENTE. Conosco un po' anche l'aeroporto di Catania e posso dire che è un aeroporto che non ama i voli privati.

ANDREA CANTARUTTI, Consigliere di AOPA Italia. Vorrei fare una piccola precisazione. Quando parliamo di aviazione generale parliamo di un aeroporto, che oggi viene definito «aeroporto minore», il cui modello economico di sopravvivenza è completamente diverso dal modello economico del grande aeroporto.
Quello che Massimo Levi citava è un esempio che riguarda l'estero, dove ci sono centinaia di aeroporti che funzionano con quel modello di business. Non è necessariamente importante avere una stazione dei treni con quaranta binari, una sorta di Milano Centrale, per far arrivare a questo tipo di aeroporto. È evidente che anche le dimensioni dei servizi collegati sono adeguate. È importante, innanzitutto, che ci sia un servizio per la comunità, perché comunque l'aeroporto è un bene a servizio della comunità e, in secondo luogo, che il modello stia in piedi dal punto di vista economico.
È stato citato Saint Moritz, ma potrei citare Cannes o Portorose, tanto per fare i nomi di piccoli aeroporti.

MASSIMO LEVI, Segretario generale di AOPA Italia. Portorose è un aeroporto turistico in Slovenia, ex Paese comunista. Ebbene, se lei atterra a Portorose, con qualsiasi aeroplano, le si presenterà un «Ciao» della Piaggio, con due lampadine e un cartello di cartone con la scritta «follow me». È chiaro che fra questo e il mezzo di trasporto presente e obbligatorio all'interno di una cattedrale nel deserto - come Brescia Montichiari, dove c'è mezzo volo commerciale al giorno - c'è una bella differenza. Tuttavia, essendo il «follow me» obbligatorio, impongono una tariffa di 25 euro, solo per essere guidati all'interno di un parcheggio generalmente vuoto.

PRESIDENTE. Vi ringrazio. Mi sembra che le vostre siano osservazioni di buon senso. In Italia non è facile trovare figure che svolgano diverse funzioni - vigili del fuoco, assistenti di volo, controllori di volo. La flessibilità, da noi, è vista sempre con negatività. Tuttavia, sicuramente un territorio come il nostro potrebbe essere interessato molto di più da uno sviluppo di questo settore.

CARLO GOLDA, Presidente di AOPA Italia. Ringraziamo a nostra volta di essere stati auditi. Circa la gestione dei costi, mi limito a segnalare che nel diritto del lavoro italiano - tanto per parlare di un settore molto garantito, giustamente, sul piano anche costituzionale - esistono le forme di gestione cooperativa. La sopravvivenza dei piccoli aeroporti fino a oggi è stata garantita, di fatto, da una gestione sostanzialmente cooperativa, ad opera essenzialmente degli aeroclub, finché erano enti di diritto pubblico, basata sul volontariato dei soci.
Questo tipo di costi, che sono tendenzialmente inesistenti per la comunità e, in particolare, per la pubblica fiscalità, può essere portato avanti continuativamente, alla sola condizione che la legislazione italiana venga adeguata con la rimozione di poche, pochissime disposizioni a costo zero per il contribuente e a costo zero per la sicurezza e l'operatività, proprio perché trattasi di aeroporti sui quali non vi è operatività commerciale. Se, poi, questo


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modello volesse essere esteso agli aeroporti commerciali, che presentano, nonostante la formale dicitura in quanto tali, volumi di traffico ancora inferiori rispetto a quelli dei piccoli aeroporti (come ad esempio Brescia, Cuneo e via elencando), sono convinto che si potrebbe andare ad economie addirittura di scala.
Se questo scontentasse società di gestione aeroportuale localistiche, che sono espressione ovviamente di interessi localistici, questo sarebbe un problema che esula di molto dalla sostenibilità economica di un aeroporto e diventa invece argomento di pensiero pro o contro interessi localistici nella gestione di beni pubblici di natura nazionale. Alla fine, questi beni pubblici hanno natura nazionale, se non altro per la sicurezza delle popolazioni e per l'uso emergenziale. Credo che questo elemento non dovrebbe essere dimenticato.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di AOPA Italia per il loro intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 18.

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