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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
15.
INDAGINE CONOSCITIVA
1.
Martedì 17 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 12 14 16
Baccini Mario (PdL) ... 16
Borghesi Antonio (IdV) ... 12
Bilardo Salvatore, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni ... 3 16
Causi Marco (PD) ... 14 15
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 12 15
Massicci Francesco, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale ... 9
Simonetti Roberto (LNP) ... 16

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 17 25 26 30
Barisano Cinzia, Consigliere della Corte dei conti ... 28 29
Giampaolino Luigi, Presidente della Corte dei conti ... 17 28 29 30
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 25 27
Meloni Maurizio, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 26 28
Pacifico Luigi, Consigliere della Corte dei conti ... 27

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Corte dei conti ... 31

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Seduta del 17/5/2011


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...
Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339).
Sono presenti, e li ringraziamo molto, il dottor Francesco Massicci, il dottor Salvatore Bilardo, il dottor Biagio Mazzotta.
Do la parola agli auditi.

SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni. Buongiorno e grazie dell'invito. Lo schema di decreto legislativo concernente l'armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci di regioni ed enti locali e dei loro enti ed organismi strumentali, approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 dicembre 2010 e modificato in sede di intesa in Conferenza unificata nella seduta del 3 marzo 2011, risponde alla necessità di disporre di dati di bilancio omogenei, aggregabili e confrontabili, elaborati con le stesse metodologie e criteri contabili per soddisfare le esigenze informative connesse al coordinamento della finanza pubblica, all'attuazione del federalismo fiscale e alle verifiche di rispetto delle regole comunitarie, con particolare riferimento al Patto di stabilità e crescita e le procedure sui disavanzi eccessivi da esso previste.
L'adozione di schemi comuni di bilancio e di regole contabili uniformi è, inoltre, diretta a consentire la costruzione di benchmark di efficienza e appropriatezza, definiti con riferimento alla quantità e alla qualità per il confronto dei servizi erogati a livello territoriale, per rispondere alle pressanti richieste di controllo della spesa pubblica anche da parte dei vari portatori di interesse, sempre più attenti alle modalità di utilizzo delle risorse.
Lo schema di decreto recepisce le scelte maturate all'interno del gruppo di lavoro bilancio costituito nell'ambito della COPAFF, che ha operato in stretto raccordo con il Comitato dei princìpi contabili, di cui all'articolo 2, comma 5, della legge


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n. 196 del 2009, cui è attribuito il compito di predisporre i decreti legislativi per l'armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche definiti ai sensi articolo 1, comma 3, della legge n. 196, a eccezione di quelle considerate nel decreto in esame.
La composizione del gruppo di lavoro costituito da rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze-Ragioneria generale dello Stato, del Ministero dell'interno, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero della salute, dell'ISTAT, della Conferenza dei Presidenti delle regioni, dell'UPI e dell'ANCI, ha consentito, grazie alla possibilità di avvalersi delle migliori esperienze e professionalità esistenti in Italia in materia di contabilità pubblica, l'individuazione e la condivisione, anche a livello tecnico, di soluzioni metodologiche e procedurali che soddisfano le esigenze di finanza pubblica salvaguardando, al contempo, l'attività gestionale degli enti.
L'ambito di applicazione del decreto, individuato in accordo con il Comitato dei princìpi contabili delle amministrazioni pubbliche, è costituito dalle regioni a statuto ordinario, dagli enti locali di cui al Testo unico degli enti locali, da province, comuni, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi degli enti locali e dai loro enti e organismi strumentali.
L'articolo 35-bis del decreto prevede che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedano ad adeguare i propri ordinamenti contabili e quelli degli enti locali dei loro territori al decreto in esame, in conformità ai propri statuti di autonomia e delle relative norme attuazione secondo le procedure previste dall'articolo 27 della legge n. 42 del 2009.
Agli enti coinvolti nella gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al servizio sanitario nazionale è dedicata una specifica disciplina prevista dal Titolo II, su cui relazionerà il collega Massicci.
Nel Titolo I il decreto delinea la disciplina degli strumenti necessari per l'armonizzazione contabile delle regioni, degli enti locali e dei loro enti, costituiti da sistemi contabili omogenei, princìpi contabili generali e applicati, schemi di bilancio comuni, bilancio consolidato.
La definizione puntuale dei singoli strumenti è effettuata, in un primo tempo, ai soli fini della sperimentazione tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame al fine di consentire una sperimentazione della nuova disciplina a decorrere dal 2012, in via definitiva e generale attraverso i decreti legislativi integrativi e correttivi previsti dall'articolo 2, comma 7 della legge n. 42 in considerazione degli esiti della sperimentazione di cui al punto precedente.
Infatti, al fine di verificare l'effettiva rispondenza del nuovo sistema contabile alle esigenze conoscitive della finanza pubblica e per individuare le eventuali criticità e le conseguenti modifiche intese a realizzare una più efficace disciplina della materia, il decreto prevede una sperimentazione biennale a decorrere dal 2012. L'efficacia della sperimentazione è garantita dalle disposizioni che prevedono l'individuazione delle amministrazioni coinvolte secondo criteri che tengono conto della collocazione geografica e della dimensione demografica. Al fine di consentire l'avvio della sperimentazione a decorrere dal 1o gennaio 2012 è necessario che l'approvazione definitiva del presente decreto avvenga in tempi ristretti.
Sia la legge n. 42 del 2009 sia la legge n. 196 prevedono che le amministrazioni pubbliche possano adottare solo due modelli di sistema contabile tra loro alternativi: la contabilità finanziaria affiancata a fini conoscitivi da una contabilità economico-patrimoniale e la contabilità civilistica.
In conformità a tali princìpi, lo schema di decreto in esame prevede che le regioni e le province autonome e gli enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 267 e i loro enti strumentali già in


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contabilità finanziaria debbono adottare la contabilità finanziaria affiancata dalla contabilità economico-patrimoniale.
Le amministrazioni sanitarie e gli altri enti strumentali di regioni ed enti locali che adottano la contabilità economico-patrimoniale devono adeguare il proprio sistema contabile a quello civilistico.
Il decreto ha effettuato una precisa scelta anche in ordine al sistema contabile delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e degli altri organismi strumentali di regioni ed enti locali, che non potrà più essere diverso da quello dell'ente di appartenenza, rendendo così possibile l'aggregazione del bilancio dell'ente con quelli delle sue articolazioni organizzative dotate di autonomia gestionale e contabile e l'elaborazione di un conto consolidato di ente, che costituisce un primo livello del bilancio consolidato.
Il decreto prevede, infine, la possibilità di adottare sistemi e schemi di bilancio semplificati per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti secondo modalità da verificare nel corso della sperimentazione prevista dall'articolo 35.
Per le regioni, gli enti locali e i loro enti ed organismi strumentali in contabilità finanziaria il decreto prevede un sistema contabile integrato di scritture volto a garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario sia sotto il profilo economico-patrimoniale.
Nell'ambito di tale sistema la contabilità finanziaria di competenza e di cassa costituisce la struttura contabile principale e fondamentale per fini autorizzatori e di rendicontazione della gestione, mentre alla contabilità economico-patrimoniale è affidato il compito di rilevare i ricavi e i costi della gestione al fine di: rappresentare le risorse economiche acquisite e utilizzate nel corso di un esercizio; partecipare alla costruzione del conto del patrimonio rilevando, in particolare, le variazioni del patrimonio dell'ente, che costituiscono un fondamentale indicatore dei risultati della gestione; permettere l'elaborazione del bilancio consolidato di ciascuna amministrazione pubblica con i propri enti, organismi strumentali, aziende, società e altri organismi controllati; conseguire le altre finalità previste dalla legge, e in particolare consentire ai vari portatori di interesse di acquisire informazioni concernenti la gestione delle singole amministrazioni pubbliche.
L'introduzione della contabilità economico-patrimoniale accanto alla contabilità finanziaria potenzia significativamente gli strumenti informativi e di valutazione a disposizioni dell'amministrazione pubblica, soprattutto ai fini dell'attuazione del federalismo fiscale.
La rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto il profilo finanziario sia sotto il profilo economico-patrimoniale, è garantita dall'adozione del Piano dei conti integrato, previsto dall'articolo 4, costituito dall'elenco delle articolazione delle unità elementari del bilancio finanziario e gestionale dei conti economico-patrimoniali.
La definizione del Piano economico integrato è stata rinviata ai decreti della sperimentazione e, in via definitiva, ai decreti legislativi integrativi e correttivi.
La scelta del decreto di rendere obbligatoria la contabilità finanziaria in termini di cassa e quello di competenza ha anticipato la novella dall'articolo 42 della legge n. 196 del 2009 operata dalla legge n. 39 del 2011, che ha sostituito la delega al Governo per il passaggio al bilancio dello Stato di sola cassa con la delega per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e il potenziamento della funzione nel bilancio di cassa.
A seguito della modifica dell'articolo 42 della legge n. 196 risulta necessario apportare al decreto in esame le seguenti modifiche: eliminare il comma 4 dell'articolo 2, che fa riferimento alla sperimentazione di bilancio solo cassa del bilancio dello Stato; aggiungere all'articolo 35, comma 1, dopo le parole «di cassa» le seguenti parole «in considerazione di quanto previsto dall'articolo 42, comma 1, lettera g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
Per gli enti che adottano la contabilità civilistica il decreto si limita a prevedere l'adeguamento ai princìpi del codice civile


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e, al fine di consentire il monitoraggio, il consolidamento dei conti economici e la riclassificazione nei propri dati contabili per renderli confrontabili con il Piano dei conti tenuto secondo lo schema della contabilità finanziaria.
Per non appesantire la gestione degli enti in contabilità civilistica, la riclassificazione è richiesta attraverso la rilevazione SIOPE, l'elaborazione di un apposito prospetto concernente la ripartizione della propria spesa per missioni e programmi, accompagnato dalla corrispondente classificazione secondo la nomenclatura COFOG di secondo livello allegata al budget e al bilancio di esercizio.
Tutte le amministrazioni pubbliche cui il decreto si riferisce devono conformare la propria gestione ai princìpi contabili generali indicati nell'allegato 1 al decreto.
Considerato che la contabilità pubblica del nostro Paese ha fatto sempre riferimento a princìpi contabili nel senso semantico della parola, ossia enunciati molto sintetici quale principio dell'unità, dell'universalità, dell'integrità, la definizione tali princìpi generali ha avuto un carattere prevalentemente ricognitivo delle formulazioni in essere per le varie amministrazioni pubbliche. Risulta, invece, fortemente innovativa la scelta di prevedere l'obbligo per l'amministrazione in contabilità finanziaria di conformare la gestione anche a princìpi contabili applicati, costituiti da norme tecniche di dettaglio, di specificazione e interpretazione dei princìpi generali, che svolgano una funzione di completamento del sistema contabile e favoriscano comportamenti effettivamente uniformi e corretti.
Nella definizione dei princìpi contabili applicati un prezioso ausilio è fornito dal lavoro svolto dall'Osservatorio per la finanza e la contabilità agli enti locali istituito presso il Ministero dell'interno e dai princìpi contabili elaborati dal Gruppo di lavoro costituito presso la Ragioneria generale dello Stato.
Anche la definizione dei princìpi contabili applicati è stata rinviata ai decreti della sperimentazione e, in via definitiva, ai decreti legislativi correttivi. Il Gruppo di lavoro bilanci costituito nell'ambito della COPAFF sta comunque procedendo con intensità alla definizione dei princìpi applicati.
L'armonizzazione dei sistemi contabili ha offerto l'occasione per adeguare il principio della competenza finanziaria agli obiettivi conoscitivi e alle esigenze informative della finanza locale nell'attuale scenario socioeconomico. In particolare, si è fatto riferimento al crescente interesse verso il fenomeno dei residui passivi dettato dalla necessità di determinare l'ammontare dei debiti delle amministrazioni pubbliche nei confronti dei cittadini e delle imprese, che i bilanci delle amministrazioni pubbliche, predisposti nel rispetto del vigente principio di competenza finanziario, non riesce a soddisfare. Dagli ultimi dati, l'ammontare dei residui passivi che risultano nei bilanci delle regioni sono circa 75 miliardi euro, per gli enti locali circa 100 miliardi di euro.
Come è noto, i residui passivi non sempre rappresentano veri e propri debiti maturati per lavori realizzati e servizi resi in quanto le regole di contabilizzazione consentono di impegnare spesa, in particolare per la spesa in conto capitale, prescindendo dalla scadenza dell'obbligazione giuridica. Pertanto, i residui passivi delle amministrazioni pubbliche includono una consistente mole di impegni cui non corrispondono debiti effettivi in quanto, ad esempio, non risultano realizzati gli stati di avanzamento dei lavori.
Nell'aggiornare la definizione del principio della competenza finanziaria si è fatto, inoltre, riferimento all'esigenza rappresentata anche dalla Corte costituzionale di evitare l'imputazione a un determinato esercizio di entrate future, consentito dalla legislazione vigente, causa del gonfiamento fittizio dei risultati di amministrazione e dei ricorsi a onerose anticipazioni di tesoreria nonché violazione del principio di copertura finanziaria veritiera e reale delle spese pubbliche locali.
La scelta di modificare il principio della competenza finanziaria risponde, pertanto, all'esigenza di rappresentare correttamente nei bilanci le obbligazioni giuridiche


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perfezionate e maturate, evitando che tra i residui passivi siano inclusi accantonamenti che non costituiscono obblighi di pagare e che tra i residui attivi siano comprese entrate future.
In particolare, la nuova definizione di competenza finanziaria prevede la registrazione delle entrate e delle spese al momento della nascita dell'obbligazione giuridicamente perfezionata, attiva o passiva, con imputazione all'esercizio del bilancio pluriennale autorizzatorio, in cui l'obbligazione pecuniaria viene a scadenza.
La pluriennalità dei documenti di programmazione assume, pertanto, un ruolo più rilevante nel processo decisionale e gestionale. L'obiettivo è pervenire a una disciplina fiscale più rigorosa mediante un rafforzamento del principio della programmazione di bilancio orientata al medio e lungo periodo e una pianificazione pluriennale delle politiche, degli obiettivi e delle risorse.
Il principio prevede, infatti, che tutte le obbligazioni giuridiche perfezionate attive e passive che danno luogo a entrate e spese per l'ente siano registrate nelle scritture contabili imputandole all'esercizio in cui l'obbligazione viene a scadenza. Pertanto, mentre il vigente principio della competenza finanziaria considera solo il momento della nascita e dell'estinzione delle obbligazioni, il nuovo principio consente di distinguere tre momenti dell'obbligazione giuridica: la nascita, l'esigibilità, ovvero la nascita effettiva del debito, e l'effettivo pagamento, migliorando significativamente la trasparenza, la veridicità e la chiarezza dei bilanci.
Nel contempo, sul versante dell'entrata, confermando i tre momenti, si realizza il fine di garantire l'effettività delle obbligazioni giuridiche attive, e quindi l'effettività della copertura finanziaria delle spese pubbliche locali e del mantenimento degli equilibri di bilancio durevoli e reali nel tempo.
Il principio prevede espressamente che non è consentito procedere ad accertamento attuale di entrate future in quanto ciò darebbe luogo a un'anticipazione di impieghi con la conseguenza di alterare gli equilibri del bilancio finanziario degli enti.
Si realizza, in questo modo, un potenziamento della competenza finanziaria e una valorizzazione della funzione della componente di cassa dei bilanci locali fondata sull'esigibilità delle obbligazioni giuridiche perfezionate con il mantenimento della distinzione delle fasi dell'entrata e della spesa.
Il principio richiama testualmente, per l'attività di investimento, l'inderogabile esigenza di garantire, al momento dell'attivazione del primo impegno di spesa, la copertura finanziaria per l'effettuazione della complessiva spesa e si ribadisce che in sede di monitoraggio degli equilibri di bilancio e di assestamento generale occorre dare atto del rispetto di tali equilibri per la gestione di competenza, per la gestione dei residui nonché, nell'ambito del sistema di bilancio a livello pluriennale autorizzatorio, per le annualità successive.
Il sistema di bilancio degli enti assume, così, maggiore trasparenza, effettività, veridicità in un quadro di garanzie, di equilibrio sia di competenza sia di cassa.
La disciplina proposta dallo schema del decreto risulta coerente con alcune delle linee guida indicate dalla Corte dei conti nell'audizione del 21 dicembre 2010 presso la Commissione bilancio del Senato al fine di riconsiderare il bilancio di competenza dello Stato, quale la modulazione della legislazione di spesa e delle previsioni di bilancio tale da avvicinare la definizione degli stanziamenti di competenza alle stime dei pagamenti di cassa e l'adozione per le spese in conto capitale della regola contabile del riporto con la correlata necessità di una stima adeguata dei nuovi stanziamenti sulla competenza annuale.
L'articolo 11 del decreto prevede l'adozione di comuni schemi di bilancio eliminando, con particolare riferimento al comparto delle regioni e dei loro enti e organismi strumentali, quella disomogeneità che attualmente impedisce il confronto, il consolidamento dei conti pubblici e il loro raccordo con le classificazioni economiche e funzionali individuate dai regolamenti comunitari.


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L'introduzione della classificazione delle spese, missioni e programmi attribuisce ai bilanci pubblici una maggiore trasparenza del processo di allocazione delle risorse pubbliche alle politiche di settore. In particolare, le missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti delle amministrazioni pubbliche utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali a esse destinate. Sono articolate in programmi che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volte a perseguire le finalità individuate nell'ambito delle missioni e sono raccordate al secondo livello della classificazione COFOG.
È, inoltre, il caso di segnalare che l'articolazione per missioni e programmi previsti dal decreto in attuazione della delega non è in linea con quella prevista dall'articolo 24, comma 3, capoverso 151 del terzo comma dell'Atto Senato 2259, la cosiddetta Carta delle autonomie locali, che stabilisce che i documenti e i bilanci sono redatti in modo da consentirne la lettura in programmi, servizi e interventi.
Al riguardo si ritiene che sarebbe opportuno ricondurre le disposizioni in materia di bilancio e contabilità contenute nel predetto Atto Senato 2259 nell'ambito del presente decreto legislativo.
Il decreto dispone, infine, termini analoghi per la deliberazione dei bilanci preventivi, consuntivi e consolidati nonché per la trasmissione degli stessi alla banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche.
Come è noto, la disomogeneità dei bilanci pubblici è determinata anche dal fenomeno delle esternalizzazioni, ossia dal trasferimento da parte delle pubbliche amministrazioni, attraverso contratti o convenzioni, dello svolgimento di funzioni, servizi e attività strumentali di propria competenza ad altri soggetti pubblici e privati: sono stati quantificati in oltre 6.000 gli enti diversi dagli enti locali che svolgono funzioni per gli enti locali stessi.
In presenza di tale fenomeno i bilanci dei singoli enti possono fornire informazioni incomplete, non rappresentative delle attività e delle funzioni complessivamente svolte e, a parità dei servizi resi alla collettività, presentano situazioni del tutto differenti. Infatti, nel caso in cui con il servizio o l'attività risultino esternalizzate anche le relative fonti di finanziamento, i bilanci delle amministrazioni pubbliche che esternalizzano indicano solo una quota della spesa. Nel caso limite in cui le entrate correlate al servizio esternalizzato fossero in grado di finanziare completamente la spesa, nel bilancio dell'amministrazione pubblica trasferente non risulterebbe alcuna rappresentazione dell'attività svolta.
Per rendere i bilanci neutrali rispetto al fenomeno delle esternalizzazioni, il decreto prevede la predisposizione di bilanci consolidati dell'amministrazione pubblica con i propri enti e organismi strumentali, aziende, società e altri organismi controllati e ne rinvia la disciplina ai decreti correttivi e integrativi in considerazione degli esiti della sperimentazione.
Ai fini dell'elaborazione dei princìpi applicati riguardanti il bilancio consolidato si sta dedicando particolare attenzione all'individuazione delle finalità da attribuire al consolidato e alla definizione dell'area di consolidamento, ovvero alla tipologia degli enti, organismi, aziende e società che, indipendentemente dalla loro natura giuridica, possono essere consolidati.
Con riferimento alle finalità, il bilancio consolidato può essere chiamato a soddisfare prevalentemente l'esigenza conoscitiva riguardante la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica complessiva di una pluralità di enti tra loro collegati o anche di rappresentare la natura e la dimensione dell'attività svolta da un gruppo di soggetti che perseguono gli obiettivi sia economici che sociali dell'amministrazione pubblica controllante.
In proposito, il Gruppo di lavoro bilanci della COPAFF sta valutando se l'area di consolidamento individuata dall'articolo 2 dello schema del decreto legislativo predisposto in applicazione la legge n. 196 del 2009 possa rispondere alle esigenze dell'articolo 2 della legge n. 42 per gli enti territoriali.


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Nella definizione della disciplina del bilancio consolidato è anche necessario tenere conto del concetto di sistema integrato di enti, che si sta sviluppando in alcune autonomie speciali al fine di disciplinare le modalità di concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con riferimento al quale si avverte l'esigenza dell'elaborazione del bilancio consolidato.
Facendo riferimento alla definizione adottata nella regione Friuli Venezia Giulia e nel Trentino-Alto Adige, il sistema integrato di una regione è costituito dalle amministrazioni pubbliche del territorio individuate dall'ISTAT, che ricevono finanziamenti in via ordinaria e prevalente dalle regioni, quali ad esempio gli enti locali, gli enti e organismi strumentali della regione, le aziende sanitarie.

FRANCESCO MASSICCI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale. Nel procedere all'illustrazione delle norme relative al settore sanitario, che sono caratterizzate da elevato grado di dettaglio tecnico, per cui hanno richiesto una trattazione distinta rispetto alle altre norme del provvedimento, faccio presente che il testo cui farò riferimento è quello approvato in Conferenza Stato-regioni, quindi già modificato rispetto a quello consegnato precedentemente alla Camera.
Nel settore sanitario, in un contesto costituzionale che garantisce la salute come diritto inviolabile del singolo e interesse della collettività, la funzione sanitaria è esercitata da due livelli di governo, statale e regionale.
Lo Stato definisce i livelli essenziali di assistenza e, in quanto responsabile del coordinamento della finanza pubblica, anche ai fini del rispetto dei vincoli europei, definisce - d'intesa con le regioni e tenendo conto dei complessivi vincoli macroeconomici e delle compatibilità di finanza pubblica - il livello complessivo del finanziamento del servizio sanitario nazionale necessario alla loro erogazione in condizioni di efficienza e appropriatezza. Le regioni, viceversa, hanno il compito di organizzare i rispettivi servizi sanitari e garantire l'erogazione delle prestazioni.
In tale contesto, assume un'importanza fondamentale la definizione di meccanismi di coordinamento dei diversi livelli di governo, al fine di assicurare una gestione della funzione sanitaria pubblica responsabile, efficiente ed efficace su tutto il territorio nazionale, nel rispetto dei predetti vincoli di bilancio programmati e in funzione dei richiamati obiettivi definiti a livello comunitario discendenti dal Patto di stabilità e crescita.
La sede di definizione di tale governance è stata individuata, a partire dall'anno 2000, nelle intese Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge n. 131, attuativa dell'articolo 120 della Costituzione.
Gli strumenti tecnici di programmazione, gestione e controllo, su cui si fonda il meccanismo di governance del servizio sanitario regionale, sono essenzialmente sintetizzabili nei seguenti profili: strumenti di benchmark, quali indicatori di rispetto della programmazione nazionale, indicatori sui costi medi ponderati delle prestazioni erogate e la spesa pro capite; adeguati meccanismi di responsabilizzazione diretti, da un lato, a garantire che i singoli sistemi sanitari regionali eroghino effettivamente le prestazioni ricomprese nei LEA, nella tutela del diritto alla salute dei cittadini, e dall'altro, a impedire comportamenti di moral hazard da parte delle regioni che, in una prospettiva dei ripiani di disavanzi, tendono ad allentare il vincolo di bilancio, rendendo così necessaria una rinegoziazione ex post e sostanzialmente a piè di lista della cornice finanziaria, che compromette le generali compatibilità finanziarie dell'intero sistema; idonee procedure amministrative, contabili e gestionali; criteri contabili condivisi e consolidati (le linee guida dei modelli di contabilità delle aziende sanitarie sono arrivate alla terza edizione), ulteriormente potenziati con lo schema di decreto legislativo in esame, che prevede una specifica sezione destinata al sistema sanitario.
Nell'ambito del Patto per la salute 2010-2012 specifiche disposizioni stabiliscono processi di ricognizione dello stato


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dei procedimenti contabili, fino a pervenire alla certificabilità dei bilanci delle aziende sanitarie. Presso il Ministero della salute è stata costituita da tempo, e quindi è già operante, una banca dati condivisa contenente il patrimonio informativo del sistema sanitario. A partire dal 2001 l'invio, da parte delle regioni, di dati al predetto sistema informativo costituisce adempimento regionale ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato.
Il complesso degli strumenti di governance - Patto per la salute, Piani di rientro dai disavanzi sanitari, sistema di monitoraggio delle performance, affiancamento eccetera - progressivamente implementato nel corso degli anni ha dimostrato di poter rispondere in maniera adeguata alle esigenze di direzione del sistema sanitario, con particolare riferimento alla responsabilizzazione delle singole regioni in ordine ai risultati economici conseguiti e all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
La concreta esperienza ha dimostrato in modo inequivocabile che il corretto esercizio di una funzione tanto delicata quale quella sanitaria e la performance complessiva dei servizi sanitari regionali dipendono in modo significativo dalla reale maturità nella programmazione e nella gestione degli enti concretamente e direttamente coinvolti nella gestione del servizio sanitario regionale che deve essere improntata alla qualità ed efficacia dei servizi programmati e offerti e all'utilizzo efficiente ed efficace delle risorse a disposizione. L'insieme degli strumenti progressivamente approntati conseguentemente si è mossa nel tempo nella direzione di rendere sempre più piena e consapevole la capacità delle singole regioni di programmare e gestire in condizioni crescenti di efficacia e di efficienza i propri servizi sanitari regionali.
Il decreto legislativo in oggetto costituisce, quindi, per il settore sanitario, un ulteriore miglioramento quali-quantitativo nella capacità conoscitiva del sistema e, conseguentemente, nella potenzialità di programmazione e controllo dello stesso in un'ottica di continuo miglioramento delle performance.
Con particolare riferimento al settore sanitario sono state introdotte disposizioni caratterizzate da un elevato grado di dettaglio tecnico, dirette a consentire il necessario miglioramento dei vigenti procedimenti contabili. Questa caratteristica è la naturale conseguenza del fatto che il settore sanitario è già ora oggetto di un attento monitoraggio trimestrale, sulla base di dati elaborati e trasmessi secondo schemi e metodiche standardizzate, come meglio precisato di seguito. Pertanto, le esigenze colte nel presente decreto sono il frutto dell'esperienza pratica sul campo, come emersa dai procedimenti, ormai decennali, di verifica degli adempimenti regionali e da quelli di affiancamento e di verifica delle regioni impegnate nell'attuazione dei piani di rientro dai disavanzi regionali.
Il decreto, in particolare, introduce norme relative: 1) al bilancio finanziario regionale, per la parte riguardante il finanziamento del servizio sanitario regionale; 2) al bilancio economico patrimoniale, relativo al servizio sanitario regionale, vale a dire alla regione (per l'eventuale quota di fondo sanitario gestita direttamente dalla stessa), ai singoli enti nei quali si articola il servizio sanitario regionale e al consolidamento dei conti degli stessi.
Lo schema di decreto in concreto stabilisce, all'articolo 20, l'obbligo per le regioni di garantire «un'esatta perimetrazione», tanto sul lato delle entrate, quanto su quello delle spese, delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario regionale al fine di consentire un'immediata lettura e confrontabilità tra le risorse iscritte in bilancio e quelle indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale e delle correlate fonti di finanziamento (per la garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza LEA) nonché quelle ulteriori eventualmente destinate dalla regione al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.


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L'articolazione dei capitoli deve consentire l'agevole individuazione: del finanziamento ordinario corrente; del finanziamento sanitario aggiuntivo corrente (fiscalità regionale destinata al finanziamento del SSR, finanziamento di livelli di assistenza aggiuntivi rispetto ai LEA ed entrate da pay-back sulla farmaceutica); del finanziamento di disavanzi sanitari pregressi; del finanziamento di investimenti sanitari, con separata indicazione di quelli finanziati a valere sulle risorse statali ai sensi dell'articolo 20, della legge n. 67 del 1988.
Per garantire effettività al finanziamento dei LEA sono stabiliti princìpi in ordine alle modalità di accertamento e di impegno delle risorse.
Con riferimento alla gestione della liquidità, al fine di garantire trasparenza, confrontabilità e tracciabilità dei flussi, l'articolo 21 prevede l'accensione di conti di tesoreria unica e di conti correnti intestati alle regioni presso i loro tesorieri specificamente intestati alla sanità.
Per il bilancio sanitario il decreto legislativo ha tenuto conto del fatto che questo è già informato ai princìpi e criteri dettati dal codice civile ed è soggetto a un monitoraggio trimestrale e annuale effettuato su modelli standardizzati di rilevazione del conto economico, dello stato patrimoniale e del conto economico riclassificato per livelli di assistenza, compilati con metodologia uniforme dagli enti e dalla regioni, secondo linee guida progressivamente aggiornate. Pertanto, il presente decreto, sulla scorta dell'esperienza già maturata nel settore, ha proceduto a introdurre disposizioni volte a migliorare ulteriormente l'attuale assetto.
Sono particolarmente significative le disposizioni di seguito elencate. Con riferimento alla cosiddetta gestione sanitaria accentrata presso la regione (vale a dire la gestione di quote del finanziamento del servizio sanitario regionale non effettuata presso le aziende, ma presso la regione medesima), laddove esistente, gli articoli 22 e 24 prevedono: l'individuazione di un centro di responsabilità; l'obbligo della tenuta dei libri contabili e della redazione del bilancio d'esercizio in analogia con quanto avviene presso le aziende; l'individuazione di un responsabile regionale che certifichi, con riferimento alla gestione sanitaria accentrata, la regolare tenuta dei libri e della contabilità; la riconciliazione dei dati contabili con quelli finanziari e di cassa della regione; la corrispondenza del bilancio consuntivo con le risultanze contabili.
Con le norme in oggetto si stabilisce che, laddove le regioni decidano di gestire direttamente una quota del finanziamento del servizio sanitario nazionale, questa gestione deve rispondere, sotto il profilo contabile, alle stesse regole e procedure previste per le aziende sanitarie, indipendentemente dalla dimensione finanziaria della gestione accentrata. In tal senso sono dirette a superare una lacuna attualmente presente nel sistema di rendicontazione regionale e di monitoraggio dovuta al fatto che, sebbene le regioni presentino regolarmente uno schema di conto economico con riferimento alla gestione sanitaria accentrata, oggetto di verifica tecnica da parte dei tavoli di verifica degli adempimenti, tuttavia detto schema non è supportato da una procedura di bilancio, a sua volta conseguente alla tenuta di conti in contabilità economico-patrimoniale;
Laddove, viceversa, non sussiste la gestione sanitaria accentrata, l'articolo 23 comunque prevede l'espressa individuazione, presso la regione, di un responsabile delle operazioni di consolidamento dei conti sanitari degli enti sanitari, da operarsi da parte della regione.
L'articolo 25 introduce disposizioni in materia di bilancio preventivo economico annuale dirette ad ampliarne e migliorarne la portata informativa, mentre i successivi articoli 26 e 27 dettano norme, rispettivamente, in materia di bilancio di esercizio e di relativi schemi e in materia di piano dei conti. In tale ambito sono particolarmente significativi l'introduzione di uno schema di rendiconto finanziario e l'individuazione di un contenuto minimo obbligatorio sia della nota integrativa sia della relazione sulla gestione al fine di evidenziare informazioni di tipo qualitativo


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finora non sempre garantite dalle aziende e, comunque, per consentire una lettura sistematica e integrata con i dati di bilancio.
L'articolo 28, nel disporre in modo chiaro che per la redazione del bilancio si applicano le disposizioni civilistiche - l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 502 del 1992 vigente non fa un rinvio netto al codice civile, ma stabilisce che le regioni emanano norme per la gestione economico-finanziaria e patrimoniale «informate ai princìpi di cui al codice civile» - introduce, tuttavia, delle deroghe alle stesse allo scopo di tenere conto delle peculiarità tipiche del settore sanitario, come emerse in questi anni anche alla luce del continuo monitoraggio dei conti sanitari.
Le deroghe di particolare rilevanza riguardano gli ammortamenti dei cespiti - norme finalizzate, sostanzialmente, a discriminare tra investimenti che sono effettuati a valere su finanziamenti aggiuntivi, rispetto al finanziamento ordinario, a carico dello Stato o di altri enti pubblici - e investimenti che, invece, trovano la propria fonte di finanziamento nell'ambito del finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale; le transazioni tra la gestione sanitaria accentrata e le aziende del servizio sanitario regionale; il trattamento contabile dei contributi per ripiano di perdite.
Con riferimento al consolidamento dei conti sanitari delle aziende e dell'eventuale gestione sanitaria accentrata presso la regione, l'articolo 32, ai fini della redazione del bilancio, fa rinvio alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 127 del 1991, recante l'attuazione delle direttive n. 1978/660/CE e 1983/349/CE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 26 marzo 1990, n. 69. Vengono, comunque, specificati il perimetro di consolidamento, la composizione del documento di bilancio preventivo e consuntivo e il contenuto minimo della nota integrativa nonché aspetti procedurali.
Infine, l'articolo 33 dispone, con riferimento all'elaborazione dei conti di cassa consolidati delle amministrazioni pubbliche, la riclassificazione dei dati contabili degli enti sanitari attraverso la rilevazione SIOPE, rimettendo al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 35 la definizione dello schema di transcodifica delle voci dei modelli CE, SP e LA.
Le ulteriori disposizioni contenute nello schema di decreto attengono ad aspetti di tipo procedurale.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO BORGHESI. Forse dovrei rivolgere la mia domanda al ministro Calderoli, che è qui in veste di uditore. La mia sensazione è, proprio leggendo anche queste note, che il rischio che ci siano abbagli nell'individuazione dei bisogni e dei costi standard emerge, a mio avviso, in modo chiaro. Fino a quando, infatti, non sarà terminato il lavoro di armonizzazione e non si potranno realmente confrontare i vari bilanci, rischiamo di prendere qualche cantonata.
Del resto, quando sono state fatte le simulazioni richieste dalla Commissione bicamerale, abbiamo visto che, ad esempio, proprio nella sanità non siamo stati in grado di imputare una quantità di spesa per mancanza di omogeneità. Mi chiedo se questo aspetto sia stato valutato dalla Ragioneria generale.

LINDA LANZILLOTTA. Voglio ringraziare per le relazioni molto accurate e fare qualche domanda anche se non è semplice andare in fondo a un decreto almeno all'apparenza molto tecnico.
Vorrei sottolineare che questa rappresenta la base per rendere significativa e operativa tutta la costruzione del federalismo fiscale. È chiaro, infatti, che senza una base contabile adeguatamente rappresentativa dei fenomeni reali sarà difficile rendere effettivo tutto il suo armamentario. Il rinvio a successivi decreti conseguenti a una sperimentazione che, in realtà, riguarda fenomeni che, come la relazione ci dice, sono in fase sperimentale


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già da parecchi anni, in particolare nel settore sanitario, rendono un po' problematica la costruzione di costi standard relativi, in particolare, a tutto il sistema degli enti locali, ai servizi che vengono erogati ormai prevalentemente in regime di outsourcing o concessione.
Se tutto il sistema di contabilità economica, rappresentazione dei costi, non solo quindi del fenomeno finanziario, ma dei costi effettivi, dei servizi resi non in economia è rinviato a non si sa quando, diventa molto complesso passare da una contabilità meramente finanziaria a una contabilità economica. Questo è il primo punto, a mio avviso, molto critico.
Inoltre, benché in alcune norme vi sia un collegamento tra la struttura dei bilanci e i costi standard, cioè degli indicatori di efficienza ed economicità in relazione a dei parametri standardizzati, non mi pare emerga dal testo questa correlazione, o comunque la rappresentazione nei bilanci di questa relazione tra costo effettivo e costo standard, che peraltro è un indice fondamentale per costruire anche la perequazione e vorrei capire come, a parere della Ragioneria, dovrebbe essere rappresentata.
Ancora, vorrei capire se questo nuovo sistema contabile, che rinvia forse a successive norme, affronta alcune questioni che le norme in vigore non disciplinano, per esempio come debbono essere contabilizzati i derivati e le garanzie. È uno dei problemi che nella contabilità degli enti locali e delle regioni è emerso talvolta con grande drammaticità. Non mi sembra che sia affrontato, mentre credo che dovrebbe essere disciplinato visto che si ha l'opportunità di intervenire in questa materia.
Leggo, poi, alcune norme che facevano riferimento all'iscrizione e alla rappresentazione dei trasferimenti per il ripiano delle perdite. Come sappiamo, le perdite spesso non risultano nei bilanci della capogruppo, come nel caso delle ricapitalizzazioni: vorrei sapere come è affrontato e disciplinato il caso in cui nel bilancio c'è un onere per ricapitalizzazione di società o enti partecipati che celano, in realtà, un ripiano di perdite, ma contabilizzato in modo diverso.
La questione degli indicatori in relazione a una classificazione delle funzioni e dei servizi qui viene in qualche modo affrontata asserendo che bisogna riportare l'accenno che faceva il Codice delle autonomie a quello che c'è nella legge. Io penso che noi dovremmo tendere a fare l'inverso, ad avere una contabilità che rappresenti i fenomeni effettivi, cioè quelli del costo dell'erogazione dei servizi, non di funzioni che non rappresentano effettivamente le prestazioni a cui sono legati i LEA, quindi i fabbisogni e i costi standard: come si crea questa relazione nei bilanci?
Queste norme sono all'interno del federalismo fiscale in quanto costruiscono la base conoscitiva. Se noi, invece, continuiamo a rappresentare fenomeni diversi da quelli a cui è ancorato il sistema del federalismo fiscale, rischiamo di non avere gli strumenti conoscitivi adeguati.
Da questo punto di vista, mi domando - credo, anzi, che dovrebbe essere questo un punto chiave del decreto - se non si debba introdurre un'azione di coordinamento, di convergenza da parte del sistema Governo-Conferenza unificata per una standardizzazione dei sistemi informativi almeno per quanto riguarda la rappresentazione ai fini del consolidamento. Libero ogni ente di avere la sua contabilità creativa, deve poi esserci un sistema unitario che standardizzi la contabilità e la renda confrontabile e consolidabile.
Oltretutto, senza questo passaggio, anche i princìpi di trasparenza, accessibilità e confrontabilità, princìpi chiave del federalismo, che rendono effettivo il circuito vedo-voto-pago, resterebbero lettera morta; inoltre, se non si riesce a capire qual è il costo di uno stesso servizio nel comune vicino o in quello di un'altra regione, anche la consapevolezza dell'efficienza di quell'amministrazione diventerà difficile.
Vorrei anche sapere se non si ritiene che possa essere inserito in questo decreto un procedimento di certificazione periodica dei conti, cui ancorare i meccanismi


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premiali e sanzionatori per gli amministratori previsti nello schema di decreto che il Governo a breve trasmetterà alle Camere, tenuto presente che uno dei punti più problematici è la definizione di un'attestazione veritiera dei conti in un determinato momento cui fare riferimento. Come è noto, peraltro, storicamente buchi creati anni prima emergono anni dopo: qual è il dato che fa fede ai fini della irrogazione delle eventuali sanzioni anche di tipo politico? Non deve essere previsto nelle norme sulla standardizzazione dei conti anche il sistema di certificazione contabile? Qui mi sembra che non se ne faccia parola, mentre credo che tutto il sistema dei revisori abbia dimostrato di non essere molto significativo alla prova dei fatti. Vorrei sapere se questi punti sono stati considerati dalla Ragioneria.
Infine, vedo che il testo presentato ha recepito l'osservazione della Conferenza unificata per l'esclusione radicale delle regioni e province autonome: mi domando se non sia una grave amputazione dal punto di vista della trasparenza. Personalmente, ritengo che ciò non sia vincolato dalla norma di delega, in quanto il provvedimento in esame non rientrerebbe nel campo di applicazione dell'articolo 27 - riferito all'articolo 119 della Costituzione - dal momento che trattandosi di riforme economiche e sociali, che valgono anche per le regioni a statuto speciale, stiamo dando attuazione all'articolo 117 della Costituzione, rimasto a lungo inattuato.

PRESIDENTE. Comprendo bene quest'osservazione dell'onorevole Lanzillotta, che tra l'altro è relatrice del provvedimento insieme all'onorevole Simonetti, e credo che ci siano alcuni aspetti che effettivamente possono essere ulteriormente migliorati.
È assolutamente valido questo tentativo di semplificazione, trasparenza e comparazione dei dati; è vero che alla fine una qualche certificazione da qualche parte dovremmo pure trovarla. Vorremmo sentire la vostra opinione. Mi chiedo anche e vi chiedo: è possibile immaginare una sorta di modello? Faccio un esempio improprio: un modello analogo a quello della dichiarazione dei redditi uguale per tutti, uno per il comune al di sotto dei 5.000 abitanti, uno per quello da 5.000 a 30.000, uno per quello da 30.000 in poi, e lo stesso per le province, per le regioni e via di seguito, in maniera che alla terza riga della seconda pagina bisogna trovare quel determinato dato. Questo non solo aiuterebbe nella trasparenza, come è ovvio, ma anche nella comparazione dei dati, in quanto metterebbe meglio nelle condizioni il cittadino di poter riscontrare come sono utilizzati i soldi che versa attraverso i propri tributi. Alla fine del decreto si potrebbe dire che entro trenta, sessanta o novanta giorni, l'amministrazione finanziaria fornirà a tutte le amministrazioni interessate i modelli da seguire.
Mi chiedo e chiedo a voi, inoltre, se un'ipotesi di questo genere è praticabile, in che tempi eventualmente sarebbe possibile dare mandato all'amministrazione finanziaria di predisporre un modello di questo genere. Dovrà, infatti, pur esserci un modo per distinguere la mala amministrazione dalla buona. Il sindaco, il presidente dell'amministrazione regionale o locale che deve quadrare i conti secondo i criteri che andiamo a stabilire e che si trova con un buco nei conti prodotto dalla sua amministrazione o da quella precedente diventa responsabile della propria e di quella precedente: mi chiedo se questo possa essere evitato.
Comprendete bene che l'alternarsi anche degli schieramenti crea, comunque, un problema. Questo, oltretutto, costituisce la base di riferimento, come dice bene l'onorevole Lanzillotta, per il corretto ed efficace funzionamento dei meccanismi premiali e sanzionatori. Si può procedere esercizio per esercizio? Periodo economico per periodo economico? È utile comunque approfondire questo tema.

MARCO CAUSI. Sì, lo è, soprattutto distinguendo tra fatti extra bilancio e fatti all'interno del bilancio, distinzione che molto spesso non avviene.
Mi associo anch'io al ringraziamento. Mi pare che il lavoro avviato dai diversi


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gruppi di lavoro tecnici, il cui approdo è questo testo di decreto, sia un buon passo avanti. Certo, resta qualche amarezza per il fatto che i tempi sono molto lunghi, dal momento che il decreto prevede una fase sperimentale di due anni a partire dal 2012,a partire dalla quale interverranno ulteriori decreti correttivi e così via. Credo che dobbiamo tutti noi anche, nella comunicazione pubblica, dire che stiamo avviando un processo che non è un'ora «x» a partire dalla quale si modificherà tutto quanto, per cui il lavoro è molto intenso.
Vengo alle domande. Sulla prima relazione, può chiarirci meglio, dottore, il ragionamento che proponete sulla contabilizzazione degli investimenti? Mi sembra interessante, ma vorrei capire un po' meglio. Questo ragionamento, ad esempio, permette di superare il problema della rappresentazione contabile delle linee di credito? Uno dei problemi storici, infatti, è che, se si contrae il mutuo tutto assieme e poi si spende in dieci anni, c'è una gestione finanziaria inefficiente. In base a una norma della finanziaria 2005, mi sembra, fu concessa la possibilità di aprire linee di credito, per cui non si rendeva liquido tutto il debito fin dall'inizio, ma si consentiva l'utilizzazione delle somme effettivamente necessarie sulla base degli stati di avanzamento dei lavori periodo per periodo. È rimasta, tuttavia, un'incertezza su come contabilizzare queste linee di credito e, da una vicenda che mi ha direttamente interessato, ho appurato che questa incertezza è sempre rimasta se le linee di credito sono o non sono extra debito. Vorrei capire, allora, se la prospettiva di soluzione che proponete supera questo tema.
In effetti, è vero che per un ente contrarre giuridicamente un ammontare di debito che poi si smaltisce in molti anni è un caso di inefficienza, per cui avere un meccanismo giuridico e di rappresentazione contabile per una spesa che si dipana negli anni, anche con elementi di incertezza sulla scala temporale delle esigenze effettive di liquidità, potrebbe essere un buon passo avanti.
In secondo luogo, in relazione ai servizi tariffati, la mia opinione - ma, naturalmente, siamo in un ambito fortemente tecnico, quindi non ci sono opinioni a priori e sono pronto a farmi convincere di altre opinioni - è che qualsiasi servizio finanziato tramite una tariffa pubblica, ovvero regolamentata, deve essere inserito nel perimetro del consolidamento. Mi pare che stiamo ragionando sul definire perimetri in base alla natura giuridica dei soggetti, ovvero degli enti e organismi strumentali, e quindi mi pare di capire, correggetemi se sbaglio, che finirà che saranno consolidati in questo perimetro aziende speciali, istituzioni e le in house, mentre se un servizio è gestito da una non in house, non rientrerebbe nell'area di consolidamento. Mi domando se questo sia corretto.

LINDA LANZILLOTTA. Io credo che si debba fare una distinzione concettuale tra costo del servizio e gestione economico-contabile dell'ente. Il consolidamento è ai fini della valutazione della gestione economico-contabile e il costo, e quindi la contabilità analitica, è relativo. Se si bandisce una gara e la vince un privato, non si può consolidare, va solo definito il costo unitario del servizio.

MARCO CAUSI. Se la gestione del servizio è effettuata, però, da un'azienda dell'ente territoriale il relativo costo viene consolidato. Non parlo dei soggetti privati, ma anche per le società a partecipazione pubblica non in house. A quel punto, devono avere una contabilità specifica del servizio, e quindi poi si consolida anche sulle non in house. Non stavo parlando dei concessionari privati, ma dei concessionari pubblici e penso che si debba integrare anche i concessionari pubblici che non stanno dentro l'in house, a meno che non mi convinciate che questo non sia possibile, soprattutto per le quotate.
Quanto alla tesoreria unica, perché soltanto per la sanità? Non si possono pensare meccanismi di tesoreria unica anche per gli altri enti?
Per quanto riguarda i bilanci delle ASL, vorrei sapere quali sono i tempi e se


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potete dirci come sta andando la trasmissione dei dati. Il sistema informativo è stato rimesso in piedi negli ultimi anni e sono stati fatti molti passi avanti, però ogni tanto si sa di regioni da cui non arrivano i dati. Vorrei sapere quali sono a questo punto le sanzioni previste per chi non trasmette i dati.
Infine, mi associo alla questione certificazione periodica dei conti, a quella delle ragioni a statuto speciale e, per quanto riguarda la questione costi e fabbisogni standard, magari bisognerebbe riflettere un attimo. Credo che integrare in sede di bilancio l'intero apparato costi e fabbisogni standard non sia possibile, però forse si potrebbero dare indicazioni più pregnanti per trasformare sempre di più il conto consuntivo nel concetto di bilancio sociale e dentro il rendiconto mettere anche la quantificazione dei servizi offerti e alcuni indicatori che fanno da ponte verso costi e indicatori di efficienza ed efficacia.
Mi domando, allora, se non sia possibile lavorare un po' anche sui contenuti del rendiconto trasformandolo sempre più in quello che a livello europeo si chiama il bilancio sociale, se non si possa addirittura annettere al rendiconto finanziario anche un allegato che costituisce un rendiconto di tipo sociale, che rappresenta anche la quantità dei servizi offerti, e quindi permette di calcolare alcuni indicatori di efficacia ed efficienza.

MARIO BACCINI. È corretto definire ente di diritto pubblico non economico un ente dotato di personalità giuridica e assoggettato alla Corte dei conti?

ROBERTO SIMONETTI. Non riesco a capire come sia possibile considerare un residuo passivo una posizione debitoria, in cui non si ha l'obbligo a pagare. Avendo un residuo passivo e non l'obbligo, quello è cancellato immediatamente per impegnare della spesa corrente e liberare delle risorse. Capisco il residuo attivo perché mi dà la possibilità di aumentare i bilanci, ma non il passivo.

SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni. Il dato che emerge dai certificati di conto consuntivo 2009, dati ufficiali di prefetture e Ministero dell'interno, ci danno residui passivi degli enti locali per 100 miliardi di euro. Dall'attuale sistema, dall'attuale principio di competenza finanziaria non riusciamo a individuare quali sono debiti certi nei confronti di cittadini e imprese ed esiste soltanto una stima dell'IFEL. Vi rendete conto, tuttavia, che non possiamo lavorare sulla stima dell'IFEL. Di questi 100 miliardi euro, soltanto il 30 per cento costituiscono debiti certi nei confronti dei cittadini e delle imprese, quindi ben 30 miliardi di euro.
Il fenomeno è analogo per le regioni, 75 biliardi di euro, e quindi il nuovo principio di competenza finanziaria sostanzialmente cerca di dare una risposta a questa domanda.
Il Fondo monetario internazionale, quando ha visto questa mole di dati, li ha individuati come debiti; abbiamo dovuto spiegare che debiti non sono per la gran parte, quindi è necessario intervenire con questo nuovo principio di competenza finanziaria proprio per evitare questo fenomeno di scarsa conoscenza della finanza pubblica.
Inoltre, questione strettamente connessa alla domanda dell'onorevole Causi sulla modalità di contabilizzazione degli investimenti, cercheremo di far prevalere l'annualità nell'ambito del bilancio pluriennale, quindi la copertura non tutta nell'anno, ma, sulla base degli stati di avanzamento, della programmazione degli investimenti, nel bilancio pluriennale, che è autorizzatorio e più rigoroso, viene imputata la quota dell'anno sia per quanto riguarda l'entrata sia per quanto riguarda la spesa.

PRESIDENTE. Se siete d'accordo, anziché far rispondere i nostri ospiti adesso in maniera anche un po' affrettata, se fossero disponibili, potremmo richiedere


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un piccolo supplemento di relazione con riferimento alle domande che sono state rivolte.
Vi ringrazio molto anche a nome di tutti i componenti della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 12,30.

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