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Resoconti stenografici delle audizioni

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
8.
Martedì 21 aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Mussolini Alessandra, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI MINORI NEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

Audizione della Presidente della III Commissione per la censura cinematografica Maria Pia Baccari Vari:

Mussolini Alessandra, Presidente ... 3 6
Baccari Vari Maria Pia, Presidente della III Commissione per la censura cinematografica ... 3

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Seduta del 21/4/2009


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...
Audizione della Presidente della III Commissione per la censura cinematografica, Maria Pia Baccari Vari.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei minori nei mezzi di comunicazione, l'audizione della Presidente della III Commissione per la censura cinematografica Maria Pia Baccari Vari.
Do la parola alla Presidente Baccari Vari, che ringrazio per essere venuta e per la sua disponibilità.

MARIA PIA BACCARI VARI. Onorevole presidente, onorevoli deputati e senatori, vi ringrazio per avermi dato l'opportunità di esporre, in generale e brevemente, alcuni aspetti frutto delle mie ricerche come professore di diritto romano sul problema dell'educazione e, in particolare poi, di fornire alla vostra riflessione sulla tutela dei minori, nel loro rapporto con i mezzi di comunicazione e specificamente con il cinema, la mia esperienza come Presidente della III Commissione di revisione cinematografica di primo grado del Ministero per i beni e le attività culturali.
Quanto al primo aspetto della cosiddetta emergenza educativa, che purtroppo drammaticamente stiamo vivendo, va detto subito che, secondo quanto già sostenevano nell'antica Roma, si tratta di un problema che coinvolge la famiglia ed è comunque riconducibile ai principi del diritto naturale. Quindi, sgombrando il campo dal problema religioso, cattolico, ideologico, di destra o di sinistra, non parliamo di Stato etico o di Stato laico: nell'antica Roma pagana, secondo quanto dicevano i giuristi romani e specificamente Ulpiano, la famiglia e quindi il matrimonio, dal quale discende la procreazione e, conseguentemente, l'educazione della prole, sono esempi di diritto naturale. Si badi, lo ius naturale riguarda specificamente il diritto privato, cioè la utilitas dei singoli. Il diritto naturale non riguarda infatti la religione, la Chiesa, il mondo metafisico, ma riguarda l'interesse del singolo, dei privati, della famiglia; il mancato rispetto dei principi di diritto naturale e il danno conseguente ricadono primariamente sul singolo e poi, conseguentemente, su tutta la collettività.
Dunque, compito dei governanti è quello di aiutare i singoli, le famiglie, la società e precisamente curare (sottolineo il verbo «curare», dall'atto della madre nei confronti del figlio, a quello del giardiniere nei confronti di una pianticella, che cresce e necessita dell'acqua e di tutte le sostanze vitali) i mores, cioè i costumi, le tradizioni della famiglia e del popolo.
Molto ci sarebbe da dire sulla «cura» dei mores e sulla necessità di un'autorità «laica», cioè del popolo, che se ne incarichi: penso al censore romano. Su questa


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figura non posso soffermarmi, ma tra i tanti poteri del censore ricordo quello - ad esempio - di punire coloro che sbadigliavano nelle assemblee, o che ridevano fuori luogo, o che non coltivavano i campi (oggi potremmo aggiungere quelli che imbrattano i muri), o anche quelli che non tenevano fede ai giuramenti fatti.
Nell'ispirarsi ai principi di diritto naturale la nostra Costituzione impone di tutelare i minori. L'articolo 31 impegna la comunità nazionale, in tutte le sue componenti, a proteggere l'infanzia e la gioventù: «la Repubblica protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo». L'articolo 37 si riferisce espressamente ai minori: «la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme». A queste norme va aggiunto 1' articolo 30 sui figli, anche nati fuori dal matrimonio, che i genitori hanno il diritto e dovere di «mantenere, istruire ed educare».
In questo quadro l'educazione è munus e officium da parte dei genitori e la funzione dello Stato è sussidiaria. Questa funzione dello Stato ha un vincolo di scopo: lo sviluppo della personalità del minore. Pertanto le famiglie devono assumersi la responsabilità di educare e quindi controllare i propri figli, non lasciandoli soli dinanzi a strumenti pericolosi per il loro benessere, o dotandosi dei mezzi per impedire l'accesso a tali strumenti.
La scuola deve avere, a sua volta, un importante ruolo nell'educazione dei minori, anche rispetto all'uso di strumenti tecnologici, informatici (telefonini, televisione, cinema, internet). Infine, anche il legislatore, nel prestare particolare attenzione a questo argomento, deve trovare strumenti al passo con i tempi per rendere effettivi i «diritti» di cui abbiamo parlato e, quindi, trovare o rafforzare un'autorità di controllo. Tra le urgenze in questo ambito si impone di segnalare l'uso nei media di un linguaggio rozzo, impreciso, ambiguo e fuorviante, che comporta una errata rappresentazione della realtà.
Per quanto concerne il secondo aspetto dell'emergenza educativa, cito una recente indagine dell'Istituto Superiore di Sanità, secondo la quale vi è un sempre maggiore coinvolgimento dei ragazzi nell'uso della droga e dell'alcool: abbiamo infatti sotto gli occhi incidenti d'auto che avvengono perché i conducenti, quasi tutti giovanissimi, erano ubriachi o drogati. Taccio poi del crescente numero di suicidi. Cominciamo, quindi, a renderci conto che il disagio giovanile sta diventando un problema gravissimo, con ricadute sull'intera collettività. In questo campo, può essere decisiva nella formazione dei minori, nel bene e nel male, l'opera dei mezzi di comunicazione.
Compito precipuo dei governanti è la tranquillitas del popolo e, tra le massime preoccupazioni dei governanti (mi riferisco agli imperatori romani), non c'era - perdonatemi una sana ironia - il testamento biologico o la procreazione assistita o il suicidio assistito (problemi assai delicati, che riguardano, tuttavia, un numero ristrettissimo di persone), ma c'era la protezione, la salus del popolo romano, perché se il popolo romano fosse sparito, anche loro sarebbero spariti.
Passo al secondo punto che desidero affrontare e cioè quello della mia esperienza nella III Commissione per la censura cinematografica. Da quando ho ricevuto la nomina a Presidente, nelle gran parte delle sedute - anzi direi nella totalità - ho assistito alle più svariate produzioni cinematografiche, che contenevano scene con gravi o gravissimi episodi di violenza, quali ad esempio: omicidi, suicidi, bullismo, razzismo, violenza contro le donne (messaggi numerosissimi e pericolosissimi), violenze contro i giovani, i bambini, contro l'autorità costituita; inoltre, uso di sostanze stupefacenti e di alcool, auto lanciate a velocità «supersonica», fenomeni ipnotici e ogni sorta di volgarità esplicita. Taccio poi dei numerosi messaggi subliminali. Su tutto ciò, per un distorto principio di democrazia, si vota anche in quei casi in cui è la stessa legge a disporre puntualmente che il film debba essere vietato.
Addirittura film vietati in alcuni Paesi (cosiddetti più evoluti, ad esempio Olanda,


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Svezia, Stati Uniti) al vaglio della censura italiana, incredibilmente, sono stati considerati per tutti!
Al presidente, che non a caso è un giurista, spetta il compito grave di illustrare ai componenti della Commissione quali siano i confini giuridici entro i quali è possibile spaziare nel giudizio, quali siano limiti e quali le responsabilità nelle quali si può incorrere, se ci si trova, come può talvolta capitare, dinanzi a casi nei quali è lecito ipotizzare la configurazione di reati, possibilità questa prevista, del resto, dall'articolo 14 della legge 21 aprile 1962, n. 161.
Noi non dobbiamo valutare se il film sia bello o brutto, importante, artisticamente valido, premiato a Cannes o altro, ma semplicemente valutare l'impatto che la proiezione di alcune scene può avere sulle menti dei bambini e dei giovani. Quando votiamo, passano a maggioranza, con l'avallo spesso degli psicologi e talvolta anche dei genitori (non adeguatamente formati), lavori assolutamente da vietare ai bambini. Ma in questi due anni, a quanto mi consta, non è stato preso alcun provvedimento in merito, non è stata presentata alcuna interrogazione parlamentare, né denunce di genitori o richieste di risarcimento alla Commissione.
Maggiori controlli sono necessari anche per quanto riguarda la pubblicità. Come ha ricordato il professor Barbera recentemente: «Non dobbiamo dimenticare la funzione negativa della pubblicità, almeno per la crescita psicologica dei bambini: la frustrazione e il senso di inferiorità per il mancato possesso, la sensazione di una violenza subita o di una cattiveria gratuita per il mancato acquisto da parte dei genitori. Proprio in considerazione di questi pericoli era stato previsto il divieto di pubblicità durante la trasmissione dei cartoni animati, ma poi tale divieto, pur previsto dal testo unico, articolo 4, lettera c) del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, si è di fatto volatilizzato». Anche in riferimento alla pubblicità, il controllo della Commissione per la censura cinematografica non funziona: la pubblicità si vede distrattamente (una sola volta sono riuscita a impedirne l'uscita), poiché viene addotta dai Commissari la solita motivazione, cioè che è già stata trasmessa in televisione.
Premesso che la percentuale dei film vietati ai minori è bassissima (in due anni la Commissione da me presieduta ha vietato a malapena due o tre film ed è nota, peraltro, la connessione tra la visione di questi film violenti e gli atti delittuosi: le cronache italiane e straniere sono piene di esempi e il materiale è facilmente reperibile); premesso che i film senza il divieto possono essere trasmessi nei circuiti televisivi senza limitazioni di fasce orarie; premesso altresì che numerosi sono gli esempi di disfunzioni o distorsioni del meccanismo delle Commissioni; propongo alcune linee guida.
La prima di queste consiste nel rivedere i criteri di formazione delle Commissione per la censura cinematografica ed anche per le singole convocazioni, che dovrebbero basarsi su elenchi tassativi di titolari e supplenti. Nelle Commissioni per la censura cinematografica sono previsti due rappresentanti di categoria i quali possono avere evidentemente interessi diretti contrastanti con l'apposizione di divieti; negli anni trascorsi credo che siano inesistenti i casi di rappresentanti che abbiano chiesto l'apposizione di un divieto. C'è inoltre un problema nella scelta degli esperti cinematografici, dal momento che, anche in questo caso, l'esperienza dimostra che sono sempre favorevoli alla visione del film «per tutti».
Non c'è nessun tipo di responsabilità nell'ambito dell'operato della Commissione: pertanto, per i più svariati motivi (anche banali, come il non voler discutere o rischiare di riuscire inviso) si fa passare ogni sorta di spettacolo. Ciò vale addirittura per quei film per i quali vi è il cosiddetto ascolto, cioè gli stessi produttori riconoscono che il film, a causa dei suoi contenuti, rischia di essere vietato: anche in questi casi il giudizio finale è quello della visione per tutti.
Potrebbero essere introdotti controlli più rigorosi anche per la televisione, sul modello di una censura cinematografica


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resa più funzionante e rafforzata. Si avverte infatti la necessità di regolamentare la censura cinematografica e crearne una anche per la televisione.
In Italia purtroppo manca il divieto di visione per i minori sotto i 10 o i 12 anni, e/o con l'accompagnamento del genitore: tale scansione di età potrebbe invece essere utilmente introdotta.
Sarebbe infine auspicabile educare i controllori - le famiglie e la scuola - a vietare le proiezioni che violano il «buon costume», cercando, sul terreno culturale ed istituzionale, di creare le condizioni perché questa espressione non sia considerata un concetto sfuggente, ma le sia data un'effettiva rilevanza.

PRESIDENTE. Ringrazio la Professoressa Baccari Vari per la disponibilità manifestata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13.

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