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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
3.
Giovedì 28 ottobre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 918 MARINELLO, C. 1353 LIVIA TURCO, C. 1513 PALUMBO, C. 1266 CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE E C. 3303 LUCÀ, RECANTI «NORME PER LA TUTELA DEI DIRITTI DELLA PARTORIENTE, LA PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO E LA SALVAGUARDIA DELLA SALUTE DEL NEONATO»

Audizione di rappresentanti del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità e della Società italiana di medicina perinatale (SIMP):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 6 8 10 12 13 14
Miotto Anna Margherita (PD) ... 13 14
Murer Delia (PD) ... 10
Salmaso Stefania, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità ... 4 8 10 11 12 14
Spinelli Angela, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità ... 5 6 8 12 13

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Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 28 ottobre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 12,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità e della Società italiana di medicina perinatale (SIMP).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle abbinate proposte di legge C. 918 Marinello, C. 1353 Livia Turco, C. 1513 Palumbo, C. 1266 Consiglio regionale del Piemonte e C. 3303 Lucà, recanti «Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato», l'audizione di rappresentanti del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità.
Avverto che la Società italiana di medicina perinatale (SIMP) ha comunicato di non poter partecipare alla seduta odierna.
Do il benvenuto mio e di tutta la Commissione alle dottoresse Stefania Salmaso e Angela Teresa Maria Spinelli, rispettivamente, direttore e dirigente del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità.
Prima di dare la parola alle nostre ospiti, ritengo opportuno premettere che la presentazione delle predette proposte di legge non è certamente dovuta agli incresciosi episodi, a tutti noti, verificatisi negli ultimi mesi in alcune strutture ospedaliere. Infatti, già nella XIV legislatura la Commissione aveva elaborato un testo unificato recante norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato. Inoltre, anche nella XV legislatura, quando era Ministro della salute l'onorevole Livia Turco, la Commissione aveva predisposto un testo unificato recante norme in materia di parto.
Le proposte di legge esaminate nelle precedenti legislature sono state ripresentate, con alcune modifiche, nella XVI legislatura. Tuttavia, mentre nelle precedenti occasioni si erano tenute audizioni informali in sede di Comitato ristretto, stavolta la Commissione, al termine dell'esame preliminare delle proposte di legge, ha deliberato di svolgere un'indagine conoscitiva, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del Regolamento, volta a raccogliere dati sul numero di parti effettuati con taglio cesareo in rapporto al numero dei parti fisiologici, sul ricorso alla terapia antalgica e al controllo del dolore nel travaglio di parto nelle diverse realtà regionali, sulla quantità di parti effettuati nei «punti nascita» delle diverse realtà ospedaliere, nonché ogni altro elemento utile ai fini di introdurre nell'ordinamento modifiche o


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innovazioni normative in linea con gli standard richiesti dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e con le esigenze effettive di tutela della salute della madre e del bambino.
Naturalmente, le audizioni programmate ci consentiranno anche di capire quali misure sia necessario introdurre per migliorare l'assistenza al parto nei nostri ospedali e per evitare che si verifichino ulteriori episodi incresciosi.
La situazione potrebbe migliorare anche nel Lazio, sebbene si tratti di una regione in cui gli indici di mortalità materna e neonatale sono molto bassi. Forse, un'anomalia è rappresentata dalla percentuale di tagli cesarei, che può essere considerata alta, ma non altissima, e che, comunque, è allineata alla media nazionale.
Certo, vi sono regioni nelle quali la frequenza di tagli cesarei è troppo elevata; se riuscissimo ad abbassarla al 30 per cento, conseguiremmo un risultato di assoluto rilievo, anche in relazione a quanto avviene in altri Paesi. Ancorché l'OMS consigli un ricorso al taglio cesareo non superiore al 20 per cento, il 30 per cento non è, a mio avviso, un valore eccessivo, ove si tenga conto del diverso contesto nel quale la donna vive, oggi, l'esperienza della gravidanza. È mia opinione, quindi, che le nuove linee guida dell'OMS potrebbero elevare, sia pure di poco, i limiti attualmente raccomandati.
Di utilizzo appropriato della pratica del cesareo si discute, ormai, da molto tempo, al fine di determinare la percentuale fino alla quale essa produce benefici aggiuntivi per la salute delle madri e dei neonati.
Il contributo che ci forniranno le nostre ospiti, grazie ai loro punti di osservazione privilegiati, potrà essere utile per migliorare, all'occorrenza, l'intervento legislativo all'esame della Commissione.
Do, quindi, la parola alla dottoressa Salmaso.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Il nostro contributo è, ovviamente, quello che può venire da persone che hanno maturato una specifica esperienza nel settore. In particolare, presso il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità, il reparto «Salute della donna e dell'età evolutiva», di cui è direttore la dottoressa Spinelli, si occupa da tempo delle problematiche all'attenzione di codesta Commissione.
Le osservazioni e i dati che illustreremo sono il frutto, in larga parte, delle indagini condotte nell'ambito del Progetto obiettivo materno-infantile, avviato da anni, che tutti vorremmo vedere applicato in misura maggiore. Nel suo intervento, la dottoressa Spinelli darà qualche indicazione anche su tale aspetto (comunque, consegneremo una breve sintesi dei risultati finora ottenuti).
Le proposte di legge in materia di diritti della partoriente, di promozione del parto fisiologico e di salvaguardia della salute del neonato sono da tempo all'esame della Commissione.
In proposito, tengo a riferire, innanzitutto, che gli episodi cui lei ha accennato, signor presidente, hanno indotto il Ministro della salute a costituire alcuni gruppi di lavoro, i quali stanno lavorando alla definizione di un piano finalizzato a ridurre i punti nascita che hanno dimensioni non idonee; tra le nostre raccomandazioni c'è quella di tendere a ridurre il ricorso al taglio cesareo.
All'interno dell'Istituto superiore di sanità, il Sistema nazionale per le linee guida (SNLG-ISS) ha il compito di sviluppare raccomandazioni di comportamento clinico basate sugli studi scientifici più aggiornati. All'elaborazione delle linee guida provvede un panel di esperti, utilizzando una metodologia ben definita. I relativi documenti sono realizzati con il finanziamento della Direzione generale per la programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema del Ministero della salute, nell'ambito delle attività del Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS). Tra le ultime,


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ricordo le linee guida concernenti la gravidanza fisiologica, che saranno disponibili a novembre, e la seconda parte di quelle riguardanti il taglio cesareo, che dovrebbe essere pubblicata a febbraio del prossimo anno.
A breve, dovrebbe essere trasmesso alle regioni e alle province autonome un documento, di cui si sta ultimando la stesura, recante «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», ai fini del perfezionamento di un apposito accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.
Probabilmente, per effettuare una più compiuta valutazione delle proposte di legge all'esame della Commissione, si dovrebbe tenere conto (ad esempio, per quanto riguarda la tipologia dei centri di primo o secondo livello) anche delle raccomandazioni che il Ministero della salute sta mettendo a punto.
Se lo consente, signor presidente, la dottoressa Spinelli procederà a una più puntuale disamina degli aspetti di maggiore interesse.

PRESIDENTE. So che il Ministero, da quando sono accaduti i fatti a tutti noti, sta lavorando per concordare con le regioni e con le province autonome alcune linee d'azione.
Tuttavia, poiché le attribuzioni del Parlamento e del Governo sono diverse, sarebbe opportuno coniugare le iniziative ministeriali con quelle parlamentari: tranne casi eccezionali, che chiamano in causa altre problematiche, la regolamentazione dei punti nascita (alla locuzione «punto nascita» preferirei quella di «pronto soccorso ostetrico»; peraltro, mi fa piacere che si parli di «taglio» anziché di «parto» cesareo) dovrebbe costituire oggetto non di semplici raccomandazioni, ma di provvedimenti di rango legislativo, applicabili all'intero territorio nazionale. In proposito, ho anche affermato, in altre occasioni, che non bisogna avere riguardo esclusivamente al dato numerico, perché anche il livello e la localizzazione sono importanti.
Non vi è alcuna contrarietà, quindi, nei confronti delle iniziative del Governo: cercheremo di concludere l'iter delle proposte di legge in esame, che stiamo portando avanti da tanto tempo, anche perché esse disciplineranno, probabilmente, aspetti ulteriori rispetto a quelli contemplati dalle linee guida ministeriali.
Do ora la parola alla dottoressa Spinelli.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Signor presidente, onorevoli deputati, come ha già fatto rilevare la dottoressa Salmaso, ci occupiamo della materia dell'assistenza alla nascita da molti anni: a partire dal 1995, abbiamo svolto alcune indagini, ripetute negli anni, proprio per verificare l'evoluzione della situazione nel nostro Paese. Poiché l'ultima indagine è stata condotta nel 2008-2009, disponiamo di dati abbastanza recenti.
Alcune cose sono cambiate. Ad esempio, l'età media delle partorienti, che nel nostro Paese è di 32 anni, con il primo figlio che arriva, in genere, quando la donna ha circa 29 anni. Inoltre, le donne straniere sono sempre più presenti nelle nostre rilevazioni: ormai, circa il 16 per cento delle nascite riguarda cittadine straniere. Naturalmente, vi sono alcune differenze tra Nord e Sud: le straniere sono molto più presenti nel Nord e nel Centro Italia.
Per quanto riguarda l'assistenza, a partire dalla gravidanza, la gran parte delle donne (circa l'82 per cento) si rivolge a un ginecologo, il quale può anche lavorare presso le strutture del Sistema sanitario nazionale (ad esempio, un'azienda ospedaliera) e, nel contempo, essere titolare di uno studio privato.
L'alto numero di ecografie è un altro dato che segnaliamo da anni. Nel nostro Paese, si fa un ricorso eccessivo all'ecografia


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durante la gravidanza: l'ultima rilevazione ci restituisce un valore medio del 6,5 per cento, con punte dell'8 per cento e oltre in alcune strutture (ciò indipendentemente dall'esistenza di una patologia per la quale sia indicato l'esame ecografico).
Un altro aspetto interessante - oggetto anche delle proposte di legge - è quello dei corsi di accompagnamento alla nascita, che non sono molto frequenti nel nostro Paese. Le donne che hanno seguito un corso di accompagnamento alla nascita sono, nel periodo oggetto dell'indagine (2008-2009), il 35 per cento. I corsi sono importanti, perché favoriscono l'acquisizione di una serie di conoscenze, determinando esiti più favorevoli per le donne che li frequentano. Tra l'altro, si è osservato che, se cominciano a frequentare i corsi di accompagnamento già nei primi mesi di gravidanza - molto spesso, lo fanno, invece, a partire dal settimo mese -, le donne acquisiscono maggiori conoscenze, e ciò contribuisce a migliorare l'assistenza al parto nel suo complesso.
Rispetto alle precedenti indagini abbiamo constatato un miglioramento per quanto riguarda l'assunzione dell'acido folico in periodo periconcezionale. Dall'indagine del 2002 era emerso che soltanto il 4 per cento delle donne assumeva correttamente l'acido folico. Sebbene l'ultima indagine abbia evidenziato che la predetta percentuale è cresciuta fino al 20 per cento, occorre considerare che, nonostante vi sia stato un innegabile miglioramento, siamo ancora a una donna su cinque.

PRESIDENTE. Cosa si intende per «periconcezionale»?

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Il termine indica il periodo intorno al momento del concepimento.

PRESIDENTE. L'acido folico va assunto prima del concepimento?

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Sì, signor presidente: per avere efficacia, l'acido folico dovrebbe essere assunto prima del concepimento o, comunque, immediatamente dopo. Capita spesso, invece, che tale raccomandazione non venga rispettata. Eppure, poiché molte gravidanze sono programmate, si potrebbe benissimo iniziare l'assunzione dell'acido folico prima del concepimento. Peraltro, trattandosi di una sostanza non dannosa per la persona, non vi è alcuna controindicazione ad usarla anche quattro o cinque mesi prima del concepimento.
Per quanto riguarda il tipo di parto, come lei rilevava, signor presidente, raggiunge livelli molto elevati, in Italia, il ricorso al taglio cesareo: dai certificati di assistenza al parto e dalle schede di dimissione ospedaliera si ricava una percentuale del 38-39 per cento; la nostra recente indagine ha evidenziato, invece, un valore leggermente inferiore, ma soltanto perché i centri nascita del Nord che vi hanno partecipato erano in numero superiore rispetto a quelli del Sud.
Giova evidenziare che, per quanto riguarda il ricorso al taglio cesareo, si riscontra una grande variabilità tra le diverse regioni e tra le aziende sanitarie: in Campania, ad esempio, la frequenza del taglio cesareo supera il 60 per cento.
È interessante rilevare, altresì, che ha espresso una preferenza per il parto spontaneo più dell'88 per cento delle donne primipare e quasi l'84 per cento di quelle pluripare. Dagli studi condotti non è mai risultata, invero, una preferenza delle donne per il taglio cesareo.
Per quanto riguarda il dolore, 24 ore dopo il parto, la sua percezione è più frequente nei casi di taglio cesareo.
Un altro aspetto importante è quello dell'allattamento al seno. La quasi totalità delle donne (il 97 per cento) afferma, prima del parto, di voler allattare al seno. Si tratta di una cultura diffusa in maniera omogenea sul territorio, senza che siano


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riscontrabili differenze per aree geografiche. Dopo il parto, invece, nei reparti si osserva che l'allattamento al seno è esclusivo per il 61,3 per cento dei lattanti, predominante per il 7,1 per cento e complementare per il 24 per cento, mentre nell'8 per cento dei casi si ricorre al latte artificiale. Naturalmente, i dati dell'allattamento al seno peggiorano con il passare del tempo: a sei mesi dal parto, il 43 per cento delle donne (quasi la metà) somministra ai bambini latte artificiale.
Secondo noi - ma si tratta di un orientamento che trova riscontro in tutta la letteratura sull'argomento -, alcune pratiche ospedaliere potrebbero favorire l'allattamento al seno. Si tratta, in particolare, del contatto pelle a pelle subito dopo il parto, del rooming in, dell'attaccamento al seno entro le due ore dal parto e dell'osservazione della poppata. Anche con riferimento a tali pratiche - che, comunque, non sono molto diffuse - abbiamo osservato un'ampia variabilità tra le aree geografiche del Paese: di solito, le percentuali del Sud sono peggiori rispetto a quelle del Nord e del Centro Italia.
Non è molto praticata, nel nostro Paese, la visita domiciliare in puerperio. Invece, come conferma la letteratura in materia, essa è di grande utilità, anche per evitare, tra l'altro, l'insorgenza della depressione post partum. La visita domiciliare è stata offerta al 59 per cento delle donne e, naturalmente, è stata accettata nella gran parte dei casi, più frequentemente dalle donne con istruzione media superiore.
Le donne hanno riferito problemi al rientro a casa: il 29 per cento ha dichiarato di trovarsi in condizioni di vita poco soddisfacenti a 6 mesi dal parto (ciò conferma che il post partum è un periodo non facile per la donna).
Per ottenere maggiori dettagli in merito all'indagine sul percorso nascita, basta accedere al sito Internet http://www.epicentro.iss.it/problemi/percorso-nascita/convegno28apr2010.asp. I principali risultati dell'indagine sono stati presentati nel corso di un convegno svoltosi presso l'Istituto superiore di sanità lo scorso 28 aprile.
La dottoressa Salmaso ha già avuto modo di sottolineare come, nel corso di questo mese, un gruppo di lavoro, costituito presso il Ministero della salute, a cui partecipa l'Istituto superiore di sanità, si sia occupato della definizione di una linea guida per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo. Si è osservato, infatti, che nelle nostre strutture, molto spesso, non sono effettuati interventi assistenziali appropriati.
In particolare, per quanto concerne il taglio cesareo, bisognerebbe affrontare il tema dell'appropriatezza dei modelli assistenziali, da valutare attraverso i principali indicatori relativi al percorso nascita.
Come rilevava anche lei, signor presidente, l'Organizzazione mondiale della sanità aveva raccomandato, alcuni anni fa, una soglia di tagli cesarei non superiore al 10-15 per cento. Probabilmente, si tratta di un obiettivo difficile da conseguire, almeno nel breve periodo. Negli altri Paesi europei, la frequenza del taglio cesareo si attesta intorno al 20-25 per cento, ma l'Italia, con il suo 38-39 per cento, supera notevolmente anche tali valori.
Il documento elaborato dal gruppo di lavoro fornisce indicazioni chiare anche in relazione all'articolazione dei livelli assistenziali. In talune proposte, l'assistenza ospedaliera è articolata su tre livelli (conformemente a quanto previsto dal Progetto obiettivo materno-infantile), che potrebbero anche diventare due.
Anche per quanto riguarda la cartella ostetrica computerizzata (o informatizzata), nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza, si potrebbe tenere conto delle esperienze maturate dalle regioni che già ne prevedono l'utilizzazione.
Un altro aspetto meritevole di approfondimento è quello della rilevazione dei dati e della relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge. In realtà, un flusso informativo relativo all'evento nascita è assicurato già dal certificato di assistenza al parto, la cui funzione potrebbe essere potenziata mediante la previsione


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di ulteriori indicatori. Creare un nuovo flusso di dati non ha, quindi, molto senso, anche in considerazione del fatto che gli operatori lamentano di essere già costretti a raccogliere molti dati.

PRESIDENTE. Questo perché non abbiamo un'informatizzazione diffusa.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Signor presidente, si pone anche un problema di condivisione dei dati sensibili raccolti.
A mio avviso - lo dico in maniera accorata - occorrerebbe rivedere la normativa in materia di privacy, per coniugare meglio il rispetto della confidenzialità dei dati con le esigenze di condivisione emerse nell'ambito sanitario: in assenza di una norma che ne consenta la condivisione, i dati individuali si fermano a livello locale, e ciò ostacola la conoscenza della storia individuale dei pazienti.
I dati raccolti dalle strutture territoriali non sono condivisi tra tutti i potenziali utilizzatori, ma hanno un flusso verticale: sono immagazzinati, qualcuno li analizza, ma gli altri operatori sanitari non li vedono.
Si potrebbe migliorare l'accesso ai dati già esistenti, ovvero adeguare la raccolta dei dati tenendo conto delle ulteriori necessità.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Per quanto riguarda l'Istituto superiore di sanità, abbiamo manifestato in più occasioni la nostra disponibilità a collaborare all'individuazione di ulteriori indicatori, per migliorare sia il flusso informativo proveniente dai certificati di assistenza al parto sia l'analisi dei dati. Speriamo che si possa conseguire tale obiettivo.
Alcune tra le proposte di legge all'esame della Commissione recano disposizioni in materia di donazione e raccolta del sangue del cordone ombelicale.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. A tale proposito, ricordo che il decreto ministeriale 26 aprile 2007 ha istituito presso l'Istituto superiore di sanità, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 219 del 2005, il Centro nazionale sangue, che provvede, tra l'altro, al coordinamento e al controllo tecnico-scientifico della rete nazionale delle banche per la conservazione del sangue da cordone ombelicale, di cui al decreto ministeriale 18 novembre 2009.
I dati raccolti dalla rete possono essere utilizzati per valutare le ulteriori novità contenute nelle proposte di legge.
In ogni caso, la raccolta di sangue da cordone ombelicale viene effettuata, attualmente, presso 300 strutture.

PRESIDENTE. Innanzitutto, ringrazio le nostre ospiti per i dati che ci hanno fornito, i quali arricchiscono le nostre conoscenze in materia.
Dall'esposizione della dottoressa Spinelli si evince che una percentuale molto alta di donne viene assistita, durante la gravidanza, da ginecologi privati. Non ne sono sorpreso, soprattutto perché tra il ginecologo e la donna si crea - lo affermo non da parlamentare, ma da ginecologo che vanta un'esperienza ormai quarantennale - una relazione di tipo particolare, una sorta di transfert fiduciario che difficilmente caratterizza i rapporti con altri specialisti (e credo che le donne presenti possano confermarlo).
I problemi portati alla luce dai recenti fatti di cronaca riguardano non il percorso assistenziale durante la gravidanza, ma il momento della nascita e la relativa organizzazione. La donna si fa seguire dal proprio ginecologo, in ambulatorio pubblico o privato. Al momento della nascita, però, bisogna fare le dovute distinzioni: se il rapporto continua a essere di tipo totalmente privatistico, allora è ovvio che ogni responsabilità non può che ricadere sul medico che assiste la donna, sia che lo faccia nella struttura privata sia che svolga l'attività libero-professionale, a pagamento,


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presso una struttura pubblica; se, invece, non ricorre l'ipotesi del rapporto totalmente privatistico - ad esempio, la donna in questione, dopo essere stata seguita dall'onorevole Di Virgilio, si ricovera presso una struttura pubblica, affidandosi, per quanto riguarda la nascita, all'organizzazione da questa predisposta - è ovvio che ogni decisione, anche in ordine a eventuali prestazioni urgenti, deve essere presa, e viene normalmente presa, dai medici appartenenti a tale struttura.
Può anche esservi una collaborazione tra il ginecologo che ha seguito la donna durante la gravidanza e quello alle cui cure essa viene affidata nell'ambito della struttura pubblica. In tal caso, ritengo debba essere valorizzata e regolamentata, anche in Italia, la fiducia nella struttura: immedesimandomi per un momento nella donna, se mi ci reco per farvi nascere mio figlio, il mio ginecologo può essere presente, se lo desidero - nell'ambito del rapporto privato, sono libera di pagarlo anche per averlo accanto a me al momento del parto -, ma devo coerentemente avere fiducia nella struttura che ho scelto per partorire. Del resto, il ginecologo privato invia le proprie pazienti presso le strutture che ritiene idonee a fornire loro un'assistenza ottimale.
Credo che ciò vada chiarito, altrimenti continueremo ad avere problemi. Oltretutto, di ciò che succede in sala parto ha la responsabilità, civile e penale, il medico di guardia. Se non si ha chiaro questo concetto, si possono determinare contrasti, dai quali possono scaturire situazioni incresciose (come quelle di cui siamo venuti a conoscenza). Questo, lo ripeto, è un aspetto che va chiarito bene. Non so cosa ne pensino le nostre ospiti.
Quanto al numero delle ecografie, secondo una linea guida di molti anni fa il loro numero doveva essere, se non ricordo male, di tre o quattro al massimo. Anche da questo punto di vista sono cambiate molte cose.
Che l'ecografia faccia male non è stato mai dimostrato, ma ormai il ginecologo utilizza l'ecografia come strumento di visita. Il clinico ostetrico di una volta palpava l'addome della paziente, eseguiva la prima, la seconda, la terza, la quarta manovra di Leopold e altre metodiche: tutto ciò non esiste più. Forse, noi vecchi professori non abbiamo trasmesso quel modus operandi ai nostri allievi, i quali si affidano prevalentemente all'indagine ecografica. Una volta, usavamo il nastro ostetrico; oggi, se una donna fa un controllo ginecologico ogni due mesi, si sottopone, nel corso della gravidanza, almeno a 5-6 ecografie. Oggi, il ginecologo ricorre prima di tutto alla diagnostica strumentale - si tratta di un errore, a mio modo di vedere - e soltanto in via secondaria all'esame diretto della paziente.
Come abbiamo rilevato più volte anche in questa sede, il problema è anche nella formazione: le facoltà universitarie di medicina e chirurgia e le scuole di specializzazione dovrebbero organizzare l'insegnamento in maniera diversa. L'ecografia ci ha dato tante cose, che forse neanche potevamo immaginare, ma non possiamo mettere da parte la diagnostica clinica, che rimane di fondamentale importanza.
Per quanto riguarda la somministrazione di acido folico in periodo periconcezionale, l'argomento mi stuzzica. Nel 90 per cento dei casi, se non di più, la folacina è prescritta all'inizio della gravidanza; è possibile assumerla prima del concepimento nel caso di gravidanze programmate, oppure quando vi sono problemi di sterilità (talvolta, può favorire la fecondazione dell'ovulo).
Del taglio cesareo potremmo discutere a lungo. Limitandoci all'aspetto del controllo del dolore - la cui percezione, come sottolineato dalla dottoressa Spinelli, è più frequente, a 24 ore dal parto, qualora sia stato praticato il taglio cesareo -, soccorrono le nuove metodiche di analgesia, che prevedono l'uso di un sottile tubicino, il catetere, che si lascia in loco fino a quando la puerpera non si stabilizza.
Per i tagli cesarei sono utilizzate l'anestesia spinale e quella epidurale, secondo una tecnica che è molto simile a quella cui si ricorre per l'analgesia dopo il parto (dal punto di vista anestesiologico, il principio è uguale). Trattandosi pur sempre di un


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intervento chirurgico, è ovvio che la percezione del dolore è, dopo un taglio cesareo, maggiore di quella che si riscontra dopo un parto vaginale.
I problemi dell'allattamento sono indubbiamente legati alla vita che la donna conduce oggi, diversa rispetto al passato, ma l'educazione e l'informazione sono importanti.
Quanto alla visita in puerperio, in alcune proposte di legge, compresa quella di cui sono primo firmatario, è indicato proprio il percorso cui lei faceva riferimento, dottoressa Spinelli. Va detto che non c'è più il controllo di una volta, quando i parti avvenivano, spesso, a domicilio. Oggi, dopo essere stata dimessa dall'ospedale, o dalla diversa struttura sanitaria presso la quale ha partorito, la puerpera viene lasciata al suo destino e, soprattutto quando non ha un'esperienza diretta, ovvero qualcuno con maggiore esperienza accanto, va incontro, sovente, a quelle sindromi psicotico-depressive che anche lei, dottoressa Spinelli, ha richiamato.
Anche a tale proposito, sarebbe opportuno rivalutare il profilo professionale dell'ostetrica, la quale potrebbe recarsi al domicilio della puerpera, un quarto d'ora ogni giorno, non soltanto per verificarne lo stato di salute, ma anche per fornirle assistenza, ove necessaria, in merito all'attaccamento al seno del lattante. Si tratta, però, di creare quel collegamento con il territorio e con le ostetriche che, al momento, risulta sicuramente carente.
La figura dell'ostetrica sembra essere scomparsa: non se ne vedono più. Non so di quali informazioni disponga, al riguardo, l'Istituto superiore di sanità, ma credo che bisognerebbe avviare un'indagine per verificare la presenza dell'assistenza ostetrica sul territorio. A mio avviso, dopo essere stato messo un po' da parte, a causa dell'eccessivo ricorso alla medicalizzazione e all'ospedalizzazione, il ruolo dell'ostetrica dovrebbe essere rivalutato.
Al di là del luogo in cui la donna decide di partorire - personalmente, sono convinto che debba farlo in una struttura attrezzata -, ho la sensazione che sul territorio vi siano pochissime ostetriche. Peraltro, quelle che operano presso i consultori svolgono esclusivamente attività ambulatoriale; al contrario, è proprio il consultorio che dovrebbe provvedere all'assistenza domiciliare delle puerpere.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. È questa l'impostazione del Progetto obiettivo materno-infantile.

PRESIDENTE. In merito alla raccolta del sangue del cordone ombelicale - l'argomento merita un'ultima riflessione -, la Commissione ha cominciato l'esame di alcune proposte di legge in materia, e abbiamo constatato che i problemi da affrontare sono di varia natura.
Una delle questioni da risolvere riguarda la possibilità di conservazione per uso autologo non dedicato. Una donna che intenda conservare il sangue del proprio cordone ombelicale per usi che non rientrano in quelli consentiti dalla normativa vigente nel nostro Paese, può ricorrere a strutture situate al di fuori del territorio nazionale, previa autorizzazione rilasciata dal Ministero della salute. Tuttavia, quando abbiamo affrontato l'argomento, alcuni hanno osservato che non conosciamo le modalità di conservazione del sangue che esce dal nostro circuito. Sarebbe opportuno, quindi, avere qualche centro di raccolta anche in Italia, o comunque prevedere qualche forma di controllo. In ogni caso, si tratta di una problematica che stiamo cercando di affrontare.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire, scusandomi per la lunghezza del mio intervento; del resto, quella di cui ci stiamo occupando è una materia che mi coinvolge particolarmente.

DELIA MURER. I dati forniti dalle dottoresse Salmaso e Spinelli, sicuramente molto interessanti, mettono a fuoco alcuni aspetti che costituiscono oggetto anche delle proposte di legge al nostro esame,


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volte a determinare una diminuzione dei tagli cesarei e, quindi, a favorire il parto fisiologico.
Mi sembra molto interessante, in particolare, il dato secondo il quale le donne propenderebbero, in larghissima maggioranza, per il parto spontaneo. Poiché la realtà non riflette tale indicazione statistica, sarebbe necessario capire in quale misura l'organizzazione ospedaliera incida sulla scelta del cesareo, anche in contrasto con la volontà della donna. Vorrei sapere, quindi, se siano disponibili, a tale riguardo, ulteriori elementi informativi.
Un altro punto importante, in merito al quale mi piacerebbe avere un chiarimento, riguarda i contenuti del Progetto obiettivo materno-infantile. In particolare, in quali modi viene responsabilizzato il territorio per quanto riguarda l'assistenza, anche dopo il parto? Credo che questo aspetto sia molto importante sotto il profilo generale della tutela della salute della donna e del bambino. Nell'esperienza quotidiana, notiamo una centralità dell'ospedale a scapito dei servizi territoriali. In tal modo, però, sui reparti di pronto soccorso si scarica una domanda che dovrebbe essere organizzata altrove. A mio avviso, la mancanza di un'efficiente rete territoriale rischia di pregiudicare la vita e la salute di tante donne e di tanti bambini.
Quanto ai corsi di accompagnamento alla nascita, vorrei sapere se l'Istituto superiore di sanità disponga di dati più dettagliati. La proposta di legge a prima firma dell'onorevole Turco annovera tra le finalità delle legge quella di contrastare le disuguaglianze territoriali e sociali nell'accesso ai servizi per la tutela materno-infantile, anche prevedendo l'attuazione di programmi di assistenza socio-sanitaria e di mediazione culturale per le donne immigrate, volti a favorirne l'integrazione.
Vivendo in una città nella quale coesistono diverse etnie, so che non è facile conseguire un simile obiettivo. Tuttavia, ho l'impressione che la sanità pubblica sia, sotto il profilo di cui stiamo discorrendo, totalmente assente, soprattutto per quanto riguarda la definizione di un percorso di accesso ai corsi di accompagnamento alla nascita. Dovremmo pensare, quindi, a qualche forma di incentivo, anche perché la volontà delle aziende sanitarie di investire nel settore della mediazione culturale è alquanto scarsa. Forse, per le politiche sociali hanno investito di più i comuni che la sanità. Eppure, una materia così delicata come la nascita richiederebbe un maggiore impegno da parte di tutte le istituzioni coinvolte.
Vorrei sapere se l'Istituto superiore di sanità abbia dati più precisi a proposito dell'accesso delle donne straniere ai corsi di accompagnamento alla nascita e sul collegamento funzionale, nel territorio, tra i consultori familiari, le strutture ospedaliere e i servizi territoriali extraospedalieri.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Mi limiterò a un commento generale sul significato di alcuni dati.
I risultati dell'indagine ISS 2008-2009, all'interno del progetto «Il percorso nascita: promozione e valutazione della qualità di modelli operativi», illustrati dalla dottoressa Spinelli, evidenziano che la stragrande maggioranza delle donne sceglie di essere assistita, durante la gravidanza, da un ginecologo privato, con il quale si instaura, com'è stato sottolineato, uno stretto rapporto fiduciario.
Quindi, per realizzare una maggiore integrazione tra pubblico e privato, occorre modificare la situazione che stiamo osservando, nella quale l'assistenza in gravidanza è avulsa dalla struttura in cui si partorisce e dall'assistenza successiva al parto. Di fatto, il controllo della donna durante la gravidanza ha luogo completamente al di fuori della struttura pubblica. Non si tratta di un problema in senso stretto: semplicemente, stiamo osservando gli effetti di una cesura tra il momento della gravidanza e quello della nascita.
Riguardo alla credibilità della struttura pubblica, è chiaro che tutte le linee guida ministeriali sono volte a migliorare l'appropriatezza della performance sanitaria e la qualità dell'assistenza, fornendo anche


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alcuni standard di riferimento. Infatti, senza togliere nulla alla competenza del singolo medico, al quale spetta ogni decisione in relazione al caso clinico particolare, taluni comportamenti e trattamenti sono avvalorati da evidenze scientifiche precise e condivise, che ne raccomandano l'adozione. L'elaborazione delle linee guida è un lavoro importante, che la sanità pubblica svolge per rendere omogenei i livelli assistenziali.
Il Progetto obiettivo materno-infantile (in acronimo, POMI) fu adottato con decreto ministeriale del 24 aprile 2000, cioè dieci anni fa, ma le indicazioni in esso contenute sono state largamente disattese. Forse, erano troppo all'avanguardia, ma giuste, e la situazione attuale è effetto della loro mancata applicazione. Il Progetto teneva conto dell'interdipendenza fra le strutture e mirava alla cooperazione tra i livelli istituzionali, in un quadro integrato di servizi sanitari e socio-assistenziali a livello territoriale. Di fatto, però, quando è stato calato nella realtà, il POMI non è stato applicato. Quindi, prima di ogni altra cosa, occorre ricostruire i collegamenti tra i vari livelli organizzativi e creare un consenso sui procedimenti; diversamente, qualsiasi norma rimarrà una pia descrizione, una mera dichiarazione di intenti.
Sull'applicazione del POMI...

PRESIDENTE. La collega Murer chiedeva dati al riguardo.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Sull'applicazione del POMI mancano.
Le indagini che abbiamo avviato servono a verificare se il POMI possa essere applicato su larga scala, individuando le eventuali criticità che potrebbero ostacolarne l'applicazione.
Uno degli elementi innovativi contenuti nelle proposte di legge all'esame della Commissione è, ad esempio, il parto a domicilio, finora non regolamentato.
Naturalmente, è auspicabile anche un miglioramento dei flussi informativi.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Signor presidente, se lo consente, riprenderei brevemente le considerazioni da lei svolte a proposito della formazione.

PRESIDENTE. Prego, dottoressa Spinelli.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Le regioni e le aziende devono farsi carico della formazione degli operatori ma, come sottolineava lei, signor presidente, credo debba essere affrontato, a monte, anche il tema della formazione universitaria, evidentemente carente, dal momento che i medici sembrano avere problemi quando devono prestare assistenza al parto.
Inoltre, riteniamo importante una formazione ad hoc presso le strutture. Gli operatori della salute, in generale, dovrebbero abituarsi a una sorta di autovalutazione. In particolare, potrebbe essere previsto un audit interno, per discutere i casi problematici ed eventuali carenze informative o per chiedere il supporto di corsi di formazione ad hoc.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Anche nelle organizzazioni sanitarie bisognerebbe introdurre il concetto di accountability, che comporta una valutazione sistematica degli esiti e delle performance. Nel nostro sistema sanitario manca del tutto, infatti, la valutazione degli effetti di ciò che si fa, sia a livello di struttura sia a livello individuale.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto


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superiore di sanità. Per quanto riguarda i dati relativi alla scelta del cesareo, ancora non ne disponiamo. Era nelle nostre intenzioni condurre uno studio specifico al riguardo - avevamo ipotizzato di seguire le donne per tutto il periodo della gravidanza, proprio per accertare in quale momento è operata la scelta del parto con taglio cesareo -, ma non siamo riusciti ad ottenere il finanziamento necessario.
L'unico dato a nostra disposizione è il seguente: abbiamo constatato percentuali maggiori di ricorso al taglio cesareo nei casi in cui le donne sono state seguite, durante la gravidanza, da ginecologi, anziché da ostetriche o da consultori familiari. Tuttavia, si tratta del risultato di un'analisi che è stata effettuata in un momento successivo al parto.
Per quanto riguarda i temi del territorio e dei corsi di accompagnamento alla nascita, nel Progetto obiettivo materno-infantile era chiaramente indicato il numero di consultori di cui avevamo bisogno. Oggi, si pretendono dai consultori molte prestazioni; tuttavia, se sul territorio tali strutture non esistono, ovvero hanno un'équipe numericamente non adeguata, è molto difficile che possano fare tutto ciò che viene loro richiesto. A mio avviso, le indicazioni del POMI non hanno perso la loro attualità e, pertanto, potrebbero tranquillamente essere riprese.
Desidero ancora ricordare che, soprattutto negli ultimi anni, sono state oggetto delle nostre indagini anche le donne straniere, le quali costituiscono, ormai, un gruppo sicuramente importante all'interno della popolazione assistita. Ebbene, abbiamo verificato esiti normalmente peggiori rispetto a quelli delle donne italiane. Tuttavia, le straniere che hanno ricevuto una visita domiciliare post partum da parte delle ostetriche hanno avuto esiti migliori, in particolare sotto i profili del disagio psicologico, dell'allattamento al seno e dell'uso di strumenti di contraccezione.

PRESIDENTE. Non sono stati riferiti - forse, mi sono sfuggiti - i dati sulla relativi alla parto-analgesia: è noto, ad esempio, quanti ospedali la praticano?

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. La situazione è molto varia, perché non tutte le strutture la mettono a disposizione: in media, essa riguarda il 7 per cento dei parti vaginali.

PRESIDENTE. È una percentuale molto bassa.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. È disponibile una suddivisione del dato per regione?

PRESIDENTE. Sarebbe utile, perché l'incentivazione delle tecniche di analgesia del parto potrebbe essere uno dei punti qualificanti di una futura legge (infatti, quasi tutte le proposte di legge recano disposizioni in merito alla parto-analgesia).
Sapevo di una percentuale del 18 per cento; ora, invece, apprendo che si tratta soltanto del 7 per cento.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Il 7 per cento è riferito ai parti vaginali del nostro campione.

PRESIDENTE. Mi riferivo proprio al parto vaginale, non al taglio cesareo.
Il 7 per cento è un valore molto basso: credevo fosse un po' più alto. Taluni sostengono che favorire l'analgesia nel travaglio di parto potrebbe determinare una diminuzione dei tagli cesarei.

ANGELA SPINELLI, Direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto


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superiore di sanità. In una logica secondo la quale è la donna a richiedere il taglio cesareo...

PRESIDENTE. In una logica di assistenza al parto in generale. Dal punto di vista clinico, ad esempio, l'analgesia abbrevia la durata della prima fase del parto.
Naturalmente, per praticare l'analgesia sono necessari l'anestesista e un'organizzazione ad hoc.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Sarebbe importante disporre dei dati relativi all'utilizzo dell'epidurale nelle singole regioni.

STEFANIA SALMASO, Direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità. Verificheremo l'esistenza di una fonte informativa idonea.

PRESIDENTE. Ringrazio le nostre ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13.

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