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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
52.
Mercoledì 21 novembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del Direttore del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'economia e delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, sulle problematiche relative all'attuazione della disciplina tributaria della cedolare secca sui redditi da locazione e dell'imposta municipale unica, nonché sui temi concernenti il contenzioso tributario e la riscossione dei tributi locali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 7 10 11 15 17 18 19 20 21 22 23
Barbato Francesco (IdV) ... 18 20
Casero Luigi (PdL) ... 10
Causi Marco (PD) ... 8 17 20 21
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 7 12 17
Forcolin Gianluca (LNP) ... 7
Lapecorella Fabrizia, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 12 16 17 20 21 23
Puglisi Paolo, Direttore della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze ... 20 23
Rotunno Claudia, Dirigente della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze ... 22
Ventucci Cosimo (PdL) ... 9

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle Finanze ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 novembre 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, sulle problematiche relative all'attuazione della disciplina tributaria della cedolare secca sui redditi da locazione e dell'imposta municipale unica, nonché sui temi concernenti il contenzioso tributario e la riscossione dei tributi locali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, sulle problematiche relative all'attuazione della disciplina tributaria della cedolare secca sui redditi da locazione e dell'imposta municipale unica, nonché sui temi concernenti il contenzioso tributario e la riscossione dei tributi locali.
La professoressa Lapecorella è accompagnata dal dottor Paolo Puglisi, direttore della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale e dalla dottoressa Claudia Rotunno, dirigente della stessa direzione.
Do la parola alla professoressa Lapecorella per lo svolgimento della relazione.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Signor presidente, richiamerei brevemente la disciplina della tassazione forfetaria sui redditi da locazione degli immobili ad uso abitativo prevista dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, emanato in attuazione della legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale.
La menzionata disposizione ha introdotto, a partire dal 2011, un'imposta cedolare secca opzionale sui redditi da locazione degli immobili ad uso abitativo e delle pertinenze. I contribuenti che non esercitassero l'opzione per l'assoggettamento alla cedolare secca dei redditi da locazione continuano a vedere assoggettati tali redditi all'imposta sul reddito delle persone fisiche.
L'ambito di applicazione dell'imposta è limitato alle abitazioni censite nelle categorie catastali da A1 ad A11, esclusa la categoria A10, e a tutte le pertinenze locate congiuntamente alle abitazioni, indipendentemente dal numero. Non rientrano, invece, nell'ambito di applicazione della cedolare secca le abitazioni locate da contribuenti assoggettati all'imposta personale sul reddito nell'esercizio dell'attività di impresa, ossia imprenditori individuali e società di persone. Nel caso in cui questi soggetti lochino immobili anche ad uso abitativo, il reddito da locazione non può essere assoggettato a cedolare secca.


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La cedolare secca sostituisce, in particolare, l'IRPEF e le relative addizionali locali, l'imposta di registro e l'imposta di bollo dovute sul contratto di locazione, sulle relative proroghe e sulla risoluzione.
La cedolare secca si applica con due diverse aliquote: l'aliquota ordinaria, fissata nella misura del 21 per cento, e l'aliquota ridotta al 19 per cento, che si applica ai contratti di locazione a canone concordato - disciplinati dall'articolo 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998 - e ai contratti relativi ad abitazioni situate nei comuni cosiddetti ad alta tensione abitativa.
La cedolare secca, pur essendo un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, ha modalità di versamento del tutto analoghe a quelle dell'IRPEF: è versata in acconto e a saldo. Queste noiose precisazioni sono utili, dato che l'obiettivo principale di questa mia relazione è quello di fornirvi qualche elemento quantitativo sul gettito effettivo di questa imposta. Per il 2011, primo anno di applicazione, l'acconto dell'imposta era fissato nella misura dell'85 per cento; dal 2012 la misura dell'acconto è passata al 95 per cento. Successivamente, l'acconto è stato ridotto di 3 punti percentuali, scendendo, dunque, al 92 per cento. Le regole per il versamento dell'acconto sono le stesse dell'IRPEF. Il saldo viene effettuato entro il 16 giugno dell'anno successivo, oppure entro il 16 luglio, con la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Veniamo ora ai dati quantitativi.
Confrontando il gettito relativo al periodo gennaio-ottobre del 2012 con il gettito monitorato nel periodo corrispondente dell'anno 2011, osserviamo un aumento di circa il 12 per cento: sono stati incassati, a titolo di acconto, 255 milioni di euro nel 2011 e 286 milioni di euro nel 2012. Questo confronto - il più omogeneo che possiamo fare nel periodo di riferimento - deve essere interpretato con cautela, perché, come vi dicevo, sono diverse le misure dell'acconto: per l'anno 2011, l'acconto era fissato all'85 per cento, trattandosi di un anno interessato da una norma di riduzione di 17 punti percentuali dell'acconto delle imposte dirette; nel 2012, invece, l'acconto è stato ridotto dal 95 al 92 per cento dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2011. Bisogna tenere conto, quindi, della differenza tra gli acconti, più bassi nel primo anno rispetto al secondo.
Per provare a interpretare l'andamento del gettito di questa imposta, è utile avere riguardo alle frequenze degli F24, corrispondenti al numero dei contribuenti che hanno effettivamente optato per la cedolare secca, le quali mostrano che i contribuenti i quali hanno optato per la cedolare secca sono cresciuti, nel 2012, meno dell'1 per cento rispetto al 2011. Il numero dei contribuenti che hanno esercitato l'opzione è, quindi, sostanzialmente stabile. Da ciò desumiamo che, indipendentemente dalle cifre relative al gettito, l'esercizio dell'opzione per questa forma di tassazione sostitutiva e semplificata è fondamentalmente rimasto stabile.
Attraverso gli applicativi con i quali monitoriamo il gettito di ogni singolo tributo, siamo in grado di ottenere informazioni ulteriori sull'analisi del gettito: l'importo medio dell'acconto è di 829 euro per anno; la regione che presenta l'importo medio più basso è il Molise, mentre il Lazio è la regione che registra l'importo medio più alto in Italia.
È importante anche ricordare la storia della cedolare secca e ricondurla all'attuale situazione dei conti pubblici.
Nella relazione tecnica al decreto legislativo n. 23 del 2011, il gettito della cedolare secca è stato stimato in 2 miliardi e 715 milioni di euro nel 2011, 3 miliardi e 860 milioni di euro nel 2012, 3 miliardi e 905 milioni di euro nel 2013, fino a circa 4 miliardi di euro, a regime, dal 2014. La relazione tecnica al provvedimento - lo ricordo molto bene - è stata costruita in maniera assolutamente rigorosa, nell'unico modo con cui è possibile stimare gli effetti sul gettito prodotti dall'introduzione di un'imposta opzionale, e cioè attraverso i nostri modelli di micro-simulazione. Tali strumenti consentono


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di confrontare la normativa vigente con quella di nuova introduzione, della quale si stimano gli effetti testa per testa, calcolando per ogni singolo contribuente, sulla base delle dichiarazioni dei redditi, la differenza tra l'imposta dovuta a legislazione vigente e l'imposta dovuta con la nuova legislazione proposta. In questo caso, l'effetto finanziario è stato stimato ipotizzando che l'opzione per la cedolare secca sarebbe stata effettivamente esercitata da tutti quei contribuenti per i quali l'esercizio dell'opzione era conveniente. Non c'è altro modo per fare una stima di questo tipo.
Devo ricordare qual è la natura della cedolare secca. Molte volte, in alcuni contesti, mi è capitato di doverne discutere anche animatamente, parlando in generale di tassazione dei redditi fondiari. La cedolare secca è da taluni concepita come un'agevolazione. In realtà, la sua ratio non è quella di agevolare i proprietari degli immobili che li danno in locazione: la previsione della cedolare secca a un'aliquota ridotta mirava a incentivare l'emersione di redditi da locazione in nero, un fenomeno di dimensioni importanti che si riteneva di poter in qualche modo aggredire con misure di natura fiscale.
Nella relazione tecnica, accanto al calcolo di convenienza per i contribuenti, è stata anche stimata una quota di emersione e un maggior gettito ad essa associato. Si tratta, ovviamente, di un'ipotesi, che non ha lo stesso grado di fondatezza del calcolo di convenienza relativo all'esercizio dell'opzione. Nella relazione tecnica si partiva da un'ipotesi di emersione del 15 per cento dei redditi da locazione che sfuggivano alla tassazione, con un profilo crescente negli anni.
Indipendentemente dal confronto omogeneo di cui vi ho parlato, relativo al monitoraggio del gettito nel periodo gennaio-ottobre, vediamo ora cosa è successo nei conti pubblici, ossia nel Rendiconto generale dello Stato e nelle previsioni di bilancio per gli anni successivi.
Il Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2011 registra nel capitolo 1053, relativo alla cedolare secca, un ammontare di gettito pari a 672 milioni.
La registrazione di questo dato a consuntivo ha fatto sì che, nel disegno di legge di assestamento del bilancio per l'esercizio finanziario 2012, la previsione fosse ridotta in misura corrispondente alla variazione.
Nel Documento di economia e finanza sono state successivamente aggiornate anche le previsioni di gettito relative agli anni 2013, 2014 e 2015, riducendole essenzialmente di un quarto: da circa 4 miliardi di euro a 976 milioni di euro annui. In maniera prudenziale e - credo - realistica, l'Amministrazione ha tenuto conto del fatto che il gettito derivante da questa particolare forma d'imposizione è stato di gran lunga inferiore alle previsioni. Questo scostamento tra previsioni e gettito effettivo si riflette nei conti dello Stato e, di conseguenza, nelle previsioni di bilancio per il triennio che avrà inizio il 1o gennaio 2013.
Quali sono le ragioni per cui il gettito della cedolare secca si è rivelato, a consuntivo, così inferiore rispetto alle previsioni?
Ci sono sicuramente alcune ragioni tecniche. Infatti, ricordiamo che il decreto legislativo n. 23 del 2011 è entrato in vigore ad aprile, e l'imposta poteva applicarsi immediatamente per i contratti stipulati o rinnovati successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo. L'imposta si poteva applicare già nell'anno d'imposta 2011, con opzione da esercitare in sede di dichiarazione (quindi, nel 2012). Inoltre, i tempi con i quali l'Amministrazione finanziaria ha pubblicato le istruzioni relative alle modalità applicative e all'esercizio dell'opzione hanno reso un po' complesso l'esordio della cedolare secca.
Vorrei raccontare un episodio che mi riguarda personalmente. Io vivo a Roma in un appartamento in affitto. Il proprietario è un uomo molto ricco che sicuramente dichiara i suoi redditi, anche


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perché si tratta, essenzialmente, di redditi da lavoro dipendente. Nell'ottobre del 2011 scadeva il contratto il contratto di locazione, ed ero assolutamente certa che il locatore avrebbe optato per la cedolare secca. Poiché non mi era arrivata alcuna comunicazione, ho chiesto alla persona che si occupa della gestione del rapporto di locazione per conto del proprietario - il suo fiscalista -, cosa avesse consigliato al suo cliente. Infatti, secondo il mio calcolo medio, optando per la cedolare secca, il risparmio d'imposta avrebbe potuto aggirarsi, nel caso di specie, intorno al migliaio di euro. In quella circostanza, mi sono resa conto che il fiscalista non aveva nemmeno prospettato la possibilità dell'opzione al proprio cliente, sia per evitare le connesse complicazioni procedurali, sia perché, tutto sommato, un migliaio di euro non faceva troppa differenza per il cliente. Se fossi stata al posto del proprietario, mi sarei arrabbiata. Quest'anno, invece, il fiscalista ha consigliato al mio locatore di optare per il regime della cedolare secca, e mi ha chiamato per informarmi.
Dal punto di vista del bilancio dello Stato, posso soltanto rilevare come il mancato esercizio dell'opzione da parte dei soggetti per i quali avevamo individuato una convenienza - ovviamente, il calcolo di convenienza si riferisce ai redditi da locazione regolarmente dichiarati al fisco - abbia comportato un maggiore introito a titolo di IRPEF.
La domanda che immagino potreste farmi è se sia possibile affermare che i 672 milioni di euro registrati a consuntivo per il 2011 nel capitolo 1053 del bilancio dello Stato provengono da emersione di redditi da locazione precedentemente in nero o se, invece, tale gettito provenga da chi prima pagava l'IRPEF e ora paga una cedolare secca inferiore. Questo aspetto costituirà oggetto di verifica. L'analisi puntuale dei dati delle dichiarazioni e dei codici fiscali permetterà di riscontrare i redditi da locazione non dichiarati in anni precedenti. Tuttavia, le dichiarazioni dei redditi relative all'anno di imposta 2011 sono state presentate da poco. Inoltre, non si potrà sapere se i redditi dichiarati si riferiscano a contratti effettivamente nuovi, in relazione ai quali è stata esercitata l'opzione, o se, invece, vi fosse già una base imponibile sommersa. Comunque, la verifica ci consentirà di farci un'idea.
Questo è ciò che faremo appena i dati saranno disponibili. In questa fase, come sapete, stiamo acquisendo le dichiarazioni dei redditi nel sistema informativo dell'Anagrafe tributaria. Entro la fine dell'anno successivo al periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione siamo già in grado di operare una prima ricognizione statistica dei dati e, quindi, di fare i confronti di volta in volta necessari. Nel caso specifico, quindi, occorrerà qualche mese.
L'ultimo aspetto delicato - che poteva essere preoccupante, ma che non è più tale, per effetto di recenti disposizioni recate dal disegno di legge di stabilità 2013 - è relativo alla previsione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Ai sensi di tale disposizione, il gettito della cedolare secca avrebbe dovuto contribuire ad alimentare il Fondo sperimentale di riequilibrio, nei primi due anni per quote, potendo arrivare, negli anni successivi, anche al 100 per cento. Qualcuno di voi ricorderà come proprio questa disposizione, nel prevedere che soltanto una quota della cedolare secca andasse ad alimentare il Fondo, abbia determinato la poca fiducia dei comuni in questo tributo.
L'effetto negativo che il minor gettito fatto registrare dalla cedolare secca potrebbe avere sull'alimentazione del Fondo sperimentale di riequilibrio è annullato dal fatto che il quantum delle risorse a disposizione dei comuni è stato correlato all'ammontare dei trasferimenti soppressi, al netto dei tagli previsti dalla legislazione vigente. Nel disegno di legge di stabilità 2013 è contenuta una clausola di salvaguardia che sgancia il Fondo sperimentale di riequilibrio, per altri due anni, dall'alimentazione mediante tributi erariali. Pertanto, il fatto che il gettito


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della cedolare secca sia stato più basso rispetto alle previsioni non influenza l'alimentazione del predetto Fondo.

PRESIDENTE. Poiché le questioni che dovremo affrontare in questa audizione sono molteplici, se siete d'accordo, direi di passare alle domande relative alla cedolare secca.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Innanzitutto, ringrazio la professoressa Lapecorella per questa interessante esposizione, che condivido pienamente sotto tutti i profili.
Seguendo la normativa in materia anche da un punto di vista professionale, avevo già evidenziato, anche in questa sede, lo scarsissimo interesse manifestato per la cedolare secca, nonostante essa sia estremamente conveniente.
È vero che lo scopo del legislatore non era quello di agevolare il contribuente, ma mi sembra che non sia stato raggiunto nemmeno l'obiettivo di incentivare l'emersione del nero. Infatti, il contribuente non ha ancora capito la convenienza del nuovo regime di tassazione, come nel caso personale da lei citato, professoressa. Posso dirle, comunque, che anche al Nord, spesso, c'è da rimanere allibiti di fronte a certi comportamenti dei consulenti fiscalisti nei confronti dei loro clienti.
Apro una parentesi anche se si tratta di parlare contro la categoria professionale cui appartengo: se vogliamo incentivare l'opzione per certi regimi, è nell'interesse dello Stato corresponsabilizzare il professionista; fino a quando non ci si muoverà in tale direzione, lo Stato continuerà a perdere una grande quantità di tempo nel perseguire i propri scopi, per quanto riguarda il contrasto dell'evasione, l'abuso del diritto - questione ancora irrisolta, di cui stiamo discutendo - e anche la cedolare secca.
Ci sono cittadini seri e onesti, funzionari, dirigenti o piccoli proprietari, che sono riusciti a comprare più di un appartamento, i quali pagano una valanga di tasse - invero, l'imposizione ordinaria, in particolare sui di redditi da locazione, è elevatissima -, perché sono mal consigliati da alcuni professionisti, per negligenza, noncuranza o mancanza di tempo. Peraltro, la procedura per l'opzione non è estremamente complessa.
In questo modo, non si agevola il contribuente onesto, né si fa emergere il nero: chi paga continua a pagare, mentre quelli che possiamo definire irregolari permangono nell'irregolarità. Ci sono molti inquilini che, pur di non perdere l'appartamento, continuano a pagare 100, 200 o 300 euro al mese fuori busta, per così dire. Il fenomeno non riguarda soltanto determinate regioni italiane - come si potrebbe pensare -, ma anche regioni tra le più evolute e, forse, riguarda queste ultime anche in misura maggiore.
Quella che ha introdotto la cedolare secca è un'ottima normativa. Andrebbe studiato un modo per estenderla anche al settore commerciale, in cui c'è moltissima evasione e moltissimo sfruttamento, nel vero senso della parola. Inoltre, il regime della cedolare secca potrebbe essere pubblicizzato, soprattutto in televisione, dal Ministero dell'economia e delle finanze, come hanno fatto la Presidenza del Consiglio e diversi Ministeri in altri casi. Infatti, molti contribuenti non sanno di avere questa opportunità: è veramente un peccato, perché l'imposta sostitutiva è concepita molto bene (evita anche di pagare l'imposta di registro ogni anno).
Occorre, quindi, che il nuovo regime sia meglio pubblicizzato. Bisognerebbe anche valutare - lo ripeto anche se siamo, ormai, a fine legislatura - la possibilità di prevedere un'estensione dell'imposta sostituiva anche al settore commerciale.

GIANLUCA FORCOLIN. Ringrazio anch'io la dottoressa Lapecorella e il suo staff.
I dati che ci sono stati illustrati stamani sono veramente interessanti, anche se, purtroppo, lasciano un po' di amaro


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in bocca. Infatti, non solo chi vi parla, ma anche la Commissione, ha sempre creduto che quella della cedolare secca fosse una strada da percorrere, con l'obiettivo primario di recuperare sommerso.
L'imposta sostitutiva è vantaggiosa, come rilevato dal collega Fogliardi, soprattutto per quei proprietari che possiedono più di un appartamento. Anche se hanno adottato, negli anni scorsi, strategie diverse, come quella del sommerso, pretendendo pagamenti in contanti pur di evitare un'imposizione al 43 per cento, oggi possono avere l'opportunità di ottenere uno sconto. Credo anch'io che la procedura non sia, poi, così complicata.
Peraltro, in un periodo che vede il lancio del ReddiTest e del nuovo redditometro, e in cui si parla tanto di compliance dei contribuenti, mi chiedo perché non ci possa essere, oltre alla pubblicità, una comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate, la quale può mettere a confronto i dati indicati nel quadro B, sezione fabbricati, dei modelli di dichiarazione, e i valori dichiarati, nei medesimi modelli, come redditi da locazioni. La mancata attivazione di simili forme di comunicazione integra una complicità indiretta con il professionista che, come segnalava la professoressa Lapecorella, ha adottato un comportamento superficiale. Certo, se gli acconti e i saldi delle imposte vengono pagati dando per scontato l'operato del proprio consulente fiscale, anche questi si sente poco incentivato a proporre al cliente l'opzione per la cedolare secca. Credo che l'Agenzia, nella logica della compliance, potrebbe segnalare l'esistenza di un'opportunità in più, in modo da far apparire più giustificato, in seguito, un atteggiamento di maggiore severità.
Inoltre, non è da sottovalutare la proposta, avanzata dal collega Fogliardi, di estendere la disciplina della cedolare secca al settore commerciale. Infatti, tanti piccoli lavoratori autonomi anziché investire i propri risparmi nell'acquisto di appartamenti, hanno preferito comprare piccoli capannoni commerciali o piccoli locali commerciali, la cui rendita, cumulandosi con il reddito da pensione, determina il pagamento di imposte rilevanti. Dare anche a costoro, in questa fase di difficoltà, la possibilità di avvalersi della cedolare secca potrebbe essere vantaggioso anche nell'ottica di un recupero del sommerso. Per rimpinguare le proprie casse, lo Stato ha bisogno non soltanto di agevolare coloro i quali si sono sempre comportati bene, ma anche di recuperare il sommerso: direi che questo appare, attualmente, l'obiettivo principale da perseguire.

MARCO CAUSI. Ringrazio molto la dottoressa Lapecorella perché i primi dati che ci ha fornito consentono di avviare una riflessione più documentata su un punto nodale del funzionamento, e anche delle prospettive di riforma, del sistema fiscale.
I sistemi duali di tassazione, che prevedono l'assoggettamento a imposte sostitutive secche di una parte del reddito imponibile, contravvengono a un principio di equità. Quando si va in tale direzione, quindi, la scelta deve essere attentamente meditata. Anche il disegno di legge delega in esame, come altri recenti provvedimenti, prevede che siano assoggettati a un'imposta unica i redditi d'impresa commerciale o di lavoro autonomo, compresi quelli prodotti in forma associata, dei soggetti passivi dell'IRPEF e dell'IRES, in un'ottica di miglioramento del sistema in termini di efficienza, trasparenza e semplificazione.
Il caso della cedolare secca, introdotta dal decreto legislativo sul federalismo municipale, ci permette di valutare sul campo, per così dire, un esperimento che può dirsi non riuscito.
Poiché la predetta scelta in senso dualistico implica, come ho già accennato, una rinuncia all'equità, ricordo che il mio partito ha votato contro il provvedimento sul federalismo municipale adducendo due argomenti.
In primo luogo, non ci convinceva com'era congegnata l'IMU. In particolare, ritenevamo che l'aliquota prevista fosse


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troppo bassa. Peraltro, si è persistito nell'errore, perché l'aliquota di equilibrio si è trasformata nell'aliquota di equilibrio della nuova IMU. Oggi, invece, sappiamo che l'aliquota sulle seconde case sarà del 10,4 per mille, proprio come avevamo sostenuto noi fin dal 2009.
In secondo luogo, inserire nel decreto sul federalismo municipale la disciplina della cedolare secca ci sembrava improprio. Inoltre, le stime dell'epoca erano molto ottimistiche: era concreto, pertanto, il rischio che l'operazione si rivelasse soltanto come un regalo a qualcuno. Ebbene, i dati esposti oggi confermano che è successo proprio questo.
Poiché, peraltro, sembra che del regalo non tutti abbiano usufruito, le perdite di gettito potrebbero aumentare nel corso degli anni.
Sono questi, fondamentalmente, i motivi per i quali ci stiamo interessando alla questione.
Spero che una valutazione più attenta e anche qualche cambiamento in corsa, della normativa e dell'operatività, possa permetterci di mantenere la scelta a favore di un sistema dualistico - e sono convinto che essa vada mantenuta -, comprendendo meglio, però, alcuni aspetti.
Vengo alle domande.
Come la dottoressa Lapecorella ci ha giustamente ricordato, bisognerebbe capire, confrontando i dati disponibili con quelli riferiti al vecchio regime di tassazione, quanto gettito si è perso in relazione ai contribuenti che già pagavano - i quali, con la cedolare secca, hanno pagato di meno - e quanto, invece, può essere emerso.
Nelle audizioni delle associazioni imprenditoriali è emerso un elemento la cui conoscenza potrebbe essere utile anche per il Dipartimento delle finanze (l'attività conoscitiva favorisce anche la circolazione delle informazioni). Secondo le predette associazioni, potrebbe esserci stato un andamento diverso degli stock e dei flussi. Più specificamente, mentre l'emersione degli stock dovrebbe essere stata molto inferiore a quella prevista, si è notata, soprattutto nel 2012, la presenza di flussi aggiuntivi, specialmente nei comuni turistici, relativi agli affitti di breve termine o stagionali. Questa pista di lavoro mi sembra interessante. Si potrebbe pensare, dal punto di vista operativo, a qualche campagna informativa o a qualche elemento di semplificazione, per cercare di aggredire, diciamo così, uno stock ancora non emerso.
Infine, poiché il decreto legislativo n. 23 del 2011 inasprisce le sanzioni a carico di chi continua a locare in nero, mi piacerebbe non soltanto conoscere i dati relativi all'applicazione delle sanzioni, ma anche sapere se possa farsi ricorso con maggiore determinazione, al fine di contrastare il fenomeno dell'evasione, a un apparato sanzionatorio comunque rafforzato rispetto a quello previgente.

COSIMO VENTUCCI. Ringrazio la professoressa Lapecorella anche per l'amichevole serenità con la quale espone una materia, non certo facile, come l'imposizione tributaria immobiliare, alla quale è interessato l'82 per cento degli italiani.
Ritengo anch'io che la cedolare secca possa essere - come lei ha giustamente posto in risalto, professoressa -, più che un'agevolazione, una necessità per lo Stato. Si tratta, infatti, di far emergere l'evasione nel settore delle locazioni abitative, che talvolta supera ogni limite: si pensi ai tanti studenti che, per l'affitto di una stanza, pagano più di 500 euro al mese in nero (a Roma, da quel che si sente dire, il costo medio è questo). Vi sono appartamenti di quattro o cinque stanze, nei quali vivono, in spazi risicati, altrettanti studenti (o anche di più). Questo, però, mi sembra un problema di controllo fiscale.
Le associazioni che abbiamo ospitato in audizione sono tutte concordi su questa forma di tassazione. I dati riferiti al gettito della cedolare secca hanno sicuramente un rilievo minimo: nel bilancio di un Paese come il nostro, 286 o 255 milioni di euro sono ben poca cosa. Tuttavia, è stato rilevato come l'imposta


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sostitutiva non abbia determinato l'emersione che ci si attendeva di vedere.
Chi opera nel settore e, avendo le mani in pasta, come si suole dire, guarda alla cedolare secca da un punto di vista diverso dal nostro, sostiene che la situazione attuale è da addebitare - mi consenta l'osservazione, professoressa - anche alla gestione del comparto fiscale da parte dell'amministrazione finanziaria. Si dice, ad esempio, che alcuni provvedimenti dell'Agenzia delle entrate abbiano creato un po' di confusione nell'applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Ciò evoca un tema che esula dall'oggetto dell'odierna audizione: la tendenza della pubblica amministrazione, più volte rilevata, a creare con le proprie circolari interpretative, accanto a quello della normazione primaria, un ulteriore strato di prescrizioni, talvolta per nulla chiarificatrici.
Ho un'altra curiosità, professoressa: come mai - non vorrei affermare il falso, o riprendere una notizia inesatta - il settore del contenzioso tributario viene sottratto al Dipartimento delle finanze, peraltro dopo che questa Commissione ha già dichiarato la propria contrarietà alla riorganizzazione delle agenzie fiscali (che prevede l'incorporazione dell'Agenzia del territorio in quella delle entrate e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell'Agenzia delle dogane)?
Non ho posto la domanda per alimentare una polemica, ma perché mi sembra che, operando in questo modo, si tolga la gestione del rapporto tra cittadini e Stato, per quanto riguarda il contenzioso tributario, dalle mani di chi già conosce perfettamente il settore. Nella rappresentazione mentale dei cittadini, è essenziale l'esistenza di un organismo che sappia fare da tramite con lo Stato, evitando che, ogni tanto, qualcosa vada per contro proprio.

PRESIDENTE. Onorevole Ventucci, lei introduce nella discussione un ulteriore argomento.
Comunque, vorrei segnalare che la Commissione finanze e tesoro del Senato ha approvato nella seduta di ieri, con il parere contrario del Governo, un emendamento riguardante l'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate.

LUIGI CASERO. Ringrazio la dottoressa Lapecorella per i dati che ci ha illustrato.
Desidero svolgere, innanzitutto, alcune considerazioni che ci riportano all'inizio della legislatura. Probabilmente, si parlò per la prima volta di imposta sostitutiva secca all'inizio del 2008, proprio in questa Commissione. In particolare, proposi di uniformare la tassazione dei redditi derivanti da investimenti finanziari.
Per quanto concerne il carattere duale del sistema, capisco le perplessità dell'onorevole Causi; tuttavia, se l'imposizione deve essere progressiva, questo criterio deve valere per tutto, compresi, ad esempio, i depositi bancari.
Dall'esigenza di trattare in maniera uniforme tipologie di investimento simili, ma tassate in modo diverso, nasceva la proposta di arrivare alla previsione di una cedolare secca, con riferimento a un investimento che, dal punto di vista fiscale, è stato sempre penalizzato, nel nostro Paese, rispetto ad altri. Questa era la logica che ispirava la mia idea, che, oltre ad avere suscitato perplessità da parte dei teorici della materia, aveva incontrato difficoltà sotto il profilo operativo.
A posteriori, devo dire che, nonostante una visione abbastanza unitaria delle Commissioni parlamentari, l'attuazione dell'intervento ha seguito percorsi complessi. Se è vero che il provvedimento dell'Agenzia delle entrate genera alcune perplessità (anche dal punto di vista della complessità formale), è anche vero, d'altra parte, che queste possono essere superate, se si crede veramente nella scelta compiuta.
L'applicazione della cedolare non è stata favorita dagli stessi professionisti, i quali non hanno dato ai propri clienti un'informazione adeguata circa i vantaggi


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che avrebbero tratto dall'opzione per l'imposta sostitutiva. Forse, quello della divulgazione è un altro aspetto sul quale bisogna intervenire. Da questo punto di vista, anzi, bisognerebbe capire come mai l'amministrazione finanziaria e i comuni non intervengano in maniera decisa e forte.
Da persona che si occupa della materia, e la conosce, posso dire che, come sa anche un profano, è molto più facile individuare l'evasione nel settore immobiliare o nei settori finanziari che negli altri. È complesso, ad esempio, stabilire qual è il reddito di una persona. Quindi, è abbastanza difficile spiegare come mai in questo settore vi sia tanta evasione e, inoltre, come mai non si compiano azioni mirate per recuperare le imposte evase. Questa è la vera domanda che deve essere rivolta a chi si occupa di contrasto dell'evasione. Infatti, non è particolarmente complesso risalire al valore di un immobile e alle correlate imposte.
L'inserimento nel provvedimento in materia di federalismo municipale della previsione di cui all'articolo 2, comma 10, lettera d), ha il significato di una richiesta, indirizzata agli enti locali, di intervenire a livello territoriale, per compiere accertamenti che non è possibile effettuare a livello centrale. Gli uffici comunali, specialmente in contesti non enormi, sono sicuramente più adatti a capire quali immobili siano locati e quale possa essere il valore di una locazione. Può sembrare, la mia, una banalizzazione delle attività di politica fiscale, ma non è così, perché le politiche si basano tanto su grandi strategie e interventi quanto su atti concreti, che possono compiere anche i singoli cittadini. Del resto, questa è una domanda che i cittadini fanno arrivare spesso alla politica.
La mia sollecitazione è a proseguire sulla strada tracciata dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, perché credo che la norma sia giusta, a meno che non si voglia rinunciare a dare al sistema fiscale italiano un'impostazione dualistica; in tal caso, però, il diverso criterio prescelto dovrebbe essere applicato in tutti i campi.

PRESIDENTE. Professoressa Lapecorella, condivido e sottoscrivo tutto quello che è stato detto dal collega Casero.
Quando il Dipartimento delle finanze predispone le convenzioni da stipulare con le agenzie fiscali, considerato che l'Agenzia del territorio ha ormai rilevato i cosiddetti «immobili fantasma» sull'intero territorio nazionale perché non si arriva mai al dunque per quanto riguarda l'incrocio dei dati relativi agli immobili, comprese, ad esempio, le varie utenze domestiche?
Quanto ai controlli, mi rendo conto che farli in tutta l'area urbana di una grande città è troppo difficoltoso; tuttavia, basterebbe effettuarli in alcune zone limitate: in particolare, anche in questa città, in quelle nelle quali si sa essere più concentrate le residenze studentesche. Invece, sembra che né l'Agenzia delle entrate, né la Guardia di finanza si siano applicate molto su questo versante.
L'Agenzia delle entrate sta inviando lettere ai contribuenti che, nel periodo d'imposta 2010, hanno effettuato spese eccedenti il reddito dichiarato (viene in considerazione il cosiddetto «spesometro», soprattutto in relazione all'acquisto di auto e di imbarcazioni), ma non lancia un'operazione analoga nei confronti dei proprietari di immobili, chiedendo loro se li abbiano locati. Credo che un'azione mirata in questo senso porterebbe risultati maggiori di quelli che abbiamo visto.
Stiamo procedendo a queste audizioni anche per capire dove le previsioni di legge possano essere sbagliate e quali correttivi si possano apportare per raggiungere l'obiettivo dell'emersione delle locazioni in nero.
Peraltro, debbo anche dire che, quando cominciammo a discutere di cedolare secca - sono passate, ormai, due legislature -, valutammo la possibilità di prevedere qualche agevolazione per il caso di emersione spontanea. In seguito, però, l'idea fu abbandonata. Credo, però,


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che l'emersione delle locazioni in nero sia stata ostacolata anche dal timore di accertamenti dell'Agenzia delle entrate riferiti a periodi antecedenti. Se si desse un segnale di attenzione da questo punto di vista, ci sarebbe, probabilmente, una maggiore convinzione anche da parte dei consulenti fiscali.
Comunque, la mia domanda è la seguente: a che punto sono le convenzioni per il trasferimento e l'incrocio di dati tra le diverse amministrazioni?
Do ora la parola alla dottoressa Lapecorella per la replica.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Vi ringrazio molto delle domande che mi avete posto, tutte molto interessanti.
Potremmo parlare dell'argomento per tutta la mattinata, perché, come di solito accade, anche dalla discussione su una norma tributaria relativamente semplice possono emergere problematiche, estremamente interessanti, aventi valenza generale o trasversale.
Com'è mia abitudine, proverò a rispondere alle domande seguendo l'ordine degli interventi.
L'onorevole Fogliardi ha evidenziato l'opportunità di estendere l'applicazione della cedolare secca alle locazioni effettuate nell'esercizio dell'attività di impresa. Con la comune consapevolezza che non si tratta di esprimere la valutazione dell'amministrazione su una specifica proposta legislativa, devo dire che non mi sembra di ravvisare controindicazioni tecniche specifiche sull'ampliamento della disciplina ai soggetti che percepiscono redditi da locazione nell'esercizio dell'attività di impresa.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Mi permetto di precisare che ciò vale per le persone fisiche. Non parliamo, quindi, delle società, che richiederebbero un discorso diverso, ma soltanto delle persone fisiche.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Certo, perché si tratta di imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, delle imposte di bollo e di registro.
Tuttavia, posso ricordare il ragionamento che ha condotto a limitare l'ambito di applicazione della cedolare secca alle persone fisiche diverse dagli imprenditori individuali e dalle società di persone. Proprio perché la ratio della norma era quella di far emergere il nero, si è tenuto conto della deducibilità dei costi nell'ipotesi di immobili locati a fini abitativi nell'ambito dell'esercizio dell'attività d'impresa. Insomma, sembrava più importante concentrarsi su quella parte dei redditi da locazione che effettivamente sembrano sfuggire al fisco.
Con riferimento, poi, alle osservazioni svolte sul contrasto all'evasione nei confronti dei redditi da locazione, non sono la persona deputata a rispondere. Il dottor Befera potrà sicuramente spiegare quali sono le strategie dell'Agenzia delle entrate per contrastare l'evasione in questo settore. A ogni modo, il contrasto all'evasione dei redditi da locazione degli immobili a uso abitativo è una strategia che può essere molto costosa. Le scelte anche operative dell'Agenzia sono sicuramente improntate a criteri di economia, cioè sono compiute in base al confronto tra i costi e i benefici dell'attività di accertamento. Per questo era importante unire all'attività di accertamento, che può, in certi casi, essere limitata, proprio a causa dei costi ad essa connessi, misure che incentivassero l'adempimento spontaneo, come la cedolare secca.
Quando ho riepilogato i tratti essenziali della disciplina, mi sono concentrata sulle disposizioni di natura tributaria, omettendo di richiamare le altre disposizioni, recate dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, finalizzate a rafforzare la possibilità che si conseguisse l'obiettivo dell'emersione. Ricordo che il locatario non soltanto ha diritto a non vedersi aumentato il canone di locazione


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in base all'indice Istat, ma la denuncia della mancata registrazione del contratto gli dà il diritto di rimanere nell'immobile per quattro anni, pagando un canone di locazione rapportato alla rendita catastale. Si riteneva, quindi, che entrambe le parti fossero stimolate a esercitare l'opzione o a registrare i contratti.
Ho risposto, così, anche all'onorevole Forcolin. La norma - ripeto - era articolata: miravano a incentivare l'emersione sia l'aliquota più bassa rispetto a quella marginale media dell'Irpef, sia l'insieme delle misure, poc'anzi ricordate, che rendevano conveniente, per il locatario, spingere il locatore a optare per la registrazione.
Ricollegandomi alle considerazioni di rilievo più generale svolte dall'onorevole Causi, è senz'altro vero che il modello che assoggetta a tassazione tutto il reddito percepito a qualsiasi titolo dal soggetto che deve pagare l'imposta progressiva personale è quello che dovrebbe assicurare il perseguimento più efficace dell'obiettivo dell'equità verticale, ma è anche vero che, per vari e buoni motivi, è ragionevole pensare di disegnare l'imposizione personale sul reddito secondo un modello di tipo duale, assoggettando alla tassazione progressiva soltanto alcuni tipi di reddito, cioè i redditi da lavoro e di impresa, e tenendone fuori gli altri.
Non voglio difendere la misura sulla cedolare secca sul piano dell'equità, ma voglio ricordare come la previsione che bloccava l'aumento del canone Istat fosse a favore dell'inquilino e cercasse di bilanciare il vantaggio del locatore in termini di tassazione ridotta.
Quanto alle domande più specifiche che l'onorevole Causi ha posto, per un confronto dei dati dobbiamo attendere ancora qualche mese, cioè che siano liquidate le dichiarazioni dei redditi del 2012. Effettuato questo adempimento, potremo avere qualche elemento in più. Se ho inteso bene, alla Commissione farebbe piacere conoscere l'esito di questo controllo quando i dati saranno disponibili. Probabilmente, quei dati consentiranno di fare qualche riflessione che, per ora, non è così ovvia. Per esempio, potremo fare qualche considerazione sullo stock degli immobili locati per i quali già veniva pagata l'Irpef.
Invece, l'analisi degli effetti della cedolare secca sui flussi delle locazioni, in particolare di quelle stagionali, richiederà, probabilmente, anche la disponibilità di dati di fonte esterna. Comunque, prendo anche l'impegno ad attivarmi in tal senso.
Non ho, in questo momento, i dati delle verifiche eseguite sui redditi da locazione. Posso affermare, però, che la significatività del fenomeno degli affitti in nero è un dato di cui il Dipartimento ha consapevolezza. Ricordo, in proposito, una campagna del 2009, condotta dalla Guardia di finanza nelle principali città universitarie, tra cui Roma, esplicitamente diretta a verificare l'esistenza di fenomeni come quelli si riferiva l'onorevole Ventucci (appartamenti in cui ogni stanza è affittata a 500 euro, e simili). Non ho notizia, invece, di iniziative analoghe avviate dopo l'introduzione della cedolare secca. Comunque, i dati relativi alle verifiche eseguite e agli accertamenti emessi possono essere chiesti all'Agenzia delle entrate.
Nella ricostruzione della logica del provvedimento, che era piuttosto articolato, un aspetto interessante è stato richiamato dall'onorevole Casero. Nel ricordare come anche lui, quando era sottosegretario per l'economia e le finanze, avesse fatto il punto sui costi connessi a un contrasto più rigoroso dell'evasione, l'onorevole Casero ha rammentato, altresì, come nel decreto legislativo n. 23 del 2011 fosse stata inserita una disposizione - si tratta, in particolare, dell'articolo 2, comma 10, lettera b) - la quale elevava dal 33 al 50 per cento la quota delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento. In seguito, la predetta quota è stata elevata al 100 per cento dall'articolo 1, comma 12-bis del decreto-legge n. 138 del 2011. Si è riconosciuto, sostanzialmente, che per combattere


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efficacemente questo tipo di evasione era importante, oltre a quella dell'amministrazione finanziaria, anche l'azione dei comuni. Indubbiamente, il fatto che la cedolare secca andasse ad alimentare il Fondo sperimentale di riequilibrio incentivava i comuni a contribuire fattivamente all'attività di accertamento. Credo, in definitiva, che la disposizione cui ho fatto riferimento mantenga le sue caratteristiche positive.
La conoscenza dei dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi - che mi impegno a trasmettere alla Commissione appena sarà completata la fase di liquidazione - consentirà di effettuare ulteriori verifiche.
Se, poi, il Parlamento deciderà di valutare l'estensione del regime della cedolare secca ai soggetti che affittano immobili nell'ambito dell'esercizio di attività di impresa, credo che ciò potrà essere considerato positivamente dall'amministrazione finanziaria.
Anche l'ultima sua domanda, signor presidente, attiene al tema del contrasto dell'evasione. In particolare, desidera sapere se il Dipartimento delle finanze, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento delle attività delle agenzie fiscali, volte ad assicurare la coerenza delle loro attività con gli obiettivi indicati dal Ministro, abbia previsto l'inserimento, nelle convenzioni, di disposizioni specifiche in materia di incrocio dei dati.
Il lavoro che ha svolto e sta svolgendo il Dipartimento è molto importante. Esso, tuttavia, non è collegato direttamente alle convenzioni e viene esercitato attraverso una direzione tecnica del Dipartimento, la direzione per il coordinamento del sistema informativo della fiscalità, della quale, peraltro, mi fa molto piacere parlare in questa sede.
Negli ultimi anni, specialmente a partire dal 2008, con l'aiuto, il supporto e lo stimolo della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, il Dipartimento ha avviato un lavoro molto intenso di analisi dei dati presenti nell'anagrafe tributaria, finalizzato a superare uno dei problemi più importanti con i quali si confrontava la potenzialità del Sistema informativo della fiscalità.
Il problema - storico - derivava dal fatto che i dati contenuti nell'anagrafe tributaria erano rilevati, archiviati, elaborati e incrociati in maniera non orizzontale, ma verticale. I dati provenienti dall'attività dell'Agenzia del territorio avevano specificità e modalità di archiviazione e di rilevazione che non rendevano agevole la loro integrazione con quelli, ad esempio, dell'Agenzia delle entrate, diversi ancora da quelli dell'Agenzia delle dogane e via discorrendo.
Per questo motivo, abbiamo iniziato un profondo lavoro di ricognizione delle caratteristiche di mappatura e di integrazione delle banche dati. Uno dei risultati di questo lavoro è, per esempio, la costruzione della famosa anagrafe integrata degli immobili, nata da un esperimento di incrocio tra le banche dati catastali e le banche dati delle dichiarazioni dei redditi.
Negli ultimi quattro anni, abbiamo compiuto, ogni anno, specifici approfondimenti, di cui abbiamo dato conto in pubblicazioni ad hoc. Proprio domani presenteremo, con la dottoressa Alemanno, la quarta edizione del volume Gli immobili in Italia, il quale propone un'analisi del patrimonio immobiliare italiano, oltre ad offrire un focus specifico sulla fiscalità immobiliare.
Inoltre, il prossimo 29 novembre sarò nuovamente in audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, alla quale relazionerò in merito alla mappatura di tutte le banche dati del Sistema informativo della fiscalità, propedeutica all'eliminazione di tutte le sovrapposizioni esistenti.
Si tratta, quindi, di un lavoro che il Dipartimento svolge, in attuazione della missione istituzionale di coordinamento del predetto Sistema, al di fuori dell'ambito concernente la definizione del contenuto delle convenzioni con le agenzie fiscali.
Ritengo che siano in fase di completamento tutte le procedure necessarie per


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fare in modo che informazioni importanti, al momento non utilizzate appieno, possano essere impiegate in maniera efficace, ad esempio, per portare avanti azioni di lotta all'evasione che, ove effettuate in maniera fisica, attraverso il controllo diretto, potrebbero essere troppo costose e che, invece, possono essere svolte utilmente, tanto per cominciare, attraverso l'incrocio delle informazioni contenute nelle banche dati.
Non vorrei che dell'importanza di tale questione non si tenesse conto nella riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, in via di elaborazione, in applicazione della cosiddetta spending review. Tra i criteri da seguire per definire il nuovo assetto del Ministero figura, tra l'altro, quello dell'accorpamento delle direzioni le cui competenze hanno contenuto analogo. È stato previsto, ad esempio, allo scopo di realizzare risparmi di spesa, il trasferimento alla Sogei, mediante scissione, delle attività svolte dalla Consip in materia di informatica a supporto delle pubbliche amministrazioni.
Orbene, se è vero che ci sono strutture della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi che sono preposte all'informatica, è anche vero che l'informatica per il fisco è completamente diversa da quella inerente alle attività delle menzionate articolazioni organizzative. Poiché definisce i rapporti tra fisco e contribuenti, nonché tra l'amministrazione centrale e i livelli inferiori di governo, l'informatica per il fisco attiene alla politica tributaria, costituendo uno strumento essenziale per il contrasto dell'evasione. Quando si studia, si favorisce e si potenzia l'integrazione dell'infrastruttura tecnologica e dei dati che risiedono nell'anagrafe tributaria, si fa politica fiscale.
Unificare l'informatica può significare anche unificare le infrastrutture e alcuni servizi, come, ad esempio, l'invio elettronico dei cedolini dello stipendio. Tuttavia, il coordinamento del sistema informativo della fiscalità dovrebbe rimanere sotto la direzione dell'Amministrazione finanziaria, la quale dovrebbe mantenere anche la responsabilità del mancato raggiungimento dei risultati da conseguire attraverso lo strumento informatico.
Vengo, per concludere, all'osservazione svolta dall'onorevole Ventucci sul contenzioso tributario. Com'è noto, il legislatore ha inteso dapprima sottrarre e poi riconfermare, in parte, le competenze del Dipartimento delle finanze in materia, disponendo, in un primo momento, il passaggio integrale della Direzione della giustizia tributaria al Dipartimento per l'amministrazione generale, del personale e dei servizi, fino alla fine di quest'anno, e recuperando successivamente al Dipartimento delle finanze, a partire dal 1o gennaio del 2013, le competenze tecnico-giuridiche, senza peraltro preoccuparsi delle risorse umane. Ci auguriamo che ogni problema possa essere risolto. Le ultime disposizioni testimoniano la consapevolezza che anche il monitoraggio e l'analisi del contenzioso, nonché la gestione delle ricadute di tale analisi sulla definizione della normativa fiscale, sono strumenti essenziali della politica tributaria e, come tali, indispensabilmente legati alla missione istituzionale del Ministero e del Dipartimento delle finanze.
Lei ha ragione, onorevole Ventucci, ad esprimere preoccupazione, perché l'interpretazione delle predette disposizioni lascia margini di ambiguità. Noi ci auguriamo che, alla fine, le stesse possano essere interpretate nel senso di mantenere all'amministrazione finanziaria la competenza e la responsabilità della politica tributaria.

PRESIDENTE. Restano ancora da affrontare altri problemi.
Se i colleghi intendono sollevare questioni in merito all'applicazione dell'IMU, li invito a farlo.
Intanto, ricordo che la Commissione, all'unanimità, ha impegnato il Governo a disporre una breve proroga, fino al mese di maggio 2013, dei termini per la dichiarazione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni e per la presentazione degli atti


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di aggiornamento catastale relativi alle unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta, previsti, rispettivamente, dall'articolo 13, comma 14-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011, e dall'articolo 11, comma 7, del decreto-legge n. 16 del 2012.
La risoluzione n. 8-00212 è stata approvata in un testo unificato, nella seduta del 14 novembre scorso, contro il parere del Governo, il quale ha ribadito, attraverso il sottosegretario Cerini, la propria indisponibilità ad accedere a ulteriori ipotesi di proroga dei termini per la presentazione delle domande di dichiarazioni al catasto dei fabbricati rurali e per la presentazione degli atti di aggiornamento catastale, in quanto tali proroghe determinerebbero effetti negativi per la finanza pubblica.
Mi piacerebbe sapere se ciò sia vero, oppure se il meccanismo della rendita presuntiva rappresenti una sufficiente garanzia per l'Erario.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Credo che il Governo abbia cercato di mantenere ferma la data stabilita per l'accatastamento degli immobili rurali strumentali per preoccupazioni collegate alla notevole tensione determinatasi con riferimento alle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio.
Come ho già avuto modo di ricordare, il quantum del Fondo sperimentale di riequilibrio è stato fissato, in prima battuta, al momento dell'adozione del decreto legislativo n. 23 del 2011 e, da allora, è stato successivamente rivisto, per effetto di alcuni provvedimenti che hanno interessato il comparto dei tributi locali. Da ultimo, il disegno di legge di stabilità 2013 prevede che la dotazione del predetto Fondo sia correlata, per gli anni 2013 e 2014, all'entità dei trasferimenti soppressi, al netto dei tagli previsti dalla legislazione vigente.
L'introduzione dell'IMU ha determinato un'alterazione della ripartizione del Fondo sperimentale di riequilibrio tra i comuni.
Racconto l'accaduto in maniera un po' rozza, limitandomi ai passaggi fondamentali. Quando è stata introdotta l'IMU, la quale aumentava il prelievo sugli immobili diversi dalla prima casa (per l'effetto congiunto dei nuovi coefficienti moltiplicativi, della restrizione dei regimi di esenzione e dell'aumento dell'aliquota ordinaria), si è ritenuto che tale gettito lasciasse inalterato il precedente equilibrio nel comparto della finanza pubblica locale. Per questo motivo si è previsto di ridurre il Fondo sperimentale di riequilibrio, mediante l'applicazione di un algoritmo deciso in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali. La variazione era collegata alla differenza tra il gettito dell'IMU e quello dell'ICI e dell'IRPEF sugli immobili non locati.
La distribuzione delle risorse tra i comuni ha richiesto la definizione di un accordo, che contiene la procedura per l'attribuzione della quota spettante a ciascun comune in relazione al Fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2012, calcolato come variazione tra ICI, Irpef sugli immobili non locati e IMU (abbiamo potuto rilevare e monitorare il gettito, quest'anno per la prima volta, attraverso i modelli F24).
Tra le componenti aggiuntive di gettito più problematiche ai fini della ripartizione c'è l'IMU dovuta sugli immobili di proprietà dei comuni, gli immobili per i quali è stato sospeso il versamento dei tributi per effetto del terremoto, gli immobili cosiddetti «fantasma» e, appunto, gli immobili rurali strumentali, per i quali era previsto l'accatastamento entro il 30 novembre.
Ritengo che mantenere il termine del 30 novembre sia importante per consentire la verifica finale del gettito dell'IMU e, in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, l'effettuazione di eventuali conguagli. Se spostiamo quella data,


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non avremo più gli elementi per poter effettuare una verifica puntale, che dovrà essere conseguentemente rinviata.
In base alla mia esperienza amministrativa, ritengo del tutto comprensibile che il tema di cui stiamo discutendo sia di delicatezza assoluta per gli amministratori locali. In seguito alla definizione, nel mese di marzo, in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, dell'accordo per l'alimentazione ed il riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio, il Dipartimento delle finanze è diventato una sorta di front office per i sindaci degli 8.092 comuni d'Italia. Nell'esercizio di tale funzione, che non è propria del Dipartimento, abbiamo acquisito piena consapevolezza della delicatezza della situazione di alcuni comuni, i quali, travolti dai tagli susseguitisi per effetto delle molteplici manovre di finanza pubblica, a partire da quelle dell'estate scorsa, si trovano davvero sull'orlo del dissesto.
Anche se il gettito IMU atteso dall'accatastamento dei fabbricati rurali strumentali non è di grande entità, si tratta comunque di un quantum che è importante verificare. Questo è quanto sento di poter affermare da un punto di vista tecnico: si tratta di un esercizio delicato e importante.

PRESIDENTE. Dovremo aspettarci una variazione il 10 dicembre?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. No.

PRESIDENTE. Non ci sono problemi?

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Pur comprendendo le motivazioni tecniche, di bilancio e giuridiche che ci ha testé illustrato, approfitto della sua presenza, professoressa, per aprire un capitolo specifico.
Il sottosegretario Cerini mi chiede scherzosamente, talvolta, quale proroga io mi accinga a richiedere al Governo.
Il fatto è che vivo sulla mia pelle certi problemi, per motivi professionali. Potrebbe sembrare un discorso personale, ma non lo è. Penso che lo Stato dovrebbe impostare con gli studi professionali un rapporto diverso. Mi dispiace denunciare in questa sede che gli ordini professionali, i quali dovrebbero rivendicare con determinazione il proprio ruolo, non lo fanno mai, nemmeno quando vengono in audizione. Eppure, si tratta di un ruolo prezioso e fondamentale, per i motivi cui ho fatto riferimento in precedenza. Se gli ordini professionali non lo capiranno, non si arriverà da nessuna parte.
Tornando all'argomento specifico, vi è, a mio avviso, l'impossibilità tecnica di rispettare il termine stabilito. Se si valuta il numero di adempimenti (notevolmente accavallatisi negli ultimi tempi) che gli studi professionali hanno dovuto eseguire per conto dei contribuenti - parlo anche per le associazioni di categoria -, si arriva a comprendere agevolmente che l'esigenza di una proroga nasce da motivazioni concrete. Non si tende a rinviare perché non si vuole porre in essere l'adempimento - si sa benissimo che, prima o poi, lo si dovrà comunque fare -, ma per una questione di fattibilità. Mi pare che anche la Commissione si fosse espressa in questo senso.

MARCO CAUSI. C'è un tema che merita una riflessione in tempi piuttosto brevi, anche se non è necessario trovare una soluzione proprio oggi.
Con riferimento alla normativa sull'IMU, credo che essa non abbia funzionato - e di ciò non è responsabile il Dipartimento delle finanze, che, anzi, ha subito le conseguenze del malfunzionamento - sotto il profilo contabile, essendosi ritenuto necessario procedere ai tagli dei trasferimenti storici in modo puntuale, comune per comune, in funzione delle stime di gettito effettuate. Dato che queste, soprattutto quando si entra nella dispersione territoriale, sono molto ballerine, per tantissimi motivi, la decurtazione dei trasferimenti a fronte di stime di gettito ovviamente non certe ha ulteriormente aggravato la dimensione già critica dei bilanci comunali. Il Dipartimento


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delle finanze ha fatto, poi, da front office rispetto alle richieste dei comuni.
Poco fa, abbiamo visto che un'altra delle cose che non hanno funzionato è il modo in cui era stato costruito, nel decreto legislativo n. 23 del 2011, il Fondo sperimentale di riequilibrio. Non ho voluto mettere il dito nella piaga, ma ricordiamocene: dal momento che non si è ancora messo mano all'elaborazione del futuro fondo perequativo della finanza comunale, credo che la sistemazione della vicenda dell'IMU e dei rapporti tra Stato e comuni, attraverso un buon disegno dei fondi perequativi di tipo verticale, sia uno dei compiti cui dovremo dedicarci nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. L'ultimo tema oggetto dell'audizione è quello della riscossione dei tributi locali.
Invito i colleghi a porre domande sintetiche, anche perché, fra breve, saremo chiamati in Assemblea per la votazione della questione di fiducia.

FRANCESCO BARBATO. Desidero ringraziare il direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché i suoi collaboratori, anche a nome del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, che rappresento in questa Commissione.
Tornerei, innanzitutto, sulla vexata quaestio dell'attività di riscossione dei tributi, che si immagina di riaffidare agli enti locali.
In proposito, nutro la personale convinzione che gli organi deputati a svolgere funzioni di controllo e, nel nostro caso, di riscossione funzionano meglio qualora siano lontani dai territori da gestire. Si può fare, al riguardo, un parallelo con le direzioni distrettuali antimafia: quando chiesi perché non fossero istituite in ogni Procura della Repubblica, ma soltanto in quelle presso i tribunali dei capoluoghi dei distretti di corte d'appello, mi fu risposto che quanto più tali uffici si avvicinano ai territori in cui deve essere svolta l'attività investigativa, tanto più si creano complicità, amicizie e collusioni, che possono indebolire, in qualche modo, l'attività medesima. È preferibile, pertanto, centralizzare: allontanando l'ufficio dal territorio sul quale ha competenza, si rende più immune da interferenze e, quindi, più efficace l'attività che esso è chiamato a svolgere.
La Commissione si è occupata di alcune vicende, citate nella relazione da lei consegnata, professoressa, in relazione alle quali è emerso che le somme riscosse per conto degli enti locali non confluivano nelle casse degli enti impositori, ma finivano nelle tasche di qualcuno.
Lunedì scorso, direttore, ero a Napoli (il territorio da cui provengo), dove ho partecipato alla protesta di alcuni disabili davanti alla sede del Comune. Uno di essi, in particolare, su una sedia a rotelle, mi ha raccontato che la polizia municipale ha eseguito nei suoi confronti, con un blitz degno dei gruppi speciali delle forze dell'ordine, uno sfratto per morosità. Ho fatto questo esempio per far capire come si arrivi a situazioni anomale e incredibili.
Tornando al tema, si era affermato, a Napoli, un sistema grazie al quale le multe non si pagavano. Quando la riscossione era affidata a livello locale, essa rappresentava uno strumento per raccogliere un po' di voti, per crearsi una clientela politica: le pratiche erano in vari modi insabbiate, per così dire, e gli enti locali non incassavano le sanzioni comminate agli automobilisti indisciplinati. Così funzionava, in certi territori, la riscossione affidata ai privati.
Per questa ragione, non le nascondo, direttore, che provo terrore quando mi prefiguro una riscossione delle entrate dei comuni affidata a livello locale. Secondo me, sarebbe opportuno, prima di legiferare, tenere conto anche degli effetti che un provvedimento può produrre a livello territoriale. Nel caso di specie, immagino possa avere diverse conseguenza affidare a privati la riscossione dei tributi locali ad Aosta ovvero a Casal


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di Principe. Bisogna anche contestualizzare i provvedimenti se si vuole sapere come funzioneranno.
Passo alla domanda. Sono disponibili report che mostrino la percentuale di riscossioni effettuate nel periodo in cui il servizio era affidato ai concessionari, prima che fosse trasferito a Equitalia? Faccio, ancora una volta, l'esempio di Napoli, dove la percentuale delle multe riscosse era del 10-15 per cento. Ciò vuol dire che l'80-85 per cento degli automobilisti non pagava le contravvenzioni. Un report potrebbe evidenziare come la strada intrapresa dal legislatore - malgrado i rinvii a gennaio 2012 e, poi, a gennaio 2013 -, la quale conduce l'affidamento del servizio di riscossione ai concessionari privati, possa creare seri problemi alla riscossione delle entrate degli enti locali.
Non parliamo, poi, del rischio di perdere il denaro, che è sempre dietro l'angolo quando i soldi riscossi affluiscono su conti correnti privati. Le vicende verificatesi in passato ci dicono come sia facile trovare le forme per imbrogliare il soggetto pubblico.
Ebbene, non ritiene, professoressa, dall'alto della sua autorevole poltrona di direttore del Dipartimento delle finanze, di dover produrre un lavoro di analisi, e soprattutto di prospettiva, volto a dimostrare che potrebbe essere negativo riaffidare la riscossione a concessionari locali? Non ritiene che un ufficio pubblico, nel caso in cui studi e analisi facciano prefigurare come disastrosa la predetta scelta, abbia il dovere di segnalare al Ministro dell'economia e delle finanze, nonché al Parlamento, i rischi e le possibili implicazioni negative dell'operazione, anziché «subire» passivamente la volontà del legislatore?

PRESIDENTE. Direttore, la domanda posta dall'onorevole Barbato mi sembra non destituita di fondamento, anche perché, come lei sa, abbiamo discusso a lungo, in questa sede, della vicenda della società di riscossione Tributi Italia.
Oggi, peraltro, potremmo discutere in maniera analoga della società Gema, giacché sono poche le differenze tra i due casi. Nella sostanza, entrambe le società, soprattutto Gema, sono cadute, diciamo così, sui residui e sulle vicende antecedenti al 2006. I fatti sono noti.
Nonostante il Parlamento abbia messo a fuoco la questione della riscossione dei tributi locali, è mancato, da parte del Governo, un intervento forte, volto ad attuare una revisione la complessiva della normativa in materia. Probabilmente, ciò è avvenuto anche perché non è stata compiuta una precisa scelta politica al riguardo. L'esame del disegno di legge di stabilità 2013 potrà costituire un'occasione per rivedere tutto il sistema di riscossione, in modo da non doverne parlare più per il prossimo futuro.
Tuttavia, cercando di interpretare anche la domanda del collega Barbato, vorrei sapere se lei, direttore, è in grado di dirci quanta parte dei residui attivi iscritti nei bilanci dei comuni sia riscuotibile da parte delle società del Gruppo Equitalia. Non gestite voi questi dati? A me risulta, ad esempio, che le somme non incassate siano di ammontare considerevole. Se ciò si è verificato per molti anni, e i comuni hanno iscritto nei bilanci residui che non incasseranno mai, ci troveremo molto presto in una situazione di devastazione dei bilanci comunali.
Poiché circola la cifra di 40 miliardi di euro, comincio a essere preoccupato. Se la situazione è questa, bisognerà affrontare in maniera molto seria non soltanto il problema riguardante la capacità di Equitalia e dei concessionari locali di riscuotere i crediti degli enti impositori, ma anche la questione del funzionamento complessivo di tutto il sistema della riscossione. In particolare, se ci troviamo di fronte a fenomeni gravemente patologici, questi vanno stroncati al più presto, cercando, nel contempo, di dare una sistemazione al pregresso.
Con un occhio alle vicende verificatesi, mi interessava sapere se non sia il caso


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di abbandonare l'idea di far effettuare tutte le attività di riscossione agli enti locali, per le ragioni indicate anche dal collega Barbato, e di prevedere, da un lato, l'affidamento a terzi, con procedura pubblica, della riscossione coattiva, nonché dell'accertamento, e, dall'altro, il mantenimento ai comuni della riscossione spontanea. A mio avviso, la riscossione spontanea non dovrebbe comportare alcun aggio, anche in considerazione del fatto che chi adempie paga il costo del versamento tramite bollettino postale.
Quanto all'accertamento, mi sembra che né Equitalia né i comuni siano in grado di svolgere tale funzione.

FRANCESCO BARBATO. Ad adiuvandum, a proposito di residui camuffati come attivi, che potrebbero rappresentare un problema davvero difficile da affrontare, vorrei citare un'esperienza personale recente.
Pochi giorni fa, io e il collega Piccolo ci siamo recati insieme presso il comune di Napoli, dove si è preferito compiere un'operazione verità. È emerso, infatti, che circa un miliardo di euro di residui attivi viene riportato di anno in anno in bilancio per far quadrare i conti. Si tratta di una somma ormai inesigibile, utile soltanto per redigere bilanci non veritieri. Analoga è la situazione di tantissimi comuni.
Un miliardo di euro soltanto in una città dà il senso di quanto sia grande la voragine dei residui attivi. Mi domando se non sia il caso di accendere i riflettori su questa materia, come suggerito dal presidente, prima di trovarci di fronte a un problema troppo grande per porvi riparo.
Poiché la situazione è già preoccupante, è preferibile darsi da fare subito.

MARCO CAUSI. Ho da porre un'importante domanda tecnico-giuridica, alla quale il decisore politico aspetta da tempo che sia fornita una risposta definitiva.
Per quanto riguarda la riscossione spontanea, sono convinto, sulla base delle esperienze esistenti, che i comuni possano svolgere bene la riscossione diretta. In generale, quando i comuni si sono messi a effettuarla in maniera adeguata, hanno sempre lavorato bene.
La società Gema non lavorava bene. Infatti, la parte tributaria le fu tolta, e fu costituita una nuova società interamente pubblica, Roma Entrate, la quale, invece, ha lavorato bene.
La domanda è la seguente: per quanto riguarda la riscossione coattiva, che deve svolgersi nel rispetto di necessarie garanzie pubbliche - perché comporta il ricorso agli strumenti più penosi - e che lo Stato ha riservato a se stesso, tramite Equitalia, è vero che, secondo la giurisprudenza comunitaria, i comuni dovrebbero bandire gare per l'affidamento del servizio di riscossione dei tributi locali, oppure, come in altri casi di servizi pubblici locali, i comuni potrebbero anche scegliere modelli di in-house providing, come fa lo Stato, sostanzialmente, con Equitalia? In altre parole, l'obbligo alla gara, che non esiste per lo Stato, esiste per i comuni, oppure questi ultimi possono scegliere tra i diversi modelli possibili?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Con il suo permesso, signor presidente, lascerei la parola, per rispondere a questa e ad altre questioni tecnico-giuridiche, al direttore della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze, dottor Puglisi, riservandomi di svolgere, in chiusura, alcune considerazioni più generali.

PRESIDENTE. Prego, dottor Pugliesi.

PAOLO PUGLISI, Direttore della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze. Per quanto riguarda la possibilità di svolgere direttamente, oltre alla riscossione spontanea, anche quella coattiva e l'accertamento, il comune può provvedere direttamente, tramite i suoi uffici o mediante società interamente possedute dallo stesso.


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In questo caso, non vi è, secondo le regole comunitarie, l'obbligo di gara ad evidenza pubblica, la quale è necessaria, invece, nel caso in cui la società debba essere costituita con la partecipazione di soci o nel caso in cui il servizio debba essere affidato a terzi.
Mi asterrei da valutazioni di merito per quanto concerne sia la capacità dei comuni di svolgere la riscossione, spontanea o coattiva, sia l'opportunità che gli organi deputati alla gestione dell'attività di riscossione stiano lontani dal territorio in cui tale attività deve essere svolta.
Mi limito a sottolineare, da un punto di vista istituzionale, che questo Paese ha scelto il decentramento e il federalismo. In tale contesto, l'ente locale gestisce i propri tributi secondo i principi dell'ordinamento, anche con riferimento al momento della riscossione, spontanea o coattiva.
Inoltre, se la troppa vicinanza al territorio può essere causa di effetti indesiderati, è anche vero il contrario, com'è stato sostenuto, del resto, anche nelle aule parlamentari.
Questo è il mio parere da un punto di vista meramente tecnico-giuridico. Non mi pare che le altre questioni riguardassero temi normativi.

PRESIDENTE. I comuni hanno una grande opportunità, che non esercitano perché c'è sempre un problema di ritorno elettorale. Molto spesso, si evita di compiere controlli, che pure sarebbero possibili, perché se ne percepisce il rischio sul piano elettorale. Non mi riferisco tanto alle grandi città, quanto a quelle più piccole, nelle quali il fenomeno è più facilmente percepibile. Se succede per gli immobili, figuriamoci per le contravvenzioni!
Questo è il mio parere; poi, ognuno ha le sue convinzioni.

MARCO CAUSI. Su questo punto, non mi associo al pessimismo del presidente.
Ho sperimentato sul campo il passaggio dal vecchio regime dei concessionari bancari a quello della riscossione diretta, grazie alle norme del 2005, dovute, peraltro, a un Governo sostenuto da una maggioranza di cui non faceva parte il mio partito.
Ebbene, quel passaggio fu, nel caso del più grande comune d'Italia, molto benefico, in primo luogo sul piano della liquidità. Infatti, i vecchi concessionari bancari versavano le somme con grandissimo ritardo, mentre, con la riscossione diretta, esse arrivano direttamente sul conto corrente del comune e, quindi, subito.
In secondo luogo, rispetto al vecchio regime dei concessionari bancari, i comuni possono utilizzare - il dottor Puglisi potrà confermarlo - strumenti più morbidi, più leggeri. A Roma, ad esempio, abbiamo usato moltissimo, per le questioni minori, gli avvisi bonari.
In terzo luogo, la struttura del comune si riappropria di una sua funzione.
Per quanto riguarda la riscossione coattiva, ho sempre ritenuto che si tratti di uno strumento molto forte, il cui esercizio non richiede necessariamente, per essere efficace, il ricorso alle regole del mercato. È vero, però, che il monopolio statale di Equitalia non ha funzionato. Bisognerà pensare, quindi, a un sistema di riscossione coattiva delle entrate locali che funzioni meglio.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Se posso permettermi di svolgere alcune considerazioni finali, che credo siano comunque utili, l'onorevole Barbato chiedeva quale ruolo possa avere e quale tipo di attività possa svolgere il Dipartimento delle finanze per facilitare un ripensamento del sistema della riscossione degli enti locali.
È importante, in primo luogo, tenere conto delle competenze e dei limiti dell'attività del Dipartimento delle finanze.
Per quanto riguarda, ad esempio, la disponibilità, da parte del Ministero, di dati relativi al sistema della riscossione come gestito dagli intermediari finanziari prima dell'entrata in campo di Riscossione Spa e poi di Equitalia Spa, credo


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che simili informazioni non vengano raccolte nell'ambito dell'attività amministrativa del Dipartimento, a meno che non siano stati effettuati studi specifici, propedeutici all'istituzione di Riscossione Spa.
Il Dipartimento è consapevole delle grosse difficoltà nelle quali si muove il sistema della riscossione dei tributi locali, ma incontra notevoli limiti nel monitorarne le disfunzioni, perché è privo di qualsiasi potere ispettivo. Esso gestisce soltanto l'albo al quale sono iscritti i concessionari della riscossione e, quindi, si occupa delle procedure di iscrizione, sospensione e cancellazione, verificando che sussistano e permangano i requisiti di onorabilità e di capacità finanziaria, i quali, tuttavia, non sono sufficienti a fornire garanzie sulla gestione da parte del concessionario incaricato della riscossione.
Quando entriamo in campo noi? A questo proposito, devo preliminarmente scusarmi con la Commissione, perché nella relazione sono indicate due audizioni che non sono state svolte in questa sede, come erroneamente riportato nel testo, bensì presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria.
Ciò precisato, come ho già avuto modo di rappresentare riferendo sulla vicenda di Tributi Italia, l'informazione in base alla quale possiamo attivare il procedimento sanzionatorio, di sospensione o di cancellazione dall'albo, proviene dal comune: è l'ente locale che deve denunciare il mancato riversamento nelle sue casse del tributo la cui riscossione è affidata al concessionario privato.
Nei casi in cui ciò è avvenuto, il Dipartimento ha puntualmente avviato le procedure necessarie a verificare la fondatezza della denuncia, avvalendosi anche della collaborazione della Guardia di finanza.
Se è vero che esistono casi di collusione tra le amministrazioni locali e le società concessionarie della riscossione - probabilmente, ce ne sono -, occorre evidenziare che la semplice esistenza di tali fenomeni non consente al Dipartimento di effettuare verifiche.
C'è consapevolezza della problematicità del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali e, conseguentemente, della necessità e dell'urgenza di mettere mano alla sua riforma. Da ultimo, l'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012 ha preannunciato una revisione organica della materia, da realizzare con la definitiva approvazione del disegno di legge delega recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.
Questo, purtroppo, potrebbe comportare alcune difficoltà di attuazione. Ci sono, infatti, tante operazioni da compiere: assicurare la certezza, l'efficienza e l'efficacia nell'esercizio dei poteri di riscossione; assicurare competitività, certezza e trasparenza nei casi di esternalizzazione delle funzioni; garantire che le gare siano svolte nella maniera migliore possibile e che i contratti presentino alcune caratteristiche e prevedano determinati compensi e via discorrendo.
Intanto, sarebbe importante, signor presidente, stabilire che le entrate tributarie, qualora siano gestite da concessionari locali, affluiscano direttamente alla tesoreria dell'ente locale, al netto ovviamente dell'aggio.

PRESIDENTE. Esiste già una norma in tal senso, dovuta all'approvazione di un emendamento da me presentato.

CLAUDIA ROTUNNO, Dirigente della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze. Attualmente, l'articolo 7, comma 2, lettera gg-septies), del decreto-legge n. 70 del 2011, come sostituito dall'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, prevede che, nel caso di affidamento ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446 del 1997, la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l'apertura di uno o più conti correnti di riscossione, postali o


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bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entrate dell'ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse, e che il riversamento dai conti correnti di riscossione sul conto corrente di tesoreria dell'ente delle somme riscosse, al netto dell'aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario, deve avvenire entro la prima decade di ogni mese, con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti di riscossione nel mese precedente.
L'osservazione della professoressa Lapecorella era, dunque, corretta.

PRESIDENTE. Approvammo una norma che imponeva l'accensione di conti dedicati, nei quali dovevano essere riversate le somme riscosse, al netto dell'aggio e delle spese.

PAOLO PUGLISI, Direttore della direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze. La norma è stata dapprima approvata, signor presidente, e in seguito espunta dal testo del provvedimento.

PRESIDENTE. Evidentemente, il testo sarà stato modificato dal Senato.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Al netto di questo punto, mi sembra di capire che abbiate un problema di tempo.
Nella relazione che ho lasciato agli atti ho cercato di dare conto della conclusione delle vicende delle società Tributi Italia, di cui avevamo parlato nelle due audizioni del 12 novembre 2009 e del 14 aprile 2010, e Gema, che è stata di recente cancellata dall'albo.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Lapecorella, il dottor Puglisi e la dottoressa Rotunno.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal direttore del Dipartimento delle finanze (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,35.


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