Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

16/09/2008

Conferenza internazionale "Italia, Europa, Israele: come costruire una partnership privilegiata", promossa dall'Aspen Institute Italia

Sono particolarmente lieto di potermi rivolgere ad un platea così qualificata su un tema che mi sta a cuore e che certamente coinvolge da vicino l'Italia, l'Europa e le loro istituzioni.
La quasi totalità della classe politica italiana riconosce in quella israeliana una democrazia consolidata, liberale e pluralista, l'unica nella regione medio-orientale. Chiunque abbia a cuore la democrazia e l'Istituzione parlamentare credo provi una profonda emozione di fronte alla valenza simbolica della Knesset, che deriva il suo nome dal grande consesso che si riunì in occasione del ritorno a Sion degli ebrei, dopo la cattività babilonese.
Anche grazie a questo simbolismo storico, in cui è iscritta la passione per la libertà e per il confronto delle idee, la democrazia israeliana, nell'arco di sessant'anni, si è consolidata attraverso le sue istituzioni di governo, ma anche attraverso l'operato dei suoi organi di controllo, a partire dalla Corte suprema, che ha saputo garantire concretamente il principio della giustizia uguale per tutti.
Un principio che, in Israele, quasi mai si declina nella "ragione del più forte", ma quasi sempre si traduce nel riconoscimento dei diritti di tutti, dando concreta attuazione al principio anche biblico della giustizia come fondamento della società e della convivenza civile.
E' anche per questi motivi che, quando ho preso parte ai lavori della Convenzione europea, ho sostenuto la rilevanza e la centralità, nella Carta costituzionale del Continente, di un espresso riferimento alle radici culturali giudaico-cristiane, perché i valori di quella tradizione possono innervare una visione forte e credibile dell'odierna democrazia europea.
E' certo che la democrazia israeliana ci ha abituati ad una sana ed appassionata dialettica politica, dimostrando contemporaneamente una costante capacità di equilibrio e di "ripresa".
Ha così reso attuale il paradosso di Tocqueville, secondo il quale la forza delle istituzioni democratiche non sta tanto nelle decisioni che si adottano, quanto nella capacità di correggere continuamente le decisioni, senza con ciò degenerare nella discordia civile.
La vivacità e la passione con cui viene vissuta la vita democratica, nell'opinione pubblica, nelle istituzioni rappresentative, negli organismi di partito, nelle università, testimonia la forte diffusione nella società israeliana dei valori democratici.
A questa vitalità democratica l'Ebraismo italiano ha saputo dare, fin dalle origini dello Stato d'Israele, un contributo qualificatissimo che si rinnova oggi anche attraverso l'azione di raccordo e di stimolo svolta dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane.
Per tutte queste ragioni sono profondamente convinto che Israele sia una componente viva ed essenziale della "geografia morale" dell'Europa, non soltanto in forza degli eloquenti dati economici che pure delineano la grande crescita degli scambi commerciali tra l'Unione europea ed Israele. Lo è perché il destino di Israele continua ad essere, idealmente e culturalmente, strettamente legato a quello dell'Europa.
Va detto che a questa appartenenza storico-culturale non sempre corrisponde una realtà politica altrettanto inequivoca: questo iato è stato colto dall'opinione pubblica israeliana che ha sentito per lungo tempo l'Europa come un partner commerciale di primaria importanza ma come un soggetto politico ambiguo. I sondaggi commissionati dalla Delegazione della Commissione europea confermano che la maggioranza degli Israeliani sostiene che Israele dovrebbe avviare il processo di adesione all'Unione ma altrettanto ampi settori della popolazione ritengono che Bruxelles abbia tenuto negli anni un comportamento ambiguo e non sempre corretto verso Israele.
Su questo aspetto e in questa fase storico politica, dovremmo dunque svolgere come europei una riflessione approfondita se vogliamo veramente svolgere un ruolo incisivo nel processo di pace in Medio Oriente.
Lo dobbiamo fare ricordando innanzitutto che Israele è costantemente impegnata in una duplice guerra, contro il terrorismo islamista e contro il pregiudizio che in molte circostanze ha accompagnato, anche in Italia, le fasi del conflitto israelo-palestinese. Occorre, in sintesi, una visione più serena e meno pregiudiziale della questione medio-orientale.
Al riguardo merita apprezzamento l'appello del Presidente della Repubblica in occasione della celebrazione della "Giornata della Memoria", il 25 gennaio 2007: è necessario - e cito il Presidente Napolitano - "combattere con successo ogni indizio di razzismo, di violenza e di sopraffazione contro i diversi, e innanzitutto ogni rigurgito di antisemitismo. Anche quando esso si travesta da antisionismo: perché antisionismo significa innanzitutto negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza, oggi, al di là, dei governi che si alternano alla guida di Israele".
Le parole del nostro Capo dello Stato, nel riconoscere l'esigenza vitale per Israele di sicurezza e di confini difendibili, esigenza che non tutti sembrano aver colto, riflettono gli orientamenti della larghissima maggioranza degli italiani e trovano conferma in un quadro di rapporti bilaterali forte e consolidato al quale confido possa dare nuovo impulso la creazione del gruppo parlamentare di amicizia e collaborazione, che si sta costituendo, e che potrà rappresentare un canale privilegiato e permanente di consultazione tra la Knesset e la Camera dei deputati.
Il principio dei "Due Stati" è acquisito dall'Europa comunitaria da quasi trent'anni, fin dalla dichiarazione di Venezia del 13 giugno 1980, adottata durante la Presidenza di turno italiana della CEE. Un ulteriore passo in avanti europeo si è avuto con l'avvio del cosiddetto "Processo di Barcellona" nel 1995, volto in particolare a promuovere lo sviluppo e la sicurezza del Medio Oriente e della sponda Sud del Mediterraneo.
Tuttavia l'indubbio impegno europeo non è stato sufficiente ad accreditare pienamente presso l'opinione pubblica israeliana il ruolo dell'Europa quale importante ed equilibrato attore politico-strategico della regione.
L'Europa dispone certamente degli strumenti per contribuire alla soluzione della crisi mediorientale, ma a questo fine deve ancora acquisire piena consapevolezza della fondamentale importanza che la stabilità e la sicurezza di Israele ricopre per la stabilità e la sicurezza del nostro Continente.
In questo senso interpreto positivamente le recenti dichiarazioni del Commissario europea per le relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, che ha parlato di un "nuovo spirito di collaborazione" nelle relazioni euro-israeliane, sottolineando il ruolo che Israele sarà chiamata a svolgere nella realizzazione della Politica europea di vicinato.
In tale contesto dobbiamo valutare con soddisfazione anche gli sforzi compiuti dalla diplomazia europea, impegnata a favorire il dialogo tra la Siria e il Libano, nel convincimento che solo la sicurezza dell'intera regione può garantire davvero la sicurezza di ciascuno Stato.
In questo spirito e con questo obiettivo, voglio ricordare il contributo fattivo dell'Italia, grazie anche alla dislocazione di un contingente militare italiano nell'ambito della missione UNIFIL che ha permesso di scongiurare il perpetuarsi di una spirale di violenza ai confini tra Israele e Libano.
Un segnale assai significativo ed incoraggiante ritengo sia stato rappresentato dalla nomina di Tony Blair a Rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente: è sicuramente personalità la cui autorevolezza ed esperienza internazionale appare particolarmente idonea a svolgere un così delicato incarico e va espresso apprezzamento per l'enfasi che sta ponendo sull'importanza, ai fini della sicurezza della stabilità della regione, della creazione di uno stato democratico in Palestina.
Non basta più la vecchia formula diplomatica, indubitabilmente di grande appeal, "Due Popoli/Due Stati": oggi occorre tradurre in realtà il binomio "Due Popoli/Due Democrazie". In proposito, ritengo che vada tenuto conto del fatto che un eventuale rafforzamento di Hamas racchiude un'incognita - non sempre colta con la dovuta attenzione dalle diplomazie europee - che può costituire un ostacolo alla realizzazione di una tale prospettiva.
E' una incognita del processo di pace che non può essere negata e a tal fine anche la cooperazione fra parlamenti può fornire un contributo rilevante.
Dobbiamo avvicinare Israele al progetto comunitario, scegliendo gli strumenti negoziali più appropriati e costruendo un modello di partenariato privilegiato che tenga certamente conto degli elevati standard israeliani di sviluppo economico, sociale e tecnologico, ma che non si limiti a questi aspetti.
Un'ulteriore prospettiva in tal senso sembra dischiudersi con l'Unione per il Mediterraneo, lanciata a Parigi il 14 luglio scorso: il progetto può rappresentare infatti una nuova chance d'integrazione per tutti i Paesi della sponda meridionale, a condizione che Bruxelles sappia darsi davvero una strategia comune per tutta l'area.
Queste sono, a grandi linee, le sfide che deve affrontare la classe politica d'Europa e d'Israele. E' una sfida piena di insidie e quindi molto impegnativa. Ma se vogliamo essere realisti, come diceva Ben Gurion, dobbiamo credere nei miracoli.