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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione I
2.
Mercoledì 11 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 3 13 19
Brunetta Renato, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ... 13 18
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 8 18
Giovanelli Oriano (PD) ... 3
Lanzillotta Linda (PD) ... 6 19
Mannino Calogero (UdC) ... 12
Stucchi Giacomo (LNP) ... 5
Tassone Mario (UdC) ... 11
Volontè Luca (UdC) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 11 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 12.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche.
Ricordo che il Ministro ha già svolto la relazione nel corso della seduta del 5 giugno; sulla base della documentazione prodotta e dell'intervento svolto, è a disposizione di tutti i componenti della Commissione per ulteriori informazioni o notizie.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ORIANO GIOVANELLI. Rivolgo innanzitutto i migliori auguri di buon lavoro al Ministro, al quale chiederei, se possibile, un approfondimento relativamente ad alcuni punti della relazione. Condivido abbastanza l'idea che uno dei principali problemi della pubblica amministrazione sia la debolezza del datore di lavoro pubblico. Ritengo che si tratti di un nodo chiave da approfondire per quanto riguarda sia la predisposizione dei contratti di lavoro, sia la gestione dell'organizzazione della pubblica amministrazione.
In riferimento alla sua esposizione, vorrei capire meglio come lei, signor Ministro, intenda declinare questa definizione di datore di lavoro pubblico, stante il principio - per me irrinunciabile - della distinzione netta tra politica e gestione, tenendo conto che tale distinzione rappresenta l'elemento su cui costruire la valutazione della dirigenza nonché, a cascata, da parte della dirigenza, la valutazione della struttura.
Dalle slide che ci ha brevemente illustrato nella scorsa audizione, non riesco a capire bene fin dove arrivi la funzione politica, dove cominci quella dirigenziale e se non vi sia forse una sorta di confusione tra questi due aspetti.
Riterrei pericoloso un ritorno indietro rispetto alle conquiste fatte, anche se con risultati sicuramente insoddisfacenti, su questo punto di principio, per tornare a una sorta di invadenza della politica rispetto all'organizzazione della gestione di risorse finanziarie e umane nella pubblica amministrazione.
L'altro elemento che, secondo me, è carente nella predisposizione di quello che lei - ritengo impropriamente - ha definito un piano industriale, è che ci troviamo di fronte a una pluralità di pubbliche amministrazioni. Lei affronta il tema della pubblica amministrazione a trecentosessanta gradi, cercando quei punti di omogeneità e di continuità che, in qualche modo, sostanziano la vita di tutte le diverse pubbliche amministrazioni.


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Però, per redigere un piano industriale - lei mi insegna - occorre la definizione degli obiettivi e delle risorse, dei percorsi di verifica e dei risultati attesi. Siamo di fronte a una pubblica amministrazione che, in verità, declinata al singolare rappresenta un'astrazione. Pubblica amministrazione è la sanità, ma lo è anche la scuola, con le sue logiche e i suoi problemi; lo è inoltre tutto ciò che afferisce alla difesa e alla sicurezza, senza parlare, ovviamente, delle competenze delle regioni, delle autonomie locali e dell'amministrazione centrale.
Ebbene, se lei intende parlare di piano industriale, allora bisogna che scelga a quale pubblica amministrazione vuole riferirsi, poiché è interessante, ai fini del risultato, riuscire a elaborare tanti piani industriali quante sono le singole specifiche pubbliche amministrazioni. Questo è un altro punto sul quale credo valga la pena una sua interlocuzione.
Ritengo decisamente sovrastimato il risparmio atteso nell'ambito della pubblica amministrazione, che lei sostanzia in circa 40 miliardi di euro, nell'arco di una legislatura. Sono perfettamente consapevole che esistono sacche di inefficienza sulle quali lavorare, che esiste anche un problema di ringiovanimento e di riduzione potenziale del numero degli addetti alla pubblica amministrazione, accompagnato da forti iniezioni di nuove tecnologie. Ritengo, però, che la stima di una cifra del genere sia un'espressione di buona volontà giustamente espressa da chi comincia una nuova esperienza e che abbia poche basi di concretezza. Quaranta miliardi di euro, calcolando in termini di personale e tenendo a riferimento un costo medio di un dipendente della pubblica amministrazione pari a 30 mila euro all'anno, significa avere un milione di pubblici dipendenti in meno in cinque anni! Mi sembra, fra l'altro, un obiettivo non proprio condivisibile, se correlato al dovere di fornire servizi efficaci alle imprese e ai cittadini.
Passando a un altro argomento, l'obiettivo - ovunque ripetuto - della valutazione e valorizzazione del merito è assolutamente condivisibile.
Concludo ponendole altri due interrogativi. Il primo: in questa ricerca dell'efficienza, dell'efficacia, dell'economicità e della produttività (aggiungerei la trasparenza e l'imparzialità della pubblica amministrazione, due temi che vanno senz'altro di pari passo con i concetti di efficacia, efficienza ed economicità), mi pare che lei sottovaluti - in modo, per me, ingiustificato - tutto quello che deve essere realizzato in termini normativi per la semplificazione delle procedure.
Nella passata legislatura avevamo fatto un buon lavoro di manutenzione della legge n. 241 del 1990, avevamo individuato quali erano i nodi attraverso i quali la burocrazia aggirava gli obiettivi posti da tale legge e, con un dibattito costruttivo che aveva portato all'approvazione da parte della Camera (senza voti contrari) di un disegno di legge che portava il nome del Ministro Nicolais, avevamo individuato una serie di norme che, secondo me, lei farebbe bene a recuperare, in quanto credo che rappresentino un patrimonio del dibattito svolto da questa Commissione e da questa Camera.
Non riscontro la giusta attenzione a questi passaggi, poiché è assolutamente vero che la pubblica amministrazione è spesso gravata da troppe leggi e da poca cultura manageriale, dirigenziale e aziendale. Ebbene, non dobbiamo sovraccaricarla ulteriormente di leggi. Ben venga, anzi, un processo di delegificazione. Però, è anche vero che, una volta individuati i nodi che hanno in qualche modo ostacolato la vera efficacia delle leggi - anche attraverso l'ascolto degli operatori della pubblica amministrazione, giacché in essa sono presenti tanti operatori capaci e in buona fede - si possa svolgere un lavoro di manutenzione delle leggi esistenti che, spesso, può consentire ai cittadini di avere soddisfazione in termini di certezza della risposta e di responsabilità da parte di chi questa risposta non fornisce.
L'altro punto, sempre alla ricerca di economicità, di efficacia, di efficienza, di trasparenza e imparzialità, è legato agli investimenti nelle nuove tecnologie.


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Non le sarà sfuggito - credo che, da questo punto di vista, lei ci debba in qualche modo una risposta - che nell'ambito di un decreto che dovremo analizzare alla fine di questa seduta, il suo collega Tremonti opera un taglio dei fondi destinati al SPC (Sistema pubblico di connettività), un sistema che nel suo ragionamento rappresenta un'infrastruttura essenziale.
Sarebbe pertanto gradito conoscere con quali risorse lei intenda svolgere questo tipo di lavoro, visto che sono state tolte quelle che il Governo precedente aveva allocato.
Trovo inoltre che lei - la sinteticità delle slide può forse fuorviarmi, nel qual caso le chiedo scusa - sottovaluti gravemente il tema del back office. Al fine di dare risposte al problema, tutto l'investimento dell'innovazione nella pubblica amministrazione, dal punto di vista tecnologico, dovrebbe essere invece, secondo me, fortemente orientato al lavoro di back office, di re-ingegnerizzazione delle procedure e di riorganizzazione degli uffici.
Al cittadino non mancano gli sportelli, fisici o telematici, ai quali chiedere risposte. Il problema è che, quando si rivolge a quegli sportelli, di risposte non ne ottiene perché dietro ad essi non vi sono percorsi reingegnerizzati, non ci sono sistemi tecnologici che si parlano. Lo sportello è spesso una bella finestra alla quale ci si rivolge, ma - come suol dirsi - «sotto il vestito, niente».
Credo che una sua riflessione su questo ulteriore punto ci sarà molto utile.

GIACOMO STUCCHI. Signor presidente, cercherò di essere molto pragmatico, come ha dimostrato di essere il Ministro, che ringrazio per la celerità nel venire a relazionare presso la nostra Commissione sulle sue linee programmatiche. Naturalmente, formulo anche gli auguri di buon lavoro.
Mi ha molto colpito la sua praticità, signor Ministro, e credo che questa sia la strada giusta da intraprendere se si vogliono risolvere i problemi su cui spesso ci «scervelliamo», quando invece la soluzione è di fronte ai nostri occhi e non riusciamo a vederla.
Lei conosce la complessità della pubblica amministrazione e tutti gli aspetti legati al funzionamento di questa macchina, per cui sa che un fattore determinante è sicuramente rappresentato dal capitale umano di cui si dispone.
Il collega che mi ha preceduto ha ricordato la passata esperienza con il Ministro Nicolais, soprattutto per quanto riguarda il disegno di legge che si è discusso per migliorare l'efficacia dell'azione della pubblica amministrazione. Ricordo che, proprio in questa sede, sottolineai come si possono emanare tutte le leggi che si vogliono, si possono approvare le leggi più belle ed efficaci del mondo, ma spesso queste restano gride manzoniane perché ciò che conta è, se mi passate il termine, la dedizione al lavoro e il senso del dovere che i dipendenti pubblici devono dimostrare nel dare risposte ai cittadini, comprendendo che essi sono pagati per svolgere questo servizio.
Quello che si dimostra, soprattutto in alcune piccole realtà locali, è una sorta di piena collaborazione. Un comune come il mio, che conta oggi 8 mila abitanti, ha 19 dipendenti comunali, mentre dieci anni fa contava 6 mila abitanti e aveva 21 dipendenti comunali. Pur aumentando la popolazione di 2 mila abitanti, abbiamo ridotto di due unità i dipendenti comunali. Questi dipendenti (il mio comune non è amministrato da una giunta di cui è componente il mio movimento politico, ma comunque è amministrato bene) sono persone che tengono all'immagine propria e della propria amministrazione comunale, impegnate a trecentosessanta gradi nel fornire risposte ai cittadini. Il problema di come trattare e che rapporti avere con i dipendenti è anche connesso alle risposte che questi ultimi danno in termini di efficacia e di efficienza dell'azione della pubblica amministrazione nel suo complesso.
Io credo che faccia bene lei, signor Ministro, a perseguire le linee che ha qui illustrato. Sicuramente esiste una forte aspettativa nella pubblica amministrazione


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e c'è moltissima fiducia nelle sue intenzioni, nonché una condivisione piena degli obiettivi da lei presentati. Se però questo è un dato di fatto incontestabile, tuttavia, il percorso non sarà sicuramente agevole. Se la sua volontà - prescindendo da termini giornalistici gridati come quello di «fannullone della pubblica amministrazione», che viene utilizzato forse semplificando un po' troppo - sarà quella di migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, andando effettivamente a scardinare le strutture burocratiche interne e a contrastare l'inefficacia e l'inefficienza dell'azione del personale; se questa sarà la linea che tenderà a seguire per raggiungere l'obiettivo, allora lei avrà il pieno supporto nostro e dei cittadini. Sappia, signor Ministro, che nella sua azione ha al suo fianco cittadini speranzosi di addivenire ai risultati che lei ha tracciato e che sono necessari per modernizzare questo Paese.
All'inizio del mio intervento affermavo che si possono fare nuove leggi, ma poi esse restano spesso inapplicate, o di difficile attuazione. Abbiamo oggi di fronte la sfida della semplificazione, che ci può permettere di migliorare l'efficacia della pubblica amministrazione emanando leggi che abroghino altre leggi e che permettano, nella loro semplicità, di trovare un'attuazione piena e completa nella vita quotidiana della pubblica amministrazione. Forse, proprio perché quello che dobbiamo fare è «semplice», il lavoro che l'aspetta è ancora più duro.
Per questo, le rinnovo i miei auguri.

LINDA LANZILLOTTA. Ringrazio il Ministro Brunetta e gli faccio gli auguri di buon lavoro. Ovviamente è quasi banale dire che non si può che essere d'accordo sugli obiettivi da lui enunciati in linea di principio: un'amministrazione più efficiente, maggiore qualità, trasparenza, accountability e, quindi, maggiore economicità. Si tratta di una riforma che nel nostro Paese è stata più volte annunciata, talvolta in parte realizzata, ma che in qualche misura ha sempre deluso nei suoi risultati finali e in termini di percezione da parte del cittadino.
Tuttavia, siccome riteniamo che la pubblica amministrazione rappresenti un'infrastruttura fondamentale al fine di dare competitività al Paese e di garantire l'effettività dei diritti (soprattutto i ceti meno abbienti hanno bisogno di servizi pubblici di qualità, quindi parliamo di una grande riforma anche sociale, quella della pubblica amministrazione), non faremo mancare il nostro sostegno, se le proposte andranno effettivamente in questa direzione e se esse saranno convincenti e condivise.
Chiederei al Ministro Brunetta, nel prosieguo del suo lavoro, poiché uno dei criteri metodologici fondamentali a cui ha dichiarato di voler ispirare la riforma è quello della valutazione, di fornirci periodicamente (capisco che nella fase iniziale non sia ancora in grado di farlo) veri e propri action plan, con obiettivi misurabili e valutabili nel corso della loro attuazione.
Credo, infatti, che il principio della valutazione debba ispirare anche il rapporto Governo-Parlamento, non solo in termini generali, ma anche puntuali: obiettivi misurabili, azioni collegate a tali obiettivi, stato della realizzazione di quelle azioni.
Lo ritengo uno strumento importante per il Parlamento, ma forse può anche aiutare il Ministro a imporre al Governo la propria visione e la propria linea di indirizzo. La prima trincea dei ministri della funzione pubblica si trova all'interno dei governi.
Come è stato sottolineato anche dal collega Giovanelli, non esiste un'unica pubblica amministrazione. Il sistema pubblico è caratterizzato da un forte policentrismo, sia a livello centrale e statale, sia ai livelli istituzionali decentrati. Regioni e autonomie sono policentriche e, appunto, autonome.
C'è bisogno di una condivisione di obiettivi, di un action plan condiviso.
Vorrei perciò chiedere in che misura, in quale forma e in quali sedi il Ministro


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per la pubblica amministrazione e l'innovazione intenda coinvolgere regioni ed enti locali, che devono fare proprio questo business plan, perché poi sia declinato nei diversi livelli istituzionali.
La prima trincea, comunque, è quella all'interno del Governo, come dicevo. Vorrei sottolineare, signor Ministro, che abbiamo già esaminato un decreto-legge, quello sui rifiuti. Oggi esamineremo l'altro decreto in materia fiscale.
Sicuramente sul primo non c'era il concerto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, nonostante che alcune norme lo riguardassero direttamente, poiché si trattava della stabilizzazione e dell'immissione in ruolo di personale esterno senza concorso.
Sul secondo decreto, vorrei sottolineare che l'azzeramento totale dell'ICI e la trasformazione di quel gettito in trasferimento, va esattamente in contrasto con un principio fondamentale della riforma che il Ministro ha delineato, cioè quello della responsabilità collegata all'autonomia. Se, a livello locale, si sterilizza il principio di responsabilità, credo che non si renda un buon servizio al progetto di riforma complessivo.
Man mano che si va avanti, i documenti di orientamento generale, più valoriale che operativo, dovranno concretizzarsi in action plan, che siano strumenti di lavoro.
Individuo alcuni temi che in parte non mi paiono essere stati trattati, mentre in parte sono stati affrontati soltanto in modo generico. Il primo riguarda la valutazione: se essa è la chiave per collegare retribuzione e premialità a risultati e produttività, occorre dedicare una grande attenzione a come costruire i sistemi di valutazione, poiché questo è uno dei terreni su cui le riforme passate hanno fallito, producendo anche qualche guaio.
Abbiamo avuto meccanismi retributivi (anche di crescita significativa, penso ad alcune aree della dirigenza) legati alla produttività, senza però avere prima una effettiva misurazione della produttività stessa. Abbiamo quindi avuto una asimmetria di queste due dinamiche, il che determina oggi una situazione di criticità.
Anche all'interno delle singole unità produttive, vedo che lei fa riferimento a una misurazione della produttività individuale che, fino a oggi, è stata di assai difficile gestione. Credo che l'organizzazione dei sistemi di valutazione debba divenire il primo tema di lavoro, di approfondimento e di confronto.
Abbiamo presentato un progetto di legge al Senato, di iniziativa dei senatori Tiziano Treu e Pietro Ichino. Lo presenteremo, con qualche aggiustamento, anche alla Camera e ci auguriamo che il tema ivi trattato diventi oggetto di un lavoro comune.
L'altro punto che non mi pare affrontato, forse perché sussiste una segmentazione di competenze nell'ambito del Governo (chiederei, però, al Ministro di prospettare alla Commissione una visione integrale dell'azione che si intende portare avanti), è quello della semplificazione dei modelli organizzativi nella governance multilivello. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione è rimasto in questi anni congelato il tema del federalismo inteso come razionalizzazione e semplificazione amministrativa. Riscontriamo una strana spinta al federalismo inteso come potenziamento dei poteri legislativi delle regioni (che è avvenuto), dei poteri fiscali delle regioni (che in qualche misura dovrà essere collegato alle funzioni), ma tutto il disegno originale del federalismo, cioè un'amministrazione più semplice e più leggera, è invece virato in tutt'altra direzione.
Ritengo che, se non si interviene drasticamente sulla specializzazione delle funzioni di ciascun livello istituzionale, con la conseguente potatura dei livelli istituzionali che perdono funzioni in quanto si specializzano o devolvono ad altri livelli, ogni operazione di riduzione dei costi non consistente in puri tagli lineari, ma volta alla razionalizzazione e all'aumento di efficienza, rischia di tradursi solo in una compressione dei servizi e non in una razionalizzazione del modo di fornirli.


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Mi aspetto che lei, signor Ministro, declini meglio l'obiettivo di riduzione della spesa da lei quantificato in due punti e mezzo di PIL, quindi molto consistente. Se realizzato nell'ottica dell'attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, tale obiettivo può avere esito virtuoso; se realizzato con un tradizionale, ripetitivo e conservativo taglio lineare, come ne sono stati fatti in tutte le finanziarie, credo che non avrebbe lo stesso segno e lo stesso esito. In sintesi: semplificazione organizzativa come premessa per l'efficienza e la qualità dei servizi.
Un ulteriore punto riguarda la sussidiarietà, che è anche (ma non solo) outsourcing. In questo caso, va molto accentuata e migliorata la capacità dell'amministrazione di interagire con il mercato.
Uno dei punti che non vedo in questo business plan è la formazione. Nella nostra cultura amministrativa si rileva un approccio molto normativistico, secondo il quale si scrive una legge e tutto succede. Invece, le riforme camminano sulle gambe e nelle teste di persone abituate a svolgere un dato mestiere. Se si chiede loro di svolgerne uno radicalmente diverso, ad esempio quello del contraente, del regolatore, o del valutatore, devono essere appositamente formati.
Va benissimo perseguire i fannulloni: noi sosterremo questo intento. Dall'altra parte occorre però un grande investimento sulle risorse umane. Ce ne sono di validissime, nell'amministrazione, che non riescono ad esprimere tutta la loro potenzialità, poiché non sono state adeguatamente formate a svolgere i nuovi compiti; e la sussidiarietà, come le liberalizzazioni, ha bisogno di amministrazioni che sappiano fare questo nuovo mestiere, altrimenti le amministrazioni stesse vengono catturate o dai fornitori o dai concessionari. Questo è un problema che abbiamo visto verificarsi in molti casi.
Vorrei anche sottolineare che si parla molto di sussidiarietà e poco di liberalizzazioni. Queste ultime rappresentano, invece, un pezzo molto importante della riforma della pubblica amministrazione e della politica.
Vengo, infine, all'innovazione tecnologica. Anche in questo caso, credo che vi sia ancora bisogno di un processo di formazione e innovazione culturale. Soprattutto, si tratta di fare un passo più in là di quello che è stato fatto con il codice delle amministrazioni digitali. Lei, Ministro, lo richiama ed indubbiamente si tratta di un disegno avanzato, ma con un limite molto grave: la sua non cogenza. Abbiamo via via fatto sopravvivere due sistemi paralleli in amministrazione: quello dei processi tradizionali, e quello dei procedimenti, in termini di amministrazione, di tipo telematico (come quelli previsti e disciplinati dal codice digitale).
Occorre lasciare la sponda dell'amministrazione tradizionale e operare una riconversione definitiva verso l'amministrazione digitale, poiché le due linee insieme non fanno fare il salto di qualità all'amministrazione e, soprattutto, consentono il ripiegamento culturale nelle modalità organizzative e procedimentali tradizionali.
Richiamo tutta la tematica del lavoro pubblico, su cui lei si sofferma molto e su cui l'onorevole Giovanelli ha già espresso dubbi e interrogativi.
Concludo chiedendole non soltanto qualche puntualizzazione sui temi che le ho prospettato, ma soprattutto domandandole quando e in quale forma lei ritiene di prospettare alla Commissione uno strumento più analitico e più concreto di questo che nelle sue linee guida - pur con molte aree di incertezza - nelle finalità potremmo valutare positivamente.

GIUSEPPE CALDERISI. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione. Da parte mia e di tutta la maggioranza, rivolgo un sentito augurio al Ministro per questa sua impresa, i cui obiettivi di fondo sono pienamente condivisi, riguardante la riforma e la modernizzazione della pubblica amministrazione al fine di conferire efficienza e qualificazione ai servizi per i cittadini.
Il Ministro ha avuto grande merito nel calamitare l'attenzione dell'opinione pubblica


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su questa problematica, essenziale ai fini della modernizzazione delle istituzioni del nostro Paese.
L'augurio è che riesca, in tempi brevi e in modo concreto, a tradurre questa attenzione in provvedimenti finalizzati a ottenere gli obiettivi atti a realizzare le linee che sono state esposte.
Potrei anche fermarmi qui, in attesa di nuovi provvedimenti concreti. Si tratterà allora di misurarci, confrontarci per fornire il nostro contributo alla realizzazione di questi obiettivi.
Vorrei comunque soffermarmi, brevemente, su un solo aspetto che mi sta particolarmente a cuore e sul quale provo a indicare qualche misura concreta. Non ritengo certo che il Ministro manchi di cognizione e conoscenza della materia, anzi ne ha sicuramente molta più di chi parla e quindi non ha certamente bisogno di indicazioni. Tuttavia, anche perché rimanga traccia negli atti della Commissione, volevo affrontare in particolare il tema della contrattazione e della trasparenza nelle relazioni tra pubblica amministrazione e sindacato, facendo qualche esempio di misure e provvedimenti che mi sembrerebbero utili e in merito alle quali rivolgo una sollecitazione al Ministro, nella certezza che egli sicuramente affronterà con accuratezza anche questa problematica molto delicata.
Per esempio, sussiste il problema di definire meglio il meccanismo del silenzio assenso sui contratti collettivi. Oggi esistono soggetti titolari della funzione di controllo e verifica sui contratti che esprimono rilievi sulla compatibilità finanziaria e sulla correttezza della quantificazione degli oneri del contratto. Quando siamo di fronte a questi rilievi, se sono sostanziosi, credo che occorra prevedere meccanismi rapidi di riapertura dei termini della trattativa, per tenerne dovuto conto. L'esigenza di prevedere tempi certi nei procedimenti negoziali non deve tradursi nello smantellamento del sistema di verifica, come qualche volta accade.
Lo stesso discorso vale nel caso di mancata certificazione positiva da parte della Corte dei conti: anche qui serve un meccanismo dai tempi brevi. Il problema è quello di evitare la lievitazione dei costi, questione essenziale per riqualificare la spesa, per indirizzare l'efficienza, premiare il merito e via discorrendo.
Altri esempi e suggestioni riguardano il rapporto tra legge e contratto collettivo. Anche questo è un tema molto delicato. Si tratta, credo, di invertire il rapporto attualmente in vigore. Oggi il contratto, salvo divieto espresso dalla legge, può essere stipulato in deroga a norme di legge e di regolamento. In questa maniera, abbiamo visto crescere la spesa pubblica e smantellare alcune riforme varate dal Governo e dal Parlamento. Si deve invertire questo meccanismo e prevedere che le disposizioni di legge e di regolamento non possono essere derogate dai contratti, salvo che non sia prevista questa possibilità esplicitamente dalla legge.
La decorrenza del contratto collettivo, come nel privato, credo vada prevista dal momento in cui si sottoscrive il contratto, prevedendo certamente soluzioni una tantum per il periodo intercorso tra la scadenza del precedente contratto e l'entrata in vigore del nuovo. Anche in questo caso occorre prevedere un meccanismo di equiparazione al privato, per cui il contratto scatta dal momento in cui il contratto viene siglato. Si tratta anche di un incentivo alla riduzione dei tempi di negoziazione.
Si deve prevedere il divieto all'ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) di sottoscrivere il contratto nazionale di lavoro, in assenza di una certificazione positiva della Corte dei conti.
Sulla trasparenza nelle relazioni tra pubblica amministrazione e sindacato, si potrebbe prevedere che il Governo, ogni anno, riferisca al Parlamento e invii anche una relazione alla Corte dei conti sulla spesa relativa all'applicazione degli istituti connessi alle prerogative sindacali.
Ho fatto semplicemente alcuni flash sulla materia: potrei toccare anche la contrattazione integrativa, soffermarmi su molti altri aspetti che riguardano l'efficienza del personale, facendo anche qui gli


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opportuni esempi. Il metodo che ho seguito - credo apprezzato dal Ministro - è stato quello di fornire suggerimenti puntuali. Con lo stesso metodo, evidentemente, agiremo per dare il miglior contributo possibile alla realizzazione degli obiettivi, che sono condivisi pienamente da parte del sottoscritto e della maggioranza, contenuti nelle linee esposte dal Ministro Brunetta.

LUCA VOLONTÈ. Per quanto ci riguarda, signor Ministro, dichiariamo una grande condivisione dei princìpi ispiratori della relazione che ci ha voluto dapprima illustrare e poi portare all'attenzione attraverso la documentazione che ha depositato.
Non la conosciamo da oggi, quindi ci sono note le sue idee sulla complessa materia che si trova a riordinare e indirizzare all'interno del Governo: il tema della pubblica amministrazione.
Condivido pienamente il tema dell'efficienza e dei criteri di misurabilità che, nel concreto, ancora mancano. Nel quadro di un principio ispiratore che preveda un premio al talento e una sanzione nei confronti di chi invece non compie il proprio dovere sembrerebbe interessante - lo metterà certamente in pratica nei suoi provvedimenti - una valutazione e una misurabilità secondo questi due criteri, non solo nei confronti dei singoli, ma anche del lavoro di team all'interno della pubblica amministrazione. Un team vuol dire un ufficio, vuol dire anche un settore; in qualche modo, pensiamo ad una valutazione positiva in questa direzione.
Mi associo all'invito che le è stato rivolto di proseguire dai princìpi alla concretezza dei provvedimenti, sapendo - lo sa lei meglio di chiunque di noi - che avrà a che fare con usi e costumi consolidati (senza voler mettere in mezzo l'idea di caste o blocchi di rendita), che possono avere lati positivi, ma anche risvolti negativi ai fini della chiusura di certe situazioni che si rilevano nella pubblica amministrazione.
Personalmente trovo il tema della sussidiarietà, già toccato dalla collega Lanzillotta, molto interessante. Avrei avuto piacere che fosse stato meglio approfondito, ma evidentemente la capacità di sintesi di cui lei è dotato ha dovuto trovare, nella sua relazione, giusta considerazione anche per questi temi.
Una sussidiarietà che - lo sottolineo anch'io - sia sempre più duplice nei confronti degli enti locali e nei confronti dei cittadini; una sussidiarietà dove efficienza, semplificazione e responsabilità in qualche modo si sposino attraverso linee di condotta, provvedimenti e, se vogliamo, semplificazioni in grado di far tornare la nostra pubblica amministrazione sempre più sugli standard europei dai quali siamo esclusi.
Suggerisco un approfondimento maggiore sul tema delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. Già era stata presa una buona iniziativa da parte del Governo precedente tramite il provvedimento originario deliberato dal Consiglio dei ministri, su iniziativa del Ministro Lanzillotta. Molti aspetti positivi rimasero fuori dalla discussione nelle aule parlamentari, per ragioni di coalizione.
Riprendere quegli aspetti interessanti potrebbe rappresentare un contributo concreto per arrivare a una sussidiarietà, ma anche a un ordine nei rapporti con le amministrazioni locali, nei risparmi di spesa e nel rapporto con i cittadini.
Condivido l'impostazione di un percorso rapido verso l'amministrazione digitale, nell'attesa di provvedimenti concreti che vadano fino in fondo nel rispondere e dare coerenza al suo sforzo e all'impegno che ci ha presentato in questi giorni. Provvedimenti che possano arrivare più concretamente a rendersi evidenti non solo iniziando un percorso più virtuoso all'interno della pubblica amministrazione, ma anche raccogliendo la sfida, che per la pubblica amministrazione rappresenta la risposta a un bisogno del cittadino. Il cittadino stesso, più che gli altri ministeri, sarà colui che emetterà il giudizio più evidente nei confronti di ciò che lei, con il contributo costruttivo di ciascuno di noi, sarà in grado di mettere in campo in questa sfida del Governo e del Paese.


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Ricordo due ulteriori aspetti. Il primo è lo sforzo che lei dovrà compiere per introdurre questi princìpi ispiratori in tutte le pubbliche amministrazioni. Senza polemica o ironia, immagino quanta fatica dovrà fare nei confronti di settori enormi quali la sanità, la scuola, la giustizia dove questi criteri, se esistono, sono completamente dimenticati da decenni.
In questo senso la invito, anche nelle prossime occasioni in cui vorrà essere gradito ospite di questa Commissione, ad approfondire una riflessione sulla diversità di modelli che via via si stanno introducendo nella contrattazione privatistica, anche nella pubblica amministrazione. Se andiamo verso un sistema federale, se vogliamo dare una maggiore e ancor più approfondita compiutezza alle competenze che gli articoli 117 e 118 della nostra Costituzione assegnano alle regioni, forse anche l'attuale evoluzione della contrattazione, che il mondo sindacale e dell'impresa stanno portando insieme all'attenzione dell'opinione pubblica, può rappresentare un punto di riflessione anche per ciò che lei si appresta a fare con il contributo di tutti e con la valutazione che daremo, nel concreto, dei suoi provvedimenti relativi alla pubblica amministrazione.

MARIO TASSONE. In questa riunione di Commissione, dopo aver ascoltato il Ministro, non possiamo fare altro che assumere qualche cognizione e dare qualche valutazione e indicazione di carattere generale.
Voglio ricordare a me stesso che, nel tempo, i governi che si sono succeduti nel dopoguerra hanno affrontato la tematica della pubblica amministrazione. I ministeri tentarono la prima riforma della pubblica amministrazione; una volta si cambiò anche il titolo, modificandolo in organizzazione della pubblica amministrazione. Si operarono grandi tentativi, grandi approcci per fornire certezze e situazioni chiare nell'attività della pubblica amministrazione.
Se valutiamo la pubblica amministrazione come argomento centrale, non c'è dubbio che nel corso degli anni si è verificato un depauperamento e un affievolimento, rispetto alla dislocazione dei poteri a livello locale. La crisi della pubblica amministrazione è andata avanti e ha coinciso con l'assunzione di poteri sempre più evidenti e forti a livello locale. Mi riferisco alle regioni e anche ai comuni. Adesso si assiste a un nuovo tentativo e non c'è dubbio che le linee programmatiche che lei ci ha sottoposto sono importanti e hanno una loro valenza. Lo sforzo che deve compiere, signor Ministro, non riguarda soltanto la pubblica amministrazione centrale, quindi i ministeri, ma deve trovare anche un raccordo, una sintonia e un'armonizzazione anche a livello locale, delle regioni. Lei ha descritto le problematiche evidenziando il senso e il significato di una pubblica amministrazione dal punto di vista economicistico, dell'efficienza. Credo che possiamo anche essere d'accordo, fino ad un certo punto, ma questa impostazione deve essere ancora specificata e completata, per cui si tratta di un ragionamento che deve essere fatto nel momento in cui avremo gli strumenti su cui confrontarci e norme su cui fornire la nostra opinione e soprattutto offrire il nostro contributo.
Quando si parla, per esempio, del dirigente, dobbiamo capire che cosa è stata la valutazione di quest'ultimo e delle sue responsabilità nel corso degli anni. Sto parlando del rapporto tra il dirigente e l'autorità politica. Se non risolviamo questo aspetto e questo dato, ci troviamo su un piano un po' fuorviante, su una strada un po' sdrucciolevole, gravida di incognite e di situazioni certamente non positive.
Oggi si presenta una grande questione: il dirigente pubblico ha una propria responsabilità, indipendente dall'indirizzo politico o dal potere della politica. Ciò vale per i ministeri e lei se ne accorgerà (se non se è ne già accorto, svolgendo la sua funzione di Ministro) e vale certamente anche a livello locale.
Quando lei fa riferimento ai consigli comunali che sono sciolti per mafia - faccio solo questo riferimento - non vi è


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dubbio che quella legge debba essere rivista, giacché sciogliamo i consigli comunali e prevediamo una «penalizzazione» per i consigli comunali, mentre i funzionari, che hanno responsabilità degli atti, rimangono al loro posto. Credo che questo sia un dato che stride molto con il funzionamento della pubblica amministrazione.
C'è un altro aspetto che vorrei richiamare alla sua attenzione: quando parliamo di dirigente, quindi di un'organizzazione che risponde pienamente all'interno della pubblica amministrazione, non c'è dubbio che dobbiamo parlare di un dirigente che ha poteri sanzionatori. Quindi, si pone anche il problema della posizione che il mondo sindacale assumerà: in difesa della persona, o in difesa dell'amministrazione nel suo complesso. Nel passato si è rilevata qualche sfasatura, le cose non hanno funzionato in termini appropriati rispetto agli obiettivi che ci eravamo posti.
Richiamo soltanto il problema dell'ARAN, che è stata lasciata lì, è sopravvissuta a se stessa, con una serie di contraddizioni in essere e quant'altro.
Concluderei con una valutazione di carattere generale: signor Ministro, non si tratta di fare soltanto qualche ritocco a vantaggio della pubblica amministrazione, discutendo una legge, scrivendo qualche emendamento o magari facendo ostruzionismo in Aula. Ritengo veramente che nelle sue linee programmatiche lei tracci un progetto molto ambizioso. Le auguro che questo suo progetto vada avanti, riesca con successo, anche perché molti suoi predecessori, mossi dall'intento di semplificare, razionalizzare e rendere questa pubblica amministrazione più umana e più vicina al cittadino, hanno dovuto registrare i fallimenti più cocenti, non soltanto nella fase descrittiva, ma anche in quelle della realizzazione e dell'accoglienza da parte dei cittadini stessi.
Si tratta di costruire un'organizzazione diversa dello Stato, in termini complessivi. Diversamente, i piccoli e grandi ritocchi non avranno lunga vita, o quanto meno non permetteranno di raggiungere un obiettivo forte.
Ho visto che lei si è interessato - come è giusto, per le sue esperienze pregresse - di economia e di manovra economica, ma non vi è dubbio che debba essere rivista l'impalcatura, l'organizzazione, l'insieme delle regole in tutta l'articolazione dello Stato, compresi i riferimenti già ricordati che riguardano regioni e comuni. Queste ultime non sono variabili indipendenti nel quadro dell'azione politica.
Circa l'autonomia dei comuni, ho le mie idee; ho già presentato alcune proposte di legge sull'elezione di sindaci e presidenti di provincia, di cui solleciterò in sede di ufficio di presidenza l'inserimento nell'ordine del giorno dei lavori della Commissione.
Nell'attesa - non indifferente, bensì assai interessata, senza pregiudizio - le sue linee possono intersecare i problemi e innescare i processi che ci porteranno a raggiungere l'obiettivo.
Parlare della sussidiarietà è importante, anzi fondamentale. Ricordo che il tema è stato oggetto di esame da parte delle Commissioni per le riforme costituzionali che si sono succedute nel tempo, presiedute dagli onorevoli D'Alema e Iotti. Speriamo che in questo clima, ma soprattutto in questo sforzo di rivedere le cose in termini generali, possiamo non tanto concentrarci sul segmento della sussidiarietà, quanto piuttosto incamminarci verso l'obiettivo di dare un'identità al nostro Paese.

CALOGERO MANNINO. Sarò brevissimo, in quanto non ripeterò le valutazioni fatte dai colleghi Luca Volontè e Mario Tassone. Mi associo all'apprezzamento che essi hanno manifestato nei confronti delle iniziative del Ministro, nonché ai discorsi di alcuni colleghi che, partendo dall'apprezzamento dell'iniziativa, hanno poi svolto delle osservazioni e dei ragionamenti.
Mi permetterò di integrare queste osservazioni con una domanda.
L'ambizione del Ministro e del Governo è quella di rimodellare l'amministrazione dello Stato, ma tale ambizione deve misurarsi con tutti i problemi della riorganizzazione


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di questo Stato, che vogliamo moderno. Il problema che intendo sollevare è il seguente: esiste un'area dell'amministrazione dello Stato che sfugge totalmente ai ragionamenti e alle linee, vorrei dire anche filosofiche e culturali, di questo programma di riforma della pubblica amministrazione. L'area è quella della difesa e dei corpi di polizia.
In Italia è stato introdotto il servizio militare volontario; per conseguenza, tutto la struttura (che non è soltanto quella centrale del Ministero della difesa ma è anche quella periferica) è rimasta come ingessata in una condizione di sospensione che chiamerei molecolare. Parallelamente a questa riorganizzazione dell'esercito, nel precedente Governo Prodi, il Ministro Parisi aveva annunciato un progetto di riorganizzazione del sistema della difesa, esigenza avvertita anche in ragione delle funzioni e dei compiti diversi che la difesa è chiamata a sostenere oggi. Sono cose su cui non credo debba spendere molte parole. Però, contemporaneamente, si pone anche il problema di quanto costino la Polizia italiana e i Carabinieri, dicendo subito che essi svolgono una funzione straordinaria.
È proprio una prospettiva di potenziamento e miglioramento della resa di efficienza di questi corpi di polizia che, credo, le linee di riforma dell'amministrazione dello Stato debbano prendere in considerazione. Ho trovato in alcuni interventi l'osservazione secondo cui lo Stato centrale si riduce mano a mano che si semplifica. Questo per la verità è un processo che si è aperto al momento in cui sono state introdotte le regioni, ma l'andamento verso i traguardi della semplificazione e della riduzione dell'amministrazione centrale non è mai andato di pari passo. Abbiamo avuto la sopravvivenza del residuo dell'amministrazione centrale, accanto alle amministrazioni regionali.
Ho sentito la collega Lanzillotta che ha posto, giustamente, un tema molto delicato che investe il rapporto Stato-regioni, cioè il criterio fondamentale dell'autonomia delle regioni. Mi domando in che modo la riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato si potrà proiettare, senza vincolare e condizionare l'autonomia delle regioni e degli enti locali, su quei livelli.
Il tema è la riorganizzazione della spesa pubblica. Non ignoriamo che l'obiettivo è anche quello della conquista di una maggiore efficienza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione, ma l'obiettivo parallelo è la riduzione a ragionevoli livelli di contenimento della spesa pubblica, che in questa materia, negli ultimi trent'anni, ha conosciuto invece un'espansione illimitata. Ebbene, chiedo al Ministro se non ritenga che il Governo dovrà prendere un'iniziativa in ordine alla riorganizzazione e al ridisegno del modello della difesa e delle forze armate nelle sue diverse armi, fermo rimanendo che le scelte fatte andranno onorate. Non potremmo certo - se ne discuterà di qui a breve in Commissione - decidere di inviare missioni all'estero, lasciandole scoperte nella capacità logistica e nella copertura finanziaria.
Infine, vengo al punto delicatissimo della Polizia, in quanto il contratto delle forze di polizia rientra nel modulo del contratto della pubblica amministrazione. Vorrei sapere se le regole che valgono per l'amministrazione dello Stato, devono valere anche per quel contratto e in quale misura si possano reinterpretare su quel versante i criteri di valutazione.
Il Ministro si è scelto un compito ambizioso, che risponde a una esigenza del Paese e che richiede un Governo - non aggiungo valutazioni politiche, ma, a mio avviso, l'iniziativa dovrebbe coinvolgere tutti, così come dovrebbe accadere per le questioni importanti - capace, se vuole andare avanti su questa strada, di procedere avendo una visione a 360 gradi. Diversamente, tutto diventerà più complicato.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Brunetta per la replica.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Ringrazio per queste due occasioni che mi


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avete concesso: la scorsa settimana per l'esposizione e oggi per ascoltare e cercare di rispondere. Grazie ai colleghi Giovanelli, Stucchi, Lanzillotta, Calderisi, Volontè, Tassone e Mannino.
Consentitemi una prima valutazione di metodo e poi entrerò nel merito.
Seppur pomposamente chiamate piano industriale, le mie sono pur sempre e solo linee guida. Nelle prossime settimane arriveranno, nelle sedi parlamentari, i provvedimenti normativi. Sarà in quella sede che ci sarà modo di discutere specificamente e più seriamente, da un punto di vista regolativo e normativo, delle tematiche qui semplicemente evocate.
Nondimeno, testi del genere sono stati utili per aprire la discussione e per rispondere alla domanda, che viene dal Paese, di maggiore efficienza e maggiore funzionalità.
Posso assicurare a tutti i colleghi, in particolar modo gli onorevoli Giovanelli e Lanzillotta, che questo metodo di confronto continuerà. Vorrei ricordare che ho scritto io per primo una lettera al presidente di questa Commissione e al presidente della Commissione lavoro per dare la mia disponibilità. Ho sentito ciò come un'esigenza, oltre che istituzionale, anche personale.
Condivido anche l'affermazione del collega Mannino, che ha una grande esperienza e lo ringrazio, per cui queste imprese, o si fanno insieme, o sono destinate al fallimento. Non lo affermo per captatio benevolentiae, bensì con perfetta consapevolezza istituzionale.
Devo dire anche che le cose che ho scritto e che declinerò nei testi di legge non me le sono inventate in un mese. Esse sono frutto della migliore elaborazione degli ultimi decenni in questo Paese. Non sto a citare tutti i ministri, da Bassanini, a Frattini, a Nicolais, che mi hanno preceduto. Ovviamente, pur essendo motivati tutti dagli stessi obiettivi, hanno affrontato il tema ciascuno a loro modo, secondo la propria sensibilità e orientamento politico, orientando provvedimenti che ormai fanno parte della cultura e della consapevolezza politica e istituzionale di questo Paese e che io ho necessariamente utilizzato.
Dirò di più, anche le stesse iniziative di legge, che sono state presentate al Senato dal collega Ichino e altri, hanno rappresentato una base - anche perché, in parte, presentate nella passata legislatura - di questo lavoro. Esiste quindi una grandissima continuità, stante il fatto che la responsabilità di quanto sto facendo è mia e di questo Governo.
Rassicuro la collega Lanzillotta che ci si confronterà non solo su testi di legge, ma anche su strumenti che, in chiave europea, potremo chiamare action plan, vale a dire testi, non di legge, ma di approfondimento, verifica e trasparenza.
Mi piace molto che in questa Commissione, così come nella Commissione lavoro, mi si chieda conto anche di questo.
Prima di venire qui sono stato ad un seminario alla LUISS, dove un collega francese ci raccontava del documento Sarkozy-Attali, uno dei punti centrali del quale era la riforma della pubblica amministrazione. Ebbene, pur tenendo la pubblica amministrazione francese in grande considerazione, comprendiamo che (almeno a sentire il collega) forse le cose non stanno proprio come pensiamo e che il problema è comune in Europa.
Pertanto, il metodo prevede testi normativi nei tempi e nelle forme che il Governo deciderà (comunque in tempi molto brevi), action plan, trasparenza, verifica continua anche su azioni che, secondo modalità un po' straordinarie, sto intentando, come quella sulla trasparenza dei ministeri, relativamente alla quale esistono già le leggi. Ho iniziato dal mio Ministero, pubblicando tutti i dati relativi a stipendi, tassi di assenteismo, curriculum vitae dei dirigenti e quant'altro. Per il momento, in totale solitudine. Non avendo potere cogente nei confronti né degli altri colleghi ministri, né delle altre pubbliche amministrazioni, ho spedito loro delle gentili lettere, in cui spiegavo cosa avevo fatto, che cosa si può fare in base a quanto la legge e il garante per la privacy consentono.


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Sarebbe bello che lo faceste anche voi, ma - per il momento - sono rimasto in splendida solitudine.
Vi sarò molto grato se mi darete una mano, tramite appelli e mozioni (naturalmente se lo riterrete opportuno e se pensate che ciò possa rappresentare un valore).
Prevedo, quindi, non solo action plan, ma anche azioni del tipo che vi ho illustrato.
Il metodo prevede una totale collaborazione e disponibilità. Inoltre, dal momento che per ora non dispongo di sottosegretari, se mi chiamate, verrò personalmente.
Il primo punto che mi sembra utile e necessario chiarire è che, quando ho parlato della sanzione rispetto alla pubblica amministrazione (cioè, di sanzionare il datore di lavoro), intendo ovviamente dire che, attualmente, la sanzione principale nei confronti del policy maker è quella politica ed elettorale, la sanzione del consenso che, in un regime democratico, viene data periodicamente attraverso le elezioni. Un politico, un policy maker, un partito, un sindaco, un presidente che abbiano raggiunto i propri obiettivi viene di solito premiato, quello che non li ha raggiunti viene di solito sanzionato. Preciso «di solito», poiché spesso colui che ha raggiunto gli obiettivi viene sanzionato e colui che non li ha raggiunti viene premiato. Ciò vuol dire che il voto, chiamiamolo in maniera semplice, talvolta non rappresenta una sanzione efficiente.
Sto cercando di inventare una sanzione ulteriore, aggiunta a quella - fondamentale - democratica, mutuata dal mercato.
Nel mercato è facile: il cittadino «vota con i piedi», cioè se ne va, si sposta, non compra più un prodotto, ne compra un'altro e quant'altro. Nella produzione dei beni e servizi pubblici la cosa è più complessa. Sto studiando (bisogna studiarla anche in termini complessivi) una riformulazione della class action (che considero positivamente, ancorché non nella forma recentemente consegnataci dal passato Governo) e penso che il tema sia fondamentale, tanto per il settore privato quanto per quello pubblico. Si tratta di vedere come declinare la class action in entrambi i settori.
Si parla di un'elaborazione in corso, mi rendo conto delle difficoltà e delle diverse specificità: il policy maker che non raggiunge i propri obiettivi non è certamente sanzionabile da un giudice. Tuttavia, «giù giù per li rami», considerando la componente dirigenziale, manageriale e così via, penso si possa individuare una via percorribile.
È stato detto che la pubblica amministrazione non è una, ma sono tante. Concordo, collega Giovanelli, ma - chiedendo scusa per il taglio filosofeggiante - esistono due possibili approcci: olistico e riduzionistico. Il mondo, di fatto, si divide in olisti e riduzionisti: i primi vedono la sintesi, i secondi vedono le parti. Il formichiere vede il formicaio come un tutto, poi vede le singole formiche e se le mangia una alla volta. Molto probabilmente si tratta di due momenti di una stessa strategia: all'inizio occorre avere un approccio olistico, o di sintesi, per individuare alcune strategie di base comuni e declinarle poi a livello riduzionistico, cioè di segmentazione.
Credo, anche sulle cose che diceva, in ultimo, il collega Mannino, che il sistema sia unico.
Egli faceva riferimento alla sicurezza, ai militari e quant'altro, ma io ritengo che il sistema debba essere considerato nella sua unicità, salvo poi differenziare i premi, le punizioni, gli stimoli. Le premialità rispetto ad un professore universitario o di scuola media, piuttosto che a un poliziotto o a un funzionario delle imposte, devono essere ovviamente declinate in maniera diversificata. I princìpi base, però, devono essere gli stessi.
Da questo punto di vista, ancorché la dizione del mio Ministero reciti «pubblica amministrazione», le pubbliche amministrazioni sono tante, sia a livello centrale che periferico.
Spesso si tende anche a semplificare e a parlare di Stato, laddove, ormai da qualche decennio a questa parte, lo Stato


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in quanto tale sta perdendo peso, competenze e controllo, sempre più devoluti verso le periferie. Le cose peggiori, non le migliori, succedono in questo processo di decentramento, laddove invece il tanto vituperato Stato, o amministrazione centrale, è quello che, in questo momento, risponde meglio alle esigenze del Paese. Tale è la deriva in atto.
Vorrei allora ribadire che la chiave per controllare questa deriva (che io considero positiva, ancorché vissuta malamente e pericolosamente in questa fase, e preciserò poi il perché) è proprio quella del federalismo e della responsabilizzazione.
Finora si è operato un decentramento irresponsabile. Mi auguro che questo Governo possa realizzare un decentramento (chiamiamolo pure federalismo, se si preferisce) di responsabilizzazione. Diversamente, si decentra ma il corpo centrale rimane sempre più depauperato e i corpi periferici sempre più deresponsabilizzati.
Faccio un esempio, ma più avanti risponderò puntualmente alle obiezioni interessanti del collega Calderisi: se sfondamenti avvengono nei costi, questi avvengono soprattutto nelle amministrazioni periferiche, piuttosto che nelle amministrazioni centrali. Si tratta di un dato statistico, non di un'opinione. Di conseguenza, la pluralità è certamente nella nostra consapevolezza, ancorché nella prima fase occorra un approccio olistico, o di sintesi.
Tranquillizzo il collega Giovanelli: i 40 miliardi di euro, probabilmente per difetto di scrittura, non derivano tanto dal taglio ragionieristico; rappresentano piuttosto il contributo che può derivare dal dégorgement, dall'apertura di produttività che può provenire dalle pubbliche amministrazioni in termini di maggior crescita e sviluppo. Non è tanto, lo ripeto, un taglio, quanto un contributo alla produttività e alla competitività che può derivare da un aumento di produttività e competitività dell'amministrazione pubblica. Per usare una metafora: non si tratta di antibiotici, ma di vitamine.
Si è calcolato che, se le amministrazioni pubbliche funzionassero come quelle del Nord Europa, oppure avessero parametri di efficienza simili a quelli di omologhi settori privati, i tassi di incremento di produttività che ne deriverebbero per le amministrazioni pubbliche e per il resto del Paese potrebbero fruttare quei due punti e mezzo di PIL di cui abbiamo parlato.
Faccio un esempio per distinguere fra l'aspetto ragionieristico e quello macroeconomico: l'assenza di un professore di scuola media aumenta i costi, poiché deve essere sostituito da un supplente e la Ragioneria dello Stato protesta; se si assenta un impiegato qualsiasi, apparentemente non abbiamo alcun maggior costo, però soffriamo una minore efficienza.
Si tratta di costi in entrambi i casi, solo valutati e declinati in maniera diversa. Ebbene, la Ragioneria preferisce tagliare i supplenti, mentre io ragiono di più sulla diminuzione dell'assenteismo (che vale nell'uno come nell'altro caso) per ridurre la perdita di efficienza del sistema.
Questo Governo è particolarmente attento al tema della sottovalutazione e della semplificazione delle procedure, visto che ha istituito un ministero nuovo di zecca, il Ministero della semplificazione normativa. Lavoro di concerto con il collega Roberto Calderoli: lui si occupa della semplificazione delle norme, mentre il mio Ministero continua ad avere competenza sulla semplificazione amministrativa. Nei provvedimenti che sono allo studio, coordinati dal Ministro Tremonti, si trovano parti rilevanti di entrambi i tipi di semplificazione: normativa e burocratico-amministrativa.
Ve ne posso citare uno che è di mia competenza ed è molto interessante: la documentazione di bilancio per i piccoli comuni. Spesso piccoli e piccolissimi comuni, con un solo dipendente, o magari solo con il sindaco, sono tenuti a compilare moduli di bilancio uguali a quelli del comune di Roma. Ciò è insopportabile e inaccettabile. Stiamo lavorando per semplificare questi oneri, in maniera tale da commisurare gli obblighi burocratico-amministrativi in ragione anche della dimensione dei comuni.


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Venendo alla questione del back office, quanto fatto presente negli interventi è assolutamente vero, anche se le nuove tecnologie e l'ICT (Information and communication technology) consentono oggi di rendere quest'ultimo più leggero. È chiaro che non basta solo un front office, uno sportello elettronico, bensì occorre anche che chi sta dietro allo sportello consegua linguaggio e cultura tali da rispondere a tale novità, anche se, in tal modo, effettivamente il sistema viene semplificato. Ringrazio della sollecitazione e assicuro che porremo su questo punto la necessaria attenzione.
Per quanto riguarda la questione del collega Stucchi sul capitale umano, ho detto anche nella scorsa audizione (ma non per captatio benevolentiae) che il capitale umano nella pubblica amministrazione mediamente rileva livelli di scolarizzazione e titoli di studio superiori a quelli del settore privato. Spesso questi titoli di studio non sono finalizzati, o non sono efficacemente tenuti in manutenzione. Li rileviamo nella fase cumulativa iniziale, quando si fa il concorso e si entra, ma poi sono abbandonati a loro stessi. Quello che conta sempre di più è proprio la manutenzione e valorizzazione di questa dotazione di capitale umano nel settore pubblico.
Alla collega Lanzillotta ho già risposto per quanto riguarda gli action plan e il rapporto continuativo tra il mio Ministero e le Commissioni. Vorrei tranquillizzarla sul tema della liberalizzazione (non vorrei gratificarla troppo), dato che nei testi su cui stiamo lavorando in queste settimane si fa espressamente riferimento al pregevole lavoro da lei svolto, quando era Ministro, sulle public utilitiy - nelle formulazioni originarie, non in quelle degradate dal dibattito parlamentare - e questa sarà una delle vitamine che questo Governo abbinerà agli antibiotici per combattere questa fase congiunturale, sempre con grande rispetto per il lavoro fatto dai governi precedenti.
Sulla sussidiarietà ho detto e, a questo punto, utilizzerei i termini federalismo, sussidiarietà-federalismo, sussidiarietà orizzontale, sussidiarietà verticale. Tutti temi che conosciamo.
Dimenticavo un argomento evocato dai colleghi Giovanelli, Stucchi e da ultimo anche dal collega Mannino: sulla riforma della pubblica amministrazione sembra che pesi una maledizione. Tutti ci provano, ma nessuno ci riesce. Ci sarà una qualche ragione. Nel modo di vedere da economista, la individuo nella mancanza di tensione Paese nei confronti di questo hub fondamentale che è la pubblica amministrazione.
Mi spiego meglio: in passato abbiamo potuto sostenere in qualche maniera la competitività del sistema Paese attraverso svalutazioni competitive della nostra moneta. Recuperavamo competitività svalutando la nostra moneta, come ho accennato durante la precedente audizione. Poco importava che non avessimo le infrastrutture necessarie, o una pubblica amministrazione inefficiente, o una scuola non funzionante o quant'altro, tanto la competitività del nostro sistema Paese la recuperavamo svalutando la lira di svariati punti percentuali ad ogni colpo.
Oggi non è più così, poiché si compete a livello di sistema, quindi la consapevolezza del Paese, delle imprese e delle famiglie è tale per cui, forse, non ci sarà più consentito di fallire.
Posso esprimere anche una piccola auto assicurazione da economicista: la situazione economica del nostro sistema Paese, la sua condizione di bassa crescita, ci porta a non poter più fallire. Per questo ritorno al concetto che la missione da eseguire o sarà una missione comune, o non sarà, perché è una missione Paese.
Ipotizzo pertanto una soluzione della maledizione delle riforme della pubblica amministrazione grazie a un'esogena esterna: non possiamo più permetterci una pubblica amministrazione «palla al piede». Non voglio essere offensivo, ma attualmente la pubblica amministrazione rappresenta un freno per il Paese. Non possiamo più permettercelo, nei confronti delle famiglie, delle imprese, ma soprattutto degli italiani più deboli.


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Il collega Calderisi ha fatto due considerazioni molto puntuali. Con un po' di narcisismo, citerei una norma di cui sono stato suggeritore - ahimè - quindici anni fa, tuttora legge dello Stato, ma mai applicata, che riguarda gli sfondamenti nei costi dei contratti pubblici.
In passato (molto meno nel presente) venivano stanziate risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, ma ex post si verificava che quanto sborsato effettivamente era del 70-80 per cento superiore a quanto stanziato, per le ragioni più varie. Gli economisti parlano un po' astrattamente di slittamenti salariali, che in realtà sono frutto di tanti istituti che non venivano contemplati nel contratto e che operavano oltre il contratto stesso. Uno per tutti, l'upgrading fasce e qualifiche: dopo il contratto a livello centrale e periferico, è sufficiente mettere in atto un sistema di promozioni. Salendo tutti di un livello, si sale anche nei relativi livelli stipendiali. Il risultato è un tiraggio automatico che porta alla fine a spendere un 30, 40, 50 o 60 per cento in più.
Quando il professor Brunetta non esercitava questo mestiere, ma era solo professore, gli venne in mente un'idea un po' perversa, che venne trasformata in legge dall'allora Ministro Giugni: qualora fosse stato verificato lo sfondamento, la durata del contratto si sarebbe prolungata di un periodo tale da assorbire lo sfondamento stesso. Era una sorta di clausola di sicurezza implicita, come per le centrali nucleari.
È divertente rilevare che si tratta ancora oggi di una legge dello Stato, mai applicata per due ragioni: in primo luogo non si era trovato chi facesse i conti sullo sfondamento (neanche la Corte dei conti) e in secondo luogo perché non tutti sfondano alla stessa maniera. Infatti è facile indicare come soglia la pubblica amministrazione che sfonda del 30 per cento, ma dentro il 30 per cento ci sono quelli che rispettano il vincolo e quelli che arrivano fino al 70-80 per cento di sfondamento. Quindi, «per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno», come si leggeva un tempo in certi negozi. Si obietta, infatti, contro il prolungamento del contratto - tanto per fare un esempio quasi a caso - all'amministrazione centrale che è rientrata nei limiti, quando a sfondare sono stati altri enti locali. Questo è il livello del dibattito attuale.
Stiamo cercando di ripristinare questa stessa logica, collega Calderisi, dato che occorre comunque stabilire un meccanismo di controllo. Non è possibile stanziare 100 e poi erogare 130-140.

GIUSEPPE CALDERISI. Meglio a monte, che a valle!

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. L'ex ante è arduo. Il collega Calderisi ha citato la Corte dei conti, ma non so se essa sia attrezzata a questo fine. Comunque il tema è certamente presente, anche perché si finisce per punire i virtuosi, come sempre, per premiare i meno virtuosi. Una sorta di selezione al contrario.
Tutto ciò vuol dire, poi, onorare i contratti, poiché, quando si ha il controllo ex ante ed ex post su quanto stanziato, si cessa di stipulare contratti ad elastico. Oggi si rinnovano tardivamente i contratti, in quanto non si ha la capacità di fare i conti correttamente; il datore di lavoro soffre di sensi di colpa per il rinnovo tardivo e concede tutti gli arretrati; si forma un perverso senso di colpa circolare, per cui alla fine le dinamiche salariali nel settore pubblico sono normalmente doppie di quelle del settore privato esposto alla concorrenza, in archi temporali quadriennali.
Su questo, se volete, ho svolto una due diligence circa quattro anni fa in cui si dimostra, in maniera inoppugnabile, che le dinamiche salariali del settore pubblico, amministrazione per amministrazione, sono mediamente doppie di quelle del settore privato nel periodo di un quadriennio o di un doppio quadriennio.
Su efficienza, mobilità, sussidiarietà e liberalizzazione dei servizi pubblici locali, in parte ho già risposto. Confermo al collega Volontè che all'interno dei provvedimenti inclusi nel piano Tremonti c'è tutto questo.


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La nostra idea è quella di riconsiderare tutto il sistema delle pubbliche amministrazioni: sia quella centrale che quelle periferiche. Tutto ciò riguarda non solo gli articoli 117 e 118, ma anche il Titolo V della Costituzione. Anche su questo tema occorrerà fare riferimento all'approccio federalista. Faccio solo un esempio: ho parlato recentemente con l'amico Dominici, Presidente dell'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) e sindaco di Firenze, il quale mi parlava di come sganciare gli enti locali dall'ARAN. Per me andrebbe tranquillamente bene, purché gli enti locali, a loro volta, fossero responsabilizzati.
Vedete come le tematiche sono molto articolate.
L'onorevole Tassone mi parlava di un'organizzazione diversa dello Stato. Mi consenta di esemplificare la sua filosofia complessa: io chiamo tutto ciò federalismo; forse non basta, non voglio rispondere con una sola parola a una richiesta più complicata. La parola semplificante è federalismo. Se noi realizziamo un federalismo che vuol dire responsabilità - non solo federalismo fiscale, ma anche contrattuale, responsabile nella semplificazione - questa sarà una prima risposta alla sua esigenza di riorganizzazione dello Stato.
Rispondo per ultimo al collega Mannino, riportando un esempio legato alla mia esperienza personale, nessuno se ne abbia a male. La Valle d'Aosta conta un numero di carabinieri simile a quello della Liguria, pur avendo un decimo circa della popolazione della Liguria. Forse sarebbe il caso di prevedere il benchmarking anche in questo settore e, più in generale, dappertutto.

LINDA LANZILLOTTA. Anche in Sicilia.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Sì, anche in Sicilia.
Finisco con l'Europa, venendo al Trattato di Lisbona: speriamo che gli Irlandesi si mettano una mano nella coscienza e nel portafoglio, pensando a quanto l'Europa abbia migliorato la loro qualità della vita, ma questo è un mio auspicio da europeista, dato che, mi sembra, votino oggi per la ratifica del Trattato.
Il Trattato di Lisbona, nella speranza che venga approvato e ratificato, prevede proprio un coordinamento e una base giuridica europea in tema di pubblica amministrazione. Penso che questo sia un chiodo fondamentale per tutti noi, così come il Processo di Lisbona, cioè la strategia economica che si è data all'Europa per crescere e migliorare la qualità dell'Europa e della vita; penso che sia l'altro grande chiodo cui dobbiamo agganciarci.
Trattato di Lisbona e Processo di Lisbona debbono essere i due punti di riferimento del nostro processo di riforma della pubblica amministrazione. Quest'ultima non è più un'interna corporis, bensì un enorme, fondamentale fattore competitivo.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Brunetta anche per essere riuscito a contenere le tante considerazioni e osservazioni nel tempo che ci eravamo prefissi. Mi auguro di cominciare al più presto a discutere nel merito i singoli provvedimenti e di riaverla qui con noi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,35.

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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