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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
15.
INDAGINE CONOSCITIVA
1.
Martedì 17 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 12 14 16
Baccini Mario (PdL) ... 16
Borghesi Antonio (IdV) ... 12
Bilardo Salvatore, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni ... 3 16
Causi Marco (PD) ... 14 15
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 12 15
Massicci Francesco, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la spesa sociale ... 9
Simonetti Roberto (LNP) ... 16

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 17 25 26 30
Barisano Cinzia, Consigliere della Corte dei conti ... 28 29
Giampaolino Luigi, Presidente della Corte dei conti ... 17 28 29 30
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 25 27
Meloni Maurizio, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 26 28
Pacifico Luigi, Consigliere della Corte dei conti ... 27

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Corte dei conti ... 31

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Seduta del 17/5/2011


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...
Audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi (Atto n. 339).
Ringraziamo molto il presidente Giampaolino e la delegazione della Corte dei conti che ha voluto partecipare. Il loro contributo è sempre prezioso. Vorremmo poter fare, almeno questa è la mia intenzione, sempre maggior tesoro delle loro osservazioni e dei loro suggerimenti. Vedremo di migliorare anche su questo provvedimento.
Do subito la parola agli auditi.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Ho depositato un elaborato della Corte che mi permetterò di riassumere.
Nell'intenso dibattito sul federalismo fiscale è rimasto in ombra il tema dell'armonizzazione dei princìpi contabili degli schemi di bilancio considerato forse ristretto all'ambito delle mere tecnicalità. Si è in presenza, invece, come è noto, di uno snodo essenziale per il concreto avvio e il consolidamento del federalismo fiscale.
Va osservato, anzitutto, che il processo di armonizzazione non è affatto una novità della recente riforma di contabilità della finanza pubblica inquadrandosi, invece, nella permanente esigenza di normalizzazione dei conti pubblici più volte ribadito sin dalla precedente riforma del 78, che dedicava all'argomento l'articolo 25.
I tentativi effettuati in tal senso nell'arco di oltre un trentennio hanno avuto, come ben noto, scarso successo; tuttavia, l'impostazione originaria appare confermata dalla legge n. 196 del 2009: in un contesto molto diverso, caratterizzato, da un lato, dal sempre più incisivo sviluppo dell'integrazione europea, dall'altro, dalla progressiva attuazione del federalismo fiscale, il principio dell'armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci pubblici conserva pienamente la sua validità sulla base delle linee portanti della riforma, le cui disposizioni, va ricordato, sono qualificante come princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e sono finalizzate alla tutela dell'unità economica della Repubblica italiana ai sensi dell'articolo 120, secondo comma della Costituzione.
Tale impostazione trova ulteriore conferma nell'articolo 42 della riforma novellata dalla recente legge n. 39 del 2011 di adeguamento della disciplina contabile alla nuova governance europea. Nel rivedere la delega non più destinata all'introduzione del bilancio di sola cassa, ma al riordino della gestione e al potenziamento del bilancio di cassa nell'ambito del sistema del doppio bilancio, competenza e cassa che caratterizza il nostro Paese, il legislatore ha disposto tra l'altro la graduale estensione del sistema alle altre amministrazioni pubbliche anche in coerenza con l'armonizzazione del sistema contabile. Tale complessa operazione non è scevra da obiettive difficoltà.


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Problemi si pongono soprattutto con riferimento al comparto regionale in cui, nonostante il modello tendenzialmente già delineato con i decreti legislativi n. 76 del 2000 e n. 170 del 2006, sono presenti sistemi contabili variamente articolati. I predetti decreti legislativi avevano già previsto espressamente una struttura di bilancio parzialmente allineata con i princìpi di riforma del bilancio dello Stato, ma la possibilità, in relazione alle differenti realtà istituzionali, di scegliere tra una struttura del bilancio ispirata a una logica programmatoria e una struttura fondata, invece, su una logica di tipo organizzatorio, ha consentito di effettuare scelte più rispondenti alle esigenze conoscitive di ciascuna regione e meno alle esigenze di normalizzazione.
Attenzione particolare merita, sotto il profilo della tempestività oltre che per i contenuti, l'esigenza di stabilire per le regioni e province ad autonomia differenziata, in conformità con i rispettivi statuti, la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui allo schema del decreto legislativo in questione.
Un'analisi delle principali caratteristiche dei vigenti ordinamenti contabili regionali e delle connesse problematiche sul tema dell'armonizzazione è svolto nell'allegato 1 della documentazione depositata.
Per gli enti locali, a fronte di un unico codificato sistema contabile, la disomogeneità dei dati e la loro difficile raffrontabilità è prodotta, sostanzialmente, dalle differenti modalità di applicazione della classificazione funzionale e dal diversificato ricorso all'esternalizzazione dei servizi.
Al riguardo, apprezzabile appare la previsione di procedure di consolidamento dei bilanci idonee a rendere trasparenti le connessioni tra dati contabili e ambito effettivo della gestione. L'esigenza di confermare l'obbligatoria redazione di un bilancio consolidato va pienamente condivisa pur non sottovalutandosi relative difficoltà anche per le regioni, con particolare riferimento ai raccordi con i bilanci degli enti sanitari.
Sul piano generale appare decisiva la scelta di soluzioni che, da un lato, tengano conto della raccordabilità dei diversi livelli di governo e, dall'altro, facilitino l'allocazione alla gestione delle risorse. In tale contesto assume particolare rilievo il quadro normativo delineato per il settore sanitario che, come è noto, costituisce la quota nettamente prevalente delle risorse gestite in ambito regionale attraverso il ricorso a specifici e diversificati moduli contabili e gestionali.
Sul piano attuativo cruciale rilevanza riveste la copertura dei relativi fabbisogni informatici, che richiede il potenziamento dei sistemi informativi automatizzati da ricondurre, comunque, alla specifica sezione della banca dati unitaria della pubblica amministrazione prevista dalla legge n. 196 del 2009.
Con l'occasione sarebbe anche opportuno che le amministrazioni di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, adottassero un formato elettronico elaborabile nella predisposizione dei bilanci e degli altri documenti contabili previsti dal decreto.
Il punto caratterizzante lo schema del provvedimento in esame, forse di più di quanto si riscontra negli altri decreti delegati già approvati e in corso di definizione, consiste nell'elevazione a livello normativo di princìpi e criteri generali da specificare sul piano della concreta applicazione con successivi provvedimenti. Lo schema di decreto, pertanto, è finalizzato a stabilire una cornice complessiva di riferimento dei princìpi contabili generali per regioni, province autonome ed enti locali (Titolo I), nonché per il settore sanitario (Titolo II).
Tra i princìpi o postulati specificamente analizzati nel riquadro 1 del documento depositato, e che mi permetto di segnalare all'attenzione della Commissione, spicca per effetti e rilevanza, quello relativo alla competenza finanziaria, strumento innovativo cruciale per la stessa credibilità dei conti degli enti territoriali e per la salvaguardia dei loro equilibri di bilancio nel tempo.
Si tratta di un criterio oggi solo in parte operante nell'ambito della contabilità regionale che, ove coerentemente recepito, potrebbe migliorare la rappresentatività


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dei documenti contabili dell'intera platea di regioni, province e comuni necessaria anche per garantire l'attuazione del Patto di stabilità interno.
Il principio di competenza finanziaria, come delineato nell'allegato 1, mal si concilia, però, con la nozione di competenza giuridica che resta la base della legge n. 196 del 2009. Su tale problematica va posta una particolare attenzione. Al fine di consentire il consolidamento e il monitoraggio dei conti pubblici e la raccordabilità con il sistema dei conti nazionali potrebbe svolgere un importante ruolo l'effettiva adozione di un comune piano dei conti integrato e omogeneo con quello previsto dalla legge n. 196 del 2009 per le amministrazioni diverse da regioni ed enti territoriali.
L'effettiva rispondenza del nuovo assetto contabile alle esigenze conoscitive della finanza pubblica sarà sottoposto, come è noto, a verifica attraverso un biennio di sperimentazione per le disposizioni del Titolo I. Solo all'esito della sperimentazione, come vi è altresì ben noto, saranno definiti i princìpi contabili applicati di cui all'articolo 3.
Va rivista, invece, l'ulteriore apposita sperimentazione da condurre sulla base di quella previamente realizzata per il bilancio dello Stato relativa alla graduale estensione del bilancio di sola cassa alle amministrazioni territoriali. La relativa prescrizione contenuta nell'articolo 2, comma 4, deve intendersi, infatti, caducata per effetto dell'intervenuta conferma a opera della recente legge di adeguamento della riforma contabile nuovi vincoli europei del doppio bilancio di competenza e di cassa, quest'ultimo da potenziare.
Nondimeno, l'estensione del doppio bilancio al comparto degli enti locali comporterà significativi problemi in ordine sia al processo di programmazione della spesa sia, in particolare, agli assetti organizzativi e agli schemi operativi, nonché un rilevante impatto sui rispettivi sistemi informativi.
Va da sé che il processo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali nel rispetto della loro autonomia sancita a livello costituzionale deve tener conto del parallelo iter previsto per le altre amministrazioni pubbliche la cui delega, originariamente prevista entro il 2010 e prorogata al maggio 2011, non è stata ancora esercitata.
Il funzionamento ordinato dei meccanismi di coordinamento richiede, infatti, l'uniformità dei sistemi contabili di tutti i livelli di governo. Non a caso, comunque, l'articolo 2, comma 7, della legge n. 196 dispone che il previsto Comitato per i princìpi contabili agisca in reciproco raccordo con la Commissione paritetica per il federalismo fiscale con lo scambio di tutte le risultanze relative all'armonizzazione dei bilanci pubblici.
Il decreto in esame, dopo i reiterati tentativi esperiti con scarso successo nell'ultimo decennio, costituisce pertanto l'occasione per avviare un'effettiva normalizzazione dei bilanci delle regioni e degli enti locali e, più in generale, una convergenza con l'impostazione del bilancio dello Stato.
In tale ottica, specifica attenzione va posta alla classificazione per missioni e programmi, per la quale emerge il problema di una non facile esportazione al mondo delle autonomie locali, se è consentito parlare di esportazione, evitando il rischio di una perdita delle informazioni assicurate dalle attuali classificazioni.
Con riguardo all'armonizzazione dei sistemi contabili degli enti territoriali, è noto che la recente riforma della contabilità della finanza pubblica ha inteso, in primo luogo, pervenire alla complessiva armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci dell'intero settore delle Amministrazioni pubbliche secondo la definizione accolta in sede di Unione europea. Per raggiungere tale obiettivo il legislatore ha opportunamente favorito lo strumento della delega in relazione alla complessità della materia individuando princìpi e criteri direttivi uniformi alla base di due distinte deleghe, una inserita nella medesima legge di riforma per gli enti pubblici diversi dallo Stato, l'altra inserendo nel corpo legislativo del federalismo fiscale,


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già varato in precedenza, medesimi princìpi e criteri direttivi per gli enti territoriali.
Lo schema di decreto legislativo al vostro esame riguarda questi ultimi ed è inteso a soddisfare l'esigenza imprescindibile di dati di bilancio omogenei e confrontabili per il consolidamento dei conti delle pubbliche amministrazioni e per le informazioni connesse con l'attuazione del federalismo fiscale. Esso è finalizzato a dare attuazione all'articolo 2, lettera h), della legge n. 42, con modificato e integrato dalla richiamata legge n. 196.
Occorre, in via preliminare, sottolineare l'importanza di una puntuale e adeguata attuazione del comma 7 dell'articolo 2 della legge di riforma contabile, che espressamente prescrive il preciso raccordo tra il Comitato dei princìpi contabili, cui è demandata la definizione di un decreto di armonizzazione approvato di recente in via preliminare dal Consiglio dei ministri per gli altri enti pubblici, e la Commissione paritetica del federalismo fiscale.
Tralascio di ricordare qui i princìpi e i criteri direttivi della delega, sostanzialmente identici a quelli posti a base della corrispondente delega prevista dalla riforma contabile per gli enti pubblici e per i quali rinvio al documento depositato.
Un aspetto sul quale, invece, vorrei richiamare l'attenzione è il complesso dei princìpi e dei criteri di carattere generale che formano oggetto di diretta statuizione del provvedimento. Trattasi di un insieme abbastanza circoscritto di definizioni consolidate di regole contabili contenuto nell'allegato 1 dello schema di decreto che individua 18 princìpi generali o postulati. Nel loro ambito si ritrovano definizioni di grande rilevanza ai fini dell'armonizzazione contabile, come quello di cui ho già detto attinente alla competenza finanziaria (n. 16), il cui effettivo recepimento in ambito territoriale dovrebbe risolvere anche antiche problematiche di incoerenza applicativa del medesimo fenomeno contabile, come l'impegno, tra i diversi comparti interessati.
Tuttavia, proprio la formulazione di tale fondamentale principio suscita forti riserve nella parte in cui dispone che «tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate, attive e passive, che danno luogo a entrate e spese per l'ente, sono registrate nelle relative scritture contabili imputabili all'esercizio in cui l'obbligazione viene a scadenza». Quest'ultima imputazione, infatti, non può che essere riferita all'erogazione o all'incasso dei mezzi finanziari della cassa, a nulla rilevando sotto il profilo della competenza giuridica, che rimane incisa nel momento in cui si perfeziona l'obbligazione sottostante per il suo intero importo.
L'incoerenza appare tanto più rilevante ove si consideri il principio contabile generale n. 22 dello schema di decreto legislativo concernente l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio nella formulazione risultante dall'articolo 1 del testo varato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, che invece conforma la consolidata definizione della competenza finanziaria voluta dal legislatore della riforma per il bilancio dello Stato. Trattasi, pertanto, di problematica di decisiva rilevanza per la buona riuscita dell'intero processo di armonizzazione.
Ai princìpi generali individuati nell'allegato 1 dello schema dovrà coerentemente adeguarsi il successivo processo normativo demandato agli altri decreti legislativi e ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri relativi alla sperimentazione. In proposito suscita perplessità l'inciso contenuto nell'articolo 35, comma 2, che autorizza modalità della sperimentazione «anche in deroga alla vigente disposizione contabile». Appare singolare, in verità, che questi fondamentali adempimenti, necessariamente destinati a condizionare l'intero processo di armonizzazione, possano derogare alle discipline contabili vigenti, comprese quelle introdotte con il provvedimento in esame, che si sostanziano in definitiva in princìpi generalmente condivisi e di comune esperienza.
Si ritiene, pertanto, necessario eliminare l'inciso; ove, comunque, si volesse


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dare maggiore contenuto alla sperimentazione derogando alla sola normativa precedente, la formulazione andrebbe coerentemente modificata o attenuata.
Nell'ambito dei successivi decreti legislativi particolare attenzione va dedicata ai princìpi e alle regole di consolidamento dei bilanci delle amministrazioni pubbliche locali al fine di tener conto in maniera adeguata delle loro caratteristiche specifiche e dell'ampia variabilità dimensionale delle loro realtà amministrative.
Altro profilo di rilievo concerne l'interrelazione dell'unità di voto per l'approvazione dei bilanci e di previsione degli enti territoriali, esclusi gli organismi del servizio sanitario nazionale. L'articolo 13, comma 2, dello schema di decreto in esame descrive tale unità «almeno» a livello di programma, con ciò introducendo la facoltà di approvazione di un livello autorizzatorio diverso e presumibilmente di articolazione inferiore, quale ad esempio il macroaggregato, ovvero il capitolo, dovendosi ragionevolmente escludere che l'avverbio possa intendersi addirittura riferito alla possibilità di approvazione di unità di voto di livello superiore, quale la missione.
Ciò non può non implicare, ad avviso della Corte, un rilevante elemento di incoerenza con il disegno complessivo di armonizzazione contabile voluto dal legislatore della riforma aprendo la porta a livelli autorizzatori non omogenei in palese violazione del criterio direttivo relativo alle regole contabili uniformi con conseguenti difficoltà gestionali e con evidenti riflessi sulla flessibilità gestionale di cui al successivo articolo 16 che autorizza variazioni compensative interne a ciascun programma. Le considerazioni precedenti fanno emergere univocamente l'esigenza di eliminare il predetto avverbio.
Qualche perplessità suscita, altresì, la formulazione delle disposizioni sulle modalità di codificazione delle transazioni elementari nella parte in cui si prevede che tale codifica debba avvenire «evitando l'applicazione del criterio della prevalenza, l'imputazione alle partite di giro o ai servizi per conto terzi e l'assunzione di impegni sui fondi di riserva». Si ritiene che la validità della norma, l'omogeneità dei bilanci pubblici possa essere meglio perseguita con una maggiore efficacia coercitiva senza dare l'impressione di lasciare all'amministrazione margini sia pure limitati di discrezionalità. Ciò potrebbe avvenire introducendo, ad esempio, un espresso divieto delle indicate operazioni.
L'articolazione della spesa per missioni e programmi disciplinata agli articoli 12 e 13 risponde sicuramente al perseguimento dell'obiettivo di comparabilità e monitoraggio delle informazioni contabili a garanzia della trasparenza del sistema nel suo complesso. La ratio legis muove dalla corresponsabilità di tutte le amministrazioni che compongono il sistema di finanza pubblica verso obiettivi condivisi nel rispetto dei vincoli europei che implica un decentramento costruito nell'ottica della convergenza dei comportamenti dei soggetti interessati.
Con lo Stato unico responsabile nei confronti delle istituzioni comunitarie, il principio dell'unitarietà costituisce la base delle norme di coordinamento di finanza pubblica e dell'armonizzazione dei sistemi contabili finalizzata a una lettura trasversale e trasparente. In tale ambito, tuttavia, appare necessario impedire che la rilevanza delle decisioni dell'amministratore locale e delle scelte gestionali della relativa dirigenza sia ristretta in ambiti marginali tali da comportare il rischio della perdita e della riduzione del bagaglio informativo oggi disponibile nel sistema di bilancio locale.
In altri termini, la scelta del livello di omogeneizzazione e del grado di rilevanza dell'informazione non può consentire che l'ottica macro offuschi l'ottica micro pur rilevante del singolo ente locale, ove si allocano le scelte concrete sui servizi al cittadino, ma rivitalizzarla e renderla più funzionale alla gestione dei servizi.
A tali linee direttrici occorre, pertanto, ispirare l'ulteriore attività normativa demandata ai successivi decreti legislativi anche con riguardo all'effettiva individuazione dell'articolazione e dell'emissione dei programmi di cui all'articolo 35, comma 4.


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Una riflessione andrebbe effettuata sulla corrispondenza tra programma e centro di responsabilità amministrativa. È noto che l'analoga disposizione della riforma non ha ancora trovato piena applicazione del bilancio dello Stato, nel quale permangono tuttora numerosi programmi condivisi da più centri di responsabilità, a volte di dicasteri diversi. Le obiettive difficoltà di ottimale raccordo tra attività e organizzazione alla base di tale situazione inducono a ritenere che nel comparto degli enti territoriali caratterizzati singolarmente da ampia variabilità dimensionale e, comunque, con strutture amministrative ben più piccole, gli ostacoli per la concreta realizzazione della norma possano rivelarsi di portata di gran lunga maggiore.
Ferme restanti le considerazioni più volte espresse dalla Corte sull'esigenza di ulteriori approfondimenti in materia, sembra emergere l'opportunità di un ripensamento della norma in discorso in modo da non escludere la possibilità di affidare la realizzazione di ciascun programma a più centri di responsabilità, lasciando all'ente la definizione del necessario coordinamento.
Con riferimento alle entrate, qualche perplessità suscita la prevista distinzione nell'ambito delle tipologie delle quote di natura non ricorrente. La riforma contabile, punto di riferimento prioritario, individua, invece, le entrante ricorrenti e non ricorrenti come autonomo livello classificatorio nell'ambito dei titoli con un rilievo, quindi, ben più elevato, articolo 25, comma 1, lettera b), della legge n. 196.
Analogamente, lo schema inserisce le «tipologie» unità di voto nell'ambito delle «categorie», mentre la riforma contabile dispone le categorie come articolazione delle tipologie in maniera inversa. Anche in tale caso si pone l'esigenza, ad avviso della Corte, di ricondurre alla norma nelle linee di un puntuale adeguamento alla disciplina contabile voluta dal legislatore della riforma onde assicurare un'effettiva armonizzazione.
Attenzione merita anche l'ampiezza della flessibilità gestionale prevista per gli enti territoriali nello schema in esame. L'articolo 16 consente, infatti, nel corso della gestione, variazioni compensative degli stanziamenti sia a livello di missioni sia di programma, ma limitatamente a quelle «conseguenti a provvedimenti di trasferimento del personale all'interno delle altre amministrazioni»), oltre alle variazioni, da ritenere altrettanto compensative, di stanziamenti interni a ciascun programma, escludendo l'utilizzo del conto capitale per finanziare spese correnti.
È noto che la legge di riforma di contabilità della finanza pubblica pone alla flessibilità gestionale del bilancio dello Stato diversi confini: viene affidata alle amministrazioni la possibilità di variazioni compensative nell'ambito di ciascun programma o tra programmi della stessa missione da proporre in sede di assestamento del bilancio, ovvero con atti amministrativi limitatamente alla sola componente di spese rimodulabili per adeguamento del fabbisogno all'interno del programma.
Tali variazioni possono coinvolgere anche autorizzazioni legislative inserite tra le spese rimodulabili rispettando i divieti di trasferimento dal conto capitale alla parte corrente e senza incidere sugli oneri inderogabili per loro natura non rimodulabili. La flessibilità del bilancio è stata ulteriormente ampliata in via temporanea, limitatamente al triennio 2011-2013, con la recente manovra correttiva dei conti pubblici, estendendola alle missioni in deroga alla riforma contabile.
Appare evidente che i confini della flessibilità gestionale proposta per gli enti territoriali nello schema in esame si manifestano, da un lato, più ampi tutti quelli risultanti dalla riforma contabile, recependo in via permanente l'estensione alle missioni, autorizzata solo temporaneamente per il bilancio dello Stato, dall'altro, si presentano con contenuti più ristretti di quelli concessi dalla riforma in quanto limitati esclusivamente alle spese connesse con i trasferimenti interni del personale.
La Corte auspica in proposito adeguati approfondimenti nella direzione di assicurare un'effettiva armonizzazione anche


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sotto tale profilo mediante un concreto e puntuale allineamento della disciplina delegata per gli enti territoriali a quella definita per il bilancio statale.
Sulla tempistica di approvazione dei bilanci previsto dall'articolo 18 va sono osservato che resta non superata l'attuale coincidenza del termine di approvazione dei bilanci preventivi delle regioni e degli enti locali con il termine previsto per l'approvazione parlamentare delle leggi di stabilità e di bilancio dello Stato. Da questa intuizione dipende, sostanzialmente, la definizione dei mezzi finanziari disponibili. Trattasi, come è noto, di una problematica di lungo tempo, i cui riflessi inducono spesso a inevitabili slittamenti temporali di una fondamentale fase del processo programmatorio degli enti interessati.
Non si è, peraltro, colta l'occasione della recente modifica della riforma contabile per approfondire la possibilità di anticipare la conclusione della sessione di bilancio presso le Assemblee legislative, in tal modo dando concreto contenuto al termine predetto, assicurando agli enti interessati la disponibilità degli indispensabili tempi tecnici.
Tale proposta sarebbe stata pienamente compatibile con il disegno federalista, in cui la maggiore autonomia finanziaria degli enti territoriali deve a pieno titolo inserirsi nel complesso processo programmatorio condiviso e coordinato tra i diversi livelli di governo della finanza pubblica.
Con riguardo, infine, all'armonizzazione dei sistemi contabili nel settore sanitario di cui al Titolo 2, le esigenze qui del coordinamento finanziario riveste una specifica configurazione e declinazione operativa. Va, infatti, sottolineata la peculiarità del settore sanitario nei generali processi di armonizzazione considerando, da un lato, l'attuale diversificata situazione della legislazione contabile regionale e, dall'altro, l'operatività della modellistica di rilevazione del conto economico e dello stato patrimoniale, utilizzati per adempiere all'obbligo delle comunicazioni al Ministero della salute.
Si avvia ora una stagione di ricognizione delle normative contabili anche attraverso l'individuazione di princìpi applicativi condivisi e uniformi la cui finalità resta il superamento delle difficoltà sinora rilevate.
In questo quadro l'impianto e la metodologia dello schema legislativo appaiano in linea di massima condivisibili.
Così, con riguardo alla definizione di un sistema di princìpi contabili e l'adozione di un modello di bilancio uniforme un deciso passo in avanti, rilevante anche ai fini della confrontabilità dei fatti gestionali rilevati dagli enti del Servizio sanitario nazionale in sede di monitoraggio dei conti sanitari, si riconduce all'espresso richiamo agli articoli del codice civile in materia di bilancio delle società di capitale (articolo 28), nonché alla definizione di alcuni princìpi di valutazione univoci per lo specifico settore (articolo 29), per le presenze di voci tipiche del servizio sanitario pubblico. Va al riguardo particolarmente apprezzata l'introduzione di una cornice normativa coordinata e organica su base nazionale, indispensabile per superare l'attuale disomogeneità dei criteri di valutazione che, introdotti nel tempo dalla non uniforme legislazione regionale, non ha finora consentito una coerente e trasparente comparazione.
Nell'ambito di tali princìpi, nel sottolineare il tentativo di adeguare la correlazione tra fonti e impieghi, si rileva sul piano tecnico-contabile la non rigida coerenza con le disposizioni civilistiche di alcuni princìpi di valutazioni con riferimento, in particolare, alla disposizione che prevede per i cespiti acquistati utilizzando i contributi in conto esercizio la completa ammortizzabilità dell'esercizio di acquisizione. Tale disposizione, se coerente con la necessità di evitare ulteriori perdite di esercizio, va peraltro contemperata con l'autonomia di gestione riconosciuta alle aziende sanitarie.
Sempre nell'ottica di garantire l'omogeneità delle modalità di rilevazione dei fatti gestionali, il decreto legislativo prevede, agli articoli da 26 a 28, uno schema


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comune per il bilancio preventivo e il bilancio di esercizio e un contenuto minimo del piano dei conti stabilendo che ciascuna voce dello stesso debba trovare corrispondenza con ogni singola voce degli attuali modelli di rilevazione ministeriale, modelli che, in ogni caso, devono essere contenuti nella nota integrativa sia per l'esercizio di chiusura sia per l'esercizio precedente.
Sul punto, anche alla luce di tale ultima disposizione, si rileva l'opportunità di denunciare non un ulteriore schema di bilancio, come previsto dall'allegato 2/1, ma di adottare i modelli CE e SP di rilevazione previsti con decreto del Ministero della salute del 30 dicembre 2007, modelli che già presentano spiccate caratteristiche di uniformità e di omogeneità. Si potrebbe, in alternativa, elaborare, partendo dalla classificazione delle voci previste nel modello del Ministero della salute CE e SP costituite dalle macro voci di tali modelli, definendo in tal modo uno strumento unico per diversi fini sia nell'ottica di evitare duplicazioni di informazioni e/o perdita di dati, sia per non gravare eccessivamente i soggetti tenuti alla compilazione dei vari modelli e schemi.
In riferimento al modello previsto nell'allegato 1 del decreto legislativo si evidenzia, inoltre, da un lato, la non coincidenza delle classificazioni delle macrovoci del CE con quelle delle macrovoci individuate nel modello CE approvato con il citato decreto ministeriale del 2007 e, dall'altro, la mancanza di specifiche e indispensabili linee guida che indicano le corrispondenze tra le voci del decreto ministeriale del 30 dicembre 2007 e il modello CE del decreto legislativo all'esame.
Altra problematica cui risponde il decreto legislativo all'esame concerne la riconciliazione della contabilità degli enti sanitari con quelli delle regioni, criticità sinora accentuata dalla mancanza di un autonomo bilancio per quella parte delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale gestito direttamente dalle regioni nonché dalla difficoltà di predisporre un vero e proprio consolidamento regionale dei bilanci aziendali.
Di particolare rilievo appare, pertanto, la previsione dell'obbligo per le regioni che esercitano la scelta di gestire direttamente una quota di finanziamento del servizio sanitario nazionale di individuare uno specifico centro di responsabilità deputato alla tenuta di una contabilità di tipo economico-patrimoniale. Questa innovazione assicura che i fondi del servizio sanitario nazionale non vengono distorti dall'essere destinati ad altre finalità, consente un'applicazione più rigorosa di detta gestione del principio di competenza, rappresenta, infine, uno strumento necessario per predisporre un effettivo bilancio consolidato degli enti territoriali del Servizio sanitario nazionale.
In realtà, l'utilità della nuova normativa si palesa per lo più solo con riferimento alle gestioni dirette. Ove restasse confermato il più ampio ambito applicativo sopra evidenziato, gli obblighi imposti dalla nuova normativa e, in particolare, i costi connessi all'implementazione dei sistemi contabili e delle previste forme di controllo connesse alle gestioni accentrate, potrebbero indurre le regioni a mantenere queste ultime solo se di rilevante entità.
Si rileva, inoltre, che l'individuazione di un responsabile della gestione accentrata presso la regione con compiti attualmente di mero rilievo contabile, ma in prospettiva con funzioni anche gestionali, presuppone una più dettagliata disciplina che ne definisca in maniera omogenea le specifiche competenze e, soprattutto, le responsabilità.
Relativamente alle problematiche di consolidamento, il decreto legislativo introduce espressamente l'obbligo di redigere un bilancio preventivo e un bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario nazionale. Quanto alla disciplina, la gestione sanitaria accentrata presso la regione predispone e sottopone all'approvazione della giunta regionale sia il bilancio preventivo economico consolidato sia il bilancio di esercizio consolidato, per la cui


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redazione si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 127 del 1991, salvo specifiche disposizioni.
Con riferimento, infine, alle società partecipate dagli enti del Servizio sanitario nazionale escluse in prima applicazione dal consolidamento di cui all'articolo 32, può ritenersi che, alla luce delle finalità di indicare princìpi di valutazione univoci per lo specifico settore, tra le varie opzioni che potrebbero legittimamente scegliersi per non perdere del tutto le informazioni sull'eventuale incidenza sulle gestioni delle partecipazioni, si potrebbe prevedere di utilizzare il criterio della valutazione delle società partecipate a patrimonio netto, quanto meno nelle more dell'adozione del DPCM, previsto nel richiamato articolo 32.
Un ulteriore aspetto di rilievo, strettamente connesso con l'esigenza di garantire trasparenza e confrontabilità delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, si riconduce agli strumenti necessari per consentire il raccordo dei conti economici delle aziende con quelli delle regioni cui esse fanno capo. Al riguardo, uno snodo fondamentale può rintracciarsi nella valorizzazione, accanto al bilancio preventivo economico e al bilancio di esercizio, del rendiconto finanziario, cui ora anche le singole aziende sono tenute.
In questa prospettiva bisogna ponderare positivamente anche l'attenzione dedicata al settore in riferimento ai necessari raccordi con l'articolazione della spesa delle missioni e dei programmi e con la classificazione COFOG utilizzata per i conti nazionali.
Se, dunque, appare di massima condivisibile la complessiva impostazione sottesa al Titolo II dello schema in esame, non va trascurato il rilievo di un'analisi dell'impatto della nuova normativa a livello delle diverse realtà regionali e delle diversificate strutture operative.
Un'esigenza di costante monitoraggio della qualità dei relativi dati contabili e gestionali e delle procedure sottostanti anche in relazione all'attuazione del federalismo fiscale è stata esplicitamente presa in considerazione dall'Intesa Stato-regioni del 3 dicembre 2009. Tale funzione di monitoraggio, che pone in evidenza il dimensionamento dei profili contabili con le esigenze di informazione e controllo della spesa, sollecita per questi aspetti l'attenzione dei controlli interni anche nel raccordo con quelli esterni.
In relazione ai controlli interni, una volta definito un corpo di princìpi contabili riconosciuti e riconoscibili, un tema rimasto aperto attiene all'individuazione di standard di controllo concernenti gli obiettivi da perseguire e le procedure minime da attivare.
In relazione ai controlli esterni, resta centrale il ruolo svolto dalla Corte, il cui spessore deriva dalla stessa articolazione su base centrale e territoriale che consente l'esame di differenziate realtà amministrative assicurandone, allo stesso tempo, un'unitaria ricomposizione. Tale rilevanza potrebbe risultare ulteriormente rafforzata da una nuova normativa di uniforme certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie, suscettibile di offrire nuove opportunità di analisi anche in sede di esercizio delle funzioni di controllo svolto in attuazione dell'articolo 1, comma 170, della legge n. 266.
In tale ambito, di cui si riporta in allegato una sintesi delle criticità emerse nel corso delle verifiche effettuate dalle Sezioni regionali di controllo della Corte negli anni 2009 e 2010 con indicazione delle deliberazioni di riferimento, sono state evidenziate alcune tra le cause più ricorrenti di rischio e di anomalie contabili e gestionali, richiamando tanto gli enti quanto gli organi di controllo sulla necessità che i dati comunicati siano sempre attendibili e conformi alle risultanze delle scritture contabili.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Giampaolino.
Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LINDA LANZILLOTTA. Ringrazio il presidente della Corte dei conti perché ci


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ha fornito un'analisi ricca di indicazioni correttive o integrative del testo. Vorrei chiedere alcuni chiarimenti e porre alcuni quesiti.
Mi soffermerei, innanzitutto, sulla materia del consolidamento, sia per quanto riguarda le società e gli enti partecipati degli enti locali, sia per quanto riguarda gli enti del settore sanitario. Nella prima parte del testo anche la Corte, valutando positivamente, avverte la delicatezza dell'impatto potenziale. È chiaro, infatti, che abbiamo un sistema che ha fin qui un po' protetto dalla visibilità dell'effettivo stato dei conti a livello regionale e locale attraverso il meccanismo del trasferimento di costi e perdite e debito su altri soggetti: vorrei capire cosa può determinare questa emersione in termini di gestione degli equilibri di bilancio e se, quindi, si ritiene che debba essere in qualche modo governato con qualche regola l'impatto del consolidamento.
Il secondo quesito riguarda un richiamo all'opportunità di un piano generale dei conti. Vorrei capire meglio se si riferisce a strumenti come quelli introdotti di recente in Francia e Spagna, il plan comptable général, e quindi quale strumento in particolare ha in mente la Corte.
Il passaggio dalla competenza giuridica alla competenza finanziaria che significato ha, poi, rispetto alle regole di copertura finanziaria? Non mi è chiaro che impatto ha sulla decisione legislativa e sulle regole di copertura.
Vorrei, inoltre, sapere se la Corte ritiene che la Ragioneria non possa essere la sede per disciplinare la rappresentazione contabile dei derivati e delle garanzie che a oggi sono ancora molto carenti sul piano della rappresentazione contabile.
Questo tipo di strumentazione contabile può offrire una base conoscitiva sufficiente per tutta la gestione del processo federalista basato su costi e fabbisogni standard? Dall'applicazione di questi meccanismi e di questi strumenti di organizzazione contabile della spesa, delle entrate e della gestione al sistema si offrono degli elementi di leggibilità sulla base dei parametri che gli altri decreti legislativi e la legge sottendono?
Non vorrei dilungarmi, ma i quesiti sono molti. La Corte ritiene giuridicamente necessaria l'esclusione dell'applicabilità di queste norme alle regioni e le province a statuto speciale? Oppure, in base al combinato disposto del Titolo V e della legge n. 42, le ritiene assolutamente compatibili alla luce dell'opportuno richiamo dell'articolo 117 della Costituzione?
Infine, questa Commissione si pone un ulteriore domanda anche in vista dei futuri decreti: in che misura questi strumenti e anche i sistemi di controllo interno o i sistemi di certificazione possono essere utili come base per l'introduzione dei meccanismi di premi e sanzioni e comunque utili ai fini della redazione di una certificazione di fine mandato? Chi dovrebbe essere il soggetto a cui affidare questa funzione indipendente e terza rispetto agli organi politici?

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

MAURIZIO MELONI, Presidente di sezione della Corte dei conti. I controlli interni possono essere utili ai fini anche del successivo decreto legislativo che si adotterà per le misure sanzionatorie o per basi premiali. Siamo assertori del fatto che i controlli interni devono essere molto forti e la Corte, come titolare della funzione di controllo esterno, dovrebbe avere questa prerogativa, cioè la Corte come sede di appello anche per i controlli interni. Più la Corte ha gli occhi attenti sui controlli interni, più questi possono essere utili anche ai fini specifici dell'adozione delle misure premiali e sanzionatorie. Per noi è molto importante.
L'attività di certificazione può formalmente essere sancita in senso tecnico, come oggi si fa capo alle società di revisione per le società quotate: in questo provvedimento, quando si parla certificazioni, siamo ancora in termini leggermente più sfumati.


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Sul piano generale dei conti, in riferimento alle esperienze estere, la Corte non ha fatto precisazioni, ma soltanto un accenno. Certo, la validità dell'esperienza francese è ben nota alla Corte, per cui questo riferimento può essere in certo senso consolidato.
Quanto alla possibilità che ciò che è inserito nel decreto sia utile per un'efficace attuazione del sistema federalista, diamo un giudizio di massima positivo sullo strumento adottato, anche se ci sono non solo dei caveat, ma dei suggerimenti precisi anche sul piano testuale, alcuni avverbi non vanno bene, alcuni riferimenti anche. Credo che questa volta la Corte abbia fatto un passo in avanti, suggerendo alla specifica attenzione del presidente della Commissione e di tutti i componenti e anche della componente tecnica della Commissione che questi suggerimenti sono tali che dovrebbero essere recepiti anche sul piano «pratico» dell'adozione del parere, naturalmente col massimo rispetto della sovranità della sede parlamentare.
Sul consolidamento, se il presidente lo consente, darei la parola al consigliere Pacifico.

LUIGI PACIFICO, Consigliere della Corte dei conti. La domanda sul consolidamento, se ho ben capito, riguarda la possibilità di governarlo in funzione di qualche obiettivo di carattere generale. A nostro avviso, il consolidamento dovrebbe essere in grado, anzitutto, di far emergere la situazione reale. Tutto ciò che proverrà, infatti, dalla conoscenza, dalle informazioni relative alla situazione reale dei settori consolidati, servirà ad assumere opportuni provvedimenti nelle sedi competenti: quindi non può che essere governato da regole precise.
Nel campo sanitario, ad esempio, l'aver elevato finalmente a princìpi di carattere normativo i princìpi del codice civile, operazione del decreto legislativo, è senz'altro un passo avanti, con tutti gli accorgimenti che un'applicazione del genere deve portare nelle successive fasi.
Non dimentichiamo che ciascun principio attualmente dà la possibilità di essere interpretato anche in maniera a volte divergente dal singolo applicatore, per cui deve esserci un costante monitoraggio anche da parte della Corte dei conti nell'esplicazione delle sue funzioni sull'applicazione concreta di questi princìpi di carattere generale nelle fattispecie dei bilanci dei singoli enti sanitari o delle singole regioni.
Quanto ai problemi che possono sorgere dall'applicazione del principio di «competenza finanziaria» o di «competenza giuridica», come è riconosciuto nel settore del bilancio dello Stato, credo che, con riguardo alla copertura, in particolare, non possa che essere preferito il principio stabilito dalla legge n. 196 per il bilancio dello Stato. Si tratta, infatti, di un principio chiaro che mette sotto esigenza di copertura gli oneri assunti per l'intero importo nel momento in cui si ha la costituzione dell'obbligazione giuridicamente perfezionata.
L'applicabilità del principio della competenza finanziaria quale proposta nello schema di decreto legislativo in esame non può che portare a qualche riflesso di carattere negativo a proposito della copertura per il semplice fatto che, qualora si ritenesse di coprire esclusivamente gli oneri che vengono a scadere nell'esercizio considerato, si avrà un'assunzione di obbligazione giuridicamente perfezionata per l'intero importo da parte dell'ente con possibilità di copertura cosiddetta a rate con riguardo alle scadenze, e quindi all'imputazione ai singoli esercizi.

LINDA LANZILLOTTA. Capisco la necessità della rappresentazione di finanza pubblica, ma dal punto di vista di un ente locale, se si assume un'obbligazione per il finanziamento di un'opera, potrebbe esserci il rischio di tante opere incompiute. In realtà, infatti, non c'è una copertura per l'intero importo dell'opera. Faccio presenti queste riflessioni per capire se non anche qui non si debba o non si possa avere un doppio regime. Mi rendo conto che la rappresentazione in bilancio di questa massa spendibile che ci penalizza anche in termini Eurostat non va bene,


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però mi domando anche come si possa mantenere una regola che faccia sì che, nel momento dell'assunzione di impegno giuridico, sia verificata la sostenibilità finanziaria dell'intera spesa nell'arco pluriennale. Il rischio è che si faccia la copertura in termini di competenza finanziaria sull'esercizio in cui si assume l'obbligazione, dopo due anni non ci siano più i soldi e si lasci tutto a metà. Non so come si risolva in altri ordinamenti, ma sicuramente, siccome noi siamo un po' condizionati dal breve termine, bisogna cercare di evitare le implicazioni negative di questo meccanismo.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Sull'esempio specifico che ha fatto lei, in certo senso si è operata a valle, nel senso che si è costruita la figura del lotto costruttivo: nasce proprio da questa peculiarità, da questo che è un difetto, cioè di prevedere solo un finanziamento limitato.
Approfitterei della competenza del collega Pacifico circa le implicazioni della distinzione tra la competenza finanziaria e la competenza giuridica sulla quale era richiamata l'attenzione.
È tenuta in grande considerazione dalla Corte la sua ulteriore domanda sul processo di consolidamento, sui suoi effetti e sulla possibilità di essere governato con maggiore adeguatezza: questo è uno dei problemi che la Corte si è posto, specie con riferimento agli enti locali. Se vuole, appunto, ci si può fare qualche ulteriore e più specifico riferimento.
Vorrei anche fare due brevi considerazioni. Una riguarda la necessità o meno della rappresentazione contabile in documenti di questa specie che hanno carattere più generale di armonizzazione del fenomeno dei derivati: certo, l'occasione sarebbe propizia, ma a questo punto non so se sia un bene che fattispecie così particolari, che hanno connotazioni patologiche, siano inserite in un provvedimento che, invece, ha una funzione di armonizzazione. Questa è una scelta discrezionale. È una fattispecie singola più che una necessità di un'armonizzazione dei bilanci generali. In ogni caso, nulla toglie che si possa fare.
Non le sarà sfuggito, a proposito della competenza finanziaria e giuridica, il notevole rilievo di questa normativizzazione dei princìpi contabili sia nei confronti dei rapporti tra il legislatore nazionale e il legislatore regionale o il decisore in altra sede, sia per la valenza specifica, puntuale che questi princìpi possono avere anche su singole fattispecie. Questo è un aspetto che la Corte ha particolarmente esaminato e apprezzato, e la carica di notevoli incombenze, ultima proprio quella a cui lei faceva riferimento della certificazione.

MAURIZIO MELONI, Presidente di sezione della Corte dei conti. L'onorevole Lanzillotta parlava di regioni e province ad autonomie differenziate nel novero dei quesiti: a pagina 4 diciamo che «attenzione particolare merita, sotto il profilo della tempestività, oltre che per i contenuti - credo l'espressione sia molto significativa - l'esigenza di stabilire per le regioni le province ad autonomie differenziate, in conformità con i rispettivi statuti, decorrenze e modalità di applicazione».
In sostanza, il 35-bis a nostro avviso potrebbe essere una sorta di clausola di stile, mentre la Corte puntualizza a pagina 4 che è serve tempestività per adottare ciò che è necessario. È un tema ricorrente. Anche in altre occasioni abbiamo visto che per le regioni ad autonomie speciali esiste questo rinvio, probabilmente connotato anche da problemi di carattere più squisitamente politici piuttosto che tecnici.

CINZIA BARISANO, Consigliere della Corte dei conti. L'argomento richiamato dall'onorevole Lanzillotta al bilancio consolidato è una crucialità rilevante che la Corte tiene sotto attenzione da parecchio tempo, soprattutto con riferimento agli organismi partecipati degli enti locali, che costituiscono un settore estremamente delicato per l'effetto finanziario che producono sui bilanci degli enti locali sotto vari profili.
Il primo è quello contabile. I flussi finanziari, infatti, che intercorrono a vario


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titolo tra enti locali e organismi partecipati sono rilevati in maniera spesso non molto trasparente e non omogenea all'interno dei bilanci degli enti locali, per cui il primo problema è dato proprio dalla rilevazione contabile omogenea. Un interesse particolare per l'uniformità di allocazione contabile è già, quindi, un primo traguardo da raggiungere. Per passi successivi si arriverà necessariamente al consolidamento, che comunque è un processo, anche a giudizio della Corte, lungo e articolato proprio per la difformità dei sistemi contabili.
La prima e più rilevante difformità è quella che attiene allo schema di bilancio tipico dell'ente locale, che è finanziario: quella degli organismi partecipati prevalentemente societari è economico-patrimoniale, per cui l'armonizzazione non è semplice prima di tutto per la scelta del sistema contabile da utilizzare, e cioè o finanziario o economico-patrimoniale.
Pare che lo schema all'esame della Commissione abbia optato in prima battuta per il sistema parallelo, ossia mantenere il sistema contabile-finanziario al quale affiancare il sistema economico-patrimoniale, processo per la verità già in essere per gli enti locali in quanto previsto dal testo unico. Tuttavia, mancando regole contabili vincolanti - i princìpi contabili già c'erano, almeno sotto il profilo delle linee di indirizzo individuate all'Osservatorio per la finanza locale - i prospetti di conciliazione rimanevano tali, cioè prospetti di conciliazione tra i due sistemi contabili. La previsione di princìpi contabili uniformi avvia sulla strada di un'uniformità sicuramente più vincolante.
Il consolidamento crea una serie di problemi sotto il profilo applicativo, prima di tutto la definizione dell'area del consolidamento. In qualche modo, lo schema esistente per gli enti pubblici non locali, quindi per le amministrazioni statali e quelle facenti capo alle amministrazioni centrali, individua tutti gli organismi controllati. Potrebbe essere una strada, ma l'esigenza principale resta quella della trasparenza delle relazioni finanziarie tra organismi partecipati ed enti non soltanto locali. Stiamo parlando, infatti, di enti territoriali, per cui qui il problema si pone per tutti gli enti territoriali che hanno sistemi contabili anche tra di loro differenti. Si tratta di un percorso necessario ma particolarmente complesso e delicato, tanto più che, lo abbiamo evidenziato nel testo della nostra audizione, anche il concetto di ente strumentale accennato nello schema di decreto non è particolarmente sviluppato ed è rinviato alla sperimentazione.
Anche lì non è ben chiaro se all'interno degli enti strumentali vanno compresi gli organismi partecipati in senso tecnico oppure se gli organismi partecipati debbano rappresentare un aggregato a parte.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Nel documento depositato questo c'è.

CINZIA BARISANO, Consigliere della Corte dei conti. Quello del consolidamento dei conti è un problema che la Corte ha rilevato in più sedi e guarda sicuramente in maniera molto positiva in questa direzione. Inoltre, come tutti sapete senz'altro, annualmente esiste un controllo specifico che la Corte dei conti in sede regionale esercita nei confronti degli enti locali e si concentra sui questionari ex comma 166 della finanziaria del 2006, i cosiddetti «questionari e linee guida». Quest'anno per la prima volta è stata inserita la domanda circa il consolidamento perché comunque, al di là delle prescrizioni normative, in alcune realtà territoriali medio-grandi la sensibilità degli enti locali è arrivata fino a sperimentare forme di consolidamento, soprattutto laddove esistevano holding facenti capo all'ente locale, che già di per sé comunque opera un consolidamento con le proprie società partecipate.
Sempre con riferimento alle linee guida, vorrei far rilevare che una parte non irrilevante dei questionari è dedicata proprio alla finanza derivata. A livello capillare, quindi, su tutto il territorio nazionale, la Corte cerca di seguire il fenomeno della finanza derivata e l'evoluzione anche sotto il profilo dell'allocazione contabile,


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dove si presenta lo stesso problema: mancando regole generali di allocazione contabile e di contabilizzazione di tutti i flussi finanziari che fanno capo alla finanza derivata, le realtà territoriali e locali sono le più differenziate.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. In riferimento alle linee guida, si possono vedere le prime tracce di un primo accompagno verso il consolidamento, esigenza che lei evidenziava, se ho ben compreso: le sperimentazioni della Corte su queste linee guida del consolidamento possono essere utili.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il presidente Giampaolino e la delegazione della Corte dei conti anche a nome di tutti i componenti della Commissione.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti della Corte dei conti (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,50.

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