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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione III
10.
Martedì 4 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Audizione del rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, sull'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Stefani Stefano, Presidente ... 3 8 10 12
Antonione Roberto (PdL) ... 9
Barbi Mario (PD) ... 9
Boniver Margherita (PdL) ... 9
Nelli Feroci Ferdinando, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 3 10
Tempestini Francesco (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 4 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, sull'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci.
Con questa audizione la Commissione inizia gli approfondimenti conoscitivi sull'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna, che proseguiranno con le audizioni degli ambasciatori Fagiolo e Massolo.
Ricordo che la Commissione ha iniziato l'esame della relativa proposta di decisione del Consiglio dell'Unione europea il 20 aprile e che lo scorso 26 aprile è stato raggiunto un accordo politico dai Ministri degli esteri dell'Unione europea, il cui testo è in distribuzione.
Do la parola all'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci.

FERDINANDO NELLI FEROCI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Grazie presidente, grazie dell'invito. Sono qui per aggiornare la Commissione sullo stato di avanzamento dei lavori per la creazione del Servizio comune per l'azione esterna.
L'impegno a creare il Servizio comune per l'azione esterna è previsto dal Trattato di Lisbona all'articolo 27 comma 3, dove si dice che l'Alto rappresentante, che esercita anche le funzioni di vicepresidente della Commissione, sarà assistito da un Servizio europeo per l'azione esterna, che lavorerà in collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri e che sarà composto da funzionari del Segretariato generale del Consiglio, della Commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali.
Il Trattato di Lisbona è alquanto laconico, perché prevede solo che organizzazione e funzionamento del Servizio saranno fissati successivamente da una decisione che il Consiglio delibererà su proposta dell'Alto rappresentante, previa consultazione del Parlamento e previa approvazione della Commissione.
Su queste basi alquanto generiche e generali, si era cominciato a lavorare fin dal 2005, per avviare la preparazione della creazione del Servizio, lavori interrotti dai primi due referendum in Francia e nei Paesi Bassi. Si era ricominciato nel 2008, con un'ulteriore interruzione a causa del primo referendum in Irlanda. Si è ripreso nelle 2009, a partire dall'inizio della presidenza svedese e soprattutto nella prospettiva del successivo imminente referendum in Irlanda, che poi si è svolto con esito positivo. I lavori si sono accelerati e hanno portato alla preparazione di un primo rapporto, che costituisce il fondamento


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dei lavori successivi e che è stato approvato dal Consiglio europeo dell'ottobre del 2009.
Su questa base, una volta insediata nelle sue funzioni, l'Alto rappresentante, signora Ashton, nel mese di marzo ha presentato un progetto di decisione. Si è lavorato intensamente in sede di Consiglio fino all'evento da lei citato, presidente, ovvero la constatazione di un accordo politico sulla proposta di decisione, che è intervenuta in occasione del Consiglio affari esteri del 26 aprile scorso.
Accordo politico significa constatazione di una larga convergenza sugli elementi di fondo della decisione da parte degli Stati membri. Non ancora un accordo formale, perché manca il parere del Parlamento europeo, che è obbligatorio ma non vincolante, e che verrà verosimilmente deliberato nel contesto del pacchetto di decisioni di natura legislativa necessarie per avviare a operatività il Servizio che richiedono anche modifiche del regolamento finanziario e del regolamento sullo statuto del personale, lo staff regulation e il financial regulation.
Successivamente, si renderà inoltre necessario approvare anche un bilancio rettificativo, per finanziare i costi addizionali, che saranno necessari per dare avvio all'operatività del servizio.
Vorrei esaminare rapidamente gli elementi costitutivi più significativi di questa decisione, su cui abbiamo constatato l'accordo politico. Il testo è composto da 12 articoli abbastanza strutturati e complessi, che equivalgono ad altrettanti capitoli o sezioni.
L'articolo 1 definisce la natura e le funzioni del Servizio comune; viene ribadito che il Servizio è un'entità funzionalmente autonoma, distinta e separata sia dalla Commissione che dal Consiglio, dotata di una natura giuridica sui generis, assimilata per molti aspetti alle due istituzioni, dotata di un bilancio autonomo di funzionamento. Viene stabilito il principio secondo cui il Servizio opera sotto l'autorità dell'Alto rappresentante e funziona come sua struttura di supporto, come ulteriormente precisato all'articolo 2.
L'articolo 2 definisce la funzione di sostegno all'Alto rappresentante nell'esecuzione del suo mandato e delle sue funzioni, ma anche un compito di assistenza al Presidente del Consiglio europeo, alla Commissione e in particolare al suo presidente nell'esercizio delle rispettive funzioni.
L'articolo 3 chiarisce il principio di cooperazione, già previsto dal trattato ma ulteriormente illustrato in questo articolo, in base al quale il Servizio lavora in stretta collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri, ma anche con il Segretariato generale del Consiglio e con i servizi della Commissione, al fine di assicurare coerenza con l'azione della Commissione nelle aree che restano di sua competenza nell'ambito della politica estera e con il Parlamento europeo, per il quale è prevista una specifica disposizione, che stabilisce il principio di leale collaborazione da parte del Servizio.
L'articolo 4 definisce per sommi capi la struttura dell'amministrazione centrale, stabilendo che il Servizio opererà sotto l'autorità dell'Alto rappresentante, ma sarà diretto da un Segretario generale con funzioni esecutive responsabile del funzionamento del Servizio, che sarà a sua volta assistito da due vicesegretari generali.
Le funzioni dei due vicesegretari generali sono state illustrate a titolo preliminare dall'Alto rappresentante, ma non sono ancora definitivamente fissate. Si tratta di una decisione che verrà successivamente presa dall'Alto rappresentante. Sotto questa triade di posizioni apicali, di top management del servizio, verrà creato un certo numero di direzione generali, verosimilmente quattro o cinque per area geografica, e altre - non è chiaro quante - con competenze tematiche. Saranno istituite strutture di supporto nel campo amministrativo e gestionale. Vengono confermate, sia pure con una relativa autonomia rispetto alle direzioni generali, le strutture di pianificazione e di gestione della crisi, e viene fissato il principio per cui il Servizio sarà dotato delle necessarie strutture di supporto amministrativo, finanziario e contabile.


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L'articolo 5 affronta il tema delle delegazioni dell'Unione. Il Servizio si compone di una struttura centrale a Bruxelles e delle delegazioni, che ne sono parte integrante. Con il trattato diventano delegazioni dell'Unione e viene loro assegnato un compito di rappresentanza esterna dell'Unione. Verranno gestite sotto l'autorità di un capo delegazione e composte prevalentemente, ma non esclusivamente di personale del Servizio.
È infatti passato il principio secondo cui nelle delegazioni figureranno anche funzionari della Commissione, che eserciteranno presso le delegazioni le competenze proprie della Commissione, in particolare nel campo del commercio internazionale, dell'allargamento laddove ci sono Paesi in negoziato di adesione, ma soprattutto nel campo della gestione e attuazione di programmi e progetti di assistenza a Paesi terzi.
Il capo della delegazione riceve le istruzioni direttamente dall'Alto rappresentante, e i funzionari della Commissione che sono inseriti nella delegazione potranno ricevere istruzioni direttamente dalla Commissione, ma le eseguiranno sotto l'autorità del capo della delegazione, al fine di assicurare coerenza all'azione esterna dell'Unione e coordinamento tra le competenze proprie del Servizio e quelle che restano della Commissione.
L'articolo 6 affronta i problemi di personale. Ribadisce il principio che il Servizio comprende, in una fase transitoria fino al 2013, unicamente personale proveniente dalla Commissione, dal Segretariato del Consiglio e dalle diplomazie nazionali, ma prevede che, a partire dal 2013, sia consentito l'accesso anche al personale proveniente da altre istituzioni dell'Unione, in particolare dal Parlamento europeo.
Lo stesso articolo 6 fissa altri criteri di gestione del personale, stabilendo che l'Alto rappresentante sia l'unica persona incaricata di reclutare personale e di affidare compiti all'interno del Servizio. Viene sancito l'importante principio della parità di trattamento, di funzioni e di responsabilità fra le tre componenti di personale che andranno a costituire il Servizio, per cui i funzionari che vengono dalla Commissione, dal Consiglio e dagli Stati membri avranno le stesse responsabilità, le stesse funzioni e lo stesso trattamento. Viene sancito il principio della rotazione nelle funzioni sia per i diplomatici nazionali che per i funzionari provenienti dalla Commissione e dal Consiglio, e ribadito l'obiettivo per cui un terzo del personale del servizio dovrà provenire dalle diplomazie nazionali.
Gli articoli successivi affrontano il tema del bilancio e della gestione dei fondi di cooperazione. L'articolo 8 in particolare affronta la delicata questione della ripartizione di competenze tra Servizio e Commissione, per la gestione dei programmi di cooperazione con i Paesi terzi, questione che nei mesi scorsi ha visto impegnati in un difficile negoziato la Commissione, gli Stati membri e l'Alto rappresentante.
L'accordo è stato trovato su una formula che prevede una ripartizione di competenze di tipo orizzontale, secondo cui il Servizio è competente per le prime tre fasi del ciclo del programma, che sono praticamente la fase che consiste nella definizione delle risorse a disposizione di ogni Paese e di ogni regione, nella definizione della programmazione strategica per Paese e per regione e nella definizione dei programmi indicativi nazionali e regionali, mentre la Commissione rimarrà competente per la gestione, l'attuazione e la rendicontazione, quindi per la fase operativa gestionale dei programmi di cooperazione.
Gli articoli conclusivi recano disposizioni che consentiranno al Servizio di operare anche sotto il profilo dell'accesso ai documenti, della sicurezza e della disponibilità degli immobili.
La nostra valutazione di questo risultato è complessivamente positiva. L'accordo siglato il 26 aprile è il risultato di un negoziato non facile, perché inizialmente la Commissione ha avuto molte resistenze nel rinunciare a competenze proprie.
Grazie a uno sforzo di buona volontà e nonostante manchino alcuni elementi molto importanti, il Governo ha espresso


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una valutazione positiva di questo accordo. Vi sono infatti le basi per proseguire il negoziato con il Parlamento europeo in vista di un parere che ci auspichiamo possa essere positivo, anche se non abbiamo idea di quando potrà essere deliberato dal Parlamento stesso, e per definire le ulteriori fasi che mancano per fare chiarezza sul quadro degli impegni da realizzare per dar vita al Servizio.
Su un punto in particolare abbiamo chiesto e ottenuto l'impegno dell'Alto rappresentante. Abbiamo chiesto informazioni circa la questione dell'organigramma, ovvero su quante persone dovranno comporre il servizio, e circa la questione collegata del cosiddetto establishment plan, cioè la programmazione degli inserimenti nel Servizio del personale diplomatico proveniente dai servizi nazionali. Sappiamo con certezza che la Commissione disporrà il trasferimento in blocco di circa 600 posti-funzione dalla Commissione al servizio, e che il Consiglio disporrà il trasferimento in blocco di circa 200 posti-funzione dal Segretariato del Consiglio al Servizio comune. Avremo quindi un trasferimento in blocco nel Servizio di circa 800 unità ai vari livelli.
Per rispettare gli impegni assunti, anche a più alto livello, per cui un terzo dell'organico sarà composto da funzionari nazionali, circa 350-400 posti dovrebbero essere messi a disposizione degli Stati membri, per i quali dobbiamo avere conferma dall'Alto rappresentante. Dobbiamo avere infatti precise indicazioni su quanti di questi posti siano attualmente disponibili sul bilancio di Commissione e Consiglio, in quanto posti vacanti da riempire sia pure con procedure di reclutamento diverse, e per quanti sia invece necessario creare nuovi posti da finanziare con un bilancio rettificativo. Abbiamo dunque l'esigenza di sapere al più presto quanti di questi posti dobbiamo coprire, quanto costeranno e come opereremo per la copertura delle relative spese.
Su questi aspetti non abbiamo ancora avuto indicazioni precise, così come anche sul phasing-in, sul meccanismo transitorio che dal settembre di quest'anno fino alla fine del 2013 l'Alto rappresentante intende attuare per realizzare l'obiettivo di un terzo dei posti da assegnare ai diplomatici nazionali.
Se partiamo dal presupposto che la Commissione trasferisca in blocco 600 persone e il Consiglio altre 200, dobbiamo capire su quali posizioni, attraverso quale tempistica e attraverso quali modalità si inseriranno e dove si inseriranno i diplomatici nazionali, che ognuno degli Stati membri è pronto a mettere a disposizione del servizio. Queste sono le criticità aperte.
Una delle questioni più delicate emerse nel corso di questi mesi di negoziato, che in parte resta ancora aperta nel rapporto dialettico tra Consiglio, Alto rappresentante e Parlamento europeo, è quella relativa alla natura giuridica e alla collocazione istituzionale del Servizio. Fin dall'inizio, abbiamo optato per questa scelta di terzietà rispetto a Commissione e Consiglio, abbiamo individuato nell'ipotesi di una natura sui generis, assimilabile a quella di una istituzione, ma distinta dalle istituzioni, la soluzione più coerente con il dettato del Trattato di Lisbona.
Nel Parlamento europeo prevale ancora una posizione favorevole ad assimilare molto di più il Servizio alla Commissione, considerandolo come una sorta di appendice o di struttura dipendente dalla Commissione. Questo consentirebbe al Parlamento europeo di esercitare ben altre forme di controllo sul Servizio. Ma è una questione sulla quale difficilmente si può trovare un compromesso sulla base indicata dal Parlamento europeo. Tra l'altro, questo dibattito è solo apparentemente teorico, perché dalla natura sui generis e autonoma del Servizio derivano le responsabilità in materia di bilancio per l'Alto rappresentante. Secondo la formula che abbiamo sostenuto e indicato nella decisione, l'Alto rappresentante diventa l'autorità competente a impegnare spesa soprattutto per la parte che riguarda le spese di funzionamento del Servizio, non per la parte fondi di cooperazione, che restano responsabilità della Commissione.
Quanto allo statuto del personale, per l'inserimento dei diplomatici nazionali abbiamo


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individuato la formula dell'agente temporaneo, figura già prevista dallo statuto dei funzionari europei. Abbiamo dovuto introdurre accorgimenti per consentire la piena e totale parificazione, in modo che non ci fossero differenze di status sotto alcun profilo tra diplomatici nazionali, quando saranno inseriti nel servizio, e funzionari provenienti dalla Commissione e dal Consiglio, così come abbiamo dovuto inserire normative ad hoc in materia di mobilità nelle funzioni.
L'altra questione oggetto di un lungo dibattito, poi finalmente conclusosi con un compromesso, è quella delle competenze in materia di aiuti allo sviluppo e di fondi di cooperazione con Paesi terzi. Fino a poche settimane fa, la Commissione difendeva una posizione secondo cui avrebbero dovuto mantenere le proprie competenze in materia di fondo europeo di sviluppo, e quindi tutta la parte dei rapporti con i Paesi ACP. Soltanto grazie a un pressing negoziale delle ultime settimane si è riusciti a trovare un compromesso su quella formula di ripartizione orizzontale a cui ho accennato.
Restano il problema molto delicato per gli Stati membri di avere maggiori informazioni sull'organigramma e sull'establishment plan, e un'esigenza di vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei meccanismi di reclutamento del personale nazionale. Sia la decisione che il rapporto adottato dal Consiglio europeo di ottobre hanno fissato il principio secondo cui il reclutamento dovrà avvenire su base di merito e di riconoscimento delle professionalità, ma con un'esigenza di contemperamento in base al criterio dell'equa ripartizione geografica. Questo è un punto particolarmente sensibile per i Paesi di nuova adesione, che hanno pochissimi funzionari nella direzione generale della Commissione che viene trasferita al Servizio, e hanno una fortissima esigenza di colmare questi vuoti con funzionari nazionali.
Un punto che non è stato affrontato, perché l'Alto rappresentante lo ha volutamente lasciato aperto per una sua proposta che verrà probabilmente dopo l'estate riguarda i rappresentanti speciali, argomento ben noto all'onorevole Fassino. L'Alto rappresentante ha prorogato fino al mese di agosto tutti i rappresentanti speciali attualmente in carica, ma si è riservata di farci sapere se, come e quanti rappresentanti speciali intenda nominare quando il Servizio comincerà ad essere operativo, e in che modo collegherà il lavoro, la mission, dei rappresentanti speciali con le strutture del Servizio. Su questo lasciamo che il lavoro proceda e aspettiamo indicazioni entro l'estate dall'Alto rappresentante.
Per chiudere il pacchetto legislativo è necessario chiudere in codecisione la revisione dei regolamenti sul personale e sul bilancio con il Parlamento europeo. Non ci sono ostacoli sostanziali, ma c'è un problema di consultazione delle organizzazioni sindacali dell'Unione europea, in particolare della Commissione e del Consiglio, che non consente alla Commissione di presentare una proposta formale sullo staff regulation. Ci auguriamo che entro giugno o luglio siano concluse le procedure di codecisione, e che quindi per quella data tutto il pacchetto legislativo possa essere finalizzato, compreso il parere sulla proposta di decisione.
Per quanto riguarda le priorità italiane, abbiamo fortemente sostenuto la natura sui generis e quindi la piena autonomia del Servizio rispetto alla Commissione, e una visione ambiziosa del Servizio, in grado di sostenere pienamente l'Alto rappresentante nella sua complessa missione. Abbiamo sostenuto l'idea che il Servizio dovesse avere dovesse avere desk geografici per tutto il mondo, senza eccezioni, quindi competenze anche per i Paesi dell'area dell'Africa, dei Carabi e del Pacifico e quindi sulla programmazione del fondo europeo di sviluppo. Siamo stati molto fermi nel chiedere procedure di selezione trasparenti e l'inserimento di rappresentanti di Stati membri nei panel di selezione del personale. Abbiamo chiesto infine, per ora senza soddisfazione, ma ci auguriamo di avere entro un mese indicazioni più precise, chiarezza sull'organigramma e sullo start-up, la fase di avvio,


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per poter programmare sotto il profilo interno la messa a disposizione di funzionari nazionali.
L'ultimo punto, sul quale il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, si è particolarmente impegnato, è il principio della formazione comune. Un nuovo servizio che si forma con una composizione così variegata deve sviluppare una cultura comune, una sorta di business model condiviso; e abbiamo insistito perché questo si realizzi attraverso formule di formazione da realizzare in istituti europei e abbiamo lanciato la candidatura dell'Istituto universitario europeo di Firenze.
Non mi dilungo su quanto si sta facendo sul piano interno, perché ho sentito dal presidente che l'ambasciatore Massolo sarà prossimamente audito sullo stesso argomento. Da mesi è avviata una preparazione sul piano interno tale da consentirci di far fronte agli impegni di messa a disposizione del personale all'altezza delle aspettative e delle ambizioni di un Paese come il nostro.
Il numero complessivo di diplomatici nazionali che a regime dovrebbero essere integrati nel servizio potrebbe oscillare realisticamente - uso il condizionale perché non abbiamo dati certi - tra i 350 e i 400. Se consideriamo che la nostra partecipazione al bilancio dell'Unione è dell'ordine del 12-13 per cento, si può avere una cifra di riferimento, ma non è una cifra fissa, non ci sono quote nazionali: c'è un equilibrio complessivo di cui si dovrà far carico l'Alto rappresentante tra meriti, qualifiche professionali e distribuzioni fra Paesi membri.
Sono pronto a rispondere a eventuali quesiti.

PRESIDENTE. La ringrazio, ambasciatore. Con il vostro consenso, onorevoli colleghi, vorrei per la prima volta regolamentare i tempi di intervento, limitandoli a quattro minuti ciascuno.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO TEMPESTINI. Ringrazio l'ambasciatore, che è stato molto puntuale e preciso. Non è di retorica, perché lei ha formulato punti di criticità accanto ai punti positivi.
La mia prima domanda riguarda un punto interrogativo che si colloca a monte. Vorrei sapere come prefiguri il processo di formazione della politica estera comune, considerando a regime il Servizio esterno.
Sino ad oggi c'è un Consiglio dei ministri europeo mensile, ma qui entriamo in un campo per taluni versi inesplorato, per cui dobbiamo portare a unificazione la politica estera europea, valutare in che rapporto il Servizio sia con gli Stati in termini di procedure e di decisioni comuni, come si determinerà il processo attraverso cui le singole volontà, i singoli orientamenti degli Stati troveranno una posizione di mediazione, compromissoria comune. Questo mi sembra un tema di assoluto rilievo, perché, credendo nella costruzione del Servizio comune, sappiamo che questa riduce l'ambito delle diplomazie nazionali.
A questo proposito, pongo una piccola domanda accessoria: per quanto riguarda le sedi nelle varie nazioni, che saranno le ambasciate europee, è possibile prevedere che in alcuni casi la rappresentanza europea possa assorbire le rappresentanze dei singoli Stati? Valuteremmo questo come un elemento positivo perché va nella direzione di unificare la politica estera comune.
Tra le criticità mi sembra che per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo sia stata trovata una soluzione che garantisce soddisfazione al Servizio e «ridimensiona» la Commissione, perché tutta la fase strategica e decisionale è nelle mani del Servizio, e alla Commissione resta il compito dell'attuazione della gestione. Nonostante questo, la costruzione della decisione del lavoro nelle sedi diplomatiche ha caratteristiche di complessità che volevo farle rilevare.
Vorrei sapere che ruolo abbia la questione del Comitato consultivo rispetto alla criticità maggiore, che riguarda in linea non di principio, ma di fatto, l'integrazione dei diplomatici di provenienza nazionale che sarà completata entro il 2013


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dovendo intanto il Servizio funzionare. Vorrei quindi sapere come i diplomatici di provenienza nazionale si inseriranno in una cosa già avviata.

MARIO BARBI. Cercherò di essere telegrafico, signor ambasciatore, e di concentrarmi su alcuni aspetti, anche quantitativi. Mi sembrava di aver letto che il Servizio, una volta a regime, avrebbe presumibilmente occupato circa 3.000 persone. Lei ci ha parlato di 800 posizioni distaccate tra Commissione e Segretariato più un terzo di provenienza nazionale, quindi si tratta di circa 1.200 persone. Vorremmo sapere se in questi 1.200 non rientrino le delegazioni, e quali siano le proiezioni sul personale che si prevede di impiegare nel Servizio. Questo è un aspetto quantitativo non del tutto irrilevante per la questione che trattiamo.
Vorrei sapere se lei consideri del tutto superate e infondate le obiezioni del Parlamento europeo per quanto attiene alla questione della Commissione, la comunitarizzazione di queste politiche, la decomunitarizzazione intergovernativa, o se creda che la questa questione posta abbia qualche fondamento. Le chiedo di approfondire.
Ho capito la soluzione ingegnosamente elaborata dell'autonomia funzionale del Servizio con tutti gli obblighi di collaborazione, l'Alto rappresentante che presiede il Consiglio esteri, essendo anche vicepresidente della Commissione, che conduce la politica estera d'intesa con i governi. Si tratta di una costruzione non semplice da far funzionare, per cui le chiederei di dirci se, oltre all'ingegnosità, possiamo attenderci una funzionalità di questa costruzione.
In relazione alla cooperazione le tre fasi della programmazione stanno in capo all'Alto rappresentante: la quantificazione delle risorse, la loro allocazione strategica, la ridistribuzione per i Paesi, ma poi della gestione si occupa la Commissione. Su questo punto sarebbe opportuno qualche approfondimento ulteriore, per chiarire quale rapporto vi sia tra questo e la revisione prevista in un tempo relativamente breve, che consente di correggere.
In una nota di un'agenzia europea che riferiva di questo accordo del 26 aprile, si parla anche delle lingue di lavoro del Servizio: inglese, francese, tedesco. Ho letto che l'Alto rappresentante ne conosce una, ma la questione delle lingue di lavoro ci interessa. Mi fermo qui, anche se ci sarebbero molte altre questione di grande interesse.

ROBERTO ANTONIONE. Desidero innanzitutto ringraziare l'ambasciatore Nelli Feroci per la relazione puntuale, precisa e dettagliata, dalla quale emerge che sono ancora aperte molte questioni fondamentali, alle quali è rivolta l'attenzione della nostra rappresentanza a Bruxelles e del Governo tutto, per fare in modo che le scelte siano in linea con le nostre esigenze, i nostri interessi.
Le questioni poste dai colleghi interessano anche me. Vorrei sapere dall'ambasciatore se vi siano già candidature per quanto riguarda il Segretario generale, che, avendo poteri esecutivi, sembrerebbe la figura più importante per far funzionare la macchina, e per i due vice, e se, rispetto a questa partita strategicamente determinante, ritenga che noi come Parlamento possiamo fare qualcosa, perché tecnicamente voi siete dentro la macchina e sapete come funziona, ma noi dobbiamo compiere ogni sforzo per collaborare e ottenere un risultato positivo.

MARGHERITA BONIVER. Anch'io vorrei ringraziare l'ambasciatore, che è stato di una chiarezza e di una precisione tali da spaventarmi, perché, non essendomi mai occupata della nascita di questa cosa, ho avuto l'impressione che dal Trattato di Lisbona si sia riusciti a costruire un labirinto per il Minotauro. È una cosa veramente impressionante e mi pongo una domanda assolutamente retorica, perché non ci sono possibilità di rientro da questo labirinto intricato, ma forse il finale di partita ci porterà a vedere le rinnovate delegazioni come organismi snelli e coerenti.
La mia domanda retorica, alla quale non pretendo che l'ambasciatore desideri


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rispondere, è se tutto questo sarà veramente utile al sostegno di una politica estera dell'Unione europea, che stenta a decollare non a causa del Servizio per l'azione esterna, ma per mille altri motivi non tutti squisitamente politici, salvo le solite eccezioni che riguardano gli aiuti concreti a Paesi terzi, che sembrano funzionare abbastanza bene.
Dove c'è sostanza, quindi, l'Unione europea funziona egregiamente, dove la sostanza materiale manca, mi sembra che l'Unione europea si stia complicando inutilmente la vita, anche se apprezzo molto il keyword ripreso dalle risoluzioni del Parlamento europeo, ovvero trasparenza, trasparenza e trasparenza. La trasparenza non può essere fine a se stessa, laddove reputo che questo Servizio, prima ancora di nascere, mi sembra sia diventato una struttura unmanageable.

PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatore Nelli Feroci per la replica.

FERDINANDO NELLI FEROCI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Il quesito che mi ha posto l'onorevole Boniver non è diverso da quello inizialmente posto dall'onorevole Tempestini. Il Servizio, di per sé, non è un valore aggiunto e non garantisce che la politica estera d'Europa faccia un balzo in avanti significativo solo perché stiamo faticosamente creando e un giorno avremo il Servizio comune per l'azione esterna.
L'idea di integrare tre componenti diverse per origine in un'unica struttura al servizio di questa figura nuova dell'Alto Rappresentante, una volta chiusa questa complicata fase di transizione, metterà a disposizione dell'Alto rappresentante una struttura più complessa e articolata, che garantirà strumenti nuovi prima non a disposizione dell'Unione. Se però non c'è la volontà politica, se non c'è la forte determinazione a procedere sulla strada di una politica estera autorevole, visibile e riconosciuta, il Servizio da solo non basta.
Non c'è dubbio che questa fase di costruzione sia stata caratterizzata da una complessità, che probabilmente i padri costituenti non avevano immaginato. Questo è il minimo che mi sento di dire avendo vissuto intensamente questi mesi di negoziato. Ma con una visione ottimistica ci auguriamo che questa fase transitoria si concluda rapidamente e si possa passare alla fase dell'operatività, mettendo alla prova questa nuova struttura.
Deve essere chiaro che né le delegazioni dell'Unione europea né il Servizio comune di cui le delegazioni sono parte integrante sono destinati a sostituire le diplomazie nazionali. Queste continueranno ad avere il loro ruolo. Cambierà solo la circostanza che nei Paesi terzi e presso gli organismi internazionali, a conclusione di una fase transitoria, le delegazioni dell'Unione avranno una funzione, un compito di rappresentanza esterna della posizione comune dell'Unione. La responsabilità che prima ogni sei mesi si trasferiva da un'ambasciata all'altra ora rimane in pianta stabile in capo alla delegazione dell'Unione, che ha il compito di rappresentanza esterna dell'Unione e delle posizione comuni dell'Unione in materia di politica estera.
Il tema del ciclo del programma è stato affrontato sia dall'onorevole Tempestini che dall'onorevole Barbi. La soluzione che abbiamo individuato, sia pure a conclusione di un processo non semplice, sulla carta dovrebbe funzionare. Chi ha seguito gli annosi dibattiti sulla riforma della cooperazione italiana conosce bene questo dibattito su dove distinguere le competenze in materia di ciclo del programma.
L'idea di attribuire al Servizio i compiti di programmazione strategica e anche di definizione dei programmi indicativi nazionali è coerente con l'idea di attribuirgli tutti gli strumenti propri di una politica estera efficace. Un notevole numero di Paesi terzi, in aree quali Africa, Carabi e Pacifico, ha relazioni con l'Unione spesso quasi esclusivamente in attività di cooperazione. Se avessimo tolto al Servizio la possibilità di programmare e negoziare le attività di cooperazione con questi Paesi terzi, gli avremmo tolto qualsiasi possibilità di agire nei confronti di questi Paesi o di queste regioni.


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La domanda sulla funzione del Comitato consultivo è stata posta dall'onorevole Tempestini, mentre il quesito sull'organigramma complessivo è stato posto dall'onorevole Barbi. Risponderò insieme. Sono effettivamente circolate cifre anche sulla stampa internazionale, normalmente considerata autorevole, ma allo stato attuale sono prive di fondamento, perché le cifre concrete su cui possiamo lavorare oggi sono i 600 uomini che la Commissione è disponibile a mettere a disposizione del Servizio tra gli headquarter a Bruxelles e le delegazioni, i 200 uomini che il Segretariato del Consiglio mette a disposizione, che sono tutti a Bruxelles.
Si arriva a 800, ma potranno essere 850, con margini di incertezza che derivano dallo status degli esperti nazionali distaccati, ma non modificano di molto il dato complessivo. Se in coerenza con queste cifre consideriamo il terzo che deve essere dei Paesi membri, dovremmo poterne aggiungerne circa 400. Questa è oggi prevedibilmente la cifra su cui si dovrebbe attestare la proposta dell'Alto rappresentante, che però ancora non conosciamo. Sappiamo solo che per ogni posto in più che dobbiamo prevedere rispetto agli organici di Commissione e Consiglio ci sarà un costo da sostenere, un aumento di spesa a carico della rubrica 5 nel bilancio dell'Unione, che sono le spese di funzionamento delle istituzioni.
Il Comitato consultivo è uno strumento che già oggi funziona nella Commissione per il reclutamento e per l'assegnazione dei posti-funzione. Nel caso specifico, si tratta di estendere la partecipazione ai Comitati consultivi anche ai rappresentanti degli Stati membri, così da garantire il massimo della trasparenza nelle procedure di selezione del personale. Una volta passato lo screening del Comitato consultivo, i colloqui sulla short list dei candidati verranno fatti direttamente con l'Alto rappresentante per i posti apicali e con i dirigenti del Servizio per i posti al di sotto di quelli apicali. Abbiamo quindi replicato il modello di reclutamento della Commissione, con l'inserimento significativo dei rappresentanti degli Stati membri, per garantire quella terzietà di cui il Servizio dovrebbe essere espressione.
Per quanto riguarda le questioni sollevate dal Parlamento europeo sul collegamento fra Servizio e Commissione, dal punto di vista del Parlamento europeo è comprensibile la richiesta di un'assimilazione o tendenziale assimilazione alla Commissione, ma dal punto di vista della coerenza con le disposizioni del Trattato la soluzione che abbiamo individuato è la più corretta e l'unica attualmente praticabile. Credo che l'accordo con il Parlamento europeo si farà riconoscendogli un ruolo maggiore di controllo politico sull'operato dell'Alto rappresentante e del Servizio comune per l'azione esterna.
Un punto su cui il Parlamento europeo ha molto insistito, ottenendo soddisfazione, è che di fronte ad esso compaiano a rappresentare il Servizio soltanto personalità politiche, quindi, non dei deputy con status di funzionari, ma personalità politiche. L'Alto rappresentante ha proposto con il consenso degli Stati membri di farsi rappresentare, quando non potrà presentarsi personalmente, alla plenaria o alle Commissioni del Parlamento europeo dai due o tre commissari che appartengono alla famiglia Relex o dal ministro del Paese che esercita la presidenza semestrale o dai rappresentanti speciali, se e quando li avrà nominati, o addirittura, formula questa più controversa, su delega e autorizzazione del Consiglio, da altri ministri di Paesi membri anche se non con incarico di presidenza semestrale.
Il problema delle lingue è molto sensibile. Non è stato sollevato pubblicamente, ma privatamente abbiamo già segnalato all'Alto rappresentante - l'ho fatto personalmente con il suo più diretto collaboratore - che l'adozione di un regime trilinguistico nel Servizio non sarebbe per noi una soluzione accettabile. Le lingue della politica estera sono tradizionalmente il francese e l'inglese, per cui non vediamo alcun motivo, una volta che abbiamo fatto passare il principio dell'autonomia del Servizio dalla Commissione, per trasferire automaticamente al Servizio un regime


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trilinguistico che si è imposto surrettiziamente nella Commissione e che noi contrastiamo sistematicamente in ogni occasione.
La partita è aperta, perché nessuno ha sollevato il problema pubblicamente date le implicazioni che certo non vi sfuggono, ma sappiamo che sotterraneamente ci sono spinte e controspinte, quindi sarà un tema sul quale occorrerà mantenere una certa vigilanza.
Se a qualcuno venisse la tentazione di far passare anche il tedesco come lingua di lavoro, in sede di approvazione del bilancio del Servizio avremo la possibilità di opporci quando si tratterà di autorizzare le spese di interpretariato e di traduzione.
L'ultima questione è stata posta dall'onorevole Antonione riguardo alle candidature. Abbiamo autorevoli candidature, una delle quali per una posizione apicale. Ritengo che non sia opportuno fare nomi, anche perché troppi nomi sono circolati in questo periodo sulla stampa e fuori dalla stampa: ma certamente abbiamo un ottimo candidato per una posizione apicale; abbiamo candidati per le posizioni immediatamente al di sotto; abbiamo presentato 10 candidature italiane per altrettanti posti di capi delegazione su un lotto di 32 posti di capo delegazione, che la Commissione ha aperto alla «concorrenza» dei diplomatici nazionali ancor prima che il Servizio entrasse in vigore. Le selezioni inizieranno a partire dalla settimana prossima e la procedura si dovrebbe concludere prima dell'estate o immediatamente dopo. Abbiamo presentato ottime candidature, quindi stiamo concorrendo ad armi pari.
Credo di aver risposto a tutti i quesiti.

PRESIDENTE. Nel ringraziare l'ambasciatore Nelli Feroci, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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